Consiglio di Stato, V, Ordinanza di sospensione n. 4226 del 11/07/2018

a) il TAR Piemonte, con ordinanza 17/1/2018, n. 88 ha rimesso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la questione pregiudiziale della compatibilità, con i principi eurounitari, della norma di cui all’art. 120, comma 2 bis, del c.p.a. che impone di impugnare i provvedimenti che determinano le esclusioni dalle procedure di affidamento delle commesse pubbliche e le ammissioni ad esse nel termine di trenta giorni dalla pubblicazione degli stessi sul profilo del committente della stazione appaltante;

b) la definizione della suddetta questione appare rilevante e inerente ai fini del presente giudizio;

c) ai fini del decidere, il Collegio reputa, pertanto, necessario attendere la decisione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

ORDINANZA

sul ricorso numero di registro generale 3277 del 2018, proposto da

 

Iren Energia s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandataria dell’ATI con la Novatek s.r.l., la Decolight s.r.l. e l’Art Lux s.r.l., rappresentata e difesa dagli avvocati Daniela Anselmi, Luisa Torchia e Claudio Piacentini, con domicilio digitale pec come da registri di giustizia ed elettivamente domiciliata presso lo studio della seconda, in Roma, via Bruno Buozzi n. 47;

 

contro

BlachereIlluminationSocietè par ActionsSimplifiée, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Romina Raponi, con domicilio digitale pec come da registri di giustizia e domicilio eletto presso il suo studio, in Roma, via Vittoria Colonna, n. 32;

nei confronti

Comune di Salerno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Alessandra Barone e Aniello Di Mauro, con domicilio digitale pec come da registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio della prima, in Salerno, via Roma - Palazzo di Città;

e con l'intervento di

ad adiuvandum:
Utilitalia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Mario Sanino e Giulio Bertone, con domicilio digitale pec come da registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, viale Parioli, n. 180;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania - Salerno (Sezione Prima) n. 00524/2018, resa tra le parti, concernente l’affidamento di un accordo quadro avente ad oggetto <<l'ideazione, realizzazione, montaggio/smontaggio di installazioni luminose per l'evento “Salerno - Luci d'Artista”>>.

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Salerno e di BlachereIlluminationSocietè par ActionsSimplifiée;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 giugno 2018 il Cons. Alessandro Maggio e uditi per le parti gli avvocati Anselmi, Piacentini, Torchia, Raponi, Bertone, Sanino, Barone e Di Mauro;

 

Considerato che:

a) il TAR Piemonte, con ordinanza 17/1/2018, n. 88 ha rimesso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la questione pregiudiziale della compatibilità, con i principi eurounitari, della norma di cui all’art. 120, comma 2 bis, del c.p.a. che impone di impugnare i provvedimenti che determinano le esclusioni dalle procedure di affidamento delle commesse pubbliche e le ammissioni ad esse nel termine di trenta giorni dalla pubblicazione degli stessi sul profilo del committente della stazione appaltante;

b) la definizione della suddetta questione appare rilevante e inerente ai fini del presente giudizio;

c) ai fini del decidere, il Collegio reputa, pertanto, necessario attendere la decisione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea;

d) in attesa della detta pronuncia, il presente giudizio va sospeso.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta),

Sospende il presente giudizio a data da destinarsi in attesa dell’inverarsi della condizione di cui sopra.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 giugno 2018 con l'intervento dei magistrati:

Francesco Caringella, Presidente

Fabio Franconiero, Consigliere

Alessandro Maggio, Consigliere, Estensore

Angela Rotondano, Consigliere

Stefano Fantini, Consigliere

GUIDA ALLA LETTURA

Il Consiglio di Stato si riallaccia all’ordinanza n. 88 del 17/01/2018, con la quale il T.A.R. Piemonte aveva rimesso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la questione pregiudiziale della compatibilità, con i principi eurounitari, della norma di cui all’art. 120, comma 2 bis del D.lgs. 104/2010 (“Codice del Processo Amministrativo”, d’ora in poi CPA) che impone di impugnare i provvedimenti che determinano le esclusioni dalle procedure di affidamento delle commesse pubbliche e le ammissioni ad esse nel termine di trenta giorni dalla pubblicazione degli stessi sul profilo del committente della stazione appaltante.

Il Consiglio, quindi, ritenendo di dover anch’esso attendere il pronunciamento della Corte di Giustizia, ha sospeso il giudizio.

L’art. 120 comma 2 bis del CPA stabilisce che “Il provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni ad essa all'esito della valutazione dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali va impugnato nel termine di trenta giorni, decorrente dalla sua pubblicazione sul profilo del committente della stazione appaltante, ai sensi dell'articolo 29, comma 1, del codice dei contratti pubblici adottato in attuazione della legge 28 gennaio 2016, n. 11. L'omessa impugnazione preclude la facoltà di far valere l'illegittimità derivata dei successivi atti delle procedure di affidamento, anche con ricorso incidentale. E' altresì inammissibile l'impugnazione della proposta di aggiudicazione, ove disposta, e degli altri atti endoprocedimentali privi di immediata lesività”.

Tale norma deve essere coordinata con quella contenuta nell’art. 29 comma 1 del D.lgs. 50/2016, il quale prevede che “Al fine di consentire l'eventuale proposizione del ricorso ai sensi dell’articolo 120, comma 2-bis, del codice del processo amministrativo, sono altresì pubblicati, nei successivi due giorni dalla data di adozione dei relativi atti, il provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni all'esito della verifica della documentazione attestante l'assenza dei motivi di esclusione di cui all'articolo 80,nonché la sussistenza dei requisiti economico-finanziari e tecnico-professionali”.

Anche la pubblicazione di cui all’art. 29 comma 1 del D.lgs. 50/2016 – così come quella prevista dall’art. 120 comma 2 bis del CPA – viene fatta sul profilo del committente.

Pertanto il provvedimento di ammissione e/o esclusione dei concorrenti deve essere pubblicato entro 2 (due) gg. dall’adozione e deve essere impugnato entro 30 (trenta) gg. da quando è stato pubblicato.

