Cons. Stato, sez. V, ord. 9 aprile 2020 n. 2332
- L'equilibrio tra questi due interessi va garantito da una acquisizione del principio di tipicità dei motivi di esclusione (espressamente scolpito dall'art. 83, comma 8 del Codice) non limitato al profilo (di ordine formale) della mera preclusione alla introduzione di fattispecie escludenti non normativamente prefigurate (cd numerus clausus), ma esteso al profilo (di ordine sostanziale) della sufficiente tipizzazione, in termini di tassatività, determinatezza e ragionevole prevedibilità delle regole operative e dei doveri informativi;
- E' un problema che si pone, in modo particolare, per le omissioni dichiarative (ovvero per le dichiarazioni reticenti): per le quali occorre distinguere il mero (e non rilevante) nihil dicere (che, al più, legittima la stazione appaltante a dimostrare, con mezzi adeguati, " che l'operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali", diversi dalla carenza dichiarativa, idonei a rendere dubbia la sua integrità o affidabilità) dal non dicere quod debetur (che, postulando la violazione di un dovere giuridico di parlare, giustifica di per sè – cioè in quanto illecito professionale in sè considerato – l'operatività, in chiave sanzionatoria, della misura espulsiva).
REPUBBLICA ITALIANA
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
ORDINANZA DI RIMESSIONE ALL'ADUNANZA PLENARIA
sul ricorso numero di registro generale 5452 del 2019, proposto da
Doronzo Infrastrutture S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Gennaro Rocco Notarnicola, Gianluigi Pellegrino e Michele Dionigi, con domicilio digitale come da registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Gianluigi Pellegrino in Roma, al corso del Rinascimento, n. 11;
contro
Autorità di sistema portuale del Mar Ionio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12;
R.C.M. Costruzioni S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Luigi e Pietro Quinto, con domicilio digitale come da registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Pietro Quinto in Roma, alla via dei Giubbonari, n. 47;
nei confronti
Consorzio Stabile Alveare Network, non costituito in giudizio;
sul ricorso numero di registro generale 5458 del 2019, proposto da
C.C.C. Cantieri Costruzioni Cemento S.p.A., in proprio e quale capogruppo mandataria del costituendo raggruppamento temporaneo di imprese con Gianni Rotice S.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dall'avvocato Ignazio Lagrotta, con domicilio digitale come da registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Ignazio Lagrotta in Roma, alla via Lovanio, n. 16;
contro
Autorità di sistema portuale del Mar Ionio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12;
nei confronti
Doronzo Infrastrutture S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Gennaro Rocco Notarnicola, Gianluigi Pellegrino e Michele Dionigi, con domicilio digitale come da registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Gianluigi Pellegrino in Roma, al corso del Rinascimento, n. 11;
R.C.M. Costruzioni S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Luigi e Pietro Quinto, con domicilio digitale come da registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Pietro Quinto in Roma, alla via dei Giubbonari, n. 47;
Consorzio Stabile Vitruvio s.c.a.r.l., Consorzio Stabile Alveare Network, General Works Italia S.r.l., non costituiti in giudizio
per la riforma
quanto al ricorso n. 5452 del 2019:
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia - sezione staccata di Lecce, sez. I, n. 846/2019, resa tra le parti
quanto al ricorso n. 5458 del 2019:
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Sezione – sezione staccata di Lecce, sez. I, n. 453/2019, resa tra le parti
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Autorità di sistema portuale del Mar Ionio, di R.C.M. Costruzioni S.r.l. e di Doronzo Infrastrutture S.r.l.;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 dicembre 2019 il Cons. Giovanni Grasso e uditi per le parti gli avvocati Notarnicola, Pellegrino, Quinto e l’avvocato dello Stato De Nuntis;
1.- Con decreto del Commissario straordinario in data 4 novembre 2016, n. 105, l’Autorità portuale di Taranto indiceva una procedura aperta per l’affidamento dei “lavori di rettifica, allargamento ed adeguamento strutturale della banchina di Levante del Molo di San Cataldo e della calata 1 del Porto di Taranto”, con importo a base d’asta pari ad € 22.204.475,08, comprensivo degli oneri di sicurezza non soggetti a ribasso, IVA esclusa, da aggiudicarsi, giusta l’art. 9 del relativo disciplinare di gara, con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, con un punteggio di 70 punti per l’offerta tecnica, 20 punti per l’offerta economica e 10 punti per l’offerta tempo.
All’esito della procedura, si classificava provvisoriamente al primo posto in graduatoria la Doronzo Infrastrutture s.r.l., con un punteggio complessivo di 96,780, mentre l’ATI capeggiata da Cantieri Costruzioni Cemento S.p.A conseguiva il punteggio di 90,266 e la RCM Costruzioni, terza graduata, il punteggio di 85,377 (cfr. verbale n. 7 del 26 luglio 2017).
La gara veniva, perciò, aggiudicata, con delibera n. 133 del 4 aprile 2018 del Presidente dell’Autorità di sistema portuale del Mar Ionio, alla Doronzo Infrastrutture s.r.l..
Con successivo decreto in data 20 aprile 2018, l’ATI Cantieri Costruzioni Cemento S.p.A. veniva esclusa dalla procedura, con conseguente rimodulazione della graduatoria e collocazione al secondo posto della RCM Costruzioni.
Con nota prot. n. 11575 del 17 luglio 2018, la stazione appaltante, in applicazione dell’art. 89, comma 3, d. lgs. n. 50/2016, sollecitava l’aggiudicataria a procedere alla sostituzione dell’ausiliaria Consorzio Stabile Vitruvio, che riteneva rientrare in una causa di esclusione ex art. 80, comma 4, d.lgs. cit..
Con propria nota di riscontro prot. n. 597 del 31 luglio 2018, Doronzo Infrastrutture s.r.l. trasmetteva la richiesta documentazione, indicando quale nuovo ausiliario il Consorzio Stabile Alveare Network.
Con nota prot. n. 18316 del 10 dicembre 2018, tuttavia, l’Autorità preannunciava di ritenere non veritiera la dichiarazione resa dal predetto Consorzio Stabile, nella parte in cui aveva indicato la società General Works Italia s.r.l. ai fini del raggiungimento del requisito della cifra d’affari in lavori – nel triennio antecedente al bando – oggetto del contratto di avvalimento.
Era, infatti, emerso che la General Works Italia s.r.l. non fosse in possesso di attestazione SOA in corso di validità alla succitata data del 26 luglio 2018 (in quanto venuta a scadenza il 15 luglio e non rinnovata) e, di conseguenza, non potesse più fare parte del Consorzio, come previsto dall’art. 6 dello Statuto consortile: con il che l’ausiliario, che aveva avuto contezza della perdita dell’attestazione della propria consorziata già in data antecedente a quella di sottoscrizione della dichiarazione di possesso dei requisiti e del contratto di avvalimento, avrebbe reso una dichiarazione falsa, afferente l’utilizzo della cifra d’affari della ridetta General Works Italia s.r.l., della quale non poteva disporre.
