Cons. Stato, sez. V, 16 novembre 2018, n. 6468
1. La difformità tra la documentazione presentata in sede di gara rispetto a quanto previsto nella Lettera di Invito sub specie di requisiti di qualificazione soggettivi, impedisce evidentemente la formulazione di un’offerta consapevole e sortisce in modo evidente l’effetto di limitare in modo illegittimo la partecipazione alla gara. Tale circostanza risulta di per sé dirimente al fine di dichiarare l’illegittimità delle prescrizioni della lex specialis e – in via mediata – al fine di giustificare il disposto annullamento in autotutela. Inoltre, a fronte di dubbi di ordine qualificatorio, l’espressa qualificazione offerta dalla stessa stazione appaltante riveste un ruolo e un’importanza del tutto centrali: nella difficoltà di qualificare la richiesta inerente le “Certificazioni di Enti accreditati” quale requisito di qualificazione soggettivo ovvero quale specifica tecnica inerente la lavorazione o il prodotto offerto, i potenziali offerenti non possono che riporre un legittimo affidamento sulla litera della legge di gara, la quale espressamente include tali richieste nell’ambito dei “Requisiti di qualificazione supplementari”.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3710 del 2018, proposto dalla società Prati Armati S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe Velluto e Gaetano Alfarano, con domicilio eletto presso lo studio Giuseppe Velluto in Roma, via delle quattro Fontane, 20
contro
Associazione d'Irrigazione Ovest Sesia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Emanuela A. Barison, Giorgio Malinverni e Gianluca Contaldi, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Emanuela Antonella Barison in Giustizia, PEC Registri;
Regione Piemonte non costituita in giudizio
nei confronti
Puricelli Ambiente Verde S.r.l., Bertini S.r.l. non costituiti in giudizio;
per la riforma della sentenza del T.A.R. del Piemonte, Sezione II; n. 262/2018
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Associazione d'Irrigazione Ovest Sesia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 ottobre 2018 il Cons. Claudio Contessa e uditi per le parti l’avvocato Lirosi su delega dell’avvocato Velluto e l’avvocato Barison;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue
FATTO
L’Associazione di Irrigazione Ovest Sesia (AIOS) ha indetto una procedura negoziata per l’appalto dei lavori di realizzazione dell’impianto spondale erboso antierosivo presso il canale scolmatore di Trino, di importo complessivo pari ad euro 483.589,50 (comprensivi di oneri della sicurezza), da aggiudicarsi con il criterio del massimo ribasso.
A fronte di venti operatori economici qualificati per la categoria OG13 ed invitati alla gara, hanno presentato offerta tre imprese: la Puricelli Ambiente Verde s.r.l., la Bertini s.r.l. e la Prati Armati s.r.l., odierna ricorrente.
Nella lettera d’invito in data 31 luglio 2017, per quanto qui interessa, sono stati richiesti quali requisiti di partecipazione, oltre al possesso dell’attestazione SOA per la categoria OG13:
- una dichiarazione che tutte le sementi per il rivestimento antierosivo e le piantumazioni arbustive appartengano all’elenco “autorizzato dall’Ente Parco fluviale del PO Vercellese-Alessandrino in quanto autoctone e non infestanti”;
- una certificazione di enti accreditati quali laboratori certificati che comprovi “valori della resistenza radicale dell’impianto antierosivo non inferiori a quelli previsti in progetto”.
Durante la seduta di gara del 31 agosto 2017, la commissione ha accertato che le concorrenti Puricelli Ambiente Verde s.r.l. e Bertini s.r.l. non avevano allegato all’offerta le dichiarazioni e certificazioni supplementari, prescritte dal paragrafo 4 della lettera d’invito. Entrambe le concorrenti sono state ammesse con riserva. Una volta aperte le buste contenenti le offerte economiche, prima classificata è risultata la Puricelli Ambiente Verde s.r.l., seconda classificata la Bertini s.r.l. e terza classificata la società odierna appellante.
