Consiglio di Stato, sez V, 28 ottobre 2019, n. 7387

1. Il termine dei trenta giorni per la proposizione del ricorso avverso il provvedimento di aggiudicazione, per la regola generale di cui all’art 41 comma 1 c.p.a., decorre dal momento in cui il concorrente ha acquisito “piena conoscenza” dell’aggiudicazione, del suo concreto contenuto dispositivo e della sua effettiva lesività. Ne consegue che il dies a quodel termine decadenziale non si individua sempre nel momento della ricezione da parte del concorrente della comunicazione di cui all’art. 76 del nuovo codice dei contratti pubblici, ma può essere incrementato di un numero di giorni pari a quello che si è reso necessario affinché il soggetto, (che si ritenga) leso dall’aggiudicazione, possa avere piena conoscenza dell’atto e dei relativi profili di illegittimità ove questi non siano oggettivamente evincibili dalla comunicazione.

2. E’ consentita l’esclusione dell’operatore dalla procedura di gara qualora la “grave infrazione” delle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro sia stata “debitamente accertata” dalla stazione appaltante “con qualunque mezzo adeguato”. Può essere considerato “mezzo adeguato” ogni documento, anche se proveniente dall’autorità amministrativa (e non solo dall’autorità giudiziaria), che consenta un giudizio sulla responsabilità dell’impresa nella causazione dell’evento alla luce della qualificata ricostruzione dei fatti ivi contenuta.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 1610 del 2019, proposto da
Ergo Meccanica s.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'avvocato Adriano Falsone, con domicilio digitale come da PEC tratta dai Registri di Giustizia;

contro

Stogit s.p.a., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'avvocato Fabio Todarello, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Giovanni Corbyons in Roma, via Cicerone, 44;

nei confronti

-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Claudio Bargellini, Jacopo Monaci Naldini e Francesco Barchielli, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Claudio Bargellini in Firenze, piazza dell'Indipendenza, 10;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Prima) n. -OMISSIS-, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 settembre 2019 il Cons. Federico Di Matteo e uditi per le parti gli avvocati Salibba, su delega dell'avv. Falsone, Corbyons, Fuda, in sostituzione dell'avv. Todarello, e Bargellini;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con nota 7 settembre 2017 Stogit s.p.a., società soggetta all’attività di direzione e di coordinamento di Snam s.p.a., trasmetteva a ventuno operatori economici lettera di invito per la presentazione di offerta “per l’esecuzione lavori civili, meccanici, elettro strumentali per la realizzazione del nuovo separatore presso la Centrale Cortemaggiore I Trattamento”.

1.1. Presentavano offerta nove operatori economici tra i quali -OMISSIS- e Ergo Meccanica s.p.a. che risultavano classificati, rispettivamente, al primo e al secondo posto della graduatoria dalla stazione appaltante in base al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

1.2. Con nota 10 aprile 2018 Stogit s.p.a. comunicava alla Ergo Meccanica s.p.a., ai sensi dell’art. 76, comma 5, d.lgs. 12 aprile 2016, n. 50, l’avvenuta adozione del provvedimento di aggiudicazione definitiva a favore della -OMISSIS-, informandola della facoltà di accedere agli atti della procedura di gara, presso i suoi uffici, previa presentazione di formale istanza scritta.

1.3. Con istanza 11 aprile 2018 Ergo Meccanica s.p.a. domandava l’accesso agli atti di gara; la richiesta era riscontrata con mail del 24 aprile 2018 in cui la stazione appaltante indicava il 7 maggio 2018 quale data per l’accesso agli atti presso i propri uffici; l’istante, tuttavia, dichiarava la propria impossibilità a recarsi presso gli uffici in quella data e la stazione appaltante, con successiva nota del 14 maggio 2018 disponeva il differimento al (15 o al)16 maggio 2018.

2. Effettuato l’accesso agli atti di gara il 16 maggio 2018, con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia notificato il 6 giugno 2018, Ergo Meccanica s.p.a. impugnava il provvedimento di aggiudicazione definitiva del contratto di appalto a -OMISSIS-, proponendo otto motivi.

2.1. Si costituivano in giudizio Stogit s.p.a. e la controinteressata -OMISSIS- che proponevano eccezione di irricevibilità del ricorso perché tardivamente proposto, concludendo, poi, per il rigetto nel merito.

Il giudizio era concluso dalla sentenza, sez. I, 15 gennaio 2019, n. 69, dichiarativa dell’irricevibilità del ricorso introduttivo del giudizio per tardività della notificazione.

3. Propone appello Ergo Meccanica s.p.a.; si sono costituite in giudizio -OMISSIS- e Stogit s.p.a.; le parti hanno depositato memorie ex art. 73 Cod. proc. amm., cui sono seguite rituali repliche di Ergo Meccanica s.p.a. e -OMISSIS-.

All’udienza del 19 settembre 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. La sentenza di primo grado dichiarava l’irricevibilità del ricorso per le ragioni che seguono:

- il codice del processo amministrativo (art. 120, comma 5) individua il termine per la proposizione del ricorso avverso il provvedimento di aggiudicazione in trenta giorni decorrenti dalla sua conoscenza “legale” da conseguire mediante la comunicazione dello stesso imposta (in precedenza dall’art. 79 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, ed ora) dall’art. 79, comma 5, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50;

- tuttavia, è necessario distinguere tra percezione della lesione, realizzata con la comunicazione del semplice “dispositivo” del provvedimento di aggiudicazione e conoscenza dell’iter logico – motivazionale seguito dalla stazione appaltante nella valutazione delle offerte, che può essere appreso solamente mediante disamina degli atti procedimentali;

- per questo motivo, la giurisprudenza amministrativa, anche sulla scorta delle pronunce della Corte di Giustizia dell’Unione europea (è citata la sentenza 8 maggio 2014 nella causa C-161/13), ha precisato che, nel caso di mancanza di elementi sufficienti a formulare censure di legittimità nella comunicazione dell’aggiudicazione trasmessa dalla stazione appaltante, è onere della parte interessata attivarsi tempestivamente per acquisire compiuta conoscenza degli atti di gara mediante gli strumenti contemplati dall’ordinamento, e, segnatamente l’accesso ai documenti semplificato di cui all’art. 76, comma 2, lett. d) del codice dei contratti pubblici, al fine di evitare l’inutile decorso del termine per proporre impugnazione;

- e che, in questi casi, il termine decadenziale di trenta giorni può essere incrementato di un numero di giorni necessario affinchè il soggetto (che si ritenga) leso dall’aggiudicazione possa avere piena conoscenza del contenuto dell’atto e dei relativi profili di illegittimità, comunque entro il limite dei (dieci giorni di cui all’art. 76, comma 5-quater del previgente codice dei contratti pubblici ed ora) quindici giorni previsti dall’art. 76, comma 2, del nuovo codice dei contratti pubblici, e così fino ad un massimo di quarantacinque giorni dalla comunicazione dell’atto lesivo;

- nel caso di specie, la ricorrente si era tempestivamente attivata per conseguire l’accesso agli atti di gara (l’istanza di accesso essendo del giorno seguente la comunicazione di avvenuta aggiudicazione), ma, poi, aveva notificato il ricorso solamente il 6 giugno 2018 e, dunque, a distanza di cinquantasette giorni dalla comunicazione del provvedimento di aggiudicazione, e, pertanto, oltre il termine massimo in precedenza individuato;

- non merita condivisione la tesi della ricorrente secondo la quale il termine per l’impugnazione del provvedimento di aggiudicazione – nei casi di mancata comunicazione delle ragioni dell’aggiudicazione – andrebbe fatto decorrere dalla data in cui la stazione appaltante consente l’accesso agli atti (e, dunque, nel caso di specie dal 7 maggio 2018), perché sarebbe in concreto inapplicabile il termine comunitario di standstill di cui all’art. 32, comma 9, del nuovo codice dei contratti pubblici.

