Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, sentenza 2 aprile 2020, n. 8

 

[…] Affermata la dichiarata compatibilità con il diritto europeo degli automatismi espulsivi conseguenti al mancato rispetto delle previsioni di cui all’art. 95, comma 10, del codice dei contratti pubblici, le questioni residue sono state rivolte unicamente a delineare la portata dell’eccezione alla regola dell’esclusione automatica, collegata all’accertamento in fatto della possibilità di indicare le voci stesse nei modelli predisposti dall’amministrazione. Nella vicenda in scrutinio, si delinea lo stesso schema concettuale, atteso che, una volta ritenuta applicabile la citata sentenza della Nona Sezione, 2 maggio 2019, causa C-309/18, non può che evidenziarsi come, nel caso in esame, l’impresa aggiudicataria avesse chiaramente eluso le previsioni dell’art. 95, comma 10, del codice dei contratti pubblici. […] Deve quindi ritenersi integrata l’illegittimità evidenziata dall’appellante, stante la mancata attivazione del dovuto meccanismo espulsivo da parte della stazione appaltante.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 15 di A.P. del 2018, proposto da

Raggio di Sole soc. coop. onlus, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Luca Tozzi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, via Toledo 323;

contro

Comune di Cisternino e Consorzio per l’inclusione sociale dell'Ats Fasano – Ostuni – Cisternino, non costituiti in giudizio;

nei confronti

La Scintilla sociale soc. coop. soc., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Giuseppe Misserini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Barnaba Tortolini 30 presso lo studio del dott. Alfredo Placidi;

per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, 13 aprile 2018 n. 640, resa tra le parti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di La Scintilla sociale soc. coop. soc.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 febbraio 2020 il Cons. Diego Sabatino e udito per le parti l’avvocato Pietro Adami, in delega di Luca Tozzi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con ricorso iscritto al n. 3043 del 2018, Raggio di Sole soc. coop. onlus propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, 13 aprile 2018 n. 640 con la quale è stato respinto il ricorso proposto contro il Comune di Cisternino, il Consorzio per l’inclusione sociale dell’Ats Fasano – Ostuni – Cisternino e La Scintilla sociale soc. coop. soc. per l'annullamento, previa sospensione

a) per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

- del provvedimento di aggiudicazione emesso dalla Stazione appaltante resistente in favore di La Scintilla Sociale soc. coop. Soc., mai comunicato;

- dei verbali di gara M.E.P.A. tutti, non conosciuti;

- ove e per quanto lesivi, del bando di gara, del disciplinare di gara e del capitolato speciale di appalto laddove interpretati ovvero interpretabili così come fatto dalla Stazione appaltante;

- ove e per quanto lesiva, della determinazione a contrarre n. 270 del 24.11.2017;

- ove e per quanto lesivo, del silenzio rigetto rispetto alle istanze di autotutela e di accesso agli atti del 15.12.2017;

- ove e per quanto lesivo, del silenzio rigetto ovvero silenzio inadempimento rispetto alla istanza prot. n. 1084 del 15.12.2017;

- ove e per quanto lesivi, di tutti gli ulteriori atti presupposti connessi e consequenziali;

nonché per la declaratoria di inefficacia del contratto di servizio eventualmente sottoscritto nelle more del presente giudizio.

b) per quanto riguarda i motivi aggiunti:

- della determinazione del Consorzio per l’Integrazione e l’Inclusione Sociale dell’A.T. Fasano – Ostuni – Cisternino n. 26 del 22.1.2018 di conferma dell’aggiudicazione disposta in favore della controinteressata La Scintilla Sociale soc. coop. soc.;

- della determinazione del C.I.I.S.A.F. n. 377 del 28.12.2017;

- dei verbali di gara M.E.P.A. tutti, con particolare riferimento a quelli del 14.12.2017 e 15.12.2017;

- ove e per quanto lesiva, della nota del C.I.I.S.A.F. prot. n. 80 del 09.01.2017;

- ove e per quanto lesiva, della nota dell’11.01.2018 trasmessa alla società La Scintilla Sociale soc. coop. soc. per richiesta chiarimenti ex art. 95 comma 10 Decreto Legislativo 50/2016 e ss.mm.;

- del verbale di verifica del costo della manodopera del 18.1.2018;

- ove e per quanto lesivo, di ogni ulteriore provvedimento connesso presupposto e consequenziale, anche non conosciuto, con riserva espressa di formulare ulteriori motivi aggiunti.

