Cons. Stato, sentenza 12 febbraio 2020, n. 1071

Il concorrente è tenuto ad una dichiarazione veritiera e completa, la quale sola può permettere di esprimere un giudizio sull’affidabilità professionale di una partecipante, giudizio che non può che essere di ampia portata discrezionale e quindi sindacabile dal giudice amministrativo nei soli limiti della evidente illogicità o irrazionalità o del determinante errore fattuale; l’omissione di tale dichiarazione non consente, infatti, all’amministrazione di poter svolgere correttamente e completamente la valutazione di affidabilità professionale dell’impresa e fa assumere alla domanda di partecipazione resa in sede di gara la natura di dichiarazione non già incompleta, ma non veritiera e pertanto non sanabile con il soccorso istruttorio di cui all'art. 46 d. lgs. n. 163 del 2006.

Un siffatto obbligo dichiarativo va, tuttavia, escluso quando la sanzione applicata è inferiore all’1 per cento del valore del contratto di riferimento.

La stazione appaltante può ritenere la sussistenza dei gravi errori professionali anche in assenza di un accertamento giurisdizionale di tali errori e di una dichiarazione della Pubblica Amministrazione che abbia pronunciato la risoluzione per inadempimento di quel rapporto, purché le pregresse violazioni contestate siano numerose e puntuali.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 3732 del 2019, proposto da
Cooperativa Italiana di Ristorazione S.C. – Cirfood S.C., in persona del Presidente legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Eugenio Dalli Cardillo, Alessandro Botto, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Alessandro Botto in Roma, via di San Nicola Da Tolentino 67;

contro

Comune di Genova, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Aurelio Domenico Masuelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, piazza Capo di Ferro 13;

nei confronti

Vivenda s.p.a., Camst Soc. Coop. a R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentate e difese dall'avvocato Michele Perrone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Barnaba Tortolini 30;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria, II, 18 febbraio 2019, n. 130, resa tra le parti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’appello incidentale proposto da Vivenda s.p.a. e Camst Soc. Coop. a R.L.

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Genova, di Vivenda s.p.a. e di Camst Soc. Coop. a R.L.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 ottobre 2019 il consigliere Angela Rotondano e uditi per le parti gli avvocati Dalli Cardillo, Botto, Masuelli, Perrone;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con determinazione dirigenziale del 23 febbraio 2018, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale in data 4 aprile 2018, il Comune di Genova bandiva una procedura aperta, ai sensi degli articoli 3, comma 1, lett. sss) e 60 del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (“Codice dei Contratti pubblici”), per l’affidamento del servizio di ristorazione scolastica a ridotto impatto ambientale e di educazione alimentare, ripartito in sei lotti funzionali, per la durata di trentasei mesi con opzione di prosecuzione per tutti i lotti sino ad un massimo di ventiquattro mesi, per l’importo complessivo massimo preventivato di euro 93.125.731,24, comprensivo degli oneri per la sicurezza da interferenza e del valore dell’opzione, oneri fiscali esclusi.

1.2. Per quanto rileva, il disciplinare di gara stabiliva un limite all’aggiudicazione dei lotti in gara, prevedendo la possibilità di assegnazione di un solo lotto per quelli di più grandi dimensioni, contraddistinti dai numeri 2, 3 e 4 (rispettivamente, Centro Ovest/Valpolcevera; Bassa Valbisagno/Ponente; Medio Levante/Levante) e di due lotti per quelli contraddistinti dai numeri 1, 5 e 6 (Centro Est; Media Valbisagno; Medio Ponente).

Inoltre, lo stesso disciplinare (ai paragrafi 3 e 24) richiedeva la dimostrazione della proprietà o disponibilità della struttura produttiva con le previste caratteristiche, con la specificazione che la potenzialità produttiva, espressa per ciascun lotto e per tutte le tipologie di pasti in frequenza massima giornaliera dall’Allegato 2 al Capitolato Speciale, andava correlata al prescritto limite di aggiudicazione, nel senso che un medesimo centro di cottura non poteva essere utilizzato per più di un lotto tra quelli di maggiori dimensioni (quelli di cui ai numeri 2, 3 e 4) o di due lotti per i restanti (numeri 1, 5 e 6).

1.3. Con ricorso notificato in data 1 ottobre 2018, la Società Cooperativa Italiana di Ristorazione CIR FOOD S.C. (di seguito, “CIR FOOD”), seconda classificata in graduatoria (con punti 73,887), impugnava tutti gli atti della gara ed i suoi esiti, ed in particolare la determinazione dirigenziale di aggiudicazione del servizio di ristorazione scolastica per il lotto numero 2 (Centro Ovest Polcevera) a favore del costituendo raggruppamento temporaneo di imprese tra Vivenda s.p.a. e Camst soc. coop a r.l. (di seguito “RTI Vivenda”).

1.4. Avverso gli atti impugnati la ricorrente formulava plurime censure di violazione di legge ed eccesso di potere, con quattro motivi di ricorso così rubricati:

1) Violazione degli articoli 59 comma 3 lett. a e 83 comma 9 del codice dei contratti pubblici – indeterminabilità del soggetto che, come indicato a pagina 27 della offerta progettuale, svolgerà l’attività di coordinamento e gestione della commessa – eccesso di potere per carenza istruttoria e sviamento di potere;

2) Violazione degli articoli 59 comma 3 lett. A) e 83 comma 9 del codice dei contratti pubblici – contraddittorietà e indisponibilità da parte dell’impresa mandante CAMST del centro di produzione pasti riferito al locale produttivo denominato Calasanzio – carenza essenziale e indeterminatezza di un elemento essenziale dell’offerta progettuale – eccesso di potere per carenza istruttoria – violazione art. 51 del codice dei contratti pubblici – violazione art. 3 del disciplinare di gara – unicità dell’operatore economico RTI Vivenda e RTI Camst – eccesso di potere per carenza istruttoria e sviamento di potere;

3) Violazione degli articoli 59 comma 3 lett. a) e 83 comma 9 del codice dei contratti pubblici – omessa esplicitazione nel progetto del “centro di produzione pasti” riferito al mutamento di destinazione del locale di Calasanzio – carenza del requisito di capacità tecnica necessario per eseguire da parte dell’impresa Camst il servizio di veicolazione pasti – omessa dimostrazione sia nel processo che in sede di accesso agli atti del mutamento di destinazione del centro di Calasanzio a fare data dal 1 settembre 2018 – illegittimità dell’operato della commissione sotto il profilo anche dell’attribuzione del punteggio al RTI Vivenda/Camst nonostante fosse sprovvista – o comunque non sia stata in grado di dimostrare in pendenza del procedimento di selezione – la idoneità come centro di produzione dei pasti del locale di Calasanzio – eccesso di potere e carenza istruttoria – carenza nel progetto di un elemento essenziale della offerta;

4) Violazione dell’art. 95, comma 10, d.lgvo n. 50 del 2016 – violazione dell’art 95, comma 5 e 6 del d.lg.vo n. 50 del 2016 – violazione del principio di immodificabilità delle offerte sotto il profilo sia del diverso inquadramento dei lavoratori che del diverso numero delle ore stimate nel progetto rispetto a quanto, invece, indicato nelle giustificazioni dell’ATI aggiudicataria – incongruità e perdita economica della offerta del RTI – eccesso di potere per manifesta e grave erroneità del giudizio di congruità adottato dalla commissione di gara.”