2. Con il primo motivo di appello la sentenza di primo grado è censurata per “Violazione dell’art. 120 c.p.a.. Violazione art. 29 codice contratti pubblici”; per l’appellante il giudice di primo grado non avrebbe considerato che era stata la condotta della stazione appaltante ad impedire la tempestiva conoscenza degli atti di gara nonostante l’istanza di accesso fosse stata presentata immediatamente dopo la ricezione della comunicazione dell’aggiudicazione.

2.1. In particolare, l’appellante rimarca come, a fronte dell’istanza presentata l’11 aprile 2018, la stazione appaltante abbia indicato quale data per l’accesso il 7 maggio 2018, ossia una data distante ventisei giorni, a soli quattro giorni per la scadenza del termine per la proposizione del ricorso, e, successivamente, dinanzi all’impedimento manifestato, abbia posticipato l’accesso di altri otto/nove giorni fino a giungere al 16 maggio 2018.

2.2. Contesta, dunque, l’interpretazione del giudice di primo grado, ritenuta ingiustamente rigoristica ed irrispettosa del necessario contemperamento tra l’estrema celerità del rito previsto per l’impugnazione degli atti delle procedure di gara e il consapevole esercizio del diritto di difesa, imponendo al ricorrente che non abbia avuto conoscenza degli atti di gara, e con essi delle ragioni dell’aggiudicazione, di presentare il “ricorso al buio” al solo scopo di rispettare il termine decadenziale, ma con la sicura consapevolezza di andare incontro ad una pronuncia di inammissibilità, considerato che l’art. 40, comma 1, lett. d) Cod. proc. amm., impone che il ricorso contenga la prospettazione di motivi specifici.

2.3. Per l’ipotesi di reiezione della sua prospettazione, l’appellante sollecita questo giudice a sollevare questione di legittimità costituzionale degli articoli 120 Cod. proc. amm. e 29 del codice dei contratti pubblici per contrasto con l’art. 24 Cost., impedendo il concreto estrinsecarsi del diritto di difesa avverso gli atti della pubblica amministrazione.

3. Il motivo è fondato.

3.1. E’ posta in giudizio la nota questione dell'individuazione del momento dal quale decorre il termine per l'impugnazione del provvedimento di aggiudicazione conclusivo di una procedura di appalto pubblico qualora il soggetto leso dichiari di aver avuto conoscenza degli atti della procedura e dei relativi vizi solamente a seguito di accesso ai documenti; ad essa, recentemente, questa Sezione ha cercato di fornire risposta, per le controversie instaurate successivamente all’entrata in vigore del nuovo codice dei contratti pubblici (d.lgs. 12 aprile 2016, n. 50), con la sentenza 20 settembre 2019, n. 6251, nei termini che seguono:

a) in caso di comunicazione dell'aggiudicazione che non specifichi le ragioni di preferenza dell'offerta dell'aggiudicataria (o non sia accompagnata dall'allegazione dei verbali di gara), e comunque, in ogni caso in cui si renda indispensabile conoscere gli elementi tecnici dell'offerta dell'aggiudicatario per aver chiare le ragioni di preferenza, l'impresa concorrente può richiedere di accedere agli atti della procedura;

b) alla luce dell'insegnamento della Corte di Giustizia dell'Unione europea (specialmente con la sentenza 8 maggio 2014 nella causa C-161/13Idrodinamica Spurgosecondo cui "ricorsi efficaci contro le violazioni delle disposizioni applicabili in materia di aggiudicazione di appalti pubblici possono essere garantiti soltanto se i termini imposti per proporre tali ricorsi comincino a decorrere solo dalla data in cui il ricorrente è venuto a conoscenza o avrebbe dovuto essere a conoscenza della pretesa violazione di dette disposizioni" (punto 37) e "una possibilità, come quella prevista dall' articolo 43 del D.Lgs. n. 104 del 2010 , di sollevare "motivi aggiunti" nell'ambito di un ricorso iniziale proposto nei termini contro la decisione di aggiudicazione dell'appalto non costituisce sempre un'alternativa valida di tutela giurisdizionale effettiva. Infatti, in una situazione come quella di cui al procedimento principale, gli offerenti sarebbero costretti a impugnare in abstracto la decisione di aggiudicazione dell'appalto, senza conoscere, in quel momento, i motivi che giustificano tale ricorso" (punto 40) il termine di trenta giorni per l'impugnativa del provvedimento di aggiudicazione non decorre sempre dal momento della comunicazione ma può essere incrementato di un numero di giorni pari a quello necessario affinché il soggetto (che si ritenga) leso dall'aggiudicazione possa avere piena conoscenza del contenuto dell'atto e dei relativi profili di illegittimità ove questi non siano oggettivamente evincibili dalla richiamata comunicazione (cfr. Cons. Stato, sez. V, 2 settembre 2019, n. 6064; V, 13 febbraio 2017, n. 592; V, 10 febbraio 2015, n. 864);

c) la dilazione temporale, che prima era fissata nei dieci giorni previsti per l'accesso informale ai documenti di gara dall'art. 79, comma 5 – quater D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, decorrenti dalla comunicazione del provvedimento, può ora ragionevolmente essere fissata nei quindici giorni previsti dal richiamato comma 2 dell'art. 76 D.Lgs. n. 50 del 2016 per la comunicazione delle ragioni dell'aggiudicazione su istanza dell'interessato;

d) qualora la stazione appaltante rifiuti illegittimamente l'accesso, o tenga comportamenti dilatori che non consentano l'immediata conoscenza degli atti di gara, il termine non inizia a decorrere e il potere di impugnare dall'interessato pregiudicato da tale condotta amministrativa non si "consuma"; in questo caso il termine di impugnazione comincia a decorrere solo a partire dal momento in cui l'interessato abbia avuto cognizione degli atti della procedura (cfr. Cons. Stato, sez. III, 6 marzo 2019, n. 1540; III, 22 luglio 2016, n. 3308; V, 7 settembre 2015, n. 4144; III, 10 novembre 2011, n. 5121);

e) la comunicazione dell'avvenuta aggiudicazione imposta dall'art. 76, comma 5, D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, non è surrogabile da altre forme di pubblicità legali, quali, in particolare, la pubblicazione del provvedimento all'albo pretorio della stazione appaltante per l'espresso riferimento dell'art. 120, comma 5, Cod. proc. amm., alla "ricezione della comunicazione", ovvero ad una precisa modalità informativa del concorrente (cfr. Cons. Stato, sez. V, 25 luglio 2019, n. 5257; V, 23 luglio 2018, n. 4442; V, 23 novembre 2016, n. 4916);

f) anche indipendentemente dal formale inoltro della comunicazione dell'art. 76, comma 5, D.Lgs. n. 50 del 2016 cit., per la regola generale di cui all'art. 41, comma 2, Cod. proc. amm., il termine decorre dal momento in cui il concorrente abbia acquisito "piena conoscenza" dell'aggiudicazione, del suo concreto contenuto dispositivo e della sua effettiva lesività, pur se non si accompagnata dall'acquisizione di tutti gli atti del procedimento (cfr. Cons. Stato, sez. V, 23 agosto 2019, n. 5813; V, 23 luglio 2018, n. 4442; V, 2017, n. 1953).