I fatti di causa possono essere così riassunti.

1. Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce Raggio di Sole soc. coop. onlus (di seguito “Raggio di Sole”, “società ricorrente”, o “società appellante”) impugnava gli atti della procedura di gara bandita dal Consorzio per l’inclusione sociale dell’A.T. Fasano-Ostuni- Cisternino (nel prosieguo anche soltanto “il Consorzio” o “C.I.I.S.A.F.”) per l’affidamento in concessione (dal 2 gennaio 2018 al 3 luglio 2019) dell’asilo nido del Comune di Cisternino (per un valore di euro 133.155,00 e da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa ex art. 95 del d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50) conclusasi con l’aggiudicazione a favore della società La Scintilla Sociale soc. coop. soc. (di seguito “la Scintilla”), lamentando “Violazione e falsa applicazione di legge (artt. 83, 95 comma 10 Decreto legislativo n. 50 del 2016) - Difetto ovvero carenza di istruttoria- Illogicità ovvero irragionevolezza manifesta”.

Prima di ricorrere in giustizia, Raggio di Sole, seconda in graduatoria, aveva chiesto alla stazione appaltante di escludere dalla procedura la controinteressata a causa dell’omessa indicazione nella sua offerta economica dei costi della manodopera come previsto dall’art. 95 del d.lgs. n. 50 del 2016 e dalla lex specialis, ed inoltre di prendere visione ed estrare copia di tutta la documentazione di gara e dell’offerta dell’aggiudicataria.

A seguito di tale richiesta, tuttavia, la Stazione appaltante dapprima adottava una determinazione di conferma della precedente aggiudicazione e quindi, dopo la notifica del ricorso introduttivo, chiedeva all’aggiudicataria, in sede di soccorso istruttorio, chiarimenti in ordine ai “costi del personale al fine di verificare il rispetto di quanto previsto dall’art. 97, comma 5 lett. d), del d.lgs. n. 50 del 2016”.

Pertanto, con motivi aggiunti al ricorso, la società ricorrente domandava, altresì, l’annullamento dei seguenti ulteriori atti: a) della determinazione del Consorzio n. 26 del 22 gennaio 2018 di mera conferma dell’aggiudicazione disposta in favore della controinteressata La Scintilla; b) della determinazione del Consorzio n. 377 del 28 dicembre 2017; c) di tutti i verbali di gara, con particolare riferimento a quelli del 14 dicembre 2017 e del 15 dicembre 2017; d) ove e per quanto lesiva, della nota del C.I.I.S.A.F. prot. n. 80 del 9.1.2017; e) ove e per quanto lesiva, della nota dell’11 gennaio 2018 trasmessa alla società La Scintilla Sociale Cooperativa Sociale per richiesta di chiarimenti ex art. 95, comma 10, del d.lgs. n. 50 del 2016; f) del verbale di verifica del costo della manodopera del 18 gennaio 2018; g) di ogni ulteriore provvedimento connesso, presupposto e consequenziale, se ed in quanto lesivo.

Con i motivi aggiunti proposti, la ricorrente censurava gli atti impugnati, deducendo che essi fossero inficiati per violazione e falsa applicazione di legge, difetto di istruttoria, illogicità e irragionevolezza manifesta, sviamento di potere, difetto di motivazione: si doleva, infatti, dell’attivazione del soccorso istruttorio da parte della Stazione appaltante, mediante richiesta dei suddetti chiarimenti che non avrebbero tuttavia, ad avviso della ricorrente, consentito di sanare le asserite illegittimità della procedura di gara.

