Consiglio di Stato, sez. V, 13 novembre 2019, n. 7805
1. Non può dubitarsi che negli appalti di servizi e forniture “non vige ex lege il principio di necessaria corrispondenza tra la qualificazione di ciascuna impresa e la quota della prestazione di rispettiva pertinenza, essendo la relativa disciplina rimessa alle disposizioni della lex specialis della gara”; rientra pertanto nella discrezionalità della stazione appaltante sia stabilire il fatturato necessario per la qualificazione delle imprese, sia la fissazione delle quote che devono essere possedute dalle imprese partecipanti ai raggruppamenti.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 1851 del 2019, proposto da
Siram s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Francesco Marone e Renato Ferola, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, Corso Vittorio Emanuele II, n. 18;
contro
Regione Piemonte, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Stefano Gattamelata e Marialaura Piovano, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via di Monte Fiore, n. 22;
nei confronti
Antas s.r.l., in proprio e quale capogruppo mandataria di costituenda Ati con S.G.N. s.r.l., Comat s.p.a. e Del Bo s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Daniela Anselmi e Sarah Garabello, con domicilio eletto presso lo studio della prima in Roma, via Amendola, n. 46/6;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima) n. 00059/2019, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Piemonte e di Antas s.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 ottobre 2019 il Cons. Valerio Perotti ed uditi per le parti gli avvocati Gherardo Marone, in dichiarata delega di Francesco Marone, nonché Gattamelata, Anselmi e Garabello;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.Con determinazioni nn. 25 e 266 rispettivamente del 27 febbraio 2017 e 21 giugno 2017, la Direzione risorse finanziarie e patrimonio - Settore tecnico e sicurezza ambienti di lavoro della Regione Piemonte indiceva una procedura di gara aperta, ai sensi dell’art. 60 del d.lgs. n. 50 del 2016, per l’affidamento del servizio integrato per la gestione, manutenzione, controllo ed esecuzione di tutte le attività necessarie a mantenere in completo stato di efficienza gli impianti tecnologici della Regione, da aggiudicarsi col criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
Il servizio avrebbe avuto durata triennale, con eventuale rinnovo, ai sensi dell’art. 63, comma 5, d.lgs. n. 50 del 2016, per altri due anni e facoltà di proroga di un ulteriore anno ai sensi dell’art. 106, comma 11, del medesimo decreto.
Con successiva determinazione n. 199 del 26 luglio 2017 veniva approvato il bando ed il documento complementare di gara.
Giusta determinazione n. 386 del 21 dicembre 2017 la gara veniva aggiudicata all’Ati con capogruppo Antas s.r.l., disponendosi l’esecuzione anticipata del servizio.
2. Avverso tale aggiudicazione proponeva ricorso, poi integrato da motivi aggiunti (non estensivi dell’impugnazione), Siram s.p.a. deducendo: a) la mancata indicazione nell’offerta economica dei costi della manodopera e degli oneri aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro; b) nel giudizio di non anomalia dell’offerta non sarebbe stato correttamente considerato il costo del personale, quello del materiali e dei macchinari e l’utile di impresa di segno negativo; b1) con il terzo motivo aggiunto la carenza della voce di costo per il personale (rispetto alle previsioni delle tabelle ministeriali per le singole qualifiche da utilizzare per l’esecuzione del servizio), essendo stato indicato solo il monte ore complessivo, ma non anche la suddivisione del lavoro nei sei diversi servizi dell’appalto, senza tener conto della diversa collocazione degli immobili sul territorio; c) con il terzo motivo di ricorso, integrato dal quarto motivo aggiunto, l’illegittimità del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta, anche per violazione delle linee guida ANAC n. 3 del 2016 (laddove prevedono che, nelle gare svolte con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, il Rup possa avvalersi di una commissione giudicatrice, laddove questi nel caso di specie avrebbe proceduto da solo all’esame delle giustificazioni richieste dalla commissione, formulando un giudizio di non anomalia caratterizzato da una motivazione insufficiente); d) la carente motivazione, ai sensi dell’art. 32, comma 8, del d.lgs. n. 50 del 2016, circa la disposta esecuzione anticipata del servizio, difettando i presupposti dell’urgenza e di un grave danno all’interesse pubblico; e) la violazione dell’art. 76, comma 5, del d.lgs. n. 50 del 2016, poiché l’invio della comunicazione d’ufficio dell’aggiudicazione sarebbe avvenuto oltre il termine di cinque giorni; f) con il sesto motivo di ricorso, integrato dal quarto motivo aggiunto, l’illegittimità del metodo di attribuzione del punteggio