A distanza di circa un anno e mezzo dalla prima stesura del documento di consultazione pubblicato sul sito dell’Autorità Nazionale Anticorruzione il 10 aprile 2017, con delibera n. 907 del 24.10.2018 ha finalmente visto la luce il testo definitivo delle Linee guida n. 12 in materia di “affidamento dei servizi legali”.
Nell’esercizio del potere di regolazione riconosciuto dall’art. 213, comma 2, d. lgs. n. 50/2016, l’ANAC ha finito così per aderire ai “suggerimenti” avanzati dal Consiglio di Stato, che, con i pareri n. 2109 del 6 ottobre 2017 e n. 2017 del 3 agosto 2018, aveva sostanzialmente posto un veto alla soluzione originariamente paventata dalla predetta Authority nella bozza delle Linee guida in questione, consistente nell’indifferenziato assoggettamento di tutti gli affidamenti di incarichi legali alle regole proprie dell’evidenza pubblica.
Il tutto in evidente distonia rispetto all’orientamento giurisprudenziale[1] consolidatosi sotto la vigenza del d. lgs. 163/2006, che invece aveva correttamente prospettato una summa divisio tra singolo incarico di patrocinio legale, in cui la scelta del difensore dell’Ente non poteva che avvenire intuitu personae, da un lato, e l’affidamento dell’attività di assistenza giuridica avente carattere seriale e continuativo, assoggettata, per contro, alla disciplina applicabile agli appalti di servizi, dall’altro.
Nella “premessa” delle Linee guida che entreranno in vigore 15 giorni dopo la loro pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, l’ANAC ha, dunque, dato atto della presenza, all’interno del nuovo Codice dei contratti pubblici, di due distinte fonti regolatrici della materia dell’affidamento dei servizi legali.
Ed invero, viene anzitutto in rilievo l’art. 17, comma 1, lett. d), che menziona tra i contratti di appalto esclusi dall’ambito oggettivo di applicazione del d. lgs. n. 50/2016 quelli concernenti, tra gli altri, l’affidamento di servizi di rappresentanza legale in procedimenti dinanzi ad organi giurisdizionali (ovvero in procedimenti arbitrali o di conciliazione), consulenza legale in previsione di uno di detti procedimenti, certificazione o autenticazione di documenti, nonché di ogni altro servizio legale che risulti connesso, anche occasionalmente, all'esercizio dei pubblici poteri.
La seconda tipologia di incarichi è, invece, quella presa in considerazione dal combinato disposto di cui all’art. 140 ed all’Allegato IX, concernente l’affidamento dei servizi legali diversi da quelli esclusi a mente del citato art. 17, comma 1, lett. d), il quale deve senza meno avvenire all’esito di una vera e propria procedura di gara, sia pure caratterizzata da un regime semplificato sotto il profilo degli adempimenti pubblicitari.
Tanto premesso, l’ANAC, riprendendo la distinzione operata dai Giudici di Palazzo Spada con la nota pronuncia n. 2730/2012, chiarisce che, per un verso, “l’affidamento dei servizi legali costituisce appalto, con conseguente applicabilità dell’allegato IX e degli articoli 140 e seguenti del Codice dei contratti pubblici, qualora la stazione appaltante affidi la gestione del contenzioso in modo continuativo o periodico al fornitore nell’unità di tempo considerata (di regola il triennio)”; per l’altro, “l’incarico conferito ad hoc costituisce invece un contratto d’opera professionale, consistendo nella trattazione della singola controversia o questione, ed è sottoposto al regime di cui all’articolo 17 (contratti esclusi)”.
In altri termini, il discrimine tra le due tipologie di incarichi legali non viene individuato nel contenuto della prestazione professionale (essendo i servizi legali c.d. esclusi quasi integralmente sovrapponibili a quelli costituenti appalti di servizi ex artt. 140 e ss. del Codice), bensì nella dimensione dell’incarico - anche sotto il profilo temporale - e nella conseguente diversa tipologia di contratto stipulato con il professionista incaricato.
In particolare, ai fini dell’ascrivibilità dei servizi legali alla disciplina propria dei c.d. contratti esclusi, rileva, stando a quanto previsto dal paragrafo 1 delle Linee guida in commento, “la circostanza che l’incarico venga affidato, nel rispetto dei principi recati dall’articolo 4 del Codice dei contratti pubblici, per un’esigenza puntuale ed episodica della stazione appaltante”.
