Cons. Stato, sez. V, 12 ottobre 2018, n. 5883
1. Le fattispecie soggette a sanzione amministrativa si caratterizzano per tipicità e determinatezza. Sicché resta esclusa l’integrazione analogica della norma sanzionatrice per estenderne l’applicazione a ipotesi ivi non contemplate (cfr. Cass., II, 22 maggio 2007, n. 11826, 22 gennaio 2004, n. 1081, I, 8 agosto 2003, n. 11968; da Cons. Stato, VI, 28 giugno 2010, n. 4141 in tema di sanzioni AVCP per le SOA).
2. Le indicazioni dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture - AVCP (oggi, Autorità nazionale anticorruzione - ANAC) hanno la funzione di definire canoni oggettivi di comportamento per gli operatori del settore, la cui violazione può essere senz’altro presunta come un'ipotesi di negligenza per gli specifici effetti dell'art. 70, comma 1, lett. a), d.P.R. n. 207 del 2010 (cfr. Cons. Stato, VI, 18 settembre 2015, n. 4358).
3. Nondimeno, in rispetto del rammentato principio di legalità in materia sanzionatoria e di ragioni generali di sicurezza giuridica, occorre che siffatte indicazioni non tengano luogo di fattispecie illecite per legge inesistenti e che specifichino con chiarezza e precisione la condotta che si arriva dover presumere contra-legem.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2519 del 2017, proposto da:
XXX, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato XXX, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Principessa Clotilde, 2;
contro
ANAC - Autorità Nazionale Anticorruzione, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la cui sede domicilia in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I n. 01621/2017, resa tra le parti, concernente applicazione sanzione amministrativa pecuniaria.
Visto il ricorso in appello;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di ANAC - Autorità Nazionale Anticorruzione;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del 5 luglio 2018 il Cons. Anna Bottiglieri e uditi per le parti gli avvocati P.C., su delega del'avv. A. C., e dello Stato G.R.;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue
FATTO
Con atto n. 212-S del 18 luglio 2013 l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, all’epoca operante, ha ritenuto violato da parte di XXX s.p.a. l’obbligo di cui all’art. 70, comma 1, lett. a), del d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, regolamento attuativo del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, applicato ratione temporis («Nello svolgimento della propria attività le SOA devono: a) comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, nel rispetto dei principi di cui all'articolo 2 del codice»). Pertanto, ai sensi dell’art. 73, comma 2, lett. b), dello stesso regolamento, che prevede l’irrogazione di sanzioni pecuniarie alle SOA che svolgono l'attività in modo non conforme al predetto art. 70, commi 1 e 2, nonché dell’art. 6, comma 11, del Codice del 2006, ha irrogato alla società la sanzione amministrativa pecuniaria di € 31.184,72, provvedendo inoltre all’iscrizione dell’annotazione nel Casellario informatico. La quantificazione della sanzione è stata effettuata ai sensi dell’art. 9 del regolamento in materia di esercizio del potere sanzionatorio dell’Autorità.
Il provvedimento ha, in particolare, considerato che l’art. 64, comma 2, d.P.R. n. 207 del 2010 prescrive in capo alle SOA, tra i requisiti generali e di indipendenza, il possesso di un capitale sociale, interamente versato, pari almeno a € 1.000.000, e di un patrimonio netto, costituito dal totale della lettera A) del passivo dello stato patrimoniale di cui all'art. 2424 Cod. civ. dell’ultimo bilancio depositato, pari almeno al capitale sociale.
L’AVCP ha indi censurato, sulla base delle dette disposizioni, la condotta della società che, pur consapevole che era venuto meno il requisito già tra ottobre e novembre 2012, come da approvazione del 7 novembre 2012 del bilancio intermedio (periodo 10 gennaio/30 settembre 2012), dal quale emergevano perdite consistenti ed erosione delle riserve disponibili (con conseguente diminuzione del patrimonio netto oltre il minimo di legge e obbligo di aumento del capitale sociale nel più breve tempo possibile), non aveva comunicato all’Autorità tale condizione, ponendovi rimedio mediante ricapitalizzazione autonomamente, e solo all’esito dell’assemblea straordinaria dei soci del 28 gennaio 2013.
Ai fini della quantificazione della sanzione, gli elementi oggettivo e soggettivo della violazione sono stati ricondotti, rispettivamente, alla “difformità grave” e alla “colpa grave”.
