Consiglio di Stato, sez. III, 13 febbraio 2020, n. 1174

1. Quanto agli effetti della mancata dichiarazione del precedente penale, la giurisprudenza ha sottolineato come l’omessa dichiarazione da parte del concorrente di tutte le condanne penali eventualmente riportate, ne comporta senz’altro l’esclusione dalla gara, essendo impedito alla stazione appaltante di valutarne la gravità (Cons. Stato Sez. III, 28/09/2016, n. 4019; Cons. Stato, Sez. IV, n. 834/2016; Cons. Stato, Sez. V, n. 4219/2016, n. 3402/2016).
E’ stato quindi ritenuto che nel caso di omessa dichiarazione di condanne penali riportate dal concorrente, è legittimo il provvedimento di esclusione, conseguendo il provvedimento espulsivo all’omissione della prescritta dichiarazione, che deve essere resa completa ai fini dell’attestazione del possesso dei requisiti di ordine generale e deve contenere tutte le sentenze di condanna subite, a prescindere dalla gravità del reato e dalla sua connessione con il requisito della moralità professionale, la cui valutazione compete esclusivamente alla stazione appaltante. Non può infatti ammettersi che l’individuazione e la selezione delle condotte idonee ad incidere sulla moralità professionale sia rimessa alla valutazione dello stesso concorrente/dichiarante, in tal modo impedendo alla stazione appaltante di valutare la concreta incidenza della singola condanna sulla complessiva moralità professionale dell’interessato. E’ stato costantemente affermato in giurisprudenza che nelle procedure di gara la completezza delle dichiarazioni è già di per sé un valore da perseguire perché consente, anche in ossequio al principio di buon andamento dell’amministrazione e di proporzionalità, la celere decisione in ordine all’ammissione dell’operatore economico alla selezione.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5443 del 2019, proposto da
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Pierluigi Mantini, Giovanni Briola, Marco Giustiniani, Domenico Greco con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, largo Messico 7;

contro

Arca Lombardia S.p.A., Aria - Azienda Regionale per l'Innovazione e gli Acquisti S.p.A., in qualità di società che ha incorporato la società ARCA S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Viviana Fidani, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Cristiano Bosin in Roma, viale delle Milizie n.34;
Regione Lombardia non costituita in giudizio;

nei confronti

Emac S.r.l., Politecnico di Milano non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta) n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente decadenza dell'aggiudicazione della prima fase della procedura ARCA-OMISSIS- relativa all’Appalto pre-commerciale per servizi di ricerca e sviluppo, ai sensi dell'art. 158 comma 2 del D.lgs. 50/2016, funzionali alla realizzazione di un “Sistema meccatronico esoscheletrico per la somministrazione di terapia motoria riabilitativa a pazienti neurologici con disabilità motoria dell'arto superiore”;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Arca Lombardia S.p.A. e di Aria - Azienda Regionale per l'Innovazione e gli Acquisti S.p.A.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 febbraio 2020 il Cons. Stefania Santoleri e uditi per le parti gli avvocati Domenico Greco e Cristiano Bosin su delega di Viviana Fidani;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. - ARCA S.p.A., quale centrale di committenza della Regione Lombardia, ha bandito con determinazione prot. n. ARCA-OMISSIS- marzo 2018, una procedura di appalto pre-commerciale, ai sensi dell’articolo 158, comma 2, D.Lgs. 50/2016, avente a oggetto l’esecuzione di servizi di ricerca e sviluppo funzionali alla realizzazione di un “Sistema meccatronico esoscheletrico per la somministrazione di terapia motoria riabilitativa a pazienti neurologici con disabilità motoria dell’arto superiore”.

Tale procedura era articolata in tre fasi, per cui solamente il superamento della fase prima avrebbe consentito di accedere alla seconda, e il superamento di questa di accedere alla terza.

A tale procedura di gara ha partecipato la società appellante in RTI costituenda con -OMISSIS-, risultando aggiudicataria della prima fase.

All’esito dei controlli sulla sussistenza dei requisiti di partecipazione dichiarati, la stazione appaltante, in data 19 ottobre 2019, ha chiesto chiarimenti all’aggiudicataria avendo riscontrato delle irregolarità nel casellario giudiziale del Presidente del Collegio Sindacale della società -OMISSIS-

Quest’ultima società, con nota del 22 ottobre 2018, ha riscontrato la richiesta di chiarimenti confermando l’inesistenza di iscrizioni nel casellario giudiziale e nei carichi pendenti a carico del Presidente del proprio Collegio Sindacale.