previsto dal bando e dal disciplinare di gara, attribuzione affidata al giudizio alla commissione di gara come organo collegiale e non ai singoli commissari e articolata su cinque coefficienti invece deagli undici coefficienti di cui alle linee guida ANAC n. 2 del 2016 e senza che i sub-criteri contemplassero apposito sub-punteggio; ciò senza contare l’illegittimità consistita nel fatto che la valutazione delle offerte di ogni concorrente fosse stata fatta in singola seduta riservata, mentre solo in una seduta finale (del 22 novembre 2017) sarebbero stati attribuiti i coefficienti di valutazione delle singole offerte (lette diversi giorni prima); g) la stessa ammissione alla gara dell’aggiudicataria che invece avrebbe dovuto invece essere esclusa per non aver indicato a quale delle componenti dell’associazione temporanea sarebbe stato affidato il servizio di ingegneria, e per non aver in ogni caso dichiarato di possedere, al momento del bando, né per sé né per le mandanti, i requisiti richiesti per lo specifico servizio di ingegneria, ossia il possesso delle classi e categorie di progettazione III, b) e c) e di aver espletato negli ultimi dieci anni servizi di ingegneria per opere analoghe per un importo non inferiore al doppio del servizio, pari a complessivi euro 300.000,00; h) ancora l’ammissione dell’aggiudicataria, in quanto la mandante Del Bo s.p.a., alla quale era stata assegnata l’intera esecuzione dei lavori extra canone (che rappresentavano il 15,36% del valore dell’appalto), non avrebbe posseduto il requisito dello svolgimento dei servizi analoghi per quella percentuale, pari ad euro 2.304.000,00 (a fronte di un fatturato complessivo di 2.148.851,91 euro).
3. L’adito tribunale, nella resistenza della stazione appaltante e della controinteressata, con la sentenza segnata in oggetto respingeva il ricorso.
4. Avverso tale sentenza Siram s.p.a. ha interposto appello, chiedendone la riforma per i seguenti motivi:
1) Error in iudicando. Violazione e falsa applicazione dell’art. 48, comma 4, d.lgs. 18.4.2016 n. 50. Violazione dell’art. 79, d.P.R. 5.10.2010 n. 207. Violazione dell’art. III.1.2 del Bando di gara e dell’art. 7 del Disciplinare di gara. Eccesso di potere per presupposto erroneo.
2) Error in iudicando. Violazione e falsa applicazione dell’art. 48 d.lgs. 18.4.2016 n. 50. Violazione e falsa applicazione degli art. III.1.2) del bando di gara, 7 del Disciplinare di gara e 2 del Capitolato speciale di appalto. Eccesso di potere per presupposto erroneo e difetto di istruttoria.
3) Error in iudicando. Violazione e falsa applicazione dell’art. 95 d.lgs. 18.4.2016 n. 50. Violazione delle Linee Guida Anac n. 2 approvate con delibera n. 1005 del 21.9.2016. Difetto di motivazione.
4) Error in iudicando. Violazione e falsa applicazione dell’art. 97 d.lgs. 18.4.2016 n. 50. Violazione delle Linee Guida Anac n. 3 approvate con delibera n. 1096 del 26.10.2016 e aggiornate con delibera n. 1007 dell’11.10.2017. Violazione del giusto procedimento di legge. Sviamento.
5) Error in iudicando. Violazione e falsa applicazione dell’art. 97 d.lgs. 18.4.2016 n. 50. Eccesso di potere per presupposto erroneo. Difetto di istruttoria.
5. Ha resistito al gravame la controinteressata Antas s.r.l., chiedendone il rigetto, in quanto infondato, e riproponendo ex art. 101, comma 2, Cod. proc. amm. le eccezioni assorbite e comunque non esaminate dalla sentenza di primo grado.
Anche la Regione Piemonte, costituitasi in giudizio, ha dedotto l’infondatezza dell’appello del quale ha chiesto la reiezione.
6. La parti hanno precisato con apposite memorie le proprie rispettive tesi difensive ed all’udienza del 3 ottobre 2019, dopo la rituale discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
7. Con il primo motivo di gravame l’appellante sostiene che, contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, l’Ati Antas, aggiudicataria, avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara per non aver indicato a quale dei soggetti componenti il raggruppamento era stato affidato il servizio d’ingegneria, in violazione dell’art. 48, comma 4, del d.lgs. n. 50 del 2016, secondo cui, in caso di partecipazione in forma di Rti, “devono essere specificate le categorie di lavori o le parti del servizio o della fornitura che saranno eseguite dai singoli operatori economici riuniti o consorziati”.
Ad avviso dell’appellante, in nessuna parte della domanda di partecipazione alla gara era indicato che il servizio d’ingegneria sarebbe stato svolto dalla sola mandataria Antas (sicuramente qualificata per farlo); pertanto, se ciascun soggetto associato doveva eseguire il servizio di ingegneria nella quota indicata per “tutti i servizi”, allora ciascun associato avrebbe dovuto essere qualificato, per quella stessa quota, anche allo svolgimento del servizio di ingegneria, non potendo quindi considerarsi sufficiente la qualificazione SOA della sola Antas.
