Cons. Stato, sez. V, 7 gennaio 2020, n. 64

1. L’art. 53, comma 5, lett. a) d.lgs. n. 50 del 2016 (secondo cui nelle gare di appalto “sono esclusi il diritto di accesso e ogni forma di divulgazione in relazione […] alle informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali”) ha lo scopo di escludere dall’ostensibilità propria degli atti di gara quella parte dell’offerta o delle giustificazioni della anomalia che riguardano le specifiche e riservate capacità tecnico-industriali o in genere gestionali proprie dell’impresa in gara (il know how), vale a dire l’insieme del “saper fare” e delle competenze ed esperienze, originali e tendenzialmente riservate, maturate ed acquisite nell’esercizio professionale dell’attività industriale e commerciale e che concorre a definire e qualificare la specifica competitività dell’impresa nel mercato aperto alla concorrenza (1). 
 
2. In materia di accesso agli atti di gara, il sancito limite all’ostensibilità è comunque subordinato all’espressa “manifestazione di interesse” da parte dell’impresa interessata, cui incombe l’onere dell’allegazione di “motivata e comprovata dichiarazione”, mediante la quale dimostri l’effettiva sussistenza di un segreto industriale o commerciale meritevole di salvaguardia; a tal fine, la presentazione di una istanza di accesso impone alla stazione appaltante di coinvolgere, in rispetto del contraddittorio, il concorrente controinteressato, nelle forme di cui alla disciplina generale del procedimento amministrativo, e richiede una motivata valutazione delle argomentazioni offerte, ai fini dell’apprezzamento della ‘effettiva rilevanza per l’operatività del regime di segretezza. 
 
3. Posto che trasparenza e riservatezza sono valori primari per l’azione amministrativa, in materia di accesso agli atti di gara la legge non pone una regola di esclusione basata su una presunzione assoluta valevole ex ante, ma impone una valutazione in concreto dei motivi addotti a difesa del segreto, per modo che possa non essere preclusivamente vulnerato “l’accesso al concorrente ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto” (cfr. art. 53, ult. cpv. d.lgs. n. 50 del 2016); ne consegue che, al fine di esercitare il diritto di accesso riguardo a informazioni contenenti eventuali segreti tecnici o commerciali, è essenziale dimostrare non già un generico interesse alla tutela dei propri interessi giuridicamente rilevanti, ma la concreta necessità (da riguardarsi, restrittivamente, in termini di stretta indispensabilità) di utilizzo della documentazione in uno specifico giudizio (2). 
 
4. La mera intenzione di verificare e sondare l’eventuale opportunità di proporre ricorso giurisdizionale (anche da parte di chi vi abbia, come l’impresa seconda graduata, concreto ed obiettivo interesse) non legittima un accesso meramente esplorativo a informazioni riservate, perché difetta la dimostrazione della specifica e concreta indispensabilità a fini di giustizia.
 
 
(1) Conforme da ultimo Tar Campania, Napoli, sez. VI, 7 maggio 2019, n. 2449.
(2) Conforme Tar Puglia, Bari, sez. I, 4 marzo 2019, n. 315; Tar Veneto, Venezia, sez. I, 18 luglio 2018, n. 802; Tar Lazio, Roma, 13 giugno 2018, n. 6614; Tar Lazio, Roma, sez. I, 19 maggio 2018, n. 5583; Tar Lombardia, Milano, sez. I, 29 gennaio 2018, n. 251.
 
 
 
 

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

 SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2383 del 2019, proposto da Associazione temporanea di imprese Pasquale Alò S.r.l.- Sintexcal s.p.a.- Sipa s.p.a.- Siles s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Francesco Bruno, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio A. Placidi S.r.l. in Roma, via Barnaba Tortolini, 30;

contro

 

Aeroporti di Puglia s.p.a., non costituita in giudizio;

 

nei confronti

Consorzio Stabile Alveare Network, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Luigi Mariano e Fabio Patarnello, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio presso lo studio A. Placidi s.r.l. in Roma, via Barnaba Tortolini, 30;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia – Bari, Sezione Prima, n. 227/2019, resa tra le parti.

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Consorzio Stabile Alveare Network;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 10 ottobre 2019 il Cons. Giovanni Grasso e uditi per le parti gli avvocati Bruno e Patarnello, anche in dichiarata delega dell’avv. Mariano;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue

 

FATTO

1.- Con bando di gara pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 5 maggio 2017, Aeroporti di Puglia s.p.a. indiceva una gara per l’affidamento, con il criterio della offerta economicamente più vantaggiosa, della progettazione e dei lavori di adeguamento e riqualificazione della infrastruttura di volo e dei relativi impianti all’interno dell’Aeroporto di Brindisi, per un importo a base di gara stimato in € 13.219.651,73.

All’esito della ammissione e valutazione delle offerte, risultava collocata al primo posto in graduatoria l’associazione temporanea di imprese tra Pasquale Alò s.r.l.- Sintexcal s.p.a.- Sipa s.p.a.- Siles s.r.l. (d’ora innanzi: ATI Alò S.r.l.) con il punteggio di 92,35, seguita dal Consorzio Stabile Alveare Network.

Comunicato alle ditte concorrenti l’esito della gara, il 15 febbraio 2018 il Consorzio Alveare Network formalizzava istanza di accesso, finalizzata ad ottenere tutti gli atti di gara ed, in particolare, il complesso della documentazione relativa all'offerta tecnica presentata dall'ATI Alò s.r.l., compresa quella relativa alla fase di giustificazione dell’anomalia dell’offerta, nonché tutti i corrispondenti verbali della Commissione di gara con gli eventuali allegati.

A riscontro dell’istanza, in data 9 marzo 2018 Aeroporti di Puglia s.p.a. trasmetteva i soli verbali di gara, rappresentando – in relazione alle altre richieste – che l’accesso avrebbe dovuto essere differito all’esito della aggiudicazione.

Disposta l’aggiudicazione l’8 giugno 2018, il Consorzio rinnovava la richiesta di acquisire anche la documentazione tecnica dell’offerta risultata aggiudicataria, nonché quella relativa alla operata verifica dell’anomalia dell’offerta.

In sede di contraddittorio, l’ATI Alò s.r.l. negava l’assenso all’ostensione, poiché le parti del progetto definitivo e dei giustificativi, così come le relazioni tecniche e le schede illustrative, rappresentavano, a suo dire, il risultato del know-how, degli investimenti nell’innovazione, della qualificazione professionale e del proprio lavoro imprenditoriale: erano dunque documenti tutelati dal segreto tecnico e commerciale.

L’accesso veniva, quindi, consentito limitatamente ai documenti non coperti dal rivendicato segreto industriale.

2.- Con rituale ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo per la Puglia, integrato da successivi motivi aggiunti, il Consorzio Alveare Network insorgeva, lamentando violazione degli artt. 3, 22 e ss. della l. 241 del 1990, dell’art. 53 del d.lgs. 50 del 2016, degli artt. 24 e 97 Cost. nonché dei principi generali interni e comunitari in materia di accesso alla documentazione amministrativa e di efficacia delle procedure di ricorso.

3.- Con la sentenza in epigrafe, resa nel contraddittorio delle parti, il primo giudice accoglieva il ricorso, ingiungendo alla stazione appaltante di mettere a disposizione i documenti richiesti, sul complessivo assunto:

a) che la circostanza che il Consorzio ricorrente fosse collocato al secondo posto, a soli venti centesimi di punto dalla prima classificata, costituisse di per sé circostanza idonea a qualificarne la posizione legittimante, posto che

dall’accesso ai documenti di gara sarebbe “innegabilmente [potuta] scaturire opportunità di più compiuta e completa difesa in giudizio”;

b) che, in relazione ai procedimenti di natura concorsuale od evidenziale, l’interesse “sottostante”, idoneo a legittimare l’esercizio del diritto di accesso alla relativa documentazione, sarebbe in re ipsa e prescinderebbe– trattandosi di situazione giuridica autonoma – dall’interesse a proporre impugnativa giudiziale;

c) che in ogni caso – alla luce del bilanciamento imposto dall’art. 53 d.lgs. n. 50 del 2016 – il potenziale conflitto con le esigenze di riservatezza delle informazioni commerciali e/o industriali fornite nell’ambito delle offerte o della giustificazioni delle medesime dovrebbe per definizione risolversi, trattandosi di accesso “difensivo”, a favore della valorizzata pretesa ostensiva;

d) che, del resto e più in generale, la scelta di partecipare ad una procedura selettiva pubblica, come tale connotata da “intrinseche ragioni di trasparenza”, implicherebbe una implicita ma necessaria “accettazione del rischio” di pubblicizzare i contenuti dell’offerta.

4.- Con atto di appello notificato nei tempi e nelle forme di rito, l’ATI Alò s.r.l. insorge avverso la ridetta statuizione, di cui lamenta la complessiva erroneità ed ingiustizia, auspicandone l’integrale riforma.

5.- Su ordinanza 4451 del 28 giugno 2019, la Sezione ha acquisito dalla stazione appaltante, in prospettiva istruttoria, dettagliata relazione riguardo:

a) alle modalità di acquisizione della “dichiarazione” resa dall’operatore aggiudicatario in ordine ai controversi profili di ostensibilità del contenuto della propria offerta tecnica;

b) ai termini di apprezzamento delle relative giustificazioni e degli elementi probatori di accompagnamento, relativamente alla prospettata sussistenza di segreti di carattere tecnico o commerciale;

c) alle verifiche e ai riscontri all’uopo effettuati, avuto concreto riguardo agli specifici contenuti dell’offerta ed alla disamina tipologica operata delle informazioni di ordine tecnico e di natura economica, ai fini dell’avallato apprezzamento di non ostensibilità.

6.- Nella resistenza del Consorzio Alveare Network, alla camera di consiglio del 19 ottobre 2019, sulle reiterate conclusioni delle parti costituite, la causa è stata riservata per la decisione.

DIRITTO

1.- L’appello è fondato e va accolto.

2.- Le norme che regolano l’accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici sono definite dall'art. 53 d.lgs. n. 50 del 2016, che richiama la disciplina generale di cui agli artt. 22 ss. l. 7 agosto 1990, n. 241, ma vi aggiunge speciali e specifiche disposizioni derogatorie in punto di differimento, di limitazione e di esclusione della pretesa ostensiva in considerazione delle peculiari esigenze di riservatezza che sogliono manifestarsi e assumere rilievo nel contesto delle procedure evidenziali.

2.1.- Per questo profilo, la norma recepisce le indicazioni dell’art. 21 della direttiva 2014/24/UE, dell’art. 39 della direttiva 2014/25/UE e dell’art. 28 della direttiva 2014/23/UE, a tenore dei quali – fatti salvi gli obblighi in materia di pubblicità sugli appalti aggiudicati e gli obblighi di informazione dei candidati e degli offerenti – le stazioni appaltanti:

a) sono tenute, salvo diversa ed espressa previsione nazionale od eurounitaria, a non rivelare «informazioni comunicate dagli operatori economici e da essi considerate riservate, compresi anche, ma non esclusivamente, segreti tecnici o commerciali, nonché gli aspetti riservati delle offerte»;

b) sono autorizzate a «imporre agli operatori economici condizioni intese a proteggere la natura confidenziale delle informazioni [rese] disponibili durante tutta la procedura».

2.2.- Segnatamente, in attuazione dei richiamati criteri direttivi, l’art. 53, comma 5, lett. a) d.lgs. n. 50 del 2016 sancisce: «sono esclusi il diritto di accesso e ogni forma di divulgazione in relazione [...] alle informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali».