Alla luce dei ricordati principi va esaminato il primo motivo di appello.

3.2. E’ documentato in atti che la stazione appaltante ha comunicato solo l’avvenuta adozione del provvedimento di aggiudicazione, senza specificare le ragioni di preferenza dell’offerta dell’aggiudicataria, né allegare i verbali di gara; allo stesso modo risulta che il giorno successivo alla ricezione della predetta comunicazione – e dunque sicuramente in maniera tempestiva – la ricorrente ha richiesto di accedere agli atti di gara.

È circostanza pacifica tra le parti, infine, che l’accesso è effettivamente avvenuto solo a distanza di tempo dalla presentazione della richiesta di accesso, e, precisamente il 16 maggio 2018, a fronte di istanza dell’11 aprile 2018.

Il ricorso introduttivo del giudizio è stato, quindi, proposto il 7 giugno 2018, decorso, come specificato dal giudice di primo grado, anche il termine più ampio di quarantacinque giorni consentito dall’applicazione dell’art. 76, comma 2, d.lgs. n. 50.

3.3. Per i principi in precedenza richiamati, in presenza di tempestiva istanza di accesso del ricorrente – presupposto imprescindibile per procedere ad ogni successiva verifica – occorre accertare quali ragioni abbiano impedito l’accesso ai documenti di gara in tempo utile alla proposizione del ricorso introduttivo del giudizio nei termini citati.

È necessario, cioè, accertare se sia imputabile alla stazione appaltante il rifiuto illegittimo all’accesso, o, comunque, l’adozione di un comportamento ingiustificatamente dilatorio che non abbia consentito l’immediata conoscenza degli atti di gara (caso sub d) di quelli richiamati al punto 3.1).

3.4. Ritiene il Collegio che, nella vicenda in esame, sia imputabile alla stazione appaltante una condotta dilatoria che non ha consentito la tempestiva conoscenza degli atti di gara o, comunque, la conoscenza in tempo utile per la presentazione del ricorso nel termine di quarantacinque giorni dalla comunicazione del provvedimento di aggiudicazione.

Decisiva, in tal senso, è la circostanza che la stazione appaltante, con mail trasmessa alla richiedente il 24 aprile 2018, ha individuato la data per l’accesso di ventisei giorni successiva al giorno di presentazione dell’istanza di accesso.

3.5. La stazione appaltante, nella nota del 14 maggio 2018, così come nella memoria depositata in vista dell’udienza pubblica, ha precisato di aver indicato la data per l’accesso (il 7 maggio) nel rispetto del termine di trenta giorni dalla presentazione dell’istanza di accesso come previsto dall’art. 25, comma 4, l. 7 agosto 1990, n. 241.

La stazione appaltante fa così carico alla Ergo Meccanica di aver esperito l’accesso “ordinario” agli atti di gara (ex art. 53, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50), e non invece, come avrebbe potuto, l’accesso “semplificato” di cui all’art. 76, comma 2, d.lgs. n. 50 cit.

Secondo tale prospettazione, dunque, sarebbe stata la scelta dell’operatore economico a comportare l’allungamento dei tempi, per la necessaria comunicazione dell’istanza all’aggiudicataria controinteressata e l’attesa della sua risposta.

Simile argomentazione difensiva, tuttavia, è stata già vagliata da questa Sezione nella sentenza 5 febbraio 2018, n. 718, ove si è affermato che: “Non vale a modificare il convincimento assunto la circostanza, riferita dall’amministrazione nella memoria difensiva, per cui l’impresa, nella sua istanza di accesso, aveva fatto richiamo agli artt. 22 e ss. L. 7 agosto 1990, n. 241, poiché l’amministrazione, consapevole dell’erroneo richiamo normativo (come dimostrato dal fatto che essa stessa nella comunicazione di aggiudicazione aveva dichiarato che l’accesso sarebbe dovuto avvenire ai sensi dell’art. 79, comma 5 quater, D.Lgs 12 aprile 2006, n. 163), ben poteva, conformemente al principio di lealtà e buona fede che deve presiedere alle relazioni tra amministrazione e privato, consentire l’accesso nel termine di 10 giorni, senza formalità, e, dunque senza interpellare le imprese controinteressate”.

Non v’è ragione per discostarsi dalla conclusione ivi raggiunta, tanto più che la Ergo Meccanica nella sua istanza di accesso non aveva effettuato alcun riferimento a disposizioni normative, per essersi limitata a chiedere “Il diritto di accesso agli atti di gara presso i vostri uffici di Milano, Via Avezzana n.30”, e la stazione appaltante nella comunicazione di avvenuta aggiudicazione aveva condizionato l’accesso alla sola presentazione di una istanza scritta, così dimostrando di voler consentire un accesso del tutto deformalizzato e semplificato.

3.6. Irrilevante ai fini della verifica della tempestività del ricorso, è, poi, il successivo impedimento della richiedente a presentarsi presso gli uffici della stazione appaltante il 7 maggio 2018, che ha comportato un ulteriore slittamento dell’effettivo accesso agli atti della procedura al 16 maggio 2018, poiché, anche a voler far decorrere il dies a quodal 7 maggio 2018, il ricorso sarebbe da ritenersi tempestivamente proposto, per essere stato notificato il 6 giugno 2018.

3.7. In conclusione, il ricorso di primo grado è stato tempestivamente notificato da Ergo Meccanica il 6 giugno 2018.

La sentenza di primo grado, che ha correttamente ricostruito il quadro normativo e giurisprudenziale, ma non si è, poi, soffermata sulle ragioni che avevano impedito il tempestivo accesso agli atti di gara, va riformata, con conseguente esame dei motivi di ricorso rimasti assorbiti nella pronuncia impugnata e debitamente riproposti dall’appellante.

4. Con i primi tre motivi di ricorso Ergo Meccanica contesta il provvedimento di aggiudicazione alla controinteressata per violazione, rispettivamente, dell’art. 80, comma 5, lett. a), lett. f-bis) e lett. c) d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50: a suo dire la -OMISSIS- andava esclusa dalla procedura di gara per condotte integranti ciascuna delle cause di esclusione previste dalle disposizioni citate.

4.1. In primo luogo, la ricorrente riferisce che il 5 marzo 2014, durante l’attività lavorativa, un dipendente della -OMISSIS-aveva perso la vita; a suo parere, doveva, pertanto, ritenersi integrata la causa di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. a) d.lgs. n. 50 cit. vale a dire la presenza di “gravi infrazioni debitamente accertate alle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro” e ciò in quanto, da un lato, l’omicidio colposo era certamente una “grave infrazione” e, dall’altro, la responsabilità della società poteva ritenersi “debitamente accertata” in base agli atti provenienti dalle autorità amministrative interessate dalla vicenda e, segnatamente, il rapporto dei -OMISSIS- e il rapporto dell’Unità operativa prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro del Distretto socio sanitario di Crema prot. -OMISSIS-, oltre che alla relazione di consulenza medico legale depositata il 23 maggio 2014.

Tale documentazione, del resto, era stata posta dal P.m. presso il Tribunale di Cremona a fondamento della richiesta di rinvio a giudizio dei legali rappresentanti della società e della stessa società ex art. 25 – septies d.lgs. n. 231 del 2001.

