Cons. Stato, Sez. IV, 10 ottobre 2018, n. 5820
1. L’iscrizione di una strada nell’elenco delle vie pubbliche o gravate da uso pubblico riveste funzione puramente dichiarativa della pretesa del Comune, ponendo una semplice presunzione di pubblicità dell’uso, superabile con la prova contraria della natura della strada e dell’inesistenza di un diritto di godimento da parte della collettività mediante un’azione negatoria di servitù.
In senso conforme: Cass. civile, SS. UU., 23 dicembre 2016, n. 26897; Cons.Stato Sez. IV, 19 marzo 2015, n. 1515; Cons.Stato Sez, VI, 8 ottobre 2013, n. 4952; Cass. Civ; 19 ottobre 2015 n. 21125.
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2353 del 2011, proposto dal Signor Giovanni Negro, rappresentato e difeso dall'avvocato Pasquale Fiorillo, con domicilio eletto presso lo studio Giovanni Ranalli Studio Spw Assoc in Roma, via Bertoloni, 27 Int.5;
Orsola Pezzella, Erede Di Negro Giovanni Negro Pasquale, erede Di Negro Giovanni Negro Vincenzo, Erede Di Negro Giovanni Negro Antonetta, rappresentati e difesi dall'avvocato Pasquale Fiorillo, con domicilio eletto presso lo studio Giovanni Ranalli in Roma, via delle Carrozze n.3;
Pasquale Negro, Vincenzo Negro, Antonetta Negro, Pasquale Negro, Vincenzo Negro, Antonetta Negro non costituiti in giudizio;
contro
Comune di Capodrise non costituito in giudizio;
nei confronti
Marco Cutillo, Filomena D'Alessio non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Sesta) n. 106/2010.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 ottobre 2018 il Consigliere Fabio Taormina e rilevata l’assenza delle parti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con la sentenza in epigrafe appellata n. 106 del 14 gennaio 2010 il T.a.r. per la Campania – Sede di Napoli - ha respinto il ricorso proposto dalla odierna parte appellante Signori Negro Giovanni e Pezzella Orsola volto ad ottenere l’annullamento della denuncia di inizio attività presentata dai sig.ri Cutillo Marco e D’Alessio Filomena in data 20 febbraio 2008, del provvedimento del 10 giugno 2008 del Responsabile del Settore Tecnico del Comune di Capodrisee di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente.
2. Gli originari ricorrenti - comproprietari di un immobile sito nel Comune di Capodrise (CE) confinante con via Francesco Rao (oggi via Matilde Serao) composto da un fabbricato per civile abitazione (distinto in Catasto al foglio 4, particelle 76/1 e 104/3, confinante con la proprietà del Sig. Luigi Raucci) e della predetta traversa, beni acquistati con contratto di compravendita del 30 marzo 1972 ricevuto dal notaio Armando Menna di Marcianise –avevano contestato l’iniziativa edificatoria dei Signori Marco Cutillo e Filomena D’Alessio ( proprietari di altro immobile confinante, che avevano presentato una denuncia di inizio attività per l’apertura di un varco - accesso carrabile e pedonale- sulla predetta via M. Serao asseritamente di proprietà degli originari ricorrenti medesimi) deducendo:
a) la natura esclusivamente privata della menzionata traversa (utilizzata per l’accesso esclusivo ai fabbricati dei Negro e dei Raucci) che non poteva ritenersi esclusa dalla inclusione della medesima via nell’elenco delle strade comunali ai sensi della L. 12 febbraio 1958 n. 126 (abrogata dall'art. 231 del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285);
b) la circostanza secondo cui, trattandosi di un intervento edilizio che comportava una modifica del prospetto, si rendeva necessario il rilascio del permesso di costruire ai sensi dell’art. 10 del d.P.R. 380/2001.
3. Il Comune di Comune di Capodrise si era costituito eccependo il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e l’inammissibilità del gravame per omessa impugnazione del provvedimento comunale del 18 marzo 2008 e chiedendo comunque nel merito la reiezione del ricorso.
4. Con la sentenza gravata il T.a.r., ha innanzitutto dedotto che:
a) era incontestabile la giurisdizione amministrativa sulla controversia;
b) nessun effetto di inammissibilità del ricorso poteva discendere dalla omessa impugnazione del provvedimento del 18 marzo 2008, con il quale il Comune aveva in un primo tempo disposto la sospensione del contestato intervento edilizio in attesa della verifica della natura pubblica o privata della traversa di via M. Serao.