Con successivo provvedimento prot. n. 103 in data 4 gennaio 2019, veniva, perciò, disposto l’annullamento della delibera di aggiudicazione e l’esclusione della Doronzo Infrastrutture dalla procedura. Quindi, con successivo decreto n. 11 dell’11 gennaio 2019, veniva nuovamente rimodulata la graduatoria, con assegnazione della prima posizione alla RCM Costruzioni.
2.- Con rituale ricorso, proposto dinanzi al TAR per la Puglia – Lecce, Doronzo Infrastrutture s.r.l. insorgeva avverso le ridette determinazioni, lamentando violazione degli artt. 3 e 10-bis della l. n. 241/90 e degli artt. 80, 84 e 89 del d. lgs. n. 50/2016, nonché eccesso di potere sotto plurimo e concorrente profilo.
3.- Nel costituirsi in giudizio per resistere al gravame, RCM Costruzioni proponeva ricorso incidentale, sull’assunto che la Doronzo dovesse essere comechessia esclusa dalla procedura, anche per ragioni diverse e ulteriori rispetto a quelle poste a base della impugnata determina n. 103/2019.
4.- Con sentenza n. 846 del 22 maggio 2019, il primo giudice respingeva il ricorso principale e dichiarava improcedibile, per carenza di interesse, il ricorso incidentale.
A sostegno della decisione, assumeva:
a) che – alla luce delle emerse circostanze fattuali – la dichiarazione resa dal Consorzio Stabile Alveare Network, successiva alla sospensione disposta a carico della General Works Italia e relativa al possesso, per avvalimento, del requisito della “cifra d’affari” necessaria per la partecipazione alla procedura evidenziale, risultasse “obiettivamente non veritiera”;
b) che, in quanto tale, la stessa era sanzionata, con la previsione di una causa di automatica esclusione, dall’art. 80, comma 5 lettera f-bis) d. lgs. n. 50/2016 “in linea generale”, in quanto “rilevante nella prospettiva dell’affidabilità del futuro contraente, a prescindere da considerazioni su fondatezza, gravità e pertinenza degli episodi non dichiarati”;
c) che la misura espulsiva operasse, in guisa parimenti automatica, anche nella eventualità di dichiarazione mendace presentata dall’operatore economico con riguardo alla posizione della impresa ausiliaria di cui avesse inteso avvalersi;
d) che non si palesasse, in diverso senso, significativa l’eccepita circostanza che la dichiarazione in questione non incidesse in modo rilevante sulla effettiva sussistenza del requisito di partecipazione (stante l’allegato ed assorbente possesso di idonea cifra d’affari, anche indipendentemente dalla quota imputabile ai lavori della General Works Italia), posto che il citato art. 80, comma 5, lett. f-bis) era da intendersi quale rivolto a colpire il “dato oggettivo” delle “dichiarazioni non veritiere” relative ai requisiti soggettivi di partecipazione, indipendentemente dal loro concreto rilievo e dall’atteggiamento “psicologico” dell’operatore economico, e ciò per “evidenti ragioni di certezza e affidabilità nei reciproci rapporti, dovendo l’Amministrazione poter fare affidamento non solo sul possesso dei requisiti allegati ma, più in generale, sulla rispondenza al vero delle complessive circostanze in fatto auto-dichiarate dai concorrenti con riguardo agli stessi”;
e) che, in altri termini, giusta l’orientamento avallato, in re, dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato, “la sanzione della reticenza [dovesse riguardarsi quale] funzionale all’affermazione dei principi di lealtà ed affidabilità, in una parola, della correttezza, dell’aspirante contraente, che permea la procedura di formazione dei contratti pubblici ed i rapporti con la stazione appaltante, come indirettamente inferibile anche dall’art. 30, comma 1, del d.lgs. n. 50 cit.”;
f) che, per giunta, la previsione dell’art. 89, comma 1 del Codice – che impone, per le “dichiarazioni mendaci” l’esclusione del concorrente e l’escussione della garanzia – non sembrava consentire alla stazione appaltante alcuno spazio valutativo, tanto più che, nella specie, oggetto della dichiarazione era “un dato obiettivo e privo di qualsiasi profilo di equivocità/opinabilità”;
g) che, inoltre, correttamente la stazione appaltante aveva argomentato l’impossibilità di fare appello alla logica di concreta inoffensività del c.d. falso innocuo, non operante nelle procedure di evidenza pubblica proprio in considerazione della attitudine della incompletezza dichiarativa ad inficiare ex se la possibilità di una non solo celere, ma soprattutto affidabile decisione in ordine all’ammissione dell’operatore economico;
h) che, infine, come parimenti ritenuto dal provvedimento impugnato, la dichiarazione non veritiera costituiva, comunque, autonoma fattispecie di esclusione anche alla luce dell’art. 75, del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, nella parte in cui, in tema di autocertificazione, prevedeva la decadenza dai benefici (si in termini di ammissione alla gara che di aggiudicazione della stessa) eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della falsa attestazione.
5.- Con atto di appello, notificato nei tempi e nelle forme di rito, la Doronzo Infrastrutture s.r.l. insorgeva avverso la ridetta statuizione, argomentandone la complessiva erroneità ed ingiustizia ed auspicandone l’integrale riforma.
A sostegno del gravame, segnatamente, assumeva:
a) che, anche a prescindere dalla allegata e concreta irrilevanza della posizione di General Works (posto che detta impresa in alcun modo concorreva a formare un requisito, comunque per altra via ampiamente posseduto in proprio dal Consorzio), la dichiarazione resa da quest’ultimo non avrebbe mai potuto ritenersi mendace, essendo riferita non già ad un fatto (come tale suscettibile di obiettiva ed alternativa verificazione o falsificazione), ma ad una valutazione del fatto, pregiudizialmente refrattaria, anche ai (distinti e concorrenti) della imputazione in sede penale della condotta dichiarativa, ad un apprezzamento in termini di (verità o) falsità;
b) che, più in dettaglio, il mendacio contestato al Consorzio non verteva, in realtà, sull’obiettivo ammontare delle cifre di affari (pacificamente corrette e corrispondenti ai bilanci delle società considerate), ma sulla ritenuta attitudine della società General Works, facente parte della compagine consortile, ai fini della considerazione del requisito finanziario derivante dalla maturazione di un determinato fatturato storico: questione per sé opinabile, se del caso ed eventualmente erronea, ma non mai suscettibile, nella sua ribadita componente valutativa, di essere considerata (né vera, né) falsa;
c) che, oltretutto, erroneamente la decisione avrebbe trascurato di dare il giusto rilievo alla circostanza che, alla luce delle risultanze camerali versate agli atti di procedura, la società non era, in realtà, mai stata, di fatto, estromessa dal Consorzio: e ciò in quanto solo la misura dell’esclusione avrebbe potuto incidere sulla posizione dell’impresa all’interno della “compagine consortile”, laddove, nella ipotesi di scadenza della SOA di un consorziato, lungi dal determinarsi alcun automatismo, era in facoltà degli organi consortili disporre l’estromissione ovvero la mera sospensione della società, così mantenendo il vincolo consortile con l’impresa interessata, che, come tale, avrebbe continuato a dover adempiere a tutti gli obblighi derivanti dalla sua qualità di consorziata, per tutto il tempo necessario per il rinnovo dell’attestazione SOA.