4.2. Per altro verso, la ricorrente assumeva dovuta l’esclusione dell’aggiudicataria anche per la causa di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. f-bisd.lgs. n. 50 cit. per aver rilasciato una dichiarazione mendace o, comunque, erronea, omettendo nell’autodichiarazione sull’assenza di cause di esclusione di dichiarare la commessa infrazione alle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro, e così impedendo alla stazione appaltante una sua valutazione ai fini della sua ammissione alla procedura di gara.

Aggiunge la ricorrente, richiamando in questa sede argomentazioni difensive spese dalle resistenti nel primo grado del giudizio, che non varrebbe ad escludere la condotta omissiva l’aver fatto riferimento al predetto episodio mortale nel Patto etico che i concorrenti erano chiamati a sottoscrivere con l’indicazione dei propri precedenti penali, poiché tale indicazione andava effettuata nella autodichiarazione relativa alle cause di esclusione, non essendo stato il Patto sottoscritto dalla controinteressata in forma di autodichiarazione e non avendo, pertanto, alcun valore probante né essendo presidiato da sanzione penale.

4.3. Infine, l’esclusione dalla procedura di gara sarebbe dovuta anche ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c) per aver omesso informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione. In particolare, l’informazione omessa consisterebbe nell’aver fornito, in sede di offerta, un dato non veritiero sulla “percentuale di risparmio energetico rispetto al valore soglia del consumo”, decisivo ai fini del punteggio tecnico, con conseguente impedimento alla stazione appaltante di individuare correttamente l’aggiudicatario.

5. I motivi di ricorso, che possono essere congiuntamente esaminati, sono infondati.

5.1. La morte di un dipendente durante lo svolgimento dell’attività lavorativa costituisce, senza meno, una “grave infrazione” alle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro se addebitabile alla responsabilità del datore di lavoro.

E’ consentita l’esclusione dell’operatore dalla procedura di gara qualora la presenza di una grave infrazione sia stata “debitamente accertata”; per espressa previsione normativa, l’accertamento può avvenire “con qualunque mezzo adeguato”.

Per disporre l’esclusione dell’operatore economico dalla procedura di gara la stazione appaltante è onerata, dunque, di accertare, con ogni mezzo di prova a sua disposizione, non solo che la violazione sia accaduta, ma, specialmente, che di essa ne abbia responsabilità il concorrente.

5.2. La giurisprudenza amministrativa ha in più occasioni affrontato la questione dei mezzi di prova dai quali la stazione appaltante può trarre convincimento nel senso della responsabilità dell’operatore economico della grave infrazione verificatasi ritenendo valido mezzo di prova una sentenza penale non ancora passata in giudicato (cfr. Cons. Stato, sez. V, 6 agosto 2012, n. 4519 per una vicenda disciplinata dal vecchio codice dei contratti pubblici), come pure il “verbale ispettivo dell’Ispettorato del lavoro” (cfr. Cons. giust. amm. Reg. Sicilia 13 giugno 2019, n. 547; 1 febbraio 2018, n. 52; Cons. Stato, sez. V, 22 giugno 2018, n. 3876).

Dall’esame della giurisprudenza amministrativa che si è occupata dalla questione si trae il principio per cui può essere considerato “mezzo adeguato” all’accertamento della “grave infrazione” delle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro, ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. a) del codice dei contratti pubblici, ogni documento, anche se proveniente dall’autorità amministrativa (e non solo dall’autorità giudiziaria), che consenta un giudizio sulla responsabilità dell’impresa nella causazione dell’evento alla luce della qualificata ricostruzione dei fatti ivi contenuta.

5.3. La stazione appaltante ha sostenuto, nella sua memoria difensiva, non essere presente, negli atti redatti delle autorità pubbliche interessate dalla vicenda in esame, alcun accertamento della responsabilità della -OMISSIS- per l’episodio mortale verificatosi nel suo cantiere, tanto più che, alla data di ammissione degli operatori economici alla gara, il procedimento penale era ancora in corso di svolgimento in attesa di celebrazione dell’udienza preliminare.

Per questo, continua la stazione appaltante, in sede di verifica dei requisiti di partecipazione degli operatori, si era ritenuto, sia pure senza darne esplicitamente atto nei verbali di gara, che la vicenda penale non potesse integrare la causa di esclusione prevista dall’art. 80, comma 5, lett. a) cit.

5.4. Occorre, poi, aggiungere che, con la memoria di replica del 6 settembre 2019, la controinteressata ha depositato la sentenza del -OMISSIS-, di assoluzione di tutti gli imputati, inclusa la -OMISSIS-, dai reati e dagli illeciti contestati su esplicita richiesta del pubblico ministero.

5.5. Le considerazioni della stazione appaltante meritano condivisione.

Nell’odierno giudizio non è posta tanto la questione dell’idoneità dei documenti citati ad essere considerati “adeguati mezzi di prova” – che la stessa stazione appaltante sembra riconoscere in linea teorica – quanto, piuttosto, quella della possibilità, alla luce del loro contenuto, di esprimere un giudizio di responsabilità dell’operatore economico per la “grave infrazione” contestata.

Da questo punto di vista, va riconosciuto che i documenti citati dalla ricorrente come mezzi di prova dell’accertamento della grave infrazione fornivano una ricostruzione incerta e dubbia dei fatti accaduti nel cantiere e della dinamica dell’incidente mortale, come tali ma non erano idonei ad elaborare un attendibile giudizio sulla responsabilità della società.

Anche nel rapporto dell’A.S.L.– a quanto è dato apprendere dalla sintesi che ne fa il giudice penale, non essendo lo stesso presente agli atti del giudizio – si ipotizzava solamente quale potesse essere stata la dinamica dell’incidente (“il lavoratore era probabilmentecaduto dalla zona laterale sinistra del mezzo, probabilmentepassando con il corpo nell’incavo tra i due montanti” con la conclusione che “gli scriventi non sono in grado di stabilire con certezza se la caduta sia stata causata dallo scavalcamento della vaschetta metallica che contiene il gancio sollevatore per raggiungere il lato motore della macchina (operazione questa che viene effettuata abitualmente dagli operatori macchine”).

5.6. Ad ogni buon conto, la decisione della stazione appaltante trova ora conforto nella sentenza conclusiva del giudizio penale, ove è esclusa la responsabilità del datore di lavoro, dando espressamente atto dell’adeguata formazione svolta dalla società a favore del dipendente sui rischi relativi alla mansione, come pure dell’uso dei dispositivi di protezione individuale (in particolare dell’elmetto che, al momento dell’incidente, era in effetti indossato dal lavoratore) ed in cui, pertanto, l’incidente è sostanzialmente ascritto ad una caduta del tutto accidentale dall’automezzo – peraltro parcheggiato, a motore spento e con freno inserito – sul quale di trovava il dipendente.

5.7. Passando alla seconda contestazione, ritiene il Collegio che non sia neppure possibile affermare che l’operatore economico abbia presentato “documentazioni o dichiarazioni non veritiere” così che fosse dovuta la sua esclusione ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. f-bis) del codice dei contratti pubblici.

