Consiglio di Stato, sez. III, 3 ottobre 2019, n. 6655
1. Il principio di precauzione obbliga le Autorità competenti ad adottare provvedimenti appropriati al fine di scongiurare i rischi potenziali per la sanità pubblica, per la sicurezza e per l’ambiente, senza dover attendere che siano pienamente dimostrate l’effettiva esistenza e la gravità di tali rischi e prima che subentrino più avanzate e risolutive tecniche di contrasto. Per la sua applicazione, tuttavia, è presupposta l’esistenza di un rischio specifico all’esito di una valutazione quanto più possibile completa, condotta alla luce dei dati disponibili che risultino maggiormente affidabili e che deve concludersi con un giudizio di stretta necessità della misura. Nel caso di specie, non è stata verificata una condizione di rischio indeterminato e incontrollabile tale da suggerire l’impiego alla massima intensità di tutti gli strumenti di contenimento del rischio.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10535 del 2018, proposto da
Pfizer S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Alvise Vergerio Di Cesana, Massimo Occhiena, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Alvise Vergerio Di Cesana in Roma, Lungotevere Marzio n. 3;
contro
Società di Committenza Regione Piemonte - S.C.R. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Giorgio Vecchione, Riccardo Vecchione, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Antonella Fumai in Roma, Piazzale delle Medaglie D'Oro n. 7;
Regione Piemonte, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Stefano Gattamelata, Giovanna Scollo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Stefano Gattamelata in Roma, via di Monte Fiore n. 22;
Servizio Riferimento Regionale Epidemiologia per la Sorveglianza Prevenzione e Controllo delle Malattie Infettive Seremi - non costituito in giudizio;
nei confronti
Glaxosmithkline S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Angelo Clarizia, Eugenio Bruti Liberati, Alessandra Canuti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Angelo Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde n. 2;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima) n. 01257/2018, resa tra le parti, concernente l’impugnativa del bando di gara per la fornitura di vaccini ad uso umano e servizi connessi per le aziende del servizio sanitario della Regione Piemonte e della Valle d'Aosta (gara 98-2017), con specifico riguardo al lotto 1 (vaccino pneumococcico polisaccaridico coniugato adsorbito per bambini fino ai 5 anni).
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 settembre 2019 il Cons. Giovanni Pescatore e uditi per le parti gli avvocati Francesco Cataldo su delega dichiarata di Alvise Vergerio di Cesana, Giorgio Vecchione, Riccardo Vecchione, Stefano Gattamelata, Angelo Clarizia e Eugenio Bruti Liberati;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con il ricorso di primo grado la Pfizer s.r.l. ha impugnato e chiesto l’annullamento del bando di gara, pubblicato dalla S.C.R. Società di Committenza Regione Piemonte s.p.a., relativo alla fornitura di vaccini destinati alle Aziende sanitarie della Regione Piemonte e della Valle d’Aosta.
Risultano contestate, in particolare, le previsioni dettate in ordine al lotto di fornitura n. 1 (vaccino pneumococcico polisaccaridico coniugato adsorbito per bambini fino ai cinque anni) con le quali è stata aperta la competizione al prezzo più basso tra le due aziende titolari delle autorizzazioni alla messa in commercio dei due vaccini anti-pneumococcici attualmente disponibili sul mercato: il vaccino tredici-valente Prevenar 13, commercializzato dall’odierna appellante Pfizer s.r.l.; e il vaccino deca-valente Synflorix, commercializzato dalla controinteressata GlaxoSmithKline, risultata poi aggiudicataria.
Secondo la Pfizer, in virtù della più ampia copertura di Prevenar (che contrasta 13 sierotipi del batterio pneumococco) rispetto a quella garantita da Synflorix (che ne contrasta 10, esclusi i sierotipi 3, 6 A e 19 A), l’Amministrazione non avrebbe potuto mettere in concorrenza in un unico lotto le due specialità mediche, in quanto eterogenee per efficacia terapeutica e classificazione ATC.
2. A seguito della fase cautelare, risoltasi in senso sfavorevole alla ricorrente (per effetto dell’ordinanza del Tar Piemonte n. 495/2017, confermata da questa sezione del Consiglio di Stato con ordinanza n. 246/2018), la causa è stata definita con pronuncia reiettiva del ricorso n. 1257/2018.
3. L’appello Pfizer si concretizza nella sostanziale riproposizione di alcuni dei motivi già formulati innanzi al TAR.
Con essi si sostiene, in sintesi, che:
(i) i due vaccini non sono equivalenti/sovrapponibili, né risulta il contrario dagli atti istruttori formati nel corso del procedimento che ha condotto alla contestata decisione;
(ii) la scelta regionale si pone in contrasto con i LEA del Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale 2017-2019 il quale, al contrario di quello precedente, nel raccomandare espressamente, con riguardo alla vaccinazione anti-pneumococcica, “il raggiungimento della massima protezione possibile in relazione al profilo epidemiologico prevalente e alla diffusione dei ceppi”, di fatto introduce un’indicazione di preferenza a favore del vaccino Prevenar.
4. Si sono costituite la S.C.R. Piemonte, la Regione Piemonte e la controinteressata GlaxoSmithKline, replicando alle deduzioni avversarie e chiedendo il rigetto del ricorso.
5. La causa, istruita a mezzo di chiarimenti tecnici disposti con ordinanza n. 2548/2019, è stata discussa e posta in decisione all’udienza pubblica del 19 settembre 2019, all’esito del rituale scambio di memorie e repliche ai sensi dell’art. 73 c.p.a..
