Consiglio di Stato, sez. V, 22 novembre 2019, n. 7978

1.      La giurisprudenza costante qualifica come clausole escludenti, in quanto tali immediatamente impugnabili, quelle che prescrivono il possesso di requisiti di ammissione o di partecipazione alla gara, ovvero quelle che impongono oneri incomprensibili o sproporzionati, che rendano la partecipazione alla gara incongruamente difficoltosa, che precludano una valutazione di convenienza economica, come pure sono impugnabili i bandi che presentino gravi carenze nell’indicazione dei dati essenziali necessari per la formulazione dell’offerta.

2.      Non può configurarsi una legittimazione ed un interesse a censurare la mancata motivazione dell’omessa suddivisione dell’appalto in lotti da parte di un operatore che non ha partecipato alla gara. Ed infatti, anche a volere seguire una prospettiva atomistica dei presupposti processuali, la mancata suddivisione dell’appalto in lotti non integra, seppure per difetto, una clausola escludente.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 572 del 2019, proposto da

Leonardo s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Francesco Caccioppoli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso il suo studio in Roma, piazza Venezia, 11;

contro

Azienda Zero della Regione del Veneto, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Luigi Garofalo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso il suo studio in Roma, via Ruggero Fauro, 43;

Regione Veneto, non costituita in giudizio;

nei confronti

G.E.G. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Massimo Giavazzi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso il suo studio in Bergamo, via A. Locatelli, 49;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima) n. 01062/2018, resa tra le parti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Azienda Zero della Regione del Veneto e di G.E.G. s.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 27 giugno 2019 il Cons. Stefano Fantini e uditi per le parti gli avvocati Caccioppoli Francesco, Bernardi in sostituzione di Garofalo, Giavazzi Massimo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1.-La Leonardo s.p.a., azienda ad alta tecnologia operante nei settori dell’aerospazio, della difesa e della sicurezza, ha interposto appello nei confronti della sentenza 20 novembre 2018, n. 1062 del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, sez. I, che, disposta l’estromissione dal processo della Regione Veneto, ha in parte respinto il ricorso ed in parte lo ha dichiarato inammissibile. Si tratta del ricorso esperito dalla stessa società Leonardo avverso la lettera di invito in data 9 aprile 2018 alla “procedura ristretta per l’affidamento del servizio di conduzione, manutenzione ed evoluzione del sistema di comunicazione radio della Regione Veneto-Invito a presentare offerta” avente durata di sessanta mesi con possibile proroga di altri dodici.

Alla procedura ristretta telematica, indetta dalla Regione ai sensi dell’art. 61 del d.lgs. n. 50 del 2016, ha manifestato interesse l’appellante società Leonardo, come pure la G.E.G. s.r.l.; entrambe sono state invitate a presentare l’offerta per l’unico lotto.

La lex specialis ha riguardo al sistema di comunicazione radio attualmente in uso nella Regione Veneto, costituito dalla tecnologia TETRA DAMM di cui la società G.E.G. è distributrice esclusiva in Italia, come pure al software Micom.net Sanità, di proprietà esclusiva di G.E.G.

Tale condizione è stata valutata come preclusiva della partecipazione alla gara della società Leonardo, la quale non dispone della tecnologia TETRA (terrestrial trunked radio) di produzione DAMM, e neppure del software Micom.net Sanità.

2. – Con il ricorso in primo grado la società Leonardo ha impugnato gli atti costituenti la lex specialis di gara deducendone la natura escludente (con riguardo alle clausole attinenti alla necessità di rispettare l’interoperabilità, e cioè il dialogo tra la rete esistente e quella da realizzare in ampliamento), in violazione dei principi di massima partecipazione alle gare, imparzialità, parità di trattamento e proporzionalità, ed allegando altresì la violazione dell’art. 51 del d.lgs. n. 50 del 2016, non avendo la stazione appaltante fornito alcuna motivazione in ordine alla decisione di indire detta gara, caratterizzata da elevata complessità tecnica, senza suddivisione in lotti.

