Consiglio di Stato, Sez. III, 17 settembre 2018, n. 5434.

Sommario: 1. Il caso e la questione giuridica analizzata; 2. Le tendenze acceleratorie del contenzioso in materia di contratti pubblici e l’introduzione del c.d. rito "super-accelerato"; 3. L’evoluzione giurisprudenziale; 4. Considerazioni conclusive.

 

 

N. 05434/2018REG.PROV.COLL.

N. 06917/2018 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.
sul ricorso numero di registro generale 6917 del 2018, proposto da
Mas Medical s.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Veronica Navarra, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

ESTAR - Ente di Supporto Tecnico Amministrativo Regionale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Domenico Iaria, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, corso Vittorio Emanuele II n. 18;

nei confronti

Exactech Italia s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Simone Zampieri, Gianfranco Garancini e Gabriele Pafundi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Gabriele Pafundi in Roma, viale Giulio Cesare n. 14;
Johnson & Johnson Medical s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Mario Zoppellari, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Angelo Maleddu in Roma, via del Tempio n. 1;
Zimmer Biomet Italia s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Rocco Mangia, Stefano Quadrio e Gabriele Pafundi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Gabriele Pafundi in Roma, viale Giulio Cesare n. 14;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza) n. 01102/2018, resa tra le parti

 


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di ESTAR - Ente di Supporto Tecnico Amministrativo Regionale, Exactech Italia s.p.a., Johnson & Johnson Medical s.p.a. e Zimmer Biomet Italia s.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 13 settembre 2018 il Cons. Ezio Fedullo e uditi per le parti gli Avvocati Luca Lentini su delega di Veronica Navarra, Vittorio Chierroni su delega di Domenico Iaria e Gabriele Pafundi per sé e su delega di Mario Zoppellari;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

 


Ritenuto che non sia effettivamente ravvisabile la ragione di inammissibilità posta dal giudice di primo grado a fondamento della sentenza appellata, connessa alla preclusione posta dal codice di rito, ai sensi dell’art. 120, comma 11 bis, alla proposizione di un ricorso oggettivamente cumulativo in assenza dei requisiti di connessione tra le domande contemplati dalla disposizione citata;

Rilevato infatti che, in base alla stessa, “nel caso di presentazione di offerte per più lotti l'impugnazione si propone con ricorso cumulativo solo se vengono dedotti identici motivi di ricorso avverso lo stesso atto”;

Ritenuto che il riferimento operato dalla norma allo “stesso atto”, quale presupposto oggettivo del ricorso cumulativo, debba essere ragionevolmente inteso come concernente il provvedimento adottato dalla stazione appaltante in senso formale, anche se comprensivo di plurime determinazioni provvedimentali in senso sostanziale, atteso che, in considerazione della specificità della fattispecie disciplinata, caratterizzata dallo svolgimento di una gara avente ad oggetto un appalto suddiviso in lotti, l’ipotesi di provvedimento anche sostanzialmente unitario, suscettibile di impugnazione cumulativa ai sensi della norma richiamata, appare squisitamente teorica e comunque residuale (ad esempio: impugnazione di distinti provvedimenti di aggiudicazione sulla scorta di vizi di illegittimità attinenti in via immediata all’unica lex specialis);

Rilevato quindi che, nella fattispecie in esame (caratterizzata dalla impugnazione di plurimi provvedimenti di esclusione, di cui la parte appellante è stata destinataria con riferimento ai distinti lotti alla cui aggiudicazione ha partecipato, ma contenuti in un unico atto in senso formale), sussistono i presupposti legittimanti la proposizione di una impugnazione di carattere cumulativo, alla luce della identità dei motivi di esclusione (connessi alla presentazione da parte dell’impresa appellante di offerte non convenienti) e delle censure prospettate dalla parte appellante al fine di conseguirne l’annullamento, mentre non influiscono sui suddetti elementi accomunanti i profili differenziali pur sussistenti, ai sensi della lex specialis, tra i diversi lotti nei quali è stato articolato l’oggetto della gara;

Ritenuto nondimeno che il ricorso originario, come nuovamente eccepito in appello dalle parti resistenti, debba essere dichiarato irricevibile, con la conseguente conferma dell’esito, non favorevole alla parte appellante, del ricorso medesimo;

Rilevato infatti che alla seduta della commissione del 30.3.2018, alla quale era presente un rappresentante dell’impresa appellante, è stata data lettura integrale dei precedenti verbali, compreso di quello del 15.2.2018, recante la motivata declaratoria della “non accettabilità” delle offerte della medesima appellante, che la stazione appaltante, con l’impugnata determina n. 584 del 26 aprile 2018, si è limitata a recepire e confermare;