DIRITTO
1. Al fine di circoscrivere esattamente l’area delle questioni controverse, è utile premettere che nel presente grado di giudizio non risultano riproposti né il motivo n. 2 del ricorso di primo cure (esaminato alle pag. 11 e ss. della sentenza impugnata), a mezzo del quale Pfizer si era lamentata di una decisione di equivalenza terapeutica tra i due medicinali assunta in assenza di conforme valutazione tecnica dell’Agenzia Italiana del Farmaco e, quindi, in violazione dell’art. 15, comma 11-ter, del d.l. n. 95 del 2012; né il motivo n. 5, riferito ad una presunta violazione dell’art. 95 del d.lgs. n. 50 del 2016, per essere stato adottato un metodo di aggiudicazione - il massimo ribasso sul prezzo a base d’asta – ritenuto inappropriato ad un confronto tra prodotti qualitativamente differenti.
2. Venendo alle censure rieditate nel presente giudizio, con il primo motivo (pagg. 9-14), riepilogativo dei mezzi n. 1 e 4 del ricorso di primo grado, la Pfizer torna a censurare l’operato della stazione appaltante: i) in primo luogo, per aver “posto in concorrenza, nel medesimo lotto di gara, i due vaccini, pur caratterizzati da differente efficacia e derivanti da principi attivi diversi” (motivo n. 1 del ricorso al TAR); ii) in secondo luogo, per avere “motivato in modo insufficiente e superficiale la decisione di ritenere equivalenti il vaccino Prevenar ed il vaccino Synflorix, trascurando le indicazioni scientifiche formulate dal Ministero della Salute e dall’Agenzia Italiana del Farmaco” (motivo n. 4 del ricorso al TAR).
2.1. Le deduzioni argomentative di supporto alle due censure si appuntano, in particolare, sulle conclusioni cui è pervenuto l’atto d’impulso contenuto nella nota del 21 agosto 2017, prot. 17313, con il quale la Direzione Sanità ha dato mandato ad SCR di attivare la procedura aperta al confronto concorrenziale per l’acquisto del vaccino pneumococcico al prezzo più basso: in tale documento si rappresenta come “dalla documentazione fornita dal Servizio di riferimento regionale di Epidemiologia per la sorveglianza, la prevenzione e il controllo delle malattie infettive (SEREMI) non sono stati rilevati elementi sufficienti a differenziare l’uso fra antigene pneumococcico coniugato polisaccaridico purificato (codice ATC J07AL02) prodotto dalla ditta Pfizer e l’antigene pneumococcico polisaccaridico purificato haemophilus influenzae, coniugati (codice ATC J07AL52) prodotto dalla ditta Glaxo Smith Kline”.
2.2. In senso contrario alle risultanze istruttorie addotte dalla Regione, la ricorrente richiama le indicazioni fornite dal Ministero della Salute (nel 2016) e dall’AIFA (nei pareri del 2016 e 2017), dalle quali si desumerebbe che i due vaccini non possono essere considerati sovrapponibili nel soddisfare gli obiettivi di sanità pubblica previsti a livello nazionale, proprio perché il PCV13 offre protezione nei confronti di un numero maggiore di sierotipi, anche circolanti nel nostro paese; sicché, l’uso del PCV10 potrebbe giustificarsi unicamente a fronte di una condizione di assente e/o ridotta circolazione dei sierotipi contenuti nel solo Prevenar 13.
Tuttavia, nel caso di specie il ricorrere di questa peculiare evenienza non è stato dimostrato in quanto, al contrario, nella stessa relazione del SEREMI richiamata dalla Regione si afferma (senza che il Tar se ne sia avveduto) che “i dati piemontesi mostrano, a partire dal 2011, un aumento dei sierotipi 3, 6 A e 19 A in tutte le fasce di età” (p. 7 del doc. 27); che “a partire dal 2011 si sono verificati 3 casi in infezione” e che “il sierotipo 3 ha un impatto rilevante nell’epidemiologia complessiva del nostro Paese” (p. 4 del doc. 27).
D’altra parte, segnala la società appellante, il fatto che, in presenza di un’adeguata campagna vaccinale, si verifichino pochi o pochissimi casi di malattia conclamata legati ad un determinato ceppo batterico e/o virale sta semplicemente a significare che il vaccino si è rivelato efficace, ma non anche che i ceppi batterici siano automaticamente scomparsi, cioè che non circolino più e, che, pertanto, sussistano condizioni sufficienti per abbassare il livello delle misure preventive in corso di applicazione.
La difesa della parte appellante invoca a suo favore le valutazioni tecniche espresse nel 2017 da AIFA, sotto la vigenza dell’attuale PNPV (doc. 31); nonché il comunicato reso, sempre nel 2017, dalla Società Italiana di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica (doc. 25).
2.3. Con il secondo motivo (riepilogativo del terzo di primo grado), la ricorrente sostiene che il Piano nazionale di prevenzione vaccinale 2017-2019 conterrebbe un’indicazione di preferenza in favore del vaccino Prevenar, nella parte in cui: i) raccomanda “il raggiungimento della massima protezione possibile in relazione al profilo epidemiologico prevalente e alla diffusione dei ceppi”; ii) stabilisce che “l’offerta di una dose di PCV contenente un numero di valenze maggiore è fortemente raccomandata a bambini mai vaccinati o che abbiano in precedenza completato il ciclo di vaccinazione con PCV7”; iii) conclusivamente fissa come proprio obiettivo “quello di garantire che i livelli di copertura raggiunti vengano mantenuti nel futuro in tutto il territorio del Paese senza alcuna discriminazione”.
L’indicazione da ultimo richiamata lascia intendere che il PNPV assume a proprio riferimento il contesto epidemiologico nazionale e persegue l’obiettivo di garantire il mantenimento dei livelli di copertura raggiunti in tutto il territorio del Paese, senza alcuna discriminazione per aree geografiche. La diversificazione su base regionale della proposta vaccinale disattende tali obiettivi, in quanto alimenta una mobilità dei soggetti interessati verso l’offerta di maggiore gradimento ed in tale modo determina una possibile compromissione dei livelli omogenei di immunizzazione di gregge sin qui raggiunti sull’intero territorio nazionale.