Nel caso di specie, però, la mandante S.g.n. s.r.l. – che, in assenza di specificazioni, avrebbe dovuto eseguire il servizio d’ingegneria nella percentuale del 44% – era sprovvista di qualificazione per la progettazione, essendo in possesso di attestazione SOA (per la categoria OS 28, classifica II) che la abilitava alla sola esecuzione e non anche alla progettazione di quelle lavorazioni. Inoltre la capogruppo Antas non avrebbe dimostrato di aver espletato servizi d’ingegneria analoghi a quelli oggetto dell’appalto, né di possedere il fatturato specifico richiesto dal bando (relativamente a servizi di ingegneria relativi ad opere analoghe all’oggetto d’appalto, di importo non inferiore a due volte l’ammontare del corrispettivo per la progettazione pari ad euro 150.000,00 e, pertanto, pari ad almeno euro 300.000,00).
Il motivo non può essere accolto.
6.1. Invero, l’art. 4, lettera c.3 del Disciplinare di gara stabiliva che il “servizio ingegneria extra canone”, di cui all’art. 2.2 del Capitolato speciale d’appalto, era solamente una “prestazione secondaria opzionale”, ossia il cui affidamento era meramente ipotetico ed eventuale, dipendendo da una valutazione discrezionale della stazione appaltante da adottarsi, se del caso, solo in un momento successivo all’aggiudicazione, in corso d’esecuzione.
Si trattava di un requisito certamente obbligatorio per coloro che – singole imprese o raggruppamenti – avessero voluto prendere parte alla gara, ma la cui verifica andava necessariamente procrastinata ad una fase successiva a quella dell’esame delle offerte, quella cioè dell’esecuzione della prestazione – come si è detto, del tutto ipotetica – allorché tale esigenza fosse divenuta attuale.
Del resto, a ribadire la strutturale “terzietà” di tali prestazioni rispetto all’oggetto dell’appalto, lo stesso art. 2.2 del Capitolato precisa che “Per l’effettuazione di tutti gli interventi descritti in questo paragrafo é riservata all’Amministrazione la facoltà di decidere se avvalersi di soggetti terzi diversi dall’Appaltatore, nel rispetto della normativa vigente”.
Deve pertanto convenirsi con l’amministrazione ed il primo giudice che non era indispensabile – a pena di esclusione – indicare nell’offerta in modo specifico chi – tra i componenti di un eventuale raggruppamento – avrebbe eventualmente dovuto eseguire tale prestazione, per l’ipotesi in cui la stessa fosse stata successivamente richiesta dalla stazione appaltante.
6.2. Per l’effetto, nel caso di un raggruppamento di imprese, come l’Ati guidata da Antas s.r.l., era sufficiente che quest’ultimo in sé disponesse del requisito in esame, con la conseguenza che lo stesso, in concreto, ben avrebbe potuto essere posseduto anche da un solo componente, che sarebbe stato quindi l’unico legittimato a realizzare la prestazione.
Nel caso di specie il requisito in questione risultava posseduto dalla mandataria Antas, che poteva vantare sia pertinente certificazione SOA (in ispecie, la qualificazione 26 per la categoria OG11, classifica VIII, in ambito di progettazione e costruzione, che la abilitava all’attività di progettazione del servizio opzionale di ingegneria: cfr. doc. 26 Regione), sia lo svolgimento di precedenti servizi di ingegneria “analoghi” ai sensi della lex specialis e per un importo sufficiente (cfr. doc. 30/A Regione), non risultando dirimente la mancata menzione specifica, in tale contesto, anche della manutenzione degli impianti elevatori.
7. Con il secondo motivo di appello viene rinnovata la censura secondo cui il Rti Antas avrebbe comunque dovuto essere escluso dalla gara in quanto la mandante Del Bo s.p.a., deputata a svolgere in via esclusiva il servizio di manutenzione degli impianti elevatori, sarebbe stata priva del requisito curriculare del fatturato dei servizi analoghi.
Sul punto la sentenza appellata ha rilevato che “a parte il lieve scostamento dovuto ad un diverso metodo di calcolo della percentuale di incidenza sul contratto dei lavori extra-canone, il requisito dello specifico fatturato per servizi analoghi “global service” è posseduto integralmente e complessivamente dalla mandataria” e, dunque, dal Rti nel suo complesso.
Secondo l’appellante invece, la prestazione considerata “è solo della mandante Del Bo e non si vede come la qualificazione della capogruppo – peraltro tutta da dimostrare – possa sopperire alla mancanza di qualificazione della mandante, la quale è stata, con tutta evidenza, inserita nel raggruppamento proprio per la esecuzione di quella prestazione estremamente specialistica”.
