Cons. Stato, Sezione V, 20 gennaio 2020, n. 441

1.      La ricordata pronunzia, premesso che in generale il mancato adempimento di un obbligo imposto da una norma comunitaria non comporta l’illegittimità e la caducazione degli atti della procedura successivamente adottati, ha statuito che l’annullamento dell’intera procedura consegue alla mancata pubblicazione del bando di gara nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, mentre la normativa dell’Unione in materia di appalti pubblici non prevede una simile conseguenza in caso di mancato rispetto dell’obbligo di preinformazione di cui all’art. 7, paragrafo 2, del Regolamento n. 1370/2007: secondo una giurisprudenza costante della Corte, spetta pertanto all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro disciplinare le modalità procedurali intese a garantire la tutela dei diritti riconosciuti ai singoli in forza del diritto dell’Unione, purchè tali modalità non siano meno favorevoli rispetto alle misure analoghe di carattere interno (principio di equivalenza), né rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività).

2.      La lesione lamentata deve conseguire in via immediata e diretta, e non soltanto potenziale e meramente eventuale, alle determinazioni dell’amministrazione e all’assetto di interessi delineato dagli atti di gara, in relazione a profili del tutto indipendenti dalle vicende successive della procedura e dai correlati adempimenti; inoltre, i motivi immediatamente escludenti devono avere natura oggettiva e non inerire meramente a pretese situazioni soggettive, ascrivibili ad un giudizio meramente individuale di non convenienza della commessa.

3.      D’altra parte neppure ricorre l’ipotesi che le condizioni dell’affidamento imposte dal bando, per l’immanente irragionevolezza e illogicità, siano strutturate in modo tale da integrare una palese violazione dei principi fondamentali che sottendono alla predisposizione della lex specialis di gara.

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 1860 del 2019, proposto da
Consorzio Trasporti Italiani - CO.TR.I., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Stefania Miccoli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Fiumicino, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Maria Cristina Colacino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Confservizi Lazio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Sebastiano Capotorto, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso il suo studio in Roma, via di San Domenico, n. 20;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Seconda, 20 dicembre 2018, n. 12424, resa tra le parti;

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Fiumicino e di Confservizi Lazio;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 ottobre 2019 il consigliere Angela Rotondano e uditi per le parti gli avvocati Stefania Miccoli e Vincenzo Colacino, su delega di Maria Cristina Colacino e Sebastiano Capotorto;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

1. Con determina a contrarre n. 1948 del 31 maggio 2018, il Comune di Fiumicino (di seguito “il Comune”), previa approvazione della relazione ai sensi dell’art. 34, comma 20, della legge n. 221 del 2012, ha indetto la gara per l’affidamento del servizio di organizzazione e gestione della rete dei servizi di trasporto pubblico locale (“TPL”) nel territorio comunale, per la durata di settantadue mesi e il valore di euro 24.507.080,65, incaricandone dell’espletamento la Confservizi Lazio (d’ora in avanti “Confservizi”), in qualità di stazione appaltante.

2. Il Consorzio Trasporti Italiani (di seguito “COTRI”), consorzio di imprese operante nel settore dei servizi di TPL principalmente nel territorio della Regione Lazio, che non ha partecipato alla gara in oggetto (per la quale hanno presentato invece la propria offerta altri quattro operatori economici), ha impugnato dinanzi al Tribunale amministrativo per il Lazio il bando (pubblicato il 16 giugno 2018 in G.U.C.E. e il successivo 18 giugno in G.U.R.I.) e gli altri atti di gara (disciplinare, capitolato prestazionale e allegati, relazione tecnico illustrativa e linee guida PEA), nonché tutti gli atti connessi, presupposti, conseguenti e conseguenziali, chiedendone l’annullamento per violazione di legge ed eccesso di potere (sub specie di illogicità, carenza di ragionevolezza e proporzionalità, difetto di istruttoria).

2.1. In particolare, COTRI - premesso di avere interesse e legittimazione ad impugnare immediatamente la lex specialis di gara, pur non avendo presentato domanda di partecipazione e senza attendere l’esito della gara, alla luce dei consolidati principi giurisprudenziali in materia di impugnazione di clausole immediatamente escludenti tali da impedire al concorrente l’utile presentazione di un’offerta - ha formulato, con i due motivi di ricorso articolati, le seguenti censure:

“1) Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 42 Cost.; Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 7, par. 2, Regolamento (CE) 1370/2007; Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 37, commi 2 e 3, del D.L. 201/2011; Violazione della Deliberazione ART n. 49/2015; Violazione dei principi di pubblicità, trasparenza e di concorrenza;”

“2) Violazione e/o falsa applicazione artt. 4 e 6 del Regolamento 1370/2007; Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 17 D.Lgs. 422/1997; Violazione e/o falsa applicazione art. 27, comma 8-bis, D.L. 50/2017; Violazione art. 1, comma 84, L. 147/2013; Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 41 Cost. ; Violazione e/o falsa applicazione della L.R. 30/1998; Violazione e/o falsa applicazione dei principi di concorrenza; Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 37, comma 2, lett. f) del D.L. 201/2011; In riferimento alla mancata approvazione della relazione ex art. 34 D.L. 179/2012 e del Piano Economico Finanziario: Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 48 del D.L. 50/2017; Violazione Deliberazione Autorità Regolazione dei Trasporti n. 49 del 2015 e n. 48 del 2017; Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3bis, comma 1-bis, D.L. 138/2011; Eccesso di potere per illogicità –carenza di proporzionalità – carenza di ragionevolezza – carenza di pertinenza e congruità - carenza di istruttoria e difetto di motivazione – sviamento”.