3. Messe a fuoco le tematiche tecniche intercettate dai motivi di appello, questa sezione, con ordinanza istruttoria in data 19 aprile 2019, n. 2548, ha disposto l’acquisizione di dettagliati chiarimenti da parte dall’Istituto superiore di sanità e del Ministero della Salute (in persona del Direttore Generale della Prevenzione Sanitaria - Ufficio V).
Segnatamente, con la suddetta ordinanza è stato richiesto all’Istituto Superiore di Sanità:
“- se in base ai dati scientifici, allo stato esistenti, possa ritenersi idoneo alla protezione dalle malattie da pneumococco anche il vaccino decavalente e se tale livello di protezione sia compatibile con i dati epidemiologici relativi sia alla Regione Piemonte sia al territorio nazionale, nonché ai ceppi di vaccino diffusi anche all’estero;
- [quali siano] i possibili effetti derivanti dalla scelta effettuata dalla società di committenza regionale di indire una gara al prezzo più basso per la fornitura di vaccini pneumococcici polisaccaridi coniugati sul piano della prevenzione vaccinale, con particolare riferimento ai criteri della c.d. “accettabile vaccino profilassi” e della “migliore vaccino profilassi”.
La Sezione ha chiesto, invece, al Ministero della Salute, di chiarire quali siano “le valutazioni tecnico scientifiche poste a base delle indicazioni contenute nel piano vaccinale nazionale 2017-2019 circa il vaccino pneumococcico e le scelte effettuate con il piano vaccinale nazionale in ordine alla c.d. “accettabile vaccino profilassi” o alla “migliore vaccino profilassi”; nonché di pronunciarsi in merito alla “compatibilità con il calendario vaccinale nazionale 2017-2019 e con gli obiettivi di sanità pubblica posti a base della vaccinazione effettuata in base alla gara indetta dalla società di committenza regionale della Regione Piemonte”.
3.1. I chiarimenti forniti possono essere assunti - per la qualificata competenza degli organismi dai quali promanano e per la loro concludenza intrinseca e argomentativa - a base delle considerazioni che di seguito verranno svolte con riguardo alla fondatezza dell’appello.
3.2. Dal compendio dei dati istruttori si ricavano indicazioni preliminari: i) sulla diversificazione dell’efficacia dei due vaccini; ii) sui dati rilevanti da assumere a base della strategia di profilassi; iii) sulla compatibilità con il PNPV 2017-2019 di una opzione in favore del vaccino deca-valente (PCV10).
I) Quanto al primo aspetto, l’ISS reputa che - fermo restando che l’efficacia vaccinale è inferiore al 100% per entrambi i vaccini - “il vaccino 13-valente ha una copertura maggiore nei confronti di almeno 2 dei 3 tipi di pneumococco non contenuti nel PCV10” in quanto “.. produce modeste risposte verso il sierotipo 3” mentre “esistono delle evidenze parziali di cross-protezione del PCV10 nei confronti dei sierotipi 6A e 19A”.
In particolare “.. è stato evidenziato come IgG e anticorpi funzionali contro i sierotipi 6A e 19A siano presenti nel 61-67% dei vaccinati con PCV10 ma in più del 99% dei riceventi di PCV13”(pagg., 3, 9, 10).
Aggiunge l’ISS che “..anche secondo gli autori è difficile valutare se queste differenze si traducano in una maggiore protezione effettiva da parte di uno o dell’altro vaccino” poiché una tale valutazione necessita di “ulteriori studi” (pag. 3).
Nella relazione istruttoria viene dato risalto al Position Paper dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ove si afferma che “entrambi i prodotti sono efficaci nel ridurre complessivamente la malattia invasiva da pneumococco … [e che] sebbene il PCV13 contenga 3 sierotipi aggiuntivi, attualmente non vi sono evidenze sufficienti per determinare la differenza tra i due vaccini nel modificare l’impatto sul carico complessivo di IPD a livello globale” (pag.2).
II) Circa i dati rilevanti da assumere a base della strategia di profilassi e, dunque, con riguardo all’incidenza patologica dei diversi sierotipi nella fascia di età compresa tra 0-4 anni, la relazione ISS segnala che “nel 2017 la maggior parte delle infezioni invasive .. è causata da sierotipi non prevenibili con le vaccinazioni attualmente disponibili. Complessivamente nel 2017, così come nel 2016, i sierotipi 8, 3, 12F e il 22F sono i più rappresentati tra i ceppi tipizzati. Di questi sierotipi, solo il 3 è presente nella composizione del PCV13. I dati non consolidati del 2018 sembrano confermare questa distribuzione, sebbene si osservi un parziale decremento del sierotipo 12F” (pag.4).
II - a) Una prima conclusione che il Collegio ritiene di poter trarre da tali indicazioni è che, nel contesto regionale in esame, Prevenar certamente offre una copertura maggiore di Synflorix, ma in una misura che non riflette in modo diretto il differenziale numerico di sierotipi aggiuntivi in esso contenuti.
La ragione è duplice e rimanda, innanzitutto, all’acquisizione di carattere generale - ma confermata nel caso specifico - secondo la quale “la protezione offerta da un vaccino non è necessariamente rapportata al numero di sierotipi contenuti nel vaccino stesso” (relaz. Ministero pag. 3): questa meccanica corrispondenza può infatti risultare alterata da diverse variabili correlate alle differenze nell’efficacia di ciascun sierotipo; al livello di cross-protezione; alla capacità di indurre una protezione indiretta (herd immunity) e al livello di sostituzione sierotipica.
Più in generale, l’asserita impossibilità di mettere a confronto concorrenziali vaccini con un diverso potenziale di copertura si scontra con l’orientamento scientifico prevalente, fatto proprio dalla World Health Organization e condiviso dall’ISS, che tende a prediligere una valutazione della capacità immunologica di fatto ed, a tal fine, dedica attenzione, oltre che al numero dei sierotipi presenti nel vaccino, anche all’efficacia mediata (cd. “crociata”) che quest’ultimo è in grado di produrre.
