pillole di dottrina

il punto della situazione

La più recente giurisprudenza ha riaperto un dibattito relativo all’obbligatorietà dell’indicazione dei costi della manodopera che sembrava essere sopito. La quinta sezione del Consiglio di Stato, infatti, si è pronunciata[1]su una controversia relativa all’esclusione dalla procedura di gara dei concorrenti che avevano omesso di indicare separatamente i costi della manodopera rispetto agli oneri aziendali in tema di salute e sicurezza del luoghi di lavoro, dichiarandola legittima. A fondamento della decisione è stato rilevato che l’art. 95, comma 10 del D. Lgs. n. 50/2016 come modificato dall’art. 60, comma 1, lett. f) del D. Lgs. n. 56/2017, nel disciplinare la materia oggetto di appello, dispone espressamente: “nell’offerta economica l’operatore deve indicare i propri costi della manodopera e gli oneri aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro ad esclusione delle forniture senza posa in opera, dei servizi di natura intellettuale e degli affidamenti ai sensi dell’articolo 36, comma 2, lettera a). Le stazioni appaltanti, relativamente ai costi della manodopera, prima dell’aggiudicazione procedono a verificare il rispetto di quanto previsto dall’art. 97, comma 5, lett. d)”; a differenza di quanto stabilito dalla norma che, anteriormente alla riforma invece, si limitava a prevedere che: “nell’offerta economica l’operatore deve indicare i propri costi aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro[2]”.E’ stato sostenuto, al riguardo, che la differenza tra le disposizioni si giustifica in virtù del fatto che oggetto degli obblighi di comunicazione sono informazioni che possono essere conosciute solo dall’operatore economico e che non possono essere, dunque, desunte attraverso diverse modalità di computo o scorporazione. Per tale ragione, in difetto di una separata indicazione, non sarebbe raggiunto l’obiettivo della norma che è quello di verificare la conformità dell’offerta economica alle prescrizioni in materia di retribuzione, assicurazione obbligatoria e sicurezza del lavoro, dalla cui violazione non deriverebbe un vizio meramente formale quanto, piuttosto, un’illegittimità concretamente idonea a creare incertezza sul contenuto dell’offerta stessa. Nell’affermare quanto detto, la Quinta Sezione del Consiglio di Stato non ha inteso aderire a quell’indirizzo, già riconosciuto dall’Adunanza Plenaria[3]in passato e confermato dalla più recente giurisprudenza[4], che ritiene il meccanismo di esclusione per l’omessa indicazione degli oneri di sicurezza non operante in senso assoluto, dovendo lo stesso essere mitigato dai principi di non discriminazione, di proporzionalità e trasparenza. E’ stato ritenuto preferibile, invece, ribadire che, a norma dell’art. 95, comma 10, del D. Lgs. n. 50/2016 non sussistono più i presupposti per fare ricorso al soccorso istruttorio in caso di mancata indicazione degli oneri per la sicurezza c.d. “interni” o “aziendali”. E’ stato, pertanto, affermato quanto aveva già chiarito la stessa Quinta Sezione in una precedente pronuncia[5], ossia che il legislatore ha definitivamente eliminato ogni incertezza relativamente alla sussistenza dell’obbligo stesso di fornire tali indicazioni e, di conseguenza, non può essere ammessa la procedura di soccorso istruttorio per sopperire alle incompletezze dell’offerta economica. Il percorso interpretativo che ha condotto il Consiglio di Stato a prendere tale decisione, tuttavia, trae origine da un dibattito sorto, come è stato accennato, già nel periodo di vigenza del D. Lgs. n. 163/2006, e alimentato, in seguito, da successive pronunce della Giurisprudenza amministrativa di legittimità, nonché dalla Corte Europea di Giustizia, di cui vale la pena dare atto, nel prosieguo della trattazione, ai fini di una più corretta comprensione della questione. 