La particolare voluntas legis, consona al particolare contesto concorrenziale, è, dunque, di escludere dall’ostensibilità propria degli atti di gara quella parte dell’offerta o delle giustificazioni della anomalia che riguardano le specifiche e riservate capacità tecnico-industriali o in genere gestionali proprie dell’impresa in gara (il know how), vale a dire l’insieme del “saper fare” e delle competenze ed esperienze, originali e tendenzialmente riservate, maturate ed acquisite nell’esercizio professionale dell’attività industriale e commerciale e che concorre a definire e qualificare la specifica competitività dell’impresa nel mercato aperto alla concorrenza. Si tratta, del resto, di beni essenziali per lo sviluppo e per la stessa competizione qualitativa, che sono prodotto patrimoniale della capacità ideativa o acquisitiva della singola impresa e cui l’ordinamento, ai fini della corretta esplicazione della concorrenza, offre tutela di loro in quanto segreti commerciali: cfr. artt. 98 e 99 d.lgs. 10 febbraio 2005, n. 30 (Codice della proprietà industriale).

La ratio legis è di far sì che, proprio con riguardo ad una gara pubblica, che non deroga ma assicura la corretta competizione tra imprese, del diritto di accesso – per quanto garantito dal principio di pubblicità e trasparenza della condotta delle pubbliche amministrazioni o dei soggetti funzionalmente equiparati (cfr. art. 1 l. n. 241 del 1990) – non si possa fare un uso emulativo, ad esempio da parte di contendenti che potrebbero formalizzare l’istanza allo scopo precipuo di giovarsi di specifiche conoscenze industriali o commerciali acquisite e detenute da altri (cfr. Cons. Stato, VI, 19 ottobre 1990, n. 6393). La leale dimensione competitiva di una gara, invero, ne risulta la caratteristica dominante e pertanto nel conflitto quanto attiene alla correttezza della concorrenza domina sulla circostanza che ad essa fa esito un potere pubblico.

Ne viene che la scelta, di suo meritevole, di prendere parte ad una procedura competitiva non implica un’impropria accettazione del rischio di divulgazione di segreti industriali o commerciali, i quali – almeno in principio – restano sottratti, a tutela del loro specifico valore concorrenziale, ad ogni forma di divulgazione.

2.3.- Il sancito limite alla ostensibilità è comunque subordinato all’espressa «manifestazione di interesse» da parte dell’impresa interessata, cui incombe l’onere dell’allegazione di «motivata e comprovata dichiarazione», mediante la quale dimostri l’effettiva sussistenza di un segreto industriale o commerciale meritevole di salvaguardia.

A tal fine, la presentazione di una istanza di accesso impone alla stazione appaltante di coinvolgere, in rispetto del contraddittorio, il concorrente controinteressato, nelle forme di cui alla disciplina generale del procedimento amministrativo, e richiede una motivata valutazione delle argomentazioni offerte, ai fini dell’apprezzamento della ‘effettiva rilevanza per l’operatività del regime di segretezza.

2.4.- Nondimeno – posto che trasparenza e riservatezza sono valori primari per l’azione amministrativa – va rilevato che la legge non pone una regola di esclusione basata su una presunzione assoluta valevole ex ante, ma impone un valutazione in concreto dei motivi addotti a difesa del segreto, per modo che possa non essere preclusivamente vulnerato «l’accesso al concorrente ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto» (cfr. art. 53, ult. cpv. cit.).

2.5.- Del resto, l’accesso è, nella materia in esame, strettamente legato alla sola esigenza di «difesa in giudizio»: previsione più restrittiva di quella dell’art. 24, comma 7, l. n. 241 del 1990, che contempla un ventaglio più ampio di possibilità, consentendo l’accesso, ove necessario, senza alcuna restrizione alla sola dimensione processuale (cfr. Cons. Stato, V, 9 dicembre 2008, n. 6121).

2.5.- Ne consegue che, al fine di esercitare il diritto di accesso riguardo a informazioni contenenti eventuali segreti tecnici o commerciali, è essenziale dimostrare non già un generico interesse alla tutela dei propri interessi giuridicamente rilevanti, ma la concreta necessità (da riguardarsi, restrittivamente, in termini di stretta indispensabilità) di utilizzo della documentazione in uno specifico giudizio.

In particolare, contrariamente a quanto ritenuto dalla sentenza appellata, la mera intenzione di verificare e sondare l’eventuale opportunità di proporre ricorso giurisdizionale (anche da parte di chi vi abbia, come l’impresa seconda graduata, concreto ed obiettivo interesse) non legittima un accesso meramente esplorativo a informazioni riservate, perché difetta la dimostrazione della specifica e concreta indispensabilità a fini di giustizia.

3.- Su queste premesse risulta acclarato, alla luce della documentazione versata agli atti del giudizio e dei riscontri istruttori:

a) che l’ATI appellante già in sede di gara aveva evidenziato che taluni documenti a corredo dell’offerta tecnica, specificamente indicati, erano protetti dal diritto d’autore, in quanto contenuti in elaborati progettuali di ingegno tecnico esclusivo, in correlazione alle qualificate finalità di gara;

b) che la relativa e circostanziata dichiarazione era stata puntualmente sottoposta al vaglio critico della stazione appaltante, che ne aveva validato il carattere riservato alla luce delle caratteristiche tecniche ed alla tipologia di prestazioni oggetto dell’appalto (relativo alla progettazione definitiva ed esecutiva ed alla consequenziale esecuzione di opere ad alto contenuto specialistico in materia aeroportuale);

c) che l’appellata non aveva (e non ha allo stato) formalizzato alcun ricorso avverso gli esiti della gara, riservandosi la relativa valutazione all’esito della acquisizione – in aggiunta al complesso della documentazione già consegnata – dei documenti richiesti;

d) che, per tal via, in presenza di una istanza meramente esplorativa, difetta la dimostrazione della concreta indispensabilità dell’accesso ai fini di una compiuta difesa giudiziale.

4.- Alla luce delle considerazioni che precedono, l’appello va accolto e, in riforma della sentenza appellata, la domanda di accesso va respinta.

Le peculiarità della fattispecie e la relativa novità delle questioni trattate giustificano l’integrale compensazione, tra le parti costituite, di spese e competenze di lite.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 ottobre 2019.

 

 

 

 

Guida alla lettura

Nuovamente il Consiglio di Stato torna a confrontarsi con il tema relativo ai presupposti per accedere agli atti di gara e, in specie, alla necessità di dimostrare un interesse di utilizzo della documentazione nell’ambito di un giudizio specifico.

Prima di affrontare il thema decidendum occorre esaminare alcuni elementi in fatto che hanno portato alla sentenza in commento.

La vicenda all’origine della pronuncia qui pubblicata prende le mosse dalla formalizzazione di un’istanza di accesso da parte della concorrente collocata nella seconda posizione della graduatoria di una selezione pubblica che era stata indetta per l’affidamento della progettazione e dei lavori di adeguamento e riqualificazione della infrastruttura di volo e dei relativi impianti all’interno dell’Aeroporto di Brindisi. La richiesta era finalizzata all’acquisizione di tutti gli atti della procedura e precipuamente del complesso della documentazione a corredo dell’offerta tecnica della vincitrice, ivi compresa quella riguardante la fase di giustificazione dell’anomalia dell’offerta, nonché i verbali della Commissione di gara con gli eventuali allegati.

La stazione appaltante assentiva all’ostensione limitatamente ai verbali di gara, la differiva all’esito dell’aggiudicazione con riguardo agli altri documenti.

Intervenuto il provvedimento di aggiudicazione l’interessata rinnovava la richiesta. Tuttavia anche questa volta l’ostensione veniva contestata e negata per le parti del progetto definitivo e dei giustificativi, le relazioni tecniche e le schede illustrative, rivendicando l’ATI aggiudicataria, su di essi, un segreto tecnico e commerciale siccome ritenuti risultato del know-how, degli investimenti nell’innovazione, della qualificazione professionale e del proprio lavoro imprenditoriale.

Così, la concorrente destinataria di un duplice provvedimento di diniego proponeva ricorso lamentando la violazione degli articoli 3 e 22 ss. della legge n. 241 del 1990, dell’articolo 53 del d.lgs. n. 50 del 2016, degli articoli 24 e 97 della Costituzione nonché dei principi generali interni ed eurounitari in materia di accesso alla documentazione amministrativa e di efficacia delle procedure di ricorso.

Ritenuto fondato il ricorso il Tar ingiungeva alla stazione appaltante di mettere a disposizione della ricorrente i documenti richiesti. Avverso la pronuncia proponeva appello l’aggiudicataria. Il Consiglio di Stato con la pronuncia de qua accoglie il gravame respingendo l’istanza ostensiva.

 

Brevemente illustrata la fattispecie concreta ben si può comprendere come sia pregiudiziale interrogarsi in merito alla natura riservata dei documenti che sono stati presentati unitamente all’offerta tecnica in sede di domanda di partecipazione alla procedura selettiva e – ripetutamente –oggetto di diniego di ostensione. Più precisamente, occorre chiedersi se le informazioni contenute in tali atti possano qualificarsi come informazioni riservate ed essere quindi ricomprese nella tutela delle informazioni segrete recata dal Codice della proprietà industriale ora identificate nel Know how e nei “segreti commerciali” o “trade secrets”.

La risposta a tale quesito rappresenta, evidentemente, la premessa logica prima ancora che giuridica per affrontare le ulteriori questioni che la vicenda impone di indagare. Invero, solo laddove si acclari che le informazioni contenute in siffatti documenti – o quantomeno parte di esse – hanno carattere riservato e sono dunque meritevoli di protezione da parte del diritto della proprietà industriale, ha senso interrogarsi sulla fondatezza della pretesa ostensiva avanzata.

Giovano talune considerazioni di più ampio respiro ai fini di un inquadramento e di una migliore comprensione della quaestio iuris di cui di discorre.

I segreti commerciali e il Know how rinvengono oggi la propria sedes materiae nel d.lgs. 18 giugno 2005, n. 30 recante il Codice della proprietà industriale che dedica loro due norme attenzionando i profili dell’oggetto della tutela e della tutela stessa, nonché nel Codice civile laddove esso regola la concorrenza sleale.

Tale assetto rappresenta il punto di approdo di una lunga evoluzione normativa.

Invero, prima dell’introduzione nel nostro ordinamento di un’espressa disciplina del segreto industriale avvenuta nel 1996 in seguito all’attuazione della disciplina TRIPs, le informazioni segrete erano tutelate in forza della sola normativa della concorrenza sleale prevista dall’art. 2598 c.c.. La tutela concorrenziale nazionale trovava conferma a livello internazionale negli articoli 10-bis CUP e 39, comma 2 TRIPs. Con l’attuazione in Italia dell’Accordo TRIPs la protezione del segreto fu inserita nella legge invenzioni, in specie nell’art. 6-bis, r.d. 29 giugno 1939, n. 1127, aggiunto dall’art. 14, comma 1 del d.lgs. 19 marzo 1996, n. 198[1].

Infine, essa ha trovato collocazione nel Codice della proprietà industriale del 2005 che ha abrogato l’art. 6-bis riprendendone però il contenuto.

In particolare l’art. 98 c.p.i. rubricato “Oggetto della tutela” prevede nel primo comma che “Costituiscono oggetto di tutela i segreti commerciali. Per segreti commerciali si intendono le informazioni aziendali e le esperienze tecnico-industriali, comprese quelle commerciali, soggette al legittimo controllo del detentore, ove tali informazioni: a) siano segrete, nel senso che non siano nel loro insieme, o nella precisa configurazione e combinazione dei loro elementi, generalmente note o facilmente accessibili agli esperti ed operatori del settore; b) abbiano valore economico in quanto segrete; c) siano sottoposte, da parte delle persone al cui legittimo controllo sono soggette, a misura da ritenersi ragionevolmente adeguate a mantenerle segrete”; nel secondo comma stabilisce che ”Costituiscono altresì oggetto di protezione i dati relativi a prove o altri dati segreti, la cui elaborazione comporti un considerevole impegno ed alla cui presentazione sia subordinata l'autorizzazione dell’immissione in commercio di prodotti chimici, farmaceutici o agricoli implicanti l’uso di nuove sostanze chimiche”.

