Tar Sardegna, sez. I, 4 marzo 2019, n. 192.

La sopravvenienza normativa che impone la modifica del contenuto dell’oggetto di un appalto aggiudicato in via provvisoria rappresenta un “factum principis” che rende giuridicamente impossibile l’oggetto della gara e determina l’insorgenza di un mutamento della situazione di fatto non prevedibile che giustifica ex sé la scelta di revocare la procedura di gara.

Tale ipotesi di revoca è provvedimento sostanzialmente imposto laddove la sopravvenienza normativa determina l’impossibilità sopravvenuta dell’efficacia degli atti di gara. In tale situazione, la Stazione Appaltante è esonerata dall’effettuare un puntuale bilanciamento degli interessi in giuoco, potendo limitarsi a richiamare l’intervenuta modifica dell’assetto normativo. 

La natura oggettiva ed insuperabile del motivo che ha condotto alla revoca consente di ritenere superabile, per il tramite del meccanismo sanante di cui all’art. 21 ocites 2° comma, l’illegittimità correlata alla mancata comunicazione dell’avvio del procedimento di revoca.

Il danno per mancato utile e quello cd. curriculare rifondono la lesione all’interesse cd. “positivo” all’aggiudicazione che postula l’illegittimità dell’impugnato provvedimento di revoca. Pertanto, in presenza di un provvedimento legittimo, l’eventuale danno sofferto è arrecato al cd. “interesse negativo” e la componente del lucro cessante si ricollega soltanto alle occasioni di guadagno perdute per effetto della trattativa inutile.

La responsabilità precontrattuale della P.A. per i danni sofferti a causa della lamentata violazione degli obblighi informativi non si configura allorquando manchi la concreta lesione alla posizione giuridica di legittimo affidamento del privato. Tale posizione non emerge ove il privato, in ossequio al principio di autoresponsabilità, avrebbe potuto e dovuto reperire autonomamente le informazioni utili alla contrattazione.

Il risarcimento del danno da ritardo non può essere accordato in assenza del previo e tempestivo esperimento del corrispondente strumento di tutela rappresentato, nel caso specifico, dall’azione avverso il silenzio inadempimento che avrebbe imposto all’amministrazione la rapida definizione dell’iter procedimentale e posto fine alla situazione di incertezza. 

 

Sull’onere motivazionale della revoca:

Conforme: CdS. sez. V, 1 aprile 2015, n° 2019

 

Sulla responsabilità precontrattuale della P.A.

Conforme: CdS. A.P. n° 5 del 4 maggio 2018.

 

Sul legittimo affidamento

Conforme: Cass. Civ. sez. III n° 6337 del 26 giugno 1998

Difforme in parte: Cass. Civ. sez. I, n° 9636 del 12.5.2015

 

Sull’operatività degli artt. 30 c.p.a. e 1227 c.c.:

Conformi:

- CdS A.P. n° 3 del 22 marzo 2011;

- CdS sez. IV, n° 5762 del 8.10.2018 (con valorizzazione della valutazione della scelta processuale in concreto e non in astratto);

Difforme: CdS sez. VI^ 4283 del 15/9/2015.

 

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 845 del 2018, proposto da
Serphin S.r.l., rappresentata e difesa dall'avvocato Michele Perrone, con domicilio digitale come da P.E.C. da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Decimomannu, rappresentato e difeso dall'avvocato Giuseppe Martelli, con domicilio digitale come da P.E.C. da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Cagliari, via San Lucifero n. 56;

per l'annullamento:

- della determinazione n. 1353 del 18.9.2018, comunicata a mezzo P.E.C. il 21.9.2018 dal Comune di Decimomannu, afferente la revoca della procedura negoziata indetta ai sensi dell'art. 36, comma 2, lett. b), del d.lgs. n. 50/2016;

nonchè:

- per la conseguente declaratoria che la ricorrente è la legittima aggiudicataria della procedura di garade qua,con la conseguente condanna dell'Amministrazione al risarcimento del danno da pronunciarsi nella forma della reintegrazione in forma specifica, mediante l'aggiudicazione dell'appalto e la sottoscrizione del contratto;

- in via ulteriormente gradata, per la declaratoria che la ricorrente è legittimata ad ottenere il risarcimento per equivalente monetario ai sensi e nei termini di cui all'art. 30, comma 5, del c.p.a.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati.

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Decimomannu.

Visti tutti gli atti della causa.

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 febbraio 2019 il dott. Antonio Plaisant e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale.

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con determinazione dirigenziale 30 giugno 2017, n. 907, poi rettificata con determinazione 23 ottobre 2017, n. 1407, il Comune di Decimomannu aveva indetto una manifestazione di interesse per l’affidamento, con procedura negoziata ai sensi dell’art. 36, comma 2, lett. b), del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, del servizio di “Inserimento e postalizzazione dei verbali di contestazione al codice della strada”, con durata triennale e base d’asta di euro 131.400,00, dando atto che alla fase di selezione delle offerte sarebbero stati invitati cinque operatori economici.

Con nota del 14 luglio 2018 la Serphin s.r.l. (da qui in poi soltanto “Serphin”) aveva manifestato il proprio interesse alla procedura dianzi descritta, dichiarando il possesso di tutti i requisiti soggettivi di ammissione.

Il Comune, con nota del 27 ottobre 2017, aveva invitato la Serphin a formulare la propria offerta, anche se poi, con nota del 31 ottobre 2017, le aveva comunicato l’intervenuta rettifica della lettera d’invito e del capitolato e, di conseguenza, in data 31 ottobre 2017 la stessa Serphin aveva stipulato con Italsoft S.r.l. un contratto di avvalimento finalizzato al possesso del nuovo requisito di partecipazione da ultimo inserito nella lettera d’invito, cioè“aver realizzato un fatturato minimo globale, comprensivo di un determinato fatturato minimo nel settore oggetto dell’appalto, non inferiore a € 43.800,00 annuali e non inferiore a € 131.400,00 negli ultimi tre esercizi disponibili (2013, 2014, 2015)”.