2.3. Con tali doglianze, ulteriormente arricchite con i motivi aggiunti depositati a seguito della produzione in giudizio da parte delle Amministrazioni resistenti di atti della procedura in precedenza non conosciuti (tra cui il Piano economico finanziario), il Consorzio ricorrente ha lamentato che la gara bandita si connotasse per la complessiva violazione di plurime disposizioni di settore finalizzate a garantire la contendibilità delle procedure di assegnazione dei servizi di trasporto pubblico locale (che è settore in cui la definizione di un sistema di regolazione, per l’estrema rilevanza degli interessi pubblici in gioco, deve assicurare, al contempo, la massima partecipazione e il necessario svolgimento del servizio pubblico).

2.4. In dettaglio, con il primo motivo di ricorso è stata denunciata l’illegittimità degli atti gravati sotto il profilo della violazione degli obblighi di trasparenza e pubblicità previsti a livello europeo, richiamati anche nella delibera dell’Autorità di regolazione trasporti (“ART”) n. 49 del 2015, per la mancata pubblicazione dell’avviso di preinformazione secondo quanto disposto dall’art. 7, par. 2, Reg. UE. N. 1370/2007, in virtù del quale: “Ciascuna autorità competente prende i provvedimenti necessari affinché, almeno un anno prima dell’inizio della procedura di gara o un anno prima dell’aggiudicazione diretta del contratto, siano pubblicate nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, come minimo le seguenti informazioni: a) nome e indirizzo dell’autorità competente; b) tipo di aggiudicazione previsto; servizi e territorio potenzialmente interessati dall’aggiudicazione”.

2.5. Con un secondo ordine di censure è stata lamentata l’eccessiva onerosità e l’obiettiva mancanza di convenienza economica della commessa, come delineata negli atti di gara, siccome inficiati da un’evidente carenza di istruttoria e, nel complesso, da abnormità, contraddittorietà e indeterminatezza: in particolare, l’omessa predisposizione del Piano Economico Finanziario Simulato, previsto dalla Deliberazione ART n. 49/2015 e dall’art. 3 bis del D.L. n. 138 del 2011, l’assoluta incapienza della base d’asta e l’insufficienza del corrispettivo (determinato in violazione delle prescrizioni di cui all’art. 27 del D.L. n. 50 del 2017 e del relativo D.M. n. 157 del 2018 e ben al di sotto del parametro normativo del c.d. costo standard e come tale inidoneo a remunerare il servizio), avrebbero impedito di predisporre un’offerta seria e attendibile.

3. Con la sentenza segnata in epigrafe l’adito Tribunale ha dichiarato inammissibile il ricorso introduttivo, come integrato dai motivi aggiunti, così accogliendo l’ eccezione preliminare sollevata dalle amministrazioni resistenti per difetto di legittimazione ed interesse ad agire, non ricorrendo nel caso di specie le condizioni per l’impugnazione immediata del bando anche da parte dell’operatore che non ha partecipato alla procedura.

4. Avverso tale sentenza COTRI ha proposto appello, chiedendone la riforma per i seguenti motivi: “I. Error in iudicando sulla sussistenza dell’interesse ad agire e sulla qualificazione della procedura; Violazione dei principi giurisprudenziali in tema di interesse ad impugnare e di clausole “escludenti”; Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 42 Cost.; Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 7, par. 2, Regolamento (CE) 1370/2007; Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 37, commi 2 e 3, del D.L. 201/2011; Violazione della Deliberazione ART n. 49/2015; Violazione dei principi di pubblicità, trasparenza e di concorrenza; Carenza assoluta di motivazione; II. Error in iudicando sulla sussistenza dell’interesse ad agire; Violazione dei principi giurisprudenziali in tema di interesse ad impugnare e di clausole “escludenti”; Violazione e/o falsa applicazione dei principi di trasparenza, imparzialità e libera concorrenza; Eccesso di potere per contraddittorietà, indeterminatezza ed illogicità – carenza di proporzionalità – carenza di ragionevolezza – carenza di pertinenza e congruità – carenza di istruttoria e difetto di motivazione – sviamento; Violazione e/o falsa applicazione artt. 4 e 6 del Regolamento 1370/2007; Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 17 D.Lgs. 422/1997; Violazione e/o falsa applicazione art. 27, comma 8-bis, D.L. 50/2017; Violazione art. 1, comma 84, L. 147/2013; Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 41 Cost.; Violazione e/o falsa applicazione della L.R. 30/1998; Violazione e/o falsa applicazione dei principi di concorrenza; Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 37, comma 2, lett. f) del D.L. 201/2011.”

4.1. Si sono costituiti in giudizio il Comune e Confservizi, argomentando diffusamente nelle memorie difensive depositate sull’infondatezza del gravame e sulla correttezza della sentenza impugnata.

4.2. All’udienza pubblica del 3 ottobre 2019, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

5. Con il primo motivo di appello COTRI assume l’erroneità della pronuncia per non aver ritenuto ammissibile la censura afferente la mancata pubblicazione dell’avviso di preinformazione di cui all’art. 7 del Regolamento UE n. 1370/2007.