L’art. 120 comma 2 bis del CPA, nel fissare il termine perentorio dei 30 gg. per l’impugnazione, è ancora più rigido quando dispone che, nel caso in cui quest’ultima non sia stata proposta, “E' altresì inammissibile l'impugnazione della proposta di aggiudicazione, ove disposta”.

Già questo aspetto merita una riflessione, in quanto normalmente il provvedimento  di ammissione e/o esclusione dei concorrenti si trova già contenuto nella medesima proposta di aggiudicazione:

quest’ultima, solitamente, è costituita da un verbale – redatto dall’Ufficio Gare – in cui il Responsabile del Servizio dà atto che, all’esito dell’esame della documentazione trasmessa dalle imprese offerenti, una di queste deve essere esclusa; lo stesso Responsabile, nel medesimo verbale, dopo aver dato atto di aver esaminato le offerte, formula al Dirigente la proposta di aggiudicazione; il Dirigente, poi, potrà o accogliere tale proposta oppure dichiarare di essere in disaccordo con quest’ultima e quindi adottare in assoluta autonomia, in merito all’aggiudicazione, una decisione diversa.

Dalla formulazione della norma, invece, sembrerebbe che il procedimento debba articolarsi nel seguente modo: dapprima viene adottato un atto (endoprocedimentale) con cui si decide l’ammissione o l’esclusione; poi viene predisposto un altro atto (sempre endoprocedimentale) che è la proposta di aggiudicazione; quindi, il soggetto escluso, se non ha impugnato il primo, non potrà impugnare il secondo. Un simile iter lede, in misura anche abbastanza palese, il principio di economicità del procedimento, in quanto richiede l’adozione di due distinti atti quando invece ne sarebbe sufficiente uno solo. Infatti, se realmente il provvedimento di esclusione/ammissione dei concorrenti e la proposta di aggiudicazione fossero due atti distinti – come prevede l’art. 120 comma 2 bis CPA, il rischio potrebbe essere questo: il soggetto impugna il provvedimento di esclusione; nel frattempo, però, la procedura prosegue con la proposta di aggiudicazione e sfocia nella determina finale di affidamento dell’appalto; a quel punto interviene la sentenza che accoglie l’impugnazione proposta avverso il provvedimento di esclusione quando ciò tuttavia potrebbe non portare più alcuna utilità pratica al ricorrente in quanto l’aggiudicazione è già stata formalizzata.

Invece, facendo coincidere il provvedimento di ammissione/esclusione con la proposta di aggiudicazione, si ottiene che: il soggetto escluso impugnerà direttamente quest’ultima; a quel punto dovrebbe essere previsto che la procedura, a causa dell’impugnazione, debba arrestarsi, nell’attesa che arrivi la sentenza, ed in questo modo quantomeno si eviterà che la proposta di aggiudicazione possa sfociare in una determina di affidamento.

Pertanto, mentre in questo secondo caso vengono rispettati sia il principio di economicità del procedimento sia il diritto del ricorrente a proporre un ricorso che sia realmente efficace, nel secondo caso invece (ossia la scansione procedimentale quale descritta dall’art. 120 comma 2 bis CPA) tali principi non vengono per nulla tutelati.

 

Fatta questa premessa, il T.A.R. Piemonte, nell’ordinanza n. 88 del 17/01/2018, ha ritenuto quanto segue:

1) “Si può infatti prospettare l’ipotesi in cui sia censurata l’ammissione/mancata esclusione di una ditta partecipante che, tuttavia, conclusa la gara, potrebbe non essere risultata aggiudicataria; così come la stessa ricorrente potrebbe, a conclusione del procedimento, porsi in una posizione tale da non avere alcun interesse a contestare l’aggiudicazione.

In tale ipotesi si impone ad un soggetto partecipante alla gara un onere “inutile” al fine dell’interesse finale perseguito da chi partecipa, cioè l’aggiudicazione dell’appalto.

Nella differente ipotesi, in cui nessuna ditta partecipante faccia valere tempestivamente la mancata esclusione di altro partecipante, che risulti poi aggiudicatario, è preclusa la possibilità di fare valere vizi relativi all’illegittima ammissione dell’aggiudicataria, con la conseguenza che potrebbe conseguire l’aggiudicazione una ditta priva dei requisiti di partecipazione, nell’ipotesi in cui la stazione appaltante sia incorsa in errore nella valutazione degli stessi.”

 

Se ci si dovesse fermare a tale ragionamento, non ci si potrebbe esimere dall’evidenziarne l’inconsistenza, e ciò per le seguenti ragioni:

la considerazione secondo cui “Si può infatti prospettare l’ipotesi in cui sia censurata l’ammissione/mancata esclusione di una ditta partecipante che, tuttavia, conclusa la gara, potrebbe non essere risultata aggiudicataria”, ragion per cui, in un caso del genere, la previa impugnazione del provvedimento di ammissione/mancata esclusione di un concorrente non darebbe alcuna utilità pratica al ricorrente, non tiene conto del fatto che l’esito della procedura è obiettivamente incerto sia in un senso che nell’altro: le probabilità che tale concorrente poi alla fine non divenga aggiudicatario sono esattamente le stesse, in termini numerici, che sia proprio lui a divenire aggiudicatario  dell’appalto; in questa seconda eventualità, quindi, gli altri concorrenti, i quali avrebbero potuto tempestivamente impugnare il provvedimento di ammissione/mancata esclusione di quest’ultimo ma si sono astenuti dal farlo, dovranno dolersi di ciò, in quanto, una volta intervenuta l’aggiudicazione proprio a favore di quel concorrente, non avranno più alcun altro strumento di tutela. Ed è possibile che quest’ultima eventualità si verifichi, come del resto paventato dallo stesso T.A.R. , il quale, infatti, subito dopo precisa: “Nella differente ipotesi, in cui nessuna ditta partecipante faccia valere tempestivamente la mancata esclusione di altro partecipante, che risulti poi aggiudicatario, è preclusa la possibilità di fare valere vizi relativi all’illegittima ammissione dell’aggiudicataria”.

