Consiglio di Stato, Sezione V, Sentenza 8 aprile 2019 n. 2279

Requisiti di partecipazione – Regolarità fiscale – In pendenza dei termini per impugnare l’avviso di accertamento o per avvenuta presentazione della domanda di definizione agevolata – Effetti - Presupposto della definitività dell’accertamento – Non sussiste - Ragioni

Con la sentenza in epigrafe il Consiglio di Stato affronta il tema del requisito di ordine generale relativo alla regolarità fiscale, nella peculiare ipotesi in cui l’impresa abbia presentato una dichiarazione di adesione alla definizione agevolata, con tempestiva istanza di rateizzazione, in pendenza del termine per la presentazione delle offerte.

Come noto, ai sensi dell’art. 80, comma 4, d.lgs. 50/2016 un operatore economico deve essere escluso dalla gara se ha commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali, secondo la legislazione italiana o quella dello stato in cui è stabilito.

Costituiscono violazioni gravi quelle che comportano l’omesso pagamento di imposte e tasse d’importo superiore a 5.000 euro (stabilito dall’art. 48 bis, commi 1 e 2 bis, del DPR 29 settembre 1973, n. 602).

Nella fattispecie concreta, le cartelle esattoriali in rilievo derivavano da un debito tributario emerso a seguito di controllo ex art. 36-bis, D.P.R. n.600 del 73, ossia in esito ad un controllo automatizzato, cui fa di norma seguito l’invio al contribuente di un avviso bonario di pagamento.

Il destinatario della cartella non è tuttavia onerato ad impugnare l’avviso (ai sensi dell’art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546), non contenente una vera e propria pretesa erariale ma un mero invito al contribuente a voler fornire elementi chiarificatori delle anomalie rilevate.

L’onere di impugnazione – e con esso la definitività dell’accertamento – riguarda invece la cartella di pagamento eventualmente notificata dall’Agente della riscossione successivamente, unitamente all’iscrizione a ruolo del tributo.

Il Consiglio di Stato, richiamando l’orientamento già espresso dalla medesima Sezione anche in recenti occasioni (cfr. CdS, Sez. V, 5 marzo 2019, n. 1525), ha dunque ribadito il principio secondo cui, poiché in caso di debiti tributari autoliquidati la cartella di pagamento non è preceduta dalla notifica di un formale avviso di accertamento (che è il solo atto la cui mancata impugnazione comporta la definitività della pretesa erariale), in ipotesi siffatte non può dirsi integrata la causa di esclusione di cui all’art. 80, comma 4, difettando il requisito della definitività dell’accertamento.

Va infatti ricordato che il requisito della definitività dell’accertamento non ricorre quando la definizione concreta del rapporto tributario è ancora esposta all’impugnabilità o comunque alla negazione giudiziale e, dunque, non ha raggiunto un livello di sicurezza tale per cui l’aspirante concorrente sia da presumere senz’altro inaffidabile e da estromettere: vale a dire, o quando siano ancora pendenti i termini per la presentazione di una contestazione giurisdizionale o, in caso di avvenuta impugnazione, laddove la pronuncia giurisdizionale non sia ancora passata in giudicato (ex multis, Cons. Stato, V, 28 luglio 2016, n. 3421; V, 20 aprile 2010, n. 2213; VI, 27 febbraio 2008, n. 716).

Nel caso in esame, il Consiglio di Stato ha rilevato che la definizione agevolata è avvenuta nel rispetto dei termini di legge, in quanto risulta documentato dall’appellante che le cartelle di pagamento venivano fatte oggetto l’una di definizione agevolata, l’altra di rateizzazione.

Al riguardo, l’Adunanza Plenaria (sentenza 20 agosto 2013, n. 20) ha già autorevolmente rimarcato come la rateizzazione si traduca in una sostituzione del debito originario con uno diverso, secondo un meccanismo di stampo estintivo-costitutivo che dà luogo ad una novazione dell’obbligazione originaria (in termini, già Cons. Stato, iv, 22 marzo 2013, n. 1633).

L’ammissione alla rateizzazione ha quindi un duplice effetto: il primo è quello di rimodulare la scadenza dei debiti tributari, il secondo di differirne l’esigibilità – il che implica, quindi, la sostituzione dell’originaria obbligazione, a seguito dell’insorgenza di un nuovo rapporto obbligatorio secondo i canoni della novazione oggettiva ex artt. 1230 e ss. c.c..

Nel caso di specie, a seguito delle suddette rateizzazioni, non risultava ancora integrato il requisito della esigibilità, il quale può configurarsi solo laddove l’eventuale intimazione di pagamento divenga inoppugnabile e gli importi rateali (anche uno solo) vengano iscritti a ruolo.

L’attestazione formale dell’Agenzia delle Entrate evidenziava tuttavia che tali circostanze non si erano verificate e che, quindi, non risultava dimostrato che le rateizzazioni concesse non fossero state regolarmente onorate.

È stato dunque ritenuto che l’ipotesi di “definizione agevolata” prevista dalla legge comporta l’automatica sospensione del carico pendente, con conseguente impossibilità di considerare le relative violazioni come “definitivamente accertate”. Pertanto, la posizione della società appellata non poteva essere ritenuta irregolare in quanto rispecchiava la condizione prevista dall’art. 80, comma 4 cit., ult. cpv., a mente del quale “il presente comma non si applica quando l’operatore economico ha ottemperato ai suoi obblighi pagando o impegnandosi in modo vincolante a pagare le imposte o i contributi previdenziali dovuti, compresi eventuali interessi o multe, purché il pagamento o l’impegno siano stati formalizzati prima della scadenza del termine per la presentazione delle domande”.

In conclusione, l’intervenuta definizione agevolata del procedimento ha comportato la legittimità dell’ammissione in gara del concorrente.

LEGGI LA SENTENZA

Pubblicato il 08/04/2019

N. 02279/2019REG.PROV.COLL.

N. 05760/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 5760 del 2018, integrato da motivi aggiunti, proposto da 
Paolo Scoppio e Figlio Autolinee s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Andrea Manzi e Lorenzo Derobertis, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via Confalonieri, 5; 
Ditta Padovano Vittorio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Stefania Montanaro, con domicilio eletto presso lo studio legale dell’avvocato Andrea Manzi in Roma, via Confalonieri, 5; 

contro

Comune di Bari, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Rosa Cioffi, con domicilio eletto presso il suo studio in Bari, via Principe Amedeo, 26; 
Città metropolitana di Bari, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Rosa Dipierro e Monica Gallo, con domicilio digitale come da Pec da Registri di giustizia;
Autolinee Marino Michele s.r.l., Autolinee Roberto & Dongiovanni s.r.l. e Speedy Enterprise s.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati Gennaro Terracciano ed Annunziata Abbinente, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, piazza San Bernardo, 101;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Prima) n. 00847/2018, resa tra le parti.


 

Visti il ricorso in appello, i motivi ad esso aggiunti, ed i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Bari, della Città metropolitana di Bari, di Autolinee Marino Michele s.r.l., di Autolinee Roberto & Dongiovanni s.r.l. e di Speedy Enterprise s.r.l.;

Visto l’appello incidentale ed i successivi motivi aggiunti proposti da Autolinee Marino Michele s.r.l.