In ogni caso non sarebbe provato che la capogruppo Antas disponeva del requisito curriculare richiesto per la manutenzione degli impianti elevatori.
Neppure questo motivo può trovare accoglimento.
7.1. Da un primo punto di vista risulta persuasiva l’eccezione formulata dalla Regione Piemonte secondo cui l’argomento dell’appellante si fonderebbe, in realtà, su un’errata lettura della lex specialis di gara, in quanto estenderebbe la percentuale di incidenza del 15,36% di cui alla tabella riepilogativa in calce all’art. 2.2 del Capitolato speciale d’appalto – riferita ai soli lavori relativi agli impianti di sollevamento – anche ai servizi di conduzione nelle diverse tipologie manutentive di impianti e/o attrezzature tecnologiche; in sostanza l’appellante accomuna erroneamente i servizi analoghi da intendersi “global service” con diverse tipologie manutentive di impianti e/o attrezzatture tecnologiche, come lavori extra-canone inerenti gli impianti di sollevamento previsti dall’art. 2.2 del Capitolato.
In ogni caso, ed in via assorbente, deve confermarsi il principio (ex multis, Cons. Stato, III, 21 settembre 2017, n. 4403) secondo cui – con l’eccezione del caso di una esplicita e diversa richiesta del bando – è sufficiente che il raggruppamento nel suo complesso possieda il requisito di qualificazione richiesto, mentre a fini dell'esecuzione nella gara, tramite l’istituto dell'avvalimento, la singola azienda partecipante non deve obbligatoriamente possedere quel requisito (e quindi quelle competenze) per poter erogare il servizio, ma può avvalersi delle altre partecipanti al Rti.
A ciò aggiungasi che non può dubitarsi che negli appalti di servizi e forniture “non vige ex lege il principio di necessaria corrispondenza tra la qualificazione di ciascuna impresa e la quota della prestazione di rispettiva pertinenza, essendo la relativa disciplina rimessa alle disposizioni della lex specialis della gara”; rientra pertanto nella discrezionalità della stazione appaltante sia stabilire il fatturato necessario per la qualificazione delle imprese, sia la fissazione delle quote che devono essere possedute dalle imprese partecipanti ai raggruppamenti (ex multis, Cons. Stato Ad. plen. 28 aprile 2014, n. 27).
Per l’effetto, laddove l’amministrazione ritenga di non dover inserire una clausola di tale tenore, valutando sufficiente limitarsi a prevedere una quota minima di fatturato a prescindere dalla quota di esecuzione della prestazione, non può disporsi l'esclusione di una concorrente per la mancanza di un requisito non previsto dalla lex specialis di gara, e neppure stabilito dalla legge mediante eterointegrazione (da ultimo, Cons. Stato, III, 13 settembre 2017, n. 4336).
7.2, Orbene, l’art. 7, p.to 6, n. 2 del Disciplinare di gara prevedeva, in capo ai concorrenti, l’obbligo di presentare una “dichiarazione a pena di esclusione del titolare o rappresentante legale attestante: […] 2) fatturato per servizi analoghi (da intendersi “global service” con diverse tipologie manutentive di impianti e/o attrezzature tecnologiche) conseguito negli ultimi tre anni (2014-2015-2016) di importo complessivo non inferiore a € 15.000.000,00 I.V.A. esclusa”.
Sulla base di queste premesse la censura di parte appellante va superata, in considerazione del fatto che il requisito dello specifico fatturato per servizi analoghi “global service” era comunque posseduto integralmente e complessivamente dalla mandataria Antas s.r.l. (per un importo di euro 40.199.733,04 (cfr. doc. 26 e 30 Regione) superiore dunque al limite richiesto dalla lex specialis, pari ad euro 15.000.000,00.
Né la conclusione raggiunta trova smentita nel principio di diritto recentemente espresso con decisione dell’Adunanza plenaria di questo Consiglio, 27 marzo 2019, n. 6, riferendosi quest’ultimo ai soli appalti di lavori (per i quali trova applicazione la disciplina speciale di cui all’art. 92, comma 2, del d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207), laddove l’odierna vertenza concerne un appalto di servizi, per il quale trovano dunque applicazione i consolidati principi sovra richiamati.
8. Con il terzo motivo di appello vengono riproposte le censure già dedotte nel precedente grado di giudizio, con il sesto motivo di ricorso introduttivo e con il quarto motivo aggiunto (integrativo del precedente), contestandosi in primo luogo la difformità del metodo di attribuzione del punteggio individuato nella lex specialis rispetto alla normativa vigente (in primis l’art. 95 del d.lgs. n. 50 del 2016), affidando la prima il giudizio alla Commissione di gara nella sua collegialità e non ai singoli Commissari, con la previsione di soli cinque coefficienti in luogo degli undici previsti dalle linee-guida ANAC.