Riguardo a quest’ultima affermazione, il T.A.R.  prospetta la seguente ipotesi: nel caso in cui i concorrenti non abbiano tempestivamente impugnato, ex art. 120 comma 2 bis CPA, il provvedimento di ammissione/mancata esclusione di un altro concorrente, vi è il rischio che a diventare affidatario sia proprio quest’ultimo, il quale, tuttavia, potrebbe anche scoprirsi non avere i requisiti di cui all’art. 80 del D.lgs. 50/2016, con la conseguenza che quindi sarebbe poi impossibile per i suddetti concorrenti far valere i vizi relativi alla illegittima ammissione dell’aggiudicatario.

Su questo punto, tuttavia, va evidenziato che, ai sensi dell’art. 110 comma 1 del D.lgs. 50/2016, “le stazioni appaltanti, in caso di … risoluzione del contratto ai sensi dell’art. 108….interpellano progressivamente i soggetti che hanno partecipato all'originaria procedura di gara, risultanti dalla relativa graduatoria, al fine di stipulare un nuovo contratto per l'affidamento dell'esecuzione o del completamento dei lavori, servizi o forniture”. Tra i casi di risoluzione di cui all’art. 108, vi è anche (comma 1 lett. C) quello in cui l’aggiudicatario si sia trovato, già al tempo dell’aggiudicazione dell’appalto, in una delle situazioni di cui all’art. 80 comma 1, norma quest’ultima relativa alla sussistenza dei reati penali ostativi alla partecipazione alla procedura. Pertanto, è vero che i concorrenti i quali non avevano tempestivamente impugnato, ex art. 120 comma 2 bis CPA, il provvedimento di ammissione/mancata esclusione di un altro concorrente, non potranno più far valere, dopo l’aggiudicazione, il vizio di legittimità relativo all’ammissione/mancata esclusione, ma è anche vero che essi certamente potranno confidare nell’obbligo, in capo alla stazione appaltante la quale abbia successivamente accertato che l’aggiudicatario non aveva i requisiti di cui all’art. 80, di scorrere la graduatoria, cosicchè essi stessi abbiano la possibilità, a seconda del piazzamento, di subentrare nel contratto, soddisfacendo quindi l’interesse che li aveva indotti a prendere parte alla procedura.

Quindi, la critica da fare al ragionamento del TAR è la seguente: se la rilevanza dell’interesse ad impugnare dovesse essere valutata in base a meri criteri di probabilità statistica di ottenimento del risultato finale (ossia: è inutile impugnare il provvedimento di ammissione/mancata esclusione di un altro concorrente se poi l’aggiudicatario sarà un soggetto diverso dal concorrente), molto probabilmente si alleggerirebbe sì il lavoro dei tribunali ma senza dubbio si lederebbe l’art. 24 della Costituzione, il quale prevede che “Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi”: ed un interesse legittimo ad impugnare il provvedimento di ammissione/mancata esclusione di un altro concorrente appare sempre meritevole di tutela, in quanto l’esito della procedura è incerto, e potrebbe sfociare proprio nel veder designato quale aggiudicatario il concorrente stesso.

 

2) il T.A.R. si allinea a quell’orientamento giurisprudenziale il quale ha più volte messo in evidenza il contrasto dell’art. 120 comma 2 bis CPA proprio rispetto all’art. 24 Costituzione, e ciò “a causa dell’onere di immediata impugnativa di provvedimenti a fronte dell’assenza di un interesse concreto ed attuale al ricorso”.

Anche quest’affermazione appare piuttosto fuorviante.

Se si dovessero descrivere i caratteri dell’impugnazione di cui all’art. 120 comma 2 bis CPA, si dovrebbe dire che essi risiedono proprio nella “concretezza” e nell’ “attualità”, in quanto: la prima è data dal fatto che il concorrente escluso, se, a seguito dell’impugnazione da lui proposta, viene riammesso in gara, ha ancora la possibilità di divenire aggiudicatario; la seconda è data dal fatto che la procedura di gara non si è ancora conclusa.

Inoltre, le medesime “concretezza” ed “attualità” sono richieste anche per le istanze di accesso ai documenti amministrativi (art. 22 comma 1 lett. b della Legge 241/90); tali istanze possono anche essere accolte ma poi non è detto che il soggetto, il quale ha ottenuto l’accesso al documento, decida di utilizzare quest’ultimo per intraprendere un’azione giudiziale contro il provvedimento finale di aggiudicazione, e comunque non è detto che tale azione giudiziale si risolva con una pronuncia a lui favorevole; quindi, nel caso dell’accesso, la “concretezza” ed “attualità” vengono valutate al tempo in cui l’istanza viene presentata, e non in base al probabile (successivo) utilizzo del documento in un procedimento giurisdizionale e/o alla probabile vittoria in sede giudiziale.

Pertanto, non si vede perché lo stesso principio – ossia quello secondo cui la “concretezza” ed “attualità” dell’interesse ad impugnare vanno valutati in base al momento in cui tale interesse viene fatto valere, e non in rapporto al presumibile esito del procedimento – debba valere per l’accesso, e non possa invece valere per l’impugnazione del provvedimento di ammissione/esclusione del concorrente.

 

3) il T.A.R. sottolinea poi che “la previsione di un rito “ad hoc” per la fase di ammissione/esclusione aggrava il partecipante alla gara dell’onere di proporre una doppia impugnazione, seppure nell’ambito dello stesso giudizio, qualora il provvedimento di aggiudicazione della gara, sia sopraggiunto quando il giudizio ex art 120 comma 6 bis non sia ancora definito”.

 

Il concorrente escluso non può essere costretto ad impugnare (una prima volta) il provvedimento di esclusione e poi (una seconda volta) la determina di aggiudicazione, nel caso in cui questa intervenga quando il giudizio sulla prima impugnazione non è ancora stato definito.