Con la sentenza indicata in epigrafe, nella resistenza di C.I.I.S.A.F. e della società controinteressata La Scintilla, il Tribunale amministrativo regionale ha respinto il ricorso, ritenendolo infondato nel merito, non ravvisando le dedotte illegittimità nell’operato dell’Amministrazione resistente a ragione della ritenuta infondatezza delle censure inerenti all’omessa indicazione, nell’offerta economica dell’aggiudicataria, dei costi della manodopera.

In particolare, il giudice di prime cure ha evidenziato che correttamente la Stazione appaltante aveva tutelato il legittimo affidamento della società controinteressata a non essere esclusa dalla gara per una causa che non era prevista quale motivo di esclusione né dal bando né dagli altri documenti di gara: e ciò nonostante siffatta indicazione sia espressamente richiesta dal combinato disposto degli articoli 83 e 95, comma 10, del d.lgs. n. 50 del 2016, nella formulazione, risultante dalla novella di cui al decreto correttivo del 19 aprile 2017, n. 56, ratione temporis applicabile alla procedura di gara de qua (bandita il 23 novembre 2017) e malgrado l’esistenza di un indirizzo giurisprudenziale il quale ha statuito che il nuovo Codice, rimuovendo ogni incertezza sulla sussistenza di siffatto obbligo, non ammetterebbe il soccorso istruttorio per tali lacune dichiarative in quanto determinanti incompletezze e irregolarità dell’offerta economica (Consiglio di Stato, V, 7 febbraio 2018, n. 815). Ad avviso del Tribunale amministrativo regionale, invece, anche tale orientamento più rigoroso ricollegherebbe l’immediata applicabilità della prescrizione normativa di cui all’art. 95, comma 10 del d.lgs. 50 del 2016 e l’ammissibilità dell’eterointegrazione del bando di gara, silente sul punto, all’esistenza di una siffatta previsione in punto di separata indicazione almeno nella lettera di invito o nel modulo dell’offerta economica, del tutto mancante nel caso di specie.

2. Per la riforma della detta sentenza ha proposto appello l’originaria ricorrente Raggio di Sole.

Con il primo motivo di impugnazione (rubricato “error in iudicando-sulla violazione dell’art. 95, comma 10, del d.lgs. n. 50 del 2016”) l’appellante censura la sentenza per aver ritenuto legittima la decisione di non escludere l’offerta dell’aggiudicataria, benché carente di indicazioni sul costo della manodopera, a ragione della mancata previsione di un siffatto obbligo nella lex specialis ritenuta non eterointegrabile dalle previsioni di legge.

Con il secondo motivo l’appellante censura la sentenza impugnata per non aver dichiarato l’illegittimità della condotta della stazione appaltante la quale, con i chiarimenti richiesti alla controinteressata solo dopo la notifica del ricorso, avrebbe operato un tardivo e inammissibile soccorso istruttorio sì da consentirle di sanare le carenze dell’offerta economica a suo tempo presentata: in particolare, il tribunale avrebbe a torto ritenuto che l’Amministrazione si sia limitata ad effettuare la verifica della congruità del costo della manodopera, comunque compreso nell’offerta economica della controinteressata anche se non separatamente indicato (al fine di verificarne la rispondenza ai minimi di cui alle Tabelle ministeriali nel contraddittorio con l’impresa), con le modalità del subprocedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta ai sensi dell’art. 97 comma 5 lett. d), espressamente richiamato dall’art. 95, comma 10, del Codice dei Contratti Pubblici; ma in ciò non si sarebbe avveduto che tale opzione ermeneutica consentirebbe, di fatto, a valle dell’aggiudicazione, di indicare per la prima volta, in sede di verifica di congruità, un valore economico che doveva essere invece specificato nell’offerta, così trasformando il subprocedimento di verifica di congruità in un soccorso istruttorio utile a sanare la carenza di un’indicazione obbligatoria ed essenziale per legge.

Con il terzo motivo, infine, l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui non ha ravvisato l’illegittimità dell’operato dell’Amministrazione aggiudicatrice per non aver attivato il subprocedimento di verifica dell’anomalia o per averlo comunque attivato tardivamente, solo dopo l’approvazione dell’aggiudicazione definitiva (qui intervenuta con la determinazione n.377 del 28 dicembre 2017, impugnata con il ricorso introduttivo) di cui invece detto procedimento costituiva presupposto di emissione, e non già soltanto mera condizione di efficacia.