6.- Si costituivano in giudizio, per resistere all’appello, la stazione appaltante e la controinteressata R.C.M. Costruzioni s.r.l., aggiudicataria della gara, la quale ultima affidava, altresì, ad appello incidentale le ragioni di doglianza rimaste assorbite dalla declaratoria di improcedibilità operata dalla sentenza impugnata.
In particolare, nel ribadire la sussistenza di ragioni autonomamente ostative alla ammissione in gara della appellante principale, la stessa evidenziava:
a) che, a seguito dell’accertata irregolarità fiscale a carico dell’ausiliaria, la stazione appaltante avrebbe dovuto disporre non già (come di fatto avvenuto) la mera sostituzione dell’ausiliaria (il Consorzio Vitruvio), sibbene la diretta estromissione della stessa;
b) che, sotto il profilo in questione, inesorabilmente mendace avrebbe dovuto ritenersi la stessa dichiarazione reticente, che aveva sottaciuto la sussistenza di violazioni tributarie, da riguardarsi, in tesi, quali definitive;
c) che, in ogni caso, la sostituzione della ausiliaria non avrebbe potuto essere né sollecitata né autorizzata successivamente alla aggiudicazione;
d) che, sotto distinto rispetto, autonoma ragione di decadenza dell’aggiudicazione sarebbe stata rappresentata dalla mancata ottemperanza, da parte della Doronzo Infrastrutture, all’invito di presentare, nel termine perentorio, la documentazione necessaria alla stipula del contratto, vanamente richiesta dalla stazione appaltante;
e) che, ancora, la nuova ausiliaria (Consorzio Stabile Alveare Network) si sarebbe resa responsabile di falsa dichiarazione sotto la specie della reticenza, avendo taciuto la pregressa revoca, da parte del Comune di Gravina di Puglia, dell’aggiudicazione disposta a favore della società Di Matteo Costruzioni s.r.l., di cui era ausiliaria, a cagione della omessa dichiarazione di condanna per bancarotta fraudolenta del proprio legale rappresentante;
f) che, inoltre, il Consorzio aveva falsamente attestato, contro le risultanze fattuali, di non essere iscritto al casellario ANAC per aver presentato pregresse false dichiarazioni o false attestazioni di qualificazione;
g) che, per giunta, la sostituzione della ausiliaria Consorzio Stabile Vitruvio con il Consorzio Stabile Alveare Network non avrebbe potuto ritenersi idonea ad impedire l’esclusione del concorrente Doronzo Infrastrutture, stante l’operatività solo ex nunc dello stipulato contratto di avvalimento, inetto alla sanatoria;
h) che, ancora, l’amministratore unico e direttore tecnico del Consorzio Stabile Vitruvio aveva falsamente dichiarato di non aver subito condanne penali (laddove, dal sistema di controllo tramite AVCPass era emersa, a suo carico, una sentenza di applicazione della pena su richiesta del 23 maggio 2000 del Tribunale di Taranto, irrevocabile dal 23 giugno 2006, per violazione delle norme in materia di obiezione di coscienza ex art. 14, comma 2 della l. n. 230/1998): ciò che avrebbe strutturato autonoma (ed automatica) ragione di estromissione dalla gara;
i) che la Doronzo Infrastrutture andava, altresì, esclusa in quanto una delle consorziate del Consorzio Stabile Vitruvio, la Ecologic Service di Franzot Nevio & C. Sas, la cui cifra d’affari era stata impiegata ai fini della qualificazione, sarebbe stata priva del requisito ex art. 80 co. 5 lett. b) d..lgs. 50/2016, in quanto dichiarata fallita dal Tribunale di Udine con sentenza n. 64 del 2 ottobre 2017, senza che tuttavia la stessa Doronzo od il Consorzio Stabile Vitruvio avessero dichiarato alcunché al riguardo;
j) che, infine, in ventilata violazione dell’art. 93 del d. lgs. n. 50/2016 e della lex specialis di procedura, la concorrente controinteressata non aveva, a fronte delle richieste della stazione appaltante, provveduto al reiterato e sollecitato rinnovo della originaria garanzia, ma aveva presentato via via garanzie sempre diverse, con conseguente soluzione di continuità che avrebbe determinato il venir meno della sussistenza di una garanzia a corredo dell’offerta per tutta la durata della gara (oltre che del prescritto impegno di un garante a rilasciare la cauzione definitiva).
7.- Con distinto ricorso, l’ATI Cantieri Costruzioni Cemento s.p.a. – già seconda graduata, e, in caso di auspicata conferma della litigiosa esclusione della Doronzo infrastrutture s.r.l., potenziale aggiudicataria in luogo della R.C.M. Costruzioni s.r.l. – impugnava, dinanzi al medesimo Tribunale, il decreto, datato 20 aprile 2018, che ne aveva sancito l’esclusione dalla procedura, contestualmente censurando, per formalizzata aggiunzione di motivi, l’aggiudicazione disposta, in prima battuta, a favore della Doronzo Infrastrutture s.r.l..
Ragione della estromissione era stata la contestata violazione dell’obbligo, previsto dall’art. 93, comma 8 del d. lgs. n. 50/2016, di corredare l’offerta dell’impegno al rilascio di garanzia fideiussoria per l’esecuzione del contratto: impegno che, originariamente assunto in sede di formalizzazione della domanda di partecipazione, non era stato, tuttavia, reiterato, a dispetto dell’attivato soccorso istruttorio, in sede di rinnovazione della garanzia, sollecitata dalla stazione appaltante ai sensi dell’art. 93, comma 5 del d. lgs. cit.