In tal caso, l’affidamento dell’incarico legale deve avvenire, a prescindere dall’importo del contratto, unicamente nel rispetto dei principi - sanciti dall’art. 4 del Codice per tutti i contratti esclusi dall’ambito di applicazione dello stesso - di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, tutela dell’ambiente ed efficienza energetica (cfr. par. 3.1 Linee guida n. 12).
In realtà, anche nel testo definitivo delle Linee guida in commento, così come originariamente prospettato nella precedente bozza, l’Autorità Anticorruzione finisce con il desumere dai principi applicabili ai contratti esclusi un vero e proprio procedimento ad evidenza pubblica, così depotenziando, di fatto, l’annunciata distinzione tra incarichi inquadrabili nel novero dei contratti d’opera professionale ex art. 2229 c.c., da un lato, e appalti di servizi legali, dall’altro.
Sia pure con una previsione di carattere non vincolante, nel paragrafo 3.1.3 si rileva come “rientra nelle migliori pratiche per l’affidamento dei servizi legali di cui all’articolo 17 del Codice dei contratti la costituzione di elenchi di professionisti, eventualmente suddivisi per settori di competenza, previamente costituiti dall’amministrazione mediante una procedura trasparente e aperta, pubblicati sul proprio sito istituzionale”.
Nello specifico, ai fini dell’iscrizione nel predetto elenco, i soggetti interessati saranno tenuti a dimostrare il possesso dei requisiti richiesti da un apposito avviso pubblico volto all’acquisizione di manifestazioni di interesse, comprovabili sulla scorta dei curricula ovvero di sintetiche schede riepilogative della carriera professionale dei candidati stessi.
Si tratta, come si può notare, di una disciplina assimilabile in larga parte alla procedura negoziata con consultazione tramite elenchi di operatori economici prevista dall’art. 36, comma 2, lett. b) del Codice per i contratti di servizi (e forniture) di importo inferiore alle soglie comunitarie.
Quanto ai criteri di selezione degli operatori qualificati iscritti nel predetto elenco, l’ANAC, accogliendo in toto i rilievi prospettati dal Consiglio di Stato nel parere n. 2017/2018, suggerisce di prendere in considerazione i seguenti elementi di valutazione:
a) l’esperienza e la competenza tecnica nella materia oggetto del contendere ovvero della consulenza legale da prestarsi in vista di un procedimento (giurisdizionale, arbitrale o di conciliazione) anche solo potenziale;
b) la (eventuale) pregressa proficua collaborazione con la stazione appaltante con riferimento alla medesima questione giuridica controversa;
c) il costo del servizio, valutabile solo a parità di competenze professionali tra due o più operatori iscritti all’elenco.
Sotto quest’ultimo profilo, l’ANAC tiene a precisare come, pur dovendo l’affidamento essere improntato al rispetto del principio di economicità dell’azione amministrativa, “il risparmio di spesa non è il criterio guida nella scelta che deve compiere l’amministrazione”, essendo quest’ultima semplicemente tenuta ad accertare la congruità ed equità del compenso, anche tenuto conto dei parametri fissati con D.M. 8.3.2018 n. 37 in tema di liquidazione dei compensi, nonché del confronto con il costo sostenuto in relazione ad affidamenti precedenti o analoghi, finanche di altre stazioni appaltanti.
Si deve altresì rilevare come la circostanza per cui la selezione del soggetto affidatario dell’incarico legale ex art. 17, comma 1, lett. d) avvenga anche in tal caso all’esito di “un effettivo confronto concorrenziale” risponde all’esigenza, evidenziata ancora una volta dalla Commissione Speciale nell’adunanza del 9 aprile 2018, di operare una “procedimentalizzazione nella scelta del professionista al quale affidare l’incarico di rappresentanza in giudizio (o in vista di un giudizio) dell’amministrazione, evitando scelte fiduciarie ovvero motivate dalla <<chiara fama>> (spesso non dimostrata) del professionista. La conformazione ad un procedimento fa in modo che la scelta sia trasparente, rispettosa del principio della parità di trattamento, imparziale, tale da evitare lo spreco di risorse pubbliche e, al contempo, idonea perseguire nel modo più opportuno l’interesse pubblico”[2].
In tal senso, si può ritenere come la soluzione propugnata dal Consiglio di Stato nel parere n. 2017/2018, e successivamente fatta propria dall’ANAC, assuma una posizione mediana tra la componente fiduciaria enfatizzata nella pronuncia n. 2730/2012 della V Sezione – in ragione della prevalenza del lavoro personale sull’organizzazione di mezzi che caratterizza il singolo incarico di patrocinio legale – e l’impostazione tout court pubblicistica di cui alla prima stesura delle Linee guida in tema di affidamento di servizi legali.