Si costituiva in giudizio la controinteressata La Scintilla.

La Sezione Quinta, scrutinando le ragioni di appello, preliminarmente rilevava l’esistenza di un contrasto nella giurisprudenza di questo Consiglio di Stato in relazione alla valenza immediatamente escludente (a prescindere dal soccorso istruttorio) dell’inosservanza dell’obbligo di indicazione degli oneri di sicurezza e costi della manodopera di cui all’ articolo 95, comma 10, del d.lgs. 50 del 2016, specie nel caso di silenzio sul punto della lex specialis.

Pertanto, con ordinanza 25 ottobre 2018 n. 6069 rimetteva a questa Adunanza plenaria, ai sensi dell’art. 99, comma 1 Cod. proc. amm., le seguenti questioni di diritto, oggetto di contrasti giurisprudenziali:

“1) Se, per le gare bandite nella vigenza del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, la mancata indicazione separata degli oneri di sicurezza aziendale determini immediatamente e incondizionatamente l’esclusione del concorrente, senza possibilità di soccorso istruttorio, anche quando non è in discussione l’adempimento da parte del concorrente degli obblighi di sicurezza, né il computo dei relativi oneri nella formulazione dell’offerta, né vengono in rilievo profili di anomalia dell’offerta, ma si contesta soltanto che l’offerta non specifica la quota di prezzo corrispondente ai predetti oneri.

2) Se, ai fini della eventuale operatività del soccorso istruttorio, assuma rilevanza la circostanza che la lex specialis richiami espressamente l’obbligo di dichiarare gli oneri di sicurezza”.

Questa Adunanza plenaria, con ordinanza 24 gennaio 2019 n. 1, rilevava preliminarmente come la Sezione remittente “pur prendendo atto della pendenza dinnanzi alla Corte di giustizia di una questione analoga a quella oggetto del presente giudizio, che è stata rimessa dal TAR per il Lazio (ordinanza 24 aprile 2018, n. 4562), non ha ritenuto di dover disporre la sospensione c.d. impropria del giudizio, né di sollevare analoga questione pregiudiziale di corretta interpretazione del diritto dell’Unione Europea”. Tuttavia, ricordato che la Corte di Giustizia UE, sez. VI, 23 novembre 2017, in C-486/17 aveva dichiarato irricevibile la medesima questione sollevata dal TAR per la Basilicata (ord. 25 luglio 2017, n. 525), l’Adunanza riteneva che, “in relazione alla (già ricordata) circostanza per cui è stata nuovamente rimessa all’attenzione al competente Giudice europeo dal TAR per il Lazio (dalla cit. ordinanza n. 4562/2018), si debba richiedere la corretta interpretazione del diritto europeo da parte della competente Corte di giustizia”. Pertanto, a sua volta, formulava alla Corte di giustizia dell’Unione Europea ai sensi dell’art. 267 del T.F.U.E. il seguente quesito interpretativo pregiudiziale:

“se il diritto dell’Unione europea (e segnatamente i princìpi di legittimo affidamento, di certezza del diritto, di libera circolazione, di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi) ostino a una disciplina nazionale (quale quella di cui agli articoli 83, comma 9, 95, comma 10 e 97, comma 5 del ‘Codice dei contratti pubblici’ italiano) in base alla quale la mancata indicazione da parte di un concorrente a una pubblica gara di appalto dei costi della manodopera e degli oneri per la sicurezza dei lavoratori comporta comunque l’esclusione dalla gara senza che il concorrente stesso possa essere ammesso in un secondo momento al beneficio del c.d. ‘soccorso istruttorio’, pur nell’ipotesi in cui la sussistenza di tale obbligo dichiarativo derivi da disposizioni sufficientemente chiare e conoscibili e indipendentemente dal fatto che il bando di gara non richiami in modo espresso il richiamato obbligo legale di puntuale indicazione”.