La prima questione che venne posta inerente la materia dell’obbligo di indicazione dei costi della manodopera è quella relativa all’ambito di applicazione della norma, a partire dal vecchio codice D. Lgs. n. 163/2006. Venne, infatti, rimessa all’Adunanza Plenaria la soluzione della questione preliminare dell’estensione dell’articolo 87, comma 4, del vecchio Codice anche ai contratti pubblici relativi a lavori. Si chiese in particolare di verificare se, in ogni caso, la sanzione dell’esclusione dovesse essere comminata anche laddove l’obbligo di specificazione degli oneri non fosse stato prescritto dalla lexdi gara; e se, ai fini della soluzione, possa avere rilievo la peculiarità della fattispecie, data dalla circostanza che viene in rilievo in un appalto integrato, caratterizzato dall’affidamento congiunto della progettazione esecutiva e dell’esecuzione dei lavori sulla scorta di un progetto definitivo predisposto dalla stazione appaltante. L’Adunanza Plenaria, rispetto ai quesiti posti, ha ritenuto che nelle procedure di affidamento relative ai contratti pubblici di lavori i concorrenti debbano indicare nell’offerta economica i costi per la sicurezza interni o aziendali. Per la giurisprudenza contraria, invece, negli appalti di lavori la quantificazione dei detti costi è rimessa al piano di sicurezza e coordinamento (in seguito PSC) di cui agli articoli 100 del d.lgs. n. 81 del 2008 e 131 del D. Lgs. 163/2006, venendo integrati questi riferimenti normativi con il richiamo di quanto disposto dal d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207[6], in particolare negli articoli 24, comma 3, 32 e 39[7]. Per l’Adunanza Plenaria, tuttavia, questa tesi non è condivisibile poiché il PSC è riferito ai costi di sicurezza quantificati a monte dalla stazione appaltante, specialmente in relazione alle interferenze, e non alla quantificazione dei costi aziendali delle imprese. Il d.lgs. n. 81 del 2008, il cui art. 100 individua il contenuto del PSC[8], dispone infatti che "il committente o il responsabile dei lavori trasmette il piano di sicurezza e di coordinamento a tutte le imprese invitate a presentare offerte per l'esecuzione dei lavori” e, quanto agli appalti pubblici di lavori, che "in caso di appalto di opera pubblica si considera trasmissione la messa a disposizione del piano a tutti i concorrenti alla gara di appalto "[9]. Non emergono, pertanto, prescrizioni o elementi preclusivi dell’indicazione dei costi interni nelle offerte per l’affidamento di lavori. Questa lettura, per quanto basata sulla formulazione testuale delle norme risulta, però, illogica. Non appare coerente, infatti, imporre alle stazioni appaltanti di prevedere nella determinazione del valore economico di tutti gli appalti l’insieme dei costi della sicurezza, e non imporre ai concorrenti, per i soli appalti di lavori, un identico obbligo di indicazione nelle offerte dei loro costi specifici, il cui calcolo, infine, emergerebbe soltanto in via eventuale, nella non indefettibile fase della valutazione dell’anomalia; così come non si rinviene la ratio di non prescrivere la specificazione dei detti costi per le offerte di lavori, nella cui esecuzione i rischi per la sicurezza sono normalmente i più elevati. Si tratterebbe in definitiva di una normativa che, incidendo negativamente sulla completezza della previsione dei costi per la sicurezza per le attività più rischiose, risulterebbe incoerente con la prioritaria finalità della tutela della sicurezza del lavoro, che ha fondamento costituzionale negli articoli 1, 2 e 4 e, specificamente, negli articoli 32, 35 e 41 della Costituzione,e "trascende i contrapposti interessi delle stazioni appaltanti e delle imprese partecipanti a procedure di affidamento di contratti pubblici, rispettivamente di aggiudicare questi ultimi alle migliori condizioni consentite dal mercato, da un lato, e di massimizzare l’utile ritraibile dal contratto dall’altro"[10]. Per evitare una soluzione ermeneutica irragionevole e incompatibile con le coordinate costituzionali si deve allora accedere ad una interpretazione degli articoli 26, comma 6, del d.lgs. n. 81 del 2008 e 86, comma 3-bis, del Codice, nel senso che l’obbligo di indicazione specifica dei costi di sicurezza aziendali non possa che essere assolto dal concorrente, unico in grado di valutare gli elementi necessari in base alle caratteristiche della realtà organizzativa e operativa della singola impresa, venendo altrimenti addossato un onere di impossibile assolvimento alla stazione appaltante, stante la sua non conoscenza dei costi interni dei concorrenti. Per quanto considerato, si deve allora fare capo ad una lettura delle norme costituzionalmente orientata, unica idonea a ricomporre le incongruenze rilevate, che porta a ritenere l’obbligo dei concorrenti di presentare i costi interni per la sicurezza del lavoro anche nelle offerte relative agli appalti di lavori, ricostruendosi il quadro normativo, in sintesi, nel modo seguente:

-        le stazioni appaltanti, nella predisposizione degli atti di gara per lavori e al fine della valutazione dell’anomalia delle offerte, devono determinare il valore economico degli appalti includendovi l’idonea stima di tutti i costi per la sicurezza con l’indicazione specifica di quelli da interferenze; i concorrenti, a loro volta, devono indicare nell’offerta economica sia i costi di sicurezza per le interferenze (quali predeterminati dalla stazione appaltante) che i costi di sicurezza interni che essi determinano in relazione alla propria organizzazione produttiva e al tipo di offerta formulata;

-        la ratio del puntuale richiamo, nell’art. 87, comma 4, secondo periodo del vecchio Codice, della specifica indicazione dei costi per la sicurezza per le offerte negli appalti di servizi e forniture appare individuabile, in questo quadro, in relazione alla particolare tipologia delle prestazioni richieste per questi appalti rispetto a quelli per lavori e alla rilevanza di ciò nella fase della valutazione dell’anomalia (cui la norma è espressamente riferita); il contenuto delle prestazioni di servizi e forniture può infatti essere tale da non comportare necessariamente livelli di rischio pari a quelli dei lavori, rilevando l’esigenza sottesa alla norma in esame, pur ferma la tutela della sicurezza del lavoro, di particolarmente correlare alla entità e caratteristiche di tali prestazioni la giustificazione dei relativi, specifici costi in sede di offerta e di verifica dell’anomalia.