8.- A sostegno del gravame, la ricorrente criticamente assumeva:
a) che – non essendo in contestazione la sussistenza dell’originario impegno (alla data del 14 dicembre 2016) al rilascio della garanzia definitiva – solo il protrarsi della gara aveva determinato la sopravvenuta esigenza di rinnovare la dichiarazione promissoria, peraltro ad una data (il 7 dicembre 2017) in cui la normativa sopravvenuta (che aveva rimodulato in bonam partem il tenore dell’art. 93, comma 8) non prevedeva più tale tipo di obbligo per le piccole e medie imprese;
b) che, in ogni caso, la dichiarazione di impegno alla rilascio di fideiussione definitiva non fosse operativo le quante volte la cauzione provvisoria fosse stata presentata in contanti (trattandosi solo e senz’altro, in tesi, di effettuare, in caso di aggiudicazione, una nuovo deposito cauzionale in numerario);
c) che, per giunta, il comportamento della stazione appaltante era stato, sotto il profilo in questione, del tutto ondivago, ingenerando fraintendimenti e malriposti affidamenti, che facevano apparire decisamente punitiva, ingiustificata e sproporzionata la contestata misura espulsiva.
Contestava, altresì, sotto plurimo profilo e con i motivi aggiunti, l’aggiudicazione disposta a favore della Doronzo Infrastrutture s.r.l., asseritamente priva dei necessari requisiti.
9.- Con sentenza n. 453 del 21 marzo 2019, il primo giudice respingeva il ricorso, dichiarando, consequenzialmente, inammissibili le censure proposte nei confronti dell’aggiudicataria, in quanto rinvenienti da concorrente che, ad esclusione giudizialmente validata, doveva ritenersi privo, per consolidato intendimento, di legittimazione a contestare, anche a meri e strumentali fini rinnovatori, l’esito della gara inter alios.
La decisione traeva argomentato fondamento dal rilievo:
a) che, anche nella ipotesi di prestazione della cauzione provvisoria mediante consegna di assegno circolare, la mera dichiarazione di impegno al rilascio di ulteriori assegni, in caso di aggiudicazione, ai fini della costituzione della garanzia definitiva, non potesse ritenersi sufficiente, anche in considerazione della mancata indicazione dell’impegno alla integrazione quantitativa del relativo importo;
b) che la sopravvenuta esenzione, a favore delle piccole e medie imprese, introdotta dal “correttivo” di cui al d .lgs. n. 56/2017 non fosse applicabile ratione temporis, essendo inoltre per un verso generiche, per altro verso prima facie non fondate le sollevate perplessità in ordine alla legittimità costituzionale della norma, per contro perfettamente coerente con il principio di ordinaria e canonica irretroattività dello jus superveniens;
c) che la stazione appaltante, che pure avrebbe in tesi potuto procedere alla immediata esclusione, aveva, di fatto, concesso, attivando il soccorso istruttorio, un termine per regolarizzare l’omissione, che – tuttavia – non era stato adeguatamente valorizzato e sfruttato.
10.- Con atto di appello, notificato nei tempi e nelle forme di rito, l’ATI Cantieri Costruzioni Cemento s.p.a. impugnava la ridetta decisione, lamentandone la complessiva erroneità ed invocandone l’integrale riforma, all’uopo devolutivamente reiterando – agli auspicati e strumentali fini di una prospettica riedizione della procedura evidenziale – le censure proposte nei confronti della Doronzo Infrastrutture s.r.l., complessivamente incentrante sul carattere anomalo ed irregolare della relativa offerta, in eminente considerazione degli indicati costi della manodopera.
11.- Si costituivano in giudizio, per resistere alla impugnazione, la Doronzo Infrastrutture s.r.l., la società R.C.M. Costruzioni s.r.l. (nelle more, giusta la narrativa che precede, divenuta aggiudicataria, all’esito della esclusione della prima) e l’Autorità di sistema portuale, che, in guisa convergente, argomentavano l’inammissibilità e l’infondatezza dell’appello, di cui domandavano la reiezione.
12.- Alla pubblica udienza del 19 dicembre 2019, entrambi i ricorsi – avvinti da evidenti ragioni di connessione oggettiva e soggettiva, in quanto pertinenti alla medesima procedura evidenziale – venivano, sulla reiterate conclusioni dei difensori delle parti costituite, riservati per la decisione.
13.- Opina il Collegio che, nel corretto ordine logico delle questioni da esaminare, risulti prioritaria, in considerazione delle contestate ragioni di estromissione della originaria aggiudicataria, quella relativa alla portata, alla consistenza, alla perimetrazione ed agli effetti degli obblighi dichiarativi gravanti sugli operatori economici in sede di partecipazione alla procedura evidenziale, con particolare riguardo ai presupposti per l’imputazione della falsità dichiarativa, ai sensi di cui alle lettere c) e f-bis del comma 5 dell’art. 80 del d. lgs. n. 50/2016. Questione sulla quale, alla luce della recente elaborazione giurisprudenziale, è dato registrare un non sopito contrasto.
14.- Importa, anzitutto, premettere che l’art. 80 applicabile ratione temporis è quello risultante dal testo anteriore alle modifiche apportate dall’art. 5, comma 1, del d. l. 14 dicembre 2018, n. 135, convertito dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12. La disposizione transitoria dello stesso art. 5, comma 2 prevede infatti, che “le disposizioni di cui al comma 1 si applicano alle procedure i cui bandi o avvisi, con i quali si indicono le gare, sono pubblicati successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto [...]”, cioè successivamente al 15 dicembre 2018.
15.- Ciò detto, le irregolarità di carattere dichiarativo sono normativamente definite nel quadro delle “situazioni” concretanti “gravi illeciti professionali”, idonei, come tali, a “rendere dubbia” l’”integrità” e l’”affidabilità” del concorrente.
Sotto un profilo generale, fondano sull’obbligo – di ordine e di matrice propriamente precontrattuale – che grava su ogni operatore economico di fornire alla stazione appaltante ogni dato o informazione comunque rilevante, al fine di metterla in condizione anzitutto di acquisire, e quindi di valutare tutte le circostanze e gli elementi idonei ai fini della ammissione al confronto competitivo.
In quanto tale – operando nella logica relazionale del “contatto sociale qualificato” strutturato dalla procedura evidenziale – esso è anzitutto “di diritto comune”, facendo capo alla regola di condotta di cui agli artt. 1337 e 1338 del codice civile, che impone un generale (e, peraltro, reciproco) dovere di chiarezza e di completezza informativa.
Nel contesto evidenziale, di matrice pubblicistica, tale obbligo (manifestazione del “principio di correttezza”: cfr. art. 30, comma 1 del Codice) è vieppiù qualificato dalla professionalità che si impone agli operatori economici che intendano accedere, in guisa concorrenziale, al mercato delle commesse pubbliche: la quale vale a conferire speciale ed autonomo rilievo, presidiato dalla sanzione espulsiva, alla omissione delle “informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”, di cui fa espressa parola la lettera c-bis del comma 5, ad finem, sintetizzandone la complessiva ratio.
