Corte di Giustizia UE, sez. IV, 19 giugno 2019, C‑41/18

Illeciti professionali - valutazione discrezionale - stazione appaltante - selezione offerte

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha ritenuto contraria all’art.57, paragrafo 4, lettere c) e g) della Direttiva 2014/24/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, la normativa nazionale in forza della quale la contestazione in sede giudiziale della risoluzione di un contratto di appalto pubblico, disposta da una Amministrazione aggiudicatrice per significative carenze nell’esecuzione, impedisce all’Amministrazione aggiudicatrice che indice una nuova gara d’appalto di trarne elementi di valutazione sull’affidabilità dell’operatore economico interessato, nella fase di selezione delle offerte.

In particolare, il Giudice a quo aveva chiesto alla Corte di vagliare la compatibilità  dell’art.80, comma 5, lett. c), del D.Lgs. 18 aprile 2016 n.50 – secondo cui la contestazione in giudizio di significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto d’appalto, che ne hanno determinato la risoluzione anticipata, preclude ogni valutazione alla stazione appaltante circa l’affidabilità del concorrente, fino alla definitiva decisione del giudizio civile e senza che l’impresa abbia dimostrato l’adozione delle misure di “self cleaning”, volte a porre rimedio alle violazioni e ad evitare la loro reiterazione -  con l’art.57 succitato e con i principi di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto, di parità di trattamento, di non discriminazione, nonché di proporzionalità ed effettività.

Secondo il Giudice di rinvio, al fine di non vanificare la disposizione sull’esclusione facoltativa dalla gara, i cui effetti verrebbero sterilizzati attraverso la mera impugnativa della risoluzione dinanzi al Giudice ordinario,  deve, pertanto, restare riservata alla Stazione appaltante l’individuazione del “punto di rottura dell’affidamento” nel pregresso e/o futuro contraente, che determini il “deficit di fiducia” fondante l’esclusione.

Il Governo italiano innanzi alla Corte di Giustizia non ha mancato di rilevare che, come chiarito   dalla giurisprudenza interna – cfr., tra le più recenti, le sentenze del Consiglio di Stato 11 giugno 2018 n.3592 e 24 settembre 2018 n.5500 – l’elencazione contenuta nel secondo periodo della lettera c) del comma 5 dell’art.80 non ha carattere tassativo, non esaurendosi in essa tutte le possibili fattispecie di illecito dell’operatore economico rilevanti quali possibili “gravi illeciti professionali, tali  da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità”.

Con la conseguenza che, se la risoluzione a seguito di significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto sia stata contestata in giudizio e non sia ancora intervenuta una sentenza definitiva che la accerti ovvero, ancora, se a fronte delle suddette carenze non sia neanche stata richiesta la risoluzione del contratto, la Stazione appaltante ha comunque la possibilità di valutare, nell’ambito della propria discrezionalità, l’affidabilità del concorrente e decidere di escluderlo: si tratta in tal caso di esclusione facoltativa dalla gara.

Rispondendo a specifico quesito della Corte, si è anche dedotto che la mera contestazione della risoluzione dinanzi a un Giudice – eventualmente basata su ragioni infondate o addirittura pretestuose – non può, di per sé, vincolare la Stazione appaltante, precludendo alla stessa qualsivoglia valutazione, fino al   passaggio in giudicato della sentenza.

Dunque, anche in assenza di giudicato, permane la potestà discrezionale dell’Amministrazione nel valutare la rilevanza ostativa degli specifici comportamenti illeciti commessi dall’operatore economico, fermo restando l’obbligo di motivazione in caso di esclusione.

In tal senso si è espressa sia l’Autorità Nazionale Anticorruzione, nelle Linee guida n.6/2016 recanti “Indicazioni  dei mezzi di prova adeguati e delle carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto che possano considerarsi significative per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui all’art.80, comma 5, lett. c) del Codice, che il Consiglio di Stato nel parere n.2616 del 23.10.2018 reso sull’aggiornamento delle citate Linee guida.