In realtà, al fine di evitare ciò, sarebbe sufficiente prevedere che il concorrente possa, nell’ambito dello stesso giudizio di impugnazione del provvedimento di esclusione, impugnare anche la determina di aggiudicazione sopravvenuta. E non sembra vi sia necessità di attendere un intervento del legislatore al riguardo, in quanto già l’art. 43 del CPA prevede che “I ricorrenti, principale e incidentale, possono introdurre con motivi aggiunti nuove ragioni a sostegno delle domande già proposte, ovvero domande nuove purché connesse a quelle già proposte”. Siccome la domanda di annullamento dell’aggiudicazione deve considerarsi come “connessa” a quella (già proposta) di annullamento dell’atto endoprocedimentale di esclusione, ecco che il concorrente escluso potrà, nell’ambito dello stesso giudizio di impugnazione di quest’ultimo atto, chiedere al Giudice (“domanda nuova connessa”) di annullare l’aggiudicazione sopravvenuta.

 

4) il T.A.R. passa in rassegna quelle che sono le più significative norme europee riguardanti il diritto di difesa processuale.

Artt. 6 e 13 della CEDU: “pienezza e completezza della tutela e ragionevole durata del processo”;

Art. 47 della Carta dei diritti fondamentali UE: “diritto dell’individuo ad un ricorso effettivo davanti ad un giudice”;

Art. 1 Dir. 89/665/CEE: “Stati membri adottano i provvedimenti necessari per garantire che, per quanto riguarda gli appalti disciplinati dalla Dir. 2004/18/CE, le decisioni prese dalle amministrazioni aggiudicatrici possano essere oggetto di un ricorso efficace”, e, in modo particolare, il comma 3, il quale impone agli Stati membri di apprestare un sistema di giustizia che garantisca un utile accesso a "chiunque abbia o abbia avuto interesse a ottenere l'aggiudicazione di un determinato appalto e sia stato o rischi di essere leso a causa di una presunta violazione.”

In merito all’art. 1 sopra citato, il TAR considera quanto segue:

Consegue anche che il legislatore non potrebbe mai imporre al privato cittadino di azionare lo strumento processuale prima che detta lesione concreta e attuale di un diritto o di un interesse legittimo sia reale ed effettiva.

Ne consegue che il principio di effettività sostanziale non può dirsi rispettato quando la possibilità di contestare le decisioni delle amministrazioni giudicatrici sia affidata all’iniziativa di soggetti che non hanno alcuna garanzia di poter ricavare vantaggi materiali dal favorevole esito della controversia o che addirittura potrebbero correre il rischio di favorire propri concorrenti, come potrebbe accadere qualora il ricorso contro l’atto di ammissione alla gara sia stato proposto da uno dei concorrenti poi collocati in posizione non utile ai fini dell’aggiudicazione”.

 

Per quanto riguarda la (presunta) assenza, riguardo all’impugnazione ex art. 120 comma 2 bis CPA, dei requisiti di “concretezza” ed “attualità”, non si può far altro che ribadire le critiche sopra espresse, soprattutto quando poi, per sottolineare l’importanza di tali requisiti, vengono “scomodati” principi di diritto processuale contemplati da norme comunitarie, quali quelli di “pienezza e completezza della tutela”, “ricorso effettivo ed efficace”.

I suddetti principi comunitari ben sembrano adattarsi – a differenza di quanto sostenuto dal T.AR. Piemonte – alla necessità che il concorrente escluso impugni fin da subito il provvedimento di esclusione, senza lasciare che la procedura prosegua il suo corso ed arrivi magari fino alla determina di aggiudicazione in favore di un altro soggetto. Il concorrente, ove dovesse attendere la conclusione del procedimento per poi impugnare l’atto finale (aggiudicazione), potrebbe realmente rischiare di vedersi rigettata la domanda sulla base del fatto che le esigenze, improcrastinabili, di attuazione dell’interesse pubblico sotteso all’appalto impediscono al Giudice di poter annullare l’aggiudicazione e di poter quindi obbligare la stazione appaltante ad attivare una nuova procedura. E’ proprio obbligando il concorrente escluso ad impugnare tempestivamente il provvedimento di esclusione, che si tutela il suo interesse ad un ricorso efficace ed effettivo, ossia mirante a fornire una qualche utilità pratica.

Per quanto riguarda l’eventualità che “il ricorso contro l’atto di ammissione alla gara sia stato proposto da uno dei concorrenti poi collocati in posizione non utile ai fini dell’aggiudicazione”, si ritorna al discorso di partenza: il fatto che il concorrente impugnante possa risultare in graduatoria, a seguito della riammissione alla gara (conseguente all’accoglimento dell’impugnazione), in posizione di “non idoneo”, è soltanto una eventualità, che ha la stesse probabilità che si verifichi esattamente come l’eventualità che l’offerta di tale soggetto venga invece considerata idonea.

Si insiste, quindi, nel considerare rilevante l’interesse ad impugnare in base ad una valutazione ex post, anziché alla stregua di una valutazione ex ante: come se il diritto di difesa, garantito sia dalla Costituzione sia dalle norme comunitarie, fosse meritevole di protezione soltanto nei casi in cui via certezza assoluta circa l’accoglimento dell’impugnazione (sic!).

 

5) al punto D) dell’ordinanza del T.A.R. Piemonte, si legge quanto segue:

Le norme censurate hanno pertanto introdotto una tipologia di contenzioso che si qualifica per essere un giudizio di diritto oggettivo, contrario ai principi comunitari sopra richiamati, che forgiano il diritto di azione come diritto del solo soggetto titolare di un interesse attuale e concreto, interesse che, nell’ipotesi delle gare di appalto, consiste unicamente nel conseguimento dell’aggiudicazione, o, al più, quale modalità strumentale al perseguimento del medesimo fine, nella chance derivante dalla rinnovazione della gara. Si rende in tal modo recessivo il principio della immediatezza della lesione derivante dal provvedimento impugnato rispetto alla (necessaria) attualità della reazione giurisdizionale, anticipandola obbligatoriamente ad un momento procedimentale nel quale la selezione degli interessi dei singoli partecipanti non è ancora tale da poter far riconoscere in capo a ciascun concorrente un effettivo e concreto interesse (ed utilità) all’impugnativa.