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 marzo 2019 il Cons. Valerio Perotti ed uditi per le parti gli avvocati Andrea Manzi, Vito Pappalepore in dichiarata delega dell'avvocato Derobertis, Rosa Cioffi, Gennaro Terracciano e Michele Di Donna, in dichiarata delega dell'avvocato Dipierro;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


 

FATTO

Con bando di gara del 10 ottobre 2016, il Comune di Bari indiceva una procedura aperta avente ad oggetto l’affidamento del servizio triennale di trasporto scolastico, riservato agli alunni delle scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di I° grado di pertinenza comunale, da aggiudicarsi con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, per l’importo complessivo a base d’asta di € 6.434.160,00 per 5 lotti.

All’esito dell’esame delle offerte tecniche ed economiche da parte della Commissione giudicatrice, risultava aggiudicatario, come da verbale del 19 aprile 2017, per tutti i cinque lotti, il raggruppamento temporaneo tra le imprese Scoppio Paolo e figlio Autolinee, Ceglie Eurobus s.r.l., Sabato Viaggi, Cimarra e Padovano ed Autolinee Dover.

Avverso l’aggiudicazione proponeva ricorso al Tribunale amministrativo della Puglia il raggruppamento di imprese con mandataria la società Autolinee Marino, classificatosi secondo in graduatoria, deducendone l’illegittimità sulla base di tre distinti motivi di impugnazione:

1) violazione degli obblighi di cui alla l. n. 68/1999, per aver reso una autocertificazione di ottemperanza ai predetti obblighi – espressamente richiesta a pena di esclusione dall’art. 9, lett. a) del bando di gara – non veritiera, in violazione dell’art. 80, comma 5 lett. i) del d.lgs. 50 del 2016, dell’art. 17 l. n. 68 del 1999 e dell’art. 75 d.P.R. n. 445 del 2000;

2) violazione dell’art. 80, comma 5, lett. c) ed f-ter), del d.lgs. n. 50 del 2016, per essere emersi gravi comportamenti a carico di tre ditte facenti parte del raggruppamento temporaneo aggiudicatario (tra cui la capogruppo);

3) anomalia dell’offerta presentata in tutti i lotti ex art. 97, comma 3, d.lgs. n. 50 del 2016, in assenza di qualsivoglia valutazione delle relative giustificazioni.

Con atto notificato in data 16 novembre 2017, a seguito dell’accesso all’ulteriore documentazione in possesso della stazione appaltante (la cui visione non era stata consentita in occasione dei precedenti accessi agli atti di gara), la società Marino spiegava poi ulteriori motivi di ricorso, deducendo la violazione dell’art. 80, comma 5, lett. i) del d.lg.s n. 50 del 2016 e lamentando la mancata esclusione del raggruppamento temporaneo Scoppio anche alla luce delle violazioni di natura tributaria emerse a carico della mandante Padovano, sussistenti alla data di scadenza del termine di gara, a nulla rilevando la sopravvenuta regolarizzazione della relativa posizione debitoria in corso di procedura.

Costituitisi in giudizio, sia il Comune di Bari che il raggruppamento temporaneo Scoppio insistevano per la reiezione del gravame, assunto come inammissibile e, comunque, infondato in fatto ed in diritto.

Il raggruppamento temporaneo Scoppio presentava inoltre ricorso incidentale, deducendo l’illegittimità del provvedimento di ammissione delle imprese ricorrenti, stante la ritenuta inidoneità della documentazione prodotta a comprovare il possesso dei requisiti dichiarati e richiesti dagli artt. 9 del bando e 5 del capitolato (in quanto sia il contratto di comodato di autobus da noleggio con conducente, sia la proposta contrattuale di leasing non avrebbero dimostrato la disponibilità dei mezzi necessari all’espletamento dell’appalto da parte del raggruppamento ricorrente).

Con sentenza 7 giugno 2018, n. 847, il giudice adito accoglieva il ricorso (così come integrato dai motivi aggiunti), sul presupposto dell’esistenza – alla data della dichiarazione di partecipazione alla gara – di un debito fiscale superiore all’importo di cui all’art. 48-bis, commi 1 e 2–bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602. Respingeva inoltre il ricorso incidentale, ritenendolo infondato.

Avverso tale decisione il raggruppamento Scoppio interponeva appello, riproponendo in primo luogo le censure già articolate con il ricorso incidentale (sub motivo A) e, quindi (sub motivo B.1), nuovamente eccependo, in rito, l’inammissibilità dei motivi aggiunti per omessa tempestiva impugnazione del provvedimento di definizione della platea dei concorrenti, nonché per omessa impugnazione delle certificazioni rilasciate dall’Agenzia delle entrate e per tardività dei motivi ulteriori.

Nel merito contestava la fondatezza dei motivi di doglianza a suo tempo dedotti dal raggruppamento temporaneo ricorrente, in particolare contestando la sussistenza di una violazione tributaria definitivamente accertata in capo alla mandante Padovano.

Con successivo ricorso per motivi aggiunti, l’appellante impugnava inoltre, per mere finalità tuzioristiche, l’aggiudicazione nelle more effettuata in favore del raggruppamento capeggiato dalla società Autolinee Marino Michele (sebbene quest’ultimo fosse stato “risolutivamente condizionato all’esito del pendente giudizio” dinanzi al Consiglio di Stato) e ribadiva la fondatezza delle censure già articolate con l’atto di appello.

Costituitosi in giudizio, il raggruppamento Marino eccepiva l’infondatezza dell’appello, chiedendo che fosse respinto; proponeva inoltre appello incidentale, con il quale nuovamente proponeva le censure già dedotte in primo grado e ritenute assorbite in sentenza; quindi, con successivo ricorso per motivi aggiunti (all’appello incidentale), il medesimo raggruppamento deduceva ulteriori vizi dei provvedimenti impugnati in primo grado, concernenti situazioni ritenute rilevanti quali cause di esclusione ai sensi dell’art. 80 del d.lgs. n. 50 del 2016 in capo ad alcune imprese partecipanti al raggruppamento Scoppio.

Si costituivano altresì il Comune di Bari e la Città metropolitana di Bari, il primo rimettendosi alla valutazione del Collegio e la seconda chiedendo la reiezione dei motivi di appello incidentale, in quanto infondati.

Le parti ribadivano quindi, con apposite memorie, le proprie rispettive tesi difensive ed all’udienza del 31 marzo 2019, dopo la rituale discussione, la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

Ad un complessivo esame delle risultanze di causa, la Sezione ritiene opportuno scrutinare preventivamente il profilo di doglianza di cui al punto B.2 dell’atto di appello, con cui si contesta – nel merito della vicenda controversa – che la ditta Padovano versasse in condizioni di irregolarità fiscale alla scadenza del termine di presentazione delle offerte, come ritenuto dal primo giudice.

Ciò in quanto, dal punto di vista logico, l’accoglimento di tale censura renderebbe inutile – per sopravvenuto difetto di interesse – l’esame degli ulteriori motivi di appello, con i quali vengono riproposte le ragioni di doglianza a suo tempo dedotte con il ricorso incidentale di primo grado, volte ad escludere dalla gara la ricorrente seconda graduata, nonché i motivi aggiunti di cui al ricorso in data 29 ottobre 2018.