Il successivo art. 99 c.p.i. rubricato “Tutela” dispone che “Ferma la disciplina della concorrenza sleale, il legittimo detentore delle informazioni e delle esperienze aziendali di cui all'art. 98 ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di acquisire, rivelare a terzi od utilizzare, in modo abusivo, tali informazioni ed esperienze, salvo il caso in cui esse siano state conseguite in modo indipendente dal terzo”.

Tale percorso normativo sottende ben precise finalità le quali rispondono al ruolo che l’informazione nel tempo ha conquistato.

Nel nostro ordinamento l’informazione non è protetta ex se considerata[2]. Tuttavia da più parti si rileva come questa rivesta un’importanza crescente nell’economia contemporanea e vi siano linee di tendenza verso una tutela sempre più ampia e organica della medesima. Invero le varie discipline concernenti le informazioni, quali le norme relative alle informazioni e alle notizie giornalistiche, la protezione delle banche dati e infine le norme sulla privacy, sia pure nella peculiarità degli interessi compresenti assolvono tendenzialmente una funzione unitaria[3].

Per quanto qui di interesse, ulteriore e distinta considerazione afferisce alla ravvisabilità di una simile linea tendenza anche nel settore in rilievo del diritto industriale. Più precisamente, gli studiosi si interrogano se sia possibile inquadrare tale fenomeno nell’ambito del processo di ampliamento della funzione assolta dalla proprietà intellettuale. E ciò alla luce della considerazione secondo cui quest’ultima per tradizione ricopre, non solo la funzione di incentivare e tutelare la conoscenza creativa e utile, bensì anche quella di regolare la circolazione delle informazioni, come si desume dall’analisi dell’oggetto e del contenuto della disciplina in forza della quale sarebbero “appropriabili” solo talune informazioni o presentazioni di informazioni e solo alcune delle loro utilità economiche.

In risposta a siffatti interrogativi si osserva che la disciplina del segreto industriale parrebbe volta a garantire “maggiore protezione in via diretta e indiretta alle informazioni”[4] anche per via di una tutela delle stesse per mezzo della disciplina della proprietà intellettuale[5].

L’enfatizzazione legislativa e la “apertura agli interessi di diversi ambienti di inventori e produttori propensi a considerare il regime del segreto in termini di opportunità aziendale alternativa alla brevettazione” rinviene ulteriore conferma nell’art. 68, comma 3 c.p.i. il quale riconosce il diritto di preuso a chi abbia sfruttato l’invenzione nella propria azienda nel corso di dodici mesi prima della domanda in regime di segreto[6].

La tutela delle informazioni segrete rinviene dunque la propria ratio nell’opportunità della valorizzazione degli investimenti sostenuti dall’imprenditore in vista della creazione dell’informazione. Invero, tale privativa pare insistere non tanto sulle informazioni tel quel quanto piuttosto sull’investimento impiegato per ottenerle e segretarle: e così tra l’altro non impedisce ai terzi di conseguirle successivamente per vie autonome, di usarle ad libitum e divulgarle”[7].

Di tal che il diritto industriale pare reputare meritoria di protezione non tanto e non solo l’informazione quanto l’investimento a essa sotteso.

Già sotto la vigenza dell’art. 6-bis l.i. l’oggetto del segreto industriale era identificato nelle informazioni a contenuto tecnologico e altresì nelle conoscenze commerciali incluse quelle inerenti al marketing e alla clientela[8].

Il Codice del 2005 ha abrogato l’art. 6-bis[9] riprendendone però il contenuto: la disciplina recata dall’art. 98 non protegge soltanto le “informazioni aziendali” ma altresì le “esperienze tecnico-industriali” fra le quali sono ricomprese “quelle commerciali” “soggette al legittimo controllo del detentore”, confermando espressamente l’applicabilità anche nella fattispecie della sottrazione di segreti di impresa diversi dalle conoscenze astrattamente brevettabili, quali i metodi commerciali, le liste dei clienti e dei fornitori, le tecniche finanziarie, di gestione o di marketing[10].

Sono dunque riconducibili nel novero delle informazioni segrete tutelate, oggi identificate dalla disciplina di attuazione della direttiva europea nei “segreti commerciali[11], le informazioni tecniche relative ai procedimenti e ai prodotti, siano essi brevettabili o no[12]; le informazioni non tecniche, riguardanti dati utili per l’assolvimento delle funzioni commerciali[13]; le informazioni amministrative[14]; il software; i risultati ottenuti in via automatizzata attraverso i processi di intelligenza artificiale e, per alcuni, le collezioni di dati formate in via automatizzata attraverso sistemi IoT.

Gli articoli 98 e 99 c.p.i. condizionano la tutela dei segreti industriali alla contemporanea presenza di tre requisiti, peraltro immutati nell’art. 3 del d.lgs. n. 63/2018 di attuazione della direttiva: il carattere della segretezza e il valore economico dell’informazione, l’adozione di misure adeguate a mantenere l’asserita segretezza[15].

Per quanto attiene al requisito della segretezza, valorizzando la distinzione semantica dei due riferimenti contenuti nell’art. 98 (lett. a e lett. b) al concetto di segretezza si è ritenuto di intendere quello previsto nella lett. a) nel senso di novità in coerenza sistematica con la normativa delle altre privative intellettuali e industriali[16]. Novità che non ha carattere assoluto nel senso di “non accessibilità in qualunque luogo ed in qualunque forma” come in materia di brevetti[17], bensì relativo dovendosi ritenere, anche secondo un ormai consolidato orientamento giurisprudenziale[18], quale informazione non nota o non agevolmente accessibile agli esperti e agli operatori del settore in tempi e con costi ragionevoli avendo riguardo all’attività concorrenziale. Non occorre dunque che le informazioni siano inaccessibili, essendo sufficiente che la propria acquisizione da parte del concorrente sia soggetta a investimenti o sforzi non indifferenti, superiori a quelli che occorrono per effettuare un’accurata ricerca anche a mezzo di Internet [19]. Peraltro, non manca chi opina nel senso che la segretezza sussista in re ipsa laddove le conoscenze attribuiscano vantaggi competitivi all’impresa che le detiene[20].

Le informazioni segrete devono poi presentare un valore economico: devono essere suscettibili di uno sfruttamento e di un utilizzo nell’ambito di un’attività economica che comporti da parte di chi lo attua un vantaggio concorrenziale atto a consentire di mantenere o aumentare la quota di mercato. In tal modo l’impresa detentrice viene a trovarsi in una posizione privilegiata rispetto alle imprese concorrenti che non possiedono la medesima informazione[21]. E’ sufficiente a tal fine che il vantaggio competitivo appaia a un soggetto che opera nello stesso settore non richiedendosi che l’informazione abbia un valore di mercato in senso assoluto[22].

Infine, l’informazione deve essere sottoposta a misure preordinate a garantirne e preservarne la segretezza. Naturalmente infatti, una volta che l’informazione cessi di essere segreta entrando nella disponibilità di tutti gli operatori, il vantaggio sul mercato che essa attribuisce al proprio titolare si perde, e così anche il proprio valore economico.

La ragionevole adeguatezza delle misure di segretezza richiesta dall’art. 98 c.p.i deve essere valutata in concreto tenendo conto di tutte le circostanze del caso, ivi compresi i costi in relazione alla propria efficacia[23]. Inoltre, le misure di secretazione devono “esprimere in maniera inequivoca la volontà di mantenere la segretezza[24] e in questo senso occorre tenere in considerazione non solo l’esistenza delle misure ma altresì le concrete modalità di attuazione[25].

Inoltre, si ritiene comunemente necessario che il titolare delle informazioni renda edotti i propri dipendenti e i propri collaboratori della natura delle informazioni e della necessità di mantenere il segreto sia come condizione contrattuale, sia come informazione comunque diretta a collaboratori e dipendenti[26].

Diverse sono le locuzioni cui si è fatto ricorso per definire l’oggetto della protezione di cui all’art. 98 c.p.i.: informazioni segrete, informazioni aziendali riservate. In ogni caso tutte locuzioni intercambiabili.

Non sovrapponibile con siffatte locuzioni è l’espressione Know how.

Giova richiamare ai presenti fini che il Know how, il cui riferimento nell’ordinamento italiano risale all’emanazione dei regolamenti di esenzione per categoria[27], è ora definito dal vigente regolamento di esenzione CE 04/772 quale “un patrimonio di conoscenze pratiche non brevettate, derivanti da esperienze o da prove, patrimonio che è (i) segreto, vale a dire non generalmente noto né facilmente accessibile; (ii) sostanziale, vale a dire significativo e utile per la produzione dei prodotti contrattuali; (iii) individuato, vale a dire descritto in modo sufficientemente esauriente, tale da consentire di verificare se risponde ai criteri di segretezza e sostanzialità”. Analoga definizione si trova nel regolamento CE 00/2659, relativo agli accordi di ricerca e sviluppo, nel regolamento CE 10/330, relativo agli accordi verticali. Simile definizione si rinviene nell’art. 1, l. 5 maggio 2004, n. 129, recante norme concernenti l’affiliazione commerciale.

Emergerebbe, dalla definizione di Know how così ricostruita, come esso non sia in toto sovrapponibile alle “informazioni segrete” nella species delle “esperienze tecnico industriali” cui l’art. 98 c.p.i. ha riguardo e che rappresentano nell’ambito del genus delle informazioni segrete la valorizzazione della “dignità giuridica del dato empirico[28].

Si tratta, come detto, di locuzioni non automaticamente sostituibili, presentando le relative discipline requisiti in parte diversi. In particolare, mentre il presupposto della “sostanzialità” previsto per il Know how è sovrapponibile a quello del valore economico di cui all’art. 98 lett. b), c.p.i. qualificando un minimum di rilevanza economica dell’informazione segreta[29], caratteristico del Know how è che siffatta conoscenza sia “individuata”.

L’art. 98 del Codice della proprietà industriale, come si è illustrato, tutela quale diritto di proprietà industriale le informazioni aziendali e le esperienze tecnico-industriali, comprese quelle commerciali, soggette al legittimo controllo del detentore, purchè presentino i tre requisiti descritti.

Le conoscenze che costituiscono know how ma difettano dei requisiti atti a consentire la qualificazione come informazioni costituenti oggetto del diritto di cui all’art. 98 c.p.i. trovano protezione ai sensi dell’art. 2598, n. 3 c.c. allorchè l’utilizzazione di conoscenze, pur se non riservate ex art. 98 c.p.i., integri una scorrettezza professionale o un comportamento parassitario da parte del concorrente[30].

Pertanto, secondo un principio che si va consolidando in dottrina e in giurisprudenza, l’art. 2598 n. 3 c.c. resta applicabile agli atti di acquisto, divulgazione e utilizzazione di segreti commerciali e di know how per i quali, non sussistendo tutti i requisiti di cui gli artt. 98 e 99 c.p.i., ricorrono tutti i presupposti soggettivi e oggettivi prescritti per l’azione di concorrenza sleale[31].

Per quanto attiene alle fattispecie di illeciti prese di mira, l’art. 99 c.p.i. vieta l’acquisto, l’uso e la divulgazione delle informazioni protette e consente al titolare di agire erga omnes differentemente dalla tutela contemplata dall’art. 2598, n. 3 c.c. e da quella prima prevista dall’art. 6-bis l.i..