Sotto altro profilo, oggetto di ulteriore quesito della Corte, che ha chiesto quali siano le sanzioni previste a carico di un operatore economico nel caso in cui, dopo che sia stato ammesso dall’Amministrazione aggiudicatrice a partecipare ad un nuovo appalto pubblico, ovvero dopo che gli sia stato affidato un nuovo appalto pubblico, i gravi illeciti professionali o le significative o persistenti carenze di cui lo stesso si è reso colpevole vengano accertate con una decisione giurisdizionale definitiva, si è sottolineato che la risposta dipende dal momento nel quale interviene un tale accertamento.

Infatti, qualora ciò accada nel corso della procedura di gara, fino alla stipula del contratto, l’operatore dovrà essere escluso dalla procedura di gara, ai sensi dell’art.80, co.2 del decreto legislativo n.50/2016.

Diversamente, dopo la stipula del contratto, l’accertamento definitivo dei gravi illeciti professionali non avrà effetti sul rapporto contrattuale, non essendo tale ipotesi contemplata tra le cause di risoluzione previste dall’art.73 della Direttiva 2014/24  e dalla corrispondente norma del D.lgs. n.50/2016, ossia l’art.108. Ciò salvo che “nei confronti dell’appaltatore sia intervenuto un provvedimento definitivo che dispone l’applicazione di una o più misure di prevenzione di cui al codice delle leggi antimafia e delle relative misure di prevenzione, ovvero sia intervenuta sentenza di condanna passata in giudicato per i reati di cui all’articolo 80”.

La Corte di Giustizia, nella sentenza che si commenta,  ha ritenuto la disposizione dell’art.80, comma 5, lettera c), del Codice – nella precedente versione sottoposta al suo vaglio – “non…idonea a preservare l’effetto utile del motivo facoltativo di esclusione previsto dall’articolo 57, paragrafo 4, lettera c) o  g), della direttiva 2014/24. Il potere discrezionale che l’art.57, paragrafo 4, della direttiva 2014/24 conferisce all’amministrazione aggiudicatrice è infatti paralizzato dalla semplice proposizione da parte di un candidato o di un offerente di un ricorso diretto contro la risoluzione di un precedente contratto di appalto pubblico di cui era firmatario, quand’anche il suo comportamento sia risultato tanto carente da giustificare tale risoluzione”, rilevando anche che una norma come l’art.80, comma 5, lett. c) “non incoraggia manifestamente un aggiudicatario nei cui confronti è stata emanata una decisione di risoluzione di un precedente contratto di appalto pubblico ad adottare misure riparatorie”, in tal modo ponendosi in contrasto con le prescrizioni di cui all’articolo 57, paragrafo 6, della direttiva 2014/24, avente carattere innovativo.

Sebbene l’attuale formulazione dell’art.80, comma 5, lett.c) – introdotta dal D.L. n.135/2018,  conv. con modificazioni dalla L.12/2019,  e in vigore dal 15.12.2018 -  preveda, tra le ipotesi di esclusione dalla partecipazione alle procedure d’appalto, i casi in cui “la Stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità”, le statuizioni della Corte di Giustizia rivestono comunque un particolare rilievo, costituendo un “faro” in un ambito in continua evoluzione normativa e giurisprudenziale.

Il pronunciamento della Corte esclude la possibilità di automatismi, di “vincoli” esterni (derivanti da iniziative di soggetti terzi), in sede di esclusione dalle gare d’appalto, valorizzando la discrezionalità delle Amministrazioni aggiudicatrici e la conseguente “responsabilizzazione” delle stesse in sede valutativa, anche al fine di tenere conto delle caratteristiche dei singoli casi e dell’effettiva incidenza dei precedenti rapporti contrattuali sulla “fiducia” ed “affidabilità” del singolo operatore economico.

Viene rimarcato il ruolo centrale delle Stazioni appaltanti chiamate, in sede di selezione delle offerte, a valutare autonomamente la “storia professionale” degli operatori economici concorrenti, non essendo più “paralizzate” dalla semplice proposizione di un ricorso - di cui comunque occorrerà anche tenere conto – e potendo determinarsi all’esito di una considerazione ad ampio raggio delle peculiarità del caso concreto.

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