L’appellante fonda le proprie difese innanzitutto sulla circostanza, documentata, che le cartelle esattoriali richiamate dall’Agenzia delle entrate nella certificazione del 22 giugno 2017 erano state notificate successivamente, in data 16 febbraio 2017 e 10 aprile 2017, come del resto riconosciuto anche dall’originaria ricorrente.

Quanto sopra trovava inoltre conferma nella certificazione rilasciata dall’Agenzia delle entrate in data 21 giugno 2018, prot. n.3787992, avente ad oggetto “richiesta attestazione carichi pendenti secondo art. 48 bis del D.P.R. 973 n 602”, laddove si attestava che “Dalla verifica dei nostri archivi informatici in data odierna si rileva che nel periodo 17/11/2016 - 21/11/2016 non risultano carichi insoluti di importo pari o superiore a € 10.000 oggetto di verifica ex art.48 bis del dpr 602/73”.

Parte appellante deduce poi che la violazione tributaria preclusiva della partecipazione sarebbe soltanto quella definitivamente accertata, e cioè incontestabile per decisione giurisdizionale o per intervenuta inoppugnabilità, laddove nel caso di specie, essendosi in presenza di imposta autoliquidata e di cartelle esattoriali notificate all’esito di controlli automatizzati ex artt. 36-bis o 36-ter d.P.R. n. 600 del 1973, non potrebbe parlarsi in alcun modo di irregolarità fiscale definitivamente accertata al momento di partecipazione alla procedura di cui trattasi.

Né potrebbe essere assimilata l’ipotesi in esame con quella in cui la cartella di pagamento costituisce solo uno strumento della riscossione, a fronte della notifica di un precedente avviso di accertamento contenente una pregressa richiesta di natura sostanziale. In tale differente ipotesi, certamente, la definitività dell'accertamento tributario decorre non dalla notifica della cartella esattoriale, ma da quella dell'avviso di accertamento.

Nel caso de quo, invece, la cartella è il primo atto impugnabile notificato dall’amministrazione erariale, con il quale quest’ultima – constatato un omesso pagamento e determinatane l’entità – si precostituisce il titolo per il recupero dell'imposta.

Solo con essa, infatti, l’amministrazione finanziaria indica al contribuente, per la prima volta, gli elementi di fatto e di diritto per i quali è richiesto un versamento, nonché la misura dello stesso; prima di tale atto non vi è invece alcun riscontro, da parte dell'ufficio finanziario, dell’esistenza di un debito tributario.

Il motivo è fondato.

Come risulta dalla documentazione versata in atti, relativamente alla cartella di pagamento n. 1062017000363083 (notificata il 6 febbraio 2017) la ditta Padovano aveva presentato, in data 20 aprile 2017, dichiarazione di adesione alla definizione agevolata ex art. 6 d.l. n. 193 del 2016 (conv. in l. n. 225 del 2016), poi accolta con provvedimento 31 maggio 2017 del concessionario della riscossione.

Relativamente poi alla cartella n. 10620170001369915 (notificata il 10 aprile 2017), la stessa ditta Padovano aveva invece presentato tempestiva istanza di rateizzazione ex art. 19 d.P.R. n. 602 del 1973, anch’essa accordata dal concessionario della riscossione.

Premesso quanto sopra, è incontestato in atti che le cartelle esattoriali su cui si discute derivino da un debito tributario emerso a seguito di controllo ex art. 36-bis d.P.R. n.600 del 73, ossia un controllo automatizzato cui fa seguito l’invio al contribuente di un avviso bonario di pagamento, atto quest’ultimo che il destinatario non è però onerato ad impugnare (ai sensi dell’art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546) davanti al giudice tributario, non contenendo una vera e propria pretesa erariale bensì un mero invito al contribuente di fornire al fisco elementi chiarificatori delle anomalie rilevate dal controllo automatizzato. L’onere di impugnazione – e con esso la definitività dell’accertamento, ove non assolto – riguarderà invece la relativa cartella di pagamento successivamente notificata dall’agente della riscossione, unitamente al presupposto ruolo.

Va al riguardo ricordato (in termini, Cons. Stato, V, 5 marzo 2019, n. 1525) che nel caso di debiti tributari autoliquidati, come quello su cui si discute, la cartella di pagamento non è preceduta dalla notifica di un formale avviso di accertamento (atto, quest’ultimo, la cui mancata impugnazione nei termini di legge comporta la definitività della pretesa erariale).

Per l’effetto – anche a prescindere dalla circostanza che l’attestazione di regolarità fiscale della mandante Padovano rilasciata dall’Agenzia delle entrate in data 12 luglio 2017 (poi confermata in data 31 luglio 2017 e ribadita il 21 giugno 2018) avrebbe comunque vincolato la stazione appaltante, impossibilitata sul punto a svolgere un proprio accertamento difforme (ex multis, Cons. Stato, V, 21 giugno 2012, n. 3663; V, 18 gennaio 2011, n. 789) – la notifica della cartella di pagamento non dava di per sé atto della preesistenza di una violazione grave, “definitivamente accertata”, degli obblighi tributari (per tale comportante l’esclusione dalla gara dell’operatore economico, a sensi dell’art. 80, comma 4, d.lgs. n. 50 del 2016), ma solo avrebbe fatto decorrere il termine per l’eventuale impugnazione o la definizione agevolata degli importi ivi previsti.

Definizione agevolata che, come si è detto, risulta essere avvenuta nel rispetto dei termini di legge.

Solamente all’infruttuosa scadenza di tale termine avrebbe quindi potuto venire in essere la condizione ostativa per la prosecuzione del rapporto.

Va ricordato, in argomento, che il requisito della definitività dell’accertamento, alla stregua del richiamato art. 80, comma 4, del d.lgs. n. 50 del 2016, non ricorre quando la definizione concreta del rapporto tributario è ancora esposta all’oppugnabilità o alla negazione giudiziale e, dunque, non ha raggiunto un livello di sicurezza tale per cui l’aspirante concorrente sia da presumere senz’altro inaffidabile e da estromettere: vale a dire, o quando siano ancora pendenti i termini per la presentazione di una contestazione giurisdizionale o, in caso di avvenuta impugnazione, laddove la pronuncia giurisdizionale non sia ancora passata in giudicato (ex multis, Cons. Stato, V, 28 luglio 2016, n. 3421; V, 20 aprile 2010, n. 2213; VI, 27 febbraio 2008, n. 716).

Nel caso di specie risulta documentato dall’appellante che le cartelle di pagamento venivano fatte oggetto l’una di definizione agevolata, l’altra di rateizzazione.

Al riguardo, l’Adunanza plenaria di questo Consiglio, con decisione 20 agosto 2013, n. 20, ha rimarcato come, sul piano tecnico, la rateizzazione si traduca in un beneficio che, una volta accordato, comporta la sostituzione del debito originario con uno diverso, secondo un meccanismo di stampo estintivo-costitutivo che dà luogo ad una novazione dell'obbligazione originaria (in termini, già Cons. Stato, IV, 22 marzo 2013, n. 1633).

L'ammissione alla rateizzazione, precisa l’Adunanza plenaria, rimodulando la scadenza dei debiti tributari e differendone l'esigibilità, implica quindi la sostituzione dell'originaria obbligazione a seguito dell'insorgenza di un nuovo rapporto obbligatorio secondo i canoni della novazione oggettiva di cui agli artt. 1230 e seguenti del Codice civile. Il risultato è la nascita di una nuova obbligazione tributaria.