1.5. In sintesi, con i corrispondenti motivi di ricorso, l’appellante lamentava: a) la mancata esclusione dalla gara del R.T.I. Vivenda per indeterminatezza e carenza dell’elemento progettuale costituito dalla disponibilità dell’immobile indicato come sede dell’attività di coordinamento e gestione del servizio (nella specie l’immobile sito in via Chiaravagna, n. 139), che sarebbe invece nella disponibilità della società La Cascina Global Service (mandataria capogruppo del R.T.I. aggiudicatario di altro lotto della gara in oggetto); b) l’inammissibile messa a disposizione da parte della Camst, mandante nei raggruppamenti aggiudicatari sia nel lotto 1 che nel lotto 2, del magazzino denominato Calasanzio in entrambi i lotti su indicati per l’intera massima capacità produttiva (pari a 4500 pasti); c) la carenza di un elemento essenziale, integrante requisito di capacità tecnica ai fini della esecuzione della prestazione, rappresentato dalla disponibilità di un idoneo centro di cottura per la produzione dei pasti veicolati (in quanto dagli atti non risulterebbe che il magazzino “Calasanzio” sia stato convertito in un centro di produzione pasti); d) l’illegittimità della verifica di anomalia e del giudizio di sostenibilità dell’offerta ivi formulato, in quanto il raggruppamento aggiudicatario, nel corso delle giustificazioni, avrebbe reiteratamente e in modo sostanziale modificato il costo del lavoro, il numero delle ore lavorative indicate, l’organigramma e l’utile di impresa (che verrebbe completamente eroso dal costo delle ore indicate in difetto nelle giustificazioni rispetto al progetto), trasformando così le giustificazioni in una nuova e differente offerta rispetto a quella attestata negli atti di gara.

1.5.1. Alla stregua di tali censure l’appellante chiedeva, pertanto, l’annullamento degli atti impugnati, formulando altresì domanda risarcitoria, sia in forma specifica, mediante subentro nel contratto ove nelle more stipulato, previa declaratoria della sua inefficacia ai sensi dell’art. 122 Cod. proc. amm. sia per equivalente monetario, per i danni arrecati alla ricorrente dall’illegittima attività provvedimentale.

1.6. Si costituivano in resistenza il Comune di Genova e il R.T.I. Vivenda, insistendo entrambi per il rigetto del gravame.

1.7. Il raggruppamento controinteressato spiegava altresì ricorso incidentale, affidato ad un unico motivo di ricorso, così articolato: “1. Violazione dell’art. 80, comma 5 lettera c) e lettera f-bis) e comma 6, del d.lgs n. 50 del 2016; Violazione degli articoli 75 e 76 del DPR n. 445/2000.”

1.7.1. La ricorrente incidentale eccepiva, in particolare, la carenza di interesse al ricorso introduttivo del giudizio, per avere CIR FOOD colposamente o dolosamente omesso di dichiarare l’irrogazione nei suoi confronti di penali, da parte del Comune di Pescara, per gravi inadempimenti perpetuati nell’espletamento di servizi identici a quello oggetto della presente commessa.

1.8. Con successivo ricorso per motivi aggiunti, proposto a seguito del deposito da parte del Comune dei verbali di sopralluogo effettuato il 23 ottobre 2018, CIR FOOD ha arricchito le censure formulate con quattro ulteriori ordini di doglianze, come di seguito indicate: “5) Eccesso di potere per carenza di istruttoria sotto il profilo della mancata verifica della carenza dei requisiti di efficacia dell’aggiudicazione definitiva – conseguente infondatezza delle deduzioni spiegate dal comune di Genova con la memoria depositata in data 12.11.2018, nella parte in cui sostiene che il requisito di capacità tecnica della disponibilità del centro di cottura non rileva ai fini dell’aggiudicazione definitiva – carenza e/o mancata dimostrazione dei requisiti di capacità del RTI al momento dell’inizio del servizio previsto dal comune di Genova per la data del 01.09.2018; 6) carenza del requisito di capacità tecnica del centro di cottura de Il Matitone per tutta la durata del contratto compreso i rinnovi – violazione art. 4 e art. 24 del disciplinare di gara – violazione art. 3 del capitolato speciale – non correttezza della dichiarazione di disponibilità del centro di produzione dei pasti dichiarata nel facsimile di dichiarazioni integrative a corredo del DGUE; 7) Carenza dei requisiti di capacità tecnica dichiarati in gara dal RTI aggiudicatario Vivenda/Camst – mutamento offerta di gara – eccesso di potere per sviamento e carenza istruttoria – omessa verifica del requisito del magazzino sito in via Chiaravagna, n. 189 dichiarato dal RTI Vivenda/Camst nella domanda di partecipazione – omessa verifica del centro di cottura denominato Calasanzio sito in via Cervetto, n. 40 e dichiarato dall’impresa Camst come disponibile al momento dell’inizio del servizio – carenza del requisito del centro di produzione dei pasti per tutta la durata del contratto compreso i rinnovi. 8. Violazione dell’obbligo che la medesima offerta sia eseguita da un unico centro decisionale, peraltro, non dichiarato in gara – partecipazione alla gara in elusione della norma di gara che limitava l’aggiudicazione.”

1.8.1. Con tali motivi integrativi la ricorrente principale CIR FOOD deduceva, in particolare, che dall’esame dei verbali si trarrebbero, da un lato, conferme circa la fondatezza dei motivi (secondo, terzo e quarto) del ricorso introduttivo e, sotto altro profilo, censurava l’ulteriore vizio di eccesso di potere per carenza di istruttoria laddove il Comune, in sede di verifica dei requisiti e prima dell’inizio del servizio (previsto in data 1 settembre 2018), non aveva rilevato la carenza dei requisiti di capacità tecnica dichiarati in gara dal RTI aggiudicatario. Il rapporto di locazione allegato in gara riferito al centro di cottura “il Matitone”, non coprirebbe poi, in relazione alla scadenza contrattuale (stabilita al 6 luglio 2022), l’intera durata dell’appalto, comprensiva degli eventuali rinnovi (fino al 31 agosto 2024).

1.8.2. Inoltre, dal raffronto tra i documenti depositati dal Comune di Genova, sia sul lotto n. 1 che sul lotto n. 2, emergerebbe che il vero esecutore delle prestazioni dedotte in contratto per entrambi i lotti è sempre (e soltanto) il medesimo raggruppamento (facente capo a La Cascina Global Service), con evidente riconducibilità delle aggiudicazioni, riferite ad entrambi i lotti, ad un unico centro decisionale, peraltro non dichiarato in gara.

1.9. Anche il raggruppamento Vivenda proponeva motivi aggiunti al ricorso incidentale, con cui lamentava “Violazione del principio del favor partecipationis e di massima concorrenza dell’art. 2 del codice dei contratti pubblici e, altresì, dei principi cardine del Trattato CE e delle Direttive Appalti 24/UE/2014. Violazione del principio di proporzionalità e ragionevolezza”, impugnando altresì l’art. 24 del disciplinare di gara, ove interpretato nel senso di imporre alle concorrenti la disponibilità del centro cottura sin dalla data di presentazione dell’offerta, alla stregua di un requisito di partecipazione di capacità tecnica, e non di mera esecuzione del servizio, da dimostrare solo prima del suo avvio.

2. Con la sentenza in epigrafe, il Tribunale amministrativo - respinta l’istanza formulata da CIR FOOD di riunione dei ricorsi relativi al lotto 1 e al lotto 2 (sulla base del richiamo a quella giurisprudenza amministrativa la quale afferma che, allorquando un bando di gara abbia ad oggetto, come nella specie, l’aggiudicazione di più lotti, si configura l’esistenza di gare autonome e distinte, e non ricorre un’ipotesi di connessione oggettiva che ne imponga la trattazione unitaria), e disattesa pure l’ eccezione in limine sollevata sempre da CIR FOOD in relazione alla tardività del deposito telematico dei documenti in giudizio (asseritamente effettuato dal R.T.I. Vivenda oltre la scadenza del termine)- ha prioritariamente esaminato il ricorso incidentale (di carattere escludente perché diretto a contestare l’ammissione alla gara della ricorrente principale e, dunque, la sua legittimazione ad agire) e lo ha accolto, per la ritenuta fondatezza, con portata assorbente, della doglianza con la quale si lamentava la violazione da parte di CIR FOOD dell’obbligo dichiarativo e l’integrazione di un grave errore professionale ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c), per non avere la concorrente dichiarato il provvedimento di applicazione (del 7 marzo 2018 da parte del Comune di Pescara), ex artt. 297 e 298 del d.P.R. n. 207 del 2010, della penale massima prevista dall’art. 22 del Capitolato di euro 2000,00 per operazioni di preparazione e cottura di pasti non eseguite secondo il capitolato tecnico.