4.1. Nel merito, il T.a.r., ha respinto il ricorso deducendo che:
a) la natura privata della traversa di via Matilde Serao non era ostativa all’impugnato provvedimento amministrativo in quanto la destinazione pubblica di una strada, ancorché di proprietà di privati, doveva ritenersi sufficiente a legittimare l’esercizio del potere amministrativo dell’ente locale ai fini della regolamentazione delle attività edilizie e, di converso, la sua qualificazione formale - soggettiva (in termini di strada vicinale) non era elemento sufficiente per negare l’assenso alla realizzazione di interventi edilizi;
b) l’inserimento di una strada nell’elenco di cui all’art. 8 della L. 126/1958 integrava una presunzione semplice di destinazione del tracciato al pubblico transito che poteva essere vinta dalla valutazione di elementi certi acquisiti nel processo, idonei a dimostrare la natura privata della strada stessa, ma nel caso di specie non era stata provata una effettiva contestazione della libertà di accesso, di circolazione e di utilizzazione da parte di terzi;
c) la traversa in esame era stata inserita nello stradario comunale e classificata strada ad uso pubblico con delibera comunale n. 140 del 15 aprile 1975, mai formalmente contestata dagli originari ricorrenti;
d) erano riscontrabili ulteriori elementi (quali la presenza della pubblica illuminazione e la toponomastica) che costituivano sicuro indice rivelatore della sussistenza di un uso pubblico);
e) per altro verso, la realizzazione di un varco di accesso non comportava, di norma, una trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio e, pertanto, non doveva ritenersi subordinato al preventivo rilascio del permesso di costruire, bensì alla presentazione di una semplice d.i.a.
5. La originaria parte ricorrente rimasta soccombente ha impugnato la decisione del T.a.r. denunciandone la erroneità e dopo avere analiticamente ripercorso le principali tappe del procedimento ha:
a) dichiarato di riproporre tutte le critiche invano prospettate in primo grado;
b) censurato l’iter motivo della sentenza facendo presente che mancava il requisito legittimante alla qualificazione come pubblica della stradella, in quanto la stessa era all’evidenza priva di utilità per l’interesse generale.
6. In data 31.5.2016 la parte appellante ha depositato una memoria, facendo presente che:
a) non sussisteva la giurisdizione del Giudice amministrativo;
b) la strada in oggetto era di natura privata.
9. Alla pubblica udienza del 7 luglio 2017 la causa è stata trattenuta in decisione, e la Sezione ha emesso l’ordinanza collegiale n. 3426 del 12 luglio 2017, dando atto dell'interruzione del processo a seguito della comunicazione dell’avvenuto decesso del co-appellante Signor Negro Giovanni.
10. In data 4.10.2017 i successori del deceduto Signor Negro Giovanni hanno depositato l’atto di riassunzione del processo notificato all’amministrazione appellata ed ai controinteressati ed hanno depositato altresì una nuova istanza di fissazione della pubblica udienza di discussione dell’appello.
11. In data 3.4.2018 i successori del deceduto Signor Negro Giovanni hanno chiesto un differimento della trattazione della causa al fine di notificare nuovamente l’atto di riassunzione ai controinteressati, trasferitisi in altro domicilio.
11. Alla pubblica udienza del 5 aprile 2018 la trattazione della causa è stata differita alla odierna pubblica udienza del 4 ottobre 2018.
12. Alla odierna pubblica udienza del 4 ottobre 2018 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. L’appello è in parte inammissibile ed in parte è infondato e va respinto, nei sensi di cui alla motivazione che segue.
1.1. In via preliminare:
a) stante la infondatezza nel merito dell’appello, in ossequio al principio della c.d. “ragione più liquida” (Adunanza plenaria n. 5/2015, in particolare il paragrafo 9.3) ritiene il Collegio di potere prescindere dalla disamina ex officio della regolarità e tempestività della notifica dell’atto di riassunzione;
b) si rileva poi che nella prima parte dell’appello la parte impugnante si è limitata ad enunciare l’intenzione di riproporre “tutti i motivi del ricorso di primo grado”, senza tuttavia riprodurli, (e senza attualizzare le censure in chiave critica rispetto alla motivazione della impugnata decisione): per giurisprudenza costante (di recente si veda ancora di recente Consiglio di Stato, sez. IV, 6/12/2016, n. 5123 ) nel processo amministrativo, un rinvio indeterminato agli atti di primo grado, senza alcuna ulteriore precisazione del loro contenuto, è inidoneo ad introdurre giudizio di appello motivi in tal modo dedotti, trattandosi di formula di stile insufficiente a soddisfare l'onere di espressa riproposizione: il Collegio si limiterà pertanto a prendere in esame unicamente le doglianze effettivamente riformulate e rapportate alla motivazione della sentenza impugnata (si evidenzia, in particolare, che non è stata espressamente riproposta la censura incentrata sulla asserita necessità del permesso di costruire).