La Corte di giustizia UE, iscritta la causa al numero di ruolo C-109/19, con decisione del 27 marzo 2019, sospendeva la procedura fino alla pronuncia della sentenza nella causa C-309/18, ossia nel procedimento aperto a seguito della già citata ordinanza del T.A.R. per il Lazio, 24 aprile 2018, n. 4562.

Con sentenza della Nona Sezione, 2 maggio 2019, causa C-309/18, la Corte adita si pronunciava sul quesito interpretativo rimesso dal T.A.R. del Lazio con la seguente dichiarazione:

“I principi della certezza del diritto, della parità di trattamento e di trasparenza, quali contemplati nella direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, secondo la quale la mancata indicazione separata dei costi della manodopera, in un’offerta economica presentata nell’ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, comporta l’esclusione della medesima offerta senza possibilità di soccorso istruttorio, anche nell’ipotesi in cui l’obbligo di indicare i suddetti costi separatamente non fosse specificato nella documentazione della gara d’appalto, sempreché tale condizione e tale possibilità di esclusione siano chiaramente previste dalla normativa nazionale relativa alle procedure di appalti pubblici espressamente richiamata in detta documentazione. Tuttavia, se le disposizioni della gara d’appalto non consentono agli offerenti di indicare i costi in questione nelle loro offerte economiche, i principi di trasparenza e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che essi non ostano alla possibilità di consentire agli offerenti di sanare la loro situazione e di ottemperare agli obblighi previsti dalla normativa nazionale in materia entro un termine stabilito dall’amministrazione aggiudicatrice.”

Con successiva istanza del 20 maggio 2019, il Cancelliere della Corte di giustizia UE provvedeva a trasmettere copia della sentenza in causa C-309/18, chiedendo contestualmente a questa Adunanza plenaria di pronunciarsi in merito alla ulteriore permanenza dell’interesse alla decisione sulla causa C-109/19.

Con ordinanza 28 ottobre 2019 n. 12, questa Adunanza plenaria comunicava al Cancelliere della Corte, ai sensi dell’art. 28 delle Raccomandazioni all’attenzione dei giudici nazionali, relative alla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale (2018/C 257/01), la sopravvenuta non rilevanza della pronuncia pregiudiziale sottoposta ai fini della decisione della causa in esame, per cui, con successiva ordinanza del 22 novembre 2019, comunicata il 13 dicembre 2019, il Presidente della Corte disponeva la cancellazione dal ruolo della causa e il Presidente del Consiglio di Stato fissava l’udienza per la discussione del merito.

Alla pubblica udienza del 19 febbraio 2020, il ricorso è stato discusso e assunto in decisione.

DIRITTO

1. - In via preliminare, l’Adunanza plenaria evidenzia come sia venuta meno la necessità di pronunciarsi sul principio di diritto, dovendosi invece provvedere direttamente alla soluzione della questione sottoposta a scrutinio.

In questo senso, occorre ricordare, in relazione ai rapporti intercorrenti tra giudice nazionale e Corte di giustizia UE a seguito di domanda di pronuncia pregiudiziale proposta ai sensi dell’articolo 267 TFUE, che “dopo aver ricevuto la risposta della Corte ad una questione vertente sull’interpretazione del diritto dell’Unione da essa sottopostale, o allorché la giurisprudenza della Corte ha già fornito una risposta chiara alla suddetta questione, una sezione di un organo giurisdizionale di ultima istanza deve essa stessa fare tutto il necessario affinché sia applicata tale interpretazione del diritto dell’Unione” (Corte di giustizia UE, Grande Sezione, 5 aprile 2016 causa C‑689/13).

Appare quindi del tutto superfluo procedere ad una nuova formulazione del principio di diritto in quanto, stante l’esaustività della decisione pronunciata dalla Corte (come già evidenziato da Cons. Stato, Ad. plen., ordinanza 28 ottobre 2019 n. 12), si assisterebbe a una mera ripetizione di quanto già affermato dal giudice del Lussemburgo.

