Consiglio di Stato, n. 1212 del 17.02.2020

1. E’ infatti principio ripetuto nella giurisprudenza formatasi nella vigenza del precedente Codice dei contratti pubblici, e ribadito anche con riferimento al nuovo Codice, che nelle procedure a evidenza pubblica preordinate all’affidamento di un appalto l’omessa dichiarazione da parte del concorrente di tutte le condanne penali eventualmente riportate (sempreché per le stesse non sia già intervenuta una formale riabilitazione), anche se attinenti a reati diversi da quelli contemplati nell’art. 38, comma 1, lett. c) d.lgs. n. 50 del 2016, può giustificare senz’altro l’esclusione dalla gara, traducendosi in un impedimento per la stazione appaltante di valutarne la gravità. Non trovano pertanto applicazione in materia gli istituti – di derivazione penalistica – del falso innocuo e del falso inutile (ex multis, Cons. Stato, IV, 7 luglio 2016, n. 3014), la completezza delle dichiarazioni costituendo, in materia di pubblici appalti, un autonomo valore da perseguire, in quanto strumentale alla celere decisione in ordine all’ammissione dell’operatore economico alla procedura: proprio per tale motivo, ai sensi dell’art. 80, una dichiarazione falsa o incompleta è di per sé inaffidabile, anche al di là delle effettive intenzioni del suo autore.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 2595 del 2019, proposto da
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Maurizio Boifava, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;

contro

-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Andrea Di Lascio, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
-OMISSIS-, non costituita in giudizio;

nei confronti

-OMISSIS-, in proprio e quale mandataria del RTI con -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Luca Raffaello Perfetti, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
-OMISSIS-, G.Eco s.r.l., non costituite in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione staccata di Brescia (sezione prima), n. -OMISSIS-, resa tra le parti.

Visto il ricorso in appello;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del -OMISSIS-;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del 14 novembre 2019 il Cons. Anna Bottiglieri e uditi per le parti gli avvocati Boifava, Caracciolo su delega di Di Lascio e Cassano su delega di Perfetti;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

FATTO

La -OMISSIS- bandiva una procedura aperta per l’affidamento quinquennale dei servizi integrati di igiene urbana nel territorio del -OMISSIS-, che si concludeva con l’aggiudicazione del 30 novembre 2018 a favore del raggruppamento temporaneo di imprese tra -OMISSIS-, mandataria, -OMISSIS-.

-OMISSIS-, gestore uscente secondo classificato, impugnava l’aggiudicazione e gli atti presupposti con ricorso e motivi aggiunti proposti innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione staccata di Brescia. Domandava: l’annullamento degli atti gravati; l’ostensione integrale ex art. 116 Cod. proc. amm. di una comunicazione di -OMISSIS-del 18 settembre 2018, che aveva informato la stazione appaltante di aver appreso, dopo aver proposto istanza di partecipazione alla gara, di una condanna ex art. 444 Cod. proc. pen. a carico del presidente del suo collegio sindacale, poi dimessosi, che la stazione appaltante le aveva inviato in forma secretata; la declaratoria di inefficacia del contratto eventualmente stipulato nelle more con il RTI controinteressato; il subentro nello stesso; in via subordinata, il risarcimento del danno per equivalente.

Nel giudizio così proposto si costituivano in resistenza il -OMISSIS- e -OMISSIS- in proprio e quale mandataria del RTI aggiudicatario.

L’adito Tribunale (sezione prima), con sentenza n. -OMISSIS-, respingeva l’impugnativa ritenendola in parte inammissibile e in parte infondata e dichiarava la sopravvenuta carenza di interesse in relazione all’istanza ex art. 116 Cod. proc. amm., perchè l’Amministrazione aveva spontaneamente depositato in giudizio la comunicazione oggetto di richiesta in forma integrale; condannava -OMISSIS- alle spese di lite in favore di entrambe le parti resistenti.

Il primo giudice, in estrema sintesi:

- riteneva tardivi ai sensi dell’art. 120, comma 2-bis Cod. proc. amm. i primi due motivi dell’atto introduttivo del giudizio, volti all’esclusione dell’aggiudicataria (per atipicità del proposto raggruppamento; per falsa/omessa dichiarazione ex art. 80, comma 5, lett. c) e f-bis), d.lgs. 50/2016);

- riteneva infondato il terzo motivo, ritenendo che l’omessa indicazione nell’offerta tecnica dei profili professionali di parte del personale che l’aggiudicataria intendeva coinvolgere nel servizio non era una carenza essenziale;

- riteneva infondati il quarto e il quinto motivo, afferenti al giudizio di congruità dell’offerta dell’aggiudicataria e alla competenza allo svolgimento del relativo subprocedimento, rilevando l’insindacabilità della discrezionalità amministrativa esercitata dalla commissione di gara nell’effettuare le relative valutazioni, di cui era stata espressamente officiata dalla lex specialis;

- respingeva, senza esaminare l’eccezione preliminare di tardività svolta da -OMISSIS- i motivi aggiunti che all’esito della completa conoscenza della predetta comunicazione 18 settembre 2018 ribadivano l’illegittimità della mancata esclusione di -OMISSIS- ai sensi dell’articolo 80, comma 1, lett, b) e b-bis), ritenendo immune da mende il giudizio di non rilevanza del precedente emesso dalla stazione appaltante sull’affidabilità del concorrente.