Avverso il provvedimento sanzionatorio e gli atti presupposti e conseguenti la società ha proposto ricorso innanzi al Tribunale amministrativo per il Lazio.
Il ricorso è stato definito dalla sentenza 1° dicembre 2017, n. 1621, che:
- ha respinto il primo motivo, con cui la società lamentava, a fronte dei principi di legalità, tipicità, tassatività e proporzionalità delle sanzioni amministrative, la disarmonia tra la fattispecie e le disposizioni considerate nel provvedimento, che non prescrivono un obbligo comunicativo quale quello evocato dall’Autorità né un termine di adempimento, rilevando l’inconferenza dell’art. 70, comma 1, lett. a) (relativo alla sola attività di attestazione delle SOA e non ai rapporti con l’Autorità) e il richiamo di norme interne dell’Autorità, inidonee a fondare sanzioni amministrative non previste dall’ordinamento di settore (comunicato SOA n. 66/11 e punto 1.8 delle Linee guida operative allegate alla determinazione n. 1 del 15 marzo 2011). Il motivo richiamava, inoltre, alcune comunicazioni del periodo novembre 2012/gennaio 2013, idonee, per la società, a porre a conoscenza l’Autorità della situazione in cui versava la società;
- ha accolto il secondo motivo, sulla quantificazione della sanzione, e, in sede di giurisdizione con cognizione estesa al merito, ai sensi dell’art. 134, comma 1, lett. c), Cod. proc. amm., ha rideterminato i relativi parametri, rinviando gli atti all’Autorità per la sua corretta quantificazione in concreto;
- ha compensato tra le parti le spese di lite.
La società ha proposto l’odierno appello, affidato ai seguenti motivi:
1) erroneità della sentenza nella parte in cui ha respinto il primo motivo di ricorso.
La sentenza avrebbe travisato la fattispecie, male inquadrandola tra quelle tassative tipizzate ai fini dell’esercizio del potere sanzionatorio dell’Autorità, così validando l’inammissibile interpretazione estensiva a base del provvedimento;
2) erroneità della sentenza sotto per carente apprezzamento dei fatti emergenti dalle risultanze documentali, avendo respinto i rilievi che dimostravano la non corretta valutazione dell’Autorità della condotta realizzata nell’iter che ha portato alla ricapitalizzazione, pari a circa due mesi e mezzo, e, in specie, della costante comunicazione mantenuta dalla società con gli uffici dell’Autorità per il supporto nella gestione dell’assemblea straordinaria, finalizzata al ripristino delle condizioni patrimoniali di legge;
3) erroneità del parziale accoglimento, per non aver del tutto escluso la configurabilità dell’elemento soggettivo in termini di “colpa grave” e dell’elemento oggettivo in termini di “difformità grave”.
L’ANAC, nelle more succeduta all’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, ha eccepito di aver rideterminato la sanzione con delibera n. 240 dell’8 marzo 2017, conformemente alle indicazioni della sentenza appellata.
L’ANAC ha indi domandato il rigetto dell’appello, perché non vi è stata un’interpretazione estensiva, essendo chiara individuazione sia delle norme di fattispecie che la condotta della società.
L’appellante ha affidato a memoria lo sviluppo delle proprie argomentazioni difensive.
La controversia è stata trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 5 luglio 2018.
DIRITTO
1. Va effettuata una ricognizione degli elementi fattuali valutati dal provvedimento e dei passaggi argomentativi dell’irrogazione della sanzione pecuniaria contestata.
1.1. In sintesi, con nota 7 febbraio 2013 l’allora Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, richiedeva alla XXX s.p.a., una dichiarazione sostitutiva di atto notorio del legale rappresentante, per fornire ogni informazione in merito al possesso dei requisiti del patrimonio netto e del capitale sociale, ai sensi dell’art. 64, comma 2, d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, che, tra altro, prescrive il possesso in capo alle SOA, quali requisiti generali e di indipendenza, di un capitale sociale, interamente versato, pari almeno a € 1.000.000, e di un patrimonio netto, costituito dal totale della lettera A) del passivo dello stato patrimoniale di cui all'art. 2424 Cod. civ. dell’ultimo bilancio depositato, pari almeno al capitale sociale almeno pari ad € 1,000.000.