Rilevato infatti che, come recentemente evidenziato da questo giudice (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 4180 del 9 luglio 2018), “la disposizione in parola (art. 120, comma 2 bis, c.p.a.: n.d.e.) non implica l’assoluta inapplicabilità del generale principio sancito dagli artt. 41, comma 2 e 120, comma 5, ultima parte, del c.p.a., per cui, in difetto della formale comunicazione dell’atto - o, per quanto qui interessa, in mancanza di pubblicazione di un autonomo atto di ammissione sulla piattaforma telematica della stazione appaltante - il termine decorre, comunque, dal momento dell’intervenuta piena conoscenza del provvedimento da impugnare, ma ciò a patto che l’interessato sia in grado di percepire i profili che ne rendano evidente la lesività per la propria sfera giuridica in rapporto al tipo di rimedio apprestato dall’ordinamento processuale. In altri termini, "la piena conoscenza dell’atto di ammissione della controinteressata, acquisita prima o in assenza della sua pubblicazione sul profilo telematico della stazione appaltante, può dunque provenire da qualsiasi fonte e determina la decorrenza del termine decadenziale per la proposizione del ricorso" (Cons. St. 5870 del 2017)”;

Evidenziato che, laddove si tratti - come nella specie - della impugnazione di un provvedimento di esclusione, la conoscenza dei relativi profili lesivi deve ritenersi insita nella percezione della sua adozione da parte dell’impresa esclusa, tanto più se acquisita congiuntamente a quella delle relative ragioni determinanti;

Evidenziato conseguentemente che il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, proposto dalla parte ricorrente solo in data 25.5.2018, non può che essere considerato tardivo, nella parte in cui si rivolge avverso il provvedimento di esclusione, di fatto adottato dalla commissione di gara in occasione della seduta del 15.2.2018 e portato a conoscenza dell’impresa appellante (per il tramite del suo rappresentante) alla seduta del 30.3.2018;

Ritenuta nondimeno la sussistenza di giuste ragioni per disporre la compensazione delle spese del giudizio di appello, considerato che la sentenza appellata merita di essere confermata, ma con diversa motivazione;

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) respinge l’appello e conferma, sebbene con diversa motivazione, la sentenza appellata.

Spese del giudizio di appello compensate.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 settembre 2018 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Franco Frattini, Presidente

Umberto Realfonzo, Consigliere

Giovanni Pescatore, Consigliere

Solveig Cogliani, Consigliere

Ezio Fedullo, Consigliere, Estensore

 

Guida alla lettura

1. Il caso e la questione giuridica analizzata

 

La sentenza del Consiglio di Stato, Sez. III, 17 settembre 2018 n. 5434 affronta, in poche righe, il tema della decorrenza del termine per l’impugnazione dei provvedimenti di esclusione, ai sensi dell’art. 120, comma 2-bis, c.p.a., questione che offre notevoli spunti di riflessione, sia di diritto processuale, sia di diritto sostanziale.

Il caso sottoposto al sindacato del Supremo Consesso amministrativo traeva origine dall’impugnativa, promossa in prime cure dall’impresa appellante, del provvedimento di esclusione e di aggiudicazione, adottato dalla stazione appaltante, nell’ambito di una procedura aperta, ai sensi del d.lgs. n. 163/2006, avente ad oggetto la fornitura continuativa di protesi ortopediche. All’esito del giudizio di primo grado, il T.A.R. Toscana Sez. III, con sentenza n. 1102 del 26 luglio 2018, dichiarava l’inammissibilità del gravame in quanto proposto cumulativamente in relazione all’esclusione dalla gara rispetto a più lotti e alle successive aggiudicazioni dei lotti medesimi, e quindi in contrasto con la regola, sancita dall’art. 120, comma 11-bis, del d.lgs. n. 104/2010, secondo cui il ricorso cumulativo è ammesso soltanto in presenza di una analogia dei motivi di gravame avverso un medesimo atto.

Chiamato a pronunciarsi sull’appello presentato dall’impresa originariamente esclusa, il Consiglio di Stato, con la sentenza annotata, ha respinto il gravame e confermato, sebbene con diversa motivazione, le statuizioni del T.A.R. toscano. Nella fattispecie, i giudici di Palazzo Spada hanno rilevato la decorrenza del termine di impugnativa del provvedimento di esclusione, posto che la presenza del rappresentante dell’impresa appellante alle sedute pubbliche di gara, con contestuale lettura integrale dei verbali, compreso quello recante la motivata declaratoria di “non accettabilità” dell’offerta, induceva a ritenere che la parte appellante fosse in possesso di sufficienti elementi conoscitivi circa la lesività del provvedimento per poter proporre ricorso nel termine di cui all'art. 120, comma 2-bis, c.p.a.