Peraltro, il soggetto privato obbligato a proporre un giudizio secondo lo schema del rito “superaccelerato” non solo non ha un interesse concreto ed attuale ad una pronuncia dell’autorità giudiziaria, ma subisce anche un danno dall’applicazione dell’art. 120 c. 2bis c.p.a., non solo con riferimento agli esborsi economici ingentissimi collegati alla proposizione di plurimi ricorsi avverso l’ammissione di tutti i concorrenti alla gara (in un numero potenzialmente molto elevato), ma anche per la potenziale compromissione della propria posizione agli occhi della Commissione di gara della S.A., destinataria dei plurimi ricorsi, che è chiamata nelle more del giudizio a valutare l’offerta tecnica del ricorrente; e per le nefaste conseguenze in merito al rating d’impresa disciplinato dall’art. 83 CCP, che individua come parametro di giudizio (negativo) l’incidenza dei contenziosi attivati dall’operatore economico nelle gare d’appalto”.

 

E’ quanto meno “curioso” che il T.A.R., per negare la “concretezza” ed “attualità” dell’impugnazione di cui all’art. 120 comma 2 bis CPA, evidenzi, quale interesse unico ed autentico dei concorrenti nelle gare di appalto, l’ottenimento dell’aggiudicazione.

Come può un concorrente, il quale ritenga di essere stato escluso illegittimamente, aspirare a divenire aggiudicatario, se gli si vieta di impugnare in maniera tempestiva il provvedimento di esclusione e lo si costringe di fatto ad attendere la determina di aggiudicazione, ossia ad aspettare l’adozione di un provvedimento che, quand’anche fosse da lui successivamente impugnato, potrebbe anche essere considerato da parte del Giudice come intangibile, vista la rilevanza dell’interesse pubblico coinvolto, la cui attuazione non può essere ritardata dall’obbligo di fare una nuova procedura di gara?

Ma quel che più preme sottolineare è che il T.A.R. – ed è la prima volta che ciò appare nell’ordinanza in commento – parla espressamente di “chance derivante dalla rinnovazione della gara”: lo stesso Tribunale, quindi, per la prima volta smentisce tutta la rigida impostazione basata sulla (presunta) assenza di  “concretezza” ed “attualità” dell’impugnazione di cui all’art. 120 comma 2 bis CPA, affermando che l’interesse all’impugnazione si esprime anche attraverso la probabilità (“chance”) di aggiudicazione derivante dalla rinnovazione della gara. Allora, visto che anche tale probabilità deve essere tutelata, è molto meglio – in ossequio al principio di economicità del procedimento ed alla necessità di non ledere l’aspettativa dell’aggiudicatario a vedere stabilizzati gli effetti dell’aggiudicazione (stabilità che verrebbe invece messa a serio rischio nel caso in cui il Giudice dovesse accogliere l’impugnazione proposta, dal concorrente escluso, contro la determina di aggiudicazione) – che tale tutela venga fornita fin da subito al concorrente escluso, ossia mantenendo in capo a quest’ultimo la facoltà di impugnare l’atto (endoprocedimentale) di esclusione.

Il T.A.R. poi si preoccupa dei possibili effetti negativi che l’impugnazione ex art. 120 comma 2 bis CPA possa comportare, ai danni del concorrente stesso, in merito al c.d. “rating d’impresa” di cui all’art. 83 del D.lgs. 50/2016. Tra i requisiti reputazionali ivi previsti, sono compresi gli “esiti del contenzioso sia in sede di partecipazione alle procedure di gara sia in fase di esecuzione del contratto”. Ora, proprio dalla formulazione della norma “in sede di partecipazione alle procedure di gara”, si desume che i risultati del contenzioso da valutare, ai fini del rating, sono, genericamente, quelli relativi alle impugnazioni proposte avverso “tutti” gli atti della procedura, e non soltanto avverso “l’atto finale” della stessa, ossia l’aggiudicazione. Quindi, a prescindere dal fatto che il risultato dell’impugnazione proposta ex art. 120 comma 2 bis CPA potrebbe essere anche di accoglimento (e pertanto in tal caso il rating d’impresa sarebbe positivo), è il tenore letterale della norma a ridimensionare la portata della motivazione addotta dal TA.R. .

 

6) Sempre al punto D) dell’ordinanza n. del T.A.R. Piemonte, si legge quanto segue:

La violazione ai principi comunitari sopra richiamati, ed in particolare laddove si rende l’accesso alla giustizia amministrativa eccessivamente gravoso, si ravvisa in quanto l’attuale sistema impone a ogni ditta concorrente di:

1) impugnare il provvedimento di ammissione di tutte le altre ditte partecipanti;

2) proporre il relativo ricorso in una fase del procedimento in cui la cognizione dei documenti di gara degli altri concorrenti è resa problematica dalla disciplina dettata nell’art. 53 del d.lgs. n. 50/2016, che al comma terzo vieta di comunicare o comunque di rendere noti gli atti di gara, l’accesso ai quali è differito all’aggiudicazione e, al suo comma quarto, rende punibile, ai sensi dell’art. 326 c.p. (rivelazione di segreti d’ufficio), la condotta del pubblico ufficiale o degli incaricati di pubblico servizio (endiadi in cui sono compresi tutti i funzionari addetti alla procedura di gara) inosservante del divieto. La cogenza di tale incondizionato divieto, oltre a porre questioni di coordinamento con l’art. 29 cit., lascia prevedere una giustificata ritrosia dei soggetti responsabili della procedura a rendere ostensibile, oltre al provvedimento di ammissione, la documentazione amministrativa dei concorrenti, costringendo gli operatori a proporre ricorsi “al buio” ovvero, come confermato dalle già numerose pronunce intervenute sul punto, a presentare ulteriori ricorsi per l’accertamento del diritto di accesso alla documentazione necessaria per la proposizione del ricorso ex art. 120, comma 2 bis, c.p.a.;

3) formulare censure avverso ogni atto di ammissione, per evitare di incorrere nell’inammissibilità di un ricorso cumulativo (ogni ammissione potrebbe risultare affetta da vizi propri e distinti rispetto all’altra, con diversità oggettiva e soggettiva per ogni ricorso), con la necessaria proposizione di tanti ricorsi quante sono le ditte ammesse e quindi con la conseguenza di dover versare il contributo unificato per ogni ricorso (può dirsi acclarata la funzione dissuasiva all’azione giurisdizionale indotta dal cumulo di tributi giudiziari dovuti in caso di impugnazione separata degli atti di ammissione e di aggiudicazione nell’ambito della stessa procedura di gara).