3. – La sentenza appellata, intervenuta dopo che con ordinanza 7 giugno 2018, n. 609 era stata decisa l’integrazione del contraddittorio nei confronti di Azienda Zero, istituita, quale ente dotato di autonoma personalità giuridica di diritto pubblico, dall’art. 1 della l.r. Veneto n. 19 del 2016, e subentrata dall’1 gennaio 2018 alla Centrale acquisti regionale, disposta l’estromissione dal giudizio della Regione Veneto, ha respinto il motivo volto a censurare l’impossibilità, per la ricorrente, di formulare un’offerta economicamente sensata (in ragione del fatto che sia l’attività principale messa a gara che le attività secondarie possono essere svolte dalla sola G.E.G., detentrice della tecnologia TETRA DAMM e del software Micom.net Sanità), nella considerazione che il livello di interoperabilità più elevato che Leonardo non potrebbe garantire non è previsto dalla lex specialis quale requisito di ammissibilità dell’offerta tecnica, ma quale parametro di valutazione della stessa e di attribuzione di un maggiore punteggio. Ha precisato la sentenza che «le clausole della lex specialis non sembrano avere la portata escludente sostenuta da Leonardo, e, comunque, a tutela dei principi concorrenziali risulta sufficientemente garantita dalla previsione del criterio di equivalenza contenuta nella legge di gara». Da ultimo, ha ritenuto inammissibile la censura volta a contestare la mancata suddivisione dell’appalto in più lotti non solo perché impingente in una valutazione di merito, ma soprattutto in ragione del difetto di legittimazione di Leonardo alla sua proposizione, atteso che la suddivisione in lotti, nella prospettiva dell’art. 51, comma 1, del d.lgs. n. 50 del 2016, è funzionale a favorire l’accesso agli appalti pubblici delle microimprese, nonché delle piccole e medie imprese, novero tipologico dal quale l’appellante è estranea.

4.- Con il ricorso in appello la Leonardo s.p.a. ha dedotto l’erroneità della sentenza di prime cure, ribadendo l’illegittimità di una serie di clausole del capitolato speciale, aventi, a suo dire, natura escludente, in quanto richiedono un livello di interoperabilità con la rete TETRA esistente (DAMM) talmente elevato che può essere offerto solo da chi abbia la disponibilità della specifica tecnologia TETRA DAMM, e quindi solo da G.E.G.; Leonardo dispone di altra tipologia di tecnologia TETRA, idonea a garantire un livello di interoperabilità basico ed elementare; in ogni caso l’impossibilità, per Leonardo, di acquisire quel maggiore punteggio impedisce alla ricorrente di partecipare alla gara in condizioni di parità di trattamento rispetto alla controinteressata G.E.G. Analogamente escludente è la lex specialis di gara con riferimento al software denominato “Micom.net Sanità”, non essedo ravvisabile nel capitolato alcuna clausola di equivalenza. La Leonardo s.p.a. ha altresì censurato la statuizione di primo grado di inammissibilità del motivo deducente la violazione dell’art. 51 del d.lgs. n. 50 del 2016 (in ordine all’omessa motivazione della mancata suddivisione in lotti dell’appalto), nell’assunto che la norma in questione sia applicabile non solo alle PMI, ma anche alle grandi imprese allorchè l’omessa suddivisione in lotti dell’appalto comprometta in concreto la concorrenza tra più operatori; l’interpretazione seguita dalla sentenza imporrebbe la sottoposizione della questione interpretativa alla Corte di Giustizia, ovvero di rimettere la questione di legittimità costituzionale della norma alla Corte costituzionale.

5. – Si è costituita in resistenza la G.E.G. s.r.l. chiedendo la reiezione dell’appello principale ed esperendo al contempo appello incidentale con riguardo ai capi della sentenza in cui è risultata socccombente, con particolare riguardo all’erroneo riconoscimento (ai sensi dell’art. 37 Cod. proc. amm.) dell’errore scusabile relativamente alla mancata notificazione del ricorso introduttivo all’Azienda Zero, soggetto distinto dalla Regione Veneto.

6. – Si è altresì costituita in resistenza l’Azienda Zero della Regione Veneto chiedendo la reiezione dell’appello.