Con determinazione 15 novembre 2017, n. 1534, il Comune di Decimomannu ha provvisoriamente aggiudicato il servizio a Serphin e avviato la procedura di verifica del possesso dei requisiti soggettivi dichiarati in sede di partecipazione alla gara, nel frattempo prorogando per sessanta giorni, con determinazione 16 novembre 2017, n. 1548, l’affidamento del servizio in essere al gestore uscente Maggioli S.p.A.

Con nota dell’11 dicembre 2017 Serphin ha comunicato al Comune di essere pronta a prendere in carico del servizio che le era stato provvisoriamente aggiudicato, nonché a porre in essere, congiuntamente al Comando di Polizia Municipale, le verifiche necessarie in odine alle modalità di interscambio dei dati e di acquisizione dei flussi di stampa dalsoftwaregestionale in uso al Comando stesso.

Con successiva nota del 28 febbraio 2018 la stessa Serphin ha chiesto informazioni al Comune in ordine allo stato della procedura di verifica dei requisiti soggettivi, ricevendo in risposta la nota 7 marzo 2018, n. 4916, con cui le è stato comunicato che“l’Amministrazione scrivente ha provveduto ad espletare le attività di verifica delle dichiarazioni rese sia da codesta ditta che dalla ditta ausiliaria ed è tuttora in attesa dei riscontri da parte degli Uffici competenti. Sarà cura della scrivente procedere all’aggiudicazione definitiva e ai conseguenti adempimenti non appena in possesso della documentazione necessaria”.

Con nota del 4 giugno 2018, a seguito di colloqui informali con alcuni funzionari, Serphin ha evidenziato allo stesso Comune di Decimomannu che“l’art. 83, comma 3, lett. e) del d.lgs. n. 159/2011 prevede che la documentazione antimafia non è richiesta “per i provvedimenti gli atti ed i contratti il cui valore complessivo non superiore a 150.000 euro” e che“in ogni caso, ai sensi del comma 4 e 4-bis del d.lgs. 159/2011, decorso il termine di trenta giorni dalla richiesta della documentazione antimafia, gli enti procedono anche in assenza della certificazione antimafia, previa acquisizione di autocertificazione (già prodotta in sede di gara)”, sollecitando, in conclusione, l’adozione del provvedimento di aggiudicazione definitiva e la stipula del conseguente contratto.

Non avendo ricevuto risposta, con nota del 27 agosto 2018 Serphin ha chiesto ulteriormente chiarimenti, evidenziando, tra l’altro, che:“detta persistente situazione di incertezza crea disagio alla scrivente società per la quale la commessa in oggetto è di vitale importanza. Nell’attesa dell’avvio del servizio, i fattori della produzione restano immobilizzati e ciò aggrava il pregiudizio patito dalla scrivente”, senza ottenere risposta

Infine, con determinazione 18 settembre 2018, comunicata all’odierna ricorrente in data 21 settembre 2018, il Comune di Decimomannu ha disposto la revoca dell’intera procedura di gara per sopravvenute ragioni di interesse pubblico, rilevando che:

- non aveva ancora ottenuto le certificazioni necessarie al riscontro del possesso dei requisiti soggettivi da parte della Serphin;

- la prestazione fissata dai prodromici atti di gara non risultava più conforme al quadro normativo di riferimento e, in particolare, a quanto previsto dal sopravvenuto decreto interministeriale 18 dicembre 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 16 gennaio 2018 e recante la nuova“Disciplina delle procedure per la notificazione dei verbali di accertamento delle violazioni del codice della strada, tramite posta elettronica certificata”, con il quale era stato previsto che le contravvenzioni per violazione del codice della strada fossero notificate mediante posta elettronica certificata ai destinatari muniti della relativa casella;

- era, comunque, opportuno “arricchire” la prestazione richiesta al gestore del servizio con ulteriori profili prestazionali come“il collegamento del software di elaborazione dati con un portale direttamente collegato al sito istituzionale dell’Ente a disposizione del cittadino; la consulenza giuridica in caso di contenzioso per tutta la durata contrattuale; l’attività di rinotifica dei verbali non notificati previa acquisizione delle informazioni anagrafiche; l’adeguamento del software al sistema PAGOPA;…la verifica dei requisiti di partecipazione in tempi minimi mediante l’utilizzo di piattaforme telematiche e PASSOE”-necessari allo“snellimento dell’attività gravante sul Servizio di Polizia Locale”e ad assicurare“un servizio continuo e aggiornato agli attuali sistemi di comunicazione e di pagamento”;

- tutto ciò rendeva necessaria l’indizione di un nuova gara per l’affidamento del diverso servizio sopra descritto, previa revoca di quella in cui Serphin era risultata provvisoriamente aggiudicataria.

Con il ricorso in esame la Serphin ha chiesto, in via principale, l’annullamento di tale provvedimento di revoca e la reintegrazione in forma specifica con aggiudicazione dell'appalto e sottoscrizione del relativo contratto, in via subordinata l’accertamento della responsabilità precontrattuale del Comune e il conseguente risarcimento del danno.

Il ricorso è affidato a censure che saranno esaminate nella parte in diritto.

Si è costituito in giudizio il Comune di Decimomannu, sollecitando la reiezione del ricorso.

Con nota del 6 novembre 2018 Serphin ha rinunciato all’istanza cautelare proposta nell’atto introduttivo.

È seguito lo scambio di memorie con cui ciascuna delle parti ha ulteriormente argomentato le proprie tesi.

Alla pubblica udienza del 20 febbraio 2019 la causa è stata definitivamente trattenuta in decisione

DIRITTO

1. Con la prima, articolata, censura, dedotta in via principale, parte ricorrente deduce l’illegittimità del provvedimento di revoca e chiede di ottenere l’aggiudicazione del servizio.