Infatti, ponendosi nella scia dell’orientamento giurisprudenziale più recente, il Consiglio di Stato ha ritenuto che “la disposizione in parola (art. 120, comma 2 bis, c.p.a.: n.d.e.) non implica l’assoluta inapplicabilità del generale principio sancito dagli artt. 41, comma 2 e 120, comma 5, ultima parte, del c.p.a., per cui, in difetto della formale comunicazione dell’atto - o, per quanto qui interessa, in mancanza di pubblicazione di un autonomo atto di ammissione sulla piattaforma telematica della stazione appaltante - il termine decorre, comunque, dal momento dell’intervenuta piena conoscenza del provvedimento da impugnare, ma ciò a patto che l’interessato sia in grado di percepire i profili che ne rendano evidente la lesività per la propria sfera giuridica in rapporto al tipo di rimedio apprestato dall’ordinamento processuale. In altri termini, "la piena conoscenza dell’atto di ammissione della controinteressata, acquisita prima o in assenza della sua pubblicazione sul profilo telematico della stazione appaltante, può dunque provenire da qualsiasi fonte e determina la decorrenza del termine decadenziale per la proposizione del ricorso" (Cons. St. 5870 del 2017)[1]”.

Come si avrà modo di esporre più avanti, l’approdo giurisprudenziale appena richiamato, espresso in maniera convinta dal Consiglio di Stato, rappresenta (non l'unica, ma) una delle possibili opzioni ermeneutiche alla questione giuridica in esame, compatibile con il diritto vigente.

Al fine di suscitare una riflessione sul punto, saranno oggetto di disamina il nuovo regime processuale di cui all’art. 120, commi 2-bis e 6-bis c.p.a., nonché gli orientamenti giurisprudenziali formatisi, cercando così di fornire un quadro esaustivo rispetto alla tematica indicata in esordio.

 

2. Le tendenze acceleratorie del contenzioso in materia di contratti pubblici e l’introduzione del c.d. rito "super-accelerato"

 

Le disposizioni processuali in materia di appalti sono state caratterizzate, dalla legge Merloni in poi, da tendenze acceleratorie che trovavano origine nelle critiche rivolte, da più parti, all’eccessiva durata dei contenziosi, avvertita quale causa dei rallentamenti delle gare d’appalto e, più in generale, come disincentivo agli investimenti nel settore pubblico. In quest’ottica, si è assistito a interventi riformatori indirizzati all’abbreviazione dei termini per proporre ricorso, alla modificazione della fase cautelare, all’anticipazione delle fasi definitorie del giudizio di merito e, per quel che in questa sede rileva, alla contrazione delle fasi interne del processo[2]. Lungo queste tre direttrici, i prodromi della disciplina attualmente vigente avevano iniziato a manifestarsi già nel d.lgs. 53/2010 che, in relazione alla vicenda del difetto attuativo della c.d. direttiva ricorsi 2007/66/CE, aveva introdotto un rito accelerato (10 giorni per il deposito del ricorso principale e di quello incidentale, in luogo dei 15, decisione nel merito di tutti i ricorsi nei 60 giorni dalla scadenza del termine di costituzione delle parti diverse dal ricorrente).

Invero, di recente, in attuazione del criterio direttivo individuato dall’art. 1, comma 1, lett. bbb) dalla legge-delega 28 gennaio 2016, n. 11, volto a prevedere un procedimento speciale in camera di consiglio finalizzato ad ottenere «l’immediata risoluzione del contenzioso relativo all’impugnazione dei provvedimenti di esclusione dalla gara o di ammissione alla gara per carenza dei requisiti di partecipazione», l’art. 204 del d.lgs. 50/2016 ha introdotto i commi 2-bis e 6-bis dell’art. 120 c.p.a. In particolare, questo nuovo comparto normativo, denominato rito "super-accelerato", prevede un peculiare meccanismo che consente la risoluzione del contenzioso relativo all'impugnazione dei provvedimenti di ammissione ed esclusione dalla gara, in ragione del possesso (o mancato possesso) dei requisiti di ordine generale e di qualificazione per essa previsti (“requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali”), in modo da restringere la platea dei soggetti ammessi alla gara in un momento antecedente all’esame delle offerte. In altri termini, si profila un «nuovo modello complessivo di contenzioso a duplice sequenza, disgiunto per fasi successive del procedimento di gara, dove la raggiunta certezza preventiva circa la res controversa della prima è immaginata come presupposto di sicurezza della seconda[3]». È bene precisare che nel caso in cui sopraggiunga il provvedimento di aggiudicazione in corso di causa, questo deve essere necessariamente impugnato con ricorso autonomo o con motivi aggiunti.