E per il “nuovo debito”, inerente alle somme indicate nei tre avvisi bonari di cui si è detto e costituito dalle suddette rateazioni non si era ancora integrato il requisito della esigibilità, posto che esso è configurabile solo al momento in cui un’eventuale intimazione di pagamento diviene inoppugnabile e gli importi rateali (anche uno solo) vengono iscritti a ruolo, circostanze di fatto e di diritto, queste, che non risultano essersi verificate alla data del 19 dicembre 2017 (come da attestazione formale dell’Agenzia delle entrate) e, a fortiori, a quella del 2 febbraio 2017. Né risulta in ipotesi dimostrato che le rateizzazioni concesse non siano poi state regolarmente onorate.

Analogamente dicasi per le ulteriori ipotesi di “definizione agevolata” previste dalla legge, che comportano l’automatica sospensione dei relativi carichi pendenti, con conseguente impossibilità di considerare le relative violazioni come “definitivamente accertate”.

Il che vale ad integrare la condizione prevista all’ultimo cpv dell’art. 80, comma 4 cit., a mente del quale “Il presente comma non si applica quando l'operatore economico ha ottemperato ai suoi obblighi pagando o impegnandosi in modo vincolante a pagare le imposte o i contributi previdenziali dovuti, compresi eventuali interessi o multe, purché il pagamento o l'impegno siano stati formalizzati prima della scadenza del termine per la presentazione delle domande”.

Ciò comporta che la posizione della società appellata non poteva essere ritenuta irregolare. Ne consegue l’illegittimità dell’impugnata esclusione.

Né a diverse conclusioni può giungersi ritenendo, come si legge nella sentenza appellata, che la notifica della cartella esattoriale semplicemente avrebbe dato atto di come “alla data della domanda di partecipazione alla gara, sulla società Padovano gravavano debiti di natura fiscale/tributaria (solo successivamente rottamati e rateizzati), che risultavano: - certi quanto all’an, essendo stati riconosciuti dalla stessa società debitrice in sede di autodichiarazione e non oggetto di contestazione alcuna […]

- determinati nel quantum in misura tale da connotare l’irregolarità del carattere della gravità (per €. 28.709,22, risultanti dal “modello liquidazione 770 semplificato” ed €. 129.953,13, risultanti dal “modello liquidazione unica” per l’anno 2013);

- sicuramente esigibili alla data di partecipazione, essendo infruttuosamente scaduto il termine di pagamento”.

Accertamento che anzi sarebbe stato confermato proprio dalla successiva richiesta di definizione agevolata, atteso che “la stessa presentazione dell'istanza di rateizzazione rappresenta una admissio in ordine alla sussistenza dell'insoluto fiscale, in tal modo palesandone il carattere di definitività”.

In realtà, l’appellante ha dato atto di come la ditta Padovano avesse tempestivamente optato – in alternativa all’impugnazione giurisdizionale – per la procedura di definizione agevolata di una cartella e per la rateizzazione dell’altra, ciò determinando l’estinzione delle relative obbligazioni.

Ne consegue l’erroneità – in ragione di quanto in precedenza evidenziato – delle conclusioni cui giunge la sentenza impugnata circa l’irrilevanza del fatto che “l’Agenzia delle Entrate abbia attestato una situazione di regolarità contributiva alla data del 12 luglio 2017, in quanto conseguente solo all’avvenuta ammissione alla definizione agevolata e concessione della rateizzazione di pagamento, avvenuta in corso di gara, in tal modo confermando l’assenza di una situazione continuativa di correntezza fiscale”.

Deve quindi concludersi che l’intervenuta definizione agevolata in luogo dell’impugnazione della cartella di pagamento ha comportato che la ditta Padovano non abbia affatto perso il possesso del requisito della regolarità fiscale in corso di procedura (sia pure successivamente alla scadenza del termine di presentazione delle offerte), poiché per effetto della conseguente estinzione la pendenza debitoria in contestazione non ha acquisito il carattere della definitività.

Né rileva di per sé la circostanza che l’istanza di definizione agevolata delle cartelle sia stata proposta solo successivamente alla scadenza del termine per presentare le offerte, dal momento che la stessa – come in precedenza rilevato – non poteva per forza di cose che essere proposta in seguito alla notifica della relativa cartella, che qui costituiva, come si è in precedenza detto, il primo atto impositivo formale, avvenuta anch’essa dopo lo spirare di tale termine.

Sotto questo assorbente profilo l’appello principale va dunque accolto.

Vanno conseguentemente dichiarati improcedibili – per sopravvenuta carenza di interesse – i motivi aggiunti proposti dall’appellante con ricorso 29 settembre 2018, dovendosi ritenere la determinazione ivi impugnata, recante aggiudicazione in favore del raggruppamento temporaneo Autolinee Marino Michele s.r.l. - Autolinee Roberto & Dongiovanni s.r.l. - Speedy Enterprise s.r.l. del servizio di trasporto scolastico, meramente esecutiva della gravata sentenza di primo grado, che in accoglimento dell’appello andrà riformata (con conseguente automatica caducazione dell’aggiudicazione medesima).

Passando all’appello incidentale proposto dal raggruppamento Autolinee Marino Michele s.r.l., con il primo motivo si deduce l’illegittimità dell’aggiudicazione definitiva della gara in favore dell’odierno appellante sotto un duplice profilo: a) la presunta falsità dell’autocertificazione di ottemperanza agli obblighi ex l. n. 68 del 1999 resa dalla capogruppo ai fini della partecipazione alla gara, nonché

b) la mancata ottemperanza ai suddetti obblighi di legge, stante l’erronea attestazione rilasciata dalla Città metropolitana di Bari in data 26 settembre 2017 (in sostituzione di una precedente attestazione di non ottemperanza del 18 settembre 2017).

Deduce l’appellante incidentale che la ditta Scoppio aveva autocertificato – in ragione di quanto previsto all’art. 9, lett. a) del bando – di aver ottemperato agli obblighi di cui alla l. n. 68 del 1999 in ordine all’assunzione di personale disabile, laddove con nota prot. n. 109184 del 18 settembre 2017 (acquisita dal Comune di Bari con prot. n. 227523 del giorno successivo), l’amministrazione a ciò competente avrebbe invece attestato l’opposto.

Né le giustificazioni fornite dall’odierno appellante sarebbero idonee allo scopo, non avendo la stessa dimostrato di aver avanzato una richiesta di computabilità di un disabile precedentemente assunto – sulla quale si sarebbe formato il silenzio-assenso – in luogo di quanto precedentemente pattuito con apposita convenzione ex art.11 l. n. 68 del 1999, con cui la stessa si obbligava ad assumere un lavoratore disabile (cd. “esterno”) con contratto a tempo indeterminato ed a tempo pieno per la qualifica professionale di “impiegato amministrativo” entro il termine del 3 febbraio 2015, poi prorogato al 5 marzo 2016.

Il motivo non è fondato.

In disparte le questioni di carattere processuale fondate sulla natura giuridica dell’attestazione di ottemperanza rilasciata dalla Città metropolitana di Bari in data 26 settembre 2017 e sull’eventuale onere di una sua autonoma impugnativa, risulta dagli atti che il 4 agosto 2014 era stata stipulata una convenzione relativa al collocamento di un dipendente disabile, cui faceva seguito il parere favorevole autorizzativo, espresso dalla Commissione del lavoro, del differimento del termine originariamente previsto in convenzione al 5 marzo 2016.

