Dichiarazioni false e influenza sul processo decisionale nelle gare d’appalto.
1.Quanto alle dichiarazioni false nelle gare d’appalto, non deve trattarsi di dichiarazione semplicemente erronea (in quanto non conforme alla verità dei fatti) o materialmente omessa (in quanto taciuta da parte del concorrente che era in possesso dei relativi dati e delle sottese informazioni), ma di dichiarazione propriamente falsa (in quanto oggetto di una condotta intesa alla alterazione, consapevole e volontaria o quanto meno frutto di non giustificabile negligenza, parimenti idonea a strutturare un giudizio di complessiva colpevolezza) o alterata dalla omissione di dati necessari (“informazioni dovute”).
2.L’influenza (determinante) sul processo decisionale va certamente dimostrata, ma è a tal fine sufficiente – proprio perché la rimproverabile falsificazione od omissione di dati della realtà economica e professionale è destinata ad incidere sulla affidabilità prima ancora soggettiva (id est, del concorrente) che oggettiva (id est, dell’offerta) – il riscontro della obiettiva rilevanza (cioè della idoneità – suscettibilità, nel linguaggio della norma – a fuorviare il giudizio sulle caratteristiche della proposta negoziale).
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2280 del 2019, proposto da
Co.Stra.M. s.r.l. in proprio e quale capogruppo mandataria del raggruppamento temporaneo di imprese costituito con Albertani Corporates s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Sandro e Angelo Raffaele Pelillo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Massimo Letizia in Roma, alla via Monte Santo, n. 68;
contro
Comune di Alba Adriatica, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Pietro Referza, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Antonio Ruggero Bianchi in Roma, alla via Leonardo Greppi, n. 77;
Unione di Comuni Città Territorio Val Vibrata, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Carlo Scarpantoni, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Consorzio Nazionale Cooperative di Produzione e Lavoro “Ciro Menotti” s.c.p.a., La Cascina Costruzioni S.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’avvocato Michele Perrone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, alla via Barnaba Tortolini, n. 30;
Taddei s.p.a., Mastrangeli Aldo s.r.l., non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo – L’Aquila, sez. I, n. 564/2018, resa tra le parti
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Alba Adriatica, dell’Unione di Comuni Città Territorio Val Vibrata, del Consorzio Nazionale Cooperative di Produzione e Lavoro “Ciro Menotti” s.c.p.a. e de La Cascina Costruzioni S.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 27 giugno 2019 il Cons. Giovanni Grasso e uditi per le parti gli avvocati Angelo Raffaele Pelillo e Antonio Ruggero Bianchi, per delega degli avvocati Referza e Scarpantoni;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.- Con atto di appello, notificato nei tempi e nelle forme di rito, Co.Stra.M. s.r.l., in proprio e nella qualità di capogruppo del raggruppamento temporaneo di imprese costituito con Albertani Corporates s.p.a., esponeva che, in data 22 marzo 2018, il Comune di Alba Adriatica, per il tramite della Centrale Unica di Committenza – Unione Comuni Val Vibrata, aveva indetto procedura aperta, ex artt. 3, comma 1, 60 e 71 d. lgs. 50/2016, per l’affidamento dell’appalto avente ad oggetto “demolizione e ricostruzione ala inagibile della Scuola Media E. Fermi – 2* Stralcio” in Alba Adriatica, per l’importo a base d’asta di € 1.400.000,00, da aggiudicarsi con il metodo del cd. “confronto a coppie”.
Precisava che, secondo il disciplinare di gara, l’appalto sarebbe stato aggiudicato in base all’offerta economicamente più vantaggiosa, individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo, ai sensi dell’art. 95, comma 2 del Codice, con attribuzione di un massimo di 80 punti per l’offerta tecnica e 20 punti per quella economica, secondo i criteri specificamente individuati.
Rappresentava che la gara si era svolta nel corso di sei sedute (pubbliche e riservate) e che, in quella del 6 luglio 2018, si era vista classificare al primo posto in graduatoria, risultando provvisoriamente aggiudicataria.