Sul piano della dinamica processuale, la celerità è garantita, da un lato, dall’applicazione in via ordinaria del procedimento in camera di consiglio, dall’altro dalla riduzione dei termini per la fissazione della camera di consiglio e per lo svolgimento delle attività difensive di parte.

Quanto al termine di impugnazione, oggetto della presente analisi, esso è fissato in 30 giorni per la proposizione del ricorso - come previsto in via generale, per il rito in materia di procedure di affidamento di contratti pubblici, dall’art. 120, comma 5, c.p.a. - ma decorrente dal momento della pubblicazione del provvedimento di esclusione o ammissione alla gara sul profilo del committente della stazione appaltante, ai sensi dell’art. 29, comma 1, del d.lgs. 50/2016. A sua volta, quest’ultimo articolo stabilisce che «Al fine di consentire l'eventuale proposizione del ricorso ai sensi dell' articolo 120, comma 2-bis, del codice del processo amministrativo, sono altresì pubblicati, nei successivi due giorni dalla data di adozione dei relativi atti, il provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni all'esito della verifica della documentazione attestante l'assenza dei motivi di esclusione di cui all'articolo 80, nonché la sussistenza dei requisiti economico-finanziari e tecnico-professionali. Entro il medesimo termine di due giorni è dato avviso ai candidati e ai concorrenti, con le modalità di cui all'articolo 5-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante il Codice dell'amministrazione digitale o strumento analogo negli altri Stati membri, di detto provvedimento, indicando l'ufficio o il collegamento informatico ad accesso riservato dove sono disponibili i relativi atti. Il termine per l'impugnativa di cui al citato articolo 120, comma 2-bis, decorre dal momento in cui gli atti di cui al secondo periodo sono resi in concreto disponibili, corredati di motivazione».

L’omessa impugnazione preclude la facoltà di far valere l’illegittimità derivata dei successivi atti delle procedure di affidamento, anche con ricorso incidentale.

Il varo del rito “super-accelerato” è stato accolto in dottrina come una vera e propria “mini-rivoluzione” nell’ambito del contenzioso sui contratti pubblici[4], poiché tenta di rispondere a comprensibilissime esigenze di “economia processuale”. Tuttavia, questo progetto tradisce un’ansia di “fare presto” che, già dalle prime applicazioni, si è scontrata con la non infrequente complessità delle questioni di diritto poste all’attenzione del giudice amministrativo, suscitando non pochi dubbi sul fatto che esso possa conciliarsi con l’obiettivo di “fare bene”[5]. Fra le questioni giurisprudenziali che agitano la nuova disciplina rientra, appunto, quella della decorrenza del termine per promuovere l’impugnativa avverso i provvedimenti di ammissione/esclusione.

 

3. L’evoluzione giurisprudenziale

 

Il dibattito giurisprudenziale sorto intorno alla tema della decorrenza del termine per l’impugnazione dei provvedimenti di esclusione, aldilà delle opzioni ermeneutiche che ha prodotto, è estremamente interessante poiché offre l’occasione per misurare “sul campo” come le spinte acceleratorie che premono sul contenzioso in materia di appalti possano influenzare l’interpretazione stessa delle regole processuali, con notevoli risvolti sul piano dell’integrale rispetto dei principi costituzionali a tutela del diritto di difesa.

La sentenza in commento aderisce all’orientamento tendenzialmente prevalente, che richiede agli operatori economici di innalzare la propria soglia di attenzione rispetto alla consapevolezza dei contenuti lesivi dei provvedimenti di esclusione (e di ammissione), poiché anche in assenza della pubblicazione del provvedimento sul profilo telematico della stazione appaltante, ai sensi dell’art. 29 del d.lgs. 50/2016, il termine per impugnare decorre, comunque, dal momento dell’intervenuta piena conoscenza dello stesso. Alla base di tale orientamento, vi è il rilievo della mancanza di una espressa e univoca previsione legislativa a valenza derogatoria, nonché di un rapporto di incompatibilità, tra l’art. 120, comma 2-bis del d.lgs. 50/2016 e il principio generale della decorrenza del termine di impugnazione dalla conoscenza completa dell'atto, di cui all’art. 41, comma 2, c.p.a. In particolare, la piena conoscenza può dunque provenire da qualsiasi fonte e innescare la decorrenza del termine decadenziale per la proposizione del ricorso[6]. Ciò, dovendo tuttavia precisare che la percezione immediata ed effettiva di tutte le irregolarità deve essere provata in concreto e non in astratto[7].

In una prospettiva più generale, questa ricostruzione conferma quanto affermato in apertura del presente paragrafo, poiché nell’ambito di questo filone giurisprudenziale è stato evidenziato come dalla sola mancata pubblicazione del provvedimento non può farsi discendere, come conseguenza, la mancata decorrenza del termine previsto dal comma 2-bis dell’art. 120 c.p.a., in quanto ciò comporterebbe la «vanificazione della finalità acceleratoria voluta dal legislatore con l'introduzione del rito super speciale» (cfr. T.A.R. Campania (Napoli), Sez. VI, 28 dicembre 2017, n. 6126).