5.7.1. Al riguardo, occorre preliminarmente precisare che questa Sezione, con la sentenza 12 aprile 2019, n. 2407 (seguita dalla sentenza 22 luglio 2019, n. 5171) ha stabilito che “la dichiarazione resa dall'operatore economico nella domanda di partecipazione circa le pregresse vicende professionali suscettibili di integrare "gravi illeciti professionali" può essere omessa, reticente o completamente falsa. V'è omessa dichiarazione quando l'operatore economico non riferisce di alcuna pregressa condotta professionale qualificabile come "grave illecito professionale"; v'è dichiarazione reticente quando le pregresse vicende sono solo accennate senza la dettagliata descrizione necessaria alla stazione appaltante per poter compiutamente apprezzarne il disvalore nell'ottica dell'affidabilità del concorrente. Infine, la falsa dichiarazione consiste in una immutatio veri; ricorre, cioè, se l'operatore rappresenta una circostanza di fatto diversa dal vero”, ulteriormente aggiungendo che: “solo alla condotta che integra una falsa dichiarazione consegue l'automatica esclusione dalla procedura di gara poiché depone in maniera inequivocabile nel senso dell'inaffidabilità e della non integrità dell'operatore economico, mentre, ogni altra condotta, omissiva o reticente che sia, comporta l'esclusione dalla procedura solo per via di un apprezzamento da parte della stazione appaltante che sia prognosi sfavorevole sull'affidabilità dello stesso”.

5.7.2. La ricorrente imputa alla controinteressata di non aver dichiarato nella domanda di partecipazione alla procedura di gara l’episodio mortale del quale si è precedentemente detto; tuttavia, tale condotta, per le argomentazione esposte nelle richiamate sentenze, potrebbe integrare, al più, una condotta omissiva, non essendo stata riferita una pregressa condotta professionale qualificabile quanto meno come “grave illecito professionale”, e non certamente una falsa dichiarazione.

Senonchè, va esclusa anche la condotta omissiva perché, come riferito dalla stessa ricorrente, dell’episodio v’era menzione nel Patto etico in cui espressamente si riferisce della pendenza del procedimento penale a carico dei legali rappresentati della società e della stessa per responsabilità amministrativa ex d.lgs. n. 231 del 2001, con precisa indicazione dei reati contestati in sede di chiusura delle indagini preliminari.

5.7.3. La circostanza che tale episodio non sia richiamato nelle autodichiarazione allegata alla domanda di partecipazione è irrilevante; può darsi che la società non l’abbia reputato idoneo ad integrare un “grave illecito professionale” o che vi sia altra ragione, pure di convenienza, quel che è decisivo, ai fini del presente giudizio, è che la stazione appaltante ha avuto conoscenza della pregressa vicenda professionale, peraltro dalla stessa società interessata, e che sia stata, così posta nelle condizioni di farne oggetto di apprezzamento in ordine all’affidabilità e all’integrità dell’operatore economico (cfr. punto 4.2. della citata sentenza n. 2407 del 2019).

5.7.4. In via conclusiva, la stazione appaltante ha correttamente ammesso -OMISSIS- alla procedura di gara, non risultando una dichiarazione falsa (con conseguente esclusione automatica dalla procedura ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. f – bis), né, tanto meno, una violazione dei c.d. obblighi informativi.

5.8. Da ultimo, è inammissibile, prima ancora che infondata, la ragione di esclusione della controinteressata consistente nell’aver fornito, nella sua offerta tecnica, un dato non veritiero “circa la percentuale di risparmio energetico rispetto al valore soglia del consumo” (così nell’appello), e così un’informazione falsa o fuorvianti alla stazione appaltante suscettibile di influenzarne le decisioni con conseguente possibilità di procedere all’esclusione ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c) d.lgs. n. 50.

Il motivo, infatti, risulta genericamente articolato poiché non è consentito cogliere con precisione a cosa si riferisse il dato citato e, specialmente, in base a quali elementi di prova dovesse essere ritenuto falso.

Per quanto, dunque, sia condivisibile che la dichiarazione fuorviante, idonea a giustificare l’esclusione dell’operatore per inaffidabilità, possa riguardare non solamente i requisiti generali di ammissione, ma anche elementi attinenti all’offerta, resta, pur sempre, necessario che il concorrente, che articoli simile contestazione dia adeguata riprova degli elementi fattuali che la sorreggano. Nel caso di specie sicuramente mancanti.

6. Con successivo motivo di ricorso (in appello rubricato “3) 4) Violazione art. 105 codice appalti”), la ricorrente contesta alla stazione appaltante di non aver rilevato talune omissioni in cui -OMISSIS- era incorsa nella compilazione della domanda di partecipazione in relazione all’affidamento in subappalto di parte dei lavori; precisamente, sarebbe stata prodotta una semplice tabella/modello non accompagnata dalla doverosa dichiarazione dell’impegno a subappaltare dei lavori indicati nella stessa ed omessa la dichiarazione attestante il possesso dei requisiti di partecipazione da parte del subappaltatore -OMISSIS- compreso nella terna dei subappaltatori di attività esposte a rischio di infiltrazione mafiosa.

6.1. Il motivo è infondato.

E’ in atti un documento, denominato “Modulo subappalti – Elenco dei potenziali subappaltatori e relative attività” sottoscritto dal legale rappresentate della -OMISSIS-, in cui è indicata una terna di subappaltatori per il servizio di “Trasporto e conferimento ad impianto autorizzato di rifiuti”, con indicazione dell’importo complessivo del servizio.

La circostanza che tale documento sia redatto in forma di tabella, anziché di espressa dichiarazione, è irrilevante: esso non può avere altro significato che la manifestazione della volontà dell’operatore economico di subappaltare quel servizio a quelle imprese per quel certo importo. Non v’è, dunque, alcun elemento che possa rendere tale documento proveniente dall’aggiudicatario – circostanza non contestata – incerto e, dunque, non valutabile da parte della stazione appaltante.

Quanto all’assenza di dichiarazione da parte di -OMISSIS- circa il possesso dei requisiti di partecipazione, è in atti l’autocertificazione di -OMISSIS- sull’assenza di motivi di esclusione ai sensi dell’art. 80 d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, resa – è detto espressamente – anche a favore dei subappaltatori.

Tale dichiarazione va ritenuta rispettosa della prescrizione normativa di cui all’art. 105, comma 4, lett. d) del codice dei contratti pubblici che impone al concorrente di dimostrare l’assenza dei motivi di esclusione di cui al citato art. 80 in capo ai subappaltatori. La successiva dichiarazione proveniente dal subappaltante si renderà necessaria qualora il subappalto venga effettivamente richiesto ed autorizzato dalla stazione appaltante.

7. Con altro motivo di ricorso (in appello rubricato “3) 5) Violazione del bando di gara, artt. 13.4.1 e 13.11”), la ricorrente contesta all’aggiudicataria di aver indicato nel documento relativo all’indice di frequenza degli infortuni – attributivo di punteggio in sede di valutazione delle offerte – zero infortuni, nonostante l’incidente mortale di cui si è ampiamente detto nell’esame dei precedenti motivi.

Sostiene, infatti, la ricorrente che, secondo le disposizioni del bando, i concorrenti erano tenuti a riportare tutti gli infortuni verificati nei loro cantieri nei tre anni solari decorrenti a ritroso dal 1° gennaio dell’anno di pubblicazione del bando; così calcolato il periodo di interesse sarebbe stato ricompresa anche la data del 5 marzo 2014 in cui l’incidente si era appunto verificato.

7.1. Il motivo è infondato.

La ricorrente erra nell’individuazione del periodo di rilevanza; la lettera di invito individuava il criterio di valutazione in questi termini: “Indice di frequenza infortuni (numero di infortuni per milione di ore lavorate dell’offerente negli ultimi tre anni”, ulteriormente specificandone il contenuto in questo modo: “Numero di infortuni registrati in ciascuno dei tre anni precedenti e numero di ore lavorate …”.

