Cons. Stato, sez. V, 17 marzo 2020, n. 1906
Alla luce della recente giurisprudenza comunitaria (Cgue, 19 giugno 2019, causa C-41/18), per la quale “osta a una normativa nazionale in forza della quale la contestazione in giudizio della decisione di risolvere un contratto di appalto pubblico, assunta da un’amministrazione aggiudicatrice per via di significative carenze verificatesi nella sua esecuzione, impedisce all’amministrazione aggiudicatrice che indice una nuova gara d’appalto di effettuare una qualsiasi valutazione, nella fase della selezione degli offerenti, sull’affidabilità dell’operatore cui la suddetta risoluzione si riferisce”, non sussiste l’elemento soggettivo atto a giustificare il potere sanzionatorio dell’ANAC nei casi in cui un’impresa abbia precedentemente dichiarato, ratione temporis, l’assenza dei motivi ostativi alla partecipazione alla procedura d’affidamento di cui all’articolo 80, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 50 del 2016.
V’è omessa dichiarazione quando l’operatore economico non riferisce di alcuna pregressa condotta professionale qualificabile come ‘grave illecito professionale’; v’è dichiarazione reticente quando le pregresse vicende sono solo accennate senza la dettagliata descrizione necessaria alla stazione appaltante per poter compiutamente apprezzarne il disvalore nell’ottica dell’affidabilità del concorrente. La falsa dichiarazione consiste, invece, in una immutatio veri; ricorre, cioè, se l’operatore rappresenta una circostanza di fatto diversa dal vero.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 4460 del 2019, proposto da
Anac - Autorità Nazionale Anticorruzione, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
Turismo Fratarcangeli Cocco di Cocco Fratarcangeli Vincenzina & C. s.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Aldo Ceci, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Comune di Monte Compatri, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sezione Prima, n. 2658/2019, resa tra le parti
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Turismo Fratarcangeli Cocco di Cocco Fratarcangeli Vincenzina & C. s.a.s.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 30 gennaio 2020 il Cons. Alberto Urso e uditi per le parti gli avvocati dello Stato De Nuntis e Ceci;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con delibera n. 304 del 28 marzo 2018 l’Anac infliggeva alla Turismo Fratarcangeli Cocco s.a.s. sanzione amministrativa pecuniaria dell’importo di € 1.000,00 con contestuale interdizione per 30 giorni dalla partecipazione alle gare pubbliche e stipula dei contratti, e corrispondente annotazione nel casellario informatico.
La sanzione veniva irrogata, ai sensi dell’art. 80, comma 12, nonché dell’art. 213, comma 13, d. lgs. n. 50 del 2016 per falsa dichiarazione su pregressi illeciti professionali ex art. 80, comma 5, lett. c) d.lgs. n. 50 del 2016 (nella formulazione all’epoca vigente) nell’ambito di una procedura di gara per l’affidamento del servizio di trasporto scolastico indetta dal Comune di Monte Compatri (RM) cui la Fratarcangeli aveva partecipato.
2. La Turismo Fratarcangeli Cocco impugnava il provvedimento sanzionatorio davanti al Tribunale amministrativo per il Lazio che, nella resistenza dell’Anac, accoglieva il ricorso affermando, in via assorbente, l’illegittimità della delibera per inadeguata motivazione in ordine all’elemento soggettivo della colpa grave sull’omissione dichiarativa relativa a uno degli illeciti non comunicati (i.e., risoluzione di precedente rapporto contrattuale con il Comune di Silvi).
3. Ha proposto appello avvero la sentenza l’Anac formulando un unico articolato motivo con cui ha lamentato la violazione e falsa applicazione degli artt. 37 e 80 d.lgs. n. 50 del 2016 e l’erronea ricostruzione dei fatti.
4. Resiste all’appello la Turismo Fratarcangeli Cocco, che ne chiede la reiezione riproponendo anche un motivo di ricorso rimasto assorbito dalla decisione del Tar, relativo all’illegittima previsione - nella delibera sanzionatoria - anche di un’inibitoria alla sottoscrizione di contratti inerenti a procedure già concluse.
5. Sulla discussione delle parti all’udienza pubblica del 30 gennaio 2020, come da verbale, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Può prescindersi dall’esame delle eccezioni preliminari sollevate dall’appellata stante il rigetto nel merito dell’appello.