Sotto un secondo profilo, l’incidenza patologica nella fascia di età compresa tra 0 e 4 anni risulta, allo stato e nel contesto regionale piemontese, prevalentemente concentrata su sierotipi diversi dai tre contenuti nel PCV13 e non nel PCV10: anche questo secondo fattore concorre a ridimensionare l’apparente vantaggio incrementale che deriverebbe dall’impiego del PCV13.
II - b) Con riguardo alla più opportuna strategia di profilassi da adottare (secondo aspetto indagato in sede istruttoria), i due pareri tecnici convergono nel ritenere che l’uso del PCV10 può giustificarsi, secondo un canone di prudente azione sanitaria, a fronte di una condizione epidemiologica locale di assente e/o ridotta circolazione dei sierotipi 3 e 19A (contenuti nel solo Prevenar 13) ovvero al ricorrere di un rilevante risparmio di risorse da investire in altri interventi di sanità pubblica.
Una preferenza per il PCV10, anche laddove sostenuta da una congiuntura di condizioni favorevoli, dovrebbe in ogni caso accompagnarsi ad un’opera di costante monitoraggio, tale da consentire eventuali correttivi in corso della strategia vaccinale adottata; e questa attività di ricognizione e monitoraggio dovrebbe concentrarsi nell’ambito regionale preso a riferimento (relaz. Ministero pag. 3 – relaz. ISS pag. 3).
II – c) Quest’ultima avvertenza sembra contraddire l’argomento, pur suggestivo, con il quale si è sostenuto che scelte differenziate tra singole regioni potrebbero compromettere l’efficacia dell’immunità di gregge sin qui conseguita e, quindi, il buon esito della profilassi su scala nazionale.
D’altra parte, la relazione dell’ISS - dato atto che nel triennio 2016-2018 la distribuzione per sierotipo in Piemonte è attualmente sovrapponibile a quella nazionale - non segnala alcun rischio di alterazione del quadro epidemiologico locale potenzialmente derivante dalla contaminazione ab externo con nuovi ceppi batterici o dalla pratica di campagne vaccinali disomogenee, concludendo, al contrario, per l’assenza di ragioni contrarie ad una introduzione nella sola Regione Piemonte del vaccino a più limitata protezione.
Non è dato sapere, infine, se la preferenza accordata dalla più parte delle Regioni italiane al PCV13 costituisca un dato destinato a consolidarsi o a regredire nel tempo: a quanto consta dalle allegazioni delle parti resistenti, alcune di queste Regioni avrebbero manifestato l’intenzione di tornare al decavalente, ritenendo tale scelta compatibile con la situazione epidemologica rilevata nei rispettivi territori.
III) Venendo al terzo tema dell’indagine istruttoria, l’indicazione che si ricava dal consulto tecnico è che, nell’osservanza delle cautele valutative illustrate al punto 3.2.2, la scelta in favore del PCV10 risulta conforme alle prescrizioni del Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale 2017-2019 (relaz. Ministero pag. 3).
In questo senso si può leggere la scelta dell’autorità ministeriale di non dare indicazioni che potessero escludere uno dei due vaccini (ovvero quello contenente meno sierotipi) rispetto all’altro e, quindi, di non vincolare le Regioni nella autonoma gestione dei capitoli destinati all’acquisto dei diversi vaccini offerti presso i servizi territoriali.
Sempre in tema, appare pertinente e meritevole di condivisione il rilievo del primo giudice secondo il quale “il Piano, nel paragrafo in cui raccomanda “il raggiungimento della massima protezione possibile”, riporta la precisazione: “in relazione al profilo epidemiologico prevalente e alla diffusione dei ceppi”. Ciò significa, come correttamente affermato dalle parti resistenti, che il Piano non esige sempre e comunque l’utilizzo del vaccino a più alto contenuto sierotipico, ma raccomanda invece alle Regioni ed alle stazioni appaltanti di valutare adeguatamente il contesto epidemiologico prevalente, al fine di pervenire alla massima protezione vaccinale possibile” (pag. 13 sent.).
Con riguardo al secondo quesito sottopostogli, il Ministero della Salute ha confermato, infine, che “entrambi i vaccini anti-pneumococco sono compatibili con il calendario attualmente in uso in Italia, … [e che] entrambi i vaccini si sono dimostrati sicuri ed efficaci nei confronti dei sierotipi riportati nelle rispettive schede tecniche” (pag.3).
3.3. Si tratta a questo punto di verificare se nella Regione Piemonte sussistono le condizioni (più restrittive) riportate al punto II – b), al ricorrere delle quali può ritenersi consigliabile e adeguata la profilassi mediante impiego del vaccino a minore copertura.
I dati empirici offrono un riscontro positivo in tal senso: da un lato, infatti, la Regione Piemonte presenta una condizione epidemiologica favorevole, caratterizzata dalla sostanziale assenza dei sierotipi 3, 6A e 19A in età pediatrica; d’altro lato, la scelta per il PCV10 produce un ingente risparmio di risorse da reimmettere nel sistema sanitario regionale (€ 6.250.000,00).
3.3.1 Con riguardo ai dati epidemiologici regionali occorre precisare quanto segue:
- con riferimento al biennio 2015-2017, e per la fascia di età pediatrica (cui sono diretti i vaccini di cui si tratta), i casi di infezione da pneumococco, in Piemonte e in Valle d’Aosta, sono stati circoscritti a uno soltanto: e in questo unico caso si è trattato di una infezione da sierotipo 3 in una paziente vaccinata con tre dosi di Prevenar (cfr. ultima relazione SEREMI -doc. 17 SCR; v. sent. pag. 11);
- nessun nuovo caso è stato registrato tra il 2015 ed il 2018 per i sierotipi 19A e 6A;
- anche dopo l’introduzione del vaccino PCV10 all’inizio del 2018, e considerando i 3 sierotipi non inclusi nel vaccino PCV10, non si sono notati apprezzabili cambiamenti (relaz. ISS pag. 9).