-OMISSIS- ha appellato la predetta sentenza, deducendo: 1) Error in iudicando in relazione alla reiezione del motivo aggiunto, anche sesto motivo, per violazione degli artt. 80 del d. lgs. 50/2016 e 46, 47 e 76 del d.P.R. 445/2000 nonché delle linee guida Anac n. 6, motivazione perplessa, contraddittoria e travisante; 2) Error in iudicando in relazione alla reiezione del quarto motivo per violazione dell’art. 97 del d. lgs. 50/2016, motivazione perplessa, contraddittoria e travisante; 3) Error in iudicando in relazione alla reiezione del quinto motivo per violazione degli artt. 31, 77 e 97 del d. lgs. 50/2016 e delle linee guida Anac n. 3, motivazione perplessa, contraddittoria e travisante; 4) Error in iudicando in relazione alla dichiarazione di inammissibilità dei primi due motivi, violazione dell’art. 120, comma 2-bis del d. lgs. 104/2010. Ha concluso per la riforma della sentenza impugnata e l’accoglimento del suo ricorso di primo grado.

-OMISSIS- in qualità di mandataria del RTI aggiudicatario, ha proposto ricorso incidentale, con il quale, dedotto error in iudicando, violazione e falsa applicazione dell’art. 120, comma 2-bis Cod. proc. amm., ha sostenuto l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui non ha ritenuto irricevibili per tardività anche dei motivi aggiunti.

Il -OMISSIS- si è costituito in resistenza, illustrando l’infondatezza dell’appello principale e chiedendone la reiezione.

Con memoria depositata il 14 maggio 2019 -OMISSIS-ha chiesto lo stralcio dagli atti di giudizio degli estratti di una precedente memoria di -OMISSIS- riguardanti atti di indagini ancora in corso, perché inconferenti e lesivi della privacy dei soggetti coinvolti e dell’immagine del gruppo societario cui essa appartiene, in rispetto del principio di correttezza processuale e dei doveri di lealtà e probità di cui all’art. 88 Cod. proc. civ..

Con ordinanza n. -OMISSIS-la Sezione ha accolto l’istanza cautelare dell’appellante principale, sospendendo per l’effetto l’esecutività della sentenza appellata.

Tutte le parti hanno affidato a memorie e repliche lo sviluppo delle proprie argomentazioni difensive e la confutazione di quelle avverse.

La causa è stata indi trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 14 novembre 2019.

DIRITTO

1. Sia l’appellante principale -OMISSIS- che l’appellante incidentale -OMISSIS-lamentano gli errori, di rito e di merito, in cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata nell’apprezzamento delle censure svolte da -OMISSIS-, in ordine all’illegittimità, per violazione dell’art. 80 del d.lgs. 50/2016, dell’ammissione di -OMISSIS-alla gara di cui in fatto e della conseguente aggiudicazione disposta in suo favore.

Il punto va immediatamente affrontato, trattandosi di una questione suscettibile, se fondata, di condurre all’accoglimento dell’appello principale.

2. Occorre quindi illustrare che -OMISSIS- ha formulato la censura in parola nel secondo motivo del suo ricorso di primo grado, sulla base di un atto trasmessole dal -OMISSIS- in forma secretata. Si tratta della comunicazione 18 settembre 2019, con cui -OMISSIS- prima della seduta del seggio di gara dedicata alla definitiva ammissione dei concorrenti, ha informato la stazione appaltante di aver appreso, solo dopo la presentazione della domanda di partecipazione alla procedura, dell’esistenza di una condanna ex art. 444 Cod. proc. pen. a carico del presidente dimissionario del suo collegio sindacale, rappresentando le iniziative adottate al riguardo.

Nel corso del giudizio di primo grado, il Comune ha spontaneamente depositato in giudizio tale comunicazione in forma integrale, di cui -OMISSIS- aveva chiesto l’esibizione ex art. 116 Cod. proc. amm..

-OMISSIS- ha allora avanzato mediante motivi aggiunti una pretesa identica a quella originariamente azionata ex comma 5, lett. c) e f-bis) dell’art. 80 del d.lgs. 50/2016: l’esclusione di -OMISSIS-dalla gara a causa della predetta vicenda penale. Ha ampliato peraltro il titolo della relativa censura, invocando anche il comma 1, lett, b) e b-bis della stessa disposizione.

La sentenza appellata ha ritenuto tardivo il secondo motivo di ricorso e, senza esaminare l’eccezione di tardività al riguardo spiegata da -OMISSIS- ha esaminato nel merito i mezzi aggiunti, respingendoli.

In relazione alle censure svolte negli appelli in esame su tali statuizioni, va stabilito, nell’ordine: se anche i motivi aggiunti di -OMISSIS- erano tardivi, come sostiene -OMISSIS-nell’unico motivo del suo appello incidentale; se il secondo motivo di ricorso di -OMISSIS- era tempestivo, come sostiene -OMISSIS- nell’appello principale; in ogni caso, se la sentenza appellata è incorsa in errore respingendo i motivi aggiunti di -OMISSIS-, come pure sostenuto da quest’ultima nell’appello principale.

3. Per affrontare i primi due quesiti, va evidenziato che nella causa in esame trova applicazione l’art. 120, comma 2-bis Cod. proc. amm., che ha introdotto nella materia che occupa il rito c.d. “super-accelerato”, “super-speciale” o “sulle ammissioni ed esclusioni”, disposizione abrogata dall’art. 1, comma 22, lett. a) del d.l. 18 aprile 2019, n. 32, convertito dalla l. 14 giugno 2019, n. 55, che ha disposto (comma 23) che la norma abrogatrice si applica ai processi iniziati dopo l’entrata in vigore della legge di conversione (18 giugno 2019), novero in cui non rientra l’impugnativa di -OMISSIS-, proposta nel gennaio 2019.