All’orientamento predetto, se ne contrappone un altro, sostenuto soprattutto dalla giurisprudenza dei T.A.R., ma rinvenibile anche in alcune prime pronunce del Consiglio di Stato[8], che si attesta su posizioni più garantiste rispetto al diritto di difesa degli operatori economici, privilegiando la specialità della disposizione di cui l’art. 120, comma 2-bis, c.p.a rispetto al regime “ordinario” del processo appalti (a sua volta eccezione rispetto al rito ordinario e allo stesso rito accelerato ex art. 119 c.p.a.).

Secondo le predette sentenze, la disposizione è da considerarsi derogatoria dei principi tradizionalmente ricevuti e, prevedendo un meccanismo notevolmente oneroso per i potenziali ricorrenti, deve ritenersi di stretta interpretazione. Da ciò discende che il dies a quo per proporre ricorso decorra solo ed esclusivamente dalla pubblicazione del provvedimento sul profilo telematico della stazione appaltante ai sensi dell'articolo 29, comma 1, del Codice dei contratti pubblici, non potendo, in caso contrario, trovare applicazione la regola dell’immediata impugnazione[9].

In altri termini, nel caso in cui non si provveda alla pubblicazione, tale onere processuale si palesa del tutto inattuabile, per la mancanza del presupposto logico della sua operatività e, cioè, la predisposizione di un apparato regolativo che garantisca la tempestiva informazione degli interessati circa il contenuto del provvedimento da gravare nel ristretto termine di decadenza ivi stabilito[10].

Alla luce di quanto finora esposto, emerge che il tema della decorrenza del termine di impugnazione ha dato origine, nelle pronunce della giurisprudenza amministrativa, ad orientamenti del tutto contrapposti che sebbene rivelino un bilanciamento maggiormente pendente dalla parte di quello espresso anche nella sentenza che si annota, dimostrano, per il loro medesimo pregio, come la questione possa ritenersi tutt’altro che chiusa.

 

4. Considerazioni conclusive

 

Osservando gli orientamenti giurisprudenziali riepilogati nel precedente paragrafo ci si rende conto che la questione che involge la sentenza che si annota può essere affrontata solo interpretando il comparto normativo delle disposizioni che regolano il rito c.d. “super accelerato” da un punto di vista ontologico, nonché alla luce dei principi generali del diritto amministrativo processuale e sostanziale.

Si è visto che il punto dal quale si snodano le diverse traiettorie argomentative percorse dalla giurisprudenza amministrativa è legato alla natura del rito “super-accelerato”, ossia sul se esso possa considerarsi un rito avente valenza derogatoria rispetto alle ordinarie regole di decorrenza dei termini per proporre ricorso ai sensi dell’art. 41 c.p.a., ponendosi, dunque, come lex specialis rispetto a quest’ultima norma.

Si ricorda, infatti, che l’art. 41 c.p.a, rubricato “Notificazione del ricorso e suoi destinatari” stabilisce «il ricorso deve essere notificato, a pena di decadenza, alla pubblica amministrazione che ha emesso l'atto impugnato […] entro il termine previsto dalla legge, decorrente dalla notificazione, comunicazione o piena conoscenza, ovvero, per gli atti di cui non sia richiesta la notificazione individuale, dal giorno in cui sia scaduto il termine della pubblicazione se questa sia prevista dalla legge o in base alla legge». Dal combinato disposto del predetto articolo con l’art. 4, comma 1, lett b), si evince che la piena conoscenza, in qualunque modo acquisita dall’interessato, del provvedimento, è equipollente alla comunicazione o alla notificazione dello stesso, sicché da questa decorre parimenti il termine decadenziale per l’impugnazione. Ebbene, come sottolineato da autorevole dottrina, tale forma di corrispondenza ricorre esclusivamente nelle ipotesi in cui non siano previste forme di notificazione, comunicazione personale o forme di pubblicazione richieste come condizione di efficacia dell’atto[11]. Infatti, secondo la teoria generale, un provvedimento amministrativo perfetto e valido, può dirsi in taluni casi, non essere immediatamente efficace, ovverosia possedere un’astratta capacità di produrre gli effetti che gli sono propri. Al fine di conseguire questa attitudine, si rende necessaria, successivamente all’adozione del provvedimento, una fase integrativa di efficacia all’interno della quale la stessa dottrina include, con vari distinguo[12]: atti di completamento esecutivo non costituenti, però, una fase procedimentale (manifestazioni di volontà di adesione ad un provvedimento, quali l’accettazione della nomina ad un ufficio o il giuramento del titolare di un ufficio dopo la nomina, il pagamento di una tassa al fine di ottenere il rilascio di un provvedimento); atti di controllo preventivo successivi al perfezionamento dell’atto[13]; nonché, per quel che in questa sede rileva, atti di comunicazione, notificazione e di pubblicazione. Peraltro, anche l’esecutorietà del provvedimento presuppone che il provvedimento emanato sia efficace ed esecutivo[14]. La legge n. 241/1990 dedica due articoli all’efficacia e all’esecutività del provvedimento. Nello specifico, secondo l’art. 21-bis il provvedimento limitativo della sfera giuridica dei privati acquista efficacia con la comunicazione al destinatario, avendo natura di atto recettizio. L’esecutività del provvedimento è invece disciplinata dall’art. 21-quater della L. n. 241/1990 secondo il quale i provvedimenti amministrativi efficaci sono eseguiti immediatamente, salvo che sia stabilito dalla legge o dal provvedimento amministrativo.