5.1. In primo luogo, avrebbe errato il primo giudice nel qualificare la fattispecie de qua in termini di appalto di servizi (anziché di concessione) e nel ritenere inapplicabile l’art. 7, par. 2 del Regolamento (richiamando sul punto un obiter dictum di Cons. Stato, Sez. V, 21 giugno 2018, n. 3822), sebbene gli stessi atti di gara qualificano la fattispecie come concessione e tale natura del contratto non è mai stata oggetto di contestazione da parte delle amministrazioni resistenti

5.2. Le (erronee) conclusioni del Tribunale sarebbero poi contraddette, oltre che dalle sentenze - rese in sede di rinvio pregiudiziale - dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE, C-518/17, del 20 settembre 2018; CGUE, C-292/15, del 27 ottobre 2016), anche dalla stessa lettera degli artt. 5 e 7 del Regolamento, dai quali si evince che le uniche disposizioni del Regolamento europeo non applicabili in caso di appalto di servizi sono i paragrafi da 2 a 6 dell’art. 5, che indicano le diverse modalità di affidamento consentite; dal che discende, in base alla regola generale, l’applicazione immediata di tutte le altre disposizioni del Regolamento (tra cui l’art. 7, paragrafo 2), senza alcuna distinzione tra appalti e concessioni di servizi di TPL.

5.3. Secondo l’appellante poi quella giurisprudenza della Corte di Giustizia avrebbe ulteriormente confermato che “ai fini dell’aggiudicazione di un appalto di servizio pubblico di trasporto di passeggeri con autobus (…) non debbano applicarsi soltanto le disposizioni di cui all’articolo 5, paragrafi da 2 a 6, del regolamento n. 1370/2007, mentre restano applicabili le altre disposizioni di tale regolamento” (CGUE, C-292/15, sentenza 27 ottobre 2016) e, per quanto qui rileva, che “l’obbligo di informazione di cui all’art. 7, par. 2 del Regolamento si applica ad appalti di servizi pubblici di trasporto con autobus che sono, in linea di principio, aggiudicati conformemente alle procedure previste dalla direttiva 2014/24/CE (…) o dalla direttiva 2014/25/CE” (Corte di Giustizia dell’Unione Europea, c- 518/17, del 20 settembre 2018).

5.4. La macroscopica omissione degli obblighi di pubblicazione del predetto avviso renderebbe, ad avviso degli appellanti, censurabili le conclusioni cui è pervenuto il primo giudice che, pur muovendo da una corretta ricostruzione dei principi generali in tema di legittimazione a ricorrere avverso gli atti indittivi di una gara pubblica, non li avrebbe correttamente applicati al caso di specie, ritenendo inopinatamente inammissibile la doglianza che non avrebbe indicato le ragioni della dedotta esiguità dei termini stabiliti per la presentazione delle domande di partecipazione alla gara.

5.5. Secondo l’appellante la mancata pubblicazione del preavviso di preinformazione nei termini stabiliti, lungi dal rappresentare la violazione di un mero adempimento formale, costituirebbe un vulnus ai principi di pubblicità, concorrenza e par condicio tale da arrecare una lesione effettiva, concreta ed attuale alla posizione soggettiva dei potenziali operatori economici del servizio pubblico (e tra questi il Consorzio appellante) ai quali, in base al considerando 29 dello stesso Regolamento, deve essere consentito di “attivarsi”. Anche altre fonti deporrebbero per la portata cogente dell’obbligo di pubblicazione, quali la Comunicazione della Commissione Europea sugli orientamenti interpretativi concernenti il Regolamento 1370/2007, talune comunicazioni dell’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato (AGCM, AS 1358 “Regione Piemonte- Modalità di affidamento del servizio di trasporto pubblico locale”), la deliberazione 49/2015 dell’Autorità di Regolazione dei Trasporti (che ha richiamato tale obbligo alle Misure numeri 2, punto 6, e 9, punto 1, e nel Prospetto n. 1 dell’Allegato A alle predette Misure di regolazione).

5. 6. Il motivo è infondato.

5.6.1. Deve rilevarsi come, in via generale, l’avviso di preinformazione costituisce nello specifico settore dei contratti di servizio di trasporto pubblico uno strumento di garanzia di trasparenza, di contendibilità della procedura e di applicazione dei principi di concorrenza: il considerando n. 29 del Regolamento stabilisce infatti che le autorità competenti “dovrebbero adottare le necessarie misure per pubblicizzare, con almeno un anno di anticipo, il fatto che intendono aggiudicare tali contratti così da consentire ai potenziali operatori del servizio pubblico di attivarsi”.

Tanto premesso non sono tuttavia condivisibili le argomentazioni dell’appellante circa le conseguenze del mancato rispetto degli obblighi di pubblicazione dell’avviso di preinformazione sulla legittimità della procedura di gara.

Può prescindersi, al riguardo, da ogni valutazione in punto di qualificazione della procedura in oggetto in termini di concessione o appalto di servizi ai fini dell’applicabilità alla medesima delle disposizioni di cui all’art. 7 del Regolamento UE (che, secondo la Comunicazione della Commissione Europea 2014/C 92/01, sugli orientamenti interpretativi concernenti il Regolamento n. 1370/2007, disciplina le concessioni di servizi pubblici di trasporto passeggeri e non si applica, invece, ai contratti di servizio in materia di trasporto passeggeri con autobus e tram, la cui aggiudicazione è disciplinata unicamente dalla direttiva 2014/24/UE e 2014/25/UE).