La disciplina ha conosciuto un’evoluzione normativa anche sotto tale profilo.

Si rammenta che prima[32] dell’entrata in vigore del Codice della proprietà industriale recato dal d.lgs. n. 30 del 2005 le informazioni aziendali segrete erano tutelate in quanto la rivelazione a terzi o l’acquisizione o l’utilizzazione da parte di terzi delle stesse costituisse atto di concorrenza sleale ossia un comportamento considerato ex se illecito e vietato. Si trattava, pertanto, di una tutela non generale e illimitata, bensì relativa e azionabile soltanto nei confronti di soggetti legati all’imprenditore da determinati rapporti di concorrenza o di ex dipendenza.

Le informazioni segrete erano dunque protette unicamente nei confronti dell’imprenditore concorrente in forza della sola normativa della concorrenza sleale rinvenibile nel Codice civile con i tipici limiti sanzionatori e di efficacia soggettiva.

La forma di tutela muta con l’entrata in vigore del d.lgs. 30 del 18 giugno 2005 promulgativo del Codice della proprietà industriale.

Peraltro, anche l’art. 99 c.p.i. è stato interessato da interventi normativi. Lo spartiacque è rappresentato dal d.lgs. 131 del 13 agosto 2010.

La versione del Codice antecedente a quella introdotta dal decreto correttivo del 2010 contemplava una tutela che presentava i connotati tipici di una tutela erga omnes dei segreti di impresa quale quella garantita ai diritti di proprietà intellettuale non titolati, secondo cui “un’informazione riservata costituisce oggetto di proprietà industriale non diversamente da come lo è un’invenzione brevettata. Più precisamente, le informazioni segrete godevano di una protezione assoluta vuoi sotto il profilo della condotta di violazione vuoi sotto il profilo della qualificazione soggettiva degli autori della violazione. Invero, sotto il primo profilo la tutela comprendeva qualsivoglia forma di appropriazione e utilizzazione non autorizzata delle informazioni, sotto il secondo profilo, prescindendo dalla qualificazione degli stessi come concorrenti, annoverava qualsiasi terzo. Il regime era dunque solo parzialmente coerente con quello previsto dall’art. 39 TRIPs il quale accorda la tutela del segreto solo nei confronti di comportamenti “contrari alle pratiche leali”.

Il Codice era così pervenuto anche per le informazioni segrete a “una parificazione ai diritti di privativa tradizionali e c.d. titolati, ovvero formalizzati in un titolo di monopolio concesso dallo Stato, con quelli non titolati, privi di formale riconoscimento statuale ma non perciò privi di tutela legale” secondo un percorso di protezione che proveniente dal regime concorrenziale di cui all’art. 2598 c.c. è approdato a quello assoluto e reale[33].

Alla luce del tenore letterale della disciplina, pareva che il detentore dei segreti potesse agire contro chiunque divulgasse, acquisisse o utilizzasse queste informazioni senza il suo consenso, a prescindere dall’esistenza di un rapporto di concorrenza – come sembra potersi desumere dalla premessa dell'art. 99, comma 1, c.p.i. laddove fa salva la disciplina sulla concorrenza sleale – e dalla violazione dei principi della correttezza professionale.

La scelta di ricomprendere le informazioni segrete nel novero dei diritti esclusivi non è stata da tutti accolta favorevolmente: ritenuta positiva dal Consiglio di Stato[34] e coerente con il precedente art. 6-bis, l.i. da alcuni Autori[35], è stata invece criticata da altri[36].

Ne è così derivato, stante anche le incoerenze presenti nel Codice, un intervento sul testo attuato con il d.lgs. 13 agosto 2010 n. 131 e volto all’ingresso nell’ordinamento di una tutela di “quasi-privativa” e dunque a una limitazione della relativa protezione.

Lungi dal segnare un ritorno alla primigenia impostazione fondata sulla concorrenza sleale, tale intervento conferma che le informazioni possono essere tutelate nei confronti di chiunque, ma chiarisce, rispetto alla previgente versione, che la protezione non copre qualsivoglia tipo di violazione, essendo subordinata alla circostanza che l’acquisizione da parte dell’autore della condotta sia avvenuta “in modo abusivo” (ivi incluso il caso dell’acquisizione consapevole, o colposamente inconsapevole, dell’origine illecita) nonchè in assenza delle scriminanti del reverse engineering e dell’autonoma creazione, secondo un modello che scrimina il creatore indipendente e in buona fede in un ambito per natura privo di pubblicità.

Il significato da attribuire all’espressione “in modo abusivo” nonché l’assenza delle scriminanti potranno essere ricostruiti in base alla nota dell’art. 39 TRIPs. Potrà inoltre essere ricavato secondo criteri induttivi da cui evincere l’invasione della sfera di riservatezza del titolare delle informazioni già indicati da risalente giurisprudenza milanese: a) l’identità delle conoscenze e delle formule, anche nel senso di una “derivazione” dei prodotti del convenuto dalle formule dell’attore; b) l’esistenza di elementi da cui desumere una “lunga e costosa ricerca, da parte dell’attrice, in un settore tecnologicamente avanzato”; c) la predisposizione dei mezzi di segretazione da parte dell’attrice risultanti anche da elementi indiziari quali particolari cautele risultanti da documenti in possesso delle stessa; d) l’impossibilità di risalire alle formule attraverso i prodotti messi in commercio; e) il fatto che il convenuto “non ha speso per la ricerca una cifra tale da giustificare l’autonoma individuazione delle formule di tutti i prodotti presenti su mercato”; f) il passaggio di dipendenti o collaboratori dalla impresa attrice a quella convenuta[37].

L’ultima tappa dell’evoluzione della disciplina del segreto industriale è segnata dalla direttiva (UE) 2016/943 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2016, “sulla protezione del know-how riservato e delle informazioni commerciali riservate (segreti commerciali) contro l’acquisizione, l’utilizzo e la divulgazione illeciti” che ha comportato un’armonizzazione parziale dei soli rimedi e delle eccezioni[38].

In seguito all’intervento europeo è stato varato il decreto legislativo 11 maggio 2018, n. 63 che ha messo a disposizione dei titolari dei segreti alcuni strumenti nuovi che rafforzano una disciplina già robusta e presente.

Il decreto ha introdotto i commi 1-bis e 1-ter che integrano i comportamenti illeciti già identificati dall’art. 99 con quelli dell’avente causa consapevole, o colposamente inconsapevole, della provenienza illecita delle informazioni utilizzate o delle merci commercializzate che beneficiano di segreti commerciali.

Le fattispecie d’illecito tipizzate dalla disciplina sono elencate dall’art. 4 del decreto e anch’esse restano inalterate rispetto a quelle previste dall’art. 99 c.p.i. previgente. Esse sono l’acquisizione, l’utilizzo e la divulgazione abusiva dei segreti ossia non autorizzata dal titolare né frutto di un’autonoma e indipendente - e dunque lecita - attività di ricerca, sviluppo e programmazione aziendale.

La direttiva UE si era preoccupata di elencare le eccezioni ai casi in cui l’acquisizione, la rivelazione e o l’utilizzo dei segreti siano illecite tramite l’art. 6.

Le suddette eccezioni includono: la scoperta o la creazione indipendente; l’osservazione, lo studio, lo smontaggio o la prova di un prodotto o di un oggetto messo a disposizione del pubblico o di cui il soggetto che perviene all’informazione si trovi nel legittimo possesso (c.d. reverse engineering); l’esercizio dei diritti di espressione e d’informazione dei cittadini dell’Unione, e di quello alla consultazione dei lavoratori situati nell’Unione, purché detto esercizio sia conforme alle consuetudini e al diritto comunitario e nazionale.

Si tratta principalmente delle ipotesi in cui non vi è alcuna violazione delle leali pratiche commerciali che devono regolare lo svolgimento delle attività economiche e in cui è frequente che attività di ricerca e sviluppo conducano a scoprire e rivelare determinate tecniche, formule ecc..

Naturalmente, la liceità di tali fattispecie, che erano già ammesse in giurisprudenza, non è messa in discussione dal recente decreto legislativo, e pertanto esse continueranno a rappresentare un presidio e un incentivo per la ricerca e la sperimentazione.

Per quanto attiene ai rimedi esperibili nei confronti delle condotte abusive, occorre da ultimo rilevare che l’espressa riserva contenuta nell’art. 99 c.p.i, che fa salva in ogni caso la normativa in materia di concorrenza sleale, consente di ritenere sempre configurabili le fattispecie di concorrenza sleale costituite dall’utilizzazione di notizie riservate o in genere dall’utilizzazione di know-how aziendale, a condizione che l’utilizzo avvenga secondo modalità scorrette e che sia potenzialmente foriero di danno concorrenziale, potenziale o attuale”. E ciò, deve ancora ritenersi sia nelle ipotesi in cui siano presenti tutti i requisiti delle informazioni segrete postulati dall’art. 98 c.p.i. sia nelle ipotesi in cui tali requisiti non sussistano o non ricorrano tutti, sicchè la condotta illecita, in tali casi, può ricevere soltanto tutela obbligatoria e non reale[39].

Per vero, sul profilo relativo alla qualificazione delle informazioni che la seconda classificata della selezione pubblica de qua pretende di acquisire il Consiglio di Stato non si sofferma diffusamente. Al contrario, esso si limita a osservare come alla stregua delle evidenze istruttorie risulti pacifico che la documentazione specificamente indicata a corredo dell’offerta tecnica – le parti del progetto definitivo e dei giustificativi, le relazioni tecniche e le schede illustrative – trovi tutela nel diritto d’autore agli articoli 98 e 99 del Codice della proprietà industriale, siccome “contenuta in elaborati progettuali di ingegno tecnico esclusivo, in correlazione alle qualificate finalità di gara”. Indubbio dunque sembrerebbe il carattere riservato delle informazioni ivi presenti alla luce delle caratteristiche tecniche e della tipologia di prestazioni oggetto dell’appalto, relativo alla progettazione definitiva ed esecutiva e alla consequenziale esecuzione di opere ad alto contenuto specialistico in materia aeroportuale.

Anticipando talune considerazioni che si svolgeranno nel proseguio del presente commento, si rileva fin da ora che la pronuncia in commento sembrerebbe considerare le informazioni di natura tecnica presenti nei documenti oggetto di diniego di accesso quali conoscenze costituenti Know how

per le quali sussistono tutti i requisiti delle informazioni segrete postulati dall’art. 98 c.p.i.. Con la conseguenza che il detentore delle stesse può fruire della tutela reale. Tale conclusione è avvalorata anche dal fatto che nel caso di specie non vengono neppure in rilievo le eccezioni ai casi in cui l’acquisizione, la rivelazione o l’utilizzo siano illeciti.

 

Sciolto in senso positivo il dubbio preliminare si può dunque proseguire con l’illustrazione delle questioni che ruotano intorno al tema dell’accessibilità agli atti recanti “segreti tecnici o commerciali. Nell’ambito della tematica di ordine generale così inquadrata vengono in rilievo diversi profili primo fra tutti quello della preclusione dell’ostensione ad atti aventi a oggetto siffatte informazioni e, in specie, della ratio a essa sottesa.

L’indagine della Quinta Sezione muove da una breve ricostruzione del sistema normativo dell’accesso agli atti dei pubblici incanti.

Giova più ampiamente rammentare che il d.lgs. n. 50 del 2016 ha inteso introdurre nell’art. 53 una regolamentazione del diritto di accesso specificamente riferita alle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici.