Nell’ottica di far transitare queste premesse nel merito della questione oggetto del presente commento, giova richiamare l’art. 29, comma 1 del Codice dei contratti pubblici, il quale afferma che al fine di consentire l'eventuale proposizione del ricorso ai sensi dell’articolo 120, comma 2-bis, c.p.a., sono pubblicati, sul profilo telematico della stazione appaltante, nei successivi due giorni dalla data di adozione dei relativi atti, il provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni.

Orbene, dalla lettura dell’articolo è possibile compiere un duplice ordine di considerazioni sul piano processuale, la prima, e sul piano sostanziale, la seconda.

In primo luogo, appare poter essere invocato il rapporto di specialità fra norme, in considerazione del combinato disposto del art. 120, comma 2-bis c.p.a. e 29, comma 1, d.lgs. 50/2016 che prefigura un regime derogatorio all’ordinario regime di impugnazione degli atti amministrativi. Esso, infatti, subordina espressamente la proponibilità del ricorso all’assolvimento, da parte della stazione appaltante, degli specifici obblighi che assicurano la pubblicità e la comunicazione dei provvedimenti di esclusione/ammissione, venendosi così a creare un vincolo funzionale inscindibile tra impugnabilità e certezza dell’informazione. Da questo punto di vista, dunque, sembra maggiormente condivisibile la posizione espressa dalla giurisprudenza di segno opposto a quella propugnata dalla sentenza del Consiglio di Stato in commento, poiché essa valorizza la novità introdotta dall’art. 29, comma 1, d.lgs. 50/2016 rispetto al regime sostanziale previsto nel d.lgs. n. 163 del 2006, che non contemplava analoghi strumenti conoscitivi dei provvedimenti di ammissione (in effetti non previsti in quella disciplina).

In secondo luogo, il meccanismo della piena conoscenza non sembra poter trovare applicazione dal momento che i predetti obblighi di pubblicazione imposti dalla legge, se non assecondati, si pongono come fatti impeditivi al pieno dispiegamento degli effetti dei provvedimenti. Di converso, solo al momento della pubblicazione i menzionati impedimenti possono considerarsi rimossi ed è possibile riscontrare l’efficacia del provvedimento, potendosi profilare l’idoneità di questi a poter essere lesivi e, quindi, impugnabili.

Sotto altro concorrente profilo, non possono sottacersi le implicazioni legate all’integrale rispetto del principio di effettività della tutela giurisdizionale, accogliendo la possibilità di far decorrere i termini di impugnazione dei provvedimenti di ammissione ed esclusione nelle ipotesi di piena conoscenza.

Calata nella materia degli appalti, caratterizzata da una notevole dose di tecnicismo, la piena conoscenza rischia di diventare un terreno dai confini troppo indefiniti, soprattutto considerando la contrazione dei tempi di reazione di cui l’operatore economico dispone per contestare ammissioni ed esclusioni. In assenza degli atti, corredati di motivazione, resi in concreto disponibili secondo le modalità di legge, all’operatore economico è richiesto uno sforzo di attenzione e una conoscenza di leggi e caratteristiche tecniche dell’appalto sicuramente elevata. Ponendo un caso limite, un rappresentante di un concorrente presente alla seduta pubblica di verifica dei requisiti dove vengano adottati, contestualmente al provvedimento esclusione della propria impresa, anche molteplici ammissioni di dubbia regolarità, dovrebbe essere in grado di annotare e, soprattutto, ponderare nello stesso momento tutti gli eventuali profili di illegittimità. Aldilà delle iperboli, affinché il rito “super-accelerato” possa trovare un’applicazione che possa conciliare, al contempo, le ragioni di speditezza processuale con il diritto di difesa degli operatori economici è necessario che l’interpretazione delle sue regole comporti una pari responsabilizzazione anche delle stazioni appaltanti all’ossequioso rispetto del Codice dei contratti pubblici.