Si tratta, così acquisito, di obbligo essenzialmente strumentale, finalizzato (solo) a mettere in condizione la stazione appaltante di conoscere tutte le circostanze rilevanti per l’apprezzamento dei requisiti di moralità e meritevolezza soggettiva: non obbligo fine a se stesso, ma servente.
16.- Nondimeno, la sua (distinta) previsione come (specifico, legittimo ed autonomo) motivo di esclusione testimonia (ad onta della, non decisiva, scissione della lettera c) e della successiva lettera c-bis) da ultimo operata dal d. l. 135/2018, convertito dalla l. n. 12/2019) della sua attitudine a concretare, in sé, una forma di grave illecito professionale: nel qual caso, il necessario nesso di strumentalità rispetto alle valutazioni rimesse alla stazione appaltante finisce per dislocarsi dal piano del concreto apprezzamento delle circostanze di fatto, rimesso alla mediazione valutativa della stazione appaltante, al piano astratto di una illiceità meramente formale e presunta, operante de jure.
Si intende, perciò, la necessità di una puntuale perimetrazione della portata (e dei limiti) degli obblighi informativi. Sui quali si scaricano, con evidente tensione, opposti e rilevanti interessi: da un lato quello di estromettere senz’altro dalla gara i soggetti non affidabili sotto il profilo della integrità morale, della correttezza professionale, della credibilità imprenditoriale e della lealtà operativa; dall’altro, quello di non indebolire la garanzia della massima partecipazione e di non compromettere la necessaria certezza sulle regole di condotta imposte agli operatori economici, presidiate dalla severa sanzione espulsiva.
L’equilibrio tra questi due interessi va garantito da una acquisizione del principio di tipicità dei motivi di esclusione (espressamente scolpito all’art. 83, comma 8 del Codice) non limitato al profilo (di ordine formale) della mera preclusione alla introduzione di fattispecie escludenti non normativamente prefigurate (c.d. numerus clausus), ma esteso al profilo ( di ordine sostanziale) della sufficiente tipizzazione, in termini di tassatività, determinatezza e ragionevole prevedibilità delle regole operative e dei doveri informativi.
17.- È un problema che si pone, in modo particolare, per le omissioni dichiarative (ovvero per le dichiarazioni reticenti): per le quali occorre distinguere il mero (e non rilevante) nihil dicere (che, al più, legittima la stazione appaltante a dimostrare, con mezzi adeguati, “che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali”, diversi dalla carenza dichiarativa, idonei “a rendere dubbia la sua integrità o affidabilità”) dal non dicere quod debetur (che, postulando la violazione di un dovere giuridico di parlare, giustifica di per sé – cioè in quanto illecito professionale in sé considerato – l’operatività, in chiave sanzionatoria, della misura espulsiva).
Chiaro, in tal senso, il riferimento al comportamento dell’operatore che abbia “omesso le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura (cfr. lettera c), oggi c-bis): che pone, peraltro, il problema di conferire determinatezza e concretezza all’elemento normativo della fattispecie, per individuare con precisione le condizioni per considerare giuridicamente dovuta l’informazione.
18.- Ciò posto, come è noto, la giurisprudenza ha, ancora di recente e da ultimo, ritenuto che l’individuazione tipologica dei gravi illeciti professionali avesse carattere meramente esemplificativo, potendo, per tal via, la stazione appaltante desumere il compimento di gravi illeciti professionali da ogni vicenda pregressa, anche non tipizzata, dell’attività professionale dell’operatore economico di cui fosse accertata la contrarietà a un dovere posto in una norma civile, penale o amministrativa (cfr. ex permultis, Cons. Stato, V, 24 gennaio 2019, n. 586; Id., V, 25 gennaio 2019, n. 591; Id., V, 3 gennaio 2019, n. 72; Id., III, 27 dicembre 2018, n. 7231), se stimata idonea a metterne in dubbio l’integrità e l’affidabilità.
Tale conclusione (verisimilmente agevolata dal tenore testuale aperto della lettera c) del comma 5 dell’art. 80:“tra questi rientrano”), è rimasta anche dopo la modifica dell’art. 80, comma 5, realizzata con il già citato art. 5 d.-l. n. 135 del 2018, che ha sdoppiato nelle successive lettere c-bis) e c-ter) la preesistente elencazione, mantenendo peraltro nella lett. c), ma espungendo il richiamato inciso, la richiamata previsione di portata generale (cfr. Cons. Stato, V, 22 luglio 2019, n. 5171).
Siffatta opzione esegetica è mossa, esplicitamente o implicitamente, dalla sopra evidenziata generalizzazione degli obblighi informativi precontrattuali, ancorati ad una clausola generale di correttezza professionale (cfr. art. 30, comma 1), intorno alla quale si addensa e coagula la stessa dimensione di lealtà, affidabilità e credibilità dell’operatore professionale: cui si assume plausibilmente imposto, a pena di esclusione automatica, un dovere generale di clare loqui, al fine di mettere la stazione appaltante in condizione di elaborare – nella prospettiva del “corretto svolgimento della procedura di selezione” – le proprie “decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione” (cfr. ancora la lettera c).
È evidente che, in siffatta prospettiva, gli obblighi informativi decampano dalla logica della mera strumentalità, diventando obblighi finali, dotati di autonoma rilevanza: di dal che l’omissione, la reticenza, l’incompletezza divengono – insieme alle più gravi decettività e falsità – forme in certo senso sintomatiche di grave illecito professionale in sé e per sé.
In questo quadro, ancorché non univocamente (in senso parzialmente contrario, e.g. Cons. Stato, III, 23 agosto 2018, n. 5040; V, 3 aprile 2018, n. 2063; III, 12 luglio 2018, n. 4266), si è interpretato l’ultimo inciso l’art. 80, comma 5, lett. c), attribuendogli il rigoroso significato di una norma di chiusura, che impone agli operatori economici di portare a conoscenza della stazione appaltante tutte le informazioni relative alle proprie vicende professionali, anche non costituenti cause tipizzate di esclusione (Cons. Stato, V, 11 giugno 2018, n. 3592; 25 luglio 2018, n. 4532; 19 novembre 2018, n. 6530; III, 29 novembre 2018, n. 6787).
19.- In senso parzialmente diverso, si è, tuttavia, osservato che siffatto generalizzato obbligo dichiarativo, senza la individuazione di un generale limite di operatività, “potrebbe rilevarsi eccessivamente oneroso per gli operatori economici, imponendo loro di ripercorrere a beneficio della stazione appaltante vicende professionali ampiamente datate o, comunque, del tutto insignificanti nel contesto della vita professionale di una impresa” (Cons. Stato, V, 22 luglio 2019, n. 5171; Id., V, 3 settembre 2018, n. 5142).