Nondimeno, con ricorso dinanzi al TAR per l’Abruzzo, il Consorzio Nazionale Cooperative di Produzione e Lavoro “Ciro Menotti” e la Società La Cascina Costruzioni s.r.l. avevano contestato gli esiti della gara.
Con la sentenza epigrafata, resa nella integrità del contraddittorio delle parti, il primo giudice:
a) aveva accolto il ricorso, annullando l’aggiudicazione, sull’assunto che l’aggiudicataria, odierna appellante, avesse reso, in violazione dell’art. 80, comma 5 lett. c) del d. lgs. n. 50/2016, “informazioni false o [comunque] fuorvianti”, in ordine alle caratteristiche della propria offerta tecnica, suscettibili di condizionare, in guisa determinante, l’attribuzione dei punteggi;
b) aveva, peraltro, disatteso la domanda risarcitoria (sia per equivalente che in forma specifica), avuto riguardo alla prospettica impossibilità di formulare giudizio prognostico sugli esiti conformativi del rinnovato confronto concorrenziale a coppie;
c) aveva, conseguentemente, disatteso l’istanza intesa alla declaratoria di inefficacia del contratto, argomentando dal mancato accoglimento della domanda di tutela specifica.
Avverso la ridetta statuizione insorgeva l’appellante, lamentandone la complessiva erroneità ed ingiustizia ed invocandone, per quanto di interesse, la riforma.
Si costituivano in giudizio, per resistere al gravame, il Comune di Alba Adriatica e l’Unione di Comuni Città Territorio Val Vibrata, nonché il Consorzio Nazionale Cooperative di Produzione e Lavoro “Ciro Menotti” s.c.p.a. e La Cascina Costruzioni S.r.l., che argomentavano l’inammissibilità e l’infondatezza dell’appello.
Alla pubblica udienza del 27 giugno 2019, sulle reiterate conclusioni dei difensori delle parti costituite, la causa veniva riservata per la decisione.
DIRITTO
1.- L’appello non è fondato e merita di essere respinto.
2.- Osserva il Collegio che la decisione impugnata muove dalla premessa che, nella gara in esame, l’offerta tecnica fosse, per quanto di interesse, soggetta a valutazione secondo i criteri determinati dalle prescrizioni capitolari, tra le quali le seguenti prevedevano l’attribuzione discrezionale del punteggio da 0 a 5 punti:
– (D1) utilizzo di materiali da costruzione derivanti da materie prime rinnovabili per almeno il 20% in peso su totale dell’edificio escluse le strutture portanti (il peso totale dell’edificio dovendo intendersi comprensivo delle migliorie offerte dagli operatori economici, secondo il chiarimento n. 3 reso dalla stazione appaltante in data 24 aprile 2018);
– (D2) utilizzo di materiali estratti, raccolti o recuperati, nonché lavorati (processo di fabbricazione) ad una distanza massima di 150 km dal cantiere di utilizzo, per almeno il 60% in peso sul totale dei materiali utilizzati (per una distanza massima dovendosi intendere – anche alla luce dell’art. 2.6.5 del d.m. dell’11 /01/2017, richiamato nel bando di gara – la sommatoria di tutte le fasi di trasporto incluse nella filiera produttiva, con moltiplicazione delle distanze, in caso di trasporto via ferrovia o via mare, per un fattore pari a 0,25).
In concreto, il seggio di gara aveva attribuito all’aggiudicataria appellante, per il primo criterio, il massimo punteggio, a dispetto del fatto, denunziato con il ricorso di prime cure, che avesse indicato un peso totale dell’edificio più basso di quello comprensivo delle migliorie offerte.