A tale nota ha anche allegato copia dei certificati del casellario giudiziale e dei carichi pendenti e l’autocertificazione, ex art. 46 d.p.r. 445/2000, datata 22 ottobre 2018 dello stesso Presidente, attestante che “non risultano a proprio carico menzioni a casellario giudiziale e carichi pendenti”.

È seguita un’ulteriore interlocuzione tra le parti, e la società appellante ha comunicato di aver depositato, in data 11/1/2019 presso il Tribunale competente l’istanza di estinzione del reato.

Con determinazione -OMISSIS- 18/1/2019 ARCA ha disposto la decadenza dell’aggiudicazione in favore della società -OMISSIS- in considerazione dell’omessa dichiarazione di una condanna per reato a carico del Presidente del Collegio Sindacale della società (sentenza ex art. 444 c.p.p. del Tribunale di Milano in data 6/7/2001, irrevocabile il 27/9/2001 per bancarotta in concorso art. 110 c.p. art. 216 R.D. 16/3/1942 n. 267).

2. – Avverso tale provvedimento la società ricorrente ha proposto ricorso dinanzi al TAR per la Lombardia deducendo, con il primo motivo, l’insussistenza dei presupposti per l’esclusione dalla gara, atteso che:

(i) il reato non dichiarato non rientrava tra quelli di cui al comma 1 dell’articolo 80 del D.Lgs. n. 50/2016;

(ii) il proprio Collegio sindacale non svolgeva funzioni di vigilanza, essendovi un organismo all’uopo costituito;

(iii) non vi era stata alcuna falsa dichiarazione non emergendo la condanna né dal certificato dei carichi pendenti, né dal casellario giudiziario;

(iv) il reato era estinto.

Con il secondo motivo aveva, invece, dedotto il vizio di difetto di motivazione, per non avere il provvedimento gravato, e nemmeno la relazione del RUP richiamata per relationem, esplicitato le ragioni per cui l’omessa dichiarazione del precedente penale – a fronte di certificati negativi – costituisse condotta gravemente colpevole da parte del concorrente.

2.1 - Si è costituita nel giudizio di primo grado ARCA S.p.A. che ha replicato alle doglianze proposte chiedendone il rigetto.

3. - Con sentenza in forma semplificata il TAR ha respinto il ricorso.

4. – Avverso tale decisione la ricorrente ha proposto appello deducendo due motivi di impugnazione e chiedendo la riforma della sentenza appellata.

4.1 - Con l’atto di appello ha anche proposto l’istanza cautelare che è stata rigettata da questa Sezione con ordinanza n. -OMISSIS-.

4.2 - Si è costituita nel giudizio di appello la stazione appaltante che con memoria ha replicato alle doglianze proposte chiedendone il rigetto.

4.3 - L’appellante ha depositato memoria insistendo nelle proprie tesi difensive; ha anche depositato l’istanza, datata 15 gennaio 2020, con la quale ha chiesto alla Sezione di deferire all’Adunanza Plenaria alcuni quesiti ivi indicati.

4.4. – Con atto depositato il 17 gennaio 2020 si è costituita in giudizio ARIA – Azienda Regionale per l’Innovazione e gli Acquisti S.p.A. in qualità di società che ha incorporato la società ARCA S.p.A.

Con tale atto è stata depositata anche la memoria ex art. 73 c.p.a. con la quale la stazione appaltante ha insistito nelle proprie tesi difensive, già articolate, chiedendo il rigetto dell’appello.

5. - All’udienza pubblica del 6 febbraio 2020 l’appello è stato trattenuto in decisione.

6. - Prima di procedere alla disamina delle doglianze proposte, ritiene il Collegio di dover richiamare i presupposti sui quali si fonda la sentenza appellata.

Il TAR ha ritenuto che:

- è irrilevante che il reato non dichiarato non rientri tra quelli che, ai sensi del comma 1 dell’articolo 80 del D.Lgs. n. 50/2016, sono preclusivi della partecipazione alla gara, estendendosi l’obbligo dichiarativo anche a quelle fattispecie astrattamente idonee a porre in dubbio l’affidabilità o l’integrità del concorrente, e tale è sicuramente una condanna per bancarotta fraudolenta, con la conseguenza che l’omissione della dichiarazione è essa stessa idonea ad incidere sull’affidabilità del concorrente (cfr., C.d.S., Sez. V, sentenza n. 1649/2019);