La commissione ha concluso la seduta con la proposta di aggiudicazione alla Puricelli Ambiente Verde s.r.l., riservandosi tuttavia di approfondire i profili controversi della lex specialis di gara.
Al riguardo il responsabile del procedimento ha verificato, in primo luogo, che non esiste alcun elenco di sementi non infestanti approvato dall’Ente Parco.
Inoltre, la circostanza che soltanto tre operatori economici su venti abbiano presentato offerta è stata valutata quale conseguenza diretta della introduzione di requisiti di qualificazione aggiuntivi rispetto alla attestazione SOA per opere di ingegneria naturalistica.
Dopo aver comunicato l’avvio del procedimento finalizzato al ritiro in autotutela della procedura ed aver acquisito le osservazioni delle tre imprese concorrenti, la stazione appaltante ha annullato tutti gli atti della procedura, senza pervenire all’aggiudicazione definitiva dei lavori.
Il provvedimento in autotutela è stato impugnato dinanzi al T.A.R. del Piemonte dalla Prati Armati s.r.l. la quale ne ha lamentato sotto diversi profili l’illegittimità.
Con la sentenza in epigrafe il Tribunale amministrativo adìto ha respinto il ricorso.
La sentenza in questione è stata impugnata in appello dalla Prati Armati s.r.l. la quale ne ha chiesto la riforma articolando i seguenti motivi:
1) Erroneità della sentenza per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, difetto di motivazione – Violazione e falsa applicazione degli articoli 3, 7, 21-octies e 21-nonies della l. 241 del 1990 e degli articoli 68, 81 e 94 del decreto legislativo n. 50 del 2016, nonché della lex specialis di gara (in particolare, dell’articolo 4 della lettera di invito e degli articoli 2 e 5 punto 1, lettera l) del disciplinare tecnico-prestazionale;
2) Erroneità della sentenza per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto - Violazione e falsa applicazione degli articoli 21-octies e 21-nonies della l 241 del 1990, dell’articolo 60, comma 3 del d.P.R. 207 del 2010, nonché della lex specialis di gara;
2) Erroneità della sentenza per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto sotto altro profilo - Violazione e falsa applicazione degli articoli 21-octies e 21-nonies della l 241 del 1990, dell’articolo 60, comma 3 del d.P.R. 207 del 2010, nonché della lex specialis di gara
Si è costituita in giudizio l’Associazione Irrigazione Ovest Sesia (AIOS) la quale ha concluso per l’infondatezza dell’appello.
Alla pubblica udienza del 4 ottobre 2018 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto dalla società Prati Armati s.r.l. (attiva nel settore dell’ingegneria ambientale), la quale aveva partecipato alla procedura negoziata indetta dall’Associazione Irrigazione Ovest Sesia (AIOS) per la realizzazione di un impianto spondale erboso antierosivo presso un canale scolmatore nel comune di Trino (VC) avverso la sentenza del T.A.R. del Piemonte con cui è stato respinto il ricorso avverso il provvedimento con cui la stazione appaltante ha annullato in autotutela l’intera procedura.
2. Con il primo motivo di appello la società Prati Armati s.r.l. lamenta che erroneamente il primo Giudice abbia respinto il motivo con cui si era lamentata l’illegittimità dell’annullamento in autotutela della procedura disposto dall’associazione appellata.
Premette al riguardo l’appellante che la lettera di invito trasmessa ai potenziali offerenti (punto 4) richiedeva:
a) di rendere una dichiarazione relativa alla disponibilità delle dodici specie di sementi richieste e all’appartenenza di tali sementi “all’elenco autorizzato dall’Ente Parco fluviale del PO Vercellese-Alessandrino in quanto autoctone e non infestanti”;
b) di allegare “certificazioni di Enti accreditati (…) che comprovino valori di resistenza radicale dell’impianto antierosivo non inferiori a quelli previsti in progetto riportati all’art. 5 – punto 1)- lettera l del ‘Disciplinare tecnico – prestazionale (…)”.