7. – All’udienza pubblica del 27 giugno 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1.- Il primo, pluriarticolato, motivo dell’appello principale è incentrato sulla natura escludente di talune clausole della lex specialis, ed in particolare dei punti 6.1, 6.2, 6.3, 6.4 e 6.6 del capitolato speciale, nonché dei punti 3.2 e 3.4 del disciplinare, richiedenti un livello di interoperabilità della nuova rete oggetto di fornitura con la rete TETRA esistente (la DAMM) talmente elevato da poter essere offerto solamente da chi abbia la disponibilità di tale specifica tecnologia, e dunque solo da G.E.G., che ne è distributore esclusivo, nonché (per le centrali operative di Belluno e Treviso) il software “Micom.net Sanità”, sempre di di G.E.G., adoperato nelle attuali sette sedi operative del SUEM 118. Allega l’appellante che la circostanza per cui nel sistema radio della Regione sia presente la tecnologia TETRA DAMM di G.E.G. è di per sé clausola escludente; lo è perché, anche potendo partecipare, le sarebbe precluso il raggiungimento del punteggio attribuibile a G.E.G., detentrice esclusiva della tecnologia TETRA DAMM e del software “Micom.net Sanità”, che non ammette equivalenti tecnici. Deduce, ancora, l’appellante come il carattere escludente della lex specialis sia conseguenza di un illegittimo intervento che G.E.G. ha effettuato nel corso dell’esecuzione di un precedente appalto, avente ad oggetto la sola manutenzione dell’impianto, finalizzato invece a precostituire una potenziale situazione di lock-in (mediante la sostituzione della rete TETRA con la rete TETRA DAMM). Contesta, infine, l’evocazione, da parte del primo giudice, dell’art. 63, comma 2, lett. b), del d.lgs. n. 50 del 2016 quale criterio di deroga all’evidenza pubblica per ragioni tecniche, senza che peraltro l’amministrazione le abbia riconosciute, tanto da avere indetto la gara ai sensi dell’art. 61 dello stesso corpus legislativo.

Il motivo è infondato.

La giurisprudenza costante qualifica come clausole escludenti, in quanto tali immediatamente impugnabili, quelle che prescrivono il possesso di requisiti di ammissione o di partecipazione alla gara (Cons. Stato, V, 12 aprile 2019, n. 2387), ovvero quelle che impongono oneri incomprensibili o sproporzionati, che rendano la partecipazione alla gara incongruamente difficoltosa, che precludano una valutazione di convenienza economica, come pure sono impugnabili i bandi che presentino gravi carenze nell’indicazione dei dati essenziali necessari per la formulazione dell’offerta (in termini Cons. Stato, III, 5 dicembre 2016, n. 5113; Ad. plen., 7 aprile 2011, n. 4; Ad. plen., 29 gennaio 2003, n. 1; Ad. plen., 26 aprile 2018, n. 4).

In altre parole, ai fini della perimetrazione del concetto di “clausola escludente”, occorre considerare che è suscettibile di assumere tale connotazione qualunque disposizione, contenuta nella lex specialis di gara, che, a prescindere dal suo contenuto (e cioè indipendentemente dal fatto che abbia ad oggetto un requisito soggettivo od un adempimento da assolvere contestualmente alla presentazione della domanda di partecipazione) e della fase di concreta operatività, sia tale da precludere la partecipazione dell’impresa interessata conseguentemente a contestarla, o comunque da giustificare una prognosi, avente carattere di ragionevole certezza, di esito infausto della sua eventuale partecipazione; è infatti evidente che, ricorrendo tale ipotesi, da un lato, l’impugnazione del provvedimento che sancisca formalmente l’esclusione o la mancata aggiudicazione sarebbe tardiva, essendo ormai cristallizzate le relative vincolanti premesse nell’inoppugnata (ed inoppugnabile) lex specialis, dall’altro lato, la presentazione della domanda di partecipazione rappresenterebbe un adempimento superfluo, se non contraddittorio (con l’affermata inutilità della partecipazione), non presentando alcuna funzionalità rispetto al soddisfacimento dell’interesse perseguito (alla partecipazione e/o aggiudicazione della gara), il quale non potrebbe che avvenire, nell’ipotesi di accoglimento del ricorso, mediante la rinnovazione ab imis dell’iter procedimentale (così Cons. Stato, III, 21 gennaio 2019, n. 513).