Tanto chiarito, si rammenta che l’art. 120, comma 2-bis recita che “Il provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni ad essa all’esito della valutazione dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali va impugnato nel termine di trenta giorni, decorrente dalla sua pubblicazione sul profilo del committente della stazione appaltante, ai sensi dell’articolo 29, comma 1, del codice dei contratti pubblici […] L’omessa impugnazione preclude la facoltà di far valere l’illegittimità derivata dei successivi atti delle procedure di affidamento, anche con ricorso incidentale”).

Il predetto meccanismo, la cui finalità era quella di “cristallizzare” la platea dei partecipanti alla gara pubblica mediante la previsione di un giudizio atto a definire ogni relativa questione prima dell’esame delle offerte e dell’aggiudicazione (Cons. Stato, Ad plen. n. 4 del 2018), ha determinato la necessità di definire con esattezza il momento della conoscenza da parte degli interessati degli atti idonei a far decorrere il breve termine di impugnativa di cui trattasi.

A tanto ha provveduto l’art. 29 del Codice dei contratti pubblici di cui al d. lgs. 50 del 2016. L’articolo - la cui formulazione attuale è frutto delle modifiche apportate dal già citato d.l. 32/2019 in conseguenza dell’abrogazione del rito super-accelerato - nella versione originaria stabiliva le modalità di pubblicazione da parte della stazione appaltante degli atti conclusivi della predetta fase ai fini della eventuale proposizione del “ricorso ai sensi dell’articolo 120 del codice del processo amministrativo”. Il decreto correttivo del Codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56 aveva poi emendato la disposizione, introducendovi, tra l’altro, un nuovo periodo, prevedente che il termine per l’impugnazione dei provvedimenti che determinano le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni ad essa all’esito della valutazione dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali “decorre dal momento in cui gli atti […] sono resi in concreto disponibili, corredati di motivazione”.

Per effetto della novella, la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato si è prevalentemente orientata nel senso di escludere l’applicabilità del rito super-accelerato in carenza della pubblicazione dei provvedimenti di ammissione ed esclusione dalla gara nelle forme previste dall’art. 29 del Codice dei contratti pubblici, ritenuta la sola formalità in grado di fare decorrere il relativo termine decadenziale e, come tale, insuscettibile di essere supplita dalla conoscenza aliunde acquisita degli stessi provvedimenti (da ultimo, Cons. Stato, V, 22 ottobre 2019, n. 7187; III, 17 giugno 2019, n. 4025; V, 15 maggio 2019, n. 3151; 22 marzo 2019, n. 1923; III, 25 febbraio 2019, n. 1312; V, 11 febbraio 2019, n. 985; V, 21 novembre 2018, n. 6574). L’opzione ha comportato il riconoscimento dell’inapplicabilità alla materia de qua delle regole generali sulla conoscibilità dell’atto amministrativo e della sua lesività (art. 41, comma 2 e 120, comma 5, ultima parte Cod. proc. amm.). Alcune decisioni hanno anche evidenziato che le modifiche apportate all’art. 29 del Codice dei contratti pubblici dal citato decreto correttivo hanno avuto carattere meramente esplicativo della interdipendenza che previsione normativa ha sin da subito posto tra l’adempimento da parte della stazione appaltante delle previste formalità pubblicitarie e il rito super-accelerato (espressamente, Cons. Stato, III, 29 marzo 2019, n. 2079; implicitamente, V, 8 gennaio 2019, n. 173).

Del resto, anche la Corte di Giustizia, con ordinanza 14 febbraio 2019 resa nella causa C-54/18, nel ritenere la compatibilità del rito in parola con i principi di diritto euro-unitario stabiliti per le procedure di ricorso contro atti di procedure di affidamento di contratti pubblici, ha sottolineato la necessità che i provvedimenti emessi nella fase delle ammissioni fossero accompagnati dall’esposizione dei motivi pertinenti, così da garantire la conoscenza da parte degli interessati dei vizi di legittimità eventualmente verificatisi nella stessa fase.

In ogni caso, un consistente orientamento giurisprudenziale ha escluso la possibilità, precedentemente dibattuta, di ritenere equipollente alla pubblicazione la presenza di un rappresentante dell’impresa concorrente alla seduta di gara in cui l’ammissione è stata disposta (da ultimo, Cons. Stato, III, 17 giugno 2019, n. 4025; 25 febbraio 2019, n. 1312; V, 15 maggio 2019, n. 3151; 5 aprile 2019, n. 2243; 11 febbraio 2019, n. 985; 27 dicembre 2018, n. 7256; 7 novembre 2018, n. 6292; 22 ottobre 2018, n. 6005).

Un opposto orientamento, a cui ha aderito la sentenza appellata, ha invece ammesso la decorrenza del termine breve di impugnativa in relazione alla piena conoscenza dell’atto aliunde acquisita (Cons. Stato, VI, 9 luglio 2018, n. 4180; 13 dicembre 2017, n. 5870; V, 23 marzo 2018, n. 1843).

4. A questo punto va evidenziato che per affermare la tardività della censura con cui -OMISSIS- aveva contestato nel ricorso introduttivo del giudizio (secondo motivo) l’ammissione alla gara di -OMISSIS-il primo giudice ha rilevato:

a) che la stazione appaltante non aveva effettuato la pubblicazione sul sito dei provvedimenti di ammissione ai sensi dell’art. 29 del d.lgs. 50/2016;

b) che tali determinazioni erano state assunte nella seduta pubblica del 21 settembre 2018, alla presenza dei rappresentanti delle parti e previa disamina di tutta la documentazione pervenuta;

c) che le stesse erano state comunicate individualmente ai concorrenti via PEC tramite la piattaforma SINTEL nella stessa data;

d) che il 12 novembre 2018 era stata inviata a -OMISSIS- tutta la documentazione relativa all’aggiudicazione provvisoria a favore di -OMISSIS-

e) che la comunicazione di -OMISSIS-relativa al precedente penale emerso a carico del presidente del suo collegio sindacale era stata trasmessa a -OMISSIS- il 20 novembre 2018.