Per altro verso, la struttura dell’art. 99 c.p.a., che regola il deferimento all’Adunanza plenaria, evidenzia un flessibilità applicativa che consente a questo giudice una pluralità di soluzioni diversificate, che variano dalla decisione dell’intera vicenda (comma 4, prima parte), alla mera enunciazione del principio di diritto (comma 4, seconda parte) fino alla semplice restituzione degli atti alla Sezione remittente per ragioni di opportunità (comma 1, seconda frase).

Il coordinamento delle dette disposizioni con i principi dell’Unione sopra evidenziati consente pertanto a questa Adunanza di provvedere altresì alla decisione dell’intera causa, secondo il già citato comma 4 dell’art. 99 c.p.a., allorché, come nel caso in esame, il principio di diritto sia stato pronunciato aliunde, nell’ambito dei meccanismi del sistema di cooperazione fra gli organi giurisdizionali nazionali e la Corte di giustizia UE, instaurato dall’articolo 267 TFUE.

2. - Nel merito, l’appello è fondato e merita accoglimento entro i termini di seguito precisati.

3. - Con il primo motivo di diritto, rubricato “Error in iudicando - Sulla violazione dell’art. 95 comma 10 d.lgs. 50/2016”, l’appellante Raggio di Sole soc. coop. Onlus, lamentava l’erroneità della sentenza in relazione alla mancata esclusione dell’offerta della controinteressata La Scintilla, per aver ritenuto legittima la mancata indicazione nella propria offerta l’ammontare dell’ammontare dei costi e degli oneri per la manodopera, così come obbligatoriamente richiesta a pena di esclusione dall’art. 95 comma 10 d.lgs. 50/2016.

3.1. - La doglianza è fondata e va condivisa.

Occorre sottolineare che la questione centrale della vicenda, ossia la possibilità di omettere l’indicazione separata dei costi della manodopera, è stata l’oggetto del rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia UE.

La soluzione del quesito interpretativo è stata poi data, in altra vicenda, dalla sentenza della Nona Sezione, 2 maggio 2019, causa C-309/18, ritenuta esaustiva da questa Adunanza, con cui si è affermato:

“I principi della certezza del diritto, della parità di trattamento e di trasparenza, quali contemplati nella direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, secondo la quale la mancata indicazione separata dei costi della manodopera, in un’offerta economica presentata nell’ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, comporta l’esclusione della medesima offerta senza possibilità di soccorso istruttorio, anche nell’ipotesi in cui l’obbligo di indicare i suddetti costi separatamente non fosse specificato nella documentazione della gara d’appalto, sempreché tale condizione e tale possibilità di esclusione siano chiaramente previste dalla normativa nazionale relativa alle procedure di appalti pubblici espressamente richiamata in detta documentazione. Tuttavia, se le disposizioni della gara d’appalto non consentono agli offerenti di indicare i costi in questione nelle loro offerte economiche, i principi di trasparenza e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che essi non ostano alla possibilità di consentire agli offerenti di sanare la loro situazione e di ottemperare agli obblighi previsti dalla normativa nazionale in materia entro un termine stabilito dall’amministrazione aggiudicatrice.”

La stessa decisione della Corte è stata peraltro già impiegata come canone interpretativo per la soluzione di analoghe vicende, sia dalle Sezioni di questo Consiglio di Stato (si veda Cons. Stato, V, 24 gennaio 2020, n. 604; id., V, 10 febbraio 2020 n. 1008) che dal giudice di prime cure (T.A.R. Lazio, 14 febbraio 2020 n. 1994, data nel giudizio che aveva originato quella rimessione alla CGUE).

In queste occasioni, affermata la dichiarata compatibilità con il diritto europeo degli automatismi espulsivi conseguenti al mancato rispetto delle previsioni di cui all’art. 95, comma 10, del codice dei contratti pubblici, le questioni residue sono state rivolte unicamente a delineare la portata dell’eccezione alla regola dell’esclusione automatica, collegata all’accertamento in fatto della possibilità di indicare le voci stesse nei modelli predisposti dall’amministrazione.

Nella vicenda in scrutinio, si delinea lo stesso schema concettuale, atteso che, una volta ritenuta applicabile la citata sentenza della Nona Sezione, 2 maggio 2019, causa C-309/18, non può che evidenziarsi come, nel caso in esame, l’impresa aggiudicataria avesse chiaramente eluso le previsioni dell’art. 95, comma 10, del codice dei contratti pubblici.