La società riscontrava la richiesta il 14 febbraio 2013, producendo la dichiarazione in ordine al possesso del requisito. In particolare, essa dichiarava che il patrimonio netto, come sopra calcolato, dell’ultimo bilancio di rilevo, che era quello depositato il 31 dicembre 2011, risultava pari a € 1.730.502, al netto della perdita di esercizio di € 210.590, che aveva trovato totale copertura nelle riserve disponibili, e dava contezza della sua specifica composizione.
Nella stessa sede la società rappresentava che era stata predisposta tutta la documentazione necessaria per l’assemblea straordinaria, avente a oggetto la situazione patrimoniale ed economica al 30 settembre 2012, data in cui, causa le perdite registrate, era intervenuta una erosione sia del patrimonio netto (€ 693.638) che del capitale sociale (€ 337.421).
La società dichiarava, sul punto, che l'assemblea straordinaria degli azionisti del 28 gennaio 2013, come da verbale accluso, aveva peraltro deliberato favorevolmente la copertura della perdita e il conseguente aumento del capitale sociale da € 337.421 fino a un massimo di € 1.337.421.
L’Autorità richiedeva con nota 20 febbraio 2011 una serie di atti menzionati nel predetto verbale di assemblea straordinaria, che la società trasmetteva il 26 febbraio 2013.
Con il provvedimento impugnato, l’Autorità afferma, sulla scorta degli elementi come sopra acquisiti, che la società non possedeva il requisito di cui all’art. 64, comma 2, D.P.R. n. 207 del 2010 già dall’ottobre/primi di novembre 2012, in quanto il bilancio intermedio del periodo 10 gennaio - 30 settembre 2012, approvato il 7 novembre 2012, faceva emergere consistenti perdite maturate nel corso dell'esercizio 2012, che avevano comportato la diminuzione del patrimonio netto a € 693.638,00, al di sotto del minimo legale di cui all’art. 64, comma 2, d.P.R. n. 207 del 2010, e l’intaccamento per più di un terzo del capitale sociale, anch’esso ormai ridotto al di sotto del limite legale.
Rimarca indi il provvedimento come la società, ai sensi del citato art. 64, e anche ai sensi degli artt. 2446 e 2447 Cod. civ., avesse l’obbligo di operare nel più breve tempo possibile la riduzione del capitale sociale, attraverso il quale ripianare le perdite, per poi provvedere contestualmente all’aumento del capitale sociale almeno sino al limite di € 1.000.000.
Sempre per l’Autorità, da tale contesto “scaturiva altresì l'obbligo di comunicare all'Autorità l’evento delle perdite e delle correlate conseguenze il più presto possibile, al fine di porre a conoscenza dell'Organo di vigilanza la situazione di irregolarità in cui versava la SOA e, contestualmente, l'obbligo di convocare l'Assemblea dei soci in seduta straordinaria in tempi rapidissimi, al fine di procedere alla riduzione del capitale e all’avvio della procedura per la ricapitalizzazione della Società, cosi da ripristinare il requisito perduto”.
La società, invece, per il provvedimento, senza nulla comunicare all’Autorità, poneva in essere iniziative diverse e autonome (redazione del bilancio intermedio al 30 settembre 2012, su cui il collegio sindacale esprimeva osservazioni il 15 ottobre 2012, e che veniva approvato il 7 novembre 2012; predisposizione il 14 dicembre 2012 della relazione sulla situazione patrimoniale della società al 30 settembre 2012 ex art. 2446, comma 1, Cod. civ.; convocazione dell’assemblea dei soci per l’11 gennaio 2013, che non raggiungeva il quorum deliberativo; riunione del consiglio di amministrazione del 15 gennaio 2013 per decidere la riconvocazione dell’assemblea dei soci; assemblea straordinaria dei soci del 28 gennaio 2013 che deliberava la riduzione e il contestale aumento del capitale sociale).
Confrontando tali iniziative e i correlati tempi con gli adempimenti previsti dall’art. 2446 Cod. civ. e dal comunicato AVCP alle SOA n. 66/2011, che prevede la comunicazione all’Autorità anche dei provvedimenti che la SOA intende adottare al fine di salvaguardare il possesso del requisito generale in esame, il provvedimento conclude che la società “abbia violato il rispetto del canone generale della buona fede, che anche in presenza di perdite, impone che queste vadano comunque prontamente comunicate dall’organo di gestione all’Autorità. Infatti, come risultante dagli atti sopra descritti, la condotta della XXX S.p.A. non è stata conforme ai canoni della "diligenza, correttezza, trasparenza", tenuto conto che la necessità di un'operazione sul capitale, comportante il ripianamento delle perdite e la ricostituzione del capitale sociale e del patrimonio netto ai livelli previsti dalli norma era avvertita e nota, sia dai C.d.A della medesima che dagli organi di controllo della stessa. Pertanto, il Consiglio ritiene, dunque, sussistere la violazione dell'obbligo previsto dall'art. 70, comma 1, lett. a), del D.P.R. n. 207del 2010 con conseguente irrogazione della sanzione amministrativa pecuniaria”.