Sulla base di tali presupposti, e chiarito di aderire al precitato orientamento secondo cui la piena conoscenza dell’atto di ammissione della controinteressata, acquisita prima o anche in assenza della sua pubblicazione sul profilo telematico della stazione appaltante, può provenire da qualsiasi fonte e determina la decorrenza del termine decadenziale per la proposizione del ricorso mediante il rito super-accelerato, il primo giudice ha ritenuto che l’onere di immediata impugnazione del provvedimento di ammissione del RTI capeggiato da -OMISSIS-era decorso “quanto meno” dal 20 novembre 2018, data in cui la stazione appaltante aveva trasmesso a -OMISSIS- la comunicazione 18 settembre 2018 della stessa -OMISSIS- mentre il ricorso di -OMISSIS- era stato notificato solo il 28 dicembre 2018; da cui la tardività del motivo che aveva contestato l’illegittimità dell’ammissione in gara di -OMISSIS-

Il primo giudice ha poi esaminato nel merito, respingendola, la stessa censura proposta con motivi aggiunti, senza previamente delibare sull’eccezione di tardività al riguardo spiegata da -OMISSIS-

5. Tanto chiarito, il Collegio può passare, secondo l’ordine logico rappresentato al precedente capo 2, all’esame congiunto dell’appello incidentale di -OMISSIS- che sostiene che anche i motivi aggiunti di -OMISSIS-, come il secondo motivo del ricorso cui accedono, avrebbero dovuto essere dichiarati tardivi anziché respinti, e del quarto motivo dell’appello principale di -OMISSIS-, che sostiene, di contro, la tempestività del suo secondo motivo, dichiarato tardivo.

5.1. L’appello incidentale di -OMISSIS-è infondato.

Il bando in esame è stato spedito per la pubblicazione il 20 giugno 2018.

Viene pertanto in rilievo nella fattispecie l’art. 29, comma 1 del Codice dei contratti pubblici nella versione emendata dal d.lgs. n. 56 del 2017, vigente dal 20 maggio 2017 al 18 aprile 2019, che stabilisce che “Il termine per l’impugnativa di cui al citato articolo 120, comma 2-bis, decorre dal momento in cui gli atti di cui al secondo periodo sono resi in concreto disponibili, corredati di motivazione”, nonché la giurisprudenza richiamata al precedente capo 3, cui il Collegio convintamente aderisce, che esclude la possibilità di ritenere equipollente agli adempimenti pubblicitari di cui al detto art. 29, comma 1 – che nella specie, pacificamente, non sono stati assolti – la presenza di un rappresentante dell’impresa concorrente alla seduta di gara in cui l’ammissione è stata disposta.

Va data in particolare continuità al principio, ripetutamente affermato da questo Consiglio di Stato (da ultimo, V, 5 aprile 2019, n. 2243; 8 gennaio 2019, n. 173; 21 novembre 2018, n. 6574; 7 novembre 2018, n. 6292) che ha escluso che l’eventuale presenza di un delegato di un concorrente alla seduta di gara deliberativa delle ammissioni possa fare decorrere il termine decadenziale per proporre il ricorso ex art. 120, comma 2-bis Cod. proc. amm., dovendosi, invece, a questo fine farsi esclusivo riferimento alla data di pubblicazione sul profilo del committente dei provvedimenti relativi a questa fase, ai sensi dell’art. 29 del Codice dei contratti pubblici (Cons. Stato, V, 29 ottobre 2018, n. 6139; 8 giugno 2018, n. 3481; III, 8 febbraio 2018, n. 1765), in quanto le ragioni di questo orientamento restrittivo riposano sul carattere speciale, derogatorio, e pertanto di stretta interpretazione, del “rito super speciale” sulle ammissioni ed esclusioni, in relazione al quale sono tassativamente richieste le formalità pubblicitarie prima richiamate e in difetto delle quali “l’impresa sarebbe costretta a produrre un ricorso al buio” (così, Cons. Stato, III, 26 gennaio 2018, n. 565).

E’ quindi da respingere la tesi di -OMISSIS-laddove fondata sulla presenza di rappresentanti di -OMISSIS- alla seduta di gara del 21 settembre 2018, anche a prescindere dal contenuto di quanto esaminato dalla commissione valutatrice in tale seduta.

Anche gli ulteriori elementi evidenziati da -OMISSIS-non convincono.

In particolare, l’invio del 12 novembre 2018 a -OMISSIS- della documentazione relativa all’aggiudicazione provvisoria della gara non poteva far sorgere alcun dubbio in capo alla società sulla legittimità della presupposta ammissione, in quanto non risulta che -OMISSIS-, alla stessa data, avesse la disponibilità della comunicazione di -OMISSIS-18 settembre 2018 relativa al predetto precedente penale.

Quanto, invece, alla trasmissione a -OMISSIS- della comunicazione in parola, avvenuta il 20 novembre 2018, basti osservare che il documento è stato trasmesso in forma secretata, ovvero “omissando” il titolo di reato imputato al presidente del collegio sindacale di -OMISSIS-ex 444 Cod. proc. civ., elemento che alla luce dell’art. 80 del Codice dei contratti pubblici non è di poco rilievo.

Tale circostanza esclude che, come sostenuto da -OMISSIS-nell’appello incidentale, alla data del 20 novembre 2018, “la ricorrente aveva perfettamente contezza delle presunte cause di esclusione del RTI aggiudicatario”: tale contezza è infatti avvenuta solo il 14 gennaio 2019, quando la stazione appaltante ha depositato spontaneamente in giudizio tale comunicazione in versione integrale, ciò che ha consentito a -OMISSIS- di apprezzare appieno i possibili riflessi delle circostanze ivi indicate in ordine alla partecipazione di -OMISSIS-alla gara.