Il ricorso aveva lamentato, altresì, che l’aggiudicataria avesse compreso il “tavolato in legno di abete” tra i materiali non strutturali, che, a termini di disciplinare, avrebbero dovuto essere esclusi dal calcolo del peso dell’edificio, ai fini dell’attribuzione del punteggio D1 che, come precisato, era finalizzato a premiare la maggior percentuale delle materie prime rinnovabili sul peso dell’edificio: ciò aveva comportato, alla luce delle formalizzate ragioni di doglianza, l’alterazione del rapporto percentuale fra il peso delle materie prime utilizzate e il peso totale dell’edificio (tanto più basso essendo, invero, il peso totale dell’edificio, tanto maggiore risultando la percentuale d’incidenza in peso delle materie prime rinnovabili, e viceversa).
In entrambi i casi il corretto calcolo dell’incidenza delle materie rinnovabili (che avrebbe dovuto essere più basso, dovendosi escludere il tavolato in legno d’abete) sul peso dell’edificio (che avrebbe dovuto essere più alto dovendo comprendere le migliorie offerte) avrebbe, in definitiva, dato un risultato nettamente inferiore rispetto alla percentuale (96%) dichiarata dal raggruppamento controinteressato.
Sotto distinto e concorrente profilo critico, l’aggiudicataria, con riferimento al criterio “D2” (filiera di approvvigionamento dei materiali non eccedente il limite di 150 km, con il correttivo previsto dal d.m. 11.1.2017) per il quale pure aveva conseguito il massimo punteggio, avrebbe:
a) omesso di dichiarare, nel calcolo delle distanze, le tratte del trasporto su gomma da “Lonato alla Stazione di Brescia”, e dalla “Stazione di Porto d’Ascoli a Pagliare del Tronto” (evidentemente, per evitare di superare il limite di 150 km);
b) falsamente dichiarato il trasporto ferroviario dell’acciaio – benché la ditta fornitrice non operasse consegne mediante trasporto ferroviario – per avvalersi del moltiplicatore dello 0,25 previsto dal ridetto d.m. 11.1.2017, per la distanza coperta dal tratto ferroviario;
c) falsamente dichiarato di produrre le strutture prefabbricate occorrenti nello stabilimento della mandataria Co.Stra.M. S.r.l., situato a 9 chilometri dal cantiere d’appalto.
Ciò posto, ritenendo comprovate le circostanze oggetto di denunzia, il primo giudice – in applicazione dell’art. 80, comma 5, lett. c) del d. lgs. n. 50/2016, che ricomprende l’allegazione di “informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione” nel novero dei “gravi illeciti professionali” idonei ad imporre l’adozione di misura espulsiva – ha accolto il ricorso, ritenendo non decisiva l’eccepita necessità di procedere, sul piano dell’apprezzamento del concreto interesse ad agire, alla c.d. prova di resistenza, stante l’impossibilitò di apprezzare a priori l’esito valutativo operato con il metodo del confronto a coppie.
3.- Ciò posto, con il primo motivo di impugnazione, l’appellante si duole della asserita contraddittorietà della sentenza la quale avrebbe, per un verso, ingiustamente rigettato l’eccezione di inammissibilità del ricorso per mancato superamento della c.d. prova di resistenza e, per altro verso, conferito portata escludente a dichiarazioni relative ad elementi progettuali che non sarebbero stati determinanti ai fini dell’aggiudicazione.
3.1.- Sotto entrambi i profili, la censura non merita accoglimento.
3.1.1.- Dal primo punto di vista, l’impraticabilità della c.d. prova di resistenza (che, come è noto, vale a dare corpo, in chiave di concreta utilità dell’accesso alla tutela giurisdizionale, ai fini della dimostrazione che l’ipotetica e prospettica fondatezza della domanda sarebbe effettivamente in grado di arrecare al ricorrente il vantaggio perseguito) è stata desunta dalla logica del criterio comparativo utilizzato per l’attribuzione dei punteggi alle offerte tecniche.
In effetti, laddove l’attribuzione, sia pure necessariamente discrezionale, di un punteggio per ciascuna offerta in sé considerata legittima la verifica a priori del possibile esito alternativo, nel caso del c.d. confronto a coppie questa possibilità è esclusa dalla impossibilità di prevedere ex ante le conseguenze della comparazione, per definizione condizionate dall’attribuzione del punteggio preferenziale non in assoluto, ma in relazione ai singoli confronti tra le offerte, a due a due.