Più in dettaglio, il provvedimento, in finale, eroga la sanzione: “accertata la violazione ai sensi del combinato disposto degli artt. 70, comma 1, lett. a) e 73, comma 2, lett. b)” del d.P.R. n. 207 del 2010; “visto l'art. 73, comma 2, lett. b), del DPR. n. 207del 2010, in combinato disposto dell'art. 70, comma 1, lett. a), del DPR n. 207del 2010 e l’art. 6, comma 11, del D.Lgs. n.163 e ss.mm. nonchè l'art. 9 del Regolamento in materia di esercizio del potere sanzionatorio da parte dell'Autorità”.
2. L’esposta disamina rende evidente che ciò che è stato contestato alla società non è né la perdita provvisoria del requisito nel considerato lasso temporale, né un ipotesi di condotta non satisfattiva delle richieste documentali avanzate, bensì solo la mancata tempestiva comunicazione all’Autorità sia delle perdite subite dall’impresa, che avevano inciso temporaneamente sul requisito economico-finanziario di cui all’art. 64, comma 2, del d.P.R. n. 207 del 2010, che delle iniziative adottate per il ripristino dello stesso.
L’addebito è stato ancorato alle seguenti norme:
- art. 70, comma 1, lett. a), del d.P.R. n. 207 del 2010, che prescrive che nello svolgimento della propria attività le SOA devono “a) comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, nel rispetto dei principi di cui all'articolo 2 del codice”;
- art. 73, comma 2, lett. b), dello stesso decreto, che, in caso di “svolgimento dell'attività della SOA in modo non conforme alle disposizioni previste dall'articolo 70, commi 1 e 2”, rende applicabile e aumenta il massimo edittale della sanzione pecuniaria prevista dall'articolo 6, comma 11, del Codice dei contratti pubblici (“Con provvedimento dell'Autorità, i soggetti ai quali è richiesto di fornire gli elementi di cui al comma 9 sono sottoposti alla sanzione amministrativa pecuniaria fino a euro 25.822 se rifiutano od omettono, senza giustificato motivo, di fornire le informazioni o di esibire i documenti, ovvero alla sanzione amministrativa pecuniaria fino a euro 51.545 se forniscono informazioni od esibiscono documenti non veritieri”);
- Comunicato dell’Autorità alle SOA n. 66/2011, che ha previsto, tra altro, che “il rispetto del canone generale della buona fede, anche in presenza di perdite minime, rilevate in sede di approvazione del bilancio di esercizio, le quali non diano luogo per ipotesi alle operazioni obbligatorie di ripianamento del capitale sociale sopra riportate, imporrà che queste andranno comunque prontamente comunicate dall'organo di gestione (o in caso di inerzia, dall'organo di controllo) all'Autorità. Qualora, invece, l'entità della minusvalenza, in rapporto all'entità del patrimonio netto, determini la necessità di un'operazione sul capitale del tipo di quelle ipotizzate negli esempi di cui alle lettere a), b) e c) di cui sopra, andranno, altresì, comunicati i provvedimenti che la SOA intende adottare al fine di salvaguardare il possesso del requisito generale in esame. In caso contrario, la SOA potrà essere sanzionata dall'Autorità con una pena pecuniaria ai sensi del combinato disposto degli artt. 70, 1° comma lett. a) e 73, 2° comma lett. b) del d.PR. n. 207del 2010, così come esplicitato anche al punto 1.8. delle Linee guida operative, allegate alla Determinazione n. I del 15 marzo 2011, fermo restando che il venir meno del requisito del capitale - patrimonio netto minimo di € 1.000.000 è motivo di decadenza dell'autorizzazione, ai sensi dell'art. 73, comma 4, lett. a), del richiamato regolamento”.