E rispetto a tale data, i motivi aggiunti, proposti da -OMISSIS- il 31 gennaio 2019, sono tempestivi (art. 120, comma 5, Cod. proc. amm.).

Non è infine decisivo il rilievo di -OMISSIS-che la comunicazione “omissata” non ha impedito a -OMISSIS- di proporre il motivo dell’atto introduttivo del giudizio relativo alla omissione/falsità della dichiarazione ex art. 80 d.lgs. 50/2016 presentata in gara da di -OMISSIS- A prescindere dalla tempestività o meno di tale motivo, su cui in immediato seguito, si tratta, infatti, proprio di quella tipologia di impugnazione, avente finalità cautelativa in vista della possibile decorrenza dei termini decadenziali della domanda demolitoria, e che la sopra richiamata giurisprudenza definisce “al buio”, cui il concorrente è costretto a ricorrere in carenza di una compiuta conoscenza dei presupposti di fatto e di diritto e delle ragioni degli atti amministrativi avverso i quali intende ricorrere, e che non soddisfa il suo diritto di difesa, se non seguita da ulteriori contestazioni da formularsi all’esito dell’accesso a tali elementi. Si tratta, in altre parole, dello scenario che il rito super-accelerato intendeva evitare, e che si è manifestato nel caso di specie a causa della non corretta applicazione del principio di trasparenza nella fase dell’ammissione dei concorrenti alla gara de qua da parte della stazione appaltante.

Pertanto, in definitiva, -OMISSIS-non può fondatamente dolersi che il primo giudice abbia esaminato nel merito i motivi aggiunti di -OMISSIS- (peraltro respingendoli) invece che dichiararli tardivi.

5.2. Il quarto motivo dell’appello principale di -OMISSIS- è, di contro, meritevole di positiva valutazione.

In particolare, sono condivisibili le censure che -OMISSIS- indirizza avverso la parte della sentenza impugnata che ha dichiarato la tardività del secondo motivo del suo ricorso originario, facendo erroneamente decorrere il termine di impugnazione dell’ammissione di -OMISSIS-“quantomeno” dal 20 novembre 2018.

In particolare, alla luce dei principi e delle considerazioni svolte ai precedenti capi 3 e 5.1, l’atto introduttivo del giudizio di -OMISSIS- era ricevibile anche relativamente ai due primi motivi (e segnatamente al secondo), rientranti nell’ambito di applicazione dell’art. 120, comma 2-bis Cod. proc. amm., perché l’inosservanza da parte della stazione appaltante degli oneri pubblicitari previsti dall’art. 29, comma 1, del d.lgs. n. 50 del 2016, nel testo applicabile ratione temporis, è come visto di ostacolo alla decorrenza del termine breve di impugnazione previsto dal rito super-accelerato.

In ogni caso, poi, la conclusione del primo giudice non convince anche volendo considerare l’orientamento giurisprudenziale cui il medesimo ha dichiarato di aderire, atteso che la “piena conoscenza” valorizzata da tale orientamento non può dirsi integrata in capo a -OMISSIS- alla data del 20 novembre 2018 considerata nella sentenza appellata: a tale data la società non era infatti stata posta in grado di avere esatta cognizione della vicenda penale che aveva interessato il presidente dell’organo sindacale di -OMISSIS- perchè la comunicazione 18 settembre 2018 di -OMISSIS-ricevuta dalla stazione appaltante le era stata trasmessa in forma “omissata” in relazione a uno dei suoi elementi essenziali, ovvero al titolo di reato oggetto di sentenza ex art. 444 Cod. proc. pen..

Solo quando la stazione appaltante ha versato in atti il documento in forma integrale -OMISSIS- ha potuto apprendere quale fosse l’imputazione penale (bancarotta fraudolenta, artt. 216, 219 e 223 d.P.R. 267/1942; false comunicazioni sociali, art. 2621 Cod. civ.) e la pena comminata all’ex presidente del collegio sindacale di -OMISSIS-(reclusione di anni uno e mesi sei, con la concessione del beneficio della sospensione condizionale).

Indi, il primo giudice avrebbe dovuto in ogni caso considerare la regola generale secondo cui, per l’impugnazione dei provvedimenti di ammissione, è necessario conoscere i contenuti della documentazione presentata dall’operatore economico (tra altre, Cons. Stato, V, 31 ottobre 2018, n. 6187; IV, 21 marzo 2016, n. 1135; V, 15 gennaio 2013, n. 170; V, 5 novembre 2012, n. 5588; III, 13 maggio 2012, n. 2993; IV, 2 settembre 2011, n. 4973; V, 25 luglio 2011, n. 4454).

Del resto, di tale regola lo stesso giudice sembra aver fatto applicazione esaminando nel merito i motivi aggiunti di -OMISSIS-.

6. Le conclusioni appena raggiunte conducono alla riforma della sentenza appellata nella parte in cui ha dichiarato tardivo il secondo motivo dell’atto introduttivo del giudizio di -OMISSIS-.

7. Occorre quindi esaminare, sempre nell’ambito del percorso delineato al precedente capo 2, il primo motivo dell’appello principale, con cui -OMISSIS- sostiene l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha respinto i suoi motivi aggiunti.