Prima di tutto si osserva che l’assunto della difesa comunale secondo cui la ricorrente avrebbe rinunciato a tali domande (vedi memoria di replica del Comune in data 8 febbraio 2019) non trova conforto negli atti di causa, dai quali emerge, invece, che la ricorrente ha rinunciato alla sola istanza cautelare, con nota del 6 novembre 2018.

Pertanto le domande principalmente proposte dalla ricorrente devono essere esaminate nel merito, distinguendo le diverse argomentazioni su cui si basano.

1.1. Prima di tutto la ricorrente ritiene che nel caso ora in esame non sussistessero le“sopravvenute ragioni di interesse pubblico”richieste ai fini della revoca dall’art. 21quinquiesdella legge 7 agosto 1990, n. 241;

- tale non sarebbe, prima di tutto, il mancato reperimento delle certificazioni sui requisiti soggettivi di Serphin, che non le sarebbe, comunque, addebitabile;

- neppure la revoca troverebbe giustificazione nella dichiarata opportunità di “arricchire” la prestazione richiesta all’appaltatore con nuovi servizi richiesti, in quanto ciò configurerebbe un “mero ripensamento” della stazione appaltante, come tale non ricollegabile ad alcun elemento oggettivo sopravvenuto;

- neppure sarebbe sufficiente il richiamo alla necessità di adeguare il servizio a quanto richiesto dal decreto interministeriale 18 dicembre 2017 –con cui era stato introdotto, dopo l’aggiudicazione provvisoria, l’obbligo di notifica delle contravvenzioni mediante posta elettronica certificata- in quanto tale previsione“non costituisce una innovazione di tipo sostanziale, bastevole ad indurre la Stazione appaltante a revocare la gara e, dunque, a travolgere la determinazione di aggiudicazione provvisoria in favore dell’odierna ricorrente…Il Decreto in parola, infatti, non ha espunto dall’ordinamento giuridico il tradizionale procedimento notificatorio a mezzo posta, limitandosi ad introdurre l’obbligatorietà della notificazione a mezzo PEC nel caso in cui l’autore della violazione al codice della strada abbia fornito un valido indirizzo PEC all’organo di polizia procedente ovvero abbia un domicilio digitale ai sensi dell’art. 3 – bis CAD. E’ evidente che sul piano operativo l’obbligo di notifica a mezzo PEC - peraltro già previsto dall’art. 47 del CAD - riguardi una piccolissima parte dei contravventori e cioè quelli dotati di PEC (imprese e professionisti). A ben vedere, dunque, tale nuova modalità di notificazione non ha inciso in modo sostanziale sull’oggetto della gara e sulle modalità di esecuzione del servizio, costituendo un mero miglioramento operativo, sotto il profilo dell’efficienza, relativo soltanto ad alcune categorie di contravventori, cui l’odierna ricorrente avrebbe potuto agevolmente far fronte, a parità di condizioni poiché la notifica a mezzo PEC è più agevole di quella ordinaria. A confermare tale assunto, peraltro, è l’incontestabile circostanza secondo cui, ad oggi, anche a seguito della pubblicazione del Decreto in esame, il servizio di che trattasi è ancora gestito, in regime di proroga, dalla Società Maggioli Tributi S.r.l., sicché non è agevole comprendere le ragioni logico giuridiche per cui l’odierna ricorrente non avrebbe potuto adeguarsi a tale nuova modalità di notifica, mentre la Maggioli ha potuto farlo in esecuzione di un contratto scaduto da anni”(così, testualmente, in ricorso).

1.1.1. Tale prospettazione non può essere condivisa.

Come si è visto l’atto di ritiro si fonda su diversi profili motivazionali, ragion per cui Serphin -per vedere accolta la propria domanda impugnatoria- dovrebbe dimostrare la fallacia di tutte le relative argomentazioni, mentre così non è in quanto il Collegio giudica corretto ed esaustivo, quanto meno, l’assunto motivazionale relativo alla necessità di rifare la gara a causa dell’intervenuto decreto interministeriale 18 dicembre 2017, che ha innovativamente imposto la notifica delle multe mediante posta certificata.

Al riguardo si osserva, nel dettaglio, quanto segue.

1.1.1.1. È pacifico tra le parti che la suddetta modalità di notifica non fosse prevista nella prima gara e ciò, a ben vedere, è di per sé sufficiente a confutare la tesi della ricorrente, atteso che l’innovativa disciplina dettata dal decreto interministeriale ha introdotto nella vicenda amministrativa unfactum principische ha reso “giuridicamente impossibile” l’oggetto della gara stessa, giacché l’attuazione della prestazione da essa prevista avrebbe configurato il servizio di notifica in termini difformi a quanto richiesto dalla vincolante disciplina normativa (ormai) vigente al momento della sua esecuzione: si è, dunque, in presenza di quel“mutamento della situazione di fatto non prevedibile al momento dell'adozione del provvedimento”che, per espressa previsione dell’art. 21quinquiesdella legge generale sul procedimento amministrativo, giustifica la scelta di revocare le procedura di gara.

1.1.1.2. Né assume rilievo l’ulteriore assunto difensivo della ricorrente secondo cui -già prima del suddetto decreto interministeriale- l’art. 47 del d.lgs. 7 marzo 2005 n. 82 (Codice dell’Amministrazione Digitale) consentiva la notificazione degli atti amministrativi mediante posta elettronica certificata: è del tutto evidente, infatti, come la previgente previsione di questa modalità di notifica “in termini di possibilità” sia cosa ben diversa dalla successiva configurazione della stessa come “obbligo giuridico”, condizionante la legittimità dell’azione amministrativa, per cui l’entrata in vigore del decreto interministeriale ha, comunque, rappresentato una sopravvenienza che legittimava la revoca dei precedenti atti di gara.