3. Deve poi osservarsi come la base concreta del precetto la cui violazione è stata sanzionata dal provvedimento impugnato vada individuata nel solo Comunicato dell’Autorità alle SOA n. 66/2011, nonostante allo stesso sia dedicato, nell’economia espositiva dell’atto, uno spazio alquanto limitato.
Invero, come è palese dal tenore delle disposizioni esaminate e dalle difese delle parti, nessuna delle norme del d.lgs. n. 163 del 2006 e del d.P.R. n. 207 del 2010 richiamate dall’AVCP prescrive gli obblighi comunicativi evocati dall’Autorità, né un termine per il loro adempimento.
Le stesse disposizioni vengono invece assunte nella fattispecie dal predetto Comunicato, che dichiara espressamente il suo ruolo di collegamento tra l’art. 70, comma 1, lett. a), che richiama, genericamente, il rispetto da parte delle SOA dei canoni di diligenza, correttezza e trasparenza, e le previsioni sanzionatorie pecuniarie di cui all’art. 73, comma 2, lett. b), dello stesso decreto, riguardanti altre fattispecie, realizzato estendendo queste ultime all’ipotesi di comportamento difforme da quello contestualmente delineato, ritenuto conforme a diligenza e buona fede, in caso di perdita temporanea del requisito di cui trattasi (la perdita definitiva del requisito comporta invece la più grave sanzione della decadenza: art. 73, comma 4, lett. a), del d.P.R. n. 207 del 2010).
Il Comunicato n. 66/2011 innova, pertanto, rispetto alla normativa di settore primaria e secondaria, individuando sia le condotte da osservarsi da parte delle SOA nell’evenienza considerata, consistenti, in ogni caso, nella pronta comunicazione delle perdite anche minime e, per l’ipotesi di necessità di un’operazione sul capitale, anche dei provvedimenti che la SOA intende adottare al fine di salvaguardare il possesso del requisito patrimoniale, sia le sanzioni pecuniarie applicabili pel caso della violazione dei predetti precetti.
4. Tanto considerato, i motivi di appello con cui la società sostiene che la sentenza, nel respingere la prima censura del ricorso di primo grado, abbia avallato un’inammissibile interpretazione estensiva come quella a base del provvedimento sanzionatorio, mediante un forzato inquadramento della fattispecie tra quelle tipizzate che legittimano l’esercizio del potere sanzionatorio dell’Autorità, è fondato.
5. Il principio di legalità in materia sanzionatoria - immanente allo Stato di diritto - trova base nell’art. 1, primo comma, della l. 24 novembre 1981, n. 689, secondo cui «Nessuno può essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima della commissione della violazione», in applicazione dell’art. 25 Cost., per il quale «nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso».
Ne deriva che le fattispecie soggette a sanzione amministrativa si caratterizzano per tipicità e determinatezza. Sicché resta esclusa l’integrazione analogica della norma sanzionatrice per estenderne l’applicazione a ipotesi ivi non contemplate (cfr. Cass., II, 22 maggio 2007, n. 11826, 22 gennaio 2004, n. 1081, I, 8 agosto 2003, n. 11968; da Cons. Stato, VI, 28 giugno 2010, n. 4141 in tema di sanzioni AVCP per le SOA).
Le indicazioni dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture - AVCP (oggi, Autorità nazionale anticorruzione - ANAC) hanno la funzione di definire canoni oggettivi di comportamento per gli operatori del settore, la cui violazione può essere senz’altro presunta come un'ipotesi di negligenza per gli specifici effetti dell'art. 70, comma 1, lett. a), d.P.R. n. 207 del 2010 (cfr. Cons. Stato, VI, 18 settembre 2015, n. 4358).
Nondimeno, in rispetto del rammentato principio di legalità in materia sanzionatoria e di ragioni generali di sicurezza giuridica, occorre che siffatte indicazioni non tengano luogo di fattispecie illecite per legge inesistenti e che specifichino con chiarezza e precisione la condotta che si arriva dover presumere contra-legem.
Deve rilevarsi che il d.P.R. n. 207del 2010, laddove individua a carico delle SOA adempimenti informativi - quali quelli la cui carenza è stata contestata nella fattispecie - detta prescrizioni chiare e precise (art. 64, comma 5; art. 65, comma 2; art. 67, commi 3 e 4; art. 70, commi 6 e 7; art. 74, comma 4).
Il Comunicato n. 66/2011 non chiarisce, invece, né i tempi né i modi delle comunicazioni, la cui carenza è stata qui addebitata alla società.