- l’obbligo dichiarativo si estende, giusta quanto dispone l’articolo 80, comma 3, D.Lgs. n. 50/2016, anche ai membri del Collegio sindacale, in virtù dei poteri controllo e, sia pure in via suppletiva, amministrativi che a esso competono secondo la disciplina contenuta negli articoli 2397 e ss. Cod. civ.;

- è irrilevante che la condanna, per effetto dell’accordato beneficio della non menzione, non risultasse dai certificati del casellario giudiziario, posto che colui nei cui confronti la sentenza di condanna è stata pronunciata non può non esserne a conoscenza;

- ancorché l’effetto estintivo del reato sia automatico al concretizzarsi dei presupposti di cui all’articolo 445 Cod. proc. pen., coerentemente con l’orientamento tradizionale che valorizza il dato testuale per cui l’estinzione deve essere “dichiarata” (e che il Collegio ritiene preferibile rispetto ad alcune recenti pronunce di segno contrario), è pur sempre necessaria, affinché venga meno l’obbligo dichiarativo in gara, una pronuncia giudiziale che accerti il verificarsi della fattispecie estintiva (cfr., T.A.R. Toscana, Sez. II, sentenza n. 1041/2018), non potendosi gravare la stazione appaltante di controlli che non le competono;

- il provvedimento impugnato, unitamente agli atti presupposti, rende intellegibile la ragione per la quale il RTI concorrente è stato escluso dalla gara, come dimostra il fatto stesso che con il primo motivo di impugnazione la ricorrente abbia articolato ampie difese contro la sussistenza dei presupposti per la dichiarazione di decadenza dall’aggiudicazione.

7. - Con il primo motivo di appello lamenta l’appellante l’erronea interpretazione dell’art. 80, commi 1 e 5 del d.lgs. 50/2016, nonché dell’art. 57, par. 4, lett. h) della direttiva 2014/24/UE sostenendo che:

- l’obbligo dichiarativo non sussisterebbe in presenza di un reato ormai estinto;

- la sentenza di condanna, risalente al 2001, si sarebbe estinta automaticamente, ai sensi dell’art. 445 c.p.p., con il semplice trascorrere del tempo senza ulteriori condanne, non essendo necessario l’espresso provvedimento di estinzione ex art. 445 c.p.p. del giudice penale;

- tale condanna, comunque, risalirebbe ad una data di molto anteriore al limite quinquennale indicato nel DGUE: pertanto, la dichiarazione resa dal Presidente del Collegio Sindacale sarebbe stata resa in conformità della disciplina di gara;

- la conferma della inesistenza di pregiudizi penali disposta in sede di chiarimenti sarebbe derivata proprio dalla prescrizione contenuta nella lex specialis di gara;

- la richiesta di estinzione del reato sarebbe stata presentata al solo fine di rassicurare la stazione appaltante: pertanto non ricorrerebbe nel caso di specie né l’ipotesi dell’omessa dichiarazione, né tantomeno quella della falsa dichiarazione (art. 80, comma 5, lett. f-bis);

- ai sensi dell’art. 57 par. 4 lett. h) della direttiva 2014/24/UE sarebbe possibile disporre l’esclusione di un operatore economico solo quando si sia reso gravemente colpevole di false dichiarazioni, circostanza che non ricorrerebbe nel caso di specie.

7.1 - Con il secondo motivo l’appellante ha invece dedotto la violazione dell’art. 80, comma 5, d.lgs. 50/2016 sotto altro profilo, la violazione degli artt. 112 c.p.c. e 39 c.p.a. rilevando che:

- il provvedimento di esclusione si limiterebbe a richiamare la proposta del RUP e quest’ultima sarebbe incongrua decretando l’esclusione a causa dell’omessa dichiarazione di una condanna risalente a ben 17 anni prima, sebbene secondo il modello predisposto in sede di gara dovevano essere dichiarate le condanne pronunciate non più di cinque anni prima;

- la richiesta di chiarimenti della stazione appaltante dimostrerebbe la volontà di valutare tale precedente alla stregua dell’art. 80, comma 5, lett. c) e cioè come “grave errore professionale”;

- mancherebbe, in tal caso, ogni valutazione discrezionale sulla moralità ed affidabilità del concorrente necessaria tenuto conto della natura discrezionale del provvedimento di esclusione;

- nella sentenza, il TAR avrebbe motivato la decisione sulla base della relazione tra la condanna del 2001 e l’affidabilità dell’operatore, sebbene l’esclusione fosse stata disposta esclusivamente per l’omessa dichiarazione, incorrendo – quindi – nella violazione dell’art. 112 c.p.c.