Ne deriva, pertanto, che, ai sensi dell’art. 46, comma 1-bis, del vecchio Codice, l’omessa specificazione nelle offerte per lavori dei costi di sicurezza interni configura un’ipotesi di "mancato adempimento alle prescrizioni previste dal presente codice" idoneo a determinare "incertezza assoluta sul contenuto dell’offerta" per difetto di un suo elemento essenziale, e comporta perciò, anche se non prevista nella lex specialis, l’esclusione dalla procedura dell’offerta difettosa per l’inosservanza di un precetto a carattere imperativo che impone un determinato adempimento ai partecipanti alla gara non sanabile con il soccorso istruttorio della stazione appaltante, di cui al comma 1 del medesimo articolo, non potendosi consentire di integrare successivamente un’offerta dal contenuto inizialmente carente di un suo elemento essenziale. L’Adunanza Plenaria ha affermato, pertanto, il seguente principio di diritto: “Nelle procedure di affidamento di lavori i partecipanti alla gara devono indicare nell’offerta economica i costi interni per la sicurezza del lavoro, pena l’esclusione dell’offerta dalla procedura anche se non prevista nel bando di gara”.

La stessa giurisprudenza si è interrogata, inoltre, sulla legittimità dell’uso del soccorso istruttorio nei casi in cui la fase procedurale di presentazione delle offerte si sia perfezionata prima della pubblicazione della citata decisione dell’Adunanza Plenaria 20 marzo 2015 n.3. La risposta è stata negativa, perché con la citata decisione dell’Adunanza Plenaria ha espressamente escluso la sanabilità con il soccorso istruttorio dell’omissione dell’indicazione degli oneri di sicurezza aziendale, che si risolverebbe in un’inammissibile integrazione postuma di un elemento essenziale dell’offerta. In tal senso non è apparso opportuno ai giudici aderire alla tesi propugnata dagli appellanti secondo cui, dovrebbe affermarsi che la esclusione dalla gara per non avere indicato gli oneri di sicurezza aziendale potrebbe essere comminata solo per le procedure bandite successivamente alla pubblicazione della decisione della A.P. n. 3 del 2015. Alla stregua di tali  considerazioni l’Adunanza Plenaria ha inteso confermare l’adesione all’impostazione interpretativa seguita dalla pronuncia analizzata in precedenza e affermare il seguente principio di diritto: “non sono legittimamente esercitabili i poteri attinenti al soccorso istruttorio, nel caso di omessa indicazione degli oneri di sicurezza aziendali, anche per le procedure nelle quali la fase della presentazione delle offerte si è conclusa prima della pubblicazione della decisione dell’Adunanza Plenaria n.3 del 2015”[11].

Tale pronuncia di diritto non ha mancato di alimentare perplessità in merito all’aderenza della stessa ai principi euro-unitari, di matrice giurisprudenziale, della tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto, dei principi di libera circolazione delle merci, di libertà si stabilimento e di libera prestazione dei servizi di cui al TFUE, nonché dei principi proprio del nostro diritto interno, come quello della parità di trattamento, della non discriminazione, del muto riconoscimento, della proporzionalità e della trasparenza. Proprio per questo l’Adunanza plenaria, investita della questione, ha chiarito le motivazioni della scelta di pronunciarsi nonostante la pendenza dinnanzi alla Corte di giustizia di una questione analoga a quella oggetto del proprio giudizio, prospettando, sotto il profilo del metodo, tre diverse soluzioni, tutte astrattamente percorribili: 

a) disporre la sospensione c.d. impropria del giudizio, in attesa che si pronunci il giudice europeo, seguendo l’opzione prescelta da varie singole Sezioni del Consiglio di Stato; 

b) sollevare, analogamente a quanto hanno fatto alcuni tribunali amministrativi regionali, una questione pregiudiziale di corretta interpretazione del diritto dell’Unione Europea, per verificare se ed in che misura esso osti all’applicazione del principio di diritto enunciato dalla precedente sentenza n. 9 del 2015; 

c) decidere, comunque, la questione nel merito, riesaminando, anche alla luce dei dubbi di compatibilità comunitaria manifestati dall’ordinanza di rimessione, il proprio orientamento espresso nella citata sentenza n. 9 del 2015.  