La ricorrente sostiene che con tale formulazione la stazione appaltante abbia inteso far riferimento all’anno solare (1 gennaio – 31 dicembre) con la conseguenza che, in relazione al 2014, ultimo dei tre anni precedenti quello di avvio della procedura (il 2017) sarebbe compreso anche l’infortunio del 5 marzo.

La tesi non convince. È, infatti, preferibile ritenere che gli anni (tre) antecedenti debbano essere calcolati a ritroso dalla data della lettera di invito; in questo modo è possibile tener conto del periodo più prossimo alla data di avvio della procedura.

Siccome, dunque, la lettera di invito era del 7 settembre 2017 i tre anni antecedenti in relazione ai quali andavano verificati gli infortuni incominciavano dal 7 settembre 2014.

8. Con ulteriore motivo di ricorso (rubricato in appello “3) 6) Violazione del bando di gara, art. 10.2.2” la ricorrente lamenta l’assegnazione alla controinteressata di 100 punti spettanti alla “relazione tecnica completa e dettagliata”, anziché dei 30 punti dovuti alla relazione “che necessita di chiarimenti”, sebbene la stazione appaltante abbia richiesto all’aggiudicataria di integrare il programma dei lavori presentato in fase di gara.

8.1. Il motivo è infondato.

La nota trasmessa dalla stazione appaltante alla -OMISSIS- il 26 gennaio 2018 non può essere considerata quale richiesta di chiarimenti a fronte di una relazione tecnica non completa, poiché all’operatore economico era solamente domandata conferma “che nello scopo del lavoro è inclusa la certificazione degli insiemi ai sensi della Direttiva PED a mezzo di Organismo Notificato”. Non v’è ragione, pertanto, per considerare irragionevole (o, comunque, arbitraria e illogica) la valutazione di completezza e dettagli della relazione tecnica formulata per la relazione tecnica dell’aggiudicataria.

9. Il motivo (rubricato in appello “3) 7) Violazione del bando di gara, art. 13.7”) è subordinato al rigetto del motivo esaminato in precedenza al punto 6; sostiene la ricorrente che quand’anche fosse riconosciuta la produzione della documentazione prevista dal disciplinare di gara in materia di subappalto, essa sarebbe, pur sempre, incompleta, con conseguente necessaria riduzione del punteggio.

Il motivo è respinto per le ragioni già indicate al punto 6.1.: la documentazione relativa ai lavori da subappaltare presentata dall’aggiudicataria era completa di tutti gli elementi richiesti dal bando.

10. Con ultimo motivo di ricorso (rubricato in appello “3) 8) Violazione del bando di gara. Art. 13.11”), il provvedimento di aggiudicazione è contestato per l’erronea attribuzione del punteggio tecnico alla controinteressata in relazione alla sottovoce relativa al dipendente -OMISSIS-che, indicato nell’ambito del personale tecnico con la qualifica di assistente elettrostrumentale, annoverava nel curriculum un’esperienza lavorativa di 12 anni, e non di 19 anni così come, invece, dichiarato dall’aggiudicataria nel modello dei dipendenti impiegati, tanto più che risultava dipendente di altra società.

10.1. Il motivo è infondato.

E’ chiaramente indicata nel curriculum del -OMISSIS-, presente in atti, la data di prima assunzione come operaio elettrostrumentale al 24 aprile 1992, onde, alla presentazione della domanda di partecipazione alla gara di -OMISSIS- egli aveva non 19 anni, come indicato dalla concorrente, ma ben 25 anni di esperienza.

11. In conclusione, i motivi di ricorso vanno integralmente respinti, e con essi ogni ulteriore domanda, ivi compresa la domanda di risarcimento del danno.

12. La complessità della vicenda giustifica la compensazione delle spese del doppio grado del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, accoglie il primo motivo e, per gli effetti, in riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia n. 69/2019, dichiara ricevibile il ricorso di primo grado proposto da Ergo Meccanica s.p.a.; decidendo nel merito, respinge tutti i motivi di ricorso proposti ed ogni altra domanda.

Compensa tra tutte le parti in causa le spese del doppio grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

Guida alla lettura

La sentenza annotata affronta questioni di carattere processuale e sostanziale, soffermandosi sul regime giuridico e sulla posizione della giurisprudenza in ordine alla tempestiva impugnazione del provvedimento di aggiudicazione, nonché sulla causa di esclusione del concorrente per gravi violazioni delle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro (art 80 comma 5 lett a. del d.lgs. 50 del 2016). Speculare a quest’ultimo aspetto è la configurabilità di una causa di esclusione ai sensi dell’art 80 comma 5, lett f- bis del codice dei contratti pubblici per falsa dichiarazione, resa dal concorrente nella domanda di partecipazione circa le pregresse vicende professionali suscettibili di integrare “gravi illeciti professionali”, ovvero per omessa dichiarazione o dichiarazione reticente.

Il caso

La controversia scaturisce dal ricorso proposto innanzi al TAR Lombardia dalla società Ergo Meccanica s.p.a.avverso il provvedimento di affidamento dei lavori di esecuzione del nuovo separatore presso la Centrale Cortemaggiore, adottato dalla Stogit s.p.a. (società soggetta all’attività di direzione e coordinamento di Snam s.p.a.) all’esito di una procedura di gara.

La ricorrente, collocatasi al secondo posto nella graduatoria definitiva, ha dedotto una pluralità di vizi di legittimità del provvedimento di aggiudicazione, ivi compresa la mancata esclusione dalla procedura di gara dell’impresa aggiudicataria per presunte violazioni riconducibili alle ipotesi enunciate all’art 80, comma 5, del codice dei contratti: omessa dichiarazione da parte dell’aggiudicataria di una grave infrazione, debitamente accertata, alle norme in materia di sicurezza su lavoro (art 80, comma 5, lett a); carattere mendace delle dichiarazioni rese dall’aggiudicataria (art 80, comma 5, lett f-bis).

La società Ergo Meccanica s.p.a., pur avendo ricevuto la comunicazione ai sensi dell’art 76 comma 5 del codice dei contratti pubblici, ha proposto il ricorso soltanto dopo aver ottenuto l’ostensione degli atti di gara.

Con una pronuncia di rito, il TAR ha dichiarato irricevibile per tardività il ricorso, sull’assunto che il termine decadenziale dei trenta giorni – nelle ipotesi di comunicazione del solo “dispositivo” del provvedimento di aggiudicazione privo di supporto motivazionale – possa essere incrementato di un numero di giorni pari a quello necessario al soggetto per avere “piena conoscenza” dell’atto e dei profili di illegittimità entro il limite massimo di 15 giorni. Infatti, l’art 76, comma 2, del codice dei contratti pubblici prevede uno strumento accelerato e semplificato per l’acquisizione degli atti di gara, con il termine di 15 giorni per il soddisfacimento delle ragioni ostensive del concorrente. Ne consegue che è onere dell’impresa interessata, successivamente alla comunicazione dell’aggiudicazione ex art 76 comma 5 del d.lgs. 50 del 2016, attivare tempestivamente gli strumenti normativamente contemplati per acquisire pleno cognitiodegli atti di gara, così da poter consapevolmente esercitare il suo diritto di difesa in sede giurisdizionale. 

