Consiglio di Stato, sez. II, 12 marzo 2020, n. 1788
1. La vendita dei generi di Monopolio, come disciplinata dalla legge n. 1293/1957, può intervenire solo attraverso il rilascio di una apposita concessione amministrativa, riferendosi ad un’attività ancora oggetto di monopolio statale. Nel procedimento di rilascio di provvedimenti per la rivendita speciale di generi di monopolio, pertanto, deriva l’inconfigurabilità dell’art. 20 della legge n. 241/1990 sulla formazione del titolo abilitativo attraverso il meccanismo del silenzio assenso. Né, del pari, può trovare applicazione l’art. 19 della legge n. 241/1990, trattandosi di attività riservata all’Amministrazione che non è in alcun modo nella disponibilità del privato.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 943 del 2010, proposto da -OMISSIS-., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Roberto Invernizzi e Maria Alessandra Sandulli, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima in Roma, corso Vittorio Emanuele, 349,
contro
- il Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore, l’Amministrazione Autonoma dei Monopoli dello Stato e l’Amministrazione Autonoma dei Monopoli dello Stato - Ufficio Regionale della Lombardia, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
- il signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Fiorilde Ricioppo, Mario Santopietro e Angela Ferrara, con domicilio eletto presso lo studio Placidi S.r.l. in Roma, via Barnaba Tortolini, 30;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta) n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente un’autorizzazione per istituire una rivendita di generi di monopolio.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Economia e delle Finanze, dell’Amministrazione Autonoma dei Monopoli dello Stato, dell’Amministrazione Autonoma dei Monopoli dello Stato - Ufficio Regionale della Lombardia e del signor -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 18 febbraio 2020, il Cons. Paolo Giovanni Nicolò Lotti e uditi per le parti gli avvocati Roberto Invernizzi, Francesco Iandolo e l’avv.to dello Stato Beatrice Fiduccia;
FATTO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Milano, sez. IV, con la sentenza 27 ottobre 2009, n. -OMISSIS-, ha dichiarato improcedibili il ricorso principale ed i motivi aggiunti depositati in data 11 aprile 2008, 21 maggio 2008, 14 giugno 2008, 7 ottobre 2008 e 9 dicembre 2008, rigettato il ricorso per motivi aggiunti depositato in data 3 febbraio 2009 e dichiarato inammissibile il ricorso per motivi aggiunti depositato in data 30 marzo 2009, tutti atti proposti dall’attuale parte appellante, relativi all’affidamento in gestione di una nuova rivendita speciale di generi di monopolio in Milano - Stazione Garibaldi.
Secondo il TAR, sinteticamente:
- l’Amministrazione dei Monopoli, attraverso la nota del Direttore dell’Ufficio Regionale - Commissario ad acta, del 20 gennaio 2009, ha confermato le proprie pregresse determinazioni in ordine all’indizione di una procedura concorsuale per l’assegnazione della rivendita speciale al piano interrato della Stazione di -OMISSIS-, con conferma altresì dell’aggiudicazione al sig. -OMISSIS-, quale migliore offerente individuato dalla Commissione di gara nella seduta del 7 ottobre 2008;
- nessuna utilità deriverebbe all’esponente dall’accoglimento del ricorso e dei primi cinque atti di motivi aggiunti, atteso il suindicato provvedimento del 20 gennaio 2009, da reputarsi peraltro non meramente confermativo dell’attività sino allora svolta dall’Amministrazione, in quanto quest'ultima ha confermato le pregresse decisioni alla luce di una nuova valutazione;
- il procedimento di cui all’art. 20 della Legge n. 241-1990 circa la formazione di un titolo abilitativo attraverso il meccanismo del silenzio assenso non è configurabile allorché l’Amministrazione deve rilasciare una vera e propria concessione amministrativa;
- non essendosi realizzato alcun silenzio assenso, non appare neppure configurabile una revoca di un’autorizzazione tacita in realtà mai formatasi, con conseguente infondatezza anche della domanda di indennizzo ex art. 21-quinquies Legge n. 241-1990;