In particolare, il giudice amministrativo di primo grado ha accolto il primo motivo di censura del ricorso incidentale, respingendo al contempo l’eccezione di tardività sollevata dalla ricorrente principale, sulla base dell’assunto secondo il quale, trattandosi di eccezione riconvenzionale finalizzata alla paralisi del ricorso principale, il ricorso della società controinteressata avverso l’ammissione alla gara della concorrente doveva ritenersi tempestivo in quanto proposto, sebbene oltre il termine previsto dall’art. 120, comma 2 bis del Cod. proc. amm., comunque nei trenta giorni dalla notificazione del ricorso principale.

2.1. In conseguenza dell’accoglimento del gravame incidentale, il Tribunale amministrativo ha, quindi, dichiarato inammissibile il ricorso principale di CIR FOOD per difetto di legittimazione.

3. Avverso la sentenza CIR FOOD ha proposto appello, chiedendone la riforma e deducendone l’ingiustizia alla stregua di quattro articolati motivi con cui ha censurato la sentenza di primo grado per avere erroneamente considerato ricevibile e tempestivo, in violazione dell’art. 120 commi 2 bis e 6 bis Cod. proc. amm., il ricorso incidentale del R.T.I. Vivenda ed averlo quindi accolto per la ritenuta ed assorbente fondatezza del motivo concernente la violazione dell’obbligo di dichiarare le penali irrogate da altra stazione appaltante in gare per l’affidamento di servizi identici a quelli oggetto della presente commessa, omettendo di esaminare l’impugnazione principale e dichiarandola, pure erroneamente, inammissibile per carenza di legittimazione in capo a CIR FOOD.

3.1. L’appellante CIR FOOD ha quindi riproposto, per l’ipotesi di accoglimento del gravame, i motivi di censura articolati in primo grado con il ricorso principale e con il ricorso per motivi aggiunti.

3.2. Si è costituito anche nel presente giudizio il Comune il quale ha ribadito la legittimità del suo operato ed argomentato l’infondatezza dell’appello e delle domande ivi formulate, chiedendone il rigetto.

3.3. Ha resistito all’appello proposto da CIR FOOD, insistendo per la sua reiezione e per la conferma della sentenza di prime cure, anche il R.T.I. Vivenda, il quale ha altresì interposto appello incidentale, con il quale ha, in primo luogo, criticato le motivazioni poste dalla sentenza di primo grado a fondamento del rigetto dell’eccezione di tardività del ricorso incidentale (che andava invece, a suo avviso, respinta in quanto le circostanze di fatto che avevano dato luogo a contestazioni e a irrogazione di penali da parte di altra Amministrazione, costituenti presupposti dell’asserita carenza del requisito di moralità professionale ai sensi dell’art. 80 del d.lgs. n. 50 del 2016 in capo alla ricorrente principale, erano divenute note solo con il provvedimento di risoluzione del contratto adottato il 10 agosto 2018, dopo la pubblicazione della lista degli ammessi alla gara, allorquando era dunque già scaduto il termine previsto dall’art. 120, comma 2, bis Cod. proc. amm. per impugnare l’ammissione, non potendo quindi onerarsi la controinteressata alla proposizione di un ricorso al buio). Il gravame incidentale ha altresì contestato i capi che non hanno ritenuto rilevante, ai fini dell’esclusione della stessa CIR FOOD dalla procedura per cui è causa e della conseguente carenza di interesse al ricorso per la perdita dei requisiti soggettivi in corso di gara, il provvedimento di risoluzione del contratto adottato dal Comune di Pescara il 10 agosto 2018.

3.4. La ricorrente incidentale ha, inoltre, riproposto, ai sensi dell’art. 101, comma 2, Cod. proc. amm., i motivi aggiunti al ricorso incidentale di primo grado, non esaminati dal Tribunale amministrativo, con cui aveva impugnato l’art. 24 del disciplinare, sostenendone l’illegittimità ove interpretato e interpretabile nel senso prospettato dall’appellante principale (secondo cui la disponibilità del centro cottura sarebbe qualificabile alla stregua di un requisito di capacità tecnica e non di un mero requisito di esecuzione, da dimostrare soltanto all’atto dell’avvio del servizio).

3.5. Disposto su accordo delle parti l’abbinamento dell’istanza cautelare incidentalmente formulata dall’appellante alla trattazione del merito, le parti, in vista dell’udienza fissata per la discussione, hanno depositato memorie difensive e repliche con cui hanno ulteriormente illustrato le rispettive tesi ed argomentazioni.

3.6. All’udienza pubblica del 24 ottobre 2019, la causa è stata infine trattenuta per la decisione.

DIRITTO

4. Vengono in decisione gli appelli, principale e incidentale, rispettivamente proposti dalla seconda graduata CIR FOOD e dal R.T.I. aggiudicatario Vivenda, in relazione agli esiti della gara specificata in narrativa, indetta dal Comune di Genova per l’affidamento del servizio di ristorazione scolastica, suddivisa in sei lotti funzionalmente collegati: in particolare, come accennato in fatto, la presente controversia attiene all’aggiudicazione definitiva del servizio in oggetto di cui al lotto 2 (“Centro Ovest Polcevera”).

5. Il Collegio ritiene prioritario l’esame dell’appello principale di CIR FOOD avverso le statuizioni della sentenza di primo grado che hanno ritenuto tempestivo il ricorso incidentale di primo grado (avente carattere paralizzante rispetto all’ammissione alla gara della ricorrente principale e volto a contestarne la legittimazione ad agire) e, lo hanno, di conseguenza esaminato ed accolto, per la ritenuta fondatezza, con valenza assorbente, della censura inerente alla violazione degli obblighi dichiarativi ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c) del d.lgs. n. 50 del 2016 con riferimento ad una sanzione di euro 2.000,00 comminata dal Comune di Pescara inerente a servizi identici a quelli oggetto di gara.

5.1. Può prescindersi dall’esame dell’eccezione di tardività del ricorso incidentale di primo grado riproposta dall’appellante principale, perché tali motivi di gravame sono fondati nel merito.

5.1.1. Come evidenziato, il giudice amministrativo di primo grado ha ritenuto meritevole di accoglimento il ricorso incidentale volto a contestare la carenza di interesse ad agire e di legittimazione di CIR FOOD, che, a suo avviso, avrebbe dovuto essere esclusa dalla selezione in parola, in ragione dell’omessa dichiarazione di una sanzione non grave del valore di euro 2.000,00 irrogata per operazioni di preparazione e cottura di pasti non eseguite secondo il capitolato tecnico (si trattava, in sostanza, della preparazione in anticipo di un sugo alimentare), nell’ambito di un appalto avente ad oggetto servizi di ristorazione affidato dal Comune di Pescara, prima della risoluzione contrattuale intervenuta (in data 10 agosto 2018) solo successivamente alla conclusione della presente gara.

5.1.2. L’assunto non può condividersi, per le ragioni di seguito evidenziate, anche in considerazione del precedente di questa Sezione n. 2794 del 30 aprile 2019 (che a sua volta richiama la sentenza n. 1346 del 25 gennaio 2018) relativo ad analoga questione (in materia di applicazione dell’art. 80 del d.lgs. n. 50 del 2016 e di mancata dichiarazione dell’irrogazione di penali contrattuali).

5.2. Il citato art. 80, al comma 5, lett. c) ed f- bis, nel testo applicabile ratione temporis, stabilisce che le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d'appalto un operatore economico, qualora “la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l'operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità. Tra questi rientrano: le significative carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all'esito di un giudizio, ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni; il tentativo di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate ai fini di proprio vantaggio; il fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull'esclusione, la selezione o l'aggiudicazione ovvero l'omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione; […] f-bis) l'operatore economico che presenti nella procedura di gara in corso e negli affidamenti di subappalti documentazione o dichiarazioni non veritiere”.