7.1. Il primo giudice ha ritenuto legittima l’ammissione alla gara di -OMISSIS-pur in presenza del predetto precedente penale carico del presidente del collegio sindacale della società, non risultante dal casellario giudiziale, valorizzando i seguenti elementi: che la società, incolpevolmente, ne aveva appreso l’esistenza solo dopo aver presentato la domanda di partecipazione alla gara e ne aveva dato immediata informazione al seggio di gara; che la società aveva adottato adeguate misure di dissociazione dalla condotta penalmente rilevante, estranea alla società; che la società, in quanto partecipata totalitariamente da una s.p.a., a sua volta avente come socio unico altra s.p.a. quotata in borsa, “è dotata del massimo livello delle procedure di verifica e controllo dei propri partecipanti”.

7.2. Le censure che -OMISSIS- ha formulato avverso tali argomentazioni sono fondate.

7.3. Il primo giudice ha ritenuto che gli elementi rappresentati da -OMISSIS-fossero rispondenti a quanto richiesto dal comma 7 dell’art. 80 del d.lgs. 50/2016 (che stabilisce che “Un operatore economico, o un subappaltatore, che si trovi in una delle situazioni di cui al comma 1, limitatamente alle ipotesi in cui la sentenza definitiva abbia imposto una pena detentiva non superiore a 18 mesi ovvero abbia riconosciuto l’attenuante della collaborazione come definita per le singole fattispecie di reato, o al comma 5, è ammesso a provare di aver risarcito o di essersi impegnato a risarcire qualunque danno causato dal reato o dall’illecito e di aver adottato provvedimenti concreti di carattere tecnico, organizzativo e relativi al personale idonei a prevenire ulteriori reati o illeciti”).

Ma la fattispecie era estranea all’istituto della dissociazione considerato dal primo giudice.

E’ infatti principio ripetuto nella giurisprudenza formatasi nella vigenza del precedente Codice dei contratti pubblici, e ribadito anche con riferimento al nuovo Codice, che nelle procedure a evidenza pubblica preordinate all’affidamento di un appalto l’omessa dichiarazione da parte del concorrente di tutte le condanne penali eventualmente riportate (sempreché per le stesse non sia già intervenuta una formale riabilitazione), anche se attinenti a reati diversi da quelli contemplati nell’art. 38, comma 1, lett. c) d.lgs. n. 50 del 2016, può giustificare senz’altro l’esclusione dalla gara, traducendosi in un impedimento per la stazione appaltante di valutarne la gravità (Cons. Stato, 13 marzo 2019, n. 1649, che cita, ex multis, Cons. Stato, IV, 29 febbraio 2016, n. 834; V, 29 aprile 2016, n. 1641; 27 luglio 2016, n. 3402; 2 dicembre 2015, n. 5451; III, 28 settembre 2016, n. 4019).

La mancata indicazione delle condanne rilevanti ai sensi dell’art. 80 del d.lgs. 50/2016 costituisce indi autonoma causa di esclusione, comportando l’impossibilità della stazione appaltante di valutare consapevolmente l’affidabilità del concorrente, che opera per il tramite dei suoi organi, e di dare in tal modo applicazione alla regola che impone la presenza del requisito dell’onorabilità sin dalla proposizione dell’offerta e per tutta la durata della gara e del rapporto (in caso di aggiudicazione), senza soluzione di continuità. Per converso, l’attività di dissociazione non può giammai assumere valore esimente con riferimento agli amministratori in carica al momento di presentazione della domanda di partecipazione (Cons. Stato, V, 7 giugno 2017, n. 2727; III, 1° luglio 2015, n. 3274).

Non è poi significativa l’assenza di coscienza e volontà da parte di -OMISSIS-nell’omissione dichiarativa, pure valorizzata dal primo giudice: ai fini della sussistenza o meno della fattispecie di cui all’art. 80, comma 5, lett. f-bis del d.lgs. n. 50 del 2016 rileva infatti esclusivamente il fatto materiale e oggettivo del falso, a prescindere dunque dall’animus soggettivo che l’ha ispirato, tant’è che la disposizione attribuisce attribuito al dolo o alla colpa ai soli fini dell’ulteriore adozione, da parte dell’Anac, di sanzioni di carattere interdittivo (art. 80, comma 12).

Non trovano pertanto applicazione in materia gli istituti - di derivazione penalistica - del falso innocuo e del falso inutile (ex multis, Cons. Stato, IV, 7 luglio 2016, n. 3014), la completezza delle dichiarazioni costituendo, in materia di pubblici appalti, un autonomo valore da perseguire, in quanto strumentale alla celere decisione in ordine all’ammissione dell’operatore economico alla procedura: proprio per tale motivo, ai sensi dell’art. 80, una dichiarazione falsa o incompleta è di per sé inaffidabile, anche al di là delle effettive intenzioni del suo autore; non è pertanto decisivo ai fini di cui si discute che la società, nel rendere a suo tempo la dichiarazione per cui è causa, abbia fatto incolpevolmente affidamento sul certificato del casellario giudiziale dell’ex presidente del collegio sindacale, dal quale non risultava alcun precedente.

Da quanto sopra deriva l’infondatezza delle difese con cui il -OMISSIS- sostiene che, siccome la condanna in parola consiste in una pena non superiore ai 18 mesi, e considerando ulteriormente che l’esistenza del precedente penale (volutamente celato dall’interessato) è stata comunicata da -OMISSIS-non appena questa ne è venuta a conoscenza, la società era ammessa a provare, ai sensi del combinato disposto dei commi 7 e 8 dell’art. 80 del Codice dei contratti pubblici e al fine di evitare l’esclusione dalla gara, di aver adottato provvedimenti concreti di carattere tecnico, organizzativo e relativi al personale idonei a prevenire ulteriori reati o illeciti.

7.4. Quanto appena osservato conduce già di per sé all’accoglimento del primo motivo dell’appello principale di -OMISSIS-, avente valenza assorbente di ogni altra censura dalla medesima proposta.