Infatti, l’aggiudicataria La Scintilla sociale soc. coop. soc. aveva del tutto omesso nella sua offerta economica l’indicazione dei costi della manodopera come previsto dall’art. 95 del d.lgs. n. 50 del 2016 e dalla lex specialis. Solo successivamente, dopo la notifica del ricorso introduttivo da parte della Raggio di Sole soc. coop. onlus, seconda classificata, la stazione appaltante chiedeva all’aggiudicataria, in sede di soccorso istruttorio, chiarimenti in ordine ai “costi del personale al fine di verificare il rispetto di quanto previsto dall’art. 97, comma 5 lett. d), del d.lgs. n. 50 del 2016”.

Deve quindi ritenersi integrata l’illegittimità evidenziata dall’appellante, stante la mancata attivazione del dovuto meccanismo espulsivo da parte della stazione appaltante.

Per altro verso, rimane da chiarire il tema della riferibilità al caso in esame dell’eccezione alla regola dell’esclusione automatica, quella applicabile quando si ammette il soccorso istruttorio malgrado l’offerta non rechi la separata indicazione dei costi. Va infatti ricordato che la citata sentenza della Nona Sezione, 2 maggio 2019, causa C-309/18, ha demandato al giudice del rinvio di verificare se nel caso di specie «fosse in effetti materialmente impossibile indicare i costi della manodopera conformemente all’articolo 95, comma 10, del codice dei contratti pubblici e valutare se, di conseguenza, tale documentazione generasse confusione in capo agli offerenti, nonostante il rinvio esplicito alle chiare disposizioni del succitato codice” (punto 30), al fine di fare eventualmente applicazione del soccorso istruttorio.

L’equazione indicata dalla Corte (materiale impossibilità di indicazione come fatto legittimante il soccorso istruttorio) è però nel caso di specie inficiata dagli elementi di fatto, la cui valutazione spetta appunto al giudice nazionale.

Nel caso in questione, infatti, l’appellante Raggio di Sole soc. coop. Onlus ha depositato in giudizio la documentazione della propria offerta, dalla quale si evince come la stessa avesse materialmente rispettato gli oneri dichiarativi di cui all’art. 95, comma 10, del codice dei contratti pubblici, smentendo così per tabulas l’esistenza di una situazione impeditiva alla dichiarazione.

Conclusivamente, il motivo di appello va accolto.

4. - La fondatezza della prima ragione di doglianza è idonea a travolgere l’intera procedura di gara, assorbendo gli ulteriori motivi di diritto che riguardano l’integrazione disposta dalla stazione appaltante (secondo motivo) e le altre censure non valutate dal giudice di prime cure (terzo motivo).

Stante i contenuti dell’atto di appello, che si limita a individuare il suo oggetto nell’annullamento della sentenza e degli atti originariamente gravati, e vista la situazione di fatto, per cui i termini di durata contrattuale dell’appalto risultano già spirati, la decisione può limitarsi all’accoglimento dell’appello con contestuale riforma della sentenza di primo grado in senso conforme.

5. - L’appello va quindi accolto. Tutti gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso. Sussistono peraltro motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali, determinati dalle oscillazioni giurisprudenziali sulla questione decisa.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza plenaria), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:

1. Accoglie l’appello n. 3043 del 2018 e, per l’effetto, in riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, 13 aprile 2018 n. 640, accoglie il ricorso di primo grado;

2. Compensa integralmente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

 

 

Guida alla lettura

La questione di merito esaminata dalla sentenza in rassegna presenta un oggetto analogo a quello sottoposto allo scrutinio della sentenza n. 7 del medesimo Collegio, pubblicata in pari data; e, per quel che più interessa, essa è stata al centro di un contrasto giurisprudenziale, assurto al livello del diritto euro-unitario, e perciò sottoposto all’attenzione del competente Giudice europeo.