5.3. La giurisprudenza amministrativa formatasi su tali previsioni ha chiarito, in primo luogo, che il concorrente è tenuto ad una dichiarazione veritiera e completa, la quale sola può permettere di esprimere un giudizio sull’affidabilità professionale di una partecipante, giudizio che non può che essere di ampia portata discrezionale e quindi sindacabile dal giudice amministrativo nei soli limiti della evidente illogicità o irrazionalità o del determinante errore fattuale; è stato aggiunto che l’omissione di tale dichiarazione non consente, infatti, all’amministrazione di poter svolgere correttamente e completamente la valutazione di affidabilità professionale dell’impresa e fa assumere alla domanda di partecipazione resa in sede di gara la natura di dichiarazione non già incompleta, ma non veritiera e pertanto non sanabile con il soccorso istruttorio di cui all'art. 46 d. lgs. n. 163 del 2006 (ex multis, Cons. Stato, sez. V, 27 settembre 2017, n. 4527).

5.4. E’ stato anche precisato che la stazione appaltante può ritenere la sussistenza dei gravi errori professionali anche in assenza di un accertamento giurisdizionale di tali errori e di una dichiarazione della Pubblica Amministrazione che abbia pronunciato la risoluzione per inadempimento di quel rapporto, purché le pregresse violazioni contestate siano numerose e puntuali (non venendo, peraltro, meno l’obbligo dichiarativo per l’impresa partecipante alla gara in conseguenza di una contestazione giudiziale del provvedimento di risoluzione).

5.5. Tanto premesso in linea generale, deve quindi rilevarsi, in punto di fatto, che CIR FOOD ha presentato l’offerta di gara entro la scadenza del termine fissato (in data 4 maggio 2018) per la presentazione delle offerte, allorquando la vicenda della risoluzione contrattuale, peraltro contestata e impugnata giudizialmente, non era ancora intervenuta: detta vicenda risultava, pertanto, come correttamente ritenuto dal primo giudice, temporalmente irrilevante ai fini della partecipazione, non sussistendo alcun obbligo dichiarativo al riguardo da parte della concorrente, trattandosi di risoluzione disposta soltanto il 10 agosto 2018, dunque in data finanche successiva all’aggiudicazione (adottata con d.d. del 30 luglio 2018) e alla conclusione della procedura di gara.

5.6. Un siffatto obbligo dichiarativo andava, tuttavia, escluso, contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, anche con riguardo alla sanzione applicata in quanto non grave e, comunque, inferiore all’1 per cento del valore del contratto di riferimento (pari nella fattispecie ad euro 16.698.352, 56).

5.7. Ed infatti, la giurisprudenza amministrativa sopra richiamata (conformemente agli orientamenti espressi da questo Consiglio anche in sede consultiva: cfr. pareri n. 2286 del 26 ottobre 2016 e 2042 del 14 settembre 2017), nell’interpretazione dell’obbligo dichiarativo concernente le gravi negligenze professionali, ha fatto riferimento essenzialmente alla mancata indicazione delle risoluzioni contrattuali (ipotesi che pacificamente non ricorre nel caso di specie, stante l’irrilevanza temporale, ai fini della partecipazione alla presente gara, della risoluzione disposta dal Comune di Pescara) ed ha, inoltre, rilevato che la mancata dichiarazione dell’irrogazione di penali contrattuali non integra di per sé la violazione dei doveri professionali e non costituisce prova di grave negligenza: così che l’irrogazione di quella penale nel corso dell’esecuzione del rapporto contrattuale con il Comune di Pescara non poteva costituire di per sé ed automaticamente, soprattutto in mancanza di altri elementi significativi all’epoca della presentazione delle offerte, un sintomo di grave errore professionale.

5.8. Sotto altro concorrente profilo, non può poi sottacersi che l’importo della “penale” di cui si discute era in assoluto minimo, visto che era di gran lunga inferiore all’1 per cento del valore dell’affidamento, e non poteva pertanto concretizzare comunque alcuna grave negligenza da denunciare nelle domande di partecipazione ad altre gare pubbliche, risultando contenuto nella sostanziale irrilevanza, come risultante dalla Linee guida dell’Anac aggiornate (secondo cui le stazioni appaltanti devono comunicare all’Autorità ai fini dell’iscrizione nel Casellario informatico, di cui all’art. 213 comma 10 dello stesso codice, i provvedimenti di applicazione delle penali di importo superiore, singolarmente o cumulativamente con riferimento al medesimo contratto, all’1 per cento dell’importo del contratto stesso; in materia di rilevanza sotto il profilo dell’obbligo dichiarativo delle sole penali superiori al 1 per cento del valore lordo dell’appalto cfr. T.a.r. Lecce, II, 28 marzo 2019, n. 519 che ha ritenuto insussistente l’obbligo dichiarativo ed ha escluso che la relativa violazione integrasse di per sé causa di automatica espulsione dalla gara della concorrente che aveva dimostrato la buona esecuzione del contratto).

5.9. In definitiva, indipendentemente dalla contestazione giudiziale dell’applicazione dell’unica penale contrattuale irrogata dal Comune di Pescara, quest’ultima da sola, riferendosi ad un episodio isolato e di rilevanza modesta (alla luce anche dei contenuti della nota dello stesso Comune dell’8 maggio 2018), non offre, per la sua natura fisiologica nella complessiva economia ed esecuzione dell’appalto, tale da non metterne di per sé in discussione la naturale prosecuzione (verificatasi solo in conseguenza della risoluzione contrattuale intervenuta dopo l’aggiudicazione e la conclusione della presente gara), e per la sua incidenza minima in rapporto al valore della commessa, alcun elemento per considerare che l’inadempimento nell’esecuzione del contratto, cui essa si ricollega, costituisca errore grave nell’esercizio dell’attività professionale che la concorrente CIR FOOD aveva l’obbligo di dichiarare ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c), a pena di esclusione, sì da consentire alla Stazione appaltante di valutarlo ai fini del giudizio inerente alla sua affidabilità professionale e di assumere all’esito le opportune decisioni, nell’esercizio dei poteri discrezionali a quest’ultima riservati.

6. In conseguenza dell’accoglimento dell’appello di CIR FOOD, vanno dunque esaminati i motivi di doglianza articolati dall’appellante incidentale, ivi compresi quelli riproposti ai sensi dell’art. 101, comma 2, Cod. proc. amm., non scrutinati dalla sentenza appellata, in quanto assorbiti in ragione della ritenuta fondatezza del primo motivo del ricorso incidentale.

6.1. I motivi di doglianza dedotti dall’appellante incidentale sono, ad avviso del Collegio, infondati.

6.2. In primo luogo, non rileva l’asserita erroneità delle motivazioni poste dalla sentenza appellata a fondamento del rigetto dell’eccezione di tardività del ricorso incidentale, sollevata dalla CIR FOOD, in quanto proposto oltre il termine di decadenza previsto ai sensi dell’art. 120 comma 2 bis Cod. proc. amm., a ragione dell’infondatezza nel merito delle censure ivi articolate avverso la legittimità dell’ammissione della ricorrente principale, con conseguente carenza di interesse e legittimazione al ricorso.

6.3. Dell’insussistenza dell’obbligo dichiarativo con riferimento all’irrogazione della penale da parte del Comune di Pescara e della causa di esclusione che la ricorrente incidentale ne faceva discendere si è, infatti, già detto nell’esame dei corrispondenti motivi dell’appello principale di CIR FOOD.

6.4. Va, tuttavia, anche evidenziato che la sentenza appellata non merita le critiche appuntate dalla ricorrente incidentale nella parte in cui ha ritenuto non rilevante, ai fini dell’obbligo di dichiarazione all’atto della presentazione dell’offerta, la risoluzione anticipata del contratto ad opera del Comune di Pescara: detta vicenda era, infatti, intervenuta solo in data 10 agosto 2018 e quindi era posteriore non soltanto alla scadenza del termine di presentazione delle domande, ma finanche all’aggiudicazione e alla conclusione della gara.