Sulla base di queste considerazioni, con una interpretazione rigorista dei termini processuali, il giudice di primo grado ha accertato che la ricorrente ha proposto gravame a distanza di 57 giorni dalla comunicazione del provvedimento di aggiudicazione, quindi, ben oltre il termine massimo sopra indicato di quarantacinque giorni (aggiungendo al termine decadenziale dei trenta giorni gli ulteriori 15 giorni entro cui l’Amministrazione deve rendere ostensibili gli atti).

Avverso la sentenza di primo gradola società Ergo Meccanica s.p.a. ha proposto ricorso in appello davanti il Consiglio di Stato, riproponendo tutti i motivi di doglianza fatti valere innanzi al TAR.

Il Consiglio di Stato, pur seguendo un iter argomentativo in parte analogo a quello del TAR per quanto concerne l’inquadramento normativo e giurisprudenziale della fattispecie, è addivenuto a una diversa valutazione del caso concreto, valorizzando le ragioni che hanno impedito al ricorrente la proposizione tempestiva della domanda caducatoria.

Pertanto, il giudice di secondo grado ha riformato la sentenza del Tar e ha dichiarato la ricevibilità del ricorso, sebbene nel merito abbia poi respinto tutti i motivi di gravame proposti.

La soluzione.

Per quanto riguarda la questione di carattere processuale relativa alla tempestiva impugnazione del provvedimento di aggiudicazione, prima di esaminare il percorso argomentativo seguito dal Consiglio di Stato nel dirimere la controversia, appare utile richiamare sinteticamente il regime dei termini per proporre l’azione caducatoria.

Ai sensi dell’art. 35, comma 1, lett. a), c.p.a., il giudice amministrativo procede alla declaratoria di irricevibilità della domanda caducatoria, d’ufficio o a seguito di eccezione, qualora la medesima sia stata notificata o depositata oltre i termini fissati dalla legge.

In generale, il ricorso va notificato entro sessanta giorni dalla conoscenza della statuizione lesiva e depositato nei successivi trenta, secondo quanto disposto dagli artt. 29, 40, comma 1, 45, comma 1, c.p.a., tuttavia, questi termini possono subire delle contrazioni rispetto a determinate controversie, avuto riguardo alle loro peculiarità.

Ciò accade nel contenzioso in materia di appalti pubblici:gli artt. 119, comma 2, e 120, comma 5, c.p.a. stabiliscono che la contestazione degli atti della procedura di gara impone la notifica del ricorso entro trenta giorni ed il deposito nei seguenti quindici giorni.

La dimidiazione dei termini processuali ordinari trova la sua rationella necessità di bilanciare l’esigenza di certezza dei rapporti giuridici e quella di una celere conclusione delle procedure di aggiudicazione, nell’ottica dei principi di concorrenza, buon andamento dell’azione amministrativa ed effettività della tutela giurisdizionale.

Alla puntuale definizione legislativa dei tempi di proposizione del gravame, però, non corrisponde una certa individuazione del dies a quodal quale decorre il termine decadenziale e su tale profilo si è sviluppata la riflessione del Consiglio di Stato.

Il codice amministrativo, in conformità dei principi generali, individua il dies a quo del termine di trenta giorni per la proposizione del gravame giurisdizionale nel momento di conoscenza “legale” (cioè nelle forme espressamente contemplate dalla legge) dell’aggiudicazione dell’appalto ad altra impresa: è dal momento della conoscenza o conoscibilità di tale situazione – lesiva dell’interesse all’acquisizione del bene della vita costituito dalla pubblica commessa – che decorre il termine per l’esperimento del ricorso in sede giurisdizionale, considerando che in quel momento sorge un interesse attuale e concreto alla rimozione dell’atto amministrativo che cagiona la lesione (art 41 comma 2 c.p.a.).

Nel caso di specie, si è posta la questione di individuare il dies a quodel termine decadenziale per impugnare il provvedimento di aggiudicazione conclusivo di una procedura di appalto pubblico, quando il soggetto abbia dichiarato di aver avuto conoscenza degli atti della procedura e dei relativi vizi solamente a seguito di accesso ai documenti.

A tal proposito, il Consiglio di Stato ha richiamato le statuizione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (V Sezione, 8 maggio 2014, C – 161/13) secondo cui i “ricorsi efficaci contro le violazioni delle disposizioni applicabili in materia di aggiudicazione di appalti pubblici possono essere garantiti soltanto se i termini imposti per proporre tali ricorsi comincino a decorrere solo dalla data in cui il ricorrente è venuto a conoscenza o avrebbe dovuto essere a conoscenza della pretesa violazione di dette disposizioni”“una possibilità, come quella prevista dall’articolo 43 del D.lgs. n. 104 del 2010, di sollevare “motivi aggiunti” nell’ambito di un ricorso iniziale proposto nei termini contro la decisione di aggiudicazione dell’appalto non costituisce sempre un’alternativa valida di tutela giurisdizionale effettiva. Infatti, in una situazione come quella di cui al procedimento principale, gli offerenti sarebbero costretti a impugnare in abstracto la decisione di aggiudicazione dell’appalto, senza conoscere, in quel momento, i motivi che giustificano tale ricorso.”

Sulla scorta di tali considerazioni ermeneutiche, il Consiglio di Stato ha affermato che il termine di trenta giorni per l’impugnativa dell’aggiudicazione non decorre sempre dal momento della comunicazione dell’avvenuta aggiudicazione (art 76 del d.lgs. 50 del 2016) “ma può essere incrementato di un numero di giorni pari a quello necessario affinché il soggetto (che si ritenga) leso dall’aggiudicazione possa avere piena conoscenza del contenuto dell’atto e dei relativi profili di legittimitàove questi non siano oggettivamente evincibili dalla richiamata comunicazione (cfr. Cons. Stato, sez V, 2 settembre 2019, n. 6064; V, 13 febbraio 2017, n. 592; V, 10 febbraio 2015, n. 864)”.

Il giudice di secondo grado ha altresì precisato che la dilazione temporale, prima fissata nei 10 giorni per l’accesso informale ai documenti di gara dall’art 79, comma 5 – quater del D.lgs. n. 163 del 2006, decorrenti dalla comunicazione del provvedimento, per effetto delle previsioni dell’art 76 comma 2 del nuovo codice dei contratti pubblici, è fissato nei 15 giorni previsti per la comunicazione delle ragioni dell’aggiudicazione su istanza dell’interessato.

Infatti, l’art 76 comma 2 del codice dei contratti pubblici contempla uno strumento accelerato e semplificato di accesso e “qualora la stazione appaltante rifiuti illegittimamente l’accesso, o tenga comportamenti dilatori che non consentono l’immediata conoscenza degli atti di gara, il termine non inizia a decorrere e il potere di impugnare dell’interessato pregiudicato da tale condotta amministrativa non si “consuma”; in questo caso il termine di impugnazione comincia a decorrere solo a partire dal momento in cui l’interessato abbia avuto cognizione degli atti della procedura (cfr. Cons. Stato, sez. III, 6 marzo 2019, n. 1540; III, 22 luglio 2016, n. 3308; V, 7 settembre 2015, n. 4144; III, 10 novembre 2011, n. 5121)”.

Per quanto sopra, nella vicenda in esame il Consiglio di Stato ha ritenuto imputabile alla stazione appaltante una condotta ingiustificatamente dilatatoria che non ha consentito all’impresa ricorrente di presentare il ricorso nel termine di 45 giorni dalla comunicazione del provvedimento di aggiudicazione ex art 76 comma 5 del D.lgs. 50 del 2016. D’altra parte, la Ergo Meccanica s.p.a. si è tempestivamente e diligentemente attivata presentando istanza di accesso il giorno successivo alla ricezione della comunicazione, benché per una serie di circostanze ad essa non imputabili, l’accesso ai documenti di gara sia poi avvenuto a una distanza di oltre 30 giorni dalla proposizione dell’istanza. 