- non trovando applicazione nella presente fattispecie l’art. 20 citato, non può a maggior ragione trovare applicazione nel procedimento di rilascio di provvedimenti per la rivendita speciale di generi di monopolio, l’art. 19 della Legge n. 241-1990;
- l’esame attento del testo originario del contratto di locazione e delle successive specificazioni offerte da -OMISSIS- S.p.a., porta alla conclusione che, attraverso lo scambio di corrispondenza del settembre 2008, le parti abbiano in realtà proceduto ad una modificazione delle condizioni contrattuali, introducendo una clausola di esclusiva che precedentemente non era in realtà prevista;
- di fronte alla chiarezza delle evidenze documentali, è assai agevole ritenere che il locale del sig. -OMISSIS- rientri nell’ambito della Stazione, per cui il -OMISSIS- stesso poteva legittimamente partecipare alla procedura di assegnazione della rivendita, senza che per questo si sia verificata qualsivoglia violazione del bando di gara;
- non vi è alcuna prova dell’assenza effettiva di poteri rappresentativi in capo al sig. -OMISSIS-, né è configurabile in capo al sig. -OMISSIS-, al momento del ricevimento della citata lettera del sig. -OMISSIS- del 23 febbraio 2009, un onere di diligenza spinto a tale punto da chiedere al medesimo sig. -OMISSIS- giustificazioni dei propri poteri rappresentativi, in mancanza di qualsivoglia elemento che potesse indurre il conduttore a dubitare dei poteri del rappresentante del locatore;
- tenuto conto della declaratoria di improcedibilità, infondatezza ed inammissibilità del ricorso principale e dei motivi aggiunti, deve essere respinta la domanda di risarcimento del danno proposta dalla ricorrente, attesa la già ricordata legittimità dell’azione amministrativa nel caso di specie;
- parimenti, deve rigettarsi la domanda sempre svolta dalla ricorrente per ottenere a proprio favore il pagamento dell’indennizzo ai sensi dell’art. 21-quinquies della Legge n. 241-1990, visto che nel caso di specie, come sopra evidenziato, non sussiste alcun atto di revoca, secondo il citato art. 21-quinques, che legittimi la pretesa all’indennizzo richiesto;
- la domanda di risarcimento danni avanzata invece dal controinteressato sig. -OMISSIS- nei confronti della società ricorrente deve reputarsi inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, trattandosi di domanda proposta da un soggetto privato contro altro soggetto privato.
L’appellante contestava la sentenza del TAR riproponendo, in sostanza, le censure contenute nel ricorso di primo grado.
Con l’appello in esame chiedeva l’accoglimento del ricorso di primo grado.
Si costituivano la parte appellata controinteressata e il Ministero, chiedendo il rigetto dell’appello.
All’udienza pubblica del 18 febbraio 2020 la causa veniva trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Rileva il Collegio che la società appellante, titolare di un contratto di locazione di un immobile ad uso commerciale al piano interrato della Stazione di -OMISSIS-, aveva presentato all’Ufficio dei Monopoli di Stato istanza per istituire nei locali una rivendita speciale di generi di monopolio.
L’Amministrazione, con nota del 30 novembre 2007, ha informato la società del proprio intendimento di avviare una procedura concorsuale per l’assegnazione della rivendita al piano interrato, e con successiva nota del 4 gennaio 2008 informava l’esponente della prossima attivazione di una licitazione privata.
Contro le suddette note era proposto il ricorso di primo grado, con domanda di risarcimento danni e di pagamento dell’indennizzo di cui all’art. 21-quinquies della legge n. 241-1990.
Con un successivo atto di motivi aggiunti di primo grado, depositato in data 11 aprile 2008, l’attuale appellante impugnava le lettere con le quali l’Amministrazione invitava la stessa ed altri operatori commerciali ubicati al piano interrato della Stazione di -OMISSIS- a presentare offerte nella procedura per l’assegnazione della licenza di rivendita speciale.
La società ricorrente notificava altri due atti di motivi aggiunti in primo grado, in data 21 maggio e 14 giugno 2008, con i quali erano impugnate ulteriori determinazioni dell’Amministrazione finanziaria, sempre relative alla procedura concorsuale per l’assegnazione della rivendita speciale al piano interrato della Stazione di -OMISSIS-.