Osserva altresì l’appellante che il primo Giudice avrebbe respinto il ricorso avverso l’annullamento in autotutela della gara basandosi essenzialmente su due elementi:
i) sull’effetto deflattivo della partecipazione alla gara che sarebbe stato sortito dall’introduzione delle richieste dinanzi richiamate sub a) e b);
ii) sulle deduzioni offerte in data 31 gennaio 2018 dal progettista, il quale aveva rilevato che la richiesta di certificazione ex ante dinanzi richiamata sub b) non fosse congrua e che potesse essere più adeguatamente sostituita da una verifica ex post,da effettuarsi in sede di collaudo.
La società appellante osserva tuttavia che nessuno dei richiamati rilievi potrebbe adeguatamente supportare il disposto annullamento in quanto: i) per ciò che riguarda il paventato effetto deflattivo, esso si tradurrebbe in una valutazione di opportunità (e non certo di illegittimità ai sensi dell’articolo 21-octies della l. 241 del 1990); ii) per ciò che riguarda le valutazioni del progettista (e in disparte qualunque profilo di merito), le stesse sarebbero state assunte solo tardivamente – e dopo il disposto annullamento -, in tal modo concretando un’illegittima ipotesi di integrazione postuma della motivazione.
Venendo al merito della questione l’appellante contesta che le richieste preventive di certificazioni concernenti le caratteristiche fisiche e meccaniche del richiesto manto erboso (e del relativo apparato radicale) fossero qualificabili quali aggiuntivi ‘requisiti di qualificazione’ (sì da determinare un effetto di duplicazione rispetto al richiesto possesso della SOA nella categoria OG13 - ‘Opere di ingegneria naturalistica’).
Al contrario, le prescrizioni della lettera di invito si riferivano in modo evidente alle caratteristiche del prodotto e/o delle lavorazioni offerta, traducendosi nella (legittima) richiesta di “specifiche tecniche”, certamente consentita ai sensi dell’articolo 68 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (nuovo Codice dei contratti pubblici).
Oltretutto, la richiesta formulata dalla stazione appaltante risultava del tutto conforme ai consueti canoni di proporzionalità e ragionevolezza.
Ed ancora, le richieste inizialmente formulate dall’associazione AIOS risulterebbero del tutto conformi
- alla previsione di cui all’articolo 82, comma 1 del ‘Codice’ (il quale consente alle stazioni appaltanti di richiedere ai concorrenti “mezzi di prova di conformità ai requisiti o ai criteri stabiliti nelle specifiche tecniche (…)”);
- alla previsione di cui all’articolo 94 comma 1, lettera a) (il quale obbliga l’amministrazione ad accertare, prima dell’aggiudicazione, “[che] l’offerta è conforme ai requisiti, alle condizioni e ai criteri indicai nel bando di gara e nell’invito a confermare interesse, nonché nei documenti di gara”).
2.1. Il motivo è infondato.
2.1.1. Va in primo luogo osservato che, in disparte la legittimità della specifica previsione relativa alla certificazione di Enti accreditati in ordine alle caratteristiche del manto erboso (punto 4 della lettera di invito, sub ‘Requisiti di qualificazione supplementari’), la lex specialis di gara richiedeva altresì ai concorrenti di produrre una dichiarazione relativa alla conformità fra le sementi offerte e “l’elenco autorizzato dall’Ente Parco fluviale”.
E’ tuttavia emerso in corso di causa (e la circostanza appare pacifica) che l’Ente Parco non abbia mai approvato tale elenco, ragione per cui la richiesta formulata con la richiamata prescrizione della lettera di invito imponeva ai concorrenti un adempimento impossibile.
Anche sotto tale aspetto, quindi, emergevano difformità tra la documentazione presentata in sede di gara da alcuni concorrenti rispetto a quanto era previsto dall’Allegato 3 (‘Requisiti di qualificazione supplementari’ alla Lettera di Invito”). Si trattava di difformità (derivanti dall’incongrua formulazione della lex specialis) che impedivano evidentemente la formulazione di un’offerta consapevole e sortivano quindi in modo evidente l’effetto di limitare in modo illegittimo la partecipazione alla gara.