8. - Nella propria memoria del 16 luglio 2019 l’appellante ha ribadito le doglianze proposte con l’atto di appello chiedendone l’accoglimento.

9. - Nella successiva memoria del 21 gennaio 2020 l’appellante ha sottolineato l’insussistenza della falsa dichiarazione nel caso di specie, richiamando la più recente giurisprudenza (Cons. Stato, Sez. V, 12 aprile 2019 n. 2407) e ribadendo che nella fattispecie si potrebbe rinvenire l’omessa dichiarazione, ma non di falsa dichiarazione; tale mancanza avrebbe dovuto essere valutata dalla stazione appaltante, tanto più che il DGUE richiedeva di dichiarare le sole sentenze di condanna o di patteggiamento relative agli ultimi 5 anni.

Ha poi aggiunto che l’obbligo dichiarativo per i componenti del Collegio Sindacale riguarderebbe le sole ipotesi di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 80 cit, con la conseguenza che per le ipotesi di cui al comma 5 dello stesso articolo non sussisterebbe l’obbligo di dichiarazione (TAR Lombardia, Milano n. 250/2018; TRGA Trentino Alto Adige, Bolzano, n. 14/2019).

Ha ribadito l’orientamento c.d. “teleologico” secondo cui l’estinzione del reato opera di diritto al solo trascorrere del tempo e non necessita della dichiarazione formale del giudice penale, sottolineando come l’effetto espulsivo della condanna sarebbe stato correlato al solo periodo degli ultimi 5 cinque anni.

9.1 - Con propria memoria ARIA ha replicato alla doglianze proposte insistendo per il rigetto dell’appello.

10. - L’appello è infondato e va, dunque, respinto.

11. - Le due doglianze possono essere esaminate congiuntamente in quanto tra loro connesse.

11.1 - Innanzitutto va disattesa la tesi dell’appellante diretta a sostenere l’intervenuta estinzione, per effetto del mero decorso del termine, del reato di bancarotta fraudolenta, ricompreso – peraltro – nel novero dei reati ritenuti rilevanti ai sensi dell’art. 80, comma 5, d.lgs. 50/2016 dalle Linee Guida ANAC n. 6.

E’ sufficiente richiamare al riguardo i principi espressi dalla giurisprudenza assolutamente prevalente – anche in relazione al vecchio codice degli appalti (d.lgs. 163/06) e ribadita nel regime recato dal vigente codice degli appalti (d.lgs. n. 50/2016) -, secondo cui l'estinzione del reato (che consente di non dichiarare l'emanazione del relativo provvedimento di condanna), sotto il profilo giuridico non è automatica per il mero decorso del tempo, ma deve essere formalizzata in una pronuncia espressa del giudice dell'esecuzione penale, che è l'unico soggetto al quale l'ordinamento attribuisce il compito di verificare la sussistenza dei presupposti e delle condizioni per la relativa declaratoria, con la conseguenza che, fino a quando non interviene tale provvedimento giurisdizionale, non può legittimamente parlarsi di "reato estinto" e il concorrente non è esonerato dalla dichiarazione dell'intervenuta condanna (Cons Stato, sez. V, 12 dicembre 2018 n. 7025; Cons. Stato, Sez. III, 29 maggio 2017, n. 2548; Cons. Stato, III, n. 4118/2016; Cons. Stato, sez. V, 27 ottobre 2015, n. 4848, Cons. St., Sez. V, n. 3105/2015, n. 3092/2014 e n. 4528/2014).

Tale tesi risulta confermata anche dal tenore testuale contenuto nell’art. 80, comma 3, del d.lgs. n. 50/2016, che nell’escludere rilevanza espulsiva al reato indica come lo stesso deve essere stato “dichiarato estinto” (indicando quindi la necessità di una dichiarazione formale del giudice).

Le sentenze rese in senso contrario richiamate dall’appellante si riferiscono al vecchio codice degli appalti che non conteneva l’espresso dato testuale contenuto nell’art. 80, comma 3, cit.

11.2 - Quanto agli effetti della mancata dichiarazione del precedente penale, la giurisprudenza ha sottolineato come l’omessa dichiarazione da parte del concorrente di tutte le condanne penali eventualmente riportate, ne comporta senz'altro l'esclusione dalla gara, essendo impedito alla stazione appaltante di valutarne la gravità (Cons. Stato Sez. III, 28/09/2016, n. 4019; Cons. Stato, Sez. IV, n. 834/2016; Cons. Stato, Sez. V, n. 4219/2016, n. 3402/2016).