La necessità di un siffatto limite generale di operatività deriva, del resto, dall’art. 57, § 7 della Direttiva 2014/24/UE, che ha, per giunta, fissato in tre anni dalla data del fatto la rilevanza del grave illecito professionale, in ciò seguita dalle Linee guida ANAC n. 6/2016, precedute dal parere della Commissione speciale del Consiglio di Stato n. 2286/2016 del 26 ottobre 2016, che ha affermato, tra altro, la diretta applicazione nell’ordinamento nazionale della previsione di cui al predetto paragrafo.
Per tal via, la più recente giurisprudenza si è orientata alla individuazione anzitutto di un limite temporale all’obbligo dichiarativo, ancorato alla postulata irrilevanza di illeciti commessi dopo il triennio anteriore alla adozione degli atti indittivi (cfr., tra le varie, Cons. Stato, V, 5 marzo 2020, n. 1605).
20.- In termini più significativi, è, nondimeno, maturata una prospettiva diversa, che muove dalla distinzione tipologica, risultante dalla previsione normativa, di due fattispecie distinte:
a) l’omissione delle informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione, che comprende anche la reticenza, cioè l’incompletezza, con conseguente facoltà della stazione appaltante di valutare la stessa ai fini dell’attendibilità e dell’integrità dell’operatore economico (cfr. Cons. Stato, V, 3 settembre 2018, n. 5142);
b) la falsità delle dichiarazioni, ovvero la presentazione nella procedura di gara in corso di dichiarazioni non veritiere, rappresentative di una circostanza in fatto diversa dal vero, cui conseguirebbe, per contro, l’automatica esclusione dalla procedura di gara, deponendo in maniera inequivocabile nel senso dell’inaffidabilità e della non integrità dell’operatore economico (laddove, per l’appunto, ogni altra condotta, omissiva o reticente che sia, comporterebbe l’esclusione dalla procedura solo per via di un apprezzamento da parte della stazione appaltante che sia prognosi sfavorevole sull’affidabilità dello stesso) (cfr. Cons. Stato, V, 12 aprile 2019, n. 2407).
21.- La distinzione può essere approfondita e precisata, osservando che l’ordito normativo – peraltro frutto di vari interventi correttivi, integrativi e, nel caso della lettera c), anche diairetici stratificati nel tempo – fa variamente riferimento:
a) alla falsità di “informazioni” fornite (lettera c-bis), di “dichiarazioni” rese e di “documentazione” presentata (lettere f-bis, f- ter e g, nonché il comma 12), talora, peraltro, dando rilevanza alla mera (ed obiettiva) “non veridicità”, talaltra ai profili di concreta “rilevanza o gravità” ovvero ai profili soggettivi di imputabilità (evocati dal riferimento alla negligenza, alla colpa, anche grave, o addirittura al dolo);
b) alla attitudine “fuorviante” delle informazioni (intesa quale suscettibilità di influenzare il processo decisionale in ordine all’esito della fase di ammissione);
c) alla mera “omissione” (di informazioni dovute).
Inoltre, si distingue, con esclusivo riguardo alle falsità dichiarative e documentali, secondo che le stesse rimontino a condotte (attive od omissive), a loro volta poste in essere (cfr. comma 6), prima ovvero nel corso della procedura.
In altri termini, è un dato positivo la distinzione tra dichiarazioni omesse (rilevanti in quanto abbiano inciso, in concreto, sulla correttezza del procedimento decisionale), fuorvianti (rilevanti nella loro attitudine decettiva, di “influenza indebita”) e propriamente false (rilevanti, per contro, in quanto tali).
E se si considera che la reticenza corrisponde, in definitiva, alla c.d. mezza verità (la cui attitudine decettiva opera, quindi, in negativo, in relazione a ciò che viene taciuto, costituendo, quindi, una forma di omissione parziale), le informazioni fuorvianti son quelle che manifestano attitudine decettiva in positivo, per il contenuto manipolatorio di dati reali: una sorta di mezza falsità).
22.- La distinzione è, già sul ridetto piano normativo, legata a diverse conseguenze: mentre le prime tre ipotesi (dichiarazioni omesse, reticenti e fuorvianti) hanno rilievo solo in quanto si manifestino nel corso della procedura, la falsità è più gravemente sanzionata dall’obbligo di segnalazione all’ANAC gravante sulla stazione appaltante in forza del comma 12 e della possibile iscrizione (in presenza di comportamento doloso o gravemente colposo e subordinatamente ad un apprezzamento di rilevanza) destinata ad operare anche nelle successive procedure evidenziali, nei limiti del biennio (lettere f-ter e g, quest’ultima riferita, peraltro, alla falsità commessa ai fini del rilascio dell’attestazione di qualificazione).
Con il che la falsità (informativa, dichiarativa ovvero documentale) ha attitudine espulsiva automatica oltreché (potenzialmente e temporaneamente) ultrattiva; laddove le informazioni semplicemente fuorvianti giustificano solo – trattandosi di modalità atta ad influenzare indebitamente il concreto processo decisionale in atto – l’estromissione dalla procedura nella quale si collocano.
23.- Appare evidente che, in siffatta prospettiva ermeneutica, l’omissione (e la reticenza) dichiarativa si appalesano per definizione insuscettibili (a differenza della falsità e della manipolazione fuorviante, di per sé dimostrative di pregiudiziale inaffidabilità) di legittimare l’automatica esclusione dalla gara: dovendo sempre e comunque rimettersi all’apprezzamento di rilevanza della stazione appaltante, a fini della formulazione di prognosi in concreto sfavorevole sull’affidabilità del concorrente.
Per giunta, la distinzione può essere articolata – anche in specifica considerazione delle ragioni di doglianza, affidate all’appello in esame – sotto un distinto e concorrente profilo.
In effetti, la distinzione tra dichiarazioni false (che importano sempre l’esclusione) e dichiarazioni semplicemente omesse (per le quali si pone l’illustrata alternativa tra la tesi, formalistica, dell’automatica esclusione e quella, sostanzialistica, della rimessione al previo e necessario filtro valutativo della stazione appaltante) trae fondamento dal rilievo che la falsità, come predicato contrapposto alla verità, costituisce frutto del mero apprezzamento di un dato di realtà, cioè di una situazione fattuale per la quale possa alternativamente porsi l’alternativa logica vero/falso, accertabile automaticamente (anche in sede giudiziale, in virtù della pienezza dell’accesso al fatto garantita dalle regole del processo amministrativo: cfr. art. 64 cod. proc. amm.).
Per contro, la dichiarazione mancante non potrebbe essere apprezzata in quanto tale, dovendo essere, volta a volta, valutate le circostanze taciute, nella prospettiva della loro idoneità a dimostrare l’inaffidabilità del concorrente.