Risulta netto il contrasto con il principio di effettività sostanziale della tutela assicurato dalla direttiva recepita (89/665), laddove prevede una decadenza di motivi ricorsuali deducibili nel momento in cui l’esigenza di tutela soggettiva diviene concreta ed attuale, cioè con l’aggiudicazione”.

 

I punti 1) e 3) vanno analizzati congiuntamente, ma la riflessione va concentrata in modo particolare sul punto 3).

Il Tribunale dà per scontato che la stazione appaltante adotti non già un unico e solo provvedimento di ammissione dei concorrenti, bensì tanti singoli e distinti atti quante sono le imprese concorrenti, con il conseguente onere, per il concorrente escluso, di dover proporre tante specifiche impugnazioni quanti sono tali atti (“formulare censure avverso ogni atto di ammissione”).

Ora, riesce difficile immaginare come possa la stazione appaltante ritenere di dover adottare tanti singoli provvedimenti di ammissione quante sono le Ditte, anziché redigere un unico verbale di valutazione avente ad oggetto il controllo, nei confronti di tutte, sul possesso dei requisiti previsti ai fini dell’ammissione alla procedura: una stazione appaltante la quale dovesse emanare una pluralità di verbali di ammissione per quante sono le Ditte che hanno fatto domanda, non soltanto violerebbe in maniera macroscopica i principi di economicità (procedimentale) e di efficacia (intesa anche questa come necessità di garantire l’attuazione dell’interesse pubblico dell’appalto in modo tempestivo) previsti dall’art. 1 comma 1 della Legge 241/90, ma probabilmente verrebbe inibita dal continuare a svolgere la propria funzione di amministrazione aggiudicatrice, e ciò alla luce di quanto previsto dall’art. 38 comma 4 lett. a) n. 4 del D.lgs. 50/2016, il quale, tra i requisiti previsti per la qualificazione delle stazioni appaltanti, annovera anche il “rispetto dei tempi di esecuzione delle procedure di affidamento, di aggiudicazione e di collaudo”. Una stazione appaltante la quale adotti tanti provvedimenti di ammissione quanti sono i concorrenti, sicuramente tutto farebbe fuorchè rispondere al suddetto requisito (interessante notare come il Tribunale abbia in precedenza parlato di “rating d’impresa” per giustificare la negativa incidenza dell’impugnazione ex art. 120 comma 2 bis CPA sulla “reputazione” delle imprese, e non abbia invece considerato la negativa incidenza dell’adozione di tanti singoli provvedimenti di ammissione riguardo al sistema di qualificazione della stazione appaltante!).

 

Per quanto riguarda il punto 2), si afferma che l’impugnazione ex art. 120 comma 2 bis CPA risulterebbe impedita dall’art. 53 del D.lgs. 50/2016, il quale, in relazione alle offerte presentate, differisce l’accesso fino al momento dell’aggiudicazione, con la conseguenza che il concorrente escluso, non potendo accedere agli atti fino a tale fase, non avrebbe gli strumenti documentali per poter proporre la suddetta impugnazione.

In merito a ciò, va segnalato che, ai sensi del comma 1 dello stesso art. 53, “Salvo quanto espressamente previsto nel presente codice, il diritto di accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici, ivi comprese le candidature e le offerte, è disciplinato dagli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241”. L’art. 24 della Legge 241/90, dopo aver enucleato le categorie di documenti sottratti all’accesso, dispone, al comma 7, che “Deve comunque essere garantito ai richiedenti l'accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici”. Tale norma, quando parla di “interesse giuridico”, non specifica che questo deve intendersi esclusivamente come certezza dell’ottenimento, attraverso l’accesso, di un risultato utile, ossia effettivamente ampliativo della sfera giuridica del destinatario (in tal caso: l’aggiudicazione). Pertanto, per “interesse giuridico” deve intendersi, nel caso di specie, anche quello del concorrente escluso ad impugnare tempestivamente il provvedimento di esclusione prima che la procedura possa proseguire fino ad approdare alla determina di aggiudicazione e quindi alla potenziale declaratoria giudiziale della intangibilità di quest’ultima.

Si potrebbe replicare che, in base all’art. 53 comma 6 del D.lgs. 50/2016, “è consentito l’accesso al concorrente ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto”, ma ciò solo “In relazione all’ipotesi di cui al comma 5, lettera a)”, ovvero soltanto per quanto riguarda le “informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali”.

Anche tale eventuale censura, peraltro, sarebbe comunque destinata a vacillare, se si considera che, ai sensi dell’art. 29 comma 2 bis della Legge 241/90, “Attengono ai livelli essenziali delle prestazioni di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione le disposizioni della presente legge concernenti gli obblighi per la pubblica amministrazione di … assicurare l’accesso alla documentazione amministrativa”. Se la garanzia del diritto di accesso ai fini della tutela dei propri interessi giuridici configura, a carico della PA, un obbligo di carattere costituzionale, difficilmente si potrà sostenere che la previsione dell’art. 53 comma 6 del D.lgs. 50/2016 – la quale riconosce e tutela, ai suddetti fini, il diritto di accesso solo in relazione ai segreti commerciali – debba considerarsi in un rapporto di specialità, e quindi di legittima deroga, rispetto alla norma generale contenuta nell’art. 24 comma 7 della Legge 241/90, che, invece, sancisce tale tutela in maniera indifferenziata per ciascun tipo di documento: a meno di ritenere che il principio di specialità delle norme debba considerarsi come prevalente anche rispetto a previsioni di rango costituzionale (!).