Il rilievo appena svolto risulta di per sé dirimente al fine di confermare l’illegittimità delle prescrizioni della lex specialis e – in via mediata – al fine di giustificare il disposto annullamento in autotutela.
2.1.2. Va in secondo luogo osservato che, a fronte di dubbi di ordine qualificatorio, l’espressa qualificazione offerta dalla stessa stazione appaltante riveste un ruolo e un’importanza del tutto centrali.
Si intende con ciò rappresentare che, nella difficoltà di qualificare la richiesta inerente le “Certificazioni di Enti accreditati” quale requisito di qualificazione soggettivo ovvero quale specifica tecnica inerente la lavorazione o i prodotto offerto, i potenziali offerenti non potevano che riporre un legittimo affidamento sulla litera della legge di gara, la quale espressamente includeva tali richieste nell’ambito dei “Requisiti di qualificazione supplementari”.
In tal modo il concorrente che esaminava la lettera di invito traeva il convincimento per cui la richiesta di tale certificazioni costituisse un requisito di qualificazione aggiuntivo e ulteriore rispetto a quello consistente nel possesso di una SOA per categorie e classi di importo adeguati.
Anche tale circostanza era idonea a giustificare le rilevate discrasie fra le richieste formulate in sede di lex specialis e le offerte in concreto formulate da due dei tre concorrenti in gara (i.e.: a giustificare l’elemento che ha indotto la stazione appaltante a disporre l’annullamento in autotutela dell’intera gara).
2.2. Fermo restando il carattere dirimente a fini del decidere di quanto osservato retro, sub 2.1.1 e 2.1.2 osserva il Collegio che non viene qui in discussione la possibilità per le stazioni appaltanti di prescrivere che i prodotti o le lavorazioni siano conformi a talune specifiche tecniche, conformemente alla previsione dell’articolo 68 del decreto legislativo n. 50 del 2016 (e conformemente alla previsione di cui all’allegato XIII al Codice).
Le disposizioni da ultimo richiamate, infatti, consentono alle stazioni appaltanti di prescrivere “le caratteristiche richieste di un materiale, un prodotto o una fornitura in modo che rispondano all'uso a cui sono destinati dall'amministrazione aggiudicatrice o dall'ente aggiudicatore”.
Ma il punto è che, ai sensi del comma 4 del medesimo articolo 68, le specifiche tecniche devono consentire “pari accesso degli operatori economici alla procedura di aggiudicazione e non devono comportare direttamente o indirettamente ostacoli ingiustificati all'apertura degli appalti pubblici alla concorrenza”.
Ne consegue l’illegittimità della scelta inizialmente adottata dalla stazione appaltante, la quale aveva imposto quale unica modalità per attestare la conformità alle richiamate specifiche tecniche la produzione di ‘certificazioni di Enti accreditati’, senza consentire ai concorrenti di dimostrare aliunde (e in base al principio di equivalenza sancito dalla medesima disposizione) l’idoneità del prodotto o della lavorazione offerta.
L’imposizione di un siffatto onere di allegazione risultava certamente idonea a violare il principio della parità di accesso degli operatori economici alla procedura e ad imporre un ostacolo ingiustificato all’apertura dell’appalto per cui è causa.
Del resto (come è stato condivisibilmente chiarito dal progettista in data 31 gennaio 2018) non avrebbe a ben vedere avuto senso collegare l’ammissione o l’esclusione al solo dato relativo al possesso delle richiamate certificazioni.
Tali certificazioni, infatti, avrebbero al più potuto fornire elementi utili per valutare l’iniziale idoneità dei prodotti e dei servii offerti, ma certamente non avrebbero ex se potuto fornire garanzia alcuna circa la resa delle sementi o la buona qualità finale del manto erboso (si tratta di circostanze che dipendono da numerosi ulteriori fattori – es.: modalità di conservazione e di posa – e che più adeguatamente avrebbero richiesto una verifica ex post piuttosto che un barrage di carattere formale ex ante).