L’Adunanza plenaria ha, dunque, ritenuto di optare per l’ultima delle soluzioni indicate, ovvero di esaminare nel merito la questione rimessale dalla Quinta Sezione. Tale scelta corrisponde, infatti, alle richieste delle parti del giudizio di cui si tratta, che hanno manifestato espressamente l’interesse ad avere una decisione immediata del consesso adito, senza attendere i tempi più lunghi richiesti per la decisione della Corte di giustizia sulla questione pregiudiziale di fronte ad essa pendente. Tale soluzione soddisfa, inoltre, una più generale esigenza di sistema, che emerge in maniera chiara ove si consideri che una eventuale mitigazione (o chiarimento) del principio di diritto enunciato nella precedente sentenza n. 9 del 2015 potrebbe sortire il duplice positivo effetto, da un lato, di risolvere in via preventiva i dubbi di compatibilità comunitaria sottesi alla questione pregiudiziale sollevata da numerosi tribunali amministrativi regionali, e, dall’altro, di superare la “causa ostativa” che ha determinato la sospensione ex art. 79, comma 1, c.p.a. di diversi giudizi amministrativi pendenti anche in grado di appello. Del resto, l’esercizio della funzione nomofilattica di cui è titolare l’Adunanza plenaria le impone di considerare ogni esigenza di economia processuale, a maggior ragione se si tiene conto della possibilità, offerta dal presente giudizio, di una pronuncia in tempi più brevi rispetto a quelli occorrenti per la definizione della questione pregiudiziale innanzi alla Corte di giustizia. La questione controversa attiene, come si è detto, alla compatibilità con il diritto dell’Unione Europea del principio di diritto espresso in tema di oneri di sicurezza aziendali dall’Adunanza plenaria con la sentenza n. 9 del 2015 ed al fine di delimitare esattamente il thema decidendum, si è proceduto, anzitutto, a chiarire l’esatta portata precettiva del principio di cui si discute. Nel caso deciso dalla sentenza n. 9 del 2015, all’Adunanza plenaria si chiedeva “di chiarire la legittimità dell’uso dei poteri di soccorso istruttorio nei casi in cui la fase procedurale di presentazione delle offerte si sia perfezionata prima della pubblicazione della decisione dell’Adunanza Plenaria 20 marzo 2015 n.3 (con la quale è stato chiarito che l’obbligo, codificato all’art.87, comma 4, d.lgs.n. 163/2006, di indicazione degli oneri di sicurezza aziendale si applica anche agli appalti di lavori)”. A tale quesito, la sentenza n. 9 del 2015 ha dato una risposta negativa sulla base degli argomenti analizzati in precedenza; enunciando, così, il principio di diritto secondo cui: “non sono legittimamente esercitabili i poteri attinenti al soccorso istruttorio, nel caso di omessa indicazione degli oneri di sicurezza aziendali, anche per le procedure nelle quali la fase della presentazione delle offerte si è conclusa prima della pubblicazione della decisione dell’Adunanza Plenaria n. 3 del 2015”. All’Adunanza plenaria si è chiesto, dunque, non di rivedere integralmente il principio della sentenza n. 9 del 2015, ma di chiarire se tale principio debba operare in senso assoluto oppure se, ricorrendo peculiari circostanze, possa trovare una “mitigazione”, a fronte dell’esigenza di tutelare i principi euro-unitari della tutela dell’affidamento, della certezza del diritto, di parità di trattamento, non discriminazione, proporzionalità e trasparenza. Le circostanze a cui si riferiscono i ricorrenti che giustificano tale temperamento sono quelle che ricorrono nell’ipotesi in cui l’obbligo di indicazione separata non sia stato specificato né nella legge di gara né nell’allegato modello di compilazione per la presentazione delle offerte e dal punto di vista sostanziale l’offerta rispetti i costi minimi di sicurezza aziendale. Al riguardo il Collegio ritiene che, in casi come quello del presente giudizio, l’automatismo dell’effetto escludente si ponga in contrasto con i principi di certezza del diritto, tutela dell’affidamento, nonché con quelli, che assumono particolare rilievo nell’ambito delle procedure di evidenza pubblica, di trasparenza, proporzionalità e par condicio.  Sul punto viene rilevato che la stessa Corte di giustizia, pronunciandosi su una questione pregiudiziale rimessale dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana concernente l’esclusione di una impresa da una gara in ragione del mancato pagamento del contributo all’Autorità di vigilanza dei contratti pubblici previsto dalla legge n. 266/2005, ha enunciato il seguente principio: “Il principio di parità di trattamento e l’obbligo di trasparenza devono essere interpretati nel senso che ostano all’esclusione di un operatore economico da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico in seguito al mancato rispetto, da parte di tale operatore, di un obbligo che non risulta espressamente dai documenti relativi a tale procedura o dal diritto nazionale vigente, bensì da un’interpretazione di tale diritto e di tali documenti nonché dal meccanismo diretto a colmare, con un intervento delle autorità o dei giudici amministrativi nazionali, le lacune presenti in tali documenti. In tali circostanze, i principi di parità di trattamento e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che non ostano al fatto di consentire all’operatore economico di regolarizzare la propria posizione e di adempiere tale obbligo entro un termine fissato dall’amministrazione aggiudicatrice”[12]. La motivazione della sentenza della Corte di giustizia evidenzia che il principio di parità di trattamento impone che tutti gli offerenti dispongano delle stesse possibilità nella formulazione delle loro offerte e implica, quindi, che tali offerte siano soggette alle medesime condizioni per tutti gli offerenti. D’altro canto, secondo la Corte di giustizia, l’obbligo di trasparenza, che