3.3.2. Dunque, il riscontro epidemiologico è avvenuto e gli esiti del monitoraggio del contesto locale giustificano la messa in gara su base paritaria dei due vaccini; soluzione, questa, avallata dall’ISS, la quale così conclusivamente si esprime:
i) “i dati attuali non evidenziano al momento una situazione epidemiologica che sia in contrasto con la scelta di utilizzare il PCV10 nella regione Piemonte. Si deve però tener conto del fatto che in Piemonte è stato utilizzato, fino a poco più di un anno fa, il PCV13. Questo può aver condizionato l’andamento a lungo termine della malattia invasiva causata da sierotipi contenuti solo in tale vaccino, tenendo sotto controllo i sierotipi contenuti solo in uno dei due vaccini”,
ii) “relativamente alla distribuzione dei 3 sierotipi non inclusi nel PCV10, l’attuale situazione epidemiologica della Regione Piemonte, in cui il vaccino PCV10 è stato somministrato ai neonati a partire da gennaio 2018, non mostra particolari differenze con quella del periodo precedente in cui era stato usato il PCV13, confermando, per il momento, una efficacia complessiva paragonabile. Il tempo di osservazione a seguito dello switch vaccinale è però troppo breve per evidenziare eventuali modifiche nelle dinamiche dei diversi sierotipi”;
iii) una valutazione circa l’opportunità di cambiare il vaccino somministrato “potrebbe essere innescata da nuove evidenze scientifiche sulla franca superiorità nell’efficacia in pratica di uno dei due prodotti, evidenze che al momento non sono ancora disponibili” (relaz. ISS pag. 9).
3.3. Per quanto esposto, in tutte le sue valutazioni conclusive l’ISS si esprime a favore della attuale possibilità di impiego del vaccino deca-valente, pur contemperando tale indicazione con opportuni avvertimenti circa l’eventualità di una futura riconsiderazione della scelta, alla luce dei dati acquisibili nel corso della ulteriore osservazione del fenomeno.
4. Se le attuali emergenze istruttorie depongono a favore delle scelte discrezionali operate dalla Regione, in quanto immuni da elementi sintomatici di un irrazionale esercizio del potere, nelle memorie ex art. 73 c.p.a. la parte appellante ribadisce la propria posizione di dissenso, svolgendo l’argomento secondo il quale l’uso del PCV 10 potrebbe vanificare il quadro epidemiologico ottenuto negli anni passati grazie all’impiego del PCV 13, determinando, per un verso, l’insorgenza di un maggior numero di casi di pneumococco, da affrontare con nuove cure; e, per altro verso, la vanificazione degli obiettivi di risparmio preventivati dalla Regione.
4.1. In particolare, Pfizer afferma che:
(i) il ridotto numero di infezioni da sierotipo 3, 6A e 19A registrato in Piemonte sarebbe dovuto all’efficacia della campagna vaccinale condotta con PCV13 e la constatata assenza di un incremento di casi, a seguito dello switch a PCV10, sconterebbe un limite di attendibilità dovuto al limitato periodo di osservazione sin qui maturato (in Belgio, ad esempio, l’impennata dei casi di 19A si sarebbe verificata dopo tre anni dall’avvio della campagna con PCV10).
La società appellante segnala come significativo l’invito dell’ISS a “.. tener conto del fatto che in Piemonte è stato utilizzato, fino a poco più di un anno fa, il PCV13” e che, conseguentemente, “questo può aver condizionato l’andamento a lungo termine della malattia invasiva causata da sierotipi contenuti solo in tale vaccino, tenendo sotto controllo i sierotipi contenuti solo in uno dei due vaccini” (pag. 9);
(ii) la presenza del sierotipo 3 in Piemonte sarebbe tuttora rilevante, tanto che quest’ultimo sarebbe ancora “uno dei più frequenti nella Regione”; inoltre, la valutazione della circolazione sierotipica dovrebbe essere condotta considerando non solo il contesto epidemiologico attuale, ma anche la sua possibile evoluzione alla luce dell’abbandono del vaccino maggiormente protettivo ed, in tal senso, viene evidenziato come l’ISS abbia riconosciuto il rischio che la scelta di adottare il PCV10 può “..portare a un aumento dei casi di IPD dovuti ai sierotipi 6A, 19A e 3” (pag. 8);
(iii) il PNPV e il principio di precauzione renderebbero comunque inaccettabile l’attuazione di un “esperimento” di riduzione della copertura che, in virtù di motivazioni di carattere puramente economico, finirebbe per aumentare il rischio sanitario per i pazienti.
4.2. Si tratta di rilievi certamente meritevoli della più attenta considerazione, per la delicatezza delle scelte controverse e degli interessi in esse implicati ma, in ultima analisi, non tali da incrinare le conclusioni sin qui accolte.
4.2.1. Sul primo punto risulta decisivo il parere dell’ISS il quale - come già si è esposto - attesta inequivocabilmente che “l’attuale situazione epidemiologica della Regione Piemonte, in cui il vaccino PCV10 è stato somministrato ai neonati a partire da gennaio 2018, non mostra particolari differenze con quella del periodo precedente in cui era stato usato il PCV13, confermando, per il momento, una efficacia complessiva paragonabile”. L’attuale andamento del quadro infettivo, verificato a circa un anno di distanza dalla introduzione del nuovo vaccino, fa premio (anche per quanto si chiarirà nel prosieguo) sullo scenario di futura evoluzione del fenomeno, ad oggi non prevedibile, e non contraddice, allo stato, la preferenza accordata al PCV10.
4.2.2. Quanto al secondo punto, valgono le osservazioni svolte al punto 3.3.1, in aggiunta alle quali giova ribadire che il rapporto dell’ISS smentisce nettamente la tesi dell’elevata incidenza del sierotipo 3 nella classe di età che qui ci interessa, dando atto, al contrario, che “la maggior parte delle infezioni invasive da pneumococco nei bambini di età compresa tra 0-4 anni, con ceppo tipizzato, è causata da sierotipi non prevenibili con le vaccinazioni attualmente disponibili”.