Si tratta, infatti, di profili non dirimenti ai fini della decisione della controversia de qua in quanto se è vero che la giurisprudenza comunitaria richiamata dall’appellante ha affermato che l’obbligo di informazione di cui all’art. 7, par. 2 del Regolamento sia generalizzato anche agli appalti di servizi pubblici di trasporto con autobus che sono, in linea di principio, aggiudicati conformemente alle procedure previste dalla direttiva 2014/24/CE o dalla direttiva 2014/25/CE (alla luce dello scopo del Regolamento che impone obblighi più specifici di quelli direttive e che, in quanto lex specialis, prevale su queste ultime), nondimeno quella stessa giurisprudenza (Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Nona Sezione, causa C- 518/17 del 20 settembre 2018) ha anche chiarito che la violazione di tale obbligo di preinformazione non comporta l’annullamento della gara di appalto purché i principi di equivalenza, di effettività e parità di trattamento siano rispettati, circostanze che spetta al giudice (del rinvio) verificare.

La ricordata pronunzia, premesso che in generale il mancato adempimento di un obbligo imposto da una norma comunitaria non comporta l’illegittimità e la caducazione degli atti della procedura successivamente adottati, ha statuito che l’annullamento dell’intera procedura consegue alla mancata pubblicazione del bando di gara nella Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea, mentre la normativa dell’Unione in materia di appalti pubblici non prevede una simile conseguenza in caso di mancato rispetto dell’obbligo di preinformazione di cui all’articolo 7, paragrafo 2, del Regolamento n. 1370/2007: secondo una giurisprudenza costante della Corte, spetta pertanto all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro disciplinare le modalità procedurali intese a garantire la tutela dei diritti riconosciuti ai singoli in forza del diritto dell’Unione, purché tali modalità non siano meno favorevoli rispetto alle misure analoghe di carattere interno (principio di equivalenza), né rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività).

In particolare, per quanto riguarda il principio di effettività, giova evidenziare che il diritto conferito agli operatori economici dall’articolo 7 del regolamento mira, come risulta dal considerando n. 29 dello stesso (in base al quale “ai fini dell’aggiudicazione dei contratti di servizio pubblico, ad eccezione delle misure di emergenza e dei contratti relativi a distanze limitate, le autorità competenti dovrebbero adottare le necessarie misure per pubblicizzare, con almeno un anno di anticipo, il fatto che intendono aggiudicare tali contratti, così da consentire ai potenziali operatori del servizio pubblico di attivarsi”), per un verso a consentire agli operatori economici di attivarsi rispetto alle intenzioni dell’amministrazione aggiudicatrice e al tipo di aggiudicazione (gara o in via diretta) cui detto ente intende ricorrere, per altro verso a dare agli stessi il tempo necessario per prepararsi al meglio per la gara.

La Corte di Giustizia ha poi evidenziato come la verifica del rispetto del principio di effettività va svolta in maniera differente a seconda che sia previsto di procedere ad un’aggiudicazione diretta o mediante gara: se nel primo caso la mancanza di preinformazione può comportare che l’operatore economico non possa sollevare obiezioni prima della sua esecuzione, privandolo definitivamente della possibilità di parteciparvi, nell’ipotesi in cui il soggetto aggiudicatore intende avvalersi di una gara mediante un bando successivo una simile violazione non impedisce in concreto all’operatore di prendervi parte, salva la necessità di adottare gli opportuni accorgimenti (mediante la fissazione di termini per la ricezione delle offerte che tengano conto della complessità dell’appalto e del tempo necessario per predisporle) al fine di elidere il vantaggio iniziale che da tale omissione potrebbe trarre il gestore uscente dell’appalto. Ove, infatti, l’operatore dimostri che l’assenza di preinformazione lo abbia sensibilmente svantaggiato rispetto all’operatore già incaricato dell’esecuzione dell’appalto il quale può vantare una conoscenza precisa di tutte le sue caratteristiche, può verificarsi una violazione del principio di effettività e di parità di trattamento: si tratta di valutazioni che spettano al giudice (del rinvio), tenendo conto delle peculiarità della fattispecie.

5.6.2. Merita pertanto conferma la sentenza che correttamente ha rilevato come le censure formulate non hanno in alcun modo evidenziato come la violazione contestata fosse idonea a compromettere la concreta contendibilità della gara e ad impedire al Consorzio ricorrente di acquisire piena conoscenza delle regole che ne disciplinavano lo svolgimento e di conseguenza a presentare la propria offerta.

Invero l’omessa pubblicazione dell’avviso di preinformazione non ha in concreto impedito a COTRI di partecipare alla gara per l’affidamento del servizio di trasporto pubblico locale; né COTRI ha esplicitato le ragioni per le quali la violazione di siffatto adempimento le avrebbe precluso di attivarsi, ledendo in concreto ed effettivamente il suo diritto di prepararsi al meglio (e per tempo) per la gara.

5.6.3. Non si è verificata del resto nella fattispecie alcuna irragionevole abbreviazione del termine di presentazione delle offerte ad opera della stazione appaltante: la tempistica per la ricezione delle domande di partecipazione, puntualmente ricostruita dalla sentenza appellata, non può ritenersi contraria ai principi di proporzionalità né incongrua, posto che, rispetto alla determinazione a contrarre (con la quale è stata indetta la procedura) pubblicata il 31 maggio 2018 e al bando pubblicato in G.U.U.E. il 16 giugno 2018 e in G.U.R.I. il 18 giugno successivo, detto termine scadeva il 22 ottobre 2018, così che risultava assegnato agli operatori del settore un termine di 144 giorni dalla determina indittiva o comunque di 128 rispetto alla pubblicazione del bando in G.U.U.E., superiore al termine minimo di presentazione delle offerte, pari a 110 giorni dalla pubblicazione del bando di gara o dell’invio della lettera di invito, previsto dalla delibera ART n. 49/2015 (Misura 16, che prevede peraltro, al secondo capoverso, la derogabilità del termine ove l’ente affidante metta a disposizione dei beni immobili e del materiale rotabile indispensabili per l’effettuazione del servizio di trasporto pubblico locale).