Più precisamente, non è dato indentificare con determinatezza quale sia la “pronta” comunicazione all’Autorità della perdita temporanea del requisito e dei provvedimenti che si intende assumere per farvi fronte; né gli elementi che consentono di definire la rispondenza delle comunicazioni all’obbligo comportamentale richiesto, diverse da ogni altra comunicazione che possa intervenire nell’ambito del rapporto tra le le SOA e l’Autorità.
5.1. L’Autorità, del resto, qui si è limitata ad un rilievo meramente formale dell’adempimento informativo di cui trattasi, senza prendere in considerazione i concreti tratti connotativi dell’intera vicenda, che per loro natura mettono quanto meno in dubbio l’esistenza di un effettivo vulnus alle prescrizioni in questione.
L’AVCP ha stimato che l’obbligo non potesse essere soddisfatto dagli atti invocati dalla società nelle difese endoprocedimentali, e, segnatamente, dalla nota del Presidente del consiglio di amministrazione della SOA inoltrata alla AVCP il 15 giugno 2012 (che, ancor prima della perdita del requisito, accertata con la redazione del bilancio intermedio al 30 settembre 2012, comunicava che il 28 giugno successivo era stata convocata l'Assemblea straordinaria degli azionisti per deliberare in merito all'aumento di capitale, a corredo di una richiesta di parere afferente al diritto di voto in assemblea di alcuni soci, e, indi, esternava all’Autorità lo stato di incertezza economica della società e i mezzi individuati per farvi fronte).
L’AVCP ha stimato che tale nota fosse contraddetta da una successiva comunicazione (peraltro erroneamente datata al “13 maggio” 2012), che faceva riferimento all’erroneità della precedente.
5.2. La sentenza appellata ha confermato l’assunto del provvedimento assumendo che le comunicazioni allegate in giudizio dalla società non contenevano un esplicito riferimento alla perdita del requisito generale.
Tale impostazione non può essere condivisa.
5.3. In fatto, vale rilevare che la successiva comunicazione cui si riferisce l’AVCP non mutava i termini sostanziali della notizia resa dalla SOA all’Autorità: la società, senza essere confutata, chiarisce che la smentita si riferiva esclusivamente alla circostanza che al 15 giugno 2012 il c.d.a. non aveva ancora deliberato la convocazione dell’assemblea straordinaria, adempimento effettuato solo tre giorni dopo.
Inoltre, il verbale dell’audizione procedimentale avvenuta il 6 maggio 2013 rende chiaro che, alla data della comunicazione 15 giugno 2012, anche al di là delle modalità della veste formale, l’Autorità era a conoscenza del contesto nella quale la stessa si inseriva, tanto da affermare che “dalla relazione del Collegio sindacale della SOA e della società di revisione incaricata (DF-Audit del 12.06.2012) sul bilancio 2011, risultava già una forte incertezza economica della SOA, tale da far presumere, in tempi brevi, una necessaria ricapitalizzazione della società. Inoltre, risulta agli atti dell'Ufficio Uvsoal, una lettera che la SOA ha inoltrato in data 15.06.2012, circa un parere richiesto alla AVCP sull'incompatibilità di alcuni soci, allegando a tale comunicazione la nota di convocazione dei soci dell'assemblea ordinaria di approvazione di bilancio 2011 e contestualmente dell'assemblea straordinaria per l'aumento del capitale a pagamento”.
Tali elementi chiariscono, per tabulas, che l’Autorità era messa a conoscenza delle perdite subite dalla società e delle iniziative da essa in corso di assunzione per il ripristino del requisito patrimoniale.
In diritto, deve concludersi che l’Autorità ha addebitato alla società, con il provvedimento contestato, una carenza informativa solo formale, per la quale non vi è ragione di sanzione né nelle fonti che regolano la materia, né nel Comunicato dell’Autorità alle SOA n. 66/2011.
Tale Comunicato non ha infatti indicato, come già detto, prescrizioni sui tempi e le modalità delle specifiche comunicazioni ivi previste.