Come documentato in atti (cfr. doc. n. 8 della Città metropolitana di Bari in primo grado), nelle more dell’attuazione della predetta convenzione la società Scoppio avanzava richiesta di computare un lavoratore disabile precedentemente assunto – tal sig. Cirillo Nicola – giusta quanto previsto dall’art. 4, comma 4, della medesima legge n. 68 del 1999.

A seguito del provvedimento di archiviazione dell’istanza da parte dalla Città metropolitana di Bari - Servizio Lavoro e Formazione Professionale - Ufficio Collocamento Obbligatorio (con nota PG 0146271 del 4 novembre 2015), in quanto il suddetto non prestava il proprio servizio “nell’ambito di competenza della Città Metropolitana”, la società Scoppio provvedeva, in data 10 novembre 2015, al trasferimento dello stesso dalla sede di Barletta presso la sede amministrativa in Bitonto, ossia entro l’ambito territoriale della Città metropolitana di Bari; quindi, una volta perfezionate le procedure di trasferimento, la ditta rinnovava (sempre in data 10 novembre 2015) la richiesta di computabilità ex art. 4, comma 4, l. n. 68 del 1999 come da comunicazione a mezzo p.e.c. in pari data, evidenziando che la stessa richiesta era stata anticipata lo stesso giorno anche a mezzo mail.

Come correttamente evidenzia l’appellante principale, tale seconda richiesta non veniva fatta oggetto di espresso diniego (ovvero di archiviazione), con conseguente formazione del silenzio-assenso ai sensi degli artt.19 e 20, l. n. 241 del 1990.

Da parte sua, la stessa Città metropolitana, nel costituirsi in giudizio, ha inequivocabilmente dato atto di come la richiesta di computabilità di cui alla nota del 10 novembre 2015, facendo seguito all’intervenuto trasferimento del dipendente “interno” affetto da invalidità, superando il rilievo negativo precedentemente formulato dalla medesima amministrazione; a ciò aggiungasi che in data 19 gennaio 2016 – prima dunque della scadenza della convenzione, fissata per il 5 marzo dello stesso anno – sempre l’impresa Scoppio aveva in ogni caso presentato una nuova istanza di convenzionamento per lo stesso obbligo assunto nel 2014 e contestuale richiesta di riconoscimento della unità già assunta ai fini della quota d'obbligo, altresì rinnovando la trasmissione della documentazione a tal fine prescritta dalla legge.

Ancora, la Città metropolitana di Bari riconosce l’erroneità della propria iniziale attestazione negativa (richiamata dall’appellante incidentale), alla luce della presenza, agli atti del Servizio competente, di tutta la documentazione idonea a comprovare l'adempimento degli obblighi convenzionali, errore poi tempestivamente corretto con la successiva attestazione del 26 settembre 2017, evidenziando come “la proposta di convenzione costituisce, per espressa previsione contenuta nella normativa in tema di collocamento mirato, uno strumento di adempimento degli obblighi ivi contemplati e dunque per la copertura della quota di riserva”.

Con il secondo motivo di appello incidentale viene invece dedotta la sussistenza di una causa di esclusione del raggruppamento temporaneo aggiudicatario della gara ex art. 80, comma 5 lett. c) del d.lgs. n. 50 del 2016, stante l’asserita inadempienza della società mandante Ceglie Eurobus s.r.l. in relazione ad un pregresso rapporto contrattuale.

Invero, con nota prot. n.79703 del 31 marzo 2017 il Comune di Bari avrebbe contestato alla suddetta Ceglie Eurobus s.r.l., in occasione di un precedente affidamento relativo al servizio di trasporto scolastico degli alunni disabili, che nel periodo settembre 2015 - marzo 2016 lo stesso, benché affidato al raggruppamento temporaneo (orizzontale) costituito tra le ditte Scoppio Paolo & Figlio s.r.l., Ceglie Eurobus s.r.l. e Sabato Viaggi di Michele Sabato, sarebbe stato espletato dalla sola ditta Scoppio, seppur fatturato anche dalle altre due ditte in proporzione alle proprie quote di partecipazione al raggruppamento temporaneo.

La ditta Ceglie Eurobus s.r.l. avrebbe inoltre ottenuto dal Comune di Bari un’attestazione di espletamento con “buon esito” del suddetto servizio (pur non avendolo espletato), con l’indicazione del relativo fatturato conseguito, attestazione che sarebbe poi stata utilizzata ai fini della partecipazione ad una procedura di gara indetta da altra amministrazione

Il motivo non può essere accolto.

Come noto, la causa di esclusione invocata dall’appellante incidentale ha contenuto “atipico”, nel senso che rimette al prudente giudizio tecnico dell’amministrazione la valutazione della rilevanza o meno (quali “gravi illeciti professionali”) di molteplici vicende – non determinabili a priori – relative a precedenti rapporti contrattuali, ai fini del giudizio di affidabilità professionale degli operatori economici partecipanti alla gara. In questi termini, anche in relazione alla precedente versione della norma Cons. Stato, V, 2 marzo 2018, n. 1299 da ultimo ribadisce come l’elencazione dei gravi illeciti professionali rilevanti (allora) contenuta nella lettera c) del comma 5 dell’art. 80 fosse meramente esemplificativa, ben potendo la stazione appaltante operare di volta in volta una valutazione discrezionale circa la gravità di inadempienze che, “pur non immediatamente riconducibili a quelle tipizzate, quanto agli effetti prodotti, siano tuttavia qualificabili come «gravi illeciti professionali» e siano perciò ostative alla partecipazione alla gara perché rendono dubbie l’integrità o l’affidabilità del concorrente”.

Non risulta dagli atti di gara che la stazione appaltante ignorasse le vicende di cui trattasi, circostanza del resto poco plausibile, trattandosi dello stesso Comune di Bari che aveva indetto la procedura di gara oggetto dell’odierno contenzioso; dunque, sul presupposto – non smentito dall’appellante incidentale – che la stazione appaltante, edotta di tali circostanze, non le abbia poi ritenute determinanti ai fini dell’eventuale esclusione del raggruppamento temporaneo aggiudicatario, fa difetto la stessa ammissibilità del motivo di gravame, con il quale il raggruppamento facente capo alla Autolinee Marino Michele persegue in pratica l’obiettivo di ottenere dal giudice amministrativo una nuova valutazione di merito circa l’affidabilità del raggruppamento partecipante alla gara, che vada a sostituirsi a quella già operata dalla competente amministrazione (si fa rinvio al riguardo ai principi affermati in materia dalla Sezioni unite della Cassazione, con sentenza del 17 febbraio 2012, n. 2312).

In ogni caso, il motivo non è fondato. Non risulta infatti dagli atti – né la circostanza viene adeguatamente dimostrata dall’appellante incidentale – che nel corso del precedente rapporto contrattuale da questa richiamato la stazione appaltante abbia mosso rilievi sulle modalità di esecuzione del servizio di trasporto, ovvero abbia comunque contestato degli eventuali episodi di inadempienza ai fini di cui al richiamato art. 80 comma 5 cit.