Nel rapporto in parola si evidenzia che “tra i sierotipi non-vaccinali più frequenti in questa classe di età, vanno menzionati i sierotipi 10A, 8, 11A, 12F, 22F e 23B”, e che la paventata incidenza del sierotipo 3 riguarda, semmai, i pazienti con età maggiore di 64 anni (proprio rispetto ad essi l’ISS afferma: “si nota come i sierotipi 8, 3 e 22F siano quelli maggiormente rappresentati nell’ultimo triennio”).
Va da sé, tuttavia, che il dato che qui rileva è quello riferito alla popolazione pediatrica, interessata dalla procedura oggetto del presente giudizio.
Sotto un diverso profilo, occorre ricordare che diversi studi recenti e lo stesso ISS hanno constatato la sostanziale inefficacia del PCV13 verso il sierotipo 3. Al riguardo, l’Istituto richiama uno studio pubblicato sulla rivista Lancet nel 20191, il quale chiarisce che “PCV10 produce una risposta crociata ai sierotipi 6° e 19A, e PCV13 produce modeste risposte verso il sierotipo 3”.
4.2.3. Viene in rilievo, infine, il terzo argomento, con il quale la parte appellante sostiene che il passaggio al PCV10 realizzerebbe una sorta di “esperimento”, potenzialmente pregiudizievole per la sicurezza dei pazienti, dettato solo da esigenze di tipo economico e contrastante con la regola cautelativa che impone che la valutazione della circolazione sierotipica venga condotta considerando non solo il contesto epidemiologico attuale, ma anche la sua possibile evoluzione alla luce dell’abbandono del vaccino maggiormente protettivo.
Le argomentazioni di parte appellante evocano, in sintesi, il principio di precauzione e sulla base di esso ribadiscono la necessità di una scelta maggiormente cautelativa in grado “di garantire alla popolazione la massima protezione immunitaria nei confronti delle malattie pneumococciche”, seguendo l’indicazione in tal senso espressa dal PNPV 2017-2019.
4.3. Il Collegio ritiene che anche sotto questo specifico profilo le scelte amministrative qui contestate si situino nel perimetro di un esercizio non irragionevole del potere discrezionale.
4.4. Posta la differenza concettuale che intercorre tra precauzione (limitazione di rischi ipotetici o basati su indizi) e prevenzione (limitazione di rischi oggettivi e provati) - il principio di precauzione, dettato in primis dall’art. 191 del TFUE e a seguire recepito da ulteriori fonti comunitarie e dai singoli ordinamenti nazionali, fa obbligo alle Autorità competenti di adottare provvedimenti appropriati al fine di scongiurare i rischi potenziali per la sanità pubblica, per la sicurezza e per l'ambiente, senza dover attendere che siano pienamente dimostrate l'effettiva esistenza e la gravità di tali rischi e prima che subentrino più avanzate e risolutive tecniche di contrasto.
L'attuazione del principio di precauzione comporta dunque che, ogni qual volta non siano conosciuti con certezza i rischi indotti da un'attività potenzialmente pericolosa, l'azione dei pubblici poteri debba tradursi in una prevenzione anticipata rispetto al consolidamento delle conoscenze scientifiche (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 11 novembre 2014, n. 5525 e sez. V, 18 maggio 2015, n. 2495).
4.5. La Comunicazione della Commissione Europea del 2 febbraio 2000 fornisce indicazioni di indirizzo in merito alle condizioni di applicazione del principio di precauzione, individuandole nelle due seguenti: (i) la sussistenza di indicazioni ricavate da una valutazione scientifica oggettiva che consentano di dedurre ragionevolmente l'esistenza di un rischio per l'ambiente o la salute umana; (ii) una situazione di incertezza scientifica oggettiva che riguardi l'entità o la gestione del rischio, tale per cui non possano determinarsene con esattezza la portata e gli effetti.
Nella prospettiva della Commissione Europea, l’azione precauzionale è pertanto giustificata solo quando vi sia stata l'identificazione degli effetti potenzialmente negativi (rischio) sulla base di dati scientifici, seri, oggettivi e disponibili, nonché di un "ragionamento rigorosamente logico" e, tuttavia, permanga un'ampia incertezza scientifica sulla "portata" del suddetto rischio (par. 5.1.3).
4.6. Nel conseguente bilanciamento delle più opportune iniziative di contenimento del rischio, la scelta del c.d. "rischio zero" entra in potenziale tensione con il principio di proporzionalità, il quale impone misure "congrue rispetto al livello prescelto di protezione" ed una conseguente analisi dei vantaggi e degli oneri dalle stesse derivanti: dunque, non è sempre vero che un divieto totale od un intervento di contrasto radicale costituiscano "una risposta proporzionale al rischio potenziale", potendosi configurare situazioni e contesti specifici che rendono una tale strategia inopportuna, inutilmente dispendiosa, se non sostanzialmente improduttiva. In siffatte ipotesi, per coniugare in modo bilanciato esigenze di precauzione e di proporzionalità, la Commissione suggerisce di modulare l’azione cautelativa in relazione alla evoluzione dei suoi risultati, sottoponendo le misure adottate ad un’opera di controllo e di "revisione, alla luce dei nuovi dati scientifici" (par. 6 e 6.3.5).
4.7. Condividendo questa linea di pensiero, anche la costante giurisprudenza ha ritenuto che il principio di precauzione, i cui tratti giuridici si individuano lungo il segnalato percorso esegetico fondato sul binomio analisi dei rischi — carattere necessario delle misure adottate, presuppone l'esistenza di un rischio specifico all'esito di una valutazione quanto più possibile completa, condotta alla luce dei dati disponibili che risultino maggiormente affidabili e che deve concludersi con un giudizio di stretta necessità della misura (ex multis, Cons. Stato, sez. V, n. 6250/2013; Cons. Giust. Amm. Sicilia Sez. Giurisd., n. 581/2015; Cons. Stato, sez. IV, n. 1240/2018).