In data 7 ottobre 2008, veniva depositato un nuovo ricorso per motivi aggiunti, contro la nota dell’Ufficio Regionale dei Monopoli di Stato che invitava ancora la ricorrente a partecipare alla procedura di assegnazione della rivendita.
L’esponente depositava poi altro atto di motivi aggiunti, in data 9 dicembre2008, di impugnazione di altri atti della procedura concorsuale.
Il Direttore dell’Ufficio Regionale della Lombardia dei Monopoli di Stato, con propria nota trasmessa al TAR in data 20 gennaio 2009, confermava la prosecuzione della gara già indetta per l’assegnazione della rivendita speciale al piano interrato della Stazione di -OMISSIS-, oltre che l’aggiudicazione al miglior offerente nella suddetta procedura, come individuato dalla Commissione di gara nella seduta del 7 ottobre 2008, vale a dire l’attuale controinteressato in appello, sig. -OMISSIS-, titolare anch’esso di un immobile condotto in locazione all’interno della Stazione.
L’esponente notificava ulteriore atto di motivi aggiunti, depositato il 3 febbraio 2009, con il quale impugnava la nota medesima.
In data 30 marzo 2009, la ricorrente depositava l’ultimo atto di motivi aggiunti, con il quale chiedeva l’annullamento di alcune ulteriori note dell’Amministrazione dei Monopoli.
2. Ritiene il Collegio che l’intera impalcatura della difesa dell’appellante si basa sull’assunto secondo il quale la stessa avrebbe avuto diritto all’automatica assegnazione, ex art. 20 L. n. 241-1990, della rivendita dei generi di Monopolio nei locali siti al Piano interrato della Stazione Ferroviaria di -OMISSIS-, per l’intervenuto silenzio-assenso sulla proposta sua domanda.
Tale assunto è privo di fondamento.
Infatti, la vendita dei generi di Monopolio può intervenire solo attraverso il rilascio di una apposita concessione amministrativa, per cui il predetto disposto legislativo è inapplicabile al caso di specie, non avendo l’appellante mai ottenuto la predetta concessione.
La legge 22 dicembre 1957, n. 1293, all’art. 19, dopo avere distinto le rivendite di generi di monopolio in rivendite ordinarie e rivendite speciali ed avere altresì stabilito che queste ultime sono anch’esse affidate, in genere, a privati, a trattativa privata, per la durata non superiore ad un novennio, prevede che: “Nei casi di rinnovo delle concessioni di cui al precedente comma, il concessionario è tenuto a corrispondere all’Amministrazione (...)”, con ciò stesso attribuendo al provvedimento di assegnazione della rivendita la qualifica espressa di “concessione” e qualificando espressamente come “concessionario” il suo titolare.
Del resto, la lettura dell’intera legge n. 1293-1957 porta alla conclusione che l’attività di rivendita di generi di monopolio, effettuata nella forma della rivendita ordinaria o speciale, è attività soggetta a regime di vera e propria concessione amministrativa, visto che si riferisce ad un’attività ancora oggetto di monopolio statale.
Ciò premesso, deve rilevarsi inequivocabilmente che il procedimento di cui all’art. 20 della Legge n. 241-1990 circa la formazione di un titolo abilitativo attraverso il meccanismo del silenzio assenso non è configurabile allorché l’Amministrazione deve rilasciare una vera e propria concessione amministrativa, come nella specie.
Con la conseguenza che, nel caso di specie, è inapplicabile il ciato art. 20 e, quindi, non è configurabile alcun silenzio assenso a seguito del decorso del termine di conclusione del procedimento.
3. Fatta tale indispensabile premessa, come correttamente ha dedotto il TAR, non essendosi realizzato alcun silenzio assenso secondo la norma da ultimo citata, non è in alcun modo configurabile una revoca di un’autorizzazione tacita in realtà mai formatasi, con conseguente infondatezza anche della domanda di indennizzo ex art. 21-quinquies Legge n. 241-1990.