2. Con unico motivo di gravame l’Anac censura la sentenza nella parte in cui ha affermato l’illegittimità della delibera sanzionatoria a fronte dell’omessa considerazione della pendenza di un giudizio civile davanti al Tribunale di Teramo di contestazione della risoluzione contrattuale non dichiarata dalla ricorrente, ciò che avrebbe inciso sulla colpa grave della stessa appellata - elemento su cui la delibera risulta inadeguatamente motivata - anche alla luce dell’incertezza interpretativa sulla disposizione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 50 del 2016 in parte qua e dei rinvii pregiudiziali in proposito promossi davanti alla Cgue.
Deduce l’Anac al riguardo che, a prescindere dalla pendenza di una contestazione giudiziale sulla risoluzione, l’omessa dichiarazione della stessa configura di per sé una falsità gravemente colpevole, come confermato anche dalla circostanza che in altre gare la stessa Turismo Fratarcangeli Cocco aveva dichiarato la suddetta risoluzione; di qui la legittimità della sanzione inflitta, stante la sussistenza tanto della falsità dichiarativa, quanto del requisito della colpa grave erroneamente disconosciuto dalla sentenza di primo grado.
2.1. Il motivo è infondato, nei termini e per le ragioni che seguono.
2.1.1. Va premesso anzitutto come la sanzione impugnata sia stata irrogata alla Turismo Fratarcangeli ai sensi dell’art. 80, comma 12, d.lgs. n. 50 del 2016 (che punisce la «falsa dichiarazione o falsa documentazione nelle procedure di gara […] rese con dolo o colpa grave») nonché del successivo art. 213, comma 13 (che riguarda varie fattispecie, fra cui quella qui invocata dall’Anac, consistente nel fornire alle stazioni appaltanti «dati o documenti non veritieri circa il possesso dei requisiti di qualificazione»).
Il fatto sanzionato consiste nella “falsa dichiarazione, resa dall’impresa (…), in merito al possesso del requisito ex art. 80, comma 5, lett. c) del d. lgs. 50/2016” (cfr. il provvedimento sanzionatorio impugnato). Gli illeciti professionali dei quali la Turismo Fratarcangeli avrebbe omesso la comunicazione alla stazione appaltante, così incorrendo nella falsità sanzionata dall’Anac, consistono nella risoluzione contrattuale adottata dal Comune di Silvi nel dicembre 2014, e nell’esclusione nell’aprile 2016 da una procedura indetta dal Comune di Rieti disposta in conseguenza della medesima risoluzione contrattuale.
A tal riguardo, la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha recentemente chiarito la generale distinzione fra le omesse, reticenti e false dichiarazioni ai sensi dell’art. 80, comma 5, d. lgs. n. 50 del 2016, rilevando che “v’è omessa dichiarazione quando l’operatore economico non riferisce di alcuna pregressa condotta professionale qualificabile come ‘grave illecito professionale’; v’è dichiarazione reticente quando le pregresse vicende sono solo accennate senza la dettagliata descrizione necessaria alla stazione appaltante per poter compiutamente apprezzarne il disvalore nell’ottica dell’affidabilità del concorrente. Infine, la falsa dichiarazione consiste in una immutatio veri; ricorre, cioè, se l’operatore rappresenta una circostanza di fatto diversa dal vero” (Cons. Stato, V, 12 aprile 2019, n. 2407; 22 luglio 2019, n. 5171; 28 ottobre 2019, n. 7387; 4 novembre 2019, n. 7492; 4 dicembre 2019, n. 8294; 13 dicembre 2019, n. 8480; 30 dicembre 2019, n. 8906).
In relazione all’omissione comunicativa s’è poi precisato che essa “costituisce violazione dell’obbligo informativo, e come tale va apprezzata dalla stazione appaltante”, la quale è chiamata a soppesare non il solo fatto omissivo in sé, bensì anche - nel merito - “i singoli, pregressi episodi, dei quali l’operatore si è reso protagonista, e da essi dedurre, in via definitiva, la possibilità di riporre fiducia nell’operatore economico ove si renda aggiudicatario del contratto d’appalto” (Cons. Stato, n. 2407/2019, cit.).
2.1.2. La sentenza appellata, accogliendo in via assorbente il secondo motivo di ricorso, ha affermato l’illegittimità della sanzione irrogata stante l’inadeguata motivazione in ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo della colpa grave sull’omessa comunicazione della risoluzione disposta dal Comune di Silvi, colpa grave che l’Anac avrebbe erroneamente ravvisato nonostante la contestazione giudiziale della detta risoluzione e l’incertezza interpretativa - testimoniata dai rinvii pregiudiziali alla Corte di Giustizia - sull’art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 50 del 2016 proprio in relazione alle conseguenze della contestazione giudiziale della risoluzione disposta dall’amministrazione.