c) il Collegio evidenzia che la ricostruzione in fatto, come sopra riportata e ripetitiva di quella operata dal giudice di prime cure, non è stata contestata da alcuna parte e che parimenti non v’è contrato in ordine alla normativa applicabile alla fattispecie: di conseguenza, vigendo la preclusione posta dall’art. 64, comma 2, c.p.a., devono considerarsi assodati i fatti oggetto di giudizio e quanto al dato normativo applicabile si farà integrale riferimento a quello individuato dal T.a.r..;
d) in ultimo, la contestazione della giurisdizione del giudice amministrativo, di cui alla memoria depositata dall’appellante in data 31.5.2017 è inammissibile in quanto il relativo capo di sentenza che ha espressamente affermato la giurisdizione del plesso giurisdizionale amministrativo non è stato impugnato con l’atto di appello e, conseguentemente, è passato in giudicato.
2. Nel merito, (e considerato che il capo con il quale il T.a.r. ha affermato la propria giurisdizione è rimasto inimpugnato) come in premessa anticipato l’appello è infondato in quanto:
a) è ben noto che per consolidata giurisprudenza civile ed amministrativa(tra le tante, Cassazione civile, sez. un., 23/12/2016, n. 26897 Cons. di Stato sez. IV, n. 1515 del 19.3.2015; Cons. di Stato sez, VI, n. 4952 dell'8.10.2013; Cass. Civ. n. 21125 del 19.10.2015 T.A.R. Napoli, (Campania), sez. VIII, 10/10/2016, n. 4640 “l’iscrizione di una strada nell'elenco delle vie pubbliche o gravate da uso pubblico riveste funzione puramente dichiarativa della pretesa del comune, ponendo una semplice presunzione di pubblicità dell’uso, superabile con la prova contraria della natura della strada e dell’inesistenza di un diritto di godimento da parte della collettività mediante un’azione negatoria di servitù;”;
b) tale iscrizione è quindi superabile con la prova contraria della sua natura privata e dell'inesistenza di un diritto di godimento da parte della collettività;
c) senonchè, nel caso di specie, tale prova non è stata fornita, ed anzi l’appellante continua a fare riferimento al proprio atto di acquisto, ma non apporta alcun elemento atto a contestare la tesi del comune.
d) come è noto, la questione concernente la riconducibilità di una strada ad uso pubblico è stata assai sovente esaminata dalla giurisprudenza amministrativa e civile.
Senza alcuna pretesa di completezza, si rammenta in proposito che costituirebbero principi consolidati quelli secondo cui "per l'attribuzione del carattere di demanialità comunale ad una via privata è necessario che con la destinazione della strada all'uso pubblico concorra l'intervenuto acquisto, da parte dell'ente locale, della proprietà del suolo relativo (per effetto di un contratto, in conseguenza di un procedimento d'esproprio, per effetto di usucapione o dicatio ad patriam, ecc.), non valendo, in difetto dell'appartenenza della sede viaria al Comune, l'iscrizione della via negli elenchi delle strade comunali, giacché tale iscrizione non può pregiudicare le situazioni giuridiche attinenti alla proprietà del terreno e connesse con il regime giuridico della medesima, né la natura pubblica di una strada può essere desunta dalla prospettazione della mera previsione programmatica di tale destinazione, dall'espletamento su di essa, di fatto, del pubblico transito per un periodo infraventennale, o dall'intervento di atti di riconoscimento dell'amministrazione medesima circa la funzione assolta da una determinata strada" [v. Cons. Stato, sez. VI, 8 ottobre 2013, n. 4952; v., altresì, T.A.R. Trento, sez. 1, 21 novembre 2012, n. 341, per cui "affinché un'area assuma la natura di strada pubblica, non basta né che vi si esplichi di fatto il transito del pubblico (con la sua concreta, effettiva ed attuale destinazione al pubblico transito e la occupazione sine titulo dell'area da parte della p.a.) né l'intervento di atti di riconoscimento da parte dell'Amministrazione medesima circa la funzione da essa assolta, ma è invece necessario, ai sensi dell'art. 824 c.c., che la strada risulti di proprietà di un ente pubblico territoriale in base ad un atto o fatto (fra cui anche l'usucapione) idoneo a trasferire il dominio, ovvero che su di essa sia stata costituita a favore dell'Ente una