Sotto tale profilo, le illustrate garanzie procedimentali rispondono all’esigenza, a più riprese sottolineata dalla Giurisprudenza contabile anche con riferimento all’affidamento di servizi legali di carattere episodico, di “assicurare il miglior utilizzo delle risorse pubbliche”, in ragione della “impossibilità di considerare la scelta dell’avvocato esterno all’Ente come connotata da carattere fiduciario”[3].
La procedimentalizzazione dell’affidamento del singolo incarico di patrocinio legale trova, tuttavia, un bilanciamento nel ridimensionamento del ruolo inizialmente attribuito nella bozza delle Linee guida al principio di rotazione.
In piena aderenza al suggerimento avanzato dalla Commissione Speciale del Consiglio di Stato nel più volte citato parere del 3 agosto 2018 – secondo cui l’applicazione del ridetto principio doveva essere contemperata con “la necessità di tener conto delle specifiche competenze tecniche richieste per lo svolgimento dell’incarico” – l’ANAC puntualizza, ancora una volta al paragrafo 3.1.3, che quello di rotazione, lungi dal configurarsi quale criterio prioritario di scelta del professionista, può essere impiegato solo “in relazione all’affidamento di incarichi di minore rilevanza, ad esempio perché seriali o di importo contenuto”.
Fermo restando che la stazione appaltante dovrà, in ogni caso, garantire l’equa ripartizione degli incarichi al fine di evitare il consolidarsi di rendite di posizione, con la precisazione per cui il profilo selezionato dovrà comunque essere adeguato all’oggetto e alla competenza professionale richiesta per lo svolgimento dell’attività oggetto di affidamento.
Una menzione a sé stante merita la distinta e autonoma procedura di affidamento diretto dei servizi legali ex art. 17, comma 1, lett. d), che richiede, anzitutto, una puntuale motivazione dell’Amministrazione nel corpo della determina a contrarre.
Nelle Linee guida vengono, poi, enucleate due ipotesi tipiche che possono dar luogo all’affidamento dell’incarico in assenza di un previo confronto concorrenziale tra due o più professionisti: viene in rilievo, in primo luogo, il caso degli incarichi conseguenziali o complementari, che possono essere rimessi al medesimo professionista, in ossequio ai principi di efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa, a condizione che l’esercizio di tale facoltà da parte della stazione appaltante sia stato espressamente indicato nell’avviso relativo all’affidamento del primo incarico.
Altra fattispecie che, ai sensi del paragrafo 3.1.4.2 delle Linee guida ANAC, può legittimare l’affidamento diretto in favore di un determinato professionista “di fiducia” dell’Amministrazione è quella connessa alla “assoluta particolarità della controversia ovvero della consulenza, ad esempio per la novità del thema decidendum o comunque della questione trattata”.
Sotto tale profilo, occorre evidenziare come nella versione definitiva delle Linee guida n. 12 sia scomparso il riferimento, tra le ipotesi di affidamento diretto, alla presenza di ragioni d’urgenza, le quali, alla stregua delle previsioni contenute nella bozza sottoposta al vaglio del Consiglio di Stato, potevano giustificare una deroga rispetto alla regola generale della preventiva valutazione comparativa dei profili professionali dei candidati, a condizione che la sussistenza di esigenze impellenti non fosse imputabile all’inerzia della Stazione appaltante.
Ancora una volta, dunque, l’Autorità Nazionale Anticorruzione sembra aver fatto proprie le indicazioni formulate dal Consiglio di Stato in sede consultiva, nella parte in cui, dopo aver premesso la natura oramai marginale delle ipotesi legittimanti l’affidamento diretto a fronte della tendenza delle pubbliche Amministrazioni di affidare l’intero contenzioso (ovvero la consulenza in vista di una determinata controversia) ad un singolo professionista (anche costituito in forma associata), aveva sottolineato l’esigenza di ancorare le ipotesi di affidamento diretto alla sussistenza di una “effettiva particolarità … diversa e strettamente collegata alla natura della controversia (si pensi, a solo titolo esemplificativo, ad una questione nuova non ancora esaminata dalla giurisprudenza)”[4].
In conclusione, ad avviso di chi scrive, la linea di demarcazione tracciata dall’ANAC a seconda della natura isolata ovvero continuativa e periodica dell’incarico oggetto di affidamento consente di ritenere definitivamente superati i numerosi dubbi interpretativi sorti all’indomani della pubblicazione dello schema di Linee guida in materia di servizi legali.