Si tratta di un termine congruo e adeguato per la presentazione delle offerte tenuto conto della complessità dell’appalto (nel caso oggetto del giudizio di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia definito con la sentenza del 20 settembre 2018 era stato concesso agli operatori un termine di 49 giorni a decorrere dalla pubblicazione del bando e la Corte aveva osservato che esso superava i termini minimi previsti dalle direttive e non appariva eccessivamente breve tenuto conto della conoscenza da parte dell’operatore economico interessato di informazioni circa l’eventualità di un bando di gara ben prima della pubblicazione del medesimo).

5..6.4. Ulteriori circostanze militano per la correttezza delle statuizioni di prime cure circa l’ininfluenza della violazione dell’obbligo di pubblicazione del preavviso sugli interessi partecipativi del Consorzio appellante.

Come evidenziato dalla sentenza di prime cure, da un lato, la gara de qua faceva seguito ad una precedente procedura revocata in autotutela dall’amministrazione tre anni prima (con determinazione dirigenziale n. 454 del 3 febbraio 2015 a seguito di alcune criticità riscontrate dall’ Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato), in relazione alla quale COTRI aveva anche formulato quesiti (privi di consistenza essendo i rilievi dell’appellante sul diverso e più ampio oggetto, esteso anche ai servizi di trasporto scolastico, di quella procedura), dall’altro il servizio in oggetto è gestito da circa sei anni in regime di prorogatio.

Si tratta di circostanze idonee a far emergere, alla stregua del livello di diligenza richiesto ad ogni operatore professionale del settore (e COTRI, per sua stessa ammissione, “rappresenta uno tra i maggiori operatori di trasporto sul territorio regionale”), una consapevolezza della necessità di dar corso ad un nuovo affidamento con carattere di indifferibilità e che indubbiamente dimostrano come l’indizione della gara impugnata dovesse ritenersi imminente e prossima e non potesse affatto considerarsi un atto a sorpresa, come invece sostiene l’appellante.

Del resto anche l’avvenuta presentazione di quattro offerte da parte di operatori interessati costituisce indice sintomatico della congruità del termine assegnato e dell’inidoneità della contestata omissione ad impedire in concreto la partecipazione alla gara e la formulazione di un’offerta utile.

6. Con il secondo motivo di gravame COTRI censura le statuizioni della sentenza che hanno ritenuto l’insussistenza nella specie di effettivi impedimenti alla sua partecipazione alla gara e che fosse prospettata una lesione meramente eventuale, sulla base dell’assunto per cui il Piano economico finanziario “ha confermato la sostenibilità dell’appalto, alla stregua di elementi che, lungi dal presentare i connotati della abnormità e irragionevolezza, appaiono congrui e, comunque, né arbitrari è illogici e certamente tali da non precludere la presentazione di un’offerta seria ed attendibile”.

Secondo l’appellante dette affermazioni sarebbero mere petizioni di principio, frutto di un ragionamento fallace perché del tutto disancorato dal merito delle argomentazioni prospettate e dalle risultanze del giudizio.

In particolare, proprio l’analisi del PEF depositato dall’amministrazione confermerebbe sotto plurimi aspetti l’eccessiva onerosità e l’obiettiva non convenienza economica della gara in questione in ragione della sovrastima dei ricavi, specie quelli da traffico (che si discostano irragionevolmente dai dati storici e dai ricavi effettivi delle ultime tre annualità) e della sottostima dei costi di gestione (con particolare riguardo al costo del personale calcolato sulla base di un’errata stima del fabbisogno di autisti, inferiore a quello effettivamente necessario per il regolare espletamento del servizio, sulla base della produttività media annua del personale e delle percorrenze chilometriche inserite nel capitolato; ai costi di manutenzione ordinaria e straordinaria dei mezzi, anch’essi gravemente sottostimati sulla base del raffronto con quanto emerso in altre gare aggiudicate nello stesso settore; al valore degli investimenti e ai costi per acquisto dei mezzi; ai costi del carburante).

Inoltre, sempre secondo l’appellante, nel definire la provvista economica della commessa gli atti di gara, in violazione dell’art. 27, comma 8-bis, del D.L. n. 50 del 2017, avrebbero obliterato i parametri di costo standard, come individuati con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti n. 157 del 2018 (che costituiscono per gli enti affidanti i servizi di trasporto pubblico locale e regionale “elemento di riferimento per la quantificazione delle compensazioni economiche e dei corrispettivi da porre a base d’asta”); l’art. 21 del Capitolato, nel determinare la misura dell’importo unitario che concorre alla definizione delle compensazioni economiche “a prescindere dalla velocità commerciale”, si sarebbe posto in insanabile contrasto con le previsioni dell’art. 3 del citato decreto ministeriale (che prevede, tra le variabili determinanti ai fini del calcolo, la velocità commerciale del servizio).