ne costituisce il corollario, ha come scopo quello di eliminare i rischi di favoritismo e di arbitrio da parte dell’Amministrazione aggiudicatrice. Tale obbligo implica che tutte le condizioni e le modalità della procedura di aggiudicazione siano formulate in maniera chiara, precisa e univoca nel bando di gara o nel capitolato d’oneri, così da permettere, da un lato, a tutti gli offerenti ragionevolmente informati e normalmente diligenti di comprenderne l’esatta portata e d’interpretarle allo stesso modo e, dall’altro, all’amministrazione aggiudicatrice di essere in grado di verificare effettivamente se le offerte degli offerenti rispondano ai criteri che disciplinano l’appalto in questione[13]. La Corte di giustizia ha anche dichiarato che i principi di trasparenza e di parità di trattamento che disciplinano tutte le procedure di aggiudicazione di appalti pubblici richiedono che le condizioni sostanziali e procedurali relative alla partecipazione ad un appalto siano chiaramente definite in anticipo e rese pubbliche, in particolare gli obblighi a carico degli offerenti, affinché questi ultimi possano conoscere esattamente i vincoli procedurali ed essere assicurati del fatto che gli stessi requisiti valgono per tutti i concorrenti. Determinati principi, nonostante la diversità della fattispecie, assumono, per i giudici nazionali, una particolare rilevanza ai fini della risoluzione della questione rimessa dalla Quinta Sezione. Anche alla luce, infatti, di questo ulteriore contributo offerto dalla giurisprudenza comunitaria, l’Adunanza Plenaria ha ritenuto che la regola dell’esclusione automatica, senza il previo esercizio della soccorso istruttorio, del concorrente che non abbia specificato nell’offerta gli oneri di sicurezza risulti sproporzionata e sostanzialmente iniqua. Nel caso di cui ci si occupa, infatti, l’Amministrazione ha ingenerato in capo ai concorrenti un significativo affidamento circa la non sussistenza dell’obbligo di indicare nell’offerta economica gli oneri di sicurezza.  Non solo, infatti, nei documenti di gara questo obbligo non è stato in alcun modo richiamato, ma anche nella predisposizione dei moduli per la presentazione dell’offerta la stazione appaltante non ha previsto l’indicazione della voce in questione, circostanza quest’ultima che, nonostante la natura non vincolante di tali moduli, assume particolare rilievo se si considera che per adempiere all’obbligo in esame il concorrente avrebbe dovuto, di propria iniziativa, integrare la scheda predisposta dalla stazione appaltante, tramite l’inserimento di una dichiarazione aggiuntiva non richiesta espressamente. La natura incolpevole di tale affidamento e, dunque, per converso, la scusabilità del relativo errore derivante dall’omessa dichiarazione è, peraltro, confermata ulteriormente dalla considerazione che nel caso in esame la fase della presentazione dell’offerta si è esaurita anteriormente alla pubblicazione della sentenza dell’Adunanza plenaria n. 3 del 2015; la quale, sia pure occupandosi precipuamente degli appalti di lavori, ha, comunque, definitivamente chiarito che l’obbligo di indicare gli oneri di sicurezza sussiste per tutti gli appalti pubblici ed opera, ex lege, anche se il bando nulla preveda in tal senso, in virtù del principio di etero-integrazione precedentemente richiamato. In presenza di tali concorrenti circostanze l’applicazione della regola dell’esclusione automatica, senza il previo soccorso istruttorio, si tradurrebbe in un risultato confliggente con i principi euro-unitari di tutela dell’affidamento, di certezza del diritto, di trasparenza, par condicio e proporzionalità. Del resto, osserva l’Adunanza plenaria, gli oneri di sicurezza rappresentano un elemento essenziale dell’offerta - la cui mancanza è in grado di ingenerare una situazione di insanabile incertezza assoluta sul suo contenuto - solo nel caso in cui si contesta al concorrente di avere formulato un’offerta economica senza considerare i costi derivanti dal doveroso adempimento degli obblighi di sicurezza a tutela dei lavoratori. In questa ipotesi, vi è certamente incertezza assoluta sul contenuto dell’offerta e la sua successiva sanatoria richiederebbe una modifica sostanziale del “prezzo”[14].  Laddove, invece, non è in discussione l’adempimento da parte del concorrente degli obblighi di sicurezza, né il computo dei relativi oneri nella formulazione dell’offerta, ma si contesta soltanto che l’offerta non specifichi la quota di prezzo corrispondente ai predetti oneri, la carenza, quindi, non è di carattere sostanziale, ma solo formale.  In questo caso il soccorso istruttorio, chiarisce il Collegio, è doveroso, perché esso non si traduce in una modifica sostanziale del contenuto dell’offerta, ma solo nella specificazione formale di una voce che, pur considerata nel prezzo finale, non è stata indicata dettagliatamente.  In questi termini, quindi, deve essere interpretato il principio di diritto indicato nella sentenza dell’Adunanza plenaria n. 9 del 2015, mitigando il rigore di un esito applicativo che, altrimenti, risulterebbe sproporzionato ed iniquo. Alla luce delle considerazioni che precedono, quindi, l’Adunanza plenaria ha enunciato il seguente principio di diritto: “per le gare bandite anteriormente all’entrata in vigore del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, nelle ipotesi in cui l’obbligo di indicazione separata dei costi di sicurezza aziendale non sia stato specificato dalla legge di gara, e non sia in contestazione che dal punto di vista sostanziale l’offerta rispetti i costi minimi di sicurezza aziendale, l’esclusione del concorrente non può essere disposta se non dopo che lo stesso sia stato invitato a regolarizzare l’offerta dalla stazione appaltante nel doveroso esercizio dei poteri di soccorso istruttorio”.