Il quadro tracciato da tale previsione si pone tendenzialmente in linea con quello delineato dall’art. 13 del Codice De Lise: similmente a quest’ultimo appare come la sintesi delle norme di carattere generale dettate dalla legge 24 agosto 1990, n. 241, delle limitazioni già recate dall’art. 22 della legge 11 febbraio 1994, n. 109 c.d. Legge Merloni, delle disposizioni europee in tema di tutela dei segreti commerciali e tecnici e degli aspetti riservati delle offerte, oltre che dell’annosa elaborazione giurisprudenziale intervenuta sul tema.

Ne deriva la coesistenza principalmente di due distinte normative per la regolamentazione dell’accesso agli atti di gara con la necessità di individuare le esatte modalità di coordinamento fra le disposizioni delle due leggi.

Il raccordo fra i due corpi normativi è realizzato per effetto dell’espresso rinvio formale recato dall’art. 53 agli artt. 22 ss., l. n. 241/1990 in funzione di copertura normativa residuale a conferma di siffatta coesistenza.

A fronte del richiamo all’impianto della disciplina generale il Codice contempla talune disposizioni di carattere speciale concernenti l’oggetto dell’accesso ossia “gli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici, ivi comprese e candidature e le offerte”, le ipotesi di differimento (art. 53, n. 2), i casi di esclusione (art. 53, n. 3) e di limitazione della pretesa ostensiva in considerazione delle peculiari esigenze di riservatezza che di regola si manifestano e assumono rilievo nel contesto delle procedure di evidenza pubblica.

Come noto, il fondamento della differenziazione risiede nelle peculiarità proprie delle procedure di affidamento di commesse pubbliche prima fra tutte la circostanza che la documentazione in relazione alla quale l’accesso è richiesto, per lo più, non è formata da un’Amministrazione ma proviene dai concorrenti alla gara cui l’istante ha preso parte. Il che accade soprattutto per i documenti posti a corredo delle offerte presentate dai partecipanti ivi incluse le relazioni e i progetti tecnici.

Il rapporto fra la normativa generale e quella particolare dettata in materia di contratti pubblici, peraltro, “non va posto in termini di accentuata differenziazione, ma piuttosto di complementarietà”[40], nel senso che le disposizioni di carattere generale o speciale contenute nella disciplina della legge n. 241 devono trovare applicazione ogniqualvolta non vi siano disposizioni derogatorie e, quindi dotate di una specialità ancor più elevata in ragione della materia, nel Codice dei contratti[41]. Ne consegue che trovano applicazione i principi dettati dalla legge sul procedimento amministrativo e dal relativo regolamento di attuazione di cui al d.P.R. 12 aprile 2006, n. 184 precipuamente in relazione ai soggetti legittimati, ai documenti oggetto del diritto di accesso, al contenuto di tale diritto e alla disciplina procedimentale.

Sul versante della disciplina europea, l’art. 53, come precisato nella Relazione illustrativa, ha inteso recepire le indicazioni fornite dall’art. 21 della direttiva 2014/24/UE, dell’art. 39 della direttiva 2014/25/UE e dell’art. 28 della direttiva 2014/23/UE, oggi peraltro da sottoporre a una complessiva riconsiderazione e prospettica analisi alla luce del nuovo quadro emergente dal Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (General Data Protection Regulation o GDPR)[42].

L’art. 21 della direttiva n. 24, rubricato “Riservatezza”, dispone che “Salvo che non sia altrimenti previsto nella presente direttiva o nella legislazione nazionale cui è soggetta l’amministrazione aggiudicatrice, in particolare la legislazione riguardante l’accesso alle informazioni, e fatti salvi gli obblighi in materia di pubblicità sugli appalti aggiudicati e gli obblighi di informazione dei candidati e degli offerenti, previsti agli artt. 50 e 55, l’amministrazione aggiudicatrice non rivela informazioni comunicate dagli operatori economici e da essi considerate riservate, compresi anche, ma non esclusivamente, segreti tecnici o commerciali, nonché gli aspetti riservati delle offerte (comma 1). Le amministrazioni aggiudicatrici possono imporre agli operatori economici condizioni intese a proteggere la natura confidenziale delle informazioni che le amministrazioni aggiudicatrici rendono disponibili durante tutta la procedura d’appalto” (comma 2).

Analoga portata hanno l’art. 39 della direttiva 2014/25/UE e l’art. 28 della direttiva 2014/23/UE.

In particolare, ai fini che qui interessano, l’art. 53, comma 5, lett. a), d.lgs. n. 50/2016, in attuazione dei richiamati criteri direttivi, contempla casi di esclusione “relativa” o “temperata” sancendo che “sono esclusi il diritto di accesso e ogni forma di divulgazione in relazione [...] alle informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali”.

Deve porsi in rilievo che al di fuori delle ipotesi di segreto industriale il concorrente può accedere nella forma più ampia agli atti del procedimento. Conclusasi la procedura, i documenti prodotti dagli operatori economici assumono rilevanza esterna in quanto escono dalla sfera esclusiva delle imprese per formare oggetto di valutazione comparativa, essendo inseriti in un procedimento caratterizzato dalla trasparenza e concorsualità.

Il divieto di divulgazione concerne dunque non le generiche informazioni riservate rese da ciascuna impresa ma la documentazione suscettibile di rivelare il know how industriale e commerciale contenuto nelle offerte delle imprese partecipanti onde evitare che le concorrenti possano strumentalizzare il diritto di ostensione con l’intento di sfruttare indebitamente le conoscenze possedute da altri, anziché di valutare la legittimità del provvedimento. Con la conseguenza che ciò quel che è sottratto all’accesso, in deroga alla regola generale, non è l’offerta nel suo complesso ma solo la parte di essa che afferisce ai “segreti tecnici e commerciali[43]. Pertanto, laddove oggetto dell’istanza di accesso sia l’intera offerta, essa deve essere esibita al richiedente depurata delle parti per le quali prevalgano ragioni di riservatezza, che operano al ricorrere dei presupposti indicati dalla legge.

La pronuncia in commento evidenzia che già dal significato letterale delle parole testè riportate si evince come la peculiare voluntas legis, consona al contesto concorrenziale, sia proprio quella di sottrarre all’accessibilità degli atti di gara non tutta l’offerta, che in linea di principio è accessibile, ma la parte di essa o delle giustificazioni dell’anomalia concernente le specifiche e riservate capacità tecnico-industriali o in genere gestionali dell’impresa in gara. In definitiva, il know how, che il Consiglio di Stato definisce – “creativamente” – l’insieme del “saper fare” e delle competenze ed esperienze, originali e tendenzialmente riservate, maturate e acquisite nell’esercizio professionale dell’attività industriale e commerciale e che concorre a definire e qualificare la specifica competitività dell’impresa nel mercato aperto alla concorrenza. “Creativamente” perché tendenzialmente si discorre a tale proposto di “complesso di conoscenze operative, abilità procedurali, esperienze professionali, informazioni strategiche, capitali relazionali che strutturano il c.d. know how industriale o commerciale[44] ovvero di “insieme delle specifiche conoscenze e competenze tecniche[45].

Del resto, rammenta il Consiglio di Stato, si tratta di beni essenziali per lo sviluppo e la competizione qualitativa, che sono prodotto patrimoniale della capacità ideativa o acquisitiva della singola impresa, cui l’ordinamento ai fini del corretto svolgimento della concorrenza offre protezione siccome “segreti commerciali” negli artt. 98 e 99 del Codice della proprietà industriale.

Muovendo da siffatta premessa, il Consiglio di Stato perviene alla soluzione della questione sottoposta alla sua attenzione, concludendo nel senso che la ratio legis sia da individuare nel fatto che la gara pubblica mira non a derogare ma al contrario ad assicurare la corretta competizione fra imprese. Sicchè, il diritto di accesso, pur se garantito dal principio di pubblicità e trasparenza della condotta delle Amministrazioni o dei soggetti funzionalmente equiparati (cfr. art. 1, l. n. 241/1990) non può essere esercitato in maniera distorta ossia per scopi emulativi[46], come accadrebbe nel caso in cui i contendenti formalizzassero un’istanza al fine precipuo di giovarsi di specifiche conoscenze industriali o commerciali da altri acquisite e detenute[47]. Invero, nel potenziale conflitto fra gli interessi che si contendono il campo è in ogni caso prevalente la leale dimensione competitiva di una gara.

A tale riguardo la dottrina ha rilevato funditus che la sottrazione dei segreti industriali o commerciali all’ostensione[48] è posta a tutela del diritto alla riservatezza dei partecipanti alle procedure di affidamento e dei soggetti privati che hanno formato i documenti in rilievo. Di tal che, il divieto di accesso e di divulgazione non ha, diversamente dai casi di differimento, un limite temporale definito: invero, il fine perseguito non è quello della regolarità dell’iter procedimentale, ma quello della protezione delle posizioni soggettive di cui sono titolari i concorrenti nonché gli altri soggetti privati coinvolti nelle gare.  

La soluzione sposata dal Consiglio di Stato in tale sede si pone, dunque, in armonia con quanto già da tempo la dottrina e la giurisprudenza opinano in merito, vale a dire che il Legislatore ha inteso pretermettere dal raggio di azionabilità del diritto di ostensione la documentazione suscettibile di rivelare il know how industriale e commerciale contenuto nelle offerte delle imprese partecipanti, sì da evitare che operatori economici in diretta concorrenza fra loro possano utilizzare l’accesso non già per prendere visione della stessa ove utile a coltivare la legittima aspettativa al conseguimento dell’appalto, quanto piuttosto al fine di approfittare delle specifiche conoscenze ed esperienze da altri detenute in vista del conseguimento di un indebito vantaggio commerciale all’interno del mercato[49].

Con la conseguenza che la scelta, in astratto meritevole, di partecipare a una procedura selettiva pubblica, come tale connotata da “intrinseche ragioni di trasparenza” non reca con sè un’implicita ma necessaria “accettazione del rischio” di pubblicizzazione dei contenuti dell’offerta e dunque di “segreti industriali o commerciali” nell’ambito della stessa forniti, i quali – almeno in linea di principio – restano sottratti, a tutela del proprio specifico valore concorrenziale, a qualsivoglia forma di divulgazione.

D’altro canto, l’art. 53, comma 5, del d.lgs. n. 50/2016 ha ampliato i limiti oggettivi del segreto tramite regole speciali incondizionatamente prevalenti sulla disciplina generale della trasparenza amministrativa, anche in mancanza di espressa previsione nell’ambito delle limitazioni oggettive di cui all’art. 24, l. n. 241/1990[50].

 

Individuata la ratio sottesa all’art. 53, comma 5, lett. a), d.lgs. n. 50/2016 nella parte in cui preclude l’accesso ad atti recanti “segreti tecnici o commerciali”, il Consiglio di Stato si sofferma sulla seconda quaestio juris, per vero strettamente correlata alla prima, sulla quale è chiamato a pronunciarsi: la sussistenza della necessità di un coinvolgimento degli eventuali controinteressati ai fini della manifestazione di interesse a mantenere il segreto sulla documentazione a corredo della propria offerta.

Giova prendere le mosse dal rilievo secondo cui il divieto di ostensione de quo copre la parte dell’offerta – e solo quella – eventualmente recante informazioni che costituiscono “segreti tecnici e commerciali”.

Se è vero che l’art. 53, comma 5, lett. a) esclude l’accesso alle informazioni fornite nell’ambito delle offerte che costituiscano “segreti tecnici e commerciali”, intendendo così tutelare il diritto alla riservatezza delle imprese e il c.d. know how industriale e commerciale, è pur vero che la medesima disposizione subordina in concreto l’operatività del divieto alla “motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente”.

L’offerente deve dunque indicare unitamente all’offerta quali parti di essa rientrino nell’ambito della previsione motivandone il perché, in caso contrario derivandone la riespansione della disciplina generale in tema di accesso dettata dalla legge n. 241/1990.