È, dunque, l’impossibilità di formulare un giudizio prognostico che vale ad assolvere dal relativo onere probatorio.
3.1.2.- Sotto il secondo punto di vista, la riconduzione delle informazioni (obiettivamente) “false” o anche solo “fuorvianti” tra le ipotesi di “gravi illeciti professionali” che – in quanto idonei a “rendere dubbia” l’”integrità” (morale) o l’”affidabilità” (professionale) del concorrente – legittima (ed impone) l’adozione della sanzione espulsiva trae alimento, nel corpo della previsione di cui all’art. 80, comma 3 lettera c) d. lgs. n. 50/2016, non solo dal rimprovero di “negligenza” (quando non di dolo) che è possibile formulare a carico del concorrente, ma anche potenziale attitudine della informazione falsa od omessa ad “influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante”, ai fini della ammissione e della selezione delle offerte e della conseguenziale aggiudicazione.
Ne discende (cfr., da ultimo, Cons. Stato, sez. V, 8 maggio 2018, n. 2747):
a) che, per un verso, non si deve trattare di dichiarazione semplicemente erronea (in quanto non conforme alla verità dei fatti) o materialmente omessa (in quanto taciuta da parte del concorrente che era in possesso dei relativi dati e delle sottese informazioni), ma di dichiarazione propriamente falsa (in quanto oggetto di una condotta intesa alla alterazione, consapevole e volontaria o quanto meno frutto di non giustificabile negligenza, parimenti idonea a strutturare un giudizio di complessiva colpevolezza) o alterata dalla omissione di dati necessari (“informazioni dovute”);
b) che, per altro verso, non è necessario dimostrarne (con giudizio necessariamente a posteriori) le concrete modalità di incidenza sulla operata valutazione, essendo (necessario ma) sufficiente l’apprezzamento (pur sempre in concreto, ma a priori) della rilevanza (cioè della idoneità – suscettibilità, nel linguaggio della norma – a fuorviare il giudizio sulle caratteristiche della proposta negoziale).
L’influenza (determinante) sul processo decisionale va, per tal via, certamente dimostrata, ma è a tal fine sufficiente – proprio perché la rimproverabile falsificazione od omissione di dati della realtà economica e professionale è destinata ad incidere sulla affidabilità prima ancora soggettiva (id est, del concorrente) che oggettiva (id est, dell’offerta) – il riscontro della obiettiva rilevanza, nel senso chiarito, dei dati volta a volta omessi o alterati.
Nel caso di specie, non è revocabile in dubbio (di là dalla questione – che l’appellante affida a distinto motivo di gravame e di cui si dovrà dire infra – della effettiva falsità, in parte qua, dell’offerta) che le indicazioni sul peso dell’edificio e sulla distanza chilometrica abbiano influenzato (trattandosi di elementi qualificanti del confronto concorrenziale) la valutazione dell’offerta (a maggior ragione in un caso in cui, come quello di specie, non è neppure possibile interrogarsi sulla “resistenza” della doglianza sul punto formulata dal concorrente controinteressato).