Piuttosto, le considerazioni svolte dall’appellante incidentale risultano smentite dall’attestazione di regolare esecuzione del servizio richiamata dallo stesso raggruppamento Marino, oltre che dalla nota comunale n. 268388 del 27 ottobre 2017, con la quale il Comune di Bari affermava sì che “la scrivente Amministrazione non ha modificato le proprie valutazioni in merito alla inefficacia dell’attestazione servizio trasporto scolastico diversamente abili svolto con buon esito per gli anni 2015 e 2016 rilasciata alla ditta Ceglie Eurobus S.r.l.”, subito però precisando che “siffatta valutazione non esclude, al contempo, la correttezza delle valutazioni operate dalla Civica Amministrazione relativamente alla insussistenza dei presupposti per attivare la procedura di esclusione per gravi illeciti professionali, ex art.80 D.Lgs. nr.50/16”.

Con il terzo motivo di appello incidentale viene dedotta l’illegittima aggiudicazione della gara effettuata in favore del raggruppamento facente capo alla Paolo Scoppio e Figlio Autolinee nonostante l’accertata anomalia della relativa offerta in tutti i lotti, senza peraltro aver valutato le relative giustificazioni: in effetti, nella riunione del 14 giugno 2017 fissata per procedere alla verifica delle offerte anomale, la Commissione si sarebbe limitata a rilevare l’intervenuta trasmissione delle giustificazioni da parte dell’aggiudicatario in relazione a ciascun lotto in gara, apparentemente senza però esaminarle.

Analogamente accadeva nella successiva riunione del 25 luglio 2017, nel corso della quale venivano solamente valutate le giustificazioni prodotte dal raggruppamento temporaneo Marino, la cui offerta veniva alla fine espressamente dichiarata congrua (ancorché non aggiudicataria).

Conclude quindi l’appellante incidentale per l’evidente “erroneità dei presupposti nonché la carenza dell’istruttoria su cui si fonda l’impugnato provvedimento di aggiudicazione, nel quale viene dato espressamente atto che il RUP «ha trasmesso copia dei verbali, rispettivamente datati 14/06/2017 e 25/07/2017, che concludono per la non anomalia delle offerte formulate dal RTI Scoppio Paolo & Figlio S.r.l. relativamente ai 5 lotti», allorquando, invece, è sufficiente una mera lettura dei suddetti verbali per accorgersi che in essi non è ravvisabile alcuna conclusione in tal senso”.

Neppure questo motivo risulta fondato.

Va infatti ribadito il principio, dal quale non vi è ragione di discostarsi, nel caso di specie, secondo cui il giudizio di anomalia dell’offerta richiede una motivazione rigorosa ed analitica solo ove si concluda in senso negativo mentre, in caso positivo, non occorre che la relativa determinazione sia fondata su un’articolata motivazione ripetitiva delle medesime giustificazioni ritenute attendibili, essendo sufficiente anche una motivazione espressa “per relationem” alle giustificazioni rese dall’impresa vincitrice, sempre che queste, a loro volta, siano state congrue ed adeguate (ex multis, Cons. Stato, V, 10 settembre 2012, n. 4785).

Ancora, “nelle gare pubbliche, ove l'Amministrazione consideri congrua l'offerta sulla base delle spiegazioni fornite dal concorrente in sede di verifica dell'anomalia, la sua valutazione deve ritenersi sufficientemente motivata con richiamo “per relationem” ai chiarimenti ricevuti, tanto più che la verifica delle offerte anomale non ha per oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell'offerta economica, mirando invece ad accertare se l'offerta nel suo complesso sia attendibile e, dunque, se dia o non serio affidamento circa la corretta esecuzione” (Cons. Stato, V, 25 luglio 2011, n. 4450).

Tali principi venivano espressamente richiamati nei verbali delle riunioni della Commissione del 14 giugno e del 25 luglio 2017.

Orbene, se è vero che, testualmente, nel primo verbale non veniva espressamente preso atto della congruità dell’offerta del raggruppamento temporaneo aggiudicatario (e ciò a prescindere dalla competenza del Rup a definitivamente verificare la congruità delle offerte), alla luce delle giustificazioni fornite dal raggruppamento, è pur vero che una tale conclusione doveva ritenersi implicita, in ragione del contenuto della medesima verbalizzazione.

Dopo avere infatti anticipato che “per il giudizio favorevole non sussiste il dovere di motivazione analitica e puntuale”, potendosi l’amministrazione limitare ad una “motivazione espressa per relationem alle giustificazioni addotte dall’impresa qualora si tratti, come è per le giustificazioni offerte dalle imprese concorrenti, di documentazione scritta e depositata agli atti”, la Commissione di gara dava analiticamente conto della documentazione prodotta dal raggruppamento per ciascuno dei cinque lotti aggiudicati e precisava che oggetto della riunione era giustappunto l’esame delle predette giustificazioni.

Non essendovi stata alcuna formale conclusione di inadeguatezza di tali giustificazioni (o, comunque, di anomalia delle offerte relativamente ai diversi lotti in gara), che sola avrebbe richiesto una puntuale ed analitica indicazione delle ragioni poste a suo fondamento, deve quindi concludersi che la Commissione di gara avesse implicitamente ritenuto idonee le giustificazioni presentate e conseguentemente congrue nel loro complesso le offerte.

Tale conclusione è del resto coerente con la successiva aggiudicazione definitiva in favore del raggruppamento temporaneo Scoppio – che di necessità presuppone un giudizio positivo sulla congruità della relativa offerta – ad opera del competente organo dell’amministrazione.

In ogni caso, va detto che con nota prot. 274216 del 3 novembre 2017 il Rup della procedura di gara confermava l’esito positivo del procedimento di verifica dell’anomalia a carico del raggruppamento Scoppio.

Quindi, in sede di approvazione degli atti di gara, con determinazione n. 01437 del 26 febbraio 2015 veniva dato atto che la competente Ripartizione Stazione Unica Appaltante - Contratti e

Gestione LL.PP. del Comune di Bari aveva trasmesso al Rup, “con nota prot. 301817 del 19.12.2014, […] le offerte degli aggiudicatari dei sei lotti di gara al fine di dare corso al subprocedimento di verifica dell’anomalia delle offerte ai sensi degli artt. 86 e ss. del d.lgs.163/2006”, laddove il predetto responsabile unico, “con nota prot. 23860 del 30.01.2015 e con nota prot. 35002 del 02.02.2015, ha dichiarato non anormalmente basse, rispettivamente, le offerte relative ai lotti n. 1,2, 5 e 6 formulate dall’ATI SCOPPIO PAOLO & FIGLIO S.R.L. - CEGLIE EUROBUS S.R.L. - SABATO VIAGGI di Michele Sabato e le offerte relative ai lotti n. 3 e n. 4 formulate dall’ATI PADOVANO VITTORIO - AUTOLINEE VECCARO S.R.L. […]”.

Ciò premesso, va poi detto che l’appellante incidentale neppure deduce che, alla luce delle giustificazioni prodotte dal raggruppamento aggiudicatario, le offerte di quest’ultimo dovessero pur tuttavia considerarsi complessivamente inattendibili ed anomale, limitandosi a rilevare come, prima che fosse depositata la relativa documentazione giustificativa, la Commissione di gara avesse rilevato la potenziale anomalia delle stesse (tra l’altro, analogamente a quanto occorso ad altri partecipanti alla gara, tra cui lo stesso raggruppamento Marino). Il che comporta la mancata dimostrazione dell’effettiva anomalia dell’offerta, quello a suo tempo rilevato dalla Commissione di gara essendo un semplice sospetto di anomalia, da riscontrare alla luce delle giustificazioni.