Tuttavia, non si può sottacere come, nonostante l’avvenuto ridimensionamento della portata applicativa del principio di rotazione in fase di scelta del professionista, l’affidamento del singolo incarico di patrocinio legale sia comunque ben lontano dalla vocazione fiduciaria al medesimo riconosciuta, quale contratto d’opera professionale, dal pacifico orientamento formatosi sotto la vigenza del Codice De Lise.
Ed invero, sebbene si sia valorizzata la necessità di tenere in considerazione le specifiche competenze professionali necessarie per l’espletamento dell’incarico, la scelta del difensore o del consulente legale, al netto delle limitate ipotesi in cui può farsi luogo all’affidamento diretto, deve comunque avvenire a valle di un vera e propria procedura comparativa tra più soggetti iscritti in appositi elenchi in possesso di determinati requisiti e sulla scorta di criteri oggettivi e non discriminatori.
Con la precisazione per cui, trattandosi di contratti esclusi dell’ambito oggettivo di applicazione del Codice, l’accertamento della sussistenza dei requisiti di moralità non può avvenire con lo stesso rigore formale previsto dall’art. 80, d. lgs. n. 50/2016[5].
Sotto tale profilo, è evidente che l’ANAC ha per molti versi disatteso le considerazioni formulate dal Consiglio Nazionale Forense[6] che, tra gli altri argomenti sollevati a confutazione delle conclusioni rassegnate dall’ANAC nella prima bozza delle Linee guida in commento, aveva evidenziato la necessità di recuperare la causa, intesa come funzione economico-individuale del contratto di patrocinio legale, che, implicando l’esercizio di poteri e prerogative che afferiscono alla c.d. amministrazione della Giustizia, vale nettamente a distinguerlo dalla più generica figura del mandato.
Resta incontestata, invece, la necessità di assoggettare alle regole dell’evidenza pubblica la seconda tipologia di incarichi legali, quella cioè consistente nell’attività di assistenza e consulenza giuridica di carattere seriale, e non già riferita ad uno specifico bisogno precedentemente individuato, per il cui espletamento è richiesta una specifica organizzazione di mezzi e persone, con gestione a rischio dell’esecutore del servizio ai sensi dell’art. 1655 c.c.
In tal caso, puntualizza l’ANAC al paragrafo 3.2.4, la stazione appaltante potrà esigere il possesso di determinati requisiti di idoneità professionale (iscrizione in Albi o Elenchi), nonché di capacità tecnica e professionale (quale l’attestazione di esperienze maturate nel medesimo settore oggetto di affidamento) ed economico-finanziaria (ovvero livelli minimi di fatturato, proporzionati all’importo del contratto).
Proprio con riferimento alla dimostrazione del possesso dei requisiti di qualificazione, l’ANAC, ritenendo condivisibile la proposta formulata nel corpo del parere del Consiglio di Stato n. 2017/2018, ha previsto che, per favorire l’accesso al mercato in questione da parte dei giovani professionisti, questi ultimi possono, in alternativa al fatturato, produrre altra documentazione idonea, quale “una copertura assicurativa della responsabilità civile e degli infortuni derivanti dall’esercizio della professione di avvocato con condizioni e massimali delle polizze superiori a quelli minimi stabiliti dal Ministero della Giustizia ai sensi dell’articolo 12, comma 5, della legge 31 dicembre 2012, n. 247”.
Considerato, in definitiva, come ad essere scriminante sia la natura dell’esigenza difensiva dell’Ente (contingente e predeterminata, da un lato, ovvero seriale e non determinabile ex ante, dall’altro) che l’attività del professionista è destinata a soddisfare, l’Autorità nazionale anticorruzione invita le Stazioni appaltanti ad individuare con esattezza la tipologia dei bisogni di volta in volta sottesi agli affidamenti di incarichi legali, “anche allo scopo di evitare il frazionamento artificioso della commessa, vietato ai sensi dell’articoli 51 del Codice dei contratti pubblici”.
[1] Inaugurato dalla sentenza della Sezione V del Consiglio di Stato n. 2730 dell’11.5.2012.
[2] cfr. Cons. Stato, Commissione Speciale, parere n. 2017 del 3.8.2018.
[3] cfr. Corte Conti, Sez. Reg. Controllo Emilia-Romagna, n. 156/2017; in tal senso, si veda anche Corte Conti, Sez. Reg. Controllo Emilia-Romagna, delibera n. 105/2018/VSGO del 22.5.2018.
[4] cfr. Cons. Stato, Comm. Speciale, parere n. 2017/2018 cit..
[5] cfr. Linee guida ANAC n. 12, paragrafo 3.1.5.
[6] cfr. parere del CNF del 15.12.2017.