In tale cornice sistematica di inquadramento non appare al Collegio configurabile, nella fattispecie controversa, una lex specialis con clausole escludenti, legittimante la sua immediata impugnativa, e, in relazione biunivoca, la mancata presentazione la domanda di partecipazione, altrimenti costituente il presupposto della situazione differenziata che, per regola generale, integra il requisito della condizione dell’azione (della legittimazione al ricorso). Con la conseguenza che chi volontariamente e liberamente si è astenuto dal partecipare ad una selezione, non è legittimato a chiedere l’annullamento della gara, ancorchè possa vantare un interesse di fatto a che la competizione, per lui res inter alios acta, venga nuovamente bandita.

La sentenza appellata ha, a questo riguardo, evidenziato come l’infrastruttura regionale non sia costituita solamente da reti radio con tecnologia TETRA DAMM, come si evince dalla descrizione dell’oggetto dell’appalto contenuto nell’art. 2 del capitolato tecnico, ove si dà atto che «il sistema è costituito da una dorsale in ponte radio a servizio di una capillare rete di diffusione che si estende su tutto il territorio regionale (con installazioni su più di 100 siti) e sviluppata utilizzando diverse tecnologie : simulcast analogico, DMR e TETRA». Sottolinea altresì che «il livello di interoperabilità più elevato, che Leonardo non potrebbe garantire, non è previsto quale requisito di ammissibilità dell’offerta tecnica, ma quale parametro di valutazione della stessa e di attribuzione di un maggior punteggio, peraltro in concorso con molti altri parametri e per frazioni del punteggio complessivo da assegnare all’offerta tecnica». La sentenza sviluppa poi un’analitica disamina delle clausole del disciplinare di gara e del capitolato tecnico, ritenute escludenti dalla ricorrente, evidenziando come il livello di interoperabilità assuma rilievo quale “elemento di valutazione” (pag. 13 e seguenti del disciplinare), cioè di attribuzione del punteggio tecnico, comunque non preclusivo della partecipazione anche ai sensi del capitolato tecnico, nel quale la tabella (o griglia) contenuta al punto 6.1 (pagg. 43-44), nel descrivere le “funzionalità/equipaggiamenti richiesti” per l’ampliamento della rete radio TETRA, prevede uno schema di compilazione dell’offerta basato sulla risposta “Si/No”, che evidenzia la facoltatività di superiori standard prestazionali.

Tale aspetto può, in prima approssimazione, apparire più sfumato con riguardo al software “Micom.net Sanità”, ma, a tale proposito, soccorre l’essenziale considerazione per cui di tale software ha la licenza d’uso la Regione Veneto, circostanza che vale ad escludere, al di là della proprietà intellettuale, il necessario ed anticompetitivo acquisto dalla concorrente.

Ritiene il Collegio condivisibile l’interpretazione della lex specialis seguita dal giudice di prime cure, nella considerazione che l’ulteriore assunto dell’appellante, secondo cui non le sarebbe comunque consentito raggiungere un identico punteggio rispetto a G.E.G., ove anche, per ipotesi, plausibile, non costituirebbe comunque un elemento caratterizzante la relativa clausola come “escludente”, pur se astrattamente potendone evidenziare un differente profilo di illegittimità, da fare valere però nel contesto della congiunta impugnazione dell’aggiudicazione.

Le ulteriori doglianze svolte dalla società Leonardo concernono in realtà passaggi motivazionali della sentenza svolti a conferma (talora a contrariis) della tesi del carattere non escludente delle clausole della lex specialis; il riferimento è al non necessario richiamo dell’art. 63, comma 2, lett. b), del d.lgs. n. 50 del 2016 (giustificante il ricorso alla procedura negoziata allorche la prestazione possa essere fornita unicamente da un operatore economico), ovvero all’affermazione della legittima aspirazione della stazione appaltante ad uno standard elevato di interoperabilità (necessario per la tipologia dei servizi di pubblico interesse, oggetto di affidamento), con l’ulteriore corretta precisazione che non rileva, ai fini della gara, l’imputazione di detto standard tecnologico ad un precedente intervento di G.E.G. sulla infrastruttura di Leonardo (affidataria del servizio sino al 2012), in quanto, ad opinare diversamente, dovrebbe escludersi la stessa ammissibilità di un appalto di “manutenzione ed evoluzione” del sistema regionale di comunicazione radio, con l’effetto paradossale di dovere ogni volta sostituire l’impianto ed il software della rete.