servitù di uso pubblico e che essa venga destinata, con una manifestazione di volontà espressa o tacita, all'uso pubblico, ossia per soddisfare le esigenze di una collettività di persone qualificate dall'appartenenza ad una comunità territoriale"]; ulteriore necessaria precisazione sarebbe che "una strada rientra nella categoria delle vie vicinali pubbliche se sussistono i requisiti del passaggio esercitato jure servitutis publicae da una collettività di persone qualificate dall'appartenenza ad una comunità territoriale, della concreta idoneità della strada a soddisfare esigenze di generale interesse, anche per il collegamento con la pubblica via, e dell'esistenza di un titolo valido a sorreggere l'affermazione del diritto di uso pubblico" (v. Cass. 5 luglio 2013, n. 16864); del resto, "l'adibizione ad uso pubblico di una strada è desumibile quando il tratto viario, per le sue caratteristiche, assuma una esplicita finalità di collegamento, essendo destinato al transito di un numero indifferenziato di persone oppure quando vi sia stato, con la cosiddetta dicatio ad patriam, l'asservimento del bene da parte del proprietario all'uso pubblico di una comunità, di talché il bene stesso viene ad assumere le caratteristiche analoghe a quelle dí un bene demaniale" (v. Cons. Stato, sez. IV, 21 ottobre 2013, n. 5116; v., altresì, Cons. Stato, sez. IV, 25 giugno 2012, n. 3531, per la quale "affinché un'area possa ritenersi sottoposta ad un uso pubblico è necessario oltreché l'intrinseca idoneità del bene, che l'uso avvenga ad opera di una collettività indeterminata di persone e per soddisfare un pubblico, generale interesse"; T.A.R. Milano, sez. Il, 9 gennaio 2013, n. 42; v. T.A.R. Lecce, sez. I, 11 febbraio 2013, n. 297 "ai fini della qualificazione di una strada come vicinale pubblica, occorre avere riguardo alle sue condizioni effettive, [...], la concreta idoneità del bene a soddisfare esigenze di carattere generale, anche per il collegamento con la pubblica via e un titolo valido a sorreggere l'affermazione del diritto di uso pubblico, che può anche identificarsi nella protrazione dell'uso da tempo immemorabile. Qualora difetti l'iscrizione della strada nell'elenco delle strade vicinali di uso pubblico (iscrizione costituente presunzione iuris tantum, superabile con la prova contraria, dell'esistenza di un diritto di uso o di godimento della strada da parte della collettività), è l'Amministrazione che ha l'onere di accertare, con rigorosa istruttoria, la sussistenza dei sopra indicati requisiti" (v. T.A.R. Napoli, sez. VIII, 19 dicembre 2012, n. 5250; v., altresì, T.A.R. Napoli, sez. II, 17 luglio 2008, n. 8869); peraltro "la sdemanializzazione di un bene pubblico - ed a fortiori la sottrazione di un bene patrimoniale indisponibile alla sua originaria destinazione - oltre che frutto di una esplicita determinazione, può essere il portato di comportamenti univoci tenuti dall'Amministrazione proprietaria che si appalesano in modo concludente [incompatibili con la volontà di conservare la destinazione del bene all'uso pubblico" (v. Cons. Stato, sez. VI, 27 novembre 2002, n. 6597; T.A.R. Pescara 17 ottobre 2005, n. 580).
3.1. Nel caso di specie, la vicenda è connotata dalle seguenti emergenze processuali:
a) l’ inclusione della via sulla cui natura si controverte nell’elenco delle strade comunali ai sensi della L. 12 febbraio 1958 n. 126 con correlativa presunzione (seppur iuris tantum) della natura pubblicistica della stessa;
b) l’ulteriore dato della insistenza, sulla predetta via della pubblica illuminazione (così la giurisprudenza sin da tempo risalente T.A.R., Lazio, sez. II, 19/03/1990, n. 729 “l'insistenza di segnaletica stradale, la percorrenza di linee pubbliche urbane, l'illuminazione, la funzione di raccordo con altre strade ed a sbocco su piazza e su pubbliche vie sono tutti elementi univoci per il riconoscimento della qualità di strada comunale all'interno degli abitati ai sensi dell'art. 7 sub c) l. 12 febbraio 1958 n. 126.”);
c) l’assenza di prove di segno contrario prospettate da parte appellante, tali non potendo considerarsi le apodittiche affermazioni in punto di insussistenza di un interesse della collettività all’utilizzo della detta via.