Quanto appena esposto non sa a significare che il parere reso dal progettista rappresenti ex se un elemento della motivazione del provvedimento di autotutela, ma sta piuttosto a significare che gli elementi in tal modo plausibilmente offerti contribuiscono a palesare l’originaria illegittimità della lex specialis e, in via mediata, la legittimità del provvedimento di autotutela.
2.3. E’ inoltre infondato il motivo di ricorso basato sulla previsione di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo 82 del nuovo ‘Codice dei contratti pubblici’ (ai sensi delle disposizioni in parola le amministrazioni che esigono dai concorrenti la produzione di specifici rapporti di prova, certificazioni e altri mezzi di prova in relazione alle caratteristiche oggettive dell’offerta devono comunque ammettere “altri mezzi di prova appropriati diversi da quelli di cui al comma 1”).
Il punto è che era la stessa legge di gara ad escludere in modo espresso che il possesso delle certificazioni di Enti accreditati potessero essere supplite attraverso ulteriori mezzi di prova.
Depone univocamente in tal senso l’articolo 2 del disciplinare tecnico-prestazionale secondo cui in mancanza di tali certificazioni “l’offerta [non avrebbe potuto] essere presa in considerazione”.
Ne resta confermata l’illegittimità della richiamata prescrizione, la quale imponeva un requisito di carattere sostanzialmente escludente collegato al mancato possesso di un requisito non richiesto da alcuna disposizione e che – in modo illegittimo – veniva considerato come non supplibile aliunde.
2.4. E’ poi infondato il motivo con cui l’appellante ha sottolineato che, ai sensi dell’articolo 94, comma 1, lettera a) del Codice, era del tutto corretto che la stazione appaltante richiedesse la conformità dell’offerta “ai requisiti, alle condizioni e ai criteri indicati nel bando di gara o nell’invito a confermare interesse nonché nei documenti di gara”.
Al riguardo ci si limita ad osservare che la richiamata disposizione(e gli obblighi di conformazione che ne derivano) potrebbe risultare dirimente soltanto laddove la lex specialis risultasse conforme a legge e non anche nelle ipotesi in cui (come nel caso in esame) essa risultava invece illegittima.
2.5. Il primo motivo deve dunque essere respinto.
3. Fermo restando il carattere dirimente ai fini del decidere di quanto osservato retro, sub 2.2 e 2.2, osserva il Collegio che non può neppure trovare accoglimento i secondo motivo di appello (con cui si è contestata la qualificazione operata dal primo Giudice il quale ha stabilito che la procedura per cui è causa avesse ad oggetto un appalto di lavori). L’appellante articola tale motivo di censura al fine di confutare l’affermazione secondo cui, trattandosi di appalto di lavori, avrebbero altresì trovato applicazione le prescrizioni e i princìpi in tema di qualificazione e di sufficienza dell’attestazione SOA.
Al riguardo ci si limita ad osservare che elementi del tutto prevalenti inducono nell’opposto senso secondo cui l’appalto in parola avesse davvero ad oggetto un appalto pubblico d lavori ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lettera ll) del nuovo Codice dei contratti.
Basti qui rilevare:
i) che, dal punto di vista formale, la lex specialis faceva riferimento all’articolo 36, comma 2, lettera c) del Codice (il quale fa espresso riferimento ai soli “lavori di importo pari o superiore a 150.000 euro e inferiore a 1.000.000 di euro”);
ii) che la stessa lex specialis, nel definire l’oggetto della procedura, faceva riferimento a “lavori di impianto spondale erboso”;
iii) che, ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lettera pp) del nuovo Codice, si definisce ‘opera’ “il risultato di un insieme di lavori, che di per sé esplichi una funzione economica o tecnica. Le opere comprendono sia quelle che sono il risultato di un insieme di lavori edilizi o di genio civile, sia quelle di difesa e di presidio ambientale, di presidio agronomico e forestale, paesaggistica e di ingegneria naturalistica” (e l’appalto per cui è causa aveva ad oggetto appunto la realizzazione di interventi di difesa e presidio ambientale e di ingegneria naturalistica).