2. – Con il secondo motivo di appello la società Leonardo reitera la censura di violazione dell’art. 51 del d.lgs. n. 50 del 2016 in tema di omessa motivazione della mancata suddivisione in lotti dell’appalto, contestando la statuizione di inammissibilità e comunque infondatezza, basata sul carattere ampiamente discrezionale di tale scelta, nonché sul difetto di legittimazione attiva della Leonardo s.p.a. a proporre tale doglianza, essendo la norma posta a garanzia delle PMI, nel cui novero non rientra l’appellante.

Deduce la società appellante che l’art. 51 può essere applicato anche alle grandi imprese ogni volta che l’omessa suddivisione in lotti dell’appalto comprometta in concreto il principio di concorrenza tra più operatori, anche in considerazione del fatto che gli artt. 46 della direttiva 2014/24/UE e 65 della direttiva 2014/25/UE, nel prevedere la suddivisione in lotti, non fanno alcun riferimento alle PMI, e nell’ulteriore considerazione che una siffatta limitazione della legittimazione ad agire, ad opera di una norma sostanziale, si porrebbe in contrasto con gli artt. 3, 24 e 41 Cost.

Anche tale motivo è infondato.

Osserva il Collegio come dirimente non sia tanto la questione del difetto di legittimazione ratione subiecti (e cioè per il fatto che la società Leonardo non rientra tra le PMI) desumibile dall’art. 51, comma 1, del d.lgs. n. 50 del 2016 (che peraltro poggia su plurimi precedenti giurisprudenziali di primo grado, ed anche di secondo grado : C.G.A. Sicilia, 18 luglio 2016, n. 206, che, pur con riguardo al d.lgs. n. 163 del 2006, svolge considerazioni estensibili anche al vigente codice dei contratti pubblici, nonché Cons. Stato, III, 26 settembre 2018, n. 5528), quanto piuttosto il difetto di legittimazione derivante dalla mancata partecipazione dell’appellante alla gara controversa.

Si intende osservare che, esclusa in via generale la natura escludente della lex specialis alla stregua di quanto precedentemente esposto, non può configurarsi una legittimazione ed un interesse a censurare la mancata motivazione dell’omessa suddivisione dell’appalto in lotti da parte di un operatore che non ha partecipato alla gara. Ed infatti, anche a volere seguire una prospettiva atomistica dei presupposti processuali, la mancata suddivisione dell’appalto in lotti non integra, seppure per difetto, una clausola escludente. Ciò anche, per l’argomento dell’inclusione, ipotizzando che la suddivisione avrebbe consentito una partecipazione parcellizzata alla gara, proprio perché, come si è in precedenza osservato, non era preclusa all’appellante la partecipazione alla gara anche per l’intero lotto.

3. – Procedendo ora alla disamina dell’appello incidentale della G.E.G. s.r.l., con lo stesso viene censurata, per violazione dell’art. 37 Cod. proc. amm., la statuizione che ha disatteso l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado perché non notificato all’Azienda Zero della Regione Veneto, soggetto autonomo rispetto alla Regione stessa, cui è subentrato nella procedura di gara a fare tempo dall’1 gennaio 2018 (in forza del regolamento regionale n. 5 del 2017, approvato con delibera di G.R. n. 1940 del 2017), ed al quale è attribuibile la lettera di invito del 9 aprile 2018 con i suoi allegati, essendo, anzi, stato concesso alla ricorrente società Leonardo il beneficio della rimessione in termini (a nulla rilevando la notificazione disposta iussu iudicis, in sede cautelare, all’Azienda Zero).

Ritiene il Collegio che l’appello incidentale, tanto più in ragione della reiezione dell’appello principale, possa essere disatteso.