In particolare, come correttamente evidenziato dal primo giudice
a) l’odierna appellante aveva fatto riferimento al peso indicato nel computo metrico del progetto a base di gara – 2824,41 tonnellate – ai fini del calcolo dell’incidenza percentuale delle materie prime rinnovabili sul pese totale dell’edificio;
b) la rilevanza, ai fini della maggiore chance di ottenere l’aggiudicazione, è dimostrata dal fatto che, se l’aggiudicataria avesse fatto riferimento al maggior peso dell’edificio comprensivo delle migliorie, come prescritto dal disciplinare e dal chiarimento n. 3 del 24 aprile 2018 della stazione appaltante, l’incidenza percentuale delle materie prime da fonte rinnovabile sarebbe stata inferiore;
c) non possono aver rilievo la contrarie allegazioni sulla rilevanza trascurabile del peso delle migliorie: nella ribadita ottica della mera “suscettibilità di fuorviare” il corretto e paritario confronto concorrenziale, è corretto osservare che, quando l’aggiudicataria aveva formulato l’offerta, non poteva avere cognizione delle offerte concorrenti e della percentuale da loro offerta di materie prime da fonti rinnovabili, sicché anche un lieve incremento di tale valore aveva con tutta evidenza una rilevanza sia assoluta, perché il sub-criterio di valutazione del criterio D1 prevedeva di valutare il pregio delle proposta anche i relazione delle quantità offerte, sia relativa, in quanto anche una piccola differenza percentuale nel confronto a coppie previsto dal disciplinare era in grado di orientare la preferenza dei componenti del seggio di gara verso un’offerta rispetto all’altra;
d) analoghe considerazioni valgono con riferimento alla applicazione del criterio premiante D2, che prevedeva l’attribuzione fino a cinque punti per l’utilizzo di materiali estratti raccolti o recuperati, nonché lavorati (processo di fabbricazione) ad una distanza massima d 150 km dal cantiere di utilizzo, per almeno il 60% in peso sul totale dei materiali utilizzati: in proposito, l’appellante aveva dichiarato che il trasporto dell’acciaio da utilizzare per l’esecuzione di lavori, fornitogli da uno stabilimento con sede a Brescia, sarebbe arrivato in cantiere per via ferroviaria e pertanto, applicando il moltiplicatore previsto dalla legge di gara, aveva calcolato una distanza inferiore a 150 km che, le era valsa l’attribuzione del punteggio previsto per il relativo criterio premiante.
3.1.3.- Il primo motivo di appello deve, quindi, essere respinto.
4.- Con il secondo motivo, l’appellante assume criticamente che “le migliorie [erano] state considerate nell’ambito del peso relativamente alla sottovoce D1 con la sola eccezione di quelle la cui incidenza non avrebbe modificato il valore percentuale indicato (96%)” e, sotto diverso rispetto, assume che l’indicazione di valori diversi del peso del fabbricato da realizzare fosse dovuta (non a negligenza, ma a mero) error calami.
4.1.- Il motivo – che mira complessivamente a revocare in dubbio la falsità delle dichiarazioni rese – non è fondato.
4.1.2.- Le prescrizioni capitolari erano, innanzitutto, ispirate alla valorizzazione, mercé il riconoscimento di punteggi premiali, delle proposte progettuali prevedenti un maggior impiego di materie prime rinnovabili (all’uopo stabilendo che la relativa quota percentuale dovesse calcolarsi sul peso complessivo dell’edificio da realizzare al netto del suo carico strutturale.
In dettaglio, tra i “criteri premianti” l’art. 16 includeva: “D1- Utilizzo di materiali da costruzione derivante da materie prime rinnovabili per almeno il 20% in peso sul totale dell’edificio escluse le strutture portanti”.
In proposito, l’appellante aveva formalizzato una proposta progettuale che prevedeva l’impiego di materie rinnovabili nella misura del 96% del peso dell’edificio (ottenendo il massimo punteggio a disposizione della Commissione e prevalendo nel confronto con gli altri concorrenti) ma, contravvenendo alla riferita prescrizione normativa, aveva effettuato il calcolo del peso dell’edificio senza tener conto delle migliorie ovvero del carico derivante dalle stesse.
Orbene, atteso che le opere migliorative contribuiscono ad accrescere il peso strutturale del fabbricato, è evidente che la determinazione percentuale delle materie rinnovabili andava effettuata scomputando dal calcolo il peso delle strutture portanti”.
Appare, perciò, corretta la conclusione, cui è coerentemente pervenuto il primo giudice, secondo cui dal riferimento ad un inveritierio fattore di ponderazione (peso della struttura) non poteva che discendere una errata attribuzione del punteggio.