3.1. Non risulta quindi dirimente ai fini qualificatori l’incidenza percentuale dei costi per la manodopera
4. Per le ragioni esposte retro, sub 2.1 e 2.2 deve inoltre essere respinto il terzo motivo di appello con cui si è lamentato che erroneamente il T.A.R. avrebbe omesso di considerare che l’attestazione SOA non risultasse idonea ad assicurare il possesso in capo all’appaltatore delle capacità necessarie a garantire il risultato perseguito.
Come si è già esposto retro, sub 2.2 non viene qui posta in dubbio la possibilità per le stazioni appaltanti di fissare talune specifiche tecniche ai sensi dell’articolo 68 del nuovo Codice dei contratti.
Ma il punto è che, perle ragioni già indicate, le modalità concrete con cui la stazione appaltante ha fissato i richiamati ed aggiuntivi requisiti tecnici palesano profili di illegittimità, avendo oltretutto comportato ostacoli ingiustificati all’apertura degli appalti pubblici.
5. Per le ragioni dinanzi esposte l’appello in epigrafe deve essere respinto.
Sussistono giusti ed eccezionali motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese fra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Guida alla lettura
Nella vicenda oggetto della sentenza in commento, la stazione appaltante aveva indetto una procedura negoziata per l’appalto dei lavori di realizzazione di un impianto spondale erboso antierosivo presso un canale da aggiudicarsi con il criterio del massimo ribasso.
A fronte di venti operatori economici invitati alla gara, avevano tuttavia presentato offerte solo tre imprese. Infatti, nella lettera d’invito erano stati richiesti quali requisiti di partecipazione, oltre al possesso dell’attestazione SOA per la categoria OG13, elementi aggiuntivi riguardanti le caratteristiche delle sementi, secondo un elenco ufficiale, in realtà mai approvato.
La commissione di gara concludeva la seduta con la proposta di aggiudicazione, riservandosi però di approfondire i profili controversi della lex specialis di gara.
Alla luce di ciò, il responsabile del procedimento verificava innanzitutto, come accennato in precedenza, che non esisteva alcun elenco ufficiale di sementi con le caratteristiche richieste; inoltre, la circostanza che solo tre operatori economici su venti avessero presentato offerte veniva valutata quale conseguenza diretta dell’introduzione di requisiti di qualificazione aggiuntivi rispetto all’attestazione SOA per opere di ingegneria naturalistica.
Pertanto, dopo aver comunicato l’avvio del procedimento finalizzato al ritiro in autotutela della procedura ed aver acquisito le osservazione delle tre imprese concorrenti, la stazione appaltante annullava tutti gli atti della procedura, senza pervenire all’aggiudicazione definitiva dei lavori.
Il provvedimento di annullamento veniva impugnato prima dinanzi al TAR e poi dinanzi al Consiglio di Stato da una delle imprese partecipanti alla procedura, la quale ne lamentava l’illegittimità sotto diversi profili.
Secondo la tesi sostenuta dall’appellante, il primo Giudice avrebbe respinto il ricorso avverso l’annullamento in autotutela della gara basandosi essenzialmente su due elementi:
i) l’effetto deflattivo della partecipazione alla gara che sarebbe stato sortito dall’introduzione del requisiti aggiuntivo prima richiamato;
ii) le deduzioni offerte in data 31 gennaio 2018 dal progettista, il quale aveva rilevato che tale richiesta di certificazione non fosse congrua e che potesse essere più adeguatamente sostituita da una verifica ex post, da effettuarsi in sede di collaudo.