Di tale statuizione l’appellante si duole deducendo l’effettiva sussistenza d’una falsità dichiarativa - atteso che risulta irrilevante, a tal fine, la contestazione giudiziale della risoluzione - assistita dal necessario elemento della colpa grave desumibile dall’elevato grado di negligenza e mancanza di cautela della società appellata nell’omettere una dichiarazione dovuta, tanto più in un quadro d’incertezza normativa sul perimetro dell’illecito.
In senso inverso, muovendo dalla (pacifica) circostanza che la suddetta risoluzione risultava giudizialmente contestata davanti al Tribunale di Teramo, occorre rilevare che l’art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 50 del 2016, nella formulazione ratione temporis applicabile al caso di specie, prevedeva che la causa d’esclusione consistente nella commissione di un grave illecito professionale fosse integrata in caso di significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne avessero causato la risoluzione anticipata «non contestata in giudizio, ovvero confermata all’esito di un giudizio».
Al tempo in cui la dichiarazione è stata resa dalla società appellata (i.e., 13 gennaio 2017) non era neppure intervenuta la pronuncia della Corte di Giustizia che ha affermato il principio per cui il diritto europeo (segnatamente, l’art. 57, par. 4, lett. c) e g), direttiva 2014/24/UE) “osta a una normativa nazionale in forza della quale la contestazione in giudizio della decisione di risolvere un contratto di appalto pubblico, assunta da un’amministrazione aggiudicatrice per via di significative carenze verificatesi nella sua esecuzione, impedisce all’amministrazione aggiudicatrice che indice una nuova gara d’appalto di effettuare una qualsiasi valutazione, nella fase della selezione degli offerenti, sull’affidabilità dell’operatore cui la suddetta risoluzione si riferisce”, e ha rilevato nella motivazione che “una disposizione nazionale quale l’articolo 80, comma 5, lettera c), del Codice dei contratti pubblici non è idonea a preservare l’effetto utile del motivo facoltativo di esclusione previsto dall’articolo 57, paragrafo 4, lettera c) o g), della direttiva 2014/24” (cfr. Cgue, 19 giugno 2019, causa C-41/18).
Per questo, poiché il requisito partecipativo poteva all’epoca apparire sussistente - sulla base del tenore testuale della disposizione e dell’interpretazione accolta da buona parte della giurisprudenza (cfr. Cons. Stato, V, 27 aprile 2017, n. 1955, nonché varie pronunce di primo grado, fra cui Tar Sicilia, II, 10 novembre 2017, n. 2548; Tar Campania, 12 ottobre 2017, n. 4781; Tar Puglia-Lecce, 22 dicembre 2016, n. 1935) - anche in presenza di un’intervenuta risoluzione contrattuale purché giudizialmente contestata, la mancata comunicazione da parte della Turismo Fratarcangeli della risoluzione disposta dal Comune di Silvi risultava senz’altro (a prescindere alla questione dell’integrazione oggettiva di una immutatio veri) non assistita dall’imprescindibile elemento soggettivo della colpa grave prescritto dall’art. 80, comma 12, d.lgs. n. 50 del 2016, nei termini in cui ravvisato dall’Anac.
Alla luce dei profili interpretativi (quanto meno) incerti sulla conformazione del requisito, difettava infatti, in capo alla Turismo Fratarcangeli, il necessario requisito della colpa grave nei termini affermati dall’Anac, pur nell’accezione accolta dall’art. 80, comma 12, che richiama al riguardo la «rilevanza o (…) gravità dei fatti oggetto della falsa dichiarazione (…)», elementi qui all’evidenza non riscontrabili proprio per le ragioni di (quanto meno) opinabilità e incertezza suindicate (per la nozione di colpa grave nell’ambito delle sanzioni in esame, cfr. Cons. Stato, VI, 2 febbraio 2015, n. 468).
In senso inverso neppure rileva la circostanza che la stessa appellata abbia dichiarato la suddetta risoluzione nell’ambito di altre procedure di gara, atteso che ciò non ha alcuna incidenza sulla qualificazione del fatto qui contestato e del corrispondente elemento soggettivo, riguardando tutt’altre (distinte) vicende estranee alla fattispecie qui in rilievo e al relativo apprezzamento.
