Cons. Stato, sez. III, 5 dicembre 2019, n. 8340

E' opinione ampiamente condivisa in giurisprudenza che l’amministrazione aggiudicatrice debba indicare, in ottemperanza alla prescrizione dell’art. 167 d.lgs. 50/2016, il valore presunto dell’affidamento e che, laddove impossibilitata per motivi oggettivi a farlo (perché, per esempio, il servizio viene affidato per la prima volta, oppure perché il concessionario uscente non ha voluto fornire il relativo dato), sia quantomeno tenuta a fornire gli elementi analitici a sua conoscenza che possano consentire ai concorrenti di formulare un’offerta seria (e cioè, per esempio, le indicazioni circa il potenziale bacino di utenza del servizio da affidare, i costi ed i benefici correlati al servizio stesso, la  base d’asta riferibile ai corrispettivi pagati dai precedenti gestori, etc.).
La stessa giurisprudenza in qualche caso radicalizza l’obbligo dell’amministrazione ed esclude, in relazione a “particolari tipologie di servizio”, che l’elaborazione del valore economico della concessione, per la complessità e varietà dei fattori in essa implicati, possa essere demandata ai concorrenti, anziché riservata alla stazione concedente (cfr. Cons. Stato, sez. III, nn. 434/2016; 2926/2017 e 127/2018). Logico corollario di tale impostazione è che la mera difficoltà operativa dell’amministrazione in ordine ai rapporti con il precedente gestore, in difetto di una impossibilità assoluta, non giustifica l’omessa indicazione del valore della concessione negli atti di gara (Cons. Stato, sez. V, 748/2017).
Risulta comunque chiaro che, in alternativa all’indicazione del valore direttamente stimato dalla stazione appaltante, sussiste (laddove possibile e giustificata) l’unica, ma residuale, variante dell’indicazione negli atti di gara di elementi conoscitivi analitici, approfonditi e, come tali, utili ad una ponderazione autonoma, da parte dei concorrenti in gara, dei profitti potenzialmente ricavabili dalla gestione del servizio. Tertium non datur. (…)

Peraltro  (…) rileva il fatto che l’articolo 30 del d.lgs. 50/2016, pur sottraendo le concessioni alle disposizioni riferite ai contratti pubblici, le assoggetta comunque al rispetto dei principi generali di trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione e correttezza.
Come precisato anche dall’AVCP (ora ANAC), “l’esatto computo del valore del contratto assume rilevanza anche per garantire condizioni di trasparenza, parità di trattamento e non discriminazione (…) che si traducono nell’informare correttamente il mercato di riferimento sulle complessive e reali condizioni di gara” (cfr. deliberazione AVCP del 19 dicembre 2013, n. 40; Id., deliberazione del 25 febbraio 2010, n. 9). (…)

Non è un caso, d’altra parte, che l’art. 167 d.lgs. 50/2016 disponga che il valore stimato è calcolato al momento di avvio della procedura di affidamento della concessione (comma 2) e che i margini di scostamento da tale importo sono quelli consentiti dal comma 3: nel combinato disposto delle due previsioni trova conferma il carattere cogente e vincolante del valore riportato dagli atti di gara.

 
 
 

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