La società appellante osserva tuttavia che nessuno dei richiamati rilievi potrebbe adeguatamente supportare il disposto annullamento in quanto:
i) per ciò che riguarda il paventato effetto deflattivo, esso si tradurrebbe in una valutazione di opportunità (e non certo di illegittimità ai sensi dell’articolo 21-octies della l. 241 del 1990);
ii) ii) per ciò che riguarda le valutazioni del progettista (e in disparte qualunque profilo di merito), le stesse sarebbero state assunte solo tardivamente – e dopo il disposto annullamento -, in tal modo concretando un’illegittima ipotesi di integrazione postuma della motivazione.
Venendo poi al merito della questione, l’appellante contesta che le richieste preventive di certificazioni concernenti le caratteristiche fisiche e meccaniche del richiesto manto erboso (e del relativo apparato radicale) fossero qualificabili quali aggiuntivi ‘requisiti di qualificazione’ (sì da determinare un effetto di duplicazione rispetto al richiesto possesso della SOA nella categoria OG13 - ‘Opere di ingegneria naturalistica’).
Al contrario, le prescrizioni della lettera di invito si riferivano in modo evidente alle caratteristiche del prodotto e/o delle lavorazioni offerta, traducendosi nella (legittima) richiesta di “specifiche tecniche”, certamente consentita ai sensi dell’articolo 68 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (nuovo Codice dei contratti pubblici).
Oltretutto, la richiesta formulata dalla stazione appaltante risultava del tutto conforme ai consueti canoni di proporzionalità e ragionevolezza.
Il Consiglio di Stato ritiene tuttavia che i motivi in questione siano infondati.
Osserva, infatti, in primo luogo che, in disparte la legittimità della specifica previsione relativa alla certificazione di Enti accreditati in ordine alle caratteristiche del manto erboso (punto 4 della lettera di invito, sub ‘Requisiti di qualificazione supplementari’), la lex specialis di gara richiedeva altresì ai concorrenti di produrre una dichiarazione relativa alla conformità fra le sementi offerte e “l’elenco autorizzato dall’Ente Parco fluviale”.
E’ tuttavia emerso in corso di causa (e la circostanza appare pacifica) che l’Ente Parco non abbia mai approvato tale elenco, ragione per cui la richiesta formulata con la richiamata prescrizione della lettera di invito imponeva ai concorrenti un adempimento impossibile.
Anche sotto tale aspetto, quindi, emergevano difformità tra la documentazione presentata in sede di gara da alcuni concorrenti rispetto a quanto era previsto dall’Allegato 3 (‘Requisiti di qualificazione supplementari’ alla Lettera di Invito”). Si trattava di difformità (derivanti dall’incongrua formulazione della lex specialis) che impedivano evidentemente la formulazione di un’offerta consapevole e sortivano quindi in modo evidente l’effetto di limitare in modo illegittimo la partecipazione alla gara.
Il rilievo appena svolto risulta di per sé dirimente al fine di confermare l’illegittimità delle prescrizioni della lex specialis e – in via mediata – al fine di giustificare il disposto annullamento in autotutela.
In secondo luogo si osserva che, a fronte di dubbi di ordine qualificatorio, l’espressa qualificazione offerta dalla stessa stazione appaltante riveste un ruolo e un’importanza del tutto centrali.
Si intende con ciò rappresentare che, nella difficoltà di qualificare la richiesta inerente le “Certificazioni di Enti accreditati” quale requisito di qualificazione soggettivo ovvero quale specifica tecnica inerente la lavorazione o il prodotto offerto, i potenziali offerenti non potevano che riporre un legittimo affidamento sulla litera della legge di gara, la quale espressamente includeva tali richieste nell’ambito dei “Requisiti di qualificazione supplementari”.
In tal modo il concorrente che esaminava la lettera di invito traeva il convincimento per cui la richiesta di tale certificazioni costituisse un requisito di qualificazione aggiuntivo e ulteriore rispetto a quello consistente nel possesso di una SOA per categorie e classi di importo adeguati.
Anche tale circostanza era idonea a giustificare le rilevate discrasie fra le richieste formulate in sede di lex specialis e le offerte in concreto formulate da due dei tre concorrenti in gara (i.e.: a giustificare l’elemento che ha indotto la stazione appaltante a disporre l’annullamento in autotutela dell’intera gara).