4.8. Nella vicenda qui all’esame, il Collegio reputa carente la seconda delle due condizioni alle quali è subordinata l’adozione di misure precauzionali di maggiore impatto.
Nel quadro empirico nel quale l’autorità è stata chiamata a determinarsi, non è stata verificata, infatti, una condizione di rischio indeterminato e non controllabile tale da suggerire l’impiego alla massima intensità di tutti gli strumenti di contenimento del rischio. Ad escludere l’ipotesi limite del cd. "rischio zero" concorre il fatto che: i) l’evoluzione della situazione epidemiologica - oggetto di indagine svolte con metodo scientifico rigoroso - appare suscettibile di continuo monitoraggio; ii) il rischio potenziale di un innalzamento delle patologie da seriotipi attualmente silenti sarebbe fronteggiabile, nell’ipotesi in cui dovesse effettivamente concretizzarsi, con l’impiego di adeguati dispositivi di cura; iii) la strategia di profilassi attualmente in essere si presta, ove necessario, ad essere modificata, in modo tempestivo, con interventi correttivi in grado di innalzarne l’intensità.
4.9. La possibilità che le strategie vaccinali subiscano modifiche nel corso del tempo, adattandosi all’evoluzione dei contesti epidemiologici e della ricerca medica, costituisce, si badi, prospettiva del tutto coerente con l’opzione di una azione amministrativa “prudenziale”, la quale ammette una variegata gamma di modalità esplicative, ivi incluse quelle attuate attraverso interventi progressivi e incrementali conseguenti alla evoluzione peggiorativa del quadro di osservazione (v. par. 5.2.2 Comunicazione 2.2.2000).
4.10. Al contempo, una strategia di sorveglianza effettuata in modo tale da consentire di attuare in tempi rapidi un incremento della profilassi, rappresenta soluzione ampiamente contemplata dalle autorità competenti nello specifico settore della prevenzione vaccinale ed adeguatamente supportata dal sistema sanitario della Regione Piemonte, secondo quanto riconosciuto nella relazione ISS, ove si legge che: "in regione Piemonte, la sorveglianza dei casi da malattia invasiva da pneumococco è sensibile e ben strutturata, con una percentuale media di sierotipizzazione dei casi di circa l’80% nell’ultimo triennio, a fronte del 60% circa a livello nazionale. Essa sembra in grado di garantire una tempestiva disponibilità di dati. Infatti, la sorveglianza, sia a livello regionale che nazionale, deve essere in grado di innescare in tempi rapidi una valutazione dell’opportunità di effettuare un cambio di vaccino” (pag. 9 e 10).
4.11. L’efficacia del sistema di sorveglianza dei sierotipi circolanti trova conferma nella relazione tecnica del 27 luglio 2017 del Servizio Regionale di Epidemiologia e si pone tra gli elementi che hanno indotto la Regione ad una valutazione di sostanziale equivalenza tra i due vaccini ("Sulla base delle considerazioni espresse dal Ministero della Salute e sulla base di quanto dettagliato dalla relazione allegata, considerato che in Piemonte esiste un adeguato sistema di sorveglianza dei sierotipi circolanti, non si rilevano elementi sufficienti per differenziare l’uso dei due vaccini").
4.12. Il giudizio dell’ISS avvalora il punto di ragionevole composizione sin qui illustrato, in quanto l’impiego del PCV10 viene ritenuto compatibile con l’attuale situazione epidemiologica e questa valutazione conclusiva è accompagnata, ma non inficiata nella sua sostanza, dall’avvertimento circa la necessità di maturare un più ampio tempo di osservazione del fenomeno. L’eventualità di una futura scelta correttiva, d’altra parte, è rinviata alla sopravvenienze di evidenze scientifiche “sulla franca superiorità nell’efficacia in pratica di uno dei due prodotti” che, tuttavia, l’ISS ribadisce essere “al momento non .. ancora disponibili”.
4.13. Per concludere, anche se esaminate nell’ottica di una corretta applicazione del principio di precauzione, non si evidenziano nelle scelte sottese agli atti impugnati gli elementi sintomatici di un esercizio irragionevole del potere. D’altra parte, il sindacato sulla motivazione delle scelte discrezionali, anche se pervaso da significative componenti tecniche, deve essere rigorosamente mantenuto sul piano della verifica della non pretestuosità della valutazione degli elementi di fatto acquisiti; e, nel caso di specie, se è indiscussa l’attendibilità delle acquisizioni tecnico-scientifiche poste a base di tale valutazione, altrettanto deve dirsi della plausibile ragionevolezza delle determinazioni che l’amministrazione ha inteso trarne, all’esito della ponderazione dei diversi interessi affidati alle sue cure.
4.14. L’atto di appello va quindi respinto e la sentenza impugnata confermata, alla stregua delle considerazioni sin qui illustrate che in parte ne integrano la motivazione.
5. La complessità delle questioni trattate e la natura degli interessi in esse implicati giustificano la compensazione delle spese di lite del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto,
lo respinge.
Spese di lite compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Guida alla lettura
La pronuncia in commento, nel ribadire l’epilogo del giudizio di primo grado, costituisce interessante ipotesi di applicazione, o meglio, di mancata applicazione del principio di precauzione in materia di coperture vaccinali. Se a tutti è nota l’attualità del dibattito sulle coperture vaccinali, unitamente al fervore che ha suscitato negli ultimi tempi, altrettanto non può dirsi per la sua interferenza con il principio di precauzione. Per affrontare il caso di specie, allora, giova premettere qualche breve considerazione di ordine generale sul punto.