In conclusione, all’evoluzione giurisprudenziale successiva è demandato il compito di apporre alla questione del decorso dei termini i titoli di coda, a tal riguardo la conclusione potrebbe avere luogo in occasione della prossima pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione europea, investita delle questioni pregiudiziali, promosse dall’ordinanza di rimessione del n. 88 del 17 gennaio 2018 del T.A.R. Piemonte, sul se la disciplina europea in materia di diritto di difesa, di giusto processo e di effettività sostanziale della tutela, segnatamente, gli articoli artt. 6 e 13 della CEDU, l’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e l’art. 1 Dir. 89/665/CEE, 1 e 2 della Direttiva, ostino alla normativa nazionale che disciplina il rito “super-accelerato”.


[1] Cons. Stato, Sez. VI, 9 luglio 2018 n. 4180.

[2] DE NICTOLIS R., Il recepimento della direttiva ricorsi, in www.giustizia-amministrativa.it.

[3] Cons. Stato, Sez. V, 15 marzo 2017, ordinanza n. 1059.

[4] SANDULLI M.A., Il rito speciale in materia di contratti pubblici, in www.lamministrativista.it, Bussola, 19.4.2016.

[5] FANTINI S. – SIMONETTI H., Le basi del diritto dei contratti pubblici, Giuffrè, Milano, 2017.

[6] cfr. ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 13 dicembre 2017, n. 5870; T.A.R. Veneto (Venezia), Sez. I, 17 aprile 2018, n. 409.

[7] Cons. Stato, Sez. III, 27 marzo 2018, n. 1902.

[8] Cons. Stato, Sez. III, 25 novembre 2016, n. 4994.

 

[9] T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II quater, 19 luglio 2017 n. 8704; T.A.R. Lazio, Roma, sez. III quater, 22 agosto 2017 n. 9379.

[10] T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. III, 24 novembre 2017, n. 2737; T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 7 dicembre 2016 n. 1367.

[11] SCOCA F.G., Giustizia amministrativa, Giappichelli, Torino, 2017, pag. 308.

[12] PERICU G. – ROMANO A. – ROVERSI MONACO F.A. – SCOCA F.G. (a cura di), Diritto amministrativo, Bologna Monduzzi, 1998, tomo II, p. 1360.

[13] GALLI R., Corso di Diritto Amministrativo, Cedam, Padova, pag. 693.

[14] CLARICH M., Manuale di diritto amministrativo, il Mulino, Bologna, 2013, pag. 161.

 

N. 05434/2018REG.PROV.COLL.

N. 06917/2018 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.
sul ricorso numero di registro generale 6917 del 2018, proposto da
Mas Medical s.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Veronica Navarra, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

ESTAR - Ente di Supporto Tecnico Amministrativo Regionale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Domenico Iaria, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, corso Vittorio Emanuele II n. 18;

nei confronti

Exactech Italia s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Simone Zampieri, Gianfranco Garancini e Gabriele Pafundi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Gabriele Pafundi in Roma, viale Giulio Cesare n. 14;
Johnson & Johnson Medical s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Mario Zoppellari, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Angelo Maleddu in Roma, via del Tempio n. 1;
Zimmer Biomet Italia s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Rocco Mangia, Stefano Quadrio e Gabriele Pafundi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Gabriele Pafundi in Roma, viale Giulio Cesare n. 14;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza) n. 01102/2018, resa tra le parti

 


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di ESTAR - Ente di Supporto Tecnico Amministrativo Regionale, Exactech Italia s.p.a., Johnson & Johnson Medical s.p.a. e Zimmer Biomet Italia s.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 13 settembre 2018 il Cons. Ezio Fedullo e uditi per le parti gli Avvocati Luca Lentini su delega di Veronica Navarra, Vittorio Chierroni su delega di Domenico Iaria e Gabriele Pafundi per sé e su delega di Mario Zoppellari;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

 


Ritenuto che non sia effettivamente ravvisabile la ragione di inammissibilità posta dal giudice di primo grado a fondamento della sentenza appellata, connessa alla preclusione posta dal codice di rito, ai sensi dell’art. 120, comma 11 bis, alla proposizione di un ricorso oggettivamente cumulativo in assenza dei requisiti di connessione tra le domande contemplati dalla disposizione citata;

Rilevato infatti che, in base alla stessa, “nel caso di presentazione di offerte per più lotti l'impugnazione si propone con ricorso cumulativo solo se vengono dedotti identici motivi di ricorso avverso lo stesso atto”;