Come si anticipava, inoltre, prima che l’Adunanza plenaria si esprimesse sull’interpretazione del principio espresso dalla pronuncia n. 9 del 2015 riguardo la conformità dello stesso alla normativa europea, la medesima questione è stata sollevata da diversi tribunali amministrativi regionali.

In particolare, è stata rimessa alla Corte di giustizia la medesima questione pregiudiziale: “Se i principi comunitari di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto, unitamente ai principi di libera circolazione delle merci, di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, di cui al Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), nonché i principi che ne derivano, come la parità di trattamento, la non discriminazione, il mutuo riconoscimento, la proporzionalità e la trasparenza, di cui (da ultimo) alla direttiva n. 2014/24/UE, ostino ad una normativa nazionale, quale quella italiana derivante dal combinato disposto degli artt. 87, comma 4, e 86, comma 3-bis, del d.lgs. n. 163 del 2006, e dall’art. 26, comma 6, del d.lgs. n. 81 del 2008, così come interpretato, in funzione nomofilattica, ai sensi dell’art. 99 cod. proc. amm., dalle sentenze dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato nn. 3 e 9 del 2015, secondo la quale la mancata separata indicazione dei costi di sicurezza aziendale, nelle offerte economiche di una procedura di affidamento di lavori pubblici, determina in ogni caso l’esclusione della ditta offerente, anche nell’ipotesi in cui l’obbligo di indicazione separata non sia stato specificato né nella legge di gara né nell’allegato modello di compilazione per la presentazione delle offerte, ed anche a prescindere dalla circostanza che, dal punto di vista sostanziale, l’offerta rispetti i costi minimi di sicurezza aziendale”[15]. Anche singole Sezioni del Consiglio di Stato, a loro volta, hanno in diverse occasioni disposto la sospensione del giudizio, ai sensi dell’art. 79, comma 1, c.p.a., in attesa della pronuncia della Corte di giustizia[16].  Al fine di rispondere a tale quesito la Corte, in via preliminare, ha chiarito che il principio della parità di trattamento impone che tutti gli offerenti dispongano delle stesse possibilità nella formulazione dei termini delle loro offerte il che implica, quindi, che tali offerte siano soggette alle medesime condizioni per tutti gli offerenti. In particolare, l’obbligo di trasparenza, che costituisce il corollario del principio della parità di trattamento, ha come scopo quello di eliminare i rischi di favoritismo e di arbitrio da parte dell’amministrazione aggiudicatrice. In base a tale obbligo è necessario che tutte le condizioni e le modalità di partecipazione della procedura di aggiudicazione siano formulate in maniera chiara, precisa e univoca nel bando di gara o nel capitolato d’oneri, così da permettere, in primo luogo, a tutti gli offerenti ragionevolmente informati e normalmente diligenti di comprenderne l’esatta portata e d’interpretarle allo stesso modo e, in secondo luogo, all’amministrazione aggiudicatrice di essere in grado di verificare effettivamente se le offerte degli offerenti rispondono ai criteri che disciplinano l’appalto in questione. La Corte ha altresì precisato che i principi di trasparenza e della parità di trattamento richiedono che le condizioni sostanziali  e procedurali relative alla partecipazione a un appalto siano chiaramente definite in anticipo e rese pubbliche, in particolare gli obblighi a carico degli offerenti, affinché questi ultimi possano conoscere esattamente i vincoli procedurali ed essere assicurati del fatto che gli stessi vincoli valgono per tutti i concorrenti. Inoltre, rilevare la Corte,  la direttiva 2004/18, all’allegato VII A, relativo alle informazioni che devono figurare nei bandi e negli avvisi di appalti pubblici, nella sua parte relativa al «Bando di gara», punto 17, prevede che i «criteri di selezione riguardanti la situazione personale degli operatori che possono comportarne l’esclusione  e le informazioni necessarie a dimostrare che non rientrano in casi che giustificano l’esclusione» dalla procedura di aggiudicazione dell’appalto in questione debbano essere menzionati nel bando di gara”[17]. Come risulta dall’insieme delle considerazioni fornite, la Corte ha inteso rispondere alla questione posta dichiarando che il principio della parità di trattamento  e l’obbligo di trasparenza, come attuati dalla direttiva 2004/18, devono essere interpretati nel senso che ostano all’esclusione di un offerente dalla procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico a seguito dell’inosservanza, da parte di detto offerente. I principi della parità di trattamento e di proporzionalità devono inoltre essere interpretati nel senso che non ostano al fatto di concedere a un tale offerente la possibilità di rimediare alla situazione e di adempiere detto obbligo entro un termine fissato dall’amministrazione aggiudicatrice. Per questi motivi, la Sesta Sezione della Corte di Giustizia dichiara: “il principio della parità di trattamento  e l’obbligo di trasparenza, come attuati dalla direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, devono essere interpretati nel senso che ostano all’esclusione di un offerente dalla procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico a seguito dell’inosservanza, da parte di detto offerente, dell’obbligo di indicare separatamente nell’offerta i costi aziendali per la sicurezza sul lavoro, obbligo il cui mancato rispetto è sanzionato con l’esclusione dalla procedura e che non risulta espressamente dai documenti di gara o dalla normativa nazionale, bensì emerge da un’interpretazione di tale normativa e dal meccanismo diretto a colmare, con l’intervento del giudice nazionale di ultima istanza, le lacune presenti in tali documenti. I principi della parità di trattamento e di proporzionalità devono inoltre essere interpretati nel senso che non ostano al fatto di concedere a un tale offerente la possibilità di rimediare alla situazione e di adempiere detto obbligo entro un termine fissato dall’amministrazione aggiudicatrice”.