Come noto, il principio di precauzione, approdo piuttosto recente nella teoria generale del diritto amministrativo, incontra a mezza strada il principio di prevenzione, da un lato, e il principio di riparazione del danno inverato, dall’altro. In ottica anticipatoria della tutela, il principio di precauzione è espressamente menzionato nell’art. 191 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) e nasce con il preciso scopo di garantire un alto livello di protezione dell’ambiente in caso di incertezza scientifica. Nel tempo, il suo campo di applicazione si è vistosamente ampliato, estendendosi anche alla normativa consumeristica, alla legislazione europea sugli alimenti, alla salute animale, vegetale e, appunto, umana. Il suo statuto giuridico si completa nella comunicazione della Commissione europea del 2 febbraio 2000. Nella stessa, infatti, è specificato che il principio di precauzione può essere invocato quando un fenomeno, un prodotto o un processo può avere effetti potenzialmente pericolosi, individuati tramite una valutazione scientifica e obiettiva, ogni qual volta tale valutazione non consenta di determinare il rischio con sufficiente certezza. Nel quadro generale dell'analisi del rischio, pertanto, il ricorso a questo principio richiede un preciso iter procedurale, articolato per fasi successive, che prende avvio dall'identificazione degli effetti potenzialmente negativi di una determinata condotta, confluisce nella valutazione dei dati scientifici disponibili e si conclude con l'ampiezza del livello di incertezza scientifica. Soltanto a seguito di questa indagine è possibile comprendere quali siano le potenziali conseguenze dell'assenza di azione da parte degli ordinamenti ovvero delle Autorità deputate a presidiare il fenomeno, o il settore, coinvolti. Ma vi è di più. Allorché il principio di precauzione venga invocato, infatti, restano pur sempre da rispettare i principi generali sulla gestione dei rischi, tradizionalmente utilizzati, invero, nello studio delle fonti di pericolo, in quanto tali nati per apprestare strumenti di sola prevenzione. Si tratta, precisamente, della proporzionalità tra le misure prese e il livello di protezione ricercato, della non discriminazione nell'applicazione delle stesse, della loro coerenza con quelle già prese in situazioni analoghe, dell'esame dei vantaggi e degli oneri risultanti dall'azione o dall'assenza di azione nonché, da ultimo, del costante riesame delle misure alla luce dell'evoluzione scientifica, una volta adottate. L’attuazione del principio di precauzione comporta, pertanto, che, ogni qual volta non siano conosciuti con certezza i rischi indotti da un’attività potenzialmente pericolosa, l’azione dei pubblici poteri debba tradursi in una prevenzione anticipata rispetto al consolidamento delle conoscenze scientifiche.
Le coordinate ermeneutiche dell’indagine appena delineate consentono adesso di soffermarsi sulla vicenda che ci occupa. La controversia nasce dalla procedura a evidenza pubblica, al criterio del prezzo più basso, indetta dalla S.C.R. Società di Committenza Regione Piemonte s.p.a. per la fornitura, tra gli altri, del vaccino anti-pneumococco per bambini fino a cinque anni, destinato alle Aziende sanitarie della Regione Piemonte e della Valle d’Aosta, aggiudicata all’azienda GlaxoSmithKline, che commercializza il vaccino deca-valente Synflorix. A contestare l’aggiudicazione è l’altra, e unica, concorrente in gara per il medesimo lotto, la Pfizer s.r.l., autorizzata alla messa in commercio del vaccino tredici-valente Prevenar-13, in quanto tale idoneo a coprire tre ceppi batterici in più rispetto allo Synflorix. Ora, i livelli essenziali di assistenza (LEA) previsti dal Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale 2017-2019 raccomandano “il raggiungimento della massima protezione possibile in relazione al profilo epidemiologico prevalente e alla diffusione dei ceppi”. A una prima lettura, perciò, sembrerebbe doversi accordare preferenza ai vaccini a maggior copertura. Secondo l’orientamento scientifico prevalente, riconosciuto anche a livello ministeriale, invece, la protezione offerta da un vaccino non è necessariamente rapportata al numero di sierotipi contenuti nel vaccino stesso, dovendosi guardare, altresì, all’efficacia che questo è in grado di produrre. La propensione rivolta alla capacità immunologica di fatto, allora, richiede che le stazioni appaltanti valutino adeguatamente, e piuttosto, il contesto epidemiologico prevalente nel territorio interessato. Nel caso di specie, guardando alla popolazione pediatrica, l’Istituto Superiore di Sanità ha evidenziato che il neo-introdotto vaccino deca-valente (Synflorix) conferma, attualmente, un’efficacia complessiva paragonabile a quella del vaccino tredici-valente (Prevenar-13), usato in precedenza. A sostegno delle sue censure, l’azienda autorizzata alla messa in commercio di quest’ultimo (Pfizer s.r.l.) lamenta che il passaggio al nuovo vaccino deca-valente trascuri la possibile evoluzione del contesto epidemiologico alla luce dell’abbandono del vaccino che contrasta più ceppi batterici, il Prevenar-13, appunto. Di qui l’abbrivio per il Consiglio di Stato a riconoscere il richiamo al principio di precauzione, come necessità di una scelta maggiormente cautelativa pro futuro, per escluderne l’operatività. Il giudizio di bilanciamento, tipico del meccanismo di precauzione, tra principio di proporzionalità e esigenza di azzeramento del rischio, richiede, come anticipato in incipit, la sussistenza di entrambi questi elementi. Ecco che, nella vicenda in esame, a mancare è proprio l’insussistenza di una condizione di rischio indeterminato tale da suggerire l’impiego di tutti gli strumenti di contenimento del rischio, nella loro massima intensità. Giusta l’attendibilità delle acquisizioni tecnico-scientifiche poste dalla stazione appaltante a sostegno della motivazione dell’aggiudicazione in favore dell’azienda GlaxoSmithKline, anche alla luce dello statuto giuridico del principio di precauzione, il provvedimento risulta legittimo. I limiti di sindacato giurisdizionale sulle scelte frutto di discrezionalità tecnica consentono al Consiglio di Stato, senza sconfinare nel vaglio, precluso, di opinabilità, di ritenere ragionevole la motivazione del provvedimento gravato e, pertanto, corretto l’esercizio della discrezionalità ivi speso.