Il Comune di Fiumicino poi non avrebbe definito nemmeno in maniera approssimativa il programma di esercizio, rimettendo tale onere all’impresa appaltatrice, così contravvenendo sia alla disciplina normativa nazionale (d.lgs. n. 422 del 19 novembre 1997) che regionale (art. 10 della legge regionale Lazio n. 30 del 1998), che attribuisce all’esclusiva competenza dell’ente affidante i compiti di programmazione dei servizi di trasporto pubblico regionale e locale: anche la mancata definizione delle caratteristiche minime essenziali del servizio costituirebbe ulteriore impedimento a che l’offerente possa valutare i costi della commessa.

Tutto ciò, secondo l’appellante, avrebbe dato luogo a vere e proprie clausole escludenti, immediatamente lesive, in quanto idonee a rendere “il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso e obiettivamente non conveniente” e comunque idonee a “rendere la partecipazione incongruamente difficoltosa o addirittura impossibile” (cfr. Adunanza Plenaria n. 3 del 2001): in definitiva, il Tribunale, nonostante l’inidoneità delle compensazioni stimate a coprire i costi del servizio e l’assoluta incapienza della base d’asta, avrebbe erroneamente dichiarato inammissibile la censura, ritenuto inapplicabile ratione temporis al caso di specie il decreto ministeriale n. 157 del 2018 in tema di costo standard e affermato, in assenza di una plausibile motivazione (ed anzi confondendo voci del tutto eterogenee, quali il contributo finanziario corrisposto dalla Regione per i servizi minimi sul proprio territorio e il corrispettivo a carico del Comune per la remunerazione del gestore del servizio), che i dati del PEF consentissero obiettivamente di apprezzare la potenzialità dell’operazione in termini di convenienza economica.

Anche tali censure sono infondate.

6.1. La Sezione è dell’avviso che nel caso di specie non ricorra l’ipotesi dell’eccezionale ammissibilità dell’impugnazione immediata del bando e degli altri atti di gara in assenza della presentazione della domanda di partecipazione (da ultimo, tra le tante, Cons. Stato, sez. III, 4 maggio 2018, n. 2663).

A tal fine, infatti, la lesione lamentata deve conseguire in via immediata e diretta, e non soltanto potenziale e meramente eventuale, alle determinazioni dell’amministrazione e all’assetto di interessi delineato dagli atti di gara, in relazione a profili del tutto indipendenti dalle vicende successive della procedura e dai correlati adempimenti; inoltre, i motivi immediatamente escludenti devono avere natura oggettiva e non inerire meramente a pretese situazioni soggettive, ascrivibili ad un giudizio meramente individuale di non convenienza della commessa.

D’altra parte neppure ricorre l’ipotesi che le condizioni dell’affidamento imposte dal bando, per l’immanente irragionevolezza e illogicità, siano strutturate in modo tale da integrare una palese violazione dei principi fondamentali che sottendono alla predisposizione della lex specialis di gara.

6.2. In realtà correttamente il primo giudice, con motivazione sintetica ma puntuale ed esaustiva, ha escluso che le clausole del bando e gli atti di gara impugnati fossero inficiati da profili di abnormità, illogicità, arbitrarietà e irragionevolezza sì da rendere impossibile al Consorzio ricorrente il calcolo di convenienza economica della commessa e la formulazione di un offerta seria ed attendibile: la disciplina dell’offerta e il prezzo a base d’asta sono chiari riguardo alla formazione della stessa e alla economicità e convenienza dell’appalto per le ragioni di seguito evidenziate.

Non è del resto dimostrata, neppure a livello indiziario, l’asserita antieconomicità delle condizioni di erogazione del servizio predisposte nei documenti di gara quanto al corrispettivo da riconoscere al gestore, che risultano peraltro migliorative rispetto a quelle praticate nei confronti del concessionario uscente (comunque remunerative per l’attuale appaltatore, come emerge dagli scritti difensivi di primo grado delle amministrazioni resistenti in merito ai contributi e ai corrispettivi attualmente riconosciuti dalla Regione e dal Comune per i servizi minimi e i servizi aggiuntivi). Attualmente la Regione Lazio, infatti, riconosce per i servizi minimi il costo unitario di € 1,8925/Km, costo che coincide con il prezzo a base d’asta per il TPL (servizi minimi e servizi aggiuntivi), ad eccezione di quelli integrativi a chiamata per i quali il costo unitario stimato è pari a 2,20/km.

Né vale a smentire tali argomentazioni il mero raffronto con i dati e le emergenze di altre e diverse gare, pur aventi analogo oggetto, bandite da differenti amministrazioni e in contesti territoriali connotati da altre peculiarità, trattandosi di un confronto tra situazioni non comparabili per le rispettive specificità.

6.3. Per converso giova evidenziare che l’amministrazione si è dotata di un Piano Economico Finanziario Simulato che (a seguito di una puntuale analisi scientifica condotta nel servizio di revisione del piano affidato ad un istituto universitario) ha confermato la sostenibilità economico-finanziaria dell’appalto e la congruità del corrispettivo contrattuale.

Come evidenziato dal primo giudice, l’accertamento in ordine alla correttezza di un siffatto elaborato richiede una verificazione tecnica complessa, che può essere svolta solo in occasione dell’impugnazione dell’atto applicativo del bando e che di per sé esclude la natura di immediata lesività e il carattere escludente della clausola del bando.