Anche l’Autorità Nazionale Anticorruzione, a seguito di una richiesta di parere di precontenzioso[18], ha fornito la propria interpretazione sulla questione oggetto di dibattito chiarendo come  fosse necessario definire, preliminarmente, la sussistenza dell’obbligo di indicazione dei costi della  sicurezza e l’eventuale possibile esperibilità del soccorso istruttorio in caso  di mancata dichiarazione. Questioni che, in vigenza del  vecchio codice, ha precisato l’Autorità, giungevano alla conclusione della legittimità dell’esclusione  del concorrente che non aveva indicato i costi di sicurezza, pur se non  espressamente richiesti dalla lex  specialis[19]. A differenza del nuovo codice nuovo Codice che, invece, ha introdotto  una specifica disposizione in merito ai costi aziendali: l’articolo  95, infatti, al comma 10, prevede che nell’offerta economica l’operatore deve indicare i  propri costi aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia  di salute e sicurezza sui luoghi del lavoro.  Il Consiglio di Stato,  nell’Adunanza Plenaria n. 20/2016, come si è detto, ha affermato che 
gli oneri di sicurezza rappresentano un elemento essenziale  dell’offerta, la cui mancanza è in grado di ingenerare una situazione di  insanabile incertezza assoluta sul suo contenuto, ma solo nel caso in cui si contesta al concorrente di aver formulato un’offerta economica senza  considerare i costi derivanti dal doveroso adempimento degli obblighi di  sicurezza a tutela dei lavoratori. In questa ipotesi, vi è certamente  incertezza assoluta sul contenuto dell’offerta e la sua successiva sanatoria  richiederebbe una modifica sostanziale del “prezzo”, in quanto andrebbe  aggiunto l’importo corrispondente agli oneri di sicurezza.

Laddove, invece, non è in  discussione l’adempimento da parte del concorrente degli obblighi di sicurezza,  né il computo dei relativi oneri nella formulazione dell’offerta, ma si  contesta soltanto che l’offerta non specifichi la quota di prezzo  corrispondente ai predetti oneri, la carenza, allora, non è sostanziale ma solo  formale. In questa ipotesi, il soccorso istruttorio - almeno nei casi in cui  l’amministrazione abbia ingenerato nei concorrenti un affidamento circa la non  sussistenza dell’obbligo di indicare nell’offerta economica gli oneri di  sicurezza non prevedendolo negli atti di gara - è doveroso, perché esso non si  traduce in una modifica sostanziale del contenuto dell’offerta, ma solo in una  specificazione formale di una voce che, pur considerata nel prezzo finale, non  è stata indicata dettagliatamente.  Tale orientamento trova  conferma nella successiva soluzione cui è approdata la Corte di giustizia dell’UE con la sentenza Sez.  VI, 10 novembre 2016, C-697/15, che ha evidenziato il necessario rispetto dell’’obbligo del “clare loqui”che incombe sulle stazioni appaltanti, obbligo che è  funzionale a garantire la par condiciofra i concorrenti. La Corte richiama anche l’obbligo di trasparenza, che “ha come scopo quello di eliminare i rischi di favoritismo e di arbitrio  da parte dell’amministrazione aggiudicatrice”, che impone che tutte le  condizioni e le modalità della procedura di aggiudicazione siano formulate in  maniera chiara, precisa e univoca nel bando di gara o nel capitolato d’oneri e  afferma, infine, che i due principi della trasparenza e della parità di  trattamento richiedono che le condizioni sostanziali e procedurali relative  alla partecipazione a un appalto siano chiaramente definite in anticipo e rese  pubbliche, in particolare gli obblighi a carico degli offerenti, affinché  questi ultimi possano conoscere esattamente i vincoli procedurali ed essere  assicurati del fatto che gli stessi vincoli valgono per tutti i concorrenti. Alla luce di tali  considerazioni, l’Autorità Anticorruzione nel caso di specie, trattandosi di procedura di gara indetta in  vigenza del d.lgs. n. 50/2016, nella cui lex  specialisnon era previsto l’obbligo di indicazione degli oneri di  sicurezza, ritiene possa ritenersi applicabile il principio di diritto enunciato dalle  menzionate sentenze, con conseguente applicabilità del soccorso istruttorio  previa necessaria distinzione da parte dell’amministrazione, secondo quanto  chiarito dal Consiglio di Stato, della natura sostanziale o formale  dell’eventuale integrazione degli oneri.
Nel primo caso, infatti, il  soccorso istruttorio non potrebbe essere esperito in quanto il concorrente,  formulando un’offerta economica senza considerare gli oneri di sicurezza, nel  sanare la propria offerta, apporterebbe una modifica sostanziale all’offerta,  in violazione dei principi generali in materia dei contratti pubblici. Nel secondo caso, invece,  avendo il concorrente indicato un prezzo comprensivo degli oneri di sicurezza,  senza tuttavia chiarirne l’importo, l’amministrazione potrebbe procedere alla  richiesta di integrazione mediante soccorso istruttorio, trattandosi di una  specificazione formale di una voce, già prevista nell’offerta, ma non indicata  separatamente. L’Autorità ritiene, dunque, che in una gara indetta in vigenza del d.lgs. n. 50/2016,  nella cui lex specialis non era  previsto l’obbligo di indicare gli oneri di sicurezza aziendale, qualora il  concorrente non li abbia indicati specificamente, l’amministrazione è tenuta ad  applicare il principio del soccorso istruttorio entro i limiti indicati dall’Adunanza Plenaria n. 20 del 27 luglio 2016, nonché secondo i principi  espressi dalla Corte di giustizia nella sentenza del 10 novembre 2016, ovvero  previa verifica dellanatura  sostanziale o formaledell’eventuale  integrazione dell’indicazione degli oneri stessi.