E’ stato quindi ritenuto che nel caso di omessa dichiarazione di condanne penali riportate dal concorrente, è legittimo il provvedimento di esclusione, conseguendo il provvedimento espulsivo all’omissione della prescritta dichiarazione, che deve essere resa completa ai fini dell’attestazione del possesso dei requisiti di ordine generale e deve contenere tutte le sentenze di condanna subite, a prescindere dalla gravità del reato e dalla sua connessione con il requisito della moralità professionale, la cui valutazione compete esclusivamente alla stazione appaltante (Cons. Stato, sez. V, 28 settembre 2015, n. 4511).

La giurisprudenza ha costantemente ritenuto che nelle procedure ad evidenza pubblica preordinate all’affidamento di un appalto, l’omessa dichiarazione da parte del concorrente di tutte le condanne penali eventualmente riportate (sempreché per le stesse non sia già intervenuta una formale riabilitazione) può giustificare senz’altro l’esclusione dalla gara, traducendosi in un impedimento per la stazione appaltante di valutarne la gravità.

Non può infatti ammettersi che l’individuazione e la selezione delle condotte idonee ad incidere sulla moralità professionale sia rimessa alla valutazione dello stesso concorrente/dichiarante, in tal modo impedendo alla stazione appaltante di valutare la concreta incidenza della singola condanna sulla complessiva moralità professionale dell’interessato (ex multis, Cons. Stato , Sez. V, 12/3/2019 n. 1649; Cons. Stato, IV, 29 febbraio 2016, n. 834; V, 29 aprile 2016, n. 1641; V, 27 luglio 2016, n. 3402; III, 28 settembre 2016, n. 4019; V, 2 dicembre 2015, n. 5451).

Il principio in questione ha una valenza generale, e trova quindi applicazione anche nelle ipotesi in cui la lex specialis di gara non abbia espressamente previsto l’obbligo per i concorrenti di dichiarare tutte le condanne penali eventualmente riportate (Cons. Stato, V, 10 agosto 2017, n. 3980).

E’ stato costantemente affermato in giurisprudenza che nelle procedure di gara la completezza delle dichiarazioni è già di per sé un valore da perseguire perché consente, anche in ossequio al principio di buon andamento dell'amministrazione e di proporzionalità, la celere decisione in ordine all'ammissione dell'operatore economico alla selezione; pertanto, una dichiarazione che è inaffidabile perché, al di là dell'elemento soggettivo sottostante, è falsa o incompleta, deve ritenersi già di per sé stessa lesiva degli interessi considerati dalla norma, a prescindere dal fatto che l'impresa meriti sostanzialmente di partecipare. L'intero sistema della disciplina delle procedure di evidenza pubblica poggia sulla presentazione, da parte delle imprese concorrenti, di dichiarazioni sostitutive che le vincolano in base all'elementare principio dell'autoresponsabilità e che devono essere rese con diligenza e veridicità (Cons. Stato, sez. IV, 28 luglio 2017, n. 3765).

12. - Nel caso di specie la stazione appaltante ha accertato l’omessa dichiarazione di un precedente penale a carico del Presidente del Collegio Sindacale: la mancata indicazione di tale condanna costituisce di per sé autonoma causa di esclusione; deve confermarsi, infatti, il principio per cui qualsiasi condotta contra legem, ove collegata all’esercizio dell’attività professionale, è di per sé potenzialmente idonea ad incidere con il processo decisionale rimesso alle stazioni appaltanti sull’accreditamento dei concorrenti come operatori complessivamente affidabili (Cons. Stato, III, 29 novembre 2018, n. 6787; V, 13 giugno 2018, n. 3628; V, 25 febbraio 2016, n. 761).

13. - Non convince la tesi dell’appellante diretta a sostenere che tale precedente penale non sarebbe stato dichiarato in quanto il DGUE faceva espresso riferimento agli ultimi cinque anni, in quanto, da un lato, tale riferimento si riferiva agli reati automaticamente ostativi e non si estendeva alle fattispecie valutabili dalla stazione appaltante sotto il profilo dell’integrità ed affidabilità dell’operatore economico, dall’altro, ove davvero vi fossero stati dubbi sull’obbligo di dichiarazione di tale precedente penale antecedente il quinquennio, la concorrente – dopo la richiesta di chiarimenti – avrebbe dovuto comportarsi in modo leale e trasparente, evidenziando le ragioni per le quali aveva erroneamente ritenuto di non dover dichiarare la condanna, mettendo la stazione appaltante in condizione di poter svolgere le proprie valutazioni discrezionali.