7.5. Non appare però superfluo segnalare che la sentenza appellata, illustrati al capo 5.2 i già citati elementi difensivi rappresentati da -OMISSIS- li ha fatti propri al capo successivo, con la locuzione “sulla scorta di tali elementi…” che precede la valutazione di infondatezza delle censure di -OMISSIS-, e che così facendo, il primo giudice è incorso, innanzitutto, in un errore sul fatto, validando, mediante la descritta tecnica espositiva, l’affermazione di -OMISSIS-di aver “risolto” il rapporto con il presidente del suo collegio sindacale non appena conosciuto il precedente penale: emerge infatti incontestatamente dal fascicolo di causa e costituisce fatto esposto anche nella comunicazione 18 settembre 2018 che quest’ultimo ha presentato le dimissioni dalla carica rivestita in seno alla società il 9 agosto 2018.

Da tale errore discende un errore ulteriore, che colpisce quella che, nella rappresentazione della sentenza (nella parte in cui, come detto, recepisce acriticamente le argomentazioni di -OMISSIS-, è la principale misura dissociativa che è stata (erroneamente) attribuita alla società: la “risoluzione” del rapporto con il predetto soggetto e l’adozione delle “misure organizzative necessarie alla ricostituzione dell’organo” cui egli precedentemente partecipava.

Infatti, per quanto sopra, non è ravvisabile il ruolo attivo esercitato dalla società nell’allontanamento di tale soggetto evocato dalla medesima (anche nelle memorie difensive qui proposte) con il riferimento a una “risoluzione” giammai avvenuta, mentre la ricostituzione dell’organo si rivela una mera e necessaria conseguenza delle dimissioni presentate dal soggetto stesso.

Sicchè, le iniziative rappresentate in giudizio da -OMISSIS-– anche laddove esse potessero essere qualificate come misure dissociative, il che, come visto, non è – si riducono, in sostanza, alla denuncia penale sporta dalla società in relazione alle “false certificazioni” rese dall’ex presidente del collegio sindacale in occasione delle autocertificazioni periodiche, atteso che, come ulteriormente chiarito da -OMISSIS-nella memoria depositata il 14 maggio 2019 (pag. 5, punto c), la società non ha neanche avviato azione volta a ottenere il risarcimento del danno, ritenendo che “un danno attuale e concreto non era ancora stato subito”.

8. Resta da esaminare l’istanza formulata da -OMISSIS-con memoria 14 maggio 2019.

La sentenza appellata ha come visto valorizzato anche le difese di -OMISSIS-di appartenere a un gruppo societario che, per le sue caratteristiche, garantirebbe il “massimo livello delle procedure di verifica e controllo dei propri rappresentanti”.

-OMISSIS-, con memoria depositata il 13 maggio 2019, all’espresso fine di confutare tale argomentazione, ha rappresentato che un componente del consiglio di amministrazione di una di tali società è interessato da indagini penali, come emergente da atti pubblicati su quotidiani on line.

Con l’istanza in esame -OMISSIS-ha chiesto lo stralcio dagli atti di giudizio degli estratti di tale memoria, perché riguardanti indagini ancora in corso e inconferenti e lesivi della privacy dei soggetti coinvolti e dell’immagine del gruppo societario cui essa appartiene, in rispetto del principio di correttezza processuale e dei doveri di lealtà e probità di cui all’art. 88 Cod. proc. civ..

Il Collegio, nell’esercizio del potere discrezionale che gli pertiene nella materia (da ultimo, Cass. civ., II, 5 giugno 2018, n. 14364), previamente sottolineato che né le predette argomentazioni di -OMISSIS- nè gli elementi sui quali esse fondano hanno concorso alla formazione dei convincimenti sopra raggiunti, interamente fondati sulla interpretazione di norme di legge siccome rinveniente da consolidata giurisprudenza, ritiene che la richiesta di -OMISSIS-non possa essere accolta, non essendo stata ipotizzata la violazione di un segreto istruttorio penale e non potendo dirsi tali argomentazioni estranee all’odierna controversia, stante la loro connessione con la tipologia di illegittimità oggetto di giudizio (indiretta) e con gli elementi offerti alla cognizione del giudice dalla stessa parte richiedente (diretta); per le stesse ragioni, è da escludere anche l’asserita violazione del principio di correttezza processuale e dei doveri di lealtà e probità di cui all’art. 88 Cod. proc. civ..

9. In definitiva, l’appello incidentale di -OMISSIS-deve essere respinto, mentre l’appello principale di -OMISSIS- deve essere accolto, disponendosi, per l’effetto, la riforma della sentenza appellata e l’annullamento degli atti gravati in primo grado, nei limiti dell’interesse dell’appellante principale.

Non vi è invece luogo a disporre sulle altre domande pure formulate da -OMISSIS-, atteso che, per quanto consta, il contratto con -OMISSIS-non è stato stipulato per effetto della misura cautelare disposta dalla Sezione con ordinanza -OMISSIS-

Stante la particolarità della vicenda controversa e il suo andamento, sussistono giusti motivi per disporre la compensazione tra le parti delle spese di lite dell’intero giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello di cui in epigrafe, respinge l’appello incidentale e accoglie l’appello principale, disponendo, per l’effetto, la riforma della sentenza appellata e l’annullamento degli atti gravati in primo grado, nei limiti dell’interesse dell’appellante principale.

Compensa tra le parti le spese di lite dell’intero giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Guida alla lettura

Secondo il CDS deve essere confermato l’orientamento giurisprudenziale il quale sostiene che la mancata od incompleta dichiarazione dei requisiti ex art. 80 sia idonea a legittimare un provvedimento di esclusione del concorrente anche se la mancanza od incompletezza si riferiscono a fattispecie di reato diverse da quelle previste dallo stesso art. 80, e ciò in quanto il semplice fatto dell’assenza o lacunosità della dichiarazione è indice di scarsa affidabilità del concorrente.