Peraltro, è evidente che, non trovando applicazione nella presente fattispecie l’art. 20 citato, non può a maggior ragione trovare applicazione nel procedimento di rilascio di provvedimenti per la rivendita speciale di generi di monopolio, il precedente art. 19 della Legge n. 241-1990, trattandosi di attività riservata all’Amministrazione che non è in alcun modo nella disponibilità del privato.
4. Si deduce che l’attuale parte appellante, attraverso -OMISSIS- S.p.a., avrebbe ottenuto il diritto, con la modifica dell’originario contratto di locazione, all’utilizzo in esclusiva degli spazi commerciali siti nella-OMISSIS-per la Rivendita dei Generi di Monopolio.
Tale tesi non è fondata, come correttamente argomentato dal TAR.
Infatti, il controinteressato signor -OMISSIS- ha legittimamente ottenuto la locazione dell’immobile, per la vendita dei generi di Monopolio, direttamente dalla R.F.I. S.p.a., che è la proprietaria dei locali della-OMISSIS-di Milano, mentre -OMISSIS- S.p.a. è semplicemente gestore di una parte degli stessi, come risulta provato dai documenti in atti (doc. 3 ricorrente, pag. 1, prima interlinea e doc. 39 ricorrente).
Inoltre, sebbene l’art. 4 dell’originario contratto stipulato dalla odierna appellante con -OMISSIS- S.p.a. includesse anche la “Rivendita Tabacchi” fra le attività esercitabili all’interno del locale, il successivo art. 20 era chiarissimo nell’escludere ogni esclusiva a favore della parte privata nella predetta attività (come in tutte le altre elencate nel precedente art. 4).
Conseguentemente, lo scambio di corrispondenza intervenuto tra le parti nel settembre 2008, laddove aveva invece riconosciuto l’esistenza di una siffatta esclusiva, aveva valore novativo dell’originario contenuto contrattuale, il quale pertanto nella sua versione originaria non avrebbe potuto giammai impedire all’Amministrazione di avviare una procedura competitiva per l’assegnazione della rivendita.
Il menzionato art. 4 del contratto è indiscutibile, essendo evidente dal tenore complessivo della clausola che esso era inteso a escludere che nel locale de quo potessero essere svolte attività diverse da quelle elencate nello stesso articolo, e non certo a costituire un diritto di esclusiva opponibile a terzi a favore della società affittuaria.
Quanto alla questione dell’ubicazione del locale del controinteressato, si rileva che l’appellante non dimostra in alcun modo che detto locale insistesse in una zona sicuramente estranea al perimetro cui era estensibile la procedura di assegnazione della rivendita indetta dall’Amministrazione.
5. In vista della gara per l’assegnazione della rivendita speciale, il sig. -OMISSIS-, controinteressato, ha chiesto a -OMISSIS-. di poter integrare il contenuto del contratto per la rivendita di generi di monopolio e, con lettera del 23 febbraio 2009, a firma del sig. -OMISSIS- -OMISSIS-, qualificatosi come Capo Settore Gestione Contratti, la società -OMISSIS-. ha accolto la suindicata richiesta di integrazione dell’oggetto del contratto, includendovi la vendita di generi di monopolio.
Pertanto, il sig. -OMISSIS- possedeva il requisito della destinazione dei locali nella-OMISSIS-per la rivendita dei generi di Monopolio, indispensabile per partecipare all’asta ed ottenere la loro assegnazione.
Sotto questo profilo può certamente rilevarsi un punto critico rappresentato dalla tutela della par condicio dei concorrenti, ma soltanto in riferimento ai soggetti che hanno partecipato alla gara, non anche, quindi, nei confronti dell’attuale appellante che non ha partecipato a detta gara e, quindi, non ha titolo per sollevare tale eccezione.
Più specificamente, una volta verificata l’infondatezza mediante le quali parte appellante contestava la legittimità della stessa scelta dell’Amministrazione di indire una procedura selettiva, è pacifico che le censure afferenti alle modalità e agli esiti di tale procedura, in difetto di partecipazione alla stessa, non risultano sorrette da un interesse giuridicamente tutelabile.
Il relativo motivo di ricorso è, dunque, inammissibile.