6.5. Quanto infine alle censure dedotte con i motivi aggiunti di ricorso incidentale di primo grado, qui riproposti ai sensi dell’art. 101, comma 2, Cod. proc. amm., volti a domandare l’annullamento, “se ed in quanto occorrer possa”, dell’art. 24 del disciplinare, dichiarandone l’illegittimità per violazione dei principi del favor partecipationis e di massima concorrenza, nonché di quelli di proporzionalità e ragionevolezza, ove vada interpretato o sia interpretabile nel senso prospettato dall’appellante principale CIR FOOD, se ne rinvia la trattazione allo scrutinio delle doglianze di cui al ricorso principale e ai motivi aggiunti di primo grado: avendo CIR FOOD, infatti, costruito le proprie censure avverso l’aggiudicazione impugnata in primo grado sul presupposto, infondato secondo l’aggiudicataria, per cui l’art. 24 del disciplinare di gara imporrebbe la disponibilità del centro cottura sin dalla data di presentazione dell’offerta, sì da qualificarla quale requisito di partecipazione ai fini della capacità tecnica della concorrente, è evidente che le questioni attinenti all’interpretazione di tale previsione della lex specialis di gara non possono che essere trattate unitariamente alle censure medesime, dirette a contestare gli esiti della procedura.

7. Può dunque procedersi all’esame dei motivi di censura dedotti in primo grado con il ricorso principale e con l’atto per motivi aggiunti, qui riproposti da CIR FOOD ai sensi dell’art. 101, comma 2, Cod. proc. amm.

8. Anche tali censure sono infondate, alla stregua delle seguenti osservazioni.

8.1. Con il primo motivo del ricorso principale, l’odierna appellante CIR FOOD ha lamentato la violazione degli articoli 59, comma 3, lett. a) e 83, comma 9, del d.lgs. n. 50 del 2016 in ragione dell’asserita indeterminabilità del soggetto che svolgerà l’attività di coordinamento e gestione della commessa: ciò in quanto la sede di via Chiaravagna n. 139, indicata nell’offerta tecnica per lo svolgimento di tale attività, non sarebbe in realtà riferibile a nessuna delle imprese componenti il raggruppamento aggiudicatario, ma nella titolarità dell’impresa La Cascina Global Service, capogruppo mandataria del raggruppamento che si è aggiudicata il lotto 1 della procedura.

8.1.2. La censura è infondata.

8.1.3 In primo luogo, non poteva incidere sulla partecipazione né quindi dare causa all’esclusione dalla gara la mera valutazione di siffatto elemento organizzativo.

8.1.4. Inoltre, come meglio si dirà nel prosieguo, risulta dagli atti che Vivenda dispone effettivamente della sede indicata in offerta (quella in via Chiaravagna al civico n. 189).

8.2. Con il secondo e il terzo motivo di ricorso principale di primo grado (che per la loro intrinseca connessione possono essere esaminati congiuntamente), la odierna appellante principale, lamenta l’indisponibilità da parte dell’impresa mandante Camst del centro di produzione pasti riferito alla struttura denominata Calasanzio: ciò in quanto, a suo avviso, se detta struttura è stata messa a disposizione dalla Camst per l’espletamento dei servizi del lotto n. 1, la stessa non sarà al contempo fruibile dal raggruppamento candidato alla gestione del lotto n. 2, a meno che i due raggruppamenti non costituiscano un unico centro di interessi.

8.2.1. Per l’appellante principale CIR FOOD, emergerebbe dalle offerte progettuali redatte sia sul lotto 1 che sul lotto 2, che la medesima impresa mandante (Camst) avrebbe ceduto l’intera capacità produttiva del “requisito di capacità tecnica” del magazzino a due distinti RTI e, quindi, a distinti operatori economici; altrimenti, dovrebbe ipotizzarsi che le mandatarie dei raggruppamenti aggiudicatari nei due lotti su indicati sono in effetti riconducibili ad un medesimo operatore economico e che perciò la mandante Camst abbia conferito ai due raggruppamenti lo stesso magazzino “Calasanzio”, dedicando ad entrambi il massimo della capacità produttiva dei 4500 pasti, il che lo renderebbe inidoneo all’esecuzione del servizio.

8.2.2. Anche tali censure sono infondate.

8.2.3. Come accennato in fatto, tra le condizioni di esecuzione del contratto (e non già tra i requisiti di ammissione ai fini della capacità tecnica delle concorrenti), figura, tanto per il Lotto 1 che per il Lotto 2, quella di avere la proprietà ovvero la disponibilità aziendale di una o più strutture produttive (cucina e magazzino) idonee a garantire, quantitativamente e qualitativamente, la richiesta di servizio esplicitata nel capitolato speciale di appalto, regolarmente autorizzati sulla base delle normative in materia igienico- sanitaria, da utilizzarsi per l’espletamento del servizio, tale da consentire il rispetto dei tempi minimi di consegna dei pasti.

8.2.4. Oltre alle caratteristiche dell’impianto (da adibire a centro di produzione dei pasti), il concorrente doveva dichiarare la potenzialità produttiva giornaliera globale riferita ai pasti pronti veicolati, espressa in numero di pasti, non inferiore alla frequenza indicata, per ciascun lotto, all’Allegato 2 e, relativamente al magazzino, la capacità giornaliera globale riferita ai pasti a crudo e da consumare in loco, sempre “espressa in numero di pasti da poter dedicare esclusivamente all’esecuzione del servizio” e pur essa non inferiore a quanto indicato per ogni lotto all’Allegato 2: si precisava, altresì, che “non si procederà all’aggiudicazione qualora lo stesso centro cottura, in esito alle regole di aggiudicazione, risultasse a servizio di un numero o di una tipologia di lotti incompatibile con l’effettiva realizzabilità sul piano produttivo, organizzativo e logistico del servizio dei lotti oggetto di aggiudicazione.”.

8.2.5. Emerge, dunque, dagli atti di gara, in modo chiaro ed inequivoco, che la disponibilità di un idoneo centro cottura non costituisse affatto un requisito tecnico di partecipazione, ma mero requisito di esecuzione del contratto: così che, al momento della partecipazione alla gara, i concorrenti avrebbero solo dovuto impegnarsi a dotarsi di tali strutture produttive al momento dell’avvio del servizio, quale condizione per la stipulazione del contratto.

Una differente interpretazione della legge di gara e del requisito in oggetto quale requisito di capacità tecnica non rispetterebbe i principi di ragionevolezza e proporzionalità, determinando, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa dal quale non vi è ragione di discostarsi nella fattispecie qui al vaglio, un’ingiustificata restrizione della concorrenza: ed infatti, imporre all’impresa di dotarsi, già al momento della presentazione dell’offerta, di un centro di cottura nel territorio comunale, in vista di una solo possibile ed incerta acquisizione della commessa e senza consentirle di organizzarsi all’esito dell’aggiudicazione, equivarrebbe a riservare la gara alle sole imprese già operanti sul territorio.

Si evince, altresì, dagli atti di gara la distinzione tra pasti pronti veicolati, preparati nel centro produzione pasti, e pasti a crudo o da consumare in loco, per i quali occorre riferirsi ai magazzini (destinati allo stoccaggio delle derrate alimentari).

8.2.6. Tanto evidenziato con riferimento alle previsioni della legge di gara ed alla loro corretta interpretazione, non trovano, dunque, riscontro negli elementi indicati in offerta le anomalie denunciate dall’appellante principale.

8.2.7. Invero, per il lotto 1, in sede di offerta tecnica è stato indicato dal raggruppamento aggiudicatario, quale centro di produzione pasti, il centro di via Chiaravagna, 139 e, quale magazzino, il locale denominato “Calasanzio”, mentre per il lotto 2 Vivenda ha indicato quale magazzino il locale di via Chiaravagna, sito al diverso civico 189 e, come centro di cottura, quello sito in via di Francia nella disponibilità di Camst (la quale ha, invece, indicato solo come ulteriore eventuale centro di produzione quello di via Cervetto, distinto dal magazzino attiguo messo a disposizione nel lotto 1).