Tale valutazione, in quanto frutto di apprezzamenti ampiamente discrezionali, non potrebbe essere rimessa all’organo giurisdizionale, ma andrebbe necessariamente effettuata (eventualmente a posteriori) dalla stazione appaltante; a differenza della falsità, che è di immediata verifica e riscontro, anche in sede contenziosa.
24.- È in questa direzione che si muove, per i profili in esame, l’appello proposto dalla Doronzo Infrastrutture s.r.l., la quale criticamente assume:
a) che, a prescindere da ogni altro rilievo, la dichiarazione resa dal Consorzio non avrebbe mai potuto ritenersi mendace, essendo riferita non già ad un fatto (come tale suscettibile di obiettiva verificazione, o falsificazione, secondo l’alternativa secca vero/falso), ma ad una valutazione del fatto, pregiudizialmente refrattaria, anche ai fini della (concorrente) imputazione in sede penale, ad un apprezzamento in termini di (verità o) falsità;
b) che, più in dettaglio, il mendacio contestato al Consorzio non verteva, in realtà, sull’obiettivo ammontare delle cifre di affari (pacificamente corrette e corrispondenti ai bilanci delle società considerate), ma sulla ritenuta attitudine della società General Works facente parte della compagine consortile ai fini della considerazione del requisito finanziario derivante dalla maturazione di un determinato fatturato storico: questione in sé opinabile, se del caso ed eventualmente erronea, ma non suscettibile, nella sua componente valutativa, di essere considerata (né vera, né) falsa.
La questione è, nell’evidenziato contrasto, rilevante. E ciò anche perché – quand’anche si dovesse concludere nel senso della reiezione dell’appello principale proposto dalla Doronzo Infrastrutture s.r.l. (ritenendo corretta la qualificazione in termini di falsità della dichiarazione resa e corretta l’esclusione automatica, sottratta al vaglio di concreta rilevanza) – occorrerebbe, gradatamente, decidere i motivi affidati all’appello incidentale proposto dalla controinteressata, con i quali si denunziano plurime omissioni dichiarative in cui l’aggiudicataria sarebbe incorsa: omissioni per le quali l’alternativa tra l’approccio formalistico (valorizzato dall’appellante incidentale ad excludendum) e l’approccio sostanzialistico sarebbe decisiva.
La decisione di tali questioni appare, inoltre, pregiudiziale rispetto all’apprezzamento del secondo ricorso, con il quale parimenti – se pur in via logicamente gradata – si censurano le omissioni dichiarative della Doronzo Infrastrutture.
25.- Stante, in definitiva, il contrasto giurisprudenziale in atto il presente ricorso viene deferito all'esame dell'adunanza plenaria del Consiglio di Stato, ai sensi dell'art. 99, co. 1, c.p.a.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), non definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, ne dispone il deferimento all'adunanza plenaria del Consiglio di Stato.
Manda alla segreteria della sezione per gli adempimenti di competenza, e, in particolare, per la trasmissione del fascicolo di causa e della presente ordinanza al segretario incaricato di assistere all'adunanza plenaria.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 dicembre 2019.
Guida alla lettura
Con ordinanza n. 2332 del 9 aprile 2020, la Sezione V del Consiglio di Stato ha rimesso all'Adunanza Plenaria la questione concernente la perimetrazione degli obblighi dichiarativi incombenti sugli operatori economici ai sensi dell'art. 80 del D.lgs 50/2016, con particolare riferimento alle omesse informazioni. La rilevanza di tracciare un'actio finium regundorum relativamente agli obblighi dichiarativi deriva dalla necessità di contemperare due distinti interessi. Da una parte, infatti, si colloca l'esigenza della stazione appaltante di estromettere i soggetti non affidabili sotto il profilo dell'integrità morale, della correttezza professionale, della credibilità imprenditoriale e della lealtà operativa. Dall'altra, vi è la necessità di tutelare la massima partecipazione alle gare e di garantire all'operatore economico la certezza relativamente alle cause che comportino l'esclusione dalla gara d'appalto, nonchè di approntare misure sanzionatorie proporzionali rispetto alla gravità dell'omissione.
La necessità di tutelare la massima partecipazione da un lato e la stazione appaltante dall'altro, e quindi, l'importanza della tematica in oggetto, è facilmente ravvisabile dalla lettura delle numerose sentenze e ordinanze di rimessione relative agli obblighi informativi. Ci si riferisce, senza presunzione di completezza, innanzitutto, alla sentenza n. 1605/2020 della sezione V del Consiglio di Stato, secondo cui l'obbligo dichiarativo deve essere limitato al triennio antecedente l'indizione della gara, per non gravare eccessivamente l'operatore economico. In secondo luogo, alla pronuncia del 20 marzo 2020, n. 2005 con cui la III Sezione del Consiglio di Stato ha rimesso alla Corte di Giustizia UE la questione“se l’art. 63 della direttiva 2014/24 del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014, relativo all’istituto dell’avvalimento, unitamente ai principi di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, di cui agli articoli 49 e 56 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), osti all’applicazione della normativa nazionale italiana in materia di avvalimento e di esclusione dalle procedure di affidamento, contenuta nell’art. 89, comma 1, quarto periodo, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, secondo la quale nel caso di dichiarazioni non veritiere rese dall’impresa ausiliaria riguardanti la sussistenza di condanne penali passate in giudicato, potenzialmente idonee a dimostrare la commissione di un grave illecito professionale, la stazione appaltante deve sempre escludere l’operatore economico concorrente in gara, senza imporgli o consentirgli di indicare un’altra impresa ausiliaria idonea, in sostituzione della prima, come stabilito, invece nelle altre ipotesi in cui i soggetti della cui capacità l’operatore economico intende avvalersi non soddisfano un pertinente criterio di selezione o per i quali sussistono motivi obbligatori di esclusione".
Il minimo comune denominatore delle pronunce che si susseguono è comunque rappresentato dalla necessità di contemperare le due esigenze sopra riportate, tutelando la stazione appaltante relativamente all'affidabilità degli operatori economici e garantendo, in ogni caso la massima partecipazione alle gare.
Prima di analizzare il contrasto giurisprudenziale che ha condotto alla rimessione della questione all'Adunanza Plenaria, è opportuno ricostruire la natura giuridica degli obblighi dichiarativi gravanti sugli operatori economici. Gli stessi sono ricondotti dalla giurisprudenza amministrativa nell'ambito delle informazioni precontrattuali, ex artt. 1337 – 1338 c.c.. In altri termini, la giurisprudenza amministrativa ha ricostruito i rapporti tra privato e pubblica amministrazione nell'ambito dell'evidenza pubblica, come rapporti che danno luogo ad un contatto sociale qualificato, cui consegue la responsabilità precontrattuale in caso di scorrettezze che possono essere generate anche da una carenza carenza informativa, al pari di quanto avviene nel procedimento di formazione della volontà nella contrattazione tra privati. E' evidente, infatti, che la dichiarazione mendace o l'omissione della stessa possono concretamente incidere negativamente sulla volontà della pubblica amministrazione.