E’ infatti indubitabile – a prescindere da quanto riportato nel certificato del casellario giudiziale a richiesta della parte privata, nel quale non sono riportate le condanne che hanno ottenuto il beneficio della non menzione – che il Presidente del Collegio Sindacale fosse a conoscenza della condanna a suo carico per bancarotta fraudolenta, tenuto conto che ha perfino presentato la richiesta di estinzione del reato al giudice competente.

Ciò nonostante, la società appellante ha continuato a sostenere l’inesistenza di pregiudizi penali; il Presidente del Collegio Sindacale ha pure rilasciato un’autodichiarazione in tal senso, provvedendo poi ad attivarsi per richiedere la declaratoria di estinzione del reato.

In tale situazione, legittimamente la stazione appaltante ha decretato l’esclusione dalla gara a causa dell’omessa dichiarazione del precedente penale, costituente di per sé – come già rilevato - autonoma causa di esclusione, comportando l’impossibilità della stazione appaltante di valutare consapevolmente l’affidabilità del concorrente (cfr., per una fattispecie analoga, Cons. Stato, Sez. V, 12/3/2019 n. 1649; Sez. III, 29/11/2018 n. 6787); in ogni caso, anche volendo accedere alla tesi rappresentata dalla recente giurisprudenza segnalata dall’appellante (Cons. Stato, Sez. V, 12 aprile 2019 n. 2407) secondo cui in caso di omessa dichiarazione di un precedente penale tale circostanza deve essere valutata dalla stazione appaltante, la valutazione negativa risulta supportata degli esiti dell’istruttoria di cui si è dato conto in precedenza.

14. – Ne consegue che il lamentato vizio di difetto di motivazione del provvedimento di decadenza dall’aggiudicazione non sussiste, atteso che la scelta dell’Amministrazione emerge in modo chiaro dal tenore del provvedimento impugnato (l’esclusione è stata decretata per omessa dichiarazione di un precedente penale) letta in combinazione con gli atti istruttori che lo hanno preceduto (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 19/10/2018, n. 5984), ai quali si è fatto cenno in precedenza, da cui traspare la condotta quanto meno ondivaga della concorrente, idonea a giustificare l’implicita prognosi sfavorevole sull’affidabilità della stessa (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 12 aprile 2019 n. 2407).

15. - Alla stregua delle suesposte considerazioni, integrate da quelle che seguono, ritiene il Collegio che non ricorrano i presupposti per accogliere l’istanza dell’appellante di deferimento all’Adunanza Plenaria dei quattro quesiti indicati nell’istanza ex art. 99 c.p.a. del 15 gennaio 2020.

15.1 - La prima questione – relativa all’ambito applicativo degli obblighi di dichiarazione ex art. 80, comma 5, c.p.a. per i componenti del Collegio Sindacale - si riferisce ad una doglianza non dedotta né in primo grado, né con l’atto di appello, ma sollevata per la prima volta con la memoria ex art. 73 c.p.a. del 21 gennaio 2020: come tale è inammissibile e quindi non può consentire il deferimento all’Adunanza Plenaria.

15.2 - La seconda questione – relativa all’efficacia automatica dell’estinzione del reato per il solo trascorrere del tempo, in luogo dell’estinzione conseguente all’adozione del formale provvedimento a cura del giudice competente – non necessita del rinvio alla Adunanza Plenaria tenuto conto che la costante giurisprudenza richiamata in precedenza (§11.1) unitamente al dato testuale contenuto nell’art. 80, comma 3, d.lgs. 50/2016 sono idonei a porre fine ai possibili dubbi interpretativi sulla questione.

La giurisprudenza di questo Consiglio di Stato e dei TAR ha costantemente ritenuto che ai fini della partecipazione alle gare pubbliche i candidati non possono effettuare alcun filtro in ordine all'importanza o incidenza della condanna subita sulla moralità professionale, avendo l'obbligo di menzionare tutte le sentenze penali di condanna (e i provvedimenti equiparati). Sono fatti salvi gli effetti dei provvedimenti formali, annotati nel Casellario giudiziale, di estinzione del reato, depenalizzazione, revoca della condanna e riabilitazione, esclusivamente in relazione ai quali i concorrenti non devono rendere alcuna dichiarazione (Cons. Stato, Sez. V, 30/11/2015, n. 5403).