Solo l’entrata in vigore del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 ha, dunque, risolto una questione che, come si è visto, ha alimentato un lungo dibattitto giurisprudenziale precedente. Il legislatore è intervenuto prevedendo espressamente, all’art. 95, comma 10, l’obbligo di indicare gli oneri di sicurezza: “nell'offerta economica l'operatore deve indicare i propri costi aziendali concernenti l'adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro”. Nell’ordinamento nazionale mancava una norma che, in maniera chiara ed univoca, prescrivesse espressamente la doverosità della dichiarazione relativa agli oneri di sicurezza. Tale obbligo, prima della disposizione citata, era frutto di una interpretazione giurisprudenziale del diritto nazionale, consolidatasi per effetto della sentenza dell’Adunanza plenaria n. 9 del 2015, dopo anni di incertezza. Alla luce dei principi enunciati dall’Adunanza plenaria e dalla Corte di giustizia, in modo difforme, tuttavia, da quanto stabilito dalla Sentenza Cons. St. sez. V, n. 5513/del 2018 da cui trae origine l’intera trattazione, deve escludersi che una condizione di partecipazione alla gara possa determinare l’automatica esclusione dell’offerta, senza il previo esercizio del soccorso istruttorio, ove tale condizione non sia espressamente prevista dai documenti di gara e possa essere individuata solo con una interpretazione giurisprudenziale del diritto nazionale.  In quest’ottica, quindi, a fronte di una offerta carente della separata indicazione degli oneri di sicurezza, la doverosità del soccorso istruttorio sussiste anche per le gare in cui la fase delle offerte si sia perfezionata dopo la pubblicazione della sentenza dell’Adunanza plenaria n. 9 del 2015. Depone inequivocabilmente in tale direzione l’affermazione contenuta nella sentenza della Corte di giustizia citata, secondo cui una condizione derivante dall’interpretazione del diritto nazionale sarebbe particolarmente sfavorevole per gli offerenti stabiliti in altri Stati membri, il cui grado di conoscenza del diritto nazionale e della sua interpretazione può non essere comparabile a quello degli offerenti nazionali. 

 

[1]Cons. St. Sez. V, 25 settembre 2018, n. 5513

[2]art. 87, comma 4, D. Lgs. n. 163/2006.

[3]Cons. St., A.P., 27 luglio 2016, n. 20. 

[4]Cons. St., sez. III, 21 aprile 2018, n. 2254.

[5]Cons. St., sez. V, 7 febbraio 2018, n. 815. 

[6]recante il regolamento di attuazione del codice.

[7]Cons. St., sez. V,  n. 3056 del 2015; n. 4964 del 2013.

[8]con la stima dei costi della sicurezza quali indicati nell’allegato xv.

[9]art. 101, comma 1.

[10]Cons. St., sez. V, n. 3056 del 2014.

[11]Cons. St., A. P., 9 novembre 2015, n.9.

[12]Corte di giustizia, sez. VI., 2 giugno 2016, C-27/15, Pippo Pizzo.

[13]Corte di Giustizia, 9 febbraio 2006, C‑226/04 e C‑228/04,La cascina e a..

[14]perché andrebbe aggiunto l’importo corrispondente agli oneri di sicurezza inizialmente non computati.

[15]T.A.R. Piemonte, ordinanza 16 dicembre 2015, n. 1745; T.A.R. Campania, Napoli, ordinanza 27 gennaio 2016, n. 451; T.A.R. Molise, sentenza 12 febbraio 2016, n. 77; T.A.R. Marche ordinanza 19 febbraio 2016, n. 451.

[16]Cons. St., sez. VI, ordinanza 20 giugno 2016 n. 2703; Cons. St., sez. V, ordinanze 3 marzo 2016 n. 886 e 7 aprile 2016, n. 1385; Cons. St., sez. III, ordinanza 9 marzo 2016, n. 957.

[17]Corte di Giustizia, 2 giugno 2016, C‑27/15, Pippo Pizzo.

[18]art. 211, comma 1, del d.lgs.50/2016.

[19]Cons. St., A.P., n. 9/2015.