La criticache si può fare a tale orientamento è la seguente, ed è basata su un’interpretazione sistematica dell’art. 80.

In base al comma 7 della norma, “un operatore economico, o un subappaltatore, che si trovi in una delle situazioni di cui al comma 1, limitatamente alle ipotesi in cui la sentenza definitiva abbia imposto una pena detentiva non superiore a 18 mesi ovvero abbia riconosciuto l'attenuante della collaborazione come definita per le singole fattispecie di reato, o al comma 5, è ammesso a provare di aver risarcito o di essersi impegnato a risarcire qualunque danno causato dal reato o dall'illecito e di aver adottato provvedimenti concreti di carattere tecnico, organizzativo e relativi al personale idonei a prevenire ulteriori reati o illeciti”.

Quindi il concorrente ha il diritto di non essere escluso se dimostra di aver adottato misure volte a riparare le conseguenze non già, genericamente, di un qualsiasi reato, ma solo ed esclusivamente dei reati previsti dall’art. 80. 

Se si continua ad aderire all’orientamento giurisprudenziale sopra citato, il paradosso è che da un lato si attribuisce al concorrente l’onere di porre in atto meccanismi di riparazione, al limite anche nella forma risarcitoria, atti ad eliminare gli effetti dei reati previsti dal Codice dei Contratti, ma dall’altro lato si punisce con l’esclusione (a quanto pare, senza alcuna possibilità di soccorso istruttorio) il concorrente il quale non ha mai commesso nessuno dei suddetti reati e la cui unica colpa è stata quella di aver omesso di dichiarare (o di aver dichiarato solo parzialmente) di aver riportato condanne per reati diversi da quelli disciplinati dal Codice stesso, concorrente il quale viene quindi punito (irreversibilmente) perché, avendo taciuto alla PA di aver commesso tali differenti reati, ha “tradito la fiducia” di quest’ultima, che non lo reputa quindi degno di contrarre.

Secondo il suddetto orientamento, quindi, la violazione del rapporto di fiducia che si instaura con la stazione appaltante deve misurarsi anche sulla base di fattispecie di reato che non rientrano nell’ambito di quelle disciplinate dal Codice: l’operatore economico, per il semplice fatto di entrare in contatto con la PA, è tenuto ad avere un comportamento corretto in tutto e per tutto, e qualsiasi omessa (od incompleta) dichiarazione assume una rilevanza negativa, che deve condurre alla sua esclusione dalla procedura anche quando il mancato adempimento dell’obbligo dichiarativo non ha ad oggetto nessuno dei reati previsti quali cause di esclusione.

A parere di chi scrive, continuare ad avallare una tesi del genere si pone in contrasto con alcuni principi del Codice i quali rivestono il carattere di criteri generali dell’agire della stazione appaltante: 

p. es. non può dirsi certamente rispettato il principio di proporzionalità di cui all’art. 30 comma 1 se da un lato si ammette alla procedura il concorrente che abbia risarcito i danni cagionati da un reato previsto come causa tipica di esclusione e dall’altro si esclude il concorrente il quale mai sia stato autore di tale reato ed abbia omesso di dichiarare di aver commesso un reato che il Codice non prevede espressamente come causa di esclusione; 

p. es. il comma 1 lett. G) dell’art. 80 punisce con l’esclusione il concorrente che abbia commesso un reato dal quale sia derivata, quale pena accessoria, l’incapacità di contrarre con la PA.

L’incapacità di contrarre altro non è che una valutazione negativa in ordine alla “dignità” di un soggetto di instaurare con la PA un rapporto negoziale.

Ebbene, tale incapacità è disciplinata dall’art. 32 quater c.p., ed è prevista da tale norma quale effetto della commissione di determinati e specifici reati.

Quindi è il legislatore, e non la singola stazione appaltante, a dettare le condizioni ed a prevedere i casi in presenza dei quali un soggetto “non è degno” di contrarre: la valutazione circa l’affidabilità di un soggetto non la fa la stazione appaltante, la fa direttamente la legge, e la falsa dichiarazione non è contemplata dall’art. 32 quater tra i reati a cui consegue l’incapacità (nel senso di “indegnità”) di contrarre.

Pertanto, continuare a sostenere che deve essere escluso anche il concorrente il quale non abbia dichiarato reati diversi da quelli di cui all’art. 80 vuol dire che la stazione appaltante, in dispregio della disciplina dettata dal legislatore in merito all’incapacità di contrarre, può sempre operare proprie autonome valutazioni discrezionali, che non collimano con tale disciplina. 

p. es. continuare a sostenere la suddetta tesi vuol dire rinnegare il principio del favor partecipationis.

Tale principio assume un carattere talmente immanente all’intero impianto normativo del Codice da dover essere applicato anche nell’ambito dei contratti esclusi dalla disciplina degli appalti (l’art. 4 stabilisce infatti i principi di parità di trattamento, trasparenza e pubblicità), e dall’altra parte invece il medesimo principio viene rinnegato quando si tratta di escludere dalla procedura un concorrente per non aver dichiarato condanne per reati diversi da quelli previsti dal Codice come causa di esclusione.

Francamente, non è dato sapere perché la giurisprudenza si ostini nel ribadire convintamente l’orientamento qui criticato.

Certamente, tale atteggiamento non può essere considerato come il modo migliore per conferire ai principi di concorrenza e di massima partecipazione quello spessore che essi meritano, in quanto costituenti il fondamento stesso del Codice.