Ed infatti l’epilogo dell’appello principale consente, a fronte di un quadro obiettivamente perplesso, di maggiormente valorizzare i profili di dubbio che hanno indotto in errore la ricorrente in primo grado, nonostante che l’istituto dell’errore scusabile debba intendersi di stretta interpretazione.

In questa prospettiva non può il Collegio esimersi dall’evidenziare che una gara bandita dalla Regione Veneto-Unità Organizzativa Acquisti Centralizzati SSR-C.R.A.V., che ha curato la fase di prequalificazione, ha poi visto il subentro, ope legis, di Azienza Zero a partire dalla lettera di invito.

Va però analogamente posto in evidenza come la lettera di invito e tutti gli altri atti costituenti la lex specialis della gara risultano emanati dalla Regione del Veneto-Azienda Zero-U.O.C. CRAV, denominazione che, tenendo conto della fase di prequalificazione, ha indotto in errore la società Leonardo, non evidenziando la soluzione di continuità con il precedente segmento procedimentale.

4. – In definitiva, alla stregua di quanto esposto, va respinto sia il ricorso principale, che quello incidentale.

La complessità della vicenda controversa integra le ragioni che per legge consentono la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando, respinge l’appello principale e quello incidentale.

Compensa tra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

 

Guida alla lettura

La sentenza in rassegna ribadisce che, in materia di impugnazione del bando di gara, questa vada fatta immediatamente se la contestazione riguarda le clausole escludenti e non insieme all’atto finale dell’aggiudicazione della graduatoria definitiva.
L’onere dell’immediatezza, quindi, sarebbe legato alla presenza di questa tipologia di clausole, riguardanti i requisiti di partecipazione, e che possono essere o d’ostacolo all’ammissione dell’interessato oppure impositive di oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati per eccesso rispetto ai contenuti della procedura concorsuale.
Le altre clausole ritenute lesive possono invece essere impugnate insieme all’atto di approvazione della graduatoria definitiva, che definisce la procedura concorsuale e identifica in concreto il soggetto leso dal provvedimento, rendendo attuale e concreta la lesione della situazione soggettiva.
A fronte di una clausola illegittima della lex specialis di gara, ma non impeditiva della partecipazione, il concorrente non è, infatti, ancora titolare di un interesse attuale all’impugnazione, poiché non sa ancora se l’astratta e potenziale illegittimità della predetta clausola si risolverà in un esito negativo della sua partecipazione alla procedura, e quindi in una effettiva lesione della situazione soggettiva che solo da tale esito può derivare.

Ed infatti deve esserericordato il principio generale che collega l’onere di immediata impugnazione all’esistenza in capo al ricorrente di una lesione non potenziale, ma concreta ed attuale, ed alla sussistenza di un altrettanto attuale interesse ad impugnare. Già con la pronuncia dell’Adunanza Plenaria n. 1 del 2003 il Consiglio di Stato ha evidenziato un onere di immediata impugnazione del bando di gara con riferimento a clausole che impongano, ai fini della partecipazione, oneri assolutamente incomprensibili o manifestamente sproporzionati ai caratteri della gara o della procedura concorsuale e che comportino sostanzialmente l’impossibilità per l’interessato di accedere alla gara; in tali ipotesi, è stata ricompresa quella di un bando che, discostandosi macroscopicamente dall’onere di clare loqui, al quale, per i suoi intrinseci caratteri, ogni bando deve conformarsi, risulti indecifrabile nei suoi contenuti, così impedendo all’interessato di percepire le condizioni alle quali deve sottostare precludendogli, di conseguenza, direttamente ed immediatamente la partecipazione, ciò in quanto tali clausole sembrano sostanzialmente comportarsi come le clausole riguardanti i requisiti soggettivi o di partecipazione, per le quali l’esistenza di tale onere è tradizionalmente affermato. Le clausole in questione, infatti, manifestano immediatamente la loro lesività, appaiono sostanzialmente idonee a precludere immediatamente la stessa partecipazione alla procedura concorsuale e ricollegano alle prescrizioni introdotte un effetto giuridico diretto (l’impossibilità di prendere atto alla gara) che appare immediatamente lesivo dell’interesse sostanziale degli aspiranti.