1.1.1.3. Così come non può condividersi l’ulteriore assunto di Serphin secondo cui l’obbligo di notifica mediante posta elettronica riguarderebbe“una piccolissima parte dei contravventori e cioè quelli dotati di PEC (imprese e professionisti). A ben vedere, dunque, tale nuova modalità di notificazione non ha inciso in modo sostanziale sull’oggetto della gara e sulle modalità di esecuzione del servizio, costituendo un mero miglioramento operativo, sotto il profilo dell’efficienza, relativo soltanto ad alcune categorie di contravventori, cui l’odierna ricorrente avrebbe potuto agevolmente far fronte, a parità di condizioni poiché la notifica a mezzo PEC è più agevole di quella ordinaria”.

È questa, infatti, una petizione di principio giuridicamente inesatta, giacché l’entità qualitativa e quantitativa della nuova prestazione non assume ovviamente rilievo ai fini del contendere, essendo pacifico che -una volta indetta la gara per l’affidamento di un determinato servizio- la stazione appaltante non può -senza indire un nuova gara- in alcun modo modificareex postla prestazione inizialmente dedotta in rapporto, perché questo comporterebbe la violazione dei fondamentali principi di correttezza, libera concorrenza, non discriminazione e pubblicità delle procedure selettive di cui all’art. 30 del Codice dei contratti pubblici; tanto è vero che le ipotesi in cui lo stesso Codice lascia alla stazione appaltante un (limitato)ius variandisono tassative (in materia, ad esempio, diproject financing, servizi e forniture complementari) e presuppongono che tale facoltà sia sin dall’inizio prevista dallalex specialis, affinché se ne tenga conto ai fini della determinazione iniziale del valore dell’appalto, nonché a presidio della generale correttezza della procedura selettiva.

1.1.1.4. Né, ovviamente, rileva il fatto che la concorrente sostenga ora di essere disposta ad accettare l’esecuzione della prestazione aggiuntiva a titolo gratuito, giacché tale affermazione si scontra, se non altro, con il fatto che persino l’affidamento di prestazioni a titolo gratuito è oggetto di necessario confronto concorrenziale, ove esse rispondano a un oggettivo interesse dell’appaltatore, come ormai definitivamente chiarito in sede giurisprudenziale (cfr.,ex multis, Consiglio di Stato, Sez. V, 3 ottobre 2017, n. 4614).

1.1.1.5. Infine si osserva, per quanto si tratti di aspetto non direttamente incidente sulla decisione della controversia, che l’affermazione della ricorrente secondo cui, pur a seguito della pubblicazione del citato decreto interministeriale, il servizio sarebbe tuttora“gestito, in regime di proroga, dalla Società Maggioli Tributi S.r.l.”,ha trovato efficace smentita da parte del Comune, il quale nella memoria difensiva dell’1 febbraio 2019 ha evidenziato che la nuova gara -ove la prestazione richiesta è stata integrata con l’obbligo di notifica delle multe via P.E.C.- si è ormai conclusa con l’esclusione del gestore uscente Maggioli S.r.l. e l’affidamento del servizio al diverso gestore Sapidata S.p.A.

1.2. La ricorrente lamenta, poi, il fatto che l’impugnato provvedimento non contenga alcun dato motivazionale relativo al “bilanciamento” tra l’interesse pubblico alla rimozione dei precedenti atti di gara e l’interesse privato coinvolto, quello della stessa Serphin all’aggiudicazione del servizio, e sostiene che ciò comporti l’illegittimità dell’atto impugnato, avendo il legislatore subordinato l’esercizio del potere di revoca proprio alla motivata prevalenza di un interesse pubblico attuale al ritiro del provvedimento sull’affidamento che quest’ultimo ha ingenerato nel destinatario dei suoi effetti.

1.2.1. Tale argomentazione non può essere condivisa.

Al riguardo va ribadito che la revoca di cui ora si discute è stata disposta in ragione di unfactum principis, cioè di una sopravvenienza normativa incompatibile con la prestazione originariamente prevista, che ha reso impossibile l’attuazione del programma negoziale cristallizzato nei primi atti di gara: tra tutte le ipotesi di revoca, dunque, quella ora in esame è la “meno discrezionale”, in quanto ricollegabile a un dato giuridico ostativo all’applicazione degli atti amministrativi inizialmente adottati. In simili ipotesi, dunque, la revoca è sostanzialmente “imposta” e sul piano sistematico-funzionale si traduce in una sorta di presa d’atto dell’impossibilità sopravvenuta del’efficacia provvedimentale, analogamente a quanto si verifica nel settore civilistico delle obbligazioni, con la differenza, però, che nel caso ora in esame -essendo la revoca intervenuta prima della stipulazione del contratto e della stessa aggiudicazione definitiva- non vi era alcun obbligo della stazione appaltante, bensì un “rapporto procedimentale” in corso di svolgimento.

Pertanto, in simili casi, il provvedimento di revoca trova adeguata giustificazione nel fatto in sé della sopravvenienza giuridica ostativa (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 21 aprile 2015, n. 2019, 29 dicembre 2014, n. 6406 e 26 settembre 2013, n. 4809) e perciò la sua motivazione può legittimamente limitarsi ad essa, senza bisogno di alcun bilanciamento tra i diversi interessi in gioco.

1.3. Infine la ricorrente deduce la violazione dell’art. 8 della legge n. 241/1990 per mancata notifica del preavviso di avvio del procedimento di revoca.