Tale dichiarazione si sostanzia nella “manifestazione di interesse” dell’impresa offerente controinteressata a mantenere il segreto sulla documentazione in oggetto. Peraltro, essa è comunque suscettiva di apprezzamento da parte della stazione appaltante sotto il profilo della validità e pertinenza delle ragioni prospettate a sostegno dell’opposto diniego.

Al riguardo, nella pronuncia in analisi il Consiglio di Stato si limita a rammentare, condividendolo, il principio di diritto elaborato dalla giurisprudenza con riferimento all’art. 13 del previgente Codice dei contratti pubblici in ossequio al quale il sancito limite all’ostensibilità – o, meglio, come alcune pronunce scrivono, “il funzionamento della causa di esclusione dall’accesso” – è comunque subordinato all’espressa “manifestazione di interesse” da parte dell’impresa controinteressata alla quale si riferiscono i documenti che si intendono acquisire.

Sull’impresa interessata incombe, dunque, l’onere di allegare “motivata e comprovata dichiarazione” atta a dimostrare l’effettiva sussistenza di un segreto industriale o commerciale meritevole di tutela da non ritenersi soddisfatto con una breve e laconica opposizione scritta senza l’indicazione di specifiche e puntuali ragioni di tutela del segreto industriale e commerciale[51].

Di tal che, a fronte della presentazione di un’istanza di accesso, la stazione appaltante è tenuta, per assicurare il rispetto del contraddittorio procedimentale, a coinvolgere il concorrente controinteressato, nelle forme previste dalla disciplina generale del procedimento amministrativo, e a valutare l’effettiva rilevanza delle argomentazioni offerte per l’operatività del regime di segretezza[52].

 

Da ultimo, la vicenda de qua si risolve in un’occasione per tentare di stimolare il Consiglio di Stato a prendere nuovamente posizione, confermando ovvero superando gli orientamenti in passato sostenuti, su un ulteriore profilo collegato agli aspetti dianzi esaminati: quello relativo ai presupposti necessari per l’esercizio del diritto di accesso riguardo alle informazioni contenenti eventuali “segreti tecnici o commerciali”. Più precisamente, il dubbio ermeneutico attiene alla sufficienza di un generico interesse alla tutela dei propri interessi ovvero alla necessità di utilizzo della documentazione in un giudizio specifico.  

Giova premettere talune considerazioni di carattere generale al fine di inquadrare il quesito posto.

Orbene, il divieto di accesso che investe le parti dell’offerta recanti “segreti tecnici o commerciali” non è assoluto.

Invero l’attuale Codice, in un’ottica di bilanciamento degli interessi compresenti, introduce nel campo dei contratti pubblici una speciale figura di accesso c.d. accesso difensivo[53] consentendo al concorrente di esercitare il diritto di accesso allorchè questo sia strumentale alla “difesa in giudizio” dei propri interessi.

Consacrando la preminenza del c.d. accesso difensivo in quanto processualmente preordinato all’esercizio dell’inviolabile diritto di difesa ex art. 24 Cost. e sostanzialmente posto a presidio del fondamentale canone d’imparzialità dell’azione amministrativa ex art. 97 Cost., l’ultimo comma dell’art. 53 ribadisce in maniera cristallina e inequivoca che proprio con riguardo all’ipotesi, per l’appunto relativa, di esclusione dell’accesso per motivi di riservatezza tecnica, è comunque consentita l’ostensione al concorrente “ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto”.

Dal combinato disposto dei commi 5 e 6 dell’art. 53 deriva, dunque, che la tutela del segreto tecnico e commerciale può essere recessiva al cospetto del diritto di accesso ove quest’ultimo sia strumentale alla tutela in giudizio degli interessi del richiedente in riferimento alla selezione pubblica nell’ambito della quale la relativa richiesta viene formulata [54].

Di tal che per giustificare il rifiuto di accesso è necessario per un verso una specifica motivazione che evidenzi le ragioni di “concreta segretezza commerciale” dell’offerta, non essendo sufficiente la mera opposizione dell’offerente[55] , come testè illustrato, e per l’altro, un accurato controllo da parte della stazione appaltante che porti a escludere l’effettiva utilità e/o pertinenza della documentazione richiesta ai fini della difesa in giudizio[56].

Invero, la stazione appaltante ha il dovere esaminare la predetta manifestazione di volontà in modo autonomo e con congruo apprezzamento discrezionale e di verificare in sede procedimentale la sussistenza dei presupposti legittimanti l’accesso difensivo sulla base delle dichiarazioni di riservatezza presentate dalle parti, del tempo di presentazione e del loro contenuto e di rapportarla alla disciplina di cui ai commi 5 e 6 dell’art. 53 del d.lgs. n. 50/2016[57]. A tale riguardo, il giudice amministrativo ha statuito che nell’ambito di una gara pubblica è illegittimo il silenzio-rifiuto dell’istanza di accesso agli atti ove il richiedente specifichi che la stessa sia strumentale all’esercizio del proprio diritto di difesa, intendendo agire in giudizio per la tutela dei propri diritti nei confronti dell’aggiudicataria[58].

La primautè del diritto di accesso sul diritto alla riservatezza deve essere misurata avendo riguardo al contesto in cui entrambi i diritti si fronteggiano[59].  Detto altrimenti, l’esito del bilanciamento fra l’accesso ai documenti di gara in favore del concorrente a fini di difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto e le esigenze di segretezza e riservatezza aziendali dipende dunque dalla motivazione sottesa all’istanza di accesso stante la prevalenza non automatica del primo sul secondo[60].  In altri termini, la giurisprudenza amministrativa è univoca nell’opinare che il limite del segreto tecnico e commerciale sia recessivo rispetto al diritto di accesso allorchè quest’ultimo appaia strumentale alla difesa in giudizio degli interessi del richiedente in relazione alla procedura di affidamento del contratto in seno alla quale l’istanza di accesso è formulata.

Muovendo da siffatte premesse è stata ritenuta sufficiente, al fine di provare la spettanza del diritto di accesso azionato, la connessione fra la domanda giudiziale di annullamento dell’aggiudicazione proposta dalla seconda classificata e la necessità di acquisire copia di tutta la documentazione afferente l’offerta tecnica, ivi compresi gli allegati alla relazione, presentata dalla prima in graduatoria. In tale ipotesi, secondo la giurisprudenza, la motivata opposizione della controinteressata non può considerarsi ostativa dell’esercizio del diritto di accesso, essendo ex lege recessivo il proprio interesse alla tutela del know how al cospetto dell’interesse alla pienezza della tutela giurisdizionale[61].

In definitiva, sul diritto alla riservatezza avente a oggetto “segreti tecnici o commerciali”, il contrapposto diritto di accesso prevale limitatamente a quegli atti o documenti di gara la cui ostensione risulti necessaria per curare o per difendere gli interessi giuridici dell’istante. Di conseguenza, non può essere assentito l’accesso nei casi in cui il partecipante alla gara abbia dichiarato la sussistenza di esigenze di tutela del segreto tecnico o commerciale e il richiedente non abbia dimostrato la concreta necessità di utilizzare tale documentazione per ricorrere avverso gli atti della proceduta o per conseguire il risarcimento dei danni anche in via autonoma[62].

Nell’ambito del procedimento di verifica delle anomalie, il giudice amministrativo ha ritenuto illegittimo il diniego opposto all’istanza di accesso ai giustificativi di un’offerta per violazione del diritto di difesa perché atti necessari a far valere le pretese “in giudizio[63]. 

Ciò premesso, la quaestio juris sottesa al presente giudizio deve individuarsi nella corretta interpretazione della formula “ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto” cui è condizionata la possibilità di accesso ai contenuti dell’offerta tecnica di altro concorrente che rappresentino secondo espressa e motivata indicazione di costui “segreti tecnici o commerciali”.

Il Legislatore del 2016 in sostanza ha riproposto la formula già utilizzata dall’art. 13, comma 6 del previgente Codice, che pure aveva suscitato perplessità in dottrina vuoi perché vaga e generica vuoi perché suscettibile di trasformarsi in una clausola di stile, risultando possibile per il partecipante alla procedura non aggiudicatario presentare la relativa istanza anche prima dell’instaurazione della causa, purchè la stessa sia motivata in ragione di un futuro giudizio[64].

Il c.d. accesso difensivo contemplato dal vigente Codice si distingue notevolmente da quello disciplinato dall’art. 24, comma 7, l. n. 241/1990 nella parte in cui prescrive che deve, comunque, essere garantito “l’accesso ai documenti amministrativi, la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici”.

In particolare, risultano diversi i presupposti che legittimano l’accesso e consentono di superare le esigenze di riservatezza di soggetti terzi. Nel caso della disciplina generale si fa riferimento ai documenti “necessari per curare o per difendere i propri interessi giuridici”, con la conseguenza che l’accesso può essere esercitato dalla parte interessata a prescindere dalla pendenza o dalla proponibilità di un rimedio giurisdizionale, mentre le disposizioni in materia di contratti pubblici richiamano la documentazione necessaria “in vista della difesa in giudizio” dei propri interessi.

Nella vigenza dell’art. 13, d.lgs. n. 163/2006 si è quindi precisato da parte della giurisprudenza che la norma codicistica, ai fini dell’accesso, postula un quid pluris rispetto alla norma della legge sul procedimento, ossia che tale conoscenza sia diretta alla futura difesa giurisdizionale degli interessi medesimi[65]. Detto diversamente, la legittimazione soggettiva è riferita al solo concorrente che abbia partecipato alla selezione e, sul piano oggettivo, alla mera esigenza di una difesa in giudizio, il che impone la necessità di un accurato controllo sull’effettiva utilità della documentazione richiesta[66].

Il problema si è posto per ammettere o escludere la possibilità di accesso agli atti di gara nel caso in cui sia decorso del termine per intraprendere le azioni d’impugnazione dell’esito della procedura di gara.

La tutela di annullamento, invero, secondo la giurisprudenza, non esaurisce lo spettro delle forme di difese in giudizio del concorrente non aggiudicatario, ben potendo nella stessa sede azionare la tutela risarcitoria nel più ampio termine previsto.

Significative a tale proposito appaiono le coordinate ermeneutiche recentemente offerte dalla giurisprudenza in ossequio alle quali “in linea con un univoco trend normativo volto ad ampliare in termini quali-quantitativi il valore della trasparenza amministrativa sia con riguardo alla generale azione della PA., sia nello specifico settore dei contratti pubblici, del suddetto comma 6 dell’art. 53, deve esser data un’opzione ermeneutica non restrittivo-limitativa, ma al contrario ampliativo-estensiva, nel senso appunto di ricondurre al concetto di “difesa in giudizio” degli interessi del concorrente, in relazione alla procedura di affidamento del contratto nell'ambito del quale viene formulata la richiesta di accesso, come “comprensiva di ogni forma di tutela delle proprie posizioni giuridiche[67]. Si è a tale proposito precisato che se l’accesso è un diritto dell’interessato ammesso in via generale dalla legge n. 241/1990, le compressioni di cui ai commi 2 e 5 dell’art. 53 del Codice rappresentano norme speciali e, comunque, eccezionali, da intendersi in senso restrittivo; invece le deroghe a tali eccezioni, contenute nel comma 6 di tale ultima disposizione, consentendo una riespansione e riaffermazione del diritto generalmente riconosciuto nel nostro ordinamento di accedere agli atti, possono ben essere considerate “eccezioni all’eccezione” e quindi nuovamente regola[68]. 