La lex specialis non avrebbe previsto, secondo l’appellante, che l’obbligo della commissione di motivare la propria valutazione nell’ipotesi in cui si fosse scelto un metodo di valutazione diverso dal confronto a coppie (in relazione ai sub-criteri previsti rispetto alle quattro voci oggetto di valutazione, infatti, non sarebbero stati previsti dei corrispondenti sub-punteggi, con conseguente inintelligibilità, allo stato, della valutazione compiuta). E’ stato inoltre censurato il procedimento seguito dalla commissione nella valutazione delle offerte tecniche.
Si può prescindere dall’esame delle preliminari eccezioni di inammissibilità del motivo, dedotte dalla Regione Piemonte, stante la sua infondatezza.
8.1.Va infatti innanzitutto ribadita la non vincolatività delle linee-guida ANAC n. 2 del 2016 (ex multis, Cons. Stato, V, 22 ottobre 2018 n. 6026), le quali traggono la propria fonte di legittimazione nella generale previsione di cui al comma 2 dell’articolo 213 del d.lgs. n. 50 del 2016, di talché le stesse non risultano idonee a rappresentare parametro di legittimità delle determinazioni adottate dalle singole stazioni appaltanti nella fissazione delle regole di gara.
Esse, lungi dal fissare regole di carattere prescrittivo, si atteggiano soltanto quale strumento di “regolazione flessibile”, in quanto tale volto all’incremento “dell’efficienza, della qualità dell’attività delle stazioni appaltanti”; nel caso di specie, poi, risultano ricognitive di principi di carattere generale, ivi compreso quello della lata discrezionalità che caratterizza le scelte dell’amministrazione in punto di individuazione dei criteri di valutazione delle offerte, tra cui anche quelli di attribuzione dei punteggi.
8.2. Sulla base dei ricordati orientamenti deve affermarsi che tali scelte non possano essere censurate in giudizio se non in caso di palesi profili di irragionevolezza e abnormità, che nel caso di specie non è dato rilevare (né tali criticità vengono adeguatamente illustrate e documentate dall’appellante).
Deve infatti convenirsi con il primo giudice che i criteri individuati dalla stazione appaltante non risultano manifestamente irragionevoli, ovvero privi di attendibilità scientifica e/o sproporzionati rispetto all’oggetto d’appalto, né la previsione di cinque criteri e di quattro sub-criteri di valutazione risulta a priori sintomatica di scarsa trasparenza di giudizio o, comunque, di una ridotta analiticità ed esaustività dello stesso.
9. Con il quarto motivo di appello vengono riproposte le censure già dedotte con il terzo motivo di ricorso introduttivo e con il quinto motivo aggiunto, in ordine al sub-procedimento di anomalia, per non essersi il Rup avvalso della commissione di gara e per la asserita mancanza di un verbale o di un altro atto che contenesse l’indicazione delle ragioni di congruità dell’offerta di Antas.
In estrema sintesi, secondo l’appellante non risulterebbe agli atti di gara alcun verbale di valutazione delle giustificazioni dell’Ati aggiudicataria, ma solo una nota con la quale il Rup comunicava al responsabile del Settore contratti, senza ulteriori precisazioni, che le giustificazioni dell’Ati Antas “risultano in linea con l’offerta presentata e congrue”, così che di una carenza di motivazione, si tratterebbe di una mancanza del giudizio stesso di anomalia.
Il motivo non può essere accolto.
9.1. Preliminarmente non può revocarsi in dubbio che un giudizio di anomalia dell’offerta dell’Ati aggiudicataria Antas sia stato effettuato, proprio alla luce delle considerazioni espresse dal Rup in ordine alla congruità dell’offerta in questione; ciò detto, va confermato il principio secondo cui in sede di verifica delle offerte sospettate di essere anomale la valutazione favorevole circa le giustificazioni fornite non richiede un particolare onere motivazionale, che invece va assolto nel caso in cui la stazione appaltante ritenga di non condividere le giustificazioni offerte dall’impresa, in tal modo disponendone l’esclusione (ex multis, Cons. Stato, III, 18 settembre 2018, n. 5444).
Nel caso di specie legittimamente la stazione appaltante ha optato – una volta giunta alla conclusione che l’offerta dell’Ati Antas non fosse anomala – per motivare il proprio intendimento per relationem, mediante rinvio alle giustificazioni presentate dall’aggiudicataria (Cons. Stato, V, 10 giugno 2019, n. 3879; V, 5 marzo 2019, n. 1518).