È poi incontroverso che il decreto ministeriale che disciplina le modalità del costo standard per il servizio di trasporto pubblico è entrato in vigore in data successiva all’adozione della determina indittiva della procedura (pubblicata in pari data, il 31 maggio 2018), che ha costituito il momento di scelta del tipo di procedura da seguire: la fase di indizione ed approvazione degli atti di gara si era conclusa prima della pubblicazione del citato decreto, sì che l’amministrazione nell’individuare il costo a base di gara ha correttamente esercitato il potere di cui è titolare.

Il Comune si è attenuto alle prescrizioni della Delibera 49/2015 dell’Autorità di Regolazione dei Trasporti (in particolare, la Misura 12- Allegato A- della Delibera): ha, infatti, formulato un piano economico finanziario, le cui risultanze hanno confermato la sostenibilità dell’appalto, e si è limitato a pubblicare il prezzo a base d’asta risultante dal piano e ad indicare all’art. 14, comma 14, del capitolato, la ripartizione dei rischi tra l’amministrazione (alla quale soltanto “competono i rischi connessi alla riduzione dei corrispettivi e delle produzioni chilometriche eccedente i limiti di cui al precedente comma”).

Il primo giudice ha tenuto conto ai fini della decisione delle conclusioni di una relazione tecnica ritualmente prodotta in giudizio dall’amministrazione resistente, dalla quale è emerso con coerenza metodologica che la valorizzazione del saggio di attualizzazione del rischio indicato nel PEF assicurava un apprezzamento prudenziale e ponderato della valutazione di stima, sì da garantire una piena remunerazione anche in presenza di un contributo annuo comunale di molto inferiore a quello posto in gara.

6.3. Alla luce della documentazione versata in atti il tribunale ha escluso la fondatezza delle contestazioni articolate dalla ricorrente, in quanto attinenti a profili inidonei ad impedire il calcolo di convenienza tecnica ed economica in sede di formulazione dell’offerta e a rendere eccessivamente oneroso il contratto, evidenziando l’insussistenza sia della prospettata sottostima dei costi (del personale, in relazione al fabbisogno di autisti; di manutenzione dei mezzi; dei costi per investimenti e per il carburante), sia dell’asserita sovrastima dei ricavi, in specie quelli da bigliettazione, sia della mancata redazione del programma di esercizio.

7. In conclusione, l’appello va respinto.

La complessità delle questioni trattate giustifica la compensazione tra le parti delle spese di giustizia.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Dispone compensarsi tra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 ottobre 2019.

 

 

 

Guida alla lettura

La Quinta Sezione del Consiglio di Stato è stata investita in primis della questione concernente l’annullamento dell’intera procedura di gara, nelle ipotesi in cui la Stazione appaltante abbia omesso di pubblicare l’avviso di preinformazione di cui all’art. 7 del Regolamento UE n. 1370/2007. In secondo luogo, con il gravame si affermava la natura escludente delle clausole del bando, poiché la disciplina dell’offerta e del prezzo a base d’asta non sarebbero stati chiari e avrebbero comportato l’impossibilità di formulare un progetto.

Il Collegio ha rigettato l’appello, confermando la giurisprudenza consolidata in punto a clausole escludenti.

Per comprendere le ragioni della statuizione, è opportuno ripercorrere la vicenda giudiziaria oggetto di causa.

La ditta ricorrente, senza aver presentato domanda di partecipazione alla gara impugnava il bando e gli atti allo stesso connessi volti alla concessione del servizio di trasporti urbani, sostenendo che le clausole inserite nella lex specialis appartenevano alle clausole che non consentivano la partecipazione e che, pertanto, ne permettevano l’immediata impugnabilità. In particolare, l’impresa lamentava la mancata pubblicazione, ad opera della stazione appaltante, dell’avviso di preinformazione disciplinato dall’art. 7 del Regolamento UE n. 1370/2007, sostenendo che la mancanza dello stesso fosse idonea ad arrecare un vulnus alla par condicio competitorum. Con la conseguenza che l’omissione in oggetto avrebbe comportato la caducazione dell’intera procedura di gara.

Inoltre, l’operatore economico sosteneva che le clausole del bando non consentissero la partecipazione alla procedura poiché la pubblica amministrazione non aveva definito il programma di esercizio, rimettendole all’impresa appaltatrice.

Il Collegio, aderendo alle statuizioni del Giudice di prime cure, riteneva che nel caso in oggetto non vi fosse una delle clausole escludenti che consentono l’impugnazione immediata del bando, a prescindere dalla presentazione della domanda in quanto immediatamente lesive. Sul punto, giova fin da ora chiarire che l’impugnazione immediata del bando è consentita nelle sole ipotesi in cui la lex specialis sia tale da ledere immediatamente e direttamente la posizione soggettiva azionata. La regola, infatti, è che il bando debba essere impugnato unitamente agli atti attuativi che provocano la lesione della posizione.

Conseguentemente, non tutte le clausole del bando sono immediatamente impugnabili, ma esclusivamente quelle che non consentono la partecipazione alla gara.

A supporto dell’impostazione sopra richiamata, si rammenta che il D.L. 32/2019, convertito in l. 55/2019 ha eliminato il comma 2bis dell’art. 120 del Codice del Processo Amministrativo che imponeva alle parti l’onere di immediata impugnazione delle cause di esclusione degli altri operatori. La disposizione, infatti, disponeva tale obbligo in assenza di una lesione immediata e diretta al bene della vita, ma soltanto potenziale.