4.Alla stregua dei superiori dati, l’appello deve essere quindi in parte dichiarato inammissibile, ed in parte respinto.
5. Nessuna statuizione è dovuta sulle spese processuali, stante l’omessa costituzione in giudizio delle parti appellate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, in parte lo dichiara inammissibile, ed in parte lo respinge.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Guida alla lettura
Nella sentenza in esame il Consiglio di Stato fa il punto sui criteri distintivi tra strada pubblica e privata aderendo all’indirizzo consolidato della giurisprudenza. Nel caso di specie, in particolare, il Collegio respinge l’appello proposto avverso la sentenza T.A.R. Campania confermando quanto già motivato dal giudice di prime cure.
Gli odierni appellanti avevano contestato in primo grado l’iniziativa edificatoria dei proprietari dell’immobile confinante, che avevano presentato una denuncia di inizio attività per l’apertura di un varco - accesso carrabile e pedonale- sulla via di proprietà degli originari ricorrenti. Questi ultimi asserivano la natura privata della via facendo presente che mancava il requisito legittimante alla qualificazione come pubblica della stradella, in quanto la stessa era all’evidenza priva di utilità per l’interesse generale, deducendo altresì che non poteva ritenersi esclusa dalla inclusione della medesima via nell’elenco delle strade comunali ai sensi della L. 12 febbraio 1958 n. 126 (abrogata dall'art. 231 del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285).
Il Consiglio chiarisce che l’inserimento di una strada nell’elenco di cui all’art. 8 della L. 126/1958 integra una presunzione iuris tantum di destinazione del tracciato al pubblico transito che può essere vinta dalla valutazione di elementi certi acquisiti nel processo, idonei a dimostrare la natura privata della strada stessa. In particolare tale presunzione di pubblicità è superabile con la prova dell’inesistenza di un diritto di godimento da parte della collettività mediante un’azione negatoria di servitù. Tale prova non è stata fornita dagli appellanti che si sono limitati a fare riferimento al proprio atto di acquisto.
La giurisprudenza sia civile che amministrativa non è nuova alla questione in oggetto. In primo luogo, ai fini della riconducibilità di una strada ad uso pubblico, è richiesto che sia intervenuto un acquisto della proprietà da parte di un soggetto pubblico. E’ necessario dunque che con la destinazione della strada all’uso pubblico concorra l’intervenuto acquisto, da parte dell’ente locale, della proprietà del suolo relativo quale conseguenza di un contratto, di un procedimento d’esproprio, per effetto di usucapione, non valendo l’iscrizione della via negli elenchi delle strade comunali, giacché tale iscrizione non può pregiudicare le situazioni giuridiche attinenti alla proprietà del terreno e connesse con il regime giuridico della medesima. Appare però decisivo che sia stata costituita sulla strada, a favore del soggetto pubblico, una servitù di uso pubblico e che quest’ultima sia destinata, con una manifestazione di volontà espressa o tacita, all’uso pubblico, al fine di soddisfare le esigenze di una collettività di soggetti appartenenti ad una comunità territoriale. Infine, ma non come ordine di valore, una strada rientra nella categoria delle vie vicinali pubbliche se sussistono i requisiti della concreta idoneità della strada a soddisfare esigenze di generale interesse, anche per il collegamento con la pubblica via.
L’adibizione ad uso pubblico di una strada è desumibile quando il tratto viario, per le sue caratteristiche, assuma una finalità di collegamento, in quanto destinato al transito di un numero indifferenziato di persone oppure quando vi sia stato, con la cosiddetta dicatio ad patriam, l’asservimento del bene da parte del proprietario all’uso pubblico di una comunità, di talché il bene stesso viene ad assumere le caratteristiche analoghe a quelle dí un bene demaniale (Cons. Stato, sez. IV, 21 ottobre 2013, n. 5116; v., altresì, Cons. Stato, sez. IV, 25 giugno 2012, n. 3531).
Dando attuazione ai principi giurisprudenziali citati, il Consiglio conclude per la natura pubblica della strada contestata, considerato sia che la via sulla cui natura si controverte è inclusa nell’elenco delle strade comunali, con correlativa presunzione della natura pubblicistica della stessa, sia l’assenza di prove di segno contrario prospettate dalla parte appellante.