9.2. Neppure è fondato l’ulteriore profilo di censura – peraltro non compiutamente sviluppato – relativo al fatto che il Rup avrebbe svolto la verifica sull’anomalia dell’offerta senza avvalersi della Commissione giudicatrice: va infatti ricordato (Cons. Stato, Ad. plen., 29 novembre 2012, n. 36; V, 24 luglio 2017, n. 3646) che anche nella vigenza del d.lgs. n. 50 del 2016 il legislatore ha rimesso proprio al Rup ogni valutazione innanzitutto in ordine al soggetto cui affidare la verifica, non escludendo che, a seconda dei casi, possa ritenere sufficienti e adeguate le competenze degli uffici e organismi della stazione appaltante, o invece concludere nel senso della necessità di un nuovo coinvolgimento della commissione aggiudicatrice anche per la fase de qua.
Non può quindi sostenersi che il fatto che il Rup abbia proceduto direttamente alla verifica di anomalia costituisca ex se un vizio di legittimità della procedura.
10. Con il quinto motivo di appello è censurata l’aggiudicazione della gara all’Ati Anta, nonostante l’asserita, palese anomalia della sua offerta.
Sostiene l’appellante, in particolare, che il documento “Spiegazioni in merito all’offerta”, contenente le giustificazioni di Antas, sarebbe stato del tutto carente di informazioni e fondato su un’errata valorizzazione dei costi di gestione della commessa, con particolare riferimento al costo del personale impiegato ed al costo del servizio di anagrafica tecnica.
In particolare, i costi del personale dichiarati da Antas sarebbero risultati inferiori ai costi orari previsti nelle tabelle ministeriali, con particolare riguardo alle figure del coordinatore locale, dell’assistente del coordinatore locale, del responsabile del telecontrollo, del responsabile del servizio di ingegneria e del responsabile dei sistemi informativi; inoltre Antas non avrebbe quantificato i costi legati alla struttura di governo – livello di direzione generale staff e governance – il cui impiego era stato dichiarato all’interno della propria offerta tecnica; inoltre non sarebbe in alcun modo considerato neppure il costo per il responsabile del servizio.
Più nel dettaglio, l’appellante ha dedotto che Antas avrebbe pesantemente sottostimato il costo del servizio di anagrafica tecnica, che nel caso di specie avrebbe dovuto essere basato su un sistema di Building Information Modeling (BIM), per tutti gli impianti e gli immobili oggetto dell’appalto: prendendo infatti a riferimento i valori per il servizio di anagrafica tecnica pubblicati da Consip s.p.a. nel documento “Linee guida per la Pubblica Amministrazione alla redazione delle RDO relativamente ai servizi di anagrafica degli immobili” si giungerebbe ad un importo del servizio pari ad euro 549.804,21, laddove l’offerta avrebbe indicato tali costi in €. 33.672,96.
Il motivo non può trovare accoglimento.
10.1. Circa il primo profilo (scostamento dalle tabelle ministeriali del costo orario medio del lavoro), va ribadito che esso, ove anche integrato, non è di per sé indice di anomalia dell’offerta, la quale deve invece essere valutata nella sua globalità, alla luce della specifica organizzazione imprenditoriale; tali tabelle, infatti, esprimono solamente un costo del lavoro medio, ricostruito su basi statistiche, per cui non rappresentano un limite inderogabile per gli operatori economici partecipanti a gare d’appalto, ma solo un parametro di valutazione della congruità dell’offerta, con la conseguenza che lo scostamento da esse non legittima di per sé un giudizio di anomalia (ex multis, Cons. Stato, III, 13 marzo 2018, n. 1609; III, 21 luglio 2017 n. 3623; V, 6 febbraio 2017, n. 501; III, 25 novembre 2016, n. 4989).
Va altresì rilevato che l’appellante non esplicita i passaggi dell’operazione di calcolo con cui giunge a “correggere” i valori indicati dall’aggiudicataria, omissione che spiega il rilievo contenuto in sentenza circa la mancanza di prova della relativa doglianza.
10.2. Per contro risultano convincenti i rilievi dell’amministrazione, che evidenzia come gli scostamenti che parte appellante sostiene sussistano rispetto ai costi orari riportati dalle tabelle ministeriali per i livelli V e VI della Struttura di Coordinamento (ossia euro 23,09 per il 5° livello ed euro 26,58 per il 6° livello) derivano dall’improprio riferimento ai costi riportati in tali tabelle per il personale a tempo determinato, i quali includono la quota percentuale di imposta non potendo beneficiare del cosiddetto taglio Irap imprese previsto dalla normativa in materia per il personale assunto a tempo indeterminato.
In effetti, a decorrere dal periodo di imposta dell’anno 2015 l’Irap non viene più a far parte del costo del personale dipendente a tempo indeterminato delle imprese, atteso che tali costi risultano integralmente deducibili dalla base imponibile dell’imposta.