Pertanto, la problematica della destinazione del locale assegnato alla parte controinteressata per la vendita dei generi di Monopolio, ai sensi dell’art. 53 d.P.R. n. 1074-1978, in quanto il contratto di locazione dell’1 gennaio 2004 prevedeva l’autorizzazione a svolgere la sola attività di ricevitoria del Totocalcio, Totip, Enalotto e Lotterie Nazionali, e la problematica riguardante i poteri rappresentativi del sig. -OMISSIS- -OMISSIS- sono del tutto inconferenti.
6. Tenuto conto dell’infondatezza delle domande dell’appellante, deve essere respinta anche la connessa domanda di risarcimento del danno, attesa l’acclarata legittimità dell’azione amministrativa.
7. Conclusivamente, alla luce delle predette argomentazioni, l’appello deve essere respinto in quanto infondato.
Le spese di lite del presente grado di giudizio possono essere compensate, sussistendo giusti motivi.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe indicato, lo respinge.
Compensa le spese di lite del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Guida alla lettura
La pronuncia in commento, nel ribadire l’epilogo del giudizio di primo grado, si sofferma sulla natura giuridica dell’attività di rivendita dei generi in Monopolio, come attività oggetto di concessione amministrativa.
Per arrivare a questa conclusione, è utile premettere qualche considerazione preliminare sulla disciplina normativa che regola la materia, riservata alla legislazione speciale. Precisamente, la l. 22 dicembre 1957, n. 1293, all’art. 19, distingue le rivendite di generi di monopolio in rivendite ordinarie e rivendite speciali. Secondo l’art. 21 l. n. 1293/1957 cit., le prime sono istituite “dove e quando l'Amministrazione lo ritenga utile ed opportuno nell'interesse del servizio”. Il successivo articolo 22, invece, sancisce che le rivendite speciali “sono istituite per soddisfare particolari esigenze del pubblico servizio anche di carattere temporaneo quando, a giudizio dell'Amministrazione, mancano le condizioni per procedere alla istituzione di una rivendita ordinaria, ovvero al rilascio di un patentino”.
La natura giuridica dell’attività di rivendita, sia essa ordinaria ovvero speciale, può desumersi, come sostenuto nella pronuncia in commento, dallo stesso art. 19 cit., secondo cui“Nei casi di rinnovo delle concessioni di cui al precedente comma, il concessionario è tenuto a corrispondere all’Amministrazione (...)”, con ciò stesso attribuendo al provvedimento di assegnazione della rivendita la qualifica espressa di “concessione” e qualificando espressamente come “concessionario” il suo titolare.Il fatto che l’attività di rivendita di generi di monopolio, effettuata nella forma della rivendita ordinaria o speciale, sia sottoposta al regime di vera e propria concessione amministrativa, probabilmente risiede nella circostanza per cui si tratta di un’attività ancora oggetto di monopolio statale.
Come noto, tradizionalmente la concessione amministrativa rientra nell’alveo delle manifestazioni provvedimentali il cui esercizio determina effetti favorevoli per i privati, pur suscettibili di essere accompagnati dall’imposizione di doveri in capo ai relativi destinatari. Si distinguono, poi, concessioni traslative, così chiamate quando il diritto già esiste in capo all’amministrazione e viene trasmesso al privato (i.e., almeno prima dell’avvento delle Direttive eurounitarie del 2014, la concessione di servizio pubblico) e concessioni costitutive, nei casi in cui il diritto attribuito al privato nasce ex novo(i.e. la concessione di cittadinanza o di onorificenze).
Tanto a differenza del provvedimento autorizzatorio, che, invece, nasce per rimuovere i limiti posti dalla legge all’esercizio di una preesistente situazione di vantaggio, sia esso un potere o un diritto, un comportamento ovvero un’azione. La necessità dell’intermediazione del potere autoritativo della Pubblica Amministrazione si giustifica diversamente nell’autorizzazione rispetto alla concessione. Con l’esercizio del potere autorizzatorio, infatti, l’Amministrazione è in grado di rimuovere in via puntuale e concreta le limitazioni che la legge prevede in via generale e astratta. La concessione, invece, è un frutto dell’esercizio di potere sì accrescitivo ma che attiene, almeno per le concessioni traslative, a beni ovvero risorse contingentati e limitati.