Per tali motivi va escluso che l’omissione comunicativa, nell’ambito della gara indetta dal Comune di Monte Compatri, della risoluzione operata dal Comune di Silvi dia luogo a una falsità gravemente colpevole nei termini affermati dall’Anac per l’inflizione della sanzione impugnata.
Di qui l’infondatezza della doglianza espressa dall’Autorità avverso la sentenza che s’è pronunciata nel senso suindicato, riconoscendo l’assorbente carenza del provvedimento in relazione alla motivazione in ordine all’elemento della colpa grave rispetto all’illecito contestato.
2.1.3. Quanto sopra vale anche per l’altro dedotto illecito professionale richiamato dall’appellante, non comunicato al Comune di Monte Compatri dalla Turismo Fratarcangeli, consistente nell’esclusione disposta dal Comune di Rieti a causa della medesima risoluzione contrattuale operata dal Comune di Silvi.
L’appellante, nel formulare le proprie complessive doglianze, si richiama agli obblighi comunicativi gravanti in capo agli operatori economici, la cui violazione comporta ex se l’inflizione della sanzione, e invoca al riguardo le Linee guida n. 6/2016 dell’Anac che prevedono un obbligo generalizzato di dichiarazione sostitutiva da parte dell’impresa in relazione a “tutti i provvedimenti astrattamente idonei a porre in dubbio l’integrità o l’affidabilità del concorrente, anche se non ancora inseriti nel casellario informatico”, sicché - prosegue l’appellante nel citare dette Linee guida - “la falsa attestazione dell’insussistenza di situazioni astrattamente idonee a configurare la causa di esclusione in argomento e l’omissione della dichiarazione di situazioni successivamente accertate dalla stazione appaltante comportano l’applicazione dell’articolo 80, comma 1, lett. f-bis del codice”.
In senso inverso è sufficiente rilevare come, al di là della possibilità di ravvisare o meno una causa espulsiva nell’omessa dichiarazione di una precedente esclusione non annotata al casellario Anac (possibilità negata da Cons. Stato, V, 21 novembre 2018, n. 6576, che richiama anche Cons. Stato, V, n. 2063/18 e Id., III, n. 4266/2018; nello stesso senso, cfr. Cons. Stato, V, 3 settembre 2018, n. 5136; 4 luglio 2017, n. 3257 e 3258; contra, v. Cons. Stato, n. 5171/2019, cit., cui segue tuttavia Cons. Stato, V, 27 settembre 2019, n. 6490, che si uniforma al precedente orientamento) e della configurabilità di un’oggettiva falsità dichiarativa per effetto di una siffatta omissione (esclusa da Cons. Stato, V, n. 8480/2019, cit.), nel caso di specie lo stesso paragrafo delle Linee guida invocato dall’Anac presentava all’epoca della dichiarazione resa dalla Turismo Fratarcangeli un tenore diverso da quello riportato dall’appellante, non essendo allora ancora intervenute le modifiche di cui alla delibera n. 1008 dell’11 ottobre 2017 che ha introdotto il richiamo all’obbligo di comunicazione dei provvedimenti “anche se non ancora inseriti nel Casellario informatico”, oltreché all’applicazione, in caso d’omissione, dell’art. 80, comma 1, lett. f-bis), d.lgs. n. 50 del 2016, all’epoca neppure in vigore.
Per tale ragione le doglianze di parte appellante si rivelano infondate anche rispetto all’omessa comunicazione dell’espulsione disposta dal Comune di Rieti, in relazione alla quale pure va esclusa in via assorbente - in difetto di evidenza e allegazione d’una pregressa iscrizione al casellario Anac - la colpa grave della Turismo Fratarcangeli, come affermata dall’Anac, nell’ambito di un quadro normativo quale quello sopra illustrato (al riguardo, sulle differenze fra il regime anteriore e quello successivo all’ingresso in vigore della delibera Anac n. 1008/2017, cit., cfr. anche Cons. Stato, III, 25 settembre 2019, n. 6433).
3. Conclusivamente, per tutte le suesposte ragioni, l’appello si rivela infondato e va respinto, con conseguente improcedibilità per carenza d’interesse del motivo di ricorso riproposto dall’appellata.