8.2.8. Risulta, dunque, dagli atti di gara che il centro di fornitura derrate in via Calasanzio è stato destinato da CAMST esclusivamente al servizio del lotto n. 1, mentre per il lotto 2, l’indicazione dei locali in questione è stata effettuata per la diversa funzione di centro di produzione pasti (per la quale, al momento di presentazione della domanda, era in corso di autorizzazione) soltanto in via alternativa al centro di cottura messo nella effettiva disposizione per il lotto (ovvero quello denominato “il Matitone” in via di Francia, n. 1, disponibile per tutta la durata dell’appalto in virtù di un contratto di locazione, rinnovabile ex lege): come infatti dimostrato dal raggruppamento aggiudicatario (mediante la produzione in giudizio delle relative planimetrie), i locali in questione sono strutturalmente divisi tra quelli adibiti a magazzino (attualmente operanti a servizio del Lotto 1) e quelli destinati al centro di produzione dei pasti in argomento, con spazi e relativi ingressi diversi e separati, il che consente di escludere commistioni tra i flussi operativi, in entrata e in uscita, delle due distinte attività.

8.2.9. Acclarato, pertanto, che il locale “Calasanzio” serve esclusivamente, quale centro fornitura derrate, il lotto 1 (con indicazione del massimo della capacità produttiva riferita soltanto a quella commessa) e che non sussiste l’ipotizzata coincidenza tra le due strutture, tanto vale a porre nel nulla anche la censura inerente all’erronea attribuzione dei punteggi, sul presupposto, infondato, dell’impiego del locale in questione quale magazzino destinato, per l’intera capacità produttiva, ad entrambi i lotti.

Sono, infatti, prive di pregio le censure sull’assorbimento dell’intera capacità produttiva del centro di cottura (attinente, alla preparazione dei pasti), in quanto, vista la netta suddivisione dei locali in parola (centro di produzione e magazzino), tali rilievi non possono incidere in negativo sulla capienza del magazzino per lo stoccaggio delle derrate.

Inoltre, è stato anche chiarito che la produzione dei pasti del servizio dedicato al lotto n. 1 avverrà nel centro di via Chiaravagna, al civico 139 che è locale diverso da quello adibito a magazzino per il lotto numero 2 e nella disponibilità di Vivenda, il quale è sito, sempre in via Chiaravagna, ma al civico 189.

8.3. Sono altresì infondate anche le censure formulate con il quarto motivo del ricorso principale qui riproposto, con cui si lamenta, in sostanza, la violazione dell’art. 95, comma 10, del d.lgs. n. 50 del 2016, nonché dei commi 5 e 6 di detta disposizione, per avere il R.T.I. Vivenda, nel corso del procedimento di verifica dell’anomalia, asseritamente modificato il costo del lavoro indicato nell’offerta.

8.3.1. A tale riguardo, deve anzitutto rilevarsi che, ferme restando le previsioni del disciplinare in tema di clausola sociale e di attribuzione dello specifico punteggio all’offerta tecnica contenente l’impegno ad assumere tutto il personale addetto all’appalto del gestore uscente, tra gli elementi di valutazione dell’offerta tecnica non figurava alcun riferimento alle ore lavorative.

8.3.2. Tanto premesso in linea generale, deve ritenersi che le giustificazioni fornite dall’aggiudicatario in relazione al costo del personale, considerato l’impegno ad assumere tutto quello del precedente gestore, siano esenti da profili di illogicità, contraddittorietà o di macroscopica erroneità: il costo complessivo indicato in sede di verifica di sostenibilità dell’offerta è, infatti, sostanzialmente coincidente con quello indicato in sede di offerta. In ogni caso, eventuali differenze tra l’indicazione del costo in sede di verifica di anomalia e quello indicato in offerta non avrebbero potuto comportare alcun automatismo escludente, ma solo la necessità di verificare, nel contraddittorio con la stazione appaltante, la congruità dei costi della manodopera conteggiati dal concorrente nella predisposizione della propria offerta economica.

8.3.3. Questo è in effetti quanto avvenuto nella fattispecie in esame ove l’Amministrazione ha chiesto chiarimenti e specificazioni al R.T.I. Vivenda e ne ha poi, con una valutazione immune dai vizi dedotti, ritenuto la coerenza con i dati riepilogativi desumibili dall’offerta presentata in gara.

8.3.4. In definitiva, nella fattispecie in esame, non si è verificato, a seguito delle richieste di chiarimento della stazione appaltante, alcuna sostanziale integrazione della propria offerta ad opera del R.T.I. aggiudicatario al solo fine di ricondurre nell’offerta economica costi della manodopera che non vi erano stati ricompresi, sì da alterarne il complessivo e sostanziale equilibrio e da imporne l’esclusione.

Va infatti evidenziato che la modifica del costo del lavoro da parte dell’aggiudicataria non solo è stata lievissima (e, in definitiva, inidonea a rendere inaffidabile l’offerta nel suo complesso), ma anche al rialzo di quanto indicato in sede di offerta, sicché essa non può ritenersi volta a giustificare un’offerta non sostenibile.

8.3.5. Sotto altro profilo, con un secondo ordine di doglianze, l’appellante principale censura l’illegittimità dell’aggiudicazione impugnata per avere il raggruppamento concorrente modificato la propria offerta mediante una riduzione del monte ore annuale inizialmente proposto.

Anche tale doglianza è priva di base.

Anzitutto dalla lettura dell’offerta tecnica del R.T.I. aggiudicatario si evince che l’unico dato esposto attiene all’indicazione del monte ore settimanale e che è stato considerato prudenzialmente il numero di trentasei settimane per anno scolastico, maggiore rispetto a quelle effettive, non indicate espressamente dal capitolato, ma comunque ricavabili sulla base di elementi presuntivi (in particolare, il calendario di erogazione del servizio e le relative date di inizio e termine), tenuto conto dei dati certi (il numero totale di pasti e i giorni di servizio settimanali) forniti dagli atti di gara: la circostanza, dunque, che i costi del personale siano stati computati su una media di settimane di servizio superiore a quelle effettive (dimostrando che anche in tal caso l’offerta risulta capiente) non può certo essere indice di anomalia dell’offerta (provando, al contrario, che il monte ore giustificato ai fini della dimostrazione di congruità è stato finanche sovrastimato dal raggruppamento aggiudicatario). La riduzione del numero totale di ore lavorate è stato, dunque, spiegato in modo plausibile in ragione di un effettivo minor numero di settimane annue lavorative rispetto a quelle cautelativamente considerate in sede di offerta.

8.3.6. Né può ritenersi che l’offerta aggiudicataria sia stata modificata, nel corso del procedimento di anomalia, sotto il profilo del modello organizzativo proposto.

A tale riguardo giova evidenziare che, con nota del 17 luglio 2018, il Comune di Genova ha espressamente chiesto al raggruppamento Vivenda di fornire giustificazioni circa la capienza dell’offerta anche laddove fosse stato necessario modificare l’organigramma presentato precedentemente mediante un diverso inquadramento del personale impiegato nella precedente gestione al fine di “quantificare l’eventuale maggior onere economico corrispondente”.

A riscontro della richiesta così formulata, con le giustificazioni del 18 luglio 2018, il R.T.I. Vivenda, pur nella immutata diversità del livello di inquadramento risultante dal modello organizzativo proposto, ha dimostrato che, anche nel caso in cui al personale proveniente dal gestore uscente si assicurassero le medesime mansioni precedentemente svolte e lo stesso livello di inquadramento, l’offerta sarebbe ugualmente congrua, trovando capienza nell’utile preventivato.

8.3.7. In modo analogo, a fronte di una specifica richiesta da parte della Stazione appaltante, con nota del 9 luglio 2018, di “specificare l’eventuale maggior costo in caso di rinnovo del CCNL”, il raggruppamento aggiudicatario provvedeva anche ad aumentare il costo orario per i singoli livelli, fugando anche in tal caso ogni dubbio in ordine alla congruità dell’offerta formulata in gara.