Fermo restando il carattere dirimente a fini del decidere di quanto sin qui osservato osserva il Collegio che non viene qui in discussione la possibilità per le stazioni appaltanti di prescrivere che i prodotti o le lavorazioni siano conformi a talune specifiche tecniche, conformemente alla previsione dell’articolo 68 del decreto legislativo n. 50 del 2016 (e conformemente alla previsione di cui all’allegato XIII al Codice).
Le disposizioni da ultimo richiamate, infatti, consentono alle stazioni appaltanti di prescrivere “le caratteristiche richieste di un materiale, un prodotto o una fornitura in modo che rispondano all'uso a cui sono destinati dall'amministrazione aggiudicatrice o dall'ente aggiudicatore”.
Ma il punto è che, ai sensi del comma 4 del medesimo articolo 68, le specifiche tecniche devono consentire “pari accesso degli operatori economici alla procedura di aggiudicazione e non devono comportare direttamente o indirettamente ostacoli ingiustificati all'apertura degli appalti pubblici alla concorrenza”.
Ne consegue l’illegittimità della scelta inizialmente adottata dalla stazione appaltante, la quale aveva imposto quale unica modalità per attestare la conformità alle richiamate specifiche tecniche la produzione di ‘certificazioni di Enti accreditati’, senza consentire ai concorrenti di dimostrare aliunde (e in base al principio di equivalenza sancito dalla medesima disposizione) l’idoneità del prodotto o della lavorazione offerta.
L’imposizione di un siffatto onere di allegazione risultava certamente idonea a violare il principio della parità di accesso degli operatori economici alla procedura e ad imporre un ostacolo ingiustificato all’apertura dell’appalto per cui è causa.
Del resto (come è stato condivisibilmente chiarito dal progettista in data 31 gennaio 2018) non avrebbe a ben vedere avuto senso collegare l’ammissione o l’esclusione al solo dato relativo al possesso delle richiamate certificazioni.
Tali certificazioni, infatti, avrebbero al più potuto fornire elementi utili per valutare l’iniziale idoneità dei prodotti e dei servizi offerti, ma certamente non avrebbero ex se potuto fornire garanzia alcuna circa la resa delle sementi o la buona qualità finale del manto erboso (si tratta di circostanze che dipendono da numerosi ulteriori fattori – es.: modalità di conservazione e di posa – e che più adeguatamente avrebbero richiesto una verifica ex post piuttosto che un barrage di carattere formale ex ante).
Quanto appena esposto non sta a significare che il parere reso dal progettista rappresenti ex se un elemento della motivazione del provvedimento di autotutela, ma sta piuttosto a significare che gli elementi in tal modo plausibilmente offerti contribuiscono a palesare l’originaria illegittimità della lex specialis e, in via mediata, la legittimità del provvedimento di autotutela.
E’ inoltre infondato il motivo di ricorso basato sulla previsione di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo 82 del nuovo ‘Codice dei contratti pubblici’ (ai sensi delle disposizioni in parola le amministrazioni che esigono dai concorrenti la produzione di specifici rapporti di prova, certificazioni e altri mezzi di prova in relazione alle caratteristiche oggettive dell’offerta devono comunque ammettere “altri mezzi di prova appropriati diversi da quelli di cui al comma 1”).
Il punto è che era la stessa legge di gara ad escludere in modo espresso che il possesso delle certificazioni di Enti accreditati potessero essere supplite attraverso ulteriori mezzi di prova.
Depone univocamente in tal senso l’articolo 2 del disciplinare tecnico-prestazionale secondo cui in mancanza di tali certificazioni “l’offerta [non avrebbe potuto] essere presa in considerazione”.
Ne resta confermata l’illegittimità della richiamata prescrizione, la quale imponeva un requisito di carattere sostanzialmente escludente collegato al mancato possesso di un requisito non richiesto da alcuna disposizione e che – in modo illegittimo – veniva considerato come non supplibile aliunde.