 

7) il T.A.R. Piemonte, poi, afferma quanto segue:

per quanto possa estendersi la nozione di interesse processualmente rilevante fino a comprendervi l'accezione anche di un interesse strumentale alla rinnovazione della procedura, non possono certo ravvisarsi gli estremi della condizione dell'azione in una situazione in cui dall'accoglimento del ricorso non derivi neanche il limitato effetto dell'indizione di una nuova procedura”.

 

Il Tribunale ritiene sostanzialmente priva di effetti l’impugnazione ex art. 120 comma 2 bis CPA in quanto un suo eventuale accoglimento non consentirebbe comunque al concorrente vittorioso in giudizio di ottenere dalla stazione appaltante la rinnovazione della procedura.

Tale affermazione identifica l’interesse dell’impugnante con l’aspettativa di vedere annullati tutti gli atti della procedura di gara (anche quelli iniziali) e di porre quindi la stazione appaltante nella necessità di attivarne una nuova. Siccome un eventuale accoglimento dell’impugnazione non darebbe in nessun caso al concorrente la possibilità di veder avviato un nuovo procedimento di aggiudicazione, in quanto tutto ripartirebbe dal verbale di valutazione delle offerte e non anche dall’atto iniziale della procedura (pubblicazione del bando, determina a contrarre), l’azione proposta ex art. 120 comma 2 bis CPA non produrrebbe per il ricorrente alcuna utilità concreta.

Anche questa ricostruzione poggia su un presupposto errato: l’interesse dell’impugnante è non già quello di ottenere la rinnovazione della procedura, bensì soltanto quello di obbligare la PA a rielaborare ex novo il verbale di valutazione offerte, includendo, tra le offerte ammesse, anche la sua, e quindi ottenendo che la procedura riparta da tale atto.

Non si vede per quale motivo l’impugnante dovrebbe avere interesse alla “rinnovazione della procedura”, intesa quest’ultima come predisposizione di un nuovo bando e di una nuova determina a contrarre, e quindi come nuovo invio di inviti ad offrire: un interesse simile può essere legittimamente coltivato solo da chi non è stato neanche invitato, laddove tale mancato invito deve considerarsi illegittimo in quanto ha configurato una violazione dei principi di rotazione e di libera concorrenza, ma non anche da chi, dopo essere stato invitato e quindi coinvolto nella procedura, ha avuto la possibilità di presentare un’offerta che tuttavia è stata (illegittimamente) esclusa.

 

8) Il T.A.R. prosegue dicendo:

La misura di cui trattasi è ridondante sotto diversi profili.

Da un lato essa genera il rischio di una proliferazione dei ricorsi nella fase di “qualificazione”, cioè di ammissione delle imprese, e di una conseguente paralisi dei procedimenti di gara, soprattutto di quelli relativi ad appalti di rilevante importo, rispetto ai quali il gravoso onere economico dell'iniziativa giudiziaria non rappresenta una remora, con buona pace delle esigenze di celerità procedimentale e di deflazione del contenzioso che si immaginano garantite dalla riforma.

Da altro lato e al contrario, l’attuale sistema può facilmente comportare, specialmente per appalti di non elevatissimo importo, rinunce da parte dell’interessato alla scelta di proporre il ricorso giurisdizionale. In una fase anticipata in cui gli operatori non possono confidare nelle utilità derivanti dall’aggiudicazione, l’entità degli esborsi necessari per la difesa processuale può costituire motivo di forte dissuasione al ricorso agli strumenti processuali che potrebbero essere fatti valere in giudizio, compromettendo anche il diritto di difesa”.

 

Ad avviso del T.A.R., il rischio di una legittimazione del ricorso ex art. 120 comma 2 bis CPA è quello che la procedura di gara si interrompa già nelle sue fasi iniziali, ossia fin dal momento della valutazione delle domande di partecipazione, e che quindi poi l’attuazione dell’interesse pubblico sotteso all’appalto possa subire degli inevitabili ritardi.

Al riguardo, si evidenzia quanto segue:

tra il rischio che la procedura di gara si interrompa già nelle sue fasi iniziali e quello che la stessa non subisca alcuna interruzione in tale fase ma possa poi essere travolta, ossia annullata, dalla sentenza con la quale il Giudice accolga l’impugnazione proposta (dal concorrente escluso) avverso la determina di aggiudicazione, probabilmente il rischio minore è proprio il primo.

Se in capo al concorrente escluso viene mantenuta la facoltà di impugnare tempestivamente il provvedimento di ammissione/esclusione, forse la procedura subirà qualche rallentamento iniziale (peraltro assai contenuto, considerato che il rito previsto dall’art. è semplificato, prevedendo quest’ultimo la “sentenza in forma semplificata ad una udienza fissata d'ufficio e da tenersi entro quarantacinque giorni dalla scadenza del termine per la costituzione delle parti”, nonché il fatto che“le parti possono chiedere l'anticipata pubblicazione del dispositivo”,nonché il fatto che “il giudice decide interinalmente sulla domanda cautelare, anche se ordina adempimenti istruttori”), ma, almeno, una volta definito il giudizio, sarà certo che la determina di aggiudicazione non potrà essere nuovamente impugnata per lo stesso motivo (esclusione illegittima), e di ciò beneficerà sia la stazione appaltante sia chi verrà designato quale aggiudicatario.