Tale censura è chiaramente infondata perché il motivo della revoca -quanto meno quello relativo alla sopravvenienza del decreto interministeriale- era, come evidenziato, oggettivo e insuperabile, ragion per cui la ricorrente, anche se fosse stata preventivamente notiziata dell’avvio del procedimento, non avrebbe potuto apportare alcun elemento utile a scongiurare il ritiro dell’intera procedura di gara, come ora definitivamente confermano le argomentazioni difensive sostanziali che la stessa Serphin ha speso nel presente giudizio, come si è visto non meritevoli di accoglimento; sussistono, dunque, i presupposti per l’applicazione al caso in esame del “meccanismo sanante” di cui all’art. 21octiesdella legge n. 241/1990: cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 13 agosto 2018, n. 4918, secondo cui“Le garanzie procedimentali, a partire da quelle degli artt. 7 e segg., l. n. 241 del 1990, sono poste a tutela di concreti interessi e non devono risolversi in inutili aggravi procedimentali; poiché l'obbligo di comunicazione dell'avvio del procedimento non va inteso in senso formalistico, ma risponde all'esigenza di provocare l'apporto collaborativo da parte dell'interessato, esso viene meno qualora nessuna effettiva influenza avrebbe potuto avere la partecipazione del privato rispetto alla concreta portata del provvedimento finale, come prevede l' art. 21 octies, comma 2, della stessa l. n. 241 del 1990 , che reca una norma processuale applicabile anche ai procedimenti in corso o già definiti alla data di entrata in vigore della legge medesima”.

2. Ciò chiarito si deve procedere nell’esame della domanda proposta in via subordinata, che ha a oggetto la responsabilità precontrattuale del Comune resistente e, su tale presupposto, il risarcimento della lesione dell’interesse negativo subita dalla ricorrente a causa dell’inutile prolungarsi della vicenda amministrativa, dopo l’iniziale aggiudicazione provvisoria (nel novembre 2017) e prima che venisse adottato il provvedimento di revoca (a settembre 2018).

2.1. La ricorrente affida tale domanda ad argomentazioni che possono sintetizzarsi nei termini di seguito esposti:

- la condotta tenuta dal Comune nel citato lasso di tempo sarebbe contraria ai canoni di lealtà, correttezza e buona fede di cui agli artt. 1337 e 1338 c.c.;

- questo perché, dopo l’iniziale aggiudicazione provvisoria, l’Amministrazione avrebbe lasciato l’interessata, per circa dieci mesi (da novembre 2017 a settembre 2018), in una situazione di obiettivo affidamento sul positivo esito della procedura di verifica dei positivi soggettivi, in quanto -a fronte delle reiterate richieste di informazione- le avrebbe più volte fornito risposte interlocutorie e, comunque, tali da non far presagire il conclusivo provvedimento di revoca, tutto questo nonostante il decreto interministeriale (poi giudicato ostativo alla stipula del contratto) fosse in vigore sin dal gennaio 2018;

- ciò emergerebbe dal preciso andamento dei fatti, nei termini di seguito esposti;

- con un prima nota dell’11 dicembre 2017 Serphin aveva confermato la propria disponibilità a porre in essere quanto necessario alla materiale presa in carico del servizio e con successiva nota del 28 febbraio 2018 aveva chiesto informazioni sui tempi di formalizzazione dell’aggiudicazione definitiva;

- a ciò aveva dato riscontro il Comune con nota 7 marzo 2018, n. 4916, senza fare cenno all’entrata in vigore del decreto interministeriale ed evidenziando soltanto che“l’Amministrazione scrivente ha provveduto ad espletare le attività di verifica delle dichiarazioni rese sia da codesta ditta che dalla ditta ausiliaria ed è tuttora in attesa dei riscontri da parte degli Uffici competenti. Sarà cura della scrivente procedere all’aggiudicazione definitiva e ai conseguenti adempimenti non appena in possesso della documentazione necessaria”;

- le successive richieste di informazioni della ricorrente, inviate in data 4 giugno 2018 e 27 giugno 2018, erano rimaste senza riscontro da parte del Comune;

- solo con l’impugnata determinazione 18 settembre 2018, n. 1353 (a distanza di dieci mesi dall’aggiudicazione provvisoria del 15 novembre 2017) il Comune ha, infine, disposto la revoca dell’intera procedura di gara;

- con tale complessiva l’Amministrazione avrebbe violato i propri doveri di correttezza e buona fede precontrattuale, con particolare riferimento al dovere di piena e tempestiva informazione dell’esistenza di circostanze ostative all’attuazione del rapporto programmato, il che configurerebbe diretta violazione -oltre che dell’art. 1337- anche dell’art. 1338 c.c., laddove considera scorretto il comportamento della parte in trattativa la quale non verifichi e comunichi tempestivamente all’altra l’esistenza di una causa di invalidità del futuro contratto;

- a conferma della rilevanza a fini risarcitori del comportamento scorretto tenuto dal Comune deporrebbe, altresì, il lungo protrarsi della descritta situazione di incertezza, legato alla reiterata violazione dei propri obblighi informativi da parte del Comune;

- ciò avrebbe cagionato una consistente lesione del c.d. “interesse negativo”, della ricorrente, in termini sia di danno emergente (complessivamente pari a euro 31.834,54, di cui euro 1.000,00 per la redazione dell’offerta e euro 30.834,54 per il costo dei dipendenti mantenuti in organico dalla Serphin, per undici mesi, al solo scopo di trovarsi pronta all’esecuzione del servizio), sia di lucro cessante (complessivamente pari a euro 16.108,60, di cui euro 9.538,60 per il mancato utile dell’appalto e 6.570,00 per il c.d. danno curricolare).

Tale prospettazione non è, però, condivisa dal Collegio, per diverse e concorrenti ragioni.