Quanto alla diversa interpretazione suggerita dall’appellante alla luce di due decisioni di questo Consiglio di Stato, è sufficiente rilevare che sia la sentenza della Sezione Sesta n. 2704/2018 che quella della Quinta Sezione n. 4048/2017 richiamate dall’appellante si riferiscono ad una procedura regolata dal vecchio codice degli appalti, nel quale non vi era – all’art. 38 del d.lgs. 163/06 – un’analoga chiara indicazione da parte del legislatore come nell’attuale art. 80 comma 3 cit. in cui, invece, si dispone che “l’espulsione non va disposta (….) quando il reato è stato dichiarato estinto dopo la condanna (….)”, correlando, quindi, la mancata esclusione alla avvenuta declaratoria di estinzione del reato da parte del giudice penale.

15.3 - Anche la terza questione – relativa alla portata applicativa dell’art. 80, comma 10, d.lgs. 50/2016 in relazione agli obblighi di dichiarazione - non è stata dedotta con l’atto di appello, e come tale è inammissibile, e non può giustificare la rimessione all’Adunanza Plenaria.

15.4 – Infine, pure la quarta questione che attiene alla diversità degli effetti conseguenti all’omissione della dichiarazione rispetto alla falsità della dichiarazione, deve ritenersi inammissibile atteso che, nel caso di specie, la stazione appaltante ha motivato l’esclusione dalla gara sulla sola base dell’omessa dichiarazione, sicchè non si pongono problematiche relative all’applicazione dell’art. 80, comma 5, lett. f-bis d.lgs. 50/2016; quanto agli obblighi di motivazione in caso di omessa dichiarazione ritiene il Collegio che siano stati assolti da parte della stazione appaltante (cfr. §14).

16. - In conclusione, per i suesposti motivi, l’appello va respinto e, per l’effetto, va confermata la sentenza di primo grado che ha respinto il ricorso di primo grado.

17. - Tenuto conto della particolarità della fattispecie trattata sussistono i presupposti per disporre la compensazione delle spese relative al grado di appello.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza appellata che ha respinto il ricorso di primo grado.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

Guida alla lettura

Il CDS conferma l’orientamento secondo cui l’omessa dichiarazione di condanne penali determina in ogni caso l’esclusione del concorrente, in quanto la stazione appaltante, in assenza della dichiarazione, non viene messa nella condizione di poter valutare la gravità del reato e quindi di verificare se quest’ultimo sia tale da incidere sulla moralità professionale.

Inoltre, il concorrente, non rendendo la dichiarazione, lede anche l’interesse pubblico generale alla celerità del provvedimento di ammissione/esclusione, in quanto – per lo meno questo sembra essere il punto essenziale del discorso – se non c’è una dichiarazione di base, la stazione appaltante impiega più tempo per effettuare le verifiche sul possesso dei requisiti ex art. 80 e quindi il termine previsto per l’aggiudicazione dell’appalto potrebbe slittare.

Per quanto riguarda il primo aspetto - ossia la PA deve essere messa in condizione di valutare se il reato incide sulla moralità professionale - l’art. 80 comma 5 lett. E) stabilisce l’esclusione del concorrente che si sia “reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità”.

In base a tale norma, tuttavia, ai fini dell’esclusione, occorre che “la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati” che l’illecito professionale del concorrente metta in dubbio l’affidabilità di quest’ultimo.

Il punto è proprio questo: prevedere, in capo alla PA, un onere probatorio, e, al tempo stesso, escludere il concorrente solo perché questi non ha dichiarato ciò che dovrebbe essere oggetto di tale onere (ovvero la commissione dell’illecito professionale), è una contraddizione in termini. Se è la stazione appaltante a dover dimostrare, “con mezzi adeguati”, che il soggetto ha commesso l’illecito, perché mai il soggetto stesso dovrebbe essere escluso per il semplice fatto di non aver dichiarato l’illecito medesimo?

Se l’onere della prova è in capo alla stazione appaltante, ciò indica che deve essere quest’ultima ad eseguire le opportune verifiche in merito, a prescindere dal fatto che l’illecito sia stato o meno dichiarato dal concorrente. Stabilire che la PA debba dimostrare la commissione, da parte del privato, di un illecito,  e poi sanzionare (in tal caso, con l’esclusione dalla procedura di appalto) il privato il quale non abbia menzionato alla PA stessa tale illecito, vuol dire rovesciare i termini del rapporto e di fatto deresponsabilizzare la PA in ordine all’attività di verifica che il legislatore le ha attribuito.