Ciò chiarito, e prima di analizzare le clausole ritenute escludenti dalla ricorrente, è opportuno, per perimetrale il tema di indagine, richiamare le statuizioni dell’Adunanza Plenaria n. 4/2018 in ordine alle clausole di immediata impugnazione. In particolare, il Supremo Consesso di Giustizia Amministrativa, nel confermare l’orientamento giurisprudenziale maggioritario che configura l’immediata impugnazione quale eccezione alla regola della contestazione congiunta agli atti attuativi, ha chiarito che:

-        Le clausole del bando di gara che non rivestano portata escludente devono essere impugnate unitamente al provvedimento lesivo e possono essere impugnate unicamente dall’operatore economico che abbia partecipato alla gara o manifestato formalmente il proprio interesse alla procedura;

-        L’ammissibilità dell’impugnazione immediata del bando da parte dell’operatore che non ha partecipato alla gara è subordinata al carattere preclusivo alla partecipazione delle clausole oggetto di impugnazione o all’ipotesi di diposizioni abnormi o irragionevoli o assolutamente incomprensibili che rendano impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica ai fini della partecipazione.

Individuate le ipotesi in cui è ammissibile l’impugnazione in assenza di partecipazione, è possibile applicare i predetti principi al caso concreto.

Come anticipato sopra, con la prima doglianza la ricorrente lamentava l’omessa pubblicazione da parte della stazione appaltante dell’avviso di preinformazione.

L’avviso di preinformazione è uno strumento di derivazione eurounitaria volto a rafforzare il principio di pubblicità, quale corollario del principio di trasparenza e imparzialità della pubblica amministrazione. Con l’avviso in questione, la pubblica amministrazione manifesta l’intenzione di indire una gara, specificandone l’ambito oggettuale. L’obiettivo del legislatore è quello di fornire agli operatori il tempo per dotarsi degli strumenti utili per la partecipazione alla gara.

L’avviso di preinformazione, tuttavia, non vincola l’amministrazione, che resta libera di decidere se indire o meno la gara. Infatti, la giurisprudenza ritiene inammissibile il ricorso proposto contro l’avviso di preinformazione, trattandosi di atto preliminare che rimane improduttivo di effetti giuridici se non seguito dagli atti di esecuzione. Il logico corollario derivante dalla natura di atto preliminare e improduttivo di effetti e che l’omissione dello stesso non possa determinare la lesione diretta ed immediata necessaria per l’ impugnazione del bando. L’ (omesso) avviso di preinformazione, seguito dal bando, non preclude la partecipazione dell’operatore alla gara che potrebbe essere leso, nella sola ipotesi in cui la pubblica amministrazione si sia avvalsa, tramite l’avviso, della facoltà di abbreviare i termini per la procedura di gara.

Di conseguenza, nell’ipotesi portata al vaglio dei Giudici di Palazzo Spada, non essendo compromessa la possibilità di partecipare alla gara, non vi era l’interesse della parte ricorrente all’immediata impugnazione, ben potendo l’operatore economico presentare la domanda e partecipare alla gara.

Alle medesime conclusioni il Collegio è pervenuto in relazione al secondo motivo di gravame.

L’impresa ricorrente sosteneva, infatti, di non aver potuto partecipare alla gara in ragione di una obiettiva mancanza di convenienza economica della commessa, nonché della sua abnormità, contraddittorietà e indeterminatezza, tale da non consentire la predisposizione di un’offerta seria. Il Collegio, infatti, ha ravvisato che sul punto la lex specialis fosse seria ed attendibile, anche in ragione del’aumento dell’importo rispetto a quanto corrisposto al concessionario uscente.

E’ utile precisare, infatti, che il concetto di abnormità e illogicità che consente l’impugnazione immediata è di carattere oggettivo e non attiene alle situazioni soggettive dei partecipanti. La conseguenza è che le clausole in oggetto per costituire una immediata e diretta lesione, devono essere tali da non consentire a nessun operatore di presentare un’offerta. La riprova della logicità e ragionevolezza delle clausole impugnate era rappresentata, nel caso di specie, dalla ampia partecipazione alla gara da parte degli operatori.

Conseguentemente, il Collegio, ha concluso nel senso che: “La lesione lamentata deve conseguire in via immediata e diretta, e non soltanto potenziale e meramente eventuale, alle determinazioni dell’amministrazione e all’assetto di interessi delineato dagli atti di gara, in relazione a profili del tutto indipendenti dalle vicende successive della procedura e dai correlati adempimenti; inoltre, i motivi immediatamente escludenti devono avere natura oggettiva e non inerire meramente a pretese situazioni soggettive, ascrivibili ad un giudizio meramente individuale di non convenienza della commessa.D’altra parte neppure ricorre l’ipotesi che le condizioni dell’affidamento imposte dal bando, per l’immanente irragionevolezza e illogicità, siano strutturate in modo tale da integrare una palese violazione dei principi fondamentali che sottendono alla predisposizione della lex specialis di gara”.

In definitiva, la sentenza in rassegna ha confermato il principio in base al quale nelle procedure di gara la regola è rappresentata dall’impugnazione congiunta del bando di gara e della graduatoria, costituendo quest’ultima l’atto lesivo della sfera giuridica dell’interessato, che aspira a soddisfare il bene della vita, rappresentato dall’aggiudicazione. I casi in cui è consentita l’impugnazione diretta del bando sono ipotesi eccezionali, nelle quali la lesione è immediata e diretta ed è rappresentata dalla preclusione alla partecipazione alla gara.