2.1.1. Cominciando dall’ultima parte di tale prospettazione, relativa alla prova e alla quantificazione del danno asseritamente patito dalla ricorrente, si osserva che:

- la voce di danno emergente relativa ai costi sostenuti per pagare gli stipendi dei dipendenti mantenuti in servizio in vista dell’esecuzione del servizio è priva di prova sotto il profilo dell’ane, comunque, del nesso causale con la condotta contestata all’Amministrazione resistente ascritta, non essendo possibile comprendere perché la ricorrente, sempre che non abbia, nel frattempo, utilizzato quella forza lavoro per lo svolgimento di altre commesse, il che escluderebbe in apice il danno lamentato, abbia assunto numerosi dipendenti ancor prima di avere ottenuto -non solo la stipulazione del contratto, atto finale della vicenda, ma anche l’aggiudicazione definitiva; la ricorrente, in altre parole, chiede di essere risarcita di costi che paiono da ricondurre, più che altro, alla sua scelta imprenditoriale di procurarsi tutti i dipendenti necessari allo svolgimento di un servizio sul quale, in quel momento, aveva ottenuto la sola aggiudicazione provvisoria, che notoriamente non radica alcuna certezza in ordine al buon esito della vicenda contrattuale;

- entrambe le voci di danno che la Serphin riconduce, invece, al lucro cessante -in specie il mancato profitto dell’appalto e il danno curricolare- nulla hanno a che vedere con una domanda risarcitoria prospettata in termini di responsabilità precontrattuale: tali voci di danno, infatti, presuppongono l’illegittimità del provvedimento lesivo, tanto da essere tradizionalmente ascritte al c.d. “interesse positivo”, mentre nel caso in esame è stata già accertata la legittimità del provvedimento finale di revoca (vedisupra) e, in ogni caso, è la stessa ricorrente a ricollegare tali pretese risarcitorie a una presunta responsabilità precontrattuale pubblica, la quale, per definizione, investe il diverso profilo del c.d. “interesse negativo”, per cui, con specifico riferimento al lucro cessante, riguarda soltanto le “occasioni perdute” per la trattativa inutile, che nel caso di specie l’interessata non ha, però, dimostrato e neppure allegato.

In base a quanto esposto, dunque, l’unica voce che potrebbe astrattamente essere riconosciuta alla ricorrente è quella relativa alle spese (di euro 1.000) sostenute per la redazione dell’offerta, ma la domanda risarcitoria deve essere respinta anche sotto questo profilo, non essendo in radice configurabile l’invocata responsabilità precontrattuale pubblica, per le ragioni che si passa a illustrare.

2.1.2. Come noto la responsabilità precontrattuale pubblica si basa su presupposti sostanzialmente coincidenti con quelli civilistici, in particolare: una condotta complessivamente scorretta della stazione appaltante, la quale abbia cagionato un’ingiusta lesione all’affidamento del privato interessato (c.d. “danno evento”), da quest’ultimo non evitabile comportandosi diligentemente (c.d. “autoresponsabilità”) e dalla quale siano, infine, derivati concreti danni all’interesse negativo (c.d. danno conseguenza); inoltre la condotta tenuta dall’Amministrazione deve essere valutabile in termini di dolo o colpa.

Nel caso ora in esame si riscontrano solo alcuni, e non tutti, questi fondamentali presupposti.

È vero, per un verso, che la condotta di parte resistente non è stata completamente consona ai generali canoni di correttezza e buona fede, laddove il Comune di Decimomannu:

- non ha tempestivamente ed espressamente concluso la procedura di verifica dei requisiti soggettivi all’esito dell’aggiudicazione provvisoria, per la quale l’art. 32, comma 6, del Codice dei contratti pubblici fissa il termine di trenta giorni, suscettibile di una sola interruzione per motivi istruttori;

- neppure ha tempestivamente informato controparte della propria intenzione di revocare l’intera gara dopo l’entrata in vigore del decreto interministeriale 18 dicembre 2017, che aveva imposto nuove modalità di notifica delle multe comunali (vedisupra).

Ma è, altrettanto evidente, per converso, che tale condotta comunale non ha giuridicamente prodotto alcuna lesione dell’altrui affidamento e questo perché la ricorrente, se si fosse comportata diligentemente, avrebbe potuto acquisire autonoma contezza dell’impedimento sopravvenuto all’aggiudicazione definitiva del servizio, rappresentato, come detto, dall’entrata in vigore del decreto interministeriale che aveva introdotto una nuova -e non prevista in gara- modalità di notifica delle multe.

Si osserva, al riguardo, che secondo un orientamento giurisprudenziale sostanzialmente consolidato, il principio di autoresponsabilità, quale strumento di “concreta declinazione” dei reciproci doveri delle parti in fase precontrattuale, impone a ciascuna di informarsi costantemente su ogni circostanza capace di incidere sul buon esito della trattativa; di tal che, alla stregua di tale principio, la violazione degli obblighi informativi da parte di uno dei soggetti in trattativa non comporta a suo carico alcun obbligo risarcitorio precontrattuale laddove l’altro oggetto, comportandosi diligentemente e perciò in modo conforme al principio di autoresponsabilità, avrebbe potuto acquisire autonomamente la relativa informazione.

È esattamente ciò che si è verificato nel caso in esame.

Difatti la sopravvenienza ostativa al buon esito della procedura di gara è stata rappresentata da un decreto interministeriale pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 16 gennaio 2018 (appena due mesi dopo l’aggiudicazione provvisoria a Serphin), del quale quest’ultima avrebbe potuto e dovuto assumere autonoma conoscenza, per trarne le dovute conseguenze, nel rispetto del noto canone secondo cuiignorantia legis non excusat,operante -e con ancora meno deroghe ed eccezioni che in campo penale- pure nel settore civilistico e in quello amministrativistico (si veda, a questo specifico riguardo,ex multis, la sentenza della Corte di Cassazione 26 giugno 1998, n. 6337, pronunciata proprio in materia di responsabilità precontrattuale, ove la stessa fu esclusa “a carico del contraente che abbia omesso di far rilevare alla controparte l’esistenza di una causa di invalidità del negozio, se questa deriva da una norma imperativa o proibitiva di legge, o da altre norme aventi efficacia di diritto obiettivo, tali cioè da dover essere note per presunzione assoluta alla generalità dei cittadini e, comunque, tali che la loro ignoranza bene avrebbe potuto o dovuto essere superata attraverso un comportamento di normale diligenza”.