8.3.8. In definitiva, non è configurabile alcuna modifica dei dati dell’offerta da parte dell’operatore economico idonea a fondare un provvedimento di esclusione per la sua anomalia, in quanto quest’ultimo si è limitato, a seguito degli specifici chiarimenti richiesti dalla Stazione appaltante, a dimostrare che l’offerta stessa era in grado di coprire non solo i costi ivi esposti, ma anche quelli eventuali in corso di esecuzione dell’appalto, sì da risultare ampiamente sostenibile sotto il profilo economico il progetto di gestione proposto, anche nel senso di volta in volta prospettato dall’Amministrazione.

8.3.9. Pertanto, le giustificazioni fornite dal raggruppamento Vivenda non si pongono in contrasto con i principi affermati in materia dalla giurisprudenza amministrativa la quale ha chiarito che è possibile rimodulare gli elementi economici dell’offerta in sede di giustificazioni sull'anomalia, con il solo limite di non alterarne il quantum iniziale o l’equilibrio economico e purché si accerti in concreto, sulla base di un apprezzamento globale e sintetico, che la proposta economica risulti nel suo complesso affidabile e attendibile in relazione alla corretta esecuzione dell'appalto (ex multis, Cons. Stato, V, 27 luglio 2017, n. 3702; Cons. di Stato, III, 10 marzo 2016, n. 962; Sez. IV, 26 febbraio 2015, n. 963; sez. VI, 10 novembre 2015, n. 5102; Sez. VI, sentenza del 12 gennaio 2001, n. 102).

8.4. Quanto, infine, alle censure dedotte con i motivi aggiunti di ricorso, può prescindersi dall’esame dei profili di irricevibilità e inammissibilità dedotti dal Comune e dalla controinteressata, in quanto anche tali doglianze sono destituite di fondamento.

8.5. Con i motivi in questione (quinto, sesto e settimo motivo aggiunto) CIR FOOD ha ulteriormente arricchito le doglianze riguardanti l’asserita indicazione da parte dell’impresa CAMST, mandante in tutti i lotti, della struttura denominata Calasanzio e la conseguente carenza dei necessari requisiti di capacità tecnica per lo svolgimento del servizio, censurando altresì l’omessa verifica del requisito del magazzino dichiarato dal R.T.I. Vivenda nella propria offerta.

8.5.1. Come già evidenziato la disponibilità delle strutture necessarie ed idonee all’erogazione del servizio (il centro cottura per la produzione dei pasti ed il magazzino da destinare allo stoccaggio delle derrate) non costituivano un requisito di capacità tecnica ai fini dell’ammissione alla gara, ma di mera esecuzione: pertanto, in sede di offerta le concorrenti dovevano dichiararne la disponibilità o, in alternativa, impegnarsi ad acquisirla entro l’avvio del servizio.

8.5.2. Orbene, si è rilevato che nella gara per l’affidamento del lotto in questione il centro “Calasanzio” è stato indicato soltanto come ulteriore eventuale centro di produzione, in via alternativa al centro cottura messo effettivamente a disposizione per il lotto (ovvero quello denominato “il Matitone” in via di Francia, n. 1, disponibile, per tutta la durata dell’appalto fino al 31 agosto 2021, in virtù di un contratto di locazione con scadenza il 6 luglio 2022), per il solo caso di mancato rinnovo ex lege di tale contratto, sì da coprire anche l’eventuale prosecuzione del servizio in caso di proroga biennale fino al 31 agosto 2023.

8.5.3. Quanto al magazzino, Vivenda ha adibito a tale destinazione, per il lotto in esame, un locale nella sua piena disponibilità (sito in via Chiaravagna, n. 189) che è diverso e ben distinto dal centro di produzione dei pasti del servizio dedicato al lotto n. 1 (sempre in via Chiaravagna, ma al civico 139).

8.5.4. Deve, in conclusione, ritenersi che per il lotto per cui è causa il raggruppamento aggiudicatario ha dimostrato la disponibilità delle strutture occorrenti per l’esecuzione del servizio per l’intera vigenza del rapporto contrattuale.

8.5.5. In ogni caso, la pacifica natura di requisito di esecuzione comporta che la disponibilità del magazzino e di un idoneo centro cottura vadano verificate solo al momento della stipulazione del contratto e ai fini dell’avvio del servizio, non potendo perciò la carenza al momento della presentazione dell’offerta comportarne l’esclusione dalla gara (cfr. anche sul tema della sostituibilità in corso di esecuzione dell’appalto dei centri di cottura, non comportante una modifica sostanziale dell’offerta, il precedente di cui a Cons. St., sez. III, 11 luglio 2016, n. 3025).

8.6. Infine, vanno parimenti disattese le censure formulate con l’ottavo motivo dell’atto per motivi aggiunti, qui riproposte dall’appellante principale.

8.6.1. Con il motivo in esame l’appellante principale lamenta che dalla documentazione depositata in giudizio dal Comune emergerebbe che, con riferimento al lotto 1 e al lotto 2, l’aggiudicatario sia in realtà lo stesso, in quanto in realtà riconducibile ad un unico centro decisionale, peraltro non dichiarato in gara, posto che le prestazioni saranno eseguite (in entrambi i lotti) sempre (e soltanto) dal raggruppamento costituito tra La Cascina Global Service e Camst.

8.6.2. Invero, la circostanza che la procedura in questione sia suddivisa in lotti funzionali, separati e autonomi gli uni dagli altri, è già di per sé idonea a smentire la fondatezza della censura.

8.6.3. La disposizione di cui all’art. 80, comma 5, lett. m) del nuovo codice degli appalti pubblici non trova, infatti, applicazione nell’ipotesi in cui le offerte presentate dalle imprese si riferiscano a lotti diversi; ciò in quanto un bando di gara pubblica, suddiviso in lotti, costituisce un atto ad oggetto plurimo e determina l'indizione non di un'unica gara, ma di tante gare, per ognuna delle quali vi è un'autonoma procedura che si conclude con un'aggiudicazione. Tanto risulta peraltro dalla stessa formulazione della norma che sanziona con l’esclusione l’operatore economico che si trovi, rispetto ad un altro partecipante “alla medesima procedura di affidamento”, in una situazione di controllo di cui all'articolo 2359 del codice civile o in una qualsiasi relazione, anche di fatto, se la situazione di controllo o la relazione comporti che le offerte sono imputabili ad un unico centro decisionale.

8.6.4. Nel caso di specie la legge di gara prevedeva soltanto che “nel caso in cui un concorrente risulti primo in graduatoria per più lotti al medesimo potranno essere aggiudicati fino ad un massimo di 1 solo lotto tra quelli contraddistinti con i numeri 2-3-4-omissis ....un numero massimo di due lotti tra quelli contraddistinti con i numeri 1-5-6 ...omissis”, senza limitare in alcun modo la possibilità delle imprese collegate di presentare offerte per lotti diversi e aggiudicarsele (e peraltro con l’ulteriore precisazione per cui “qualora, applicando le limitazioni di cui sopra, non fosse possibile aggiudicare alcuni lotti, il Comune prescinderà dai limiti sopra indicati, sempreché le imprese posseggano i requisiti per l’esecuzione del servizio di cui al successivo punto 24 (requisiti specifici tecnici)”).

8.6.5. Pertanto, la rilevanza del collegamento societario, anche alla luce delle chiare ed univoche prescrizioni della lex specialis, non può che essere limitata alla sola ipotesi in cui le imprese collegate concorrano alla medesima procedura e dunque presentino offerte in competizione nel medesimo lotto.

8.6.6. Nella fattispecie in esame, tuttavia, se, da un lato, deve rilevarsi che le imprese su indicate hanno presentato la propria offerta e sono risultate aggiudicatarie in lotti diversi, per altro verso va pure escluso che la riconducibilità delle aggiudicazioni ad un unico centro decisionale e il riconoscimento alla società La Cascina di un ruolo esecutivo nel lotto 2, oggetto della presente controversia, possa fondarsi sull’asserita unicità della struttura produttiva, che è invece, per quanto finora detto, smentita per tabulas dagli atti di gara e dalla documentazione depositata in giudizio.

9. In conclusione, per le ragioni esposte, deve essere respinto l’appello incidentale proposto dal R.T.I. Vivenda e va parimenti respinto, nei sensi e termini su indicati, l’appello principale di CIR FOOD, con conseguente rigetto di tutti i motivi del ricorso introduttivo e dei motivi aggiunti di primo grado, riproposti dall’appellante principale ai sensi dell’art. 101, comma 2, Cod. proc. amm.