Ritenuto che il riferimento operato dalla norma allo “stesso atto”, quale presupposto oggettivo del ricorso cumulativo, debba essere ragionevolmente inteso come concernente il provvedimento adottato dalla stazione appaltante in senso formale, anche se comprensivo di plurime determinazioni provvedimentali in senso sostanziale, atteso che, in considerazione della specificità della fattispecie disciplinata, caratterizzata dallo svolgimento di una gara avente ad oggetto un appalto suddiviso in lotti, l’ipotesi di provvedimento anche sostanzialmente unitario, suscettibile di impugnazione cumulativa ai sensi della norma richiamata, appare squisitamente teorica e comunque residuale (ad esempio: impugnazione di distinti provvedimenti di aggiudicazione sulla scorta di vizi di illegittimità attinenti in via immediata all’unica lex specialis);

Rilevato quindi che, nella fattispecie in esame (caratterizzata dalla impugnazione di plurimi provvedimenti di esclusione, di cui la parte appellante è stata destinataria con riferimento ai distinti lotti alla cui aggiudicazione ha partecipato, ma contenuti in un unico atto in senso formale), sussistono i presupposti legittimanti la proposizione di una impugnazione di carattere cumulativo, alla luce della identità dei motivi di esclusione (connessi alla presentazione da parte dell’impresa appellante di offerte non convenienti) e delle censure prospettate dalla parte appellante al fine di conseguirne l’annullamento, mentre non influiscono sui suddetti elementi accomunanti i profili differenziali pur sussistenti, ai sensi della lex specialis, tra i diversi lotti nei quali è stato articolato l’oggetto della gara;

Ritenuto nondimeno che il ricorso originario, come nuovamente eccepito in appello dalle parti resistenti, debba essere dichiarato irricevibile, con la conseguente conferma dell’esito, non favorevole alla parte appellante, del ricorso medesimo;

Rilevato infatti che alla seduta della commissione del 30.3.2018, alla quale era presente un rappresentante dell’impresa appellante, è stata data lettura integrale dei precedenti verbali, compreso di quello del 15.2.2018, recante la motivata declaratoria della “non accettabilità” delle offerte della medesima appellante, che la stazione appaltante, con l’impugnata determina n. 584 del 26 aprile 2018, si è limitata a recepire e confermare;

Rilevato infatti che, come recentemente evidenziato da questo giudice (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 4180 del 9 luglio 2018), “la disposizione in parola (art. 120, comma 2 bis, c.p.a.: n.d.e.) non implica l’assoluta inapplicabilità del generale principio sancito dagli artt. 41, comma 2 e 120, comma 5, ultima parte, del c.p.a., per cui, in difetto della formale comunicazione dell’atto - o, per quanto qui interessa, in mancanza di pubblicazione di un autonomo atto di ammissione sulla piattaforma telematica della stazione appaltante - il termine decorre, comunque, dal momento dell’intervenuta piena conoscenza del provvedimento da impugnare, ma ciò a patto che l’interessato sia in grado di percepire i profili che ne rendano evidente la lesività per la propria sfera giuridica in rapporto al tipo di rimedio apprestato dall’ordinamento processuale. In altri termini, "la piena conoscenza dell’atto di ammissione della controinteressata, acquisita prima o in assenza della sua pubblicazione sul profilo telematico della stazione appaltante, può dunque provenire da qualsiasi fonte e determina la decorrenza del termine decadenziale per la proposizione del ricorso" (Cons. St. 5870 del 2017)”;

Evidenziato che, laddove si tratti - come nella specie - della impugnazione di un provvedimento di esclusione, la conoscenza dei relativi profili lesivi deve ritenersi insita nella percezione della sua adozione da parte dell’impresa esclusa, tanto più se acquisita congiuntamente a quella delle relative ragioni determinanti;

Evidenziato conseguentemente che il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, proposto dalla parte ricorrente solo in data 25.5.2018, non può che essere considerato tardivo, nella parte in cui si rivolge avverso il provvedimento di esclusione, di fatto adottato dalla commissione di gara in occasione della seduta del 15.2.2018 e portato a conoscenza dell’impresa appellante (per il tramite del suo rappresentante) alla seduta del 30.3.2018;

Ritenuta nondimeno la sussistenza di giuste ragioni per disporre la compensazione delle spese del giudizio di appello, considerato che la sentenza appellata merita di essere confermata, ma con diversa motivazione;

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) respinge l’appello e conferma, sebbene con diversa motivazione, la sentenza appellata.

Spese del giudizio di appello compensate.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 settembre 2018 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Franco Frattini, Presidente

Umberto Realfonzo, Consigliere

Giovanni Pescatore, Consigliere

Solveig Cogliani, Consigliere

Ezio Fedullo, Consigliere, Estensore