Il tutto fermo restando che il sindacato di competenza del giudice amministrativo in materia è limitato alle ipotesi in cui le valutazioni compiute dalla stazione appaltante siano palesemente illogiche, irrazionali o fondate su una insufficiente motivazione o su errori di fatto (ossia, un giudizio ab extrinseco), non potendo per contro lo stesso verificare in via autonoma la congruità dell’offerta presentata e delle sue singole voci, spettando il relativo giudizio, in via esclusiva, alla pubblica amministrazione (ex multis, Cons Stato, V, 27 luglio 2017 n. 3702).

Venendo infine ai (primi) motivi aggiunti all’appello incidentale del raggruppamento Marino, con il primo di essi viene dedotta la sussistenza di gravi illeciti professionali commessi dalla ditta Sabato Viaggi di Sabato Michele, mandante del raggruppamento temporaneo aggiudicatario, la quale non li avrebbe per contro dichiarati ai fini della partecipazione alla gara per cui è causa. Illeciti che avrebbero trovato conferma nella pronuncia di questa Sezione n. 4502 del 2015.

Il motivo non è fondato, alla luce delle persuasive argomentazioni contenute nella memoria di replica del Comune di Bari, il quale evidenzia come, nonostante l’esito favorevole del pretetto procedimento giurisdizionale (stante l’accoglimento dell’appello proposto dal Comune), la stessa amministrazione aveva comunque ritenuto “di non dover attribuire alla sentenza del Consiglio di Stato ex adverso invocata valore di atto di accertamento della insussistenza all’attualità del rapporto fiduciario nei confronti della Sabato Viaggi, tanto anche sulla base delle affermazioni contenute nella stessa sentenza del Consiglio di Stato”.

Quest’ultimo, in particolare, nel dare atto di come nelle more del giudizio fosse sopravvenuta l’assoluzione dalle imputazioni addebitate al raggruppamento temporaneo di cui faceva parte la Sabato Viaggi, rilevava come la stessa non potesse costituire – in ragione delle particolarità del caso deciso – parametro di valutazione della disposta esclusione dalla gara, ma ben avrebbe potuto “eventualmente rilevare per il futuro. Sta al Comune valutare le nuove circostanze ed adottare eventuali provvedimenti sulla base di esse”.

La stazione appaltante riconosce dunque di essere stata sin dall’inizio perfettamente a conoscenza dei precedenti richiamati – invero, del tutto genericamente – dall’appellante incidentale ma di non averli ritenuti determinanti ai fini della valutazione di affidabilità dell’offerta. Vengono meno pertanto gli stessi presupposti logici su cui si fonda il profilo di gravame, tanto più che la particolare causa di esclusione invocata (ex art. 80, comma 5 lett. c del d.lgs. n. 50 del 2016) implica una valutazione discrezionale dell’amministrazione, non surrogabile dal giudice amministrativo se non per l’ipotesi di abnormità o manifesta erroneità dei fondamenti di fatto.

Neppure risulta pertinente il generico richiamo ad un “ulteriore inadempimento che ha indotto la stazione appaltante (Comune di Labico) a revocare in via di autotutela l’affidamento del servizio di trasporto degli alunni frequentanti le scuole del Comune, affidato in via d’urgenza, prima della stipula del contratto, alla predetta ditta, risultata aggiudicataria della gara”, di cui alla sentenza del Tribunale amministrativo del Lazio 10 settembre 2018, n. 9215, reiettiva del ricorso proposto dalla stessa Sabato Viaggi contro la revoca dell’aggiudicazione disposta dall’amministrazione prima ancora della stipula del contratto di appalto per il fatto che il servizio di trasporto, avviato in via d’urgenza a partire dall'8 gennaio 2018, sarebbe stato da essa svolto in modo difforme da quanto indicato nell'offerta tecnica.

Invero, anche a prescindere dalla circostanza che le considerazioni esposte nelle motivazioni di detta pronuncia confortino o meno la sussistenza di presunti inadempimenti in capo all’operatore economico, appare dirimente la circostanza che la stessa non risulta essere ancora passata in giudicato, in quanto sottoposta ad appello.

Con il secondo motivo aggiunto viene invece censurata la mancata segnalazione, da parte della Ceglie Eurobus (mandante del raggruppamento temporaneo aggiudicatario), di un decreto penale di condanna emesso nei confronti del proprio legale rappresentante in relazione all’esecuzione di un precedente appalto di trasporto scolastico, del quale l’appellante incidentale avrebbe avuto notizia solamente a seguito della lettura di un articolo di giornale pubblicato il 23 novembre 2018 e prodotto in atti.

La mancata dichiarazione di tali precedenti penali, deduce l’appellante incidentale, avrebbe impedito alla stazione appaltante di tenerne conto nel valutare l’affidabilità dell’operatore economico partecipante alla gara, con conseguente necessità di disporne l’esclusione.

Il motivo non può trovare accoglimento, anche a prescindere dall’evidente genericità della doglianza, avendo il raggruppamento temporaneo Scoppio documentato l’avvenuta opposizione (successivamente riproposta, a seguito di declaratoria di nullità del decreto di giudizio immediato) da parte del legale rappresentante della società avverso il decreto penale di condanna proposto nei suoi confronti dal Gip di Bari (cfr. docc. 4 e 5 Scoppio, produzioni del 27 novembre 2018): non sussisteva pertanto il generale presupposto dell’onere dichiarativo di cui all’art. 80, comma primo, d.lgs. n. 50 del 2016, rappresentato dall’irrevocabilità del decreto penale.

Ciò premesso, va comunque ricordato che l’appellante incidentale neppure fornisce la prova che il decreto penale di cui trattasi fosse riferibile ad una delle ipotesi di condanna tassativamente indicate dall’art. 80 del d.lgs. n. 50 del 2016, per le quali solamente è d’obbligo la relativa dichiarazione (ex multis, Cons. Stato, V, 13 febbraio 2019, n. 1045), fermo restando che, ai sensi dell’art. 86 del d.lgs. n. 50 del 2016, le stazioni appaltanti accettano “come prova sufficiente della non applicabilità all'operatore economico dei motivi di esclusione di cui all'articolo 80 […] il certificato del casellario giudiziario o in sua mancanza, un documento equivalente rilasciato dalla competente autorità giudiziaria o amministrativa dello Stato membro o del Paese d'origine o di provenienza da cui risulta il soddisfacimento dei requisiti previsti”; nel caso di specie, come risulta dal certificato del casellario giudiziale prodotto dal Comune di Bari in data 28 novembre 2018 (sub doc. 2), “nella Banca dati del Casellario giudiziale risulta: NULLA”.

Neppure le doglianze dedotte con il secondo ricorso per motivi aggiunti all’appello incidentale (depositato il 21 dicembre 2018) risultano infine fondate.