Nella pronuncia in commento, il giudice amministrativo, muovendo dalla considerazione secondo cui la trasparenza e la riservatezza sono valori primari per l’azione amministrativa, rileva come la legge non ponga una regola di esclusione fondata su una presunzione assoluta che opera ex ante, ma postuli una valutazione in concreto dei motivi addotti a difesa del segreto, per modo che possa non essere preclusivamente vulnerato “l’accesso al concorrente ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto” (cfr. art. 53, ult. cpv. cit.).

Quindi, allineandosi con l’approccio seguito dalla più risalente giurisprudenza e confermando l’insegnamento espresso in specie dalla sentenza testè citata n. 6121 del 2008, la Quinta Sezione afferma che nella sedes materiae in rilievo l’accesso è strettamente legato alla sola esigenza di “difesa in giudizio”: invero, la previsione specifica ivi contemplata consentendo l’accesso, ove necessario, limitatamente alla dimensione processuale è più restrittiva rispetto a quella dell’art. 24, comma 7, l. n. 241/1990, che offre un ventaglio più ampio di possibilità, non ponendo siffatta limitazione[69].

Partendo dalle predette premesse, la soluzione accolta dal Consiglio di Stato è nel senso che, al fine di esercitare il diritto di accesso riguardo a informazioni recanti eventuali “segreti tecnici o commerciali”, sia essenziale dimostrare, non un generico interesse alla tutela dei propri interessi giuridicamente rilevanti, bensì la concreta necessità, intesa in termini di “stretta indispensabilità”, di utilizzo della documentazione in un determinato giudizio.

In particolare, la Sezione, ritenendo di doversi discostare dall’orientamento seguito dal Tar, conclude che l’intento di verificare e sondare l’eventuale opportunità di proporre ricorso giurisdizionale non legittima un accesso meramente esplorativo[70] a informazioni riservate, difettando la dimostrazione della specifica e concreta indispensabilità ai fini di una compiuta difesa giudiziale. E precisa inoltre che tale principio opera altresì nell’ipotesi – quale è quella di specie – in cui l’ostensione esplorativa sia richiesta da parte di chi vi abbia, come l’impresa seconda graduata, concreto e obiettivo interesse.

Il Consiglio di Stato non si allontana dunque da quel suo approdo con cui ha già avuto modo di chiarire che l’accesso “defensionale” “prevale (...) sulle contrapposte esigenze di tutela del segreto tecnico e commerciale (...) solo laddove l’accesso sia azionato in vista della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto nell’ambito della quale viene formulata la richiesta di accesso”[71]. Con la conseguenza che, alla luce della formulazione letterale della norma e dell’interpretazione sistematica del bilanciamento di valori, all’ostensione deve essere assegnata prevalenza nelle sole ipotesi in cui si impugnino atti della procedura di affidamento, ai fini di ottenerne l’annullamento e, comunque, il risarcimento del danno, anche in via autonoma[72].

Nel caso di specie, allo stato, non è dato riscontrare la formalizzazione di alcun ricorso avverso gli esiti della selezione pubblica, la seconda classificata essendosi riservata la valutazione in merito all’esito dell’acquisizione della documentazione richiesta. Di talchè, l’istanza di accesso per ben due volte formulata si presenta come meramente esplorativa nei termini dianzi illustrati e, dunque, non meritoria di accoglimento.

 

[1]Si veda A. Ottolia, Art. 99, in Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza, (a cura di) L. C. Ubertazzi, Milano, 2019, 607 ss.. Cfr. anche R. Franceschelli, in Riv. dir. ind. 62, I, 11; L. Di Franco, Trattato della proprietà industriale, 503. Con riguardo alla prima tutelabilità del segreto industriale dell’introduzione del codice civile, si v. G. Ghiron, Corso di diritto industriale, I, 1 ss.; successivamente all’entrata in vigore del codice civilem, v. T. Ascarelli, Teoria della concorrenza e dei beni immateriali, 250 ss.; Gian Guglielmetti, La concorrenza e i consorzi, Tr. Vassalli, 171 ss.; T. Ravà, Diritto industriale, 168, 357.

[2]Si veda per tutti Z. Zencovich, Cosa, Dig. priv., 454; Id., Informazione (profili civilistici), Dig. priv., 423 ss.; P. Auteri, in AA.VV., Diritto industriale, 508.

[3] A. Ottolia, Art. 98, in Commentario breve alle leggi su proprietà intellettuale e concorrenza, cit., 602 ss.. V. anche gli altri rinvii ivi presenti.

 

[4]In tal senso P. Auteri, in AA.VV., Diritto industriale, 508; Giannelli, AIDA 01, 165; P. Spada, ivi, 97, 7; G. Ghidini, in Riv. dir. ind. 95, I, 49; Giov. Guglielmetti, Contr. e impr. Eur. 97, 49; A. Frignani, Segreti di impresa, Dig. comm., 334.

[5]In tal senso v. M. Bertani, op. cit., 2; Id., AIDA 05, 313; Giov. Guglielmetti, La tutela del segreto, in Le nuove frontiere del diritto dei brevetti, 109 ss.

[6]G. Ghidini, IDI 08, 168.

[7]M. Bertani, AIDA 05, 313.

[8]A. Frignani, op. cit., 338; L. Mansani, IDI 02, 216 ss.; Giov. Guglielmetti, La tutela del segreto, in Le nuove frontiere del diritto dei brevetti, 127; G. Bonelli, IDI 02, 65 ss.. In giurisprudenza, C 91/3011; Trib. Verona, 4 maggio 1996; Trib. Verona, 28 dicembre 1985; App. Firenze, 24 aprile 1976.

[9]L’art. 6 bis., r.d. 29 giugno 1939, n. 1127, recante “Testo delle disposizioni legislative in materia di brevetti per invenzioni industriali”, così prevedeva: “Fermo il disposto di cui all'art. 2598 n. 3 c.c., costituisce atto di concorrenza sleale la rivelazione ai terzi oppure l’acquisizione o utilizzazione da parte di terzi in modo contrario alla correttezza professionale di informazioni aziendali ivi comprese le informazioni commerciali soggette al legittimo controllo di un concorrente ove tali informazioni: a) Siano segrete, nel senso che non siano nel loro insieme o nella precisa configurazione e combinazione dei loro elementi generalmente note o facilmente accessibili agli esperti ed agli operatori del settore; b) Abbiano valore economico in quanto segrete; c) Siano sottoposte da parte delle persone al cui legittimo controllo sono soggette, a misure da ritenersi ragionevolmente adeguate a mantenerle segrete”.

[10]In questo senso per tutti, G. Floridia, in AA.VV., Diritto industriale, 192 ss.

[11]Da ultimo, Trib. Torino, sez. spec. impresa, 15 novembre 2018, n. 5246.

[12]Laddove l’espressione “esperienze tecnico-industriali” contenuta nell’art. 98 c.p.i. sembra rinviare alla nozione di “tecnicità” intesa quale “carattere tecnico”, “effetto tecnico” o “contributo tecnico” (M. Bertani, op. cit., 322). Sono stati riconosciuti proteggibili come informazioni segrete i “disegni esecutivi degli impianti e dei procedimenti per la lavorazione e la produzione di fibre” (Trib. Roma, 31 marzo 2004); le modalità di attuazione di un processo industriale (App. Bologna 19 maggio 1995).

[13]Per quanto riguarda la proteggibilità delle liste clienti, contrariamente a quanto sostenuto in passato dalla giurisprudenza italiana (C 91/3022; Trib. Verona, 4 maggio 1996; Trib. Verona, 28 dicembre 1985), alla luce delle norme introdotte dai TRIPs, attuate in Italia dall’art. 6-bis l.i. e in seguito ribadite negli artt. 98 e 99 c.p.i., è stata affermato che le liste sono tutelabili in quanto segreti di natura commerciale. Inoltre, si è esclusa la sussistenza di informazioni per loro natura riservate, occorrendo che le stesse siano assoggettate a misure di segretezza e abbiano valore economico per poter essere meritevoli di protezione ai sensi degli artt. 98 e 99 c.p.i. (L. Mansani, IDI 02, 219; Trib. Milano, 31 marzo 2004; Trib. Brescia, 29 aprile 2004.

[14]In specie, sono state ritenute meritevoli di tutela la documentazione relativa alla certificazione di qualità UNI, EN, ISO 9001, le informazioni e le procedure attinenti all’amministrazione interna all’azienda (Trib Mantova, 12 luglio 2002, ord.).

[15]Cfr. Trib. Milano, 10 marzo 2011; con particolare riferimento alla tutela del Know how vedi Trib. Bologna, sez. IV, 27 luglio 2015, n. 2340.

[16]A. Ottolia, Art. 98, cit., 606.

[17]G. Guglielmetti, op. cit., 127; contra F. Galgano, I contratti di Know how, in I contratti del commercio, dell’industria e del mercato finanziario, 1126.

[18]V. ad esempio Trib. Bologna, sez. spec. propr. industr. 9 febbraio 2010; Trib. Bologna, sez. IV, 27 luglio 2015, n. 2340, in www.iusexplorer.it

[19]Trib. Milano, 14 febbraio 2012; nello stesso senso, App. Milano, 29 novembre 2002 (4533/1); Trib. Torino, n. 5246/2018, cit..

[20]A. Frignani, op. cit., 87.

[21]G. Floridia, in AA.VV., Diritto industriale, 194.

[22]Trib. Bologna n. 2340/2015, cit.

[23]Si veda Trib. Bologna, 7 febbraio 2014, n. 387; Trib. Bologna, 2 maggio 2017.

[24]G. Sena, I, 275.

[25]Trib. Roma 31 marzo 2004. Non integra il requisito delle misure idonee a garantire la segretezza delle informazioni necessario alla tutela di cui all’art. 98 c.p.i. l’avere unicamente dotato i dipendenti di una semplice password e login e il non avere adottato misure ulteriori (Trib. Milano, 14 febbraio 2012. Nello stesso senso, Trib. Venezia, 20 novembre 2009, citata in Codice commentato della proprietà industriale ed intellettuale (a cura di) Galli-Gambino, Padova, 2011, 908; contra Trib. Bologna, 4 luglio 2008 ord. (5298), in motivazione; Trib. Firenze, 26 novembre 2008 ord. (5316), in motivazione.

[26]V. ad esempio ordinanza Trib. Bologna, sez. spec. propr. industr. 28 settembre 2010.

[27]In specie, negli ora abrogati reg. CE 85/556, relativo a categorie di accordi di licenza di Know how, e reg. CE 88/4087, relativo alle categorie di accordi di franchising, il Know how era definito quale “patrimonio di conoscenze pratiche non brevettate, derivanti da esperienze, o da prove (…) patrimonio che è segreto, sostanziale e accertato”.  

[28]G. Sena, I diritti sulle invenzioni e sui modelli di utilità, in Trattato di diritto civile e commerciale, (diretto da) A. Cicu e F. Messineo, 264. In giurisprudenza, si v. Trib. Torino, 18 aprile 2008, DARTS IP, la quale definisce, vigente l’art. 6-bis, il Know how come “acquisizione di una specifica esperienza pratica”.

[29]G. Sena, op. ult. cit., 278.

[30]G. Sena, op. ult. cit., 267. In giurisprudenza, Trib. Reggio Emilia 15 gennaio 2003.

[31] Trib. Bologna, 21 ottobre 2010. Cfr. Trib. Bologna, 28 settembre 2010, ord.; Trib. Bologna, 20 marzo 2008 (5368/4); Trib. Brescia, 29 aprile 2004 (4744/2); App. Milano, 13 giugno 2007 (5153/1); Trib. Torino, 1 giugno 2001 (4295/1). In dottrina si vedano Vanzetti-DiCataldo, 117; P. Auteri, Commento all’art. 14, in Commentario al Decreto legislativo 19 marzo 1996, n. 198, Le nuove leggi civ. comm., 1998, 131; G. Floridia, Il riassetto della proprietà industriale, Milano, 2006, 385; Traverso, La tutela giurisdizionale del segreto, in Il dir. ind., 2002, 388.