Se, invece, al concorrente escluso viene negata l’impugnazione contro il provvedimento di esclusione, e viene concessa solo la facoltà di impugnare direttamente l’atto finale della procedura (ossia la determina di aggiudicazione), i rischi sono per tutti: infatti, nel caso in cui tale impugnazione venga accolta, l’aggiudicazione viene annullata, e ciò può comportare, ex art. 122 CPA, la declaratoria giudiziale di inefficacia del contratto, con il conseguente pregiudizio sia per l’interesse pubblico (che si ritroverebbe del tutto sguarnito di continuità di tutela) sia per la stazione appaltante (che dovrebbe attivare una procedura nuova) sia per lo stesso aggiudicatario (che si vedrebbe frustrata ogni legittima aspettativa di guadagno dalla realizzazione dell’appalto); nel caso in cui tale impugnazione venga respinta, ossia il Giudice decida di non annullare l’aggiudicazione e/o di non dichiarare inefficace il contratto, il concorrente si pentirebbe di non aveva impugnato fin da subito il provvedimento di esclusione, in quanto, se lo avesse fatto, a quest’ora probabilmente anche lui sarebbe stato ammesso a partecipare, e, a prescindere dall’esito dell’aggiudicazione, sicuramente non si sarebbe visto ora respingere l’impugnazione a motivo del fatto che la rilevanza dell’interesse pubblico non consentiva di annullare gli atti della procedura.

Alla luce di tali considerazioni, suona un po’ strano che il T.A.R. parli di “compromissione del diritto di difesa” del concorrente escluso.

 

9) il T.A.R. conclude affermando:

La stessa normativa, imponendo a tutti i concorrenti di far valere le cause di esclusione mediante l’immediata contestazione degli atti di ammissione alla gara, sanzionando la decadenza dalla possibilità di contestare l’ammissione dei concorrenti stessi al momento della formazione della graduatoria e dell’aggiudicazione dell’appalto, priva l’aggiudicatario del rimedio del ricorso incidentale da opporre a chi contesti l’aggiudicazione senza possedere i requisiti di ammissione alla gara.

Al contempo ancora più grave, come sembra dimostrare il caso all’esame di questo TAR, è il rischio che l’operare del nuovo meccanismo preclusivo finisca per rendere inattaccabili aggiudicazioni disposte in favore di soggetti privi dei requisiti di partecipazione, posti a presidio della corretta esecuzione delle prestazioni contrattuali. Il Collegio ritiene un tale esito contrastare anche, e soprattutto, con quella che è l’esigenza sottesa a tutta la regolamentazione europea e nazionale in materia di appalti pubblici: e cioè l’esigenza di assicurare che le commesse pubbliche vengano affidate al soggetto maggiormente idoneo, esigenza alla quale il confronto concorrenziale è funzionale e che inevitabilmente rimarrebbe frustrata ove si consentisse, in forza di quello che è un meccanismo di natura meramente processuale, di tenere ferma l’aggiudicazione pronunciata a favore di un aggiudicatario che risulti non possedere i requisiti di partecipazione alla gara”.

 

Il T.A.R. ritiene che l’impugnazione ex art. 120 comma 2 bis CPA– etichettata come “meccanismo di natura meramente processuale” – se da un lato consente al concorrente escluso di ricorrere fin da subito avverso il provvedimento di esclusione, dall’altro lato impedirà poi al medesimo concorrente di impugnare il successivo provvedimento di aggiudicazione, la quale nel frattempo potrebbe essere stata disposta a favore di un soggetto sprovvisto dei requisiti di partecipazione.

Il paradosso, quindi, consisterebbe nel fatto che la suddetta impugnazione, pur nascendo proprio dall’esigenza di tutelare l’interesse del concorrente escluso ad essere riammesso in gara, poi priverebbe quest’ultimo, nel caso in cui non dovesse divenire aggiudicatario, della possibilità di contestare dinanzi al Giudice l’aggiudicazione disposta (illegittimamente) a favore di un altro concorrente, e ciò in quanto l’impugnazione proposta ex art. 120 comma 2 bis CPA assorbirebbe sostanzialmente qualsivoglia altra facoltà, da parte del medesimo soggetto, di impugnare la successiva determina di aggiudicazione.

 

Su questo punto, si osserva quanto segue.

Anzitutto, il rischio di aggiudicare l’appalto ad un soggetto non in regola con i requisiti di cui all’art. 80 del D.lgs. 50/2016, dovrebbe essere accuratamente evitato dalla stazione appaltante attraverso una verifica tempestiva degli stessi, verifica da avviare con congruo anticipo rispetto alla data prevista per l’aggiudicazione.

Una programmazione attenta, e soprattutto tempestiva, degli appalti da affidare (non a caso l’art. 21 del  D.lgs. 50/2016 prevede tale obbligo), dovrebbe comportare per la PA il vantaggio di poter avviare anzitempo le verifiche sopra citate, in modo da arrivare alla data dell’aggiudicazione con la certezza di affidare l’appalto ad un soggetto che sia effettivamente in regola con i requisiti medesimi.

Sotto tale aspetto, sarebbe il caso di rivedere assai criticamente l’art. 108 comma 1 lett. c) del D.lgs. 50/2016, in quanto questo ipotizza il caso in cui la stazione appaltante scopra successivamente, ossia in corso di esecuzione del contratto, che in realtà l’affidatario, già al tempo dell’aggiudicazione (sic!), non aveva i requisiti di cui all’art. 80.

Ciò premesso, l’obiezione del T.A.R. deve essere confutata nel merito, in quanto il concorrente escluso, proponendo impugnazione avverso il provvedimento di esclusione, intende contestare soltanto la legittimità della valutazione operata dalla stazione appaltante in merito alla sussistenza, in capo a lui, dei presupposti di esclusione, ovvero in relazione alla propria posizione di concorrente;  tale impugnazione, quand’anche dovesse essere accolta, non impedirà al medesimo concorrente – che era stato prima escluso – di proporre una successiva azione giudiziale contro la determina di aggiudicazione fondando il ricorso su altri motivi, quali p. es. la errata attribuzione dei punteggi o la mancata convocazione della Commissione Giudicatrice o la violazione di altre prescrizioni del bando di gara. Il ricorso avverso il provvedimento di esclusione, siccome ha ad oggetto soltanto la decisione adottata in merito all’ammissibilità della domanda, è cosa ben diversa dal ricorso proponibile avverso l’illegittimità dei successivi atti della procedura, sui quali la determina di aggiudicazione è stata fondata. Se poi la situazione si analizza non dal lato del concorrente escluso, ma da quello di un altro concorrente ammesso (Tizio) – il quale intenda impugnare ex art. 120 