Ciò chiarito, in relazione alla natura degli obblighi dichiarativi, è possibile ricostruire il contrasto giurisprudenziale, che ha comportato la necessità della rimessione della questione all'Adunanza Plenaria, sul presupposto della necessità di individuazione dell'ambito e dei limiti di operatività degli obblighi in commento. Sul punto si sono delineati due distinti orientamenti: l'uno di carattere formalista, l'altro di carattere sostanzialista.
I fautori del primo orientamento ritengono che l'art. 80 comma 5 lett. c del D.lgs 50/2016, disciplinante i motivi di esclusione, sia una norma di chiusura del sistema, meramente esemplificativa delle situazioni che potrebbero comportare l'esclusione. In altri termini, l'orientamento giurisprudenziale in commento (Cons. Stato, sez. V n. 586/2019), ritiene che ogni vicenda pregressa, anche non tipizzata possa rappresentare causa di esclusione nelle ipotesi in cui dovesse risultare idonea a ledere l'affidabilità dell'operatore economico. Ne deriva che, in tale quadro, qualsivoglia dichiarazione omessa potrebbe essere idonea a provocare l'esclusione dalla gara. La tesi in commento valorizza la corretta formazione della volontà della pubblica amministrazione, compromettendo, tuttavia, la certezza delle cause di esclusione e il principio della massima partecipazione, e ponendosi in tal modo in contrasto con i principi eurounitari, che nell'ambito degli appalti preservano la concorrenza e la massima partecipazione alle gare. Sul punto, giova precisare che la normativa del codice degli appalti è volta a tutelare, contrariamente alla legge sulla contabilità di Stato, e in ossequio ai principi espressi a livello europeo, la massima partecipazione alle gare e il minor aggravio possibile per gli operatori economici.
Di diverso avviso il secondo orientamento giurisprudenziale, più attento alla conformità dell'ordinamento nazionale rispetto a quello eurounitario, nonchè all'esigenza di garantire la massima partecipazione degli operatori alla gara. I fautori di tale orientamento, ritengono che un obbligo dichiarativo generalizzato e privo di limiti, potrebbe risultare troppo gravoso per gli operatori economici e hanno, innanzitutto individuato uno sbarramento temporale consistente nell'irrilevanza degli illeciti commessi nel triennio antecedente l'indizione della gara, ritenendo, tuttavia, necessaria una perimetrazione delle cause di esclusione. Al fine di contemperare le esigenze della stazione appaltante con quelle degli operatori economici, l'orientamento in oggetto reputa che l'art. 80 comma 5 lett. c del D.lgs 50/2016 non abbia connotazione meramente esemplificativa, ma che all'interno della stessa debbano essere individuate diverse tipologie di omissioni, non tutte idonee a determinare l'esclusione automatica dell'impresa. Il fulcro centrale attorno al quale ruota la distinzione di cui di seguito è rappresentato dalla presenza o meno di una situazione fattuale insuscettibile di valutazione discrezionale. Infatti, in presenza di una situazione fattuale in cui si ponga unicamente l'alternativa tra vero e falso accertabile documentalmente, opererebbe l'automatismo espulsivo. Diversa, al contrario, l'ipotesi in cui dall'omissione non sia possibile ricavare una verità accertabile documentalmente e che, di conseguenza, necessita di un'attività valutativa della pubblica amministrazione, tesa a verificare l'affidabilità o meno del concorrente. In queste evenienze, anche in ragione del principio di proporzionalità, non vi potrebbe essere un automatismo espulsivo, ma andrebbe necessariamente effettuata una valutazione da parte della stazione appaltante non sostituibile dall'Autorità giurisdizionale.
In ragione delle esigenze rappresentate, la Sezione rimettente ritiene che dal dato legislativo sia possibile ricavare due fattispecie distinte, che conducono ad effetti differenti. In particolare, il Collegio distingue a seconda che la stazione appaltante si trovi in presenza di una falsità o di una omissione. Nelle ipotesi di falsità dichiarative o documentali opererebbe sempre l'automatismo espulsivo, poichè la gravità del comportamento comporterebbe inequivocabilmente un giudizio di inaffidabilità e non integrità dell'operatore economico. A tale risultato si perviene anche valorizzando l'obbligo sussistente in capo alla stazione appaltante di segnalare all'ANAC la falsità riscontrata che potrebbe operare anche nelle procedure evidenziali del successivo biennio. Diverso il discorso per le ipotesi di omissione di informazioni dovute o in presenza di informazioni fuorvianti. In tali casi, infatti, non essendoci una situazione fattuale che conduca ad un apprezzamento oggettivo circa l'inaffidabilità dell'impresa, la sanzione dell'automatismo espulsivo, ad avviso della tesi in commento, risulterebbe eccessiva, poichè non si verificherebbe una situazione in cui possa porsi l'alternativa logica e automatica tra vero e falso. Ne deriva che, in ipotesi di omissioni o reticenze, in cui non è certo che l'informazione omessa o fuorviante sia idonea a compromettere l'affidabilità dell'operatore economico, non potrebbe operare l'automatismo espulsivo, ma occorrerebbe una valutazione delle circostanze taciute da parte della stazione appaltante, in ordine all'integrità dell'impresa, posto che potrebbero essere del tutto marginali e non idonee a comportarne l'esclusione. Tale attività, altamente discrezionale, potrebbe essere esercitata anche ex post dalla stazione appaltante e non sarebbe suscettibile di essere rimessa all'organo giurisdizionale.
La distinzione delle conseguenze derivanti dalla falsità e omissioni, rispettivamente dell'automatismo espulsivo e della valutazione da parte della stazione appaltante appare adeguata a garantire il rispetto del principio di proporzionalità che consiste nell'esercitare la giusta misura del potere in modo tale da assicurare un'azione idonea e adeguata alle circostanze del fatto, che non alteri il giusto equilibrio tra i valori, gli interessi e le situazioni giuridiche. In altri termini, evitando la generalizzazione dell'automatismo espulsivo, la pubblica amministrazione potrebbe adottare la soluzione idonea comportante il minor sacrificio possibile per gli interessi compresenti senza imporre obblighi e restrizioni alle libertà del cittadino, tutelate dal diritto eurounitario, in misura superiore, cioè sproporzionata, a quella strettamente necessaria, nel pubblico interesse, per il raggiungimento dello scopo.
Chiariti i termini del dibattito, bisognerà attendere la decisione dell'Adunanza Plenaria per sapere se aderirà all'impostazione formalistica o a quella sostanzialistica.