Per l’effetto, l’Ati aggiudicataria non era tenuta a motivare la mancata previsione dell’incidenza Irap nell’ambito del costo del personale assunto a tempo indeterminato.
10.3. Analogamente è a dirsi per lo scostamento – comunque minimo – del costo del lavoro relativo al Responsabile dei Sistemi informativi di 5° livello.
Al riguardo in ogni caso risulta convincente la precisazione dell’appellata Antas s.r.l., secondo cui l’indicazione di un livello di unità pari al V livello sarebbe frutto di errore materiale (atteso che tale figura, così come già il Responsabile del telecontrollo e quello del servizio di ingegneria – che fanno parte della struttura di coordinamento generale – è di IV livello e non di V).
Ne consegue la correttezza dei costi indicati, in quanto riferiti al IV livello.
10.4. Anche in relazione alle censure mosse circa la mancata indicazione dei costi legati alla struttura di governo, l’amministrazione ha documentato (sub doc. 2 Regione) come quest’ultima fosse affidata alla Direzione Generale Staff e Governance della società, che svolge la medesima funzione avvalendosi di 48 unità su tutte le commesse aziendali, ragione per cui i relativi costi potevano essere ricompresi nelle spese generali della commessa.
Del resto, anche il cd. “Responsabile del Servizio”, dedicato a tempo parziale al 50%, è attribuito a tale Struttura di governance generale e, pertanto, il corrispondente costo risulta ricompreso nelle spese generali.
10.5. In merito poi alla contestazione relativa al personale dedicato alla commessa per il coordinamento locale, effettivamente l’offerta tecnica dell’aggiudicataria chiariva (pag. 2) che il Coordinatore locale di sesto livello sarebbe stato supportato, come confermato nelle giustificazioni dell’anomalia (doc. 20 Regione, pp. 4 e 5) da un Responsabile per ogni servizio; inoltre “il R.T.I. prevede l’impiego di quattro tipologie di squadre di cui una per le risorse di presidio tecnologico per la sede regionale di Piazza Castello che opera in maniera fissa e dedicata, risorsa offerta quale miglioria a costo zero per la Stazione Appaltante”.
10.6. In ordine infine ai costi dell’anagrafica tecnica (cui si riferisce il par. 1.4.5.1 delle giustificazioni - doc. 20 Regione), va detto innanzitutto che il software previsto al p.to 9.2 del Capitolato speciale d’appalto, conforme alla norma ISO 16739, non era un software BIM (Building Information Modeling), bensì un applicativo che consente la raccolta di dati concettuali e definisce il formato di scambio per i dati da inserire in un eventuale modello BIM. La disposizione della lex specialis parla, testualmente, di “anagrafica tecnica […] basata su un sistema BIM”.
A pag. 19 dell’offerta tecnica dell’aggiudicataria si propone la “restituzione in BIM” dei dati raccolti per l’aggiornamento dell’anagrafica e si dichiara espressamente la “compatibilità” con il BIM del software utilizzato; non emergono pertanto evidenti travisamenti o abnormità del giudizio operato dall’amministrazione in ordine all’affidabilità dell’offerta di cui si discute.
11. Conclusivamente, alla luce dei rilievi che precedono l’appello va respinto.
La complessità delle questioni esaminate giustifica peraltro l’integrale compensazione tra le parti delle spese di lite del grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa tra le parti le spese di lite del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Guida alla lettura
Il CDS afferma che negli appalti di servizi, quando aggiudicatario è un raggruppamento (in tal caso, si trattava di un’ATI), non vige il principio della necessaria corrispondenza tra la quota di partecipazione al raggruppamento stesso e la quota di esecuzione.
L’appellante sosteneva che l’aggiudicatario avrebbe dovuto essere escluso in quanto, siccome il bando non specificava che il servizio di ingegneria sarebbe stato svolto dalla sola mandataria, ciascun associato avrebbe appunto dovuto essere qualificato per tale servizio, e quindi il fatto che la qualificazione SOA fosse posseduta solo dalla mandataria non poteva essere considerato sufficiente ai fini dell’aggiudicazione.
Il CDS, invece, rovescia i termini della questione: a meno che sia il bando a prevedere diversamente, è sufficiente che il raggruppamento possieda i requisiti nel suo complesso, in quanto, ai fini dell’esecuzione, la singola partecipante potrebbe anche avvalersi dei requisiti posseduti dalle altre imprese partecipanti al raggruppamento.
L’art. 48 comma 19 prevede quanto segue: “E’ ammesso il recesso di una o più imprese raggruppate, anche qualora il raggruppamento si riduca ad un unico soggetto, esclusivamente per esigenze organizzative del raggruppamento e sempre che le imprese rimanenti abbiano i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori o servizi o forniture ancora da eseguire. In ogni caso la modifica soggettiva di cui al primo periodo non è ammessa se finalizzata ad eludere la mancanza di un requisito di partecipazione alla gara”.