Con la prima di esse viene dedotto che dai certificati del casellario giudiziale depositati in giudizio in data 28 novembre 2018 dal Comune di Bari emergerebbero a loro volta dei precedenti penali in capo al socio di maggioranza della società Ciccimarra Carlo & Figli s.r.l., mandante del raggruppamento temporaneo appellante. La società, tuttavia, non avrebbe dichiarato l’esistenza di precedenti penali in capo al predetto socio, con ciò incorrendo nella violazione degli obblighi di cui all’art. 80, commi 1, 3 e 5, lett. c), del d.lgs. n. 50 del 2016.

La censura non è condivisibile, dovendosi ritenere insussistenti, nel caso di specie, i presupposti di legge dell’obbligo dichiarativo.

L’art. 80, comma 3 del d.lgs. n. 50 del 2016 lo riferisce infatti ai “membri del consiglio di amministrazione cui sia stata conferita la legale rappresentanza, di direzione o di vigilanza o dei soggetti muniti di poteri di rappresentanza, di direzione o di controllo, del direttore tecnico o del socio unico persona fisica, ovvero del socio di maggioranza in caso di società con meno di quattro soci, se si tratta di altro tipo di società o consorzio”, laddove l’appellante principale aveva adeguatamente documentato, con visura camerale allegata alla domanda di partecipazione alla gara (cfr. doc. 1 produzione Scoppio del 25 febbraio 2019), che la compagine sociale della società Ciccimarra era in realtà di quattro soci.

Non era dunque integrata la condizione prevista dalla norma per assoggettare anche il socio di maggioranza all’obbligo dichiarativo dei precedenti penali, costituita dal fatto che la società contasse un numero di soci inferiore a quattro.

Per l’effetto, per le ragioni di cui già in precedenza, non rientrando nell’ambito soggettivo individuato dal terzo comma dell’art. 80 il socio non era obbligato a rendere alcuna dichiarazione neppure ai fini di cui al comma 5, lett. c) del d.lgs. n. 50 del 2016, dovendosi ritenere che la presenza di eventuali “gravi illeciti professionali” possa assumere rilevanza ai fini dell’esclusione dalla gara solamente quando gli stessi siano riferiti direttamente all’operatore economico o ai soggetti individuati dall’art. 80, comma 3, del medesimo decreto.

Solo per completezza, infine, in ragione di quanto in precedenza già evidenziato merita rilevare che le condanne in questione non sarebbero comunque rientrate nelle ipotesi previste dai commi primo e secondo dell’art. 80 del d.lgs. n. 50 del 2016.

Con il secondo motivo, invece, si richiama nuovamente l’articolo di giornale del 23 novembre 2018, di cui ai primi motivi aggiunti, evidenziando come in relazione alla vicenda ivi menzionata la stazione appaltante abbia adottato, il 18 settembre 2018, la determinazione n. 10036 (depositata in atti) applicando, nei confronti del raggruppamento temporaneo odierno appellante principale, una sanzione pecuniaria pari ad euro 5.698,93 (ossia l’1 per mille dell’importo di aggiudicazione), il che dimostrerebbe come si fosse effettivamente in presenza di un grave illecito professionale (non dichiarato).

Conclude l’appellante incidentale che, pur dovendosi riconoscere la natura discrezionale della valutazione sull’idoneità della negligenza ad incidere sull’affidabilità dell’appaltatore nell’esecuzione del contratto, dovrebbe ritenersi “innegabile, nel caso di specie, la palese violazione degli obblighi contrattuali (come espressamente individuati nell’art. 12 del CSA) e la gravità di tale inadempimento, come tale contestato dal Comune, “in danno” di una minore frequentante la scuola primaria lasciata priva di assistenza. Onde essa avrebbe dovuto comportare in ogni caso la revoca dell’affidamento”.

Il motivo non è fondato.

Come già detto, la valutazione della rilevanza dei fatti contestati ai fini dell’affidabilità o meno dell’operatore economico nell’esecuzione dell’appalto compete esclusivamente alla stazione appaltante, che vi provvede sulla base di un giudizio eminentemente discrezionale (per tale non surrogabile dal giudice amministrativo, se non nei limitati – e già richiamati – termini del cd. “sindacato esterno”).

Risulta dagli atti che nel caso di specie il Comune di Bari (odierna stazione appaltante, cui era dunque noto il precedente) con la richiamata Determina n. 10036 del 2018 avesse espressamente preso posizione sulla questione, di fatto escludendo che l’episodio in questione integrasse l’ipotesi del grave illecito professionale.

Invero, detto provvedimento dava innanzitutto atto di come “non vi sia prova della volontà dell’impresa di sottrarsi ingiustamente alla prestazione dovuta, ostativa in tal senso alla prosecuzione del rapporto, in quanto l’episodio verificatosi rimane assolutamente isolato”, per poi rilevare come agli atti dell’ufficio non risultasse “alcun ulteriore inadempimento, anche lieve, nel corso dell’intero rapporto contrattuale”, né gli Istituti scolastici avessero mai mosso contestazioni relativamente al servizio offerto dal raggruppamento.

Siccome anche “gli esiti dei controlli demandati alla Polizia Municipale hanno sempre attestato la regolarità del servizio”, la stazione appaltante concludeva che il singolo episodio in questione non poteva di per sé rilevare ai fini di una risoluzione del rapporto, né “per le ragioni esposte, […] può vulnerare, esso solo, la fiducia del Comune nei confronti dell’impresa”.

Inoltre, il medesimo provvedimento espressamente precisava che la responsabilità oggettiva imputabile all’appaltatore “non è connotata dagli estremi della gravità o malafede tale da incidere sull’affidabilità morale dell’appaltatore”.

A fronte di tali rilievi, che non risultano all’evidenza abnormi, né fondati su presupposti di fatto manifestamente erronei, non residuano margini di intervento del giudice amministrativo relativamente al giudizio operato dall’amministrazione circa la sussistenza (qui esclusa) dei presupposti del grave illecito professionale rilevante ai sensi dell’art. 80 d.lgs. n. 50 del 2016.

Alla luce dei rilievi che precedono, l’appello principale va dunque accolto, nei termini di cui in motivazione, dovendosi per contro dichiarare improcedibili, per difetto di interesse, i successivi motivi aggiunti allo stesso.

Vanno invece respinti, poiché infondati, sia l’appello incidentale proposto dalle ditte componenti il raggruppamento temporaneo con Autolinee Marino Michele s.r.l., sia i motivi aggiunti al medesimo.

Ritiene infine il Collegio che la complessità delle questioni trattate giustifichi l’integrale compensazione, tra le parti, delle spese di lite di entrambi i gradi del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello principale, come in epigrafe proposto, lo accoglie, per l’effetto respingendo, in riforma dell’impugnata sentenza, il ricorso originariamente proposto dalle imprese costituenti il raggruppamento cappeggiato dalla società Autolinee Marino Michele s.r.l.;

dichiara improcedibile il ricorso per motivi aggiunti all’appello principale;

respinge sia l’appello incidentale proposto dal raggruppamento temporaneo Autolinee Marino, sia i motivi aggiunti al medesimo;

compensa integralmente tra le parti le spese di lite di entrambi i gradi del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 marzo 2019 con l’intervento dei magistrati:

Fabio Franconiero, Presidente FF

Valerio Perotti, Consigliere, Estensore

Federico Di Matteo, Consigliere

Angela Rotondano, Consigliere

Stefano Fantini, Consigliere