Successivamente, in giurisprudenza è stato ribadito che sussiste l’onere d’immediata impugnazione del bando di gara pubblica per contestare clausole che siano impositive, ai fini della partecipazione, di oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati per eccesso rispetto ai contenuti della procedura concorsuale, ovvero che rendano ingiustificatamente più difficoltosa per i concorrenti la partecipazione alla gara. In siffatti casi, già la pubblicazione del bando genera una lesione della situazione giuridica per chi intenderebbe partecipare alla competizione ma non può farlo a causa delle suddette clausole che assume irragionevoli o sproporzionate per eccesso. 

Ancora, è stato di recente osservato  che l’onere di impugnare immediatamente le previsioni della legge di gara non concerne solo quelle in senso classico “escludenti”, che prevedono requisiti soggetti di partecipazione, ma anche le clausole afferenti alla formulazione dell’offerta, sia sul piano tecnico che economico, laddove esse rendano (realmente) impossibile la presentazione di una offerta.

Nel tentativo di enucleare i casi in cui tale evenienza può verificarsi, sono state evidenziate, tra le altre, le seguenti ipotesi: – le regole impositive, ai fini della partecipazione, di oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati per eccesso rispetto ai contenuti della procedura concorsuale; – le previsioni che rendano la partecipazione incongruamente difficoltosa o addirittura impossibile; – le disposizioni abnormi o irragionevoli che rendano impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica ai fini della partecipazione alla gara; – le condizioni negoziali che rendano il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso e obiettivamente non conveniente; – l’imposizione di obblighi contra ius; – le gravi carenze nell’indicazione di dati essenziali per la formulazione dell’offerta, ovvero la presenza di formule matematiche del tutto errate.

Resta estraneo alla fattispecie eccezionale di clausola immediatamente escludente del bando, con onere di immediata impugnazione, il caso di questioni attinenti la soggettiva opportunità economica di presentare un'offerta, in ragione del calcolo individuale di convenienza del singolo operatore economico legate alle sue strategie di impresa (che non contemplano esclusivamente il margine di utile in ipotesi conseguibile, alla luce della maggiore o minor aleatorietà del rapporto, bensì tutte le utilità, anche indirette, che dallo stesso possono comunque trarsi, anche a livello di prestigio commerciale, ecc.).

Quanto al secondo motivo di appello, si rammenta come la suddivisione in lotti è finalizzata ad assicurare la tutela della concorrenza e della non discriminazione tra i contendenti, finalità di eminente interesse pubblico che attengono all' ordinato ed equilibrato sviluppo economico della società. Pertanto, la suddivisione in lotti che violi la libera concorrenza in senso oggettivo (come astratta possibilità di contendersi il mercato in posizione di parità) e in senso soggettivo (per la creazione di una posizione di ingiustificato favore di un concorrente rispetto agli altri) è illegittima e, come qualsiasi scelta dove la Pubblica amministrazione ha un apprezzabile margine di valutazione, può essere sindacata in sede giurisdizionale nei limiti rappresentati dai canoni della ragionevolezza e della proporzionalità, oltre che dell' adeguatezza dell' istruttoria.

La tendenziale preferenza dell' ordinamento per una ragionevole divisione in lotti è fondata non solo sulla notoria esigenza di favorire la partecipazione delle piccole e medie imprese exarticolo 51 del Dlgs n. 50/2016, ma anche, e soprattutto, nella esigenza di assicurare realmente la libera concorrenza e la massima partecipazione non solo al momento dell' effettuazione della gara ma anche in relazione a tutto il periodo successivo di svolgimento del rapporto. In quest' ottica l' indicazione di un limite alla aggiudicazione di tutti i lotti ad un unico offerente è una facoltà discrezionale il cui mancato esercizio non è - da solo e di per sé - sintomo di illegittimità.

Tuttavia, la tutela della concorrenza impone una ragionevole e proporzionata determinazione dell' oggetto e della tipologia delle prestazioni, dell' importo dei lotti, della loro allocazione territoriale, della durata, delle imposizioni di clausole o di condizioni particolari che, in ogni caso, non devono finire di fatto per favorire una impresa rispetto ad un' altra.