La norma giudica come sufficiente il fatto che “le imprese rimanenti” abbiano i requisiti di qualificazione: pertanto, non è necessario, ai fini dell’esecuzione dell’appalto, che ciascuna impresa mantenga i requisiti per tutta la durata del contratto. Altrimenti la norma avrebbe previsto quanto segue: “non è ammesso il recesso in quanto i requisiti debbono essere mantenuti da ciascuna impresa del raggruppamento per tutta la durata dell’appalto”.
Sotto questo aspetto, quindi, la soluzione adottata dal CDS appare corretta.
Per completezza di analisi occorre soffermare l’attenzione sulla clausola di salvezza prevista dallo stesso comma 19: un’impresa può recedere purchè le imprese rimanenti abbiano i requisiti di qualificazione (e quindi non necessariamente i predetti requisiti debbono essere conservati da ciascuna impresa), ma ad una condizione: che il recesso non comporti l’elusione di un requisito di partecipazione previsto dal bando.
Pertanto, se il bando prevedeva inderogabilmente, causa la rilevanza dell’appalto, che tutte le singole imprese fossero in possesso di alcuni requisiti pena l’impossibilità, per il raggruppamento nella sua interezza, di partecipare alla procedura, allora l’eventuale recesso di una di esse sarebbe destinato ad essere considerato illegittimo ed a determinare, in via derivata, l’illegittimità della Determina di aggiudicazione.
Ed allora a questo punto viene da chiedersi: come devono essere interpretate le previsioni del bando?
Se il bando non prevede una disciplina specifica (e, nel caso di specie, non la prevedeva, in quanto l’appellante dice: il bando non specificava che il servizio avrebbe dovuto essere svolto solo dalla mandataria ), ciò vuol dire che tutte le imprese debbono possedere i requisiti oppure proprio il silenzio del bando su questo sta ad indicare la possibilità che i requisiti previsti siano posseduti solo dalla mandataria?
Il bando è la legge speciale della procedura; esso, se intende introdurre delle deroghe alla legge generale (ossia al Codice dei Contratti), lo deve prevedere espressamente; la deroga, in tal caso, consisterebbe nel fatto che ciascuna impresa del raggruppamento deve possedere i requisiti (mentre, in base alla prima parte del comma 19, parte che è norma generale, ai fini dell’esecuzione dell’appalto è sufficiente che i requisiti siano posseduti dalle imprese rimanenti); quindi, se il bando non prevede alcunchè, deve applicarsi la norma generale, ossia appunto quella contenuta nella prima parte del comma 19, la quale considera sufficiente il fatto che siano le imprese restanti a possedere i requisiti.
Di conseguenza, non sembra aver pregio l’argomentazione sostenuta dall’appellante, per la quale, siccome il bando non precisava che il servizio sarebbe stato svolto dalla sola mandataria, allora tutte quante le imprese avrebbero dovuto possedere i requisiti. Il discorso è, invece, opposto: tale argomentazione sarebbe stata fondata solo se il bando avesse specificato espressamente l’obbligo del possesso dei requisiti in capo a ciascuna impresa del raggruppamento.
Il comma 18 dell’art. 48 prevede che “… in caso di fallimento, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione controllata, amministrazione straordinaria, concordato preventivo ovvero procedura di insolvenza concorsuale o di liquidazione di uno dei mandanti ovvero, qualora si tratti di imprenditore individuale, in caso di morte, interdizione, inabilitazione o fallimento del medesimo ovvero in caso di perdita, in corso di esecuzione, dei requisiti di cui all'articolo 80, ovvero nei casi previsti dalla normativa antimafia, il mandatario, ove non indichi altro operatore economico subentrante che sia in possesso dei prescritti requisiti di idoneità, è tenuto alla esecuzione, direttamente o a mezzo degli altri mandanti, purché questi abbiano i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori o servizi o forniture ancora da eseguire”.
Pertanto, se uno dei mandanti cessa la sua attività, il contratto di appalto può proseguire con altri mandanti solo se questi hanno i requisiti, altrimenti può proseguire solo con il mandatario.
Anche da tale norma si ricava che l’eventuale uscita di una delle imprese dal contratto di appalto non determina la cessazione del medesimo, ma, anzi, ne consente la prosecuzione se l’impresa (designata quale mandataria) ha gli strumenti per dare al medesimo regolare esecuzione.
Quindi, a differenza di quanto sostenuto dall’appellante, il criterio normativo è quello per cui il contratto può essere eseguito anche se non tutte le imprese del raggruppamento mantengono i requisiti di qualificazione: è sufficiente che tali criteri siano posseduti dalle imprese che rimangono.