Su entrambe le tipologie di poteri, invero, è intervenuto il diritto comunitario, mutandone ambito e modalità operative. Relativamente ai provvedimenti concessori, infatti, si rileva che l’avvento delle Direttive comunitarie del 2014 sui contratti pubblici, ha comportato una profonda rivisitazione dell’intero sistema dei contratti pubblici, recepita nel D.lgs. n. 50/2016. Con specifico riferimento alle concessioni traslative, specialmente per quelle di servizi, se ne evidenzia la puntuale riqualificazione in termini di contratto a titolo oneroso (vd. art. 3 co. 1 lett. uu) e vv) D.lgs. n. 50/2016). Deriva, pertanto, che le Pubbliche Amministrazioni sono tenute allo svolgimento di una procedura ad evidenza pubblica per procedere all’aggiudicazione di concessioni di lavori e di servizi, alla stregua di quanto accade per la stipula dei contratti di appalto.
Quanto ai provvedimenti autorizzatori, invece, le esigenze di semplificazione e liberalizzazione sottese alla Direttiva 2006/123/CE (cd. Direttiva Bolkestein), in funzione proconcorrenziale, hanno comportato l’inserzione nell’ordinamento interno di regimi amministrativi diversi dal comune provvedimento autoritativo, consentendo alla segnalazione certificata di inizio attività di assurgere a regola generale. Secondo quanto dispone l’art. 19 l. 241/90, infatti, “ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l’esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale il cui rilascio dipenda esclusivamente dall’accertamento di requisiti e presupposti richiesti dalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale, e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio degli atti stessi, è sostituito da una segnalazione dell’interessato”.
A ulteriore sostegno di questa conclusione, è utile rammentare l’art. 20 l. 241/90 per cui “fatta salva l'applicazione dell’art. 19, nei procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi il silenzio dell'amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda, senza necessità di ulteriori istanze o diffide, se la medesima amministrazione non comunica all'interessato, nel termine di cui all’articolo 2, commi 2 o 3, il provvedimento di diniego, ovvero non procede ai sensi del comma 2. Tali termini decorrono dalla data di ricevimento della domanda del privato”. Dalla clausola di riserva posta in apertura alla disposizione in commento si deduce che l’ambito applicativo del silenzio assenso è in rapporto di inversa proporzionalità rispetto alla disciplina di cui all’art. 19 l. n. 241/90. Ebbene, se è vero che dal combinato disposto delle due norme appena citate, per quel che qui interessa, deriva che laddove per l’esercizio di una determinata attività “sia previsto un limite o contingente complessivo” si riapre l’applicabilità dell’art. 20 l.p.a., occorre altresì rilevare che la legge n. 241/90 sul procedimento amministrativo integra a sua volta una disciplina di carattere generale, in quanto tale recessiva rispetto alla legislazione speciale, come, appunto, il D.lgs. n. 50/2016. Ebbene, nonostante nel caso in esame il Codice Contratti Pubblici fosse inapplicabile ratione temporis,giàl’art. 30 D.lgs. n. 163/2006, affermava che “La scelta del concessionario deve avvenire nel rispetto dei principi desumibili dal Trattato e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità, previa gara informale a cui sono invitati almeno cinque concorrenti, se sussistono in tale numero soggetti qualificati in relazione all'oggetto della concessione, e con predeterminazione dei criteri selettivi”.
Da quanto premesso, con riferimento al caso di specie bene si comprende la conclusione cui è prevenuto il Consiglio di Stato, in aderenza a quanto affermato in primo grado. È evidente, infatti, che il rilascio di una concessione amministrativa di servizio pubblico, come accade per l’attività di rivendita speciale di generi di monopolio, non è suscettibile di perfezionamento secondo il modulo del silenzio assenso, dovendo la Pubblica Amministrazione far ricorso all’espletamento di procedure ad evidenza pubblica proprio per garantire la maggior concorrenza per il mercato.