Gli obblighi, nel caso concreto, apparivano adempiuti. Vale anche considerare che, diversamente, vista la pluralità di inadempimenti possibili rispetto a un obbligo informativo non regolato, la vigilanza sulla perdurante presenza del requisito patrimoniale si esaurirebbe sul solo piano sanzionatorio pecuniario, rendendo recessive le più ampie potestà dell’Autorità previste dallo stesso Comunicato n. 66/2011 laddove, in conformità alle finalità di pubblico interesse connesse alle SOA, nel caso di perdita temporanea del requisito, assegna all’Autorità anche un ruolo di indirizzo, manifestato dall’obbligo delle SOA di comunicare non solo le perdite, ma anche, per l’ipotesi di necessità di un’operazione sul capitale, i provvedimenti previsti per il ripristino.
6. Da quanto sopra consegue, assorbito ogni altro motivo, l’accoglimento dell’appello e, in riforma della sentenza di primo grado, l’accoglimento del ricorso proposto dalla società e l’annullamento dei provvedimenti impugnati, nei limiti dell’interesse azionato in giudizio.
Le spese del presente grado di giudizio possono essere compensate, tenuto conto della novità e della complessità della questione controversa.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello di cui in epigrafe, ne dispone l’accoglimento nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso della XXX s.p.a. e annulla gli atti impugnati, nei limiti dell’interesse dell’appellante.
Compensa tra le parti le spese di lite del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Guida alla lettura
Con la pronuncia de qua il Consiglio di Stato è stato chiamato a decidere l’appello promosso avverso una pronuncia del TAR del Lazio, Roma, con cui era stato respinto il ricorso avente ad oggetto una sanzione irrogata dall’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, all’epoca operante (oggi ANAC), nei confronti di una SOA, per la violazione dell’obbligo di cui all’art. 70, comma 1, lett. a), del d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 (regolamento attuativo del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, applicato ratione temporis).
In particolare, in base alla succitata disciplina «nello svolgimento della propria attività le SOA devono: a) comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, nel rispetto dei principi di cui all'articolo 2 del codice». Pertanto, ai sensi dell’art. 73, comma 2, lett. b), dello stesso regolamento, è prevista l’irrogazione di apposite sanzioni pecuniarie alle SOA che svolgono l'attività in modo non conforme al predetto art. 70, commi 1 e 2, nonché dell’art. 6, comma 11, del Codice degli appalti del 2006.
Orbene, a tal proposito i giudici di Palazzo Spada, accogliendo l’appello promosso, hanno ritenuto che il potere sanzionatorio dell’ANAC può essere esercitato entro i corollari del principio di legalità, ed in particolare della tassatività e della determinatezza.
Invero, tale principio, che permea l’intero ordinamento giuridico ed acquista particolare rilevanza nell’ambito del diritto penale, con riferimento alle sanzioni amministrative, trova il suo fondamento nel combinato disposto degli artt. 1, primo comma, della L. 24 novembre 1981, n. 689, secondo cui «nessuno può essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima della commissione della violazione», e 25 Cost., per il quale «nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso».
La sua operatività, comporta pertanto che le fattispecie soggette a sanzione amministrativa devono rispondere ai corollari della tipicità e determinatezza, nel senso che: a) la fattispecie per cui il soggetto è punito deve essere descritta in modo chiaro e non deve lasciare discrezionalità nell'individuazione della condotta punibile; b) il Legislatore è chiamato a individuare in guisa precisa il reato e le sanzioni applicabili per una determinata fattispecie.
Sicché, citando una copiosa giurisprudenza sul tema (ex multis Cass., II, 22 maggio 2007, n. 11826, 22 gennaio 2004, n. 1081, I, 8 agosto 2003, n. 11968; da Cons. Stato, VI, 28 giugno 2010, n. 4141 in tema di sanzioni AVCP per le SOA), si è affermato ancora una volta il principio secondo cui resta esclusa l’integrazione analogica della norma sanzionatrice per estenderne l’applicazione a ipotesi ivi non contemplate.
Più precisamente, nel caso di specie, si è ritenuto che l’Autorità si sia limitata ad un “rilievo meramente formale dell’adempimento informativo di cui trattasi, senza prendere in considerazione i concreti tratti connotativi dell’intera vicenda, che per loro natura mettono quanto meno in dubbio l’esistenza di un effettivo vulnus alle prescrizioni” che si considerano violate e che “in rispetto del rammentato principio di legalità in materia sanzionatoria e di ragioni generali di sicurezza giuridica, occorre che siffatte indicazioni non tengano luogo di fattispecie illecite per legge inesistenti e che specifichino con chiarezza e precisione la condotta che si arriva dover presumere contra-legem”.