[32]Si veda A. Ottolia, Art. 99, cit., 608. Cfr. anche R. Franceschelli, in Riv. dir. ind. 62, I, 11; L. Di Franco, op. cit., 503; con riguardo alla tutelabilità del segreto industriale prima dell’introduzione del codice civile si v. M. Ghiron, Corso di diritto industriale, I, 1 ss.; successivamente all’entrata in vigore del codice civile v. T. Ascarelli, Teoria della concorrenza e dei beni immateriali, 250 ss.; T. Ravà, op. cit., 168, 357.

[33]G. Sena, I diritti sulle invenzioni e sui modelli di utilità, in Trattato di diritto civile e commerciale, cit., 284.

[34]Cons. St., parere in www.ubertazzi.it, 21 e 28.

[35]Si v. G. Floridia, Le creazioni intellettuali a contenuto tecnologico, 209 ss.; P. Auteri, Nuove leggi civ. comm. 98, 129.

[36]L.C. Ubertazzi, Invenzione e innovazione, 1978; G. Ghidini, IDI 08, 168.

[37]C.d. caso “Grace/Foreco”, Trib. Milano, ord. 3 ottobre 1994; Trib. Milano 2 febbraio 2000; App. Milano 29 novembre 2002.

[38]Si veda A. Ottolia, Protezione dei segreti commerciali (d.lgs. n. 63/18), in Le nuove leggi civili commentate 5/2019, 1091 ss.

[39]Si veda Trib. Bologna, sez. IV, 27 luglio 2015, n. 2340, che richiama Trib. Bologna, n. 516/2010 del 9/2/2010; 1/3/2010; 6/7/2010. Cfr. Cass. pen., sez. V, 20 settembre 2018, n. 48895,la quale afferma che del resto, le informazioni segrete ex art. 98, d.lgs. n. 30 del 2005 non esauriscono l’ambito di tutela delle informazioni riservate nel settore industriale, pur sempre azionabile anche attraverso la disciplina della concorrenza sleale contro gli atti contrari alla correttezza professionale ex art. 2598 n. 3 c.c. nei confronti della scorretta acquisizione di informazioni riservate, ancorché non caratterizzate dai requisiti di segretezza e segretazione di cui all’art. 98, d.lgs. n. 30 del 2005

[40]Da ultimo, Tar Puglia, Bari, sez. I, 4 marzo 2019, n. 315. 

[41]Cons. St., sez. VI, 30 luglio 2010, n. 5062.  

[42]Cfr. da ultimo Tar Campania, Napoli, sez. VI, 7 maggio 2019, n. 2449.

[43]L. Minervini, Accesso agli atti e procedure di affidamento ed esecuzione dei contratti pubblici, in Foro Amministrativo (Il), fasc. 5, 1 maggio 2019, 94; M. Alesio, I presunti segreti tecnici o commerciali, per impedire l’accesso, devono essere puntualmente motivati, nota a Tar Valle d'Aosta, 5 giugno 2017, n. 34, sez. I, in Diritto & Giustizia, fasc. 112, 2017, 3.

[44]Si veda per esempio Cons. Stato, sez. V, 2 ottobre 2019, n. 6603.

[45]Cfr. per esempio Tar Puglia, Bari, sez. I, 7 febbraio 2019, n. 175.

[46]Tar Sardegna, Cagliari, sez. I, 16 gennaio 2008, n. 32.

[47]Cfr. Cons. St., VI, 19 ottobre 1990, n. 6393.

[48]B. Nappi, Art. 53, in Codice dei contratti pubblici annotato con dottrina, giurisprudenza e formule, (a cura di) R. Garofoli-G. Ferrari, I, Roma, 2017.

[49]Cons. St., sez. VI, 10  maggio 2010, n. 2814; Cons. St., sez. VI, 19 ottobre 2009, n. 6393. Si vedano anche Tar Basilicata, Campobasso, 1 giugno 2016, n. 590; Tar Puglia, Bari, sez. I, 22 aprile 2016, n. 546; Tar Lazio, Roma, sez. III-quater, 21 ottobre 2016, n. 10509; Cons. St., sez. V, 30 dicembre 2011, n. 6996. Cfr., ex multis, Tar Lazio, Roma, sez. III, 26 febbraio 2013, n. 2106; Cons. St., sez. VI, 19 ottobre 2009, n. 6393.

[50]Cons. St., sez. V, 9 dicembre 2008, n. 6121.

[51]Tar Puglia, Bari, sez. I, 25 febbraio 2010, n. 678.

[52]Cfr. Tar Lazio, Roma, sez. I, 22 aprile 2010, n. 8015.  

[53]Tar Marche, Ancona, sez. I, 6 febbraio 2015, n. 116 “il bilanciamento tra il diritto di accesso dei soggetti interessati e il diritto alla riservatezza non è stato rimesso alla potestà regolamentare e alla discrezionalità delle singole amministrazioni, ma è stato regolamento compiutamente dalla legge che, nel prevedere la tutela della riservatezza del terzo ha fatto d'altra parte salvo il diritto degli interessati alla visione degli atti relativi ai procedimenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per difendere i propri interessi”.

[54]Tar Lazio, Roma, sez. I, 19 maggio 2018, n. 5583; si veda anche Tar Lazio, Roma, sez. I, 26 ottobre 2017, n. 10738 che ammette la proposizione dell’opposizione alla richiesta di ostensione anche in corso di giudizio.

[55]Tar Valle d’Aosta, sez. unica, 5 giugno 2017, n. 34; Tar Sardegna, Cagliari, 18 aprile 2018, 407; Cons. St., sez. V, 22 settembre 2017 n. 4440; Tar Campania, Napoli, 20 aprile 2018, n. 2626; Tar Veneto, Venezia, 23 maggio 2018, n. 607; Tar Puglia, Lecce, 25 luglio 2018, n. 1259.

[56]Pertanto, è stata ritenuta contrastante con le disposizioni di legge la dichiarazione con la quale l’aggiudicataria si era limitata a non autorizzare la stazione appaltante al rilascio di tutta la documentazione presentata siccome recante informazioni tecnico commerciali e il know how dell’azienda. La suddetta motivazione del diniego all’ostensione, infatti, appare resa con formula generica e steriotipata (Tar Lazio, Roma, 19 maggio 2018, n. 5583, che si è pronunciata dichiarando l’illegittimità del diniego frapposto dalla stazione appaltante alla richiesta di accesso di un concorrente alla documentazione inerente l’offerta tecnica dell’aggiudicatario, ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto di esecuzione di lavori di intervento di risanamento acustico a esito della gara indetta dalla società Autostrade per l’Italia. L’Amministrazione rigettava l’istanza argomentando come il consorzio non avesse autorizzato la stazione appaltante al rilascio di “tutta” la documentazione in quanto recante il know how dell'azienda. Si veda, M. Avino, L’accesso ai documenti di gara tra esigenze di riservatezza e necessità difensive, in Urbanistica e appalti 5/2018

[57]Cfr. Tar, Lombardia, Milano, sez. I, 29 gennaio 2018, n. 251; Tar Lazio, Roma, sez. I, sentenza 19 maggio 2018, n. 5583.

[58] Tar Molise, Campobasso, sez. I, 15 ottobre 2018, n. 607.

[59]Tar Veneto, Venezia, sez. I, 18 luglio 2018, n. 802.

[60]V. ANAC Delibera n. 621 del 4 luglio 2018 relativa a istanza di parere di precontenzioso ex art. 211, comma 1 del d.lgs. n. 50/2016 (STEP s.r.l. - Procedura aperta per l’affidamento del servizio di accertamento e riscossione del canone sulle iniziative pubblicitarie, dei diritti sulle pubbliche affissioni, compresa la materiale affissione dei manifesti e del COSAP); ANAC delibera n. 395 del 12 aprile 2017 e giurisprudenza ivi richiamata (Sibar S.r.l. - Lavori di manutenzione straordinaria per il miglioramento delle condizioni di sicurezza della S.S. 1 “Aurelia” S.S. 398 “Val di Cornia” mediante l’installazione di dispositivi amovibili per chiusura varchi ed attenuatori d'urto in corrispondenza delle uscite e degli svincoli) in www.anac.it.

[61]V. Tar Emilia-Romagna, Parma, sez. I, 25 maggio 2018, n. 142, che chiarisce che l’art. 53, comma 6, d.lgs. n. 50/2016 consente, senza porre alcuna limitazione, l’ostensione ai documenti di gara in favore del concorrente, a fini di difesa in giudizio.

[62]Tar Lazio, Roma, 13 giugno 2018, n. 6614.

[63]Tar Lazio, Roma 13 giugno 2018, n. 6614, che afferma anche che nei casi in cui l’istanza di accesso concerne altresì “informazioni fornite nell'ambito dell'offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell'offerente, segreti tecnici o commerciali”, la prevalenza del diritto a conoscere tali atti ed informazioni emerge limitatamente ai casi in cui l'istante ricorra avverso gli atti della procedura di gara o per conseguire il risarcimento dei danni, anche in via autonoma. In tal senso anche Cons. Stato, sez. IV, 28 luglio 2016, n. 3431.

[64]D. Vaiano, Art. 13, in Codice degli appalti pubblici annotato con dottrina, giurisprudenza e formule, (a cura di) R. Garofoli – G. Ferrari, Roma 2013.

[65]Cons. Stato, sez. V, 9 dicembre 2008, n. 6121

[66]Cons. St., sez. V, 17 giugno 2014, n. 3079.

[67]Il carattere di strumentalità del diritto d’accesso all’esigenza di una difesa in giudizio da parte del richiedente  è stato individuato nella possibilità per l’istante di richiedere l’intervento di ANAC, anche dopo lo spirare del termine di cui all’art. 120, comma 2-bis, c.p.a. La decisione sembra dunque riconoscere al parere di precontenzioso il carattere di vero e proprio rimedio giustiziale, assimilabile alla “difesa in giudizio” ai fini dell'applicazione dell’art. 53, comma 6, d.lgs. n. 50/2016  (Ex multis, Cons. Giust. Amm. Sic., sentenza 23 settembre 2016, n. 324, Tar Campania, Salerno, sez. II, 23 marzo 2015, n. 657; Cons. St., sez. V, 17 giugno 2014, n. 3079, che ha ritenuto legittimo il diniego di accesso opposto all’istante che non aveva tempestivamente impugnato la propria esclusione dalla gara).

[68]Tar Valle d’Aosta, n. 34/2017, cit.; Tar Campania, Napoli, n. 2449/2019, cit..

[69]Da ultimo, Cons. Stato, sez. V, 16 gennaio 2020, n. 399.

[70]Cfr. Tar Veneto, Venezia, n. 802/2018, cit., che precisa altresì che il principio di subordinazione del diritto alla riservatezza dei dati e dei documenti rispetto al diritto di accesso non è assoluto ma relativo. Ossia va applicato tenendo conto delle ragioni effettive che supportano l’esigenza di conoscenza della documentazione in rapporto alla situazione in cui matura la domanda di accesso. Nel caso di specie il giudice ritiene che la ricorrente intendesse utilizzare per scopo meramente esplorativo l’accesso ad alcuni documenti dell’offerta tecnica per i quali era stato opposto il segreto tecnico-industriale derivante da brevetto industriale e dal rischio di plagio da parte delle imprese concorrenti per l’alta tecnologia e innovatività dei prodotti, fondamentali per il futuro del marchio.

[71]Ex multis Cons. Stato, sez. IV, 28 luglio 2016, n. 3431.

[72]Da ultimo, Tar Bari, Puglia, n. 315/2019, cit..