Del resto tale approccio rigoroso nella verifica dei presupposti della responsabilità precontrattuale è perfettamente corrispondente ai generali canoni civilistici di tutela dell’affidamento, che sempre lo declinano come “affidamento incolpevole”, per evitare un utilizzo abusivo dello strumento e garantire il correlativo rispetto del “canone di reciprocità” dei doveri di buona fede e diligenza delle parti in trattativa, specialmente laddove, come nel caso in esame, a invocare la responsabilità precontrattuale sia un soggetto professionale, per definizione tenuto a informarsi diligentemente su tutte le circostanze incidenti sulla concreta possibilità di attuazione del programma negoziale.

Infine vi è un ulteriore elemento che si frappone all’accoglimento delle richieste risarcitorie di parte ricorrente.

Si tratta del fatto che –a partire dalla scadenza del termine di trenta giorni dall’aggiudicazione provvisoria previsto dalla legge per la conclusione della procedura di verifica dei requisiti soggettivi, dunque a decorrere dal 15 dicembre 2017- la Serphin avrebbe potuto porre fine alla situazione di incertezza sull’esito della vicenda semplicemente proponendo ricorso avverso il silenzio inadempimento serbato dell’Amministrazione, rimedio notoriamente assistito da un rito processuale accelerato che consente di ottenere la sentenza di condanna a provvedere in breve tempo.

Ciò, invece, l’interessata non ha fatto e tale scelta processuale depone ora in senso contrario al riconoscimento delle sue istanze risarcitorie, ai sensi e per gli effetti quanto previsto dagli artt. 1227 c.c. e 30 c.p.a., nonché alla luce dell’orientamento giurisprudenziale, assolutamente prevalente, secondo cui la tutela risarcitoria del danno da ritardo presuppone, sotto il profilo sostanziale, il previo e tempestivo esperimento del corrispondente strumento di tutela in forma specifica, costituito, per l’appunto, dal ricorso per silenzio inadempimento (cfr.,ex multise da ultimo, Consiglio di Stato, Sez. IV, 6 dicembre 2018, n. 271).

Per quanto premesso il ricorso deve essere respinto, seppur con integrale compensazione delle spese di lite, sussistendo giusti motivi.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Prima), definitivamente pronunciando, respinge il ricorso in epigrafe proposto.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Cagliari nella camera di consiglio del giorno 20 febbraio 2019 con l'intervento dei magistrati:

Dante D'Alessio, Presidente

Antonio Plaisant, Consigliere, Estensore

 

 

Guida alla lettura

Con la sentenza in commento il TAR Sardegna, nell’affermare la legittimità del provvedimento di revoca di una procedura di gara aggiudicata in via provvisoria alla ricorrente, si sofferma sulle peculiarità che connotano l’atto di ritiro nel caso in cui questo sia giustificato da un imprevisto mutamento della situazione di fatto conseguente all’intervenuta modifica del quadro normativo, tale da rendere impossibile l’oggetto dell’appalto.

Il Tribunale Sardo coglie, inoltre, l’occasione per delineare i presupposti e gli elementi necessari al riconoscimento della pretesa al risarcimento del danno in presenza di una prospettata responsabilità precontrattuale della P.A.

La vicenda attiene all'appalto per il servizio di inserimento e postalizzazione dei verbali di contestazione al codice della strada indetto da un’Amministrazione Comunale aggiudicato provvisoriamente nel settembre del 2017 alla ricorrente.

Questa, con successive note del dicembre 2017, febbraio, giugno e agosto 2018 invitava la stazione appaltante a completare la procedura e ad accordare la definitiva aggiudicazione della commessa in proprio favore.

L’amministrazione, al contrario, con determinazione del settembre 2018 disponeva la revoca dell’intera procedura di gara per sopravvenute ragioni di interesse pubblico collegate ad una pluralità di profili, relativamente ai quali rivestiva rilievo centrale il mutamento del quadro normativo di riferimento che imponeva l’espletamento di una prestazione difforme da quella declinata negli atti di gara.

Con Decreto interministeriale del 18 settembre 2017, infatti, era stato introdotto a carico delle P.A. l’obbligo di notifica dei verbali di accertamento al Codice della Strada mediante posta elettronica certificata a tutti i destinatari muniti della relativa casella, mentre il disciplinare di gara prevedeva quale unica modalità di notifica quella cartacea.

L’aggiudicataria provvisoria impugnava tale intervento in autotutela lamentando l’assenza dei presupposti per la revoca, l’omesso bilanciamento dei contrapposti interessi coinvolti e la mancata comunicazione di avvio del relativo procedimento.

Infine, censurava la condotta dell’Ente che aveva inutilmente, e con modalità scorrette, prolungato la vicenda amministrativa dopo l’iniziale aggiudicazione provvisoria e prima che venisse disposta la revoca.

Il TAR Sardegna, nel respingere tutte le domande formulate dalla ricorrente, evidenzia, in primo luogo, che l’introduzione dell’obbligo di notificare tramite PEC gli atti di contestazione al codice della strada sancito dal Decreto Interministeriale rappresenta un “factum principis” che “ha reso giuridicamente impossibile l’oggetto della gara” e che giustifica la scelta di revocare la relativa procedura.

Osserva il TAR che in presenza di tale prescrizione normativa “la stazione appaltante non può, senza indire una nuova gara, in alcun modo modificare ex post la prestazione inizialmente dedotta in rapporto, perchè questo comporterebbe la violazione dei fondamentali principi in materia di (…) procedure selettive.”

Con riguardo al lamentato mancato bilanciamento tra l’interesse pubblico alla rimozione dei precedenti atti e l’interesse della ricorrente all’aggiudicazione del servizio, il Collegio evidenzia come nella fattispecie in esame l’intervento di ritiro della procedura si rivelasse “sostanzialmente imposta” traducendosi in una “sorta di presa d’atto dell’impossibilità sopravvenuta dell’efficacia provvedimentale”. Ciò in quanto la revoca per sopravvenuto mutamento della situazione di fatto conseguente alla sopravvenienza normativa “è la meno discrezionale” tra quelle contemplate dall’art. 21 quinques e comporta la necessaria prevalenza dell’interesse pubblico al ritiro dell’atto.