I “gravi illeciti professionali” potrebbero anche non risultare dal certificato del casellario giudiziale o da quello dei carichi pendenti. Essi non necessariamente configurano un reato, in quanto derivano anzitutto dalla violazione delle norme deontologiche e professionali che disciplinano la specifica attività svolta.

Pertanto, fermo restando l’obbligo della PA di acquisire i certificati del casellario e dei carichi pendenti, semmai le prime verifiche relative ad eventuali illeciti professionali dovrebbero essere effettuate presso il Consiglio dell’Ordine Professionale di appartenenza. Se quest’ultimo rilascia alla stazione appaltante un certificato da cui risulti che il concorrente ha realmente commesso un illecito professionale, allora si potrà affermare che la stazione appaltante ha adempiuto in modo corretto all’onere probatorio di cui all’art. 80 comma 5 lett. E), e quindi solo in tal caso il provvedimento di esclusione del concorrente potrà considerarsi legittimo.

Per quanto riguarda il secondo aspetto – ossia il concorrente, non rendendo la dichiarazione, lede anche l’interesse pubblico generale alla celerità del provvedimento di ammissione/esclusione – sembra quasi che l’adempimento dell’obbligo dichiarativo costituisca lo strumento senza il quale non può essere attuato il principio costituzionale del buon andamento dell’attività amministrativa.

L’art. 43 del D.P.R. 445/2000 – “accertamenti di ufficio” - prevede “la consultazione diretta, da parte di una pubblica amministrazione o di un gestore di pubblico servizio, degli archivi dell’amministrazione certificante, finalizzata all’accertamento d’ufficio di stati, qualità e fatti ovveroal controllo sulle dichiarazioni sostitutive”. 

Ritenere che qualsivoglia attività di verifica della PA debba essere subordinata alla previa presentazione di una dichiarazione sostitutiva dell’interessato, non soltanto significa istituire una strana forma di obbligatoria partecipazione del privato ad adempimenti che sono ad esclusivo carico dell’Autorità amministrativa, ma risulta impedito persino dalla legge che disciplina le dichiarazioni sostitutive, in quanto tale legge, nel prevedere l’obbligo dichiarativo, fa comunque salvo anche l’obbligo della PA di provvedere ad acquisire di ufficio le informazioni necessarie ad un procedimento amministrativo corretto e trasparente.

Altra considerazione.

L’art. 108 comma 1 lett. C) del D.lgs. 50/2016 prevede la risoluzione del contratto di appalto nel caso in cui la stazione appaltante scopra che l’appaltatore, al tempo dell’aggiudicazione, non era in possesso dei requisiti ex art. 80. E non può esservi altro modo di scoprire ciò se non mediante la richiesta (all’Agenzia delle Entrate per la regolarità fiscale, alla Procura della Repubblica per casellario e carichi pendenti, all’Ispettorato del Lavoro per le violazioni dei minimi retributivi previsti dai CCNL) di rilascio dei relativi certificati, a prescindere dal fatto che l’appaltatore avesse o meno reso la dichiarazione in merito al possesso dei suddetti requisiti. L’appaltatore originariamente potrebbe anche non aver rilasciato la dichiarazione, ma ciò non toglie che comunque la stazione appaltante debba continuare, per tutta la durata dell’appalto, a verificare tale possesso. Cosa succederebbe se in corso di contratto l’appaltatore non rinnovasse le proprie autocertificazioni (che hanno validità semestrale)? La stazione appaltante dovrebbe forse risolvere il contratto per il semplice fatto di tale mancato rinnovo, affidando l’appalto ad altri? O non dovrebbe piuttosto preoccuparsi di eseguire le verifiche, autonomamente e direttamente, presso gli Enti certificanti, che, fino a prova contraria, sono deputati a tale funzione? 

Detto tutto ciò, forse si dovrebbe iniziare a ripensare criticamente il meccanismo dell’esclusione automatica per il semplice fatto della omessa dichiarazione. Continuare a non farlo significa deresponsabilizzare la stazione appaltante in ordine ai propri obblighi di verifica delle posizioni di regolarità dell’appaltatore (ossia: il concorrente non ha reso la dichiarazione, e quindi l’Ente aggiudicatore è esentato dal verificare di ufficio i requisiti!), nonché perpetuare provvedimenti di esclusione dalle procedure nei confronti di soggetti i quali magari non hanno commesso nessuno dei fatti previsti dall’art. 80 come cause di esclusione e però si sono dimenticati di dichiarare di non averli commessi.

E pensare che si continua a parlare di “favor partecipationis”….