4.1-3.- Analogo discorso va operato quanto al punteggi aggiuntivo previsto per l’eventualità che la proposta prevedesse l’impiego di materiali provenienti da una distanza inferiore a 150 km.
In dettaglio, l’art. 16 prevedeva un punteggio premiale per: “D2 – Utilizzo di materiali estratti, raccolti o recuperati, nonché lavorati (processo di fabbricazione) ad una distanza massima di 150 km. dal cantiere di utilizzo, per almeno il 60% in peso sul totale dei materiali utilizzati (per distanza massima [dovendosi intendere] la sommatoria di tutte le fasi di trasporto incluse nella filiera produttiva)”, con la precisazione che, in forza della previsione del D.M. 11 Ottobre 2017, espressamente richiamato, potesse applicarsi, in caso di trasporto ferroviario, ulteriore coefflicente moltiplicatio.
La società appellante aveva dichiarato nell’offerta migliorativa che l’acciaio da utilizzare nella costruzione dell’edificio veniva acquistato da una società con sede a Lonato e trasferito al centro di trasformazione di Pagliare del Tronto posto ad una distanza di km. 119,25, inferiore alla soglia chilometrica fissata dal disciplinare di gara: dichiarazione, peraltro, risultata non conforme al vero, in quanto, considerata la distanza di 477 km. tra i luoghi di partenza e di destinazione del materiale acquistato, la dichiarazione che il trasporto avrebbe avuto luogo su rotaie ha consentito di avvalersi del moltiplicatore 0,25 e, quindi, di ottenere il chilometraggio utile per l’assegnazione del punteggio (km. 477 x 0,25 = 119,25). La falsità era emersa dalla consultazione della rete ferroviaria, giacché le stazioni di partenza e di arrivo del trasporto per rotaie erano situate, rispettivamente, in Brescia ed in Porto d’Ascoli, località distanti sia da Lonato che da Pagliare del Tronto. Infatti, il nastro ferroviario copriva solo una parte del tragitto, dal momento che, per raggiungere dal luogo di partenza la sede di destinazione, era necessario avvalersi del trasporto stradale.
5.- Alla luce delle considerazioni che precedono, assorbenti di ogni altro dedotto profilo, l’appello deve ritenersi infondato e va respinto.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo che segue.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante alla refusione delle spese di lite, che quantifica in complessivi € 3.000,00, oltre accessori a favore del Comune di Alba Adriatica, € 3.000,00, oltre accessori, a favore del Consorzio Nazionale Cooperative di Produzione e Lavoro “Ciro Menotti”, ed € 3.000,00, oltre accessori, a favore dell’Unione di Comuni Città Territorio Val Vibrata.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Guida alla lettura
In materia di appalti pubblici, la disciplina vigente di cui all'art. 80, comma quinto, lett. c), del D.lgs. n. 50/2016, prevede l’esclusione dell'operatore economico dalla gara allorquando la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che lo stesso si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità. In particolare tra questi rientrano le significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all’esito di un giudizio, ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni; il tentativo di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate ai fini di proprio vantaggio; il fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione ovvero l’omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione. La ratio legis, sottesa alla norma citata, peraltro quest'ultima mutuata dal disposto di cui all'art. 57, comma quarto, lett. i) della Direttiva UE n. 24 del 26/02/2014,si rinviene nella necessità avvertita nel nostro ordinamento di estendere alle condotte anteriori all’esecuzione del rapporto contrattuale le ipotesi rivelatrici della scarsa affidabilità professionale dell’impresa, comportando conseguentemente un accrescimento delle informazioni richieste dal concorrente in sede di partecipazione alla selezione.