10. Sussistono giusti motivi, in ragione della complessità della vicenda e delle questioni trattate e attesa la reciproca soccombenza, stante la reiezione di entrambi gli appelli, principale e incidentale, proposti, per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sugli appelli, principale e incidentale, come in epigrafe proposti, così dispone:

- respinge l’appello principale, nei sensi e termini di cui in motivazione;

- respinge l’appello incidentale

Compensa tra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 ottobre 2019.

 

 

 

 

GUIDA ALLA LETTURA

La sentenza in commento trae origine da un giudizio avente ad oggetto la procedura di gara per l’affidamento del servizio di ristorazione scolastica.

Il nodo centrale della controversia attiene agli obblighi dichiarativi del concorrente in relazione a pregressi inadempimenti rilevanti sotto il profilo della valutazione di affidabilità del contraente, come grave inadempimento professionale.

Nel caso in esame, il ricorrente aveva omesso di dichiarare, in fase di presentazione della domanda, la pregressa applicazione di una penale da parte di una diversa stazione appaltante, comminata a fronte di un inadempimento nell’esecuzione di un affidamento di servizi analoghi a quelli oggetto della procedura in corso.

Il T.A.R. adito in primo grado aveva ritenuto rilevante l’omessa dichiarazione e l’integrazione di un grave errore professionale ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c), con conseguente declaratoria di inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione.

La pronuncia in commento riforma la statuizione resa nel primo grado di giudizio, ritenendo irrilevante l’omessa dichiarazione in regione del carattere lieve della violazione precedentemente contestata.

Nella sentenza di appello, il Consiglio di Stato ha richiamato i principi sviluppati dalla giurisprudenza amministrativa in materia di obblighi dichiarativi incombenti sul partecipante in relazione a pregresse inadempienze e sulla rilevanza di queste ultime sotto il profilo dell’errore professionale.

In particolare, il Collegio ha ricordato che solo una dichiarazione veritiera e completa dei pregressi rapporti contrattuali e dei relativi inadempimenti può permettere di esprimere alla stazione appaltante un giudizio consapevole circa l’affidabilità professionale del concorrente.

Qualora tale dichiarazione risulti assente o incompleta, la fattispecie sarà rilevante sotto il profilo della dichiarazione mendace, reticente o omissiva, integrando una autonoma e, talvolta, automatica causa di esclusione, senza possibilità di ricorrere al procedimento del soccorso istruttorio.

In particolare, alla condotta che integra una falsa dichiarazione consegue l'automatica esclusione dalla procedura di gara, poiché essa depone in maniera inequivocabile nel senso dell'inaffidabilità e della non integrità dell'operatore economico; viceversa, ogni altra condotta, omissiva o reticente, comporta l'esclusione dalla procedura solo per via di un apprezzamento da parte della stazione appaltante che sia prognosi sfavorevole sull'affidabilità dello stesso (cfr. Consiglio di Stato sez. V, 22 luglio 2019, n. 5171, Cons. Stato, sez. V, 27 settembre 2017, n. 4527).

Ancora, sotto il profilo della portata dell’obbligo dichiarativo in termini di rilevanza di precedenti inadempimenti, la Sezione sottolinea che, in ossequio alle Linee guida dell’ANAC, sono da considerarsi rilevanti sotto il profilo dichiarativo i provvedimenti di applicazione delle penali di importo superiore, singolarmente o cumulativamente con riferimento al medesimo contratto, all’1% dell’importo del contratto stesso. Tale soglia non è possibile ricollegare l’inadempimento al grave errore nell’esercizio dell’attività professionale.

In altri termini, la rilevanza è connessa alla gravità dell’inadempimento. Tale valutazione, tuttavia, non è rimessa al dichiarante, né alla stazione appaltante, ma è stabilita a monte dalle Linee guida, che forniscono una indicazione di tipo quantitativo e – dunque – di natura oggettiva.

La sentenza in commento, inoltre, ripercorre i principali argomenti elaborati dalla giurisprudenza in materia di giudizio di affidabilità del contraente. Il Collegio ricorda infatti che la stazione appaltante è titolare di un potere-dovere di valutazione connotato da ampia discrezionalità, sì da prescindere sia dall’accertamento giurisdizionale dell’inadempimento, sia dalle determinazioni - anche di ordine risolutivo - assunte dalla precedente amministrazione in ordine alla valutazione di gravità e alla sorte del contratto.

La stazione appaltante dovrà quindi valutare autonomamente gli elementi e le informazioni (che - si ribadisce – devono essere complete e puntuali nei termini sopra delineati) sotto il profilo della gravità e valutarne la portata in relazione alla procedura in essere.

Sotto il profilo temporale, la valutazione di affidabilità va limitata agli inadempimenti contestati in data anteriore alla scadenza dei termini di presentazione della domanda, essendo irrilevanti gli eventi successivi a tale data.

Il giudizio di affidabilità, infatti, evoca per sua natura il carattere fiduciario del rapporto (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, 21 gennaio 2019, n.732; Consiglio di Stato Sez. V, 18 ottobre 2018, n. 5960) e non si presta né può essere ancorato a determinazioni assunte da organi (giurisdizionali o amministrativi) diversi dalla stazione appaltante (Cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, 16 maggio 2019 n. 1120, sulla rilevanza di elementi emersi nel corso di procedimenti penali).

La sussistenza di un vincolo di tipo fiduciario – benchè racchiuso nelle forme e nei procedimenti amministrativi – va indagata sin dal momento genetico del rapporto, affinchè esso possa più ragionevolmente durare per l’intera durata del contratto.

A fronte dell’ampio margine di discrezionalità, la giurisprudenza ha però rilevato che la “gravità” della condotta deve essere provata con mezzi adeguati ed essere esplicitata mediante congrua motivazione, che dia atto di ogni elemento raccolto dalla stazione appaltante e del suo peso in relazione alla gara ed al requisito soggettivo dell’affidabilità.

La conseguenza di tale impostazione è che, secondo costante giurisprudenza (Consiglio di Stato, sez. V, 27 febbraio 2019 n. 1367) il sindacato che il G.A. è chiamato a compiere sul provvedimento espulsivo deve essere mantenuto sul piano della non pretestuosità, e non può pervenire ad evidenziare la mera non condivisibilità della valutazione. In altri termini, il Giudice non può che constatare il deficit di fiducia della stazione appaltante e sindacare la legittimità del provvedimento espulsivo attraverso lo scrutinio dell’esaustività della motivazione.

In conclusione, è opportuno ritenere che il requisito soggettivo dell’«affidabilità» rappresenti – sebbene in modo elastico e indeterminato - l'interesse pubblico che l'amministrazione deve tutelare attraverso il suo potere. In altri termini, intrattenere rapporti contrattuali con un soggetto che ha già manifestato inadempienze o violazioni di rilievo, fa sorgere il ragionevole dubbio che detta evenienza si verifichi nuovamente.

Dalla inaffidabilità dell’operatore derivano indubbiamente conseguenze lesive in capo alla stazione appaltante, che – in quanto soggetto preposto all’attuazione dei principi di efficienza ed economicità – deve assicurarsi, nei limiti del possibile, che il contraente dimostri di possedere ogni requisito necessario al fine del corretto e completo svolgimento dell’affidamento (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, sez. III-ter, 26 novembre 2009, n. 11789).

In tal senso, il vicolo fiduciario richiamato dalla giurisprudenza sarebbe uno strumento – chiaramente mutuato dalle categorie civilistiche – finalizzato ad instaurare l’intenso dialogo con l’operatore che dovrà caratterizzare l’intera fase esecuzione del contratto. In quella sede, infatti, il “potere” in senso stretto dovrà lasciare spazio ad un rapporto tendenzialmente paritetico e sinallagmatico, dove l’affidamento reciproco è condizione essenziale per assicurare il buon andamento (e il buon fine) dell’intera operazione.