Con riferimento alla questione sostanziale della carenza dei requisiti di ordine generale inerenti alla moralità professionale e all’affidabilità dell’impresa aggiudicataria, nello specifico, alla presunta illegittima condotta della stazione appaltante per non avere escluso l’impresa a fronte delle violazioni di cui all’art 80, comma 5, lett a, f- bis e c, appare utile delineare brevemente la disciplina relativa alle cause di esclusione e la ratio sottesa alla norma.

L’art 80 del codice dei contratti pubblici ridefinisce i motivi di esclusione e ne amplia il contenuto rispetto al passato, fermo restando la tassativa elencazione delle condizioni che inibiscono la partecipazione degli operatori economici alla procedura di appalto. I requisiti generali devono essere posseduti per tutta la durata della procedura: ai sensi dell’art 80, comma 6, le stazioni appaltanti escludono un operatore economico in qualunque momento della procedura, qualora risulti che lo stesso versi, a causa di atti compiuti o omessi prima o nel corso della procedura, in una delle cause ostative alla partecipazione. La stazione appaltante, peraltro, può fare ricorso ad ulteriori strumenti di tutela anche dopo la stipulazione del contratto, qualora sopravvengano, in corso d’opera, determinate situazioni che pregiudicano l’affidabilità dell’affidatario (art 108 del codice).

La disciplina delle cause di esclusione è finalizzata a realizzare un equo contemperamento tra il principio di libera partecipazione delle imprese alle gare di appalto e la garanzia della sussistenza del vincolo fiduciario tra il concorrente e la stazione appaltante, atteso che l’elemento fiduciario connota il contratto d’appalto a salvaguardia del buon andamento dell’azione amministrativa. La giurisprudenza, inoltre, ha ribadito che la ratiodella norma di cui all’art 80 del nuovo codice dei contratti pubblici risiede nell’esigenza di verificare l’affidabilità complessivamente considerata dell’operatore economico che andrà a contrattare con la pubblica amministrazione, per evitare, a tutela del buon andamento dell’azione amministrativa, che quest’ultima entri in contatto con soggetti privi di affidabilità morale e professionale (v. TAR Campania – Salerno, sez I, 2 gennaio 2017, n. 10). 

Ciò premesso, nel caso in esame la ricorrente ha lamentato l’inosservanza da parte dell’impresa aggiudicataria degli obblighi in materia di salute e sicurezza, posti a presidio di interessi fondamentali dello Stato, la cui lesione è da considerarsi come indizio di inaffidabilità. In questa prospettiva, è stato menzionato un episodio mortale verificatosi nel cantiere dell’impresa affidataria nell’anno 2014.

Dunque, ai sensi dell’art 80 comma 5 lett a, si sarebbe dovuto escludere l’operatore economico “qualora la stazione appaltante possa dimostrare con qualunque mezzo adeguatola presenza di gravi infrazioni debitamente accertate”.

Siffatta norma lascia un certo margine di discrezionalità all’Amministrazione per la relativa valutazione, in quanto spetta alla stazione appaltante “accertare, con ogni mezzo di prova a sua disposizione, non solo che la violazione sia accaduta, ma, specularmente, che di essa ne abbia responsabilità il concorrente”. Peraltro, l’art 80, comma 5, lett a non richiede che l’accertamento delle infrazioni sia definitivo, sicché pare potersi desumere che sarebbe sufficiente che la stazione appaltante abbia avuto comunque notizia certa della trasgressione.

Sul punto, si sofferma il Consiglio di Stato richiamando la precedente giurisprudenza sulla questione “dei mezzi di prova dai quali la stazione appaltante può trarre il convincimento nel senso della responsabilità dell’operatore economico della grave infrazione verificatasi ritenendo valido mezzo di prova una sentenza penale non ancora passata in giudicato(cfr. Consi. Stato, Sez V, 6 agosto 2012, n. 4519), come pure il “verbale ispettivo dell’Ispettorato del lavoro”(cfr Cons.giust.amm. Reg. Sicilia, 13 giugno 2019, n. 547).

Il giudice amministrativo ha, quindi, ribadito il principio per cui “può essere considerato “mezzo adeguato” all’accertamento della “grave infrazione” delle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro, ai sensi dell’art 80, comma 5, lett a) del codice dei contratti pubblici, ogni documento, anche se proveniente dall’autorità amministrativa (e non solo dall’autorità giudiziaria), che consenta un giudizio sulla responsabilità dell’impresa nella causazione dell’evento alla luce della qualificata ricostruzione dei fatti ivi contenuta”.

In realtà, nel caso di specie, il Consiglio di Stato ha rilevato che non si è posta tanto la questione dell’idoneità dei documenti (rapporto dell’ASL) a disposizione della stazione appaltante ad essere considerati “adeguati mezzi di prova quanto, piuttosto, quella della possibilità, alla luce del loro contenuto, di esprimere un giudizio di responsabilità”dell’impresa affidataria per la grave infrazione contestata.

Ebbene, secondo il Consiglio di Stato, i documenti richiamati dalla ricorrente come mezzi adeguati di prova all’accertamento della grave infrazione, non hanno fornito una ricostruzione certa dei fatti accaduti nel cantiere e della dinamica dell’incidente mortale, per cui non possono intendersi “idonei ad elaborare un attendibile giudizio di responsabilità”(circostanza confermata dalla sentenza conclusiva del processo penale, ove è stata esclusa la responsabilità del datore di lavoro).

Ne consegue che la stazione appaltante ha correttamente operato laddove ha deciso di non escludere l’impresa aggiudicataria dalla procedura di gara. 

Nel merito, il Consiglio di Stato ha ritenuto infondata anche la doglianza fatta valere dalla ricorrente secondo cui l’impresa aggiudicataria, non dichiarando nella domanda di partecipazione alla procedura di gara l’episodio mortale, avrebbe integrato una condotta omissiva ex art 80, comma 5, lett. f -bis.

Sull’argomento, il giudice amministrativo ha puntualizzato che “solo alla condotta che integra una falsa dichiarazione consegue l’automatica esclusione dalla procedura di gara poiché depone in maniera inequivocabile nel senso dell’inaffidabilità e della non integrità dell’operatore economico, mentre, ogni altra condotta, omissiva o reticente che sia, comporta l’esclusione dalla procedura solo per via di un apprezzamento da parte della stazione appaltante che sia di prognosi sfavorevole sull’affidabilità dello stesso”(Cons. di Stato, sez. V, sentenza 12 aprile 2019, n. 2407; Cons. di Stato, sez. V, 22 luglio 2019, n. 5171). Pertanto, il giudice amministrativo ha concluso nel senso che la condotta dell’aggiudicataria, al più qualificabile come omissiva e non certo una falsa dichiarazione, non è “riferita a una pregressa condotta professionale qualificabile quanto meno come “grave illecito professionale””

Ne consegue che è stata correttamente ammessa alla procedura di gara l’impresa, poi risultata affidataria, non risultando una dichiarazione falsa (con conseguente esclusione automatica dalla procedura ai sensi dell’art 80, comma 5, lett f – bis) né la violazione dei c.d. obblighi informativi.