Tale sottolineatura consente di ricondurre tale intervento nell’ambito di ciò che la manualistica definisce in termini di “abrogazione” o revoca “impropria”. Il provvedimento di secondo grado qui è imposto dalla presenza di circostanze obiettive sopravvenute, ovvero dal mutamento delle originarie condizioni di fatto o di diritto che rendono necessaria la cessazione dell’efficacia di un precedente atto amministrativo.

La natura oggettiva ed insuperabile della ragione che giustificava la revoca dà, inoltre, evidenza della sostanziale inutilità di qualsivoglia apporto partecipativo del ricorrente ai fini di un differente esito della vicenda.

Per tale motivo il Collegio ascrive l’omessa comunicazione di avvio del procedimento al novero delle carenze procedimentali suscettibili di veder applicato il meccanismo sanante di cui all’art. 21 octies 2° comma.

Affermata la legittimità dell’atto di revoca, il TAR Sardegna passa ad affrontare la domanda proposta in via subordinata, finalizzata ad ottenere il riconoscimento del risarcimento del danno per responsabilità precontrattuale.

Il rilevante lasso temporale trascorso tra la formulata proposta di aggiudicazione a favore dell’impresa ricorrente e la revoca della procedura aveva, a giudizio della ricorrente, prodotto una prolungata situazione di incertezza con conseguente compromissione della posizione di legittimo affidamento in merito al conseguimento della commessa e correlati pregiudizi economici.

In particolare, la ricorrente avanza la pretesa alla rifusione dei costi sostenuti per la partecipazione alla procedura, del mancato guadagno e del cd. danno curriculare.

Il TAR Sardegna respinge, però, in toto la domanda avanzata.

In particolare, evidenzia come, stante la legittimità del provvedimento di revoca, la pretesa risarcitoria non possa che venire ricondotta all’eventuale lesione del cd. interesse negativo nel cui ambito non sono ricompresi né il danno da mancato utile, né il danno curriculare. Tali voci, infatti, rifondono l’eventuale compromissione dell’interesse cd. positivo da mancata aggiudicazione.

Il Collegio osserva, ancora, come la prospettata voce di danno emergente conseguente ai costi sostenuti per pagare gli stipendi dei dipendenti mantenuti in servizio in vista dell’esecuzione del servizio, non possa essere riconosciuta in quanto lo stato della procedura era tale da “non radicare alcuna certezza in ordine al buon esito della vicenda contrattuale”. D’altronde, non solo non si era ancora addivenuti alla stipula del contratto, ma non era intervenuta neppure l’aggiudicazione definitiva.

Il Tribunale Sardo esamina, quindi, l’unica voce di danno astrattamente pretendibile dalla ricorrente, afferente ai costi per la partecipazione alla gara, rilevando tuttavia che neppure questi sono riconoscibili.

Infatti, il TAR evidenzia come nel caso in questione manchi l’elemento della lesione (cd. danno evento) alla posizione di legittimo affidamento.

Si osserva che “la ricorrente, se si fosse comportata diligentemente, avrebbe potuto acquisire autonoma contezza dell’impedimento sopravvenuto all’aggiudicazione definitiva (rectius provvisoria) del servizio, rappresentato, come detto, dall’entrata in vigore del decreto interministeriale che aveva introdotto una nuova -e non prevista in gara- modalità per la notifica delle multe”.

Coerentemente con l’approccio operante in ambito civilistico, l’affidamento per ritenersi legittimo deve infatti essere incolpevole e quindi supportato dalla dimostrazione della buona fede soggettiva (da escludersi in presenza di norme imperative la cui ignoranza bene avrebbe potuto o dovuto essere superata attraverso un comportamento di normale diligenza). Ciò soprattutto quando “a invocare la responsabilità precontrattuale sia un soggetto professionale per definizione tenuto a informarsi diligentemente su tutte le circostanze incidenti sulla concreta possibilità di attuazione del programma negoziale”.

Il Collegio sottolinea, infine, come osti al riconoscimento della pretesa risarcitoria avanzata dalla ricorrente anche il contegno tenuto dall’impresa successivamente al decorso del termine di cui all’art. 33 comma 1 del d.lgs 50/2016 che prevede che la proposta di aggiudicazione sia soggetta ad approvazione dell’organo competente nel rispetto dei termini dallo stesso previsti o, in mancanza, di quello di 30 giorni.

Il TAR mostra di considerare, infatti, non sufficienti le istanze sollecitatorie stragiudiziali formulate dalla ricorrente nei confronti della Stazione appaltante nel corso della vicenda, in quanto la mancata tempestiva attivazione del rimedio giurisdizionale specifico, consistente nella proposizione del ricorso avverso il silenzio-inadempimento, depone in senso “contrario al riconoscimento delle sue istanze risarcitorie, ai sensi e per gli effetti di quanto previsto dagli artt. 1227 e 30 cpa”.

Con tale ultimo passaggio, il TAR mostra di aderire al più rigoroso orientamento, patrocinato dall’Adunanza Plenaria (A.P. 3 del 22.3.2011) secondo cui “le scelte processuali di tipo omissivo possono costituire in astratto comportamenti apprezzabili ai fini della esclusione o della  mitigazione del danno e di ritenere, per converso, inidonei i rimedi “anche di natura extraprocessuale (ad esempio una istanza di autotutela, un ricorso amministrativo, una sollecitazione mediante diffida), diversi e meno onerosi (anche dal punto di vista economico) rispetto alla proposizione della domanda giudiziale” (cfr. CdS sez. VI^ 4283 del 15/9/2015).