3.1. Le spese di lite sono poste a carico dell’appellante, secondo criterio di soccombenza ex artt. 26, comma 1, Cod. proc. amm. e 91, comma 1 Cod. proc. civ., e liquidate nella misura di cui in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante alla rifusione delle spese di lite, che liquida nella misura di € 4.000,00, oltre accessori di legge, in favore dell’appellata costituita.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 gennaio 2020.
GUIDA ALLA LETTURA
Con la pronuncia in commento, la V Sezione del Consiglio di Stato di sofferma sulla valutazione dell’elemento soggettivo - atto a giustificare il potere sanzionatorio conferito all’ANAC - nelle ipotesi di false dichiarazioni su pregressi illeciti professionali.
A tal proposito, richiamando i più recenti arresti giurisprudenziali sul tema (Cons. Stato, sezione V, 12 aprile 2019, n. 2407; 22 luglio 2019, n. 5171; 28 ottobre 2019, n. 7387; 4 novembre 2019, n. 7492; 4 dicembre 2019, n. 8294; 13 dicembre 2019, n. 8480; 30 dicembre 2019, n. 8906), ha preliminarmente isolato le definizioni relative alle dichiarazioni omesse, reticenti o false.
Sussiste, dunque, una omessa dichiarazione allorquando l’operatore economico non riferisce di alcuna pregressa condotta professionale qualificabile come ‘grave illecito professionale’.
Si è invece in presenza di una dichiarazione reticente qualora le pregresse vicende siano solo accennate senza la dettagliata descrizione necessaria alla stazione appaltante per poter compiutamente apprezzarne il disvalore nell’ottica dell’affidabilità del concorrente.
V’è, infine, una falsa dichiarazione, qualora si ravvisi una immutatio veri. Ricorre, cioè, se l’operatore rappresenti una circostanza di fatto diversa dal vero.
Il caso all’esame del Collegio, consta nella corretta applicazione intertemporale dell’articolo 80, comma 5, lett. c), del d.lgs. n. 50 del 2016 nella parte in cui prevedeva come causa d’esclusione dalla gara l’aver commesso un grave illecito professionale generato da significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne avessero causato la risoluzione anticipata «non contestata in giudizio, ovvero confermata all’esito di un giudizio».
Alla luce della giurisprudenza comunitaria (Cgue, 19 giugno 2019, causa C-41/18), per la quale “osta a una normativa nazionale in forza della quale la contestazione in giudizio della decisione di risolvere un contratto di appalto pubblico, assunta da un’amministrazione aggiudicatrice per via di significative carenze verificatesi nella sua esecuzione, impedisce all’amministrazione aggiudicatrice che indice una nuova gara d’appalto di effettuare una qualsiasi valutazione, nella fase della selezione degli offerenti, sull’affidabilità dell’operatore cui la suddetta risoluzione si riferisce”, il Consiglio di Stato ha confermato l’annullamento della sanzione inflitta dall’ANAC nei confronti di un’impresa che non avrebbe dichiarato una precedente risoluzione contrattuale con altra amministrazione, pur se giudizialmente ancora in fase di contestazione.
Poiché, dunque, il requisito partecipativo poteva all’epoca apparire sussistente - sulla base del tenore testuale della disposizione e dell’interpretazione accolta da buona parte della giurisprudenza (cfr. Cons. Stato, V, 27 aprile 2017, n. 1955, nonché varie pronunce di primo grado, fra cui Tar Sicilia, II, 10 novembre 2017, n. 2548; Tar Campania, 12 ottobre 2017, n. 4781; Tar Puglia-Lecce, 22 dicembre 2016, n. 1935) - anche in presenza di un’intervenuta risoluzione contrattuale purché giudizialmente contestata, la mancata comunicazione della risoluzione contrattuale risultava senz’altro (a prescindere alla questione dell’integrazione oggettiva di una immutatio veri) non assistita dall’imprescindibile elemento soggettivo della colpa grave prescritto dall’art. 80, comma 12, d.lgs. n. 50 del 2016.
Pertanto, considerati gli incerti profili interpretativi sulla conformazione del requisito, non potrà ritenersi perfezionato il necessario requisito della colpa grave nei, pur nell’accezione accolta dall’art. 80, comma 12, che richiama al riguardo la «rilevanza o gravità dei fatti oggetto della falsa dichiarazione», (per la nozione di colpa grave nell’ambito delle sanzioni in esame, cfr. Cons. Stato, VI, 2 febbraio 2015, n. 468).