Nella vigenza dell’art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006(“Sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, né possono essere affidatari di subappalti, e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti: … f) che, secondo motivata valutazione della stazione appaltante, hanno commesso grave negligenza o malafede nell’esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara; o che hanno commesso un errore grave nell’esercizio della loro attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante; …”), si era consolidato un orientamento giurisprudenziale articolato sui seguenti punti: a) i concorrenti hanno l’obbligo di rendere edotta la stazione appaltante delle vicende pregresse – negligenze ed errori – e dei fatti risolutivi occorsi in precedenti rapporti contrattuali con le pubbliche amministrazioni, nel senso che le imprese partecipanti alla gara devono presentare una dichiarazione esauriente, che permetta alla stazione appaltante una valutazione informata sulla loro affidabilità professionale; b) la mancanza di tipizzazione, da parte dell’ordinamento, delle fattispecie a tal fine rilevanti non comporta che i concorrenti dispongano di un filtro valutativo circa gli episodi di “errore grave” da far emergere in gara e quindi di una loro facoltà di scelta dei fatti da denunciare, sussistendo al contrario l’obbligo di onnicomprensività della dichiarazione in vista dell’apprezzamento (dei precedenti professionali negativi) di spettanza esclusiva della stazione appaltante; c) l’avere attestato l’inesistenza di fatti riconducibili all’ipotesi di cui all’art. 38, comma 1, lett. f), del d.lgs. n. 163 del 2006, quando invece sussistono circostanze astrattamente ascrivibili a tale àmbito applicativo, è una ragione autonoma di esclusione del concorrente dalla gara, a fronte dell’obbligo di denuncia di tutti i precedenti professionali dai quali la stazione appaltante possa discrezionalmente desumere l’inaffidabilità
dell’offerente; d) in un simile caso assume rilievo il disposto dell’art. 75 del d.P.R. n. 445 del 2000, mentre non può operare il soccorso istruttorio dal momento che non è contestata la mancanza o l’incompletezza della dichiarazione, bensì l’avere reso dichiarazione “non veritiera”; e) non è neppure necessario che le pregresse infrazioni siano state oggetto di accertamento giurisdizionale definitivo, per essere richiesta una simile condizione dall’art. 38, comma 1, del d.lgs. n. 163 del 2006 limitatamente ad altre cause di esclusione, non con riferimento a quella dell’errore professionale (v., tra le altre, TAR Campania, Napoli, Sez. VIII, 3 maggio 2017 n. 2321).
La vigente disciplina, però, amplia – seppur in via esemplificativa – le fattispecie che assumono a tali fini rilievo, giacché l’art. 80, comma 5, lett. c), del d.lgs. n. 50 del 2016prevede l’esclusione dalla gara allorché la “stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità. Tra questi rientrano: le significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all’esito di un giudizio, ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni; il tentativo di influenzare indebitamente il processo decisionale della stazione appaltante o di ottenere informazioni riservate ai fini di proprio vantaggio; il fornire, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti suscettibili di influenzare le decisioni sull’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione ovvero l’omettere le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”; in particolare, facendo proprio il disposto dell’art. 57, comma 4, lett. i), della direttiva U.E. n. 24 del 26 febbraio 2014 (“Le amministrazioni aggiudicatrici possono escludere, oppure gli Stati membri possono chiedere alle amministrazioni aggiudicatrici di escludere dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni: … se l’operatore economico ha tentato di influenzare indebitamente il procedimento decisionale dell’amministrazione aggiudicatrice, ha tentato di ottenere informazioni confidenziali che possono conferirgli vantaggi indebiti rispetto alla procedura di aggiudicazione dell’appalto, oppure ha fornito per negligenza informazioni fuorvianti che possono avere un’influenza notevole sulle decisioni riguardanti l’esclusione, la selezione o l’aggiudicazione”), il legislatore ha esteso alle condotte anteriori all’esecuzione del rapporto contrattuale – si tratti della stessa o di altre gare – le ipotesi rivelatrici della scarsa affidabilità professionale dell’impresa, ed ha conseguentemente accresciuto le informazioni che il concorrente deve fornire in sede di partecipazione alla selezione, allorché è tenuto a dichiarare “… indicandole specificatamente, di non trovarsi nelle condizioni di esclusione dalla partecipazione alle gare per appalti pubblici e di stipula dei relativi contratti previste dall’articolo 80 del D.lgs. n. 50/2016 …”.