Il tema dibattuto attiene in particolare all’interpretazione dell’art. 95, comma 10, del d.lgs. n. 50 del 2016 (cd. Codice dei Contratti Pubblici), in relazione al caso della mancata indicazione separata, nell’offerta, dei costi di manodopera e degli oneri di sicurezza.

Al riguardo, risulta appunto decisiva la soluzione interpretativa offerta dalla Corte di giustizia UE con la sentenza, sez. IX, 2 maggio 2019, C-309/18, Lavorgna s.r.l.; sicché, il Collegio, quale organo giurisdizionale di ultima istanza, dovendo garantire l’esatta l’interpretazione del diritto dell’Unione, ha esaminato direttamente la questione sostanziale sottoposta al suo giudizio.

Più precisamente, proprio in considerazione dell’intervento della Corte di Giustizia UE sopra richiamata, è venuta meno per il Collegio la necessità di pronunciare il principio di diritto; talché, in ossequio alla flessibilità applicativa contemplata dall’art. 99 c.p.a., l’Adunanza Plenaria perviene alla decisione nel merito dell’intera vicenda reputando superfluo formulare un principio di diritto, stante l’esaustività della decisione già espressa dalla Corte europea; così da scongiurare pure una mera ripetizione di quanto già aliunde affermato.

L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato rinvia, in tal modo, a quanto già esaurientemente enunciato dalla citata sentenza della Corte di giustizia UE, 2 maggio 2019, secondo la quale “I principi della certezza del diritto, della parità di trattamento e di trasparenza, quali contemplati nella direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, secondo la quale la mancata indicazione separata dei costi della manodopera, in un’offerta economica presentata nell’ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, comporta l’esclusione della medesima offerta senza possibilità di soccorso istruttorio, anche nell’ipotesi in cui l’obbligo di indicare i suddetti costi separatamente non fosse specificato nella documentazione della gara d’appalto, sempreché tale condizione e tale possibilità di esclusione siano chiaramente previste dalla normativa nazionale relativa alle procedure di appalti pubblici espressamente richiamata in detta documentazione.”

Ne consegue dunque, secondo il canone interpretativo accolto dalla CGUE, e recepito dal Collegio nazionale, la legittimità della regola generale recante l’automatismo espulsivo (in modo conforme peraltro alla tesi cd. formalistica della Sezione remittente); rispetto ad essa, tuttavia, è la stessa Corte Europea a introdurre un contemperamento, che appare corroborato da ragioni di carattere sostanziale: si tratta di un’eccezione alla regola generale sopra espressa, tale per cui “se le disposizioni della gara d’appalto non consentono agli offerenti di indicare i costi in questione nelle loro offerte economiche, i principi di trasparenza e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che essi non ostano alla possibilità di consentire agli offerenti di sanare la loro situazione e di ottemperare agli obblighi previsti dalla normativa nazionale in materia entro un termine stabilito dall’amministrazione aggiudicatrice”.

Coerentemente a siffatti parametri interpretativi, il Collegio ritiene, in definitiva, applicabile al caso di specie il principio di diritto espresso dalla Corte di Lussemburgo; sicché, secondo l’Adunanza Plenaria, l’aggiudicataria ha chiaramente eluso le previsioni dell’art. 95, comma 10, del d.lgs. n. 50 del 2016, avendo del tutto omesso, nella sua offerta economica, l’indicazione dei costi della manodopera, come previsto dallo stesso art. 95 cit. e dalla lex specialis. Ne deriva l’illegittimità degli atti adottati dalla stazione appaltante, considerata la mancata attivazione del dovuto meccanismo espulsivo.

La fattispecie in rassegna non consente, infatti, di derogare alla regola generale dell’automatismo espulsivo: ipotesi invero eccezionale, che si sarebbe verificata allorché, ad esempio, la documentazione di gara avesse generato confusione in capo agli offerenti, ovvero fosse risultato impossibile il rispetto dell’onere dichiarativo in questione. Soltanto in tali ipotesi, di fatti, la stazione appaltante avrebbe potuto attivare, in modo legittimo, il soccorso istruttorio per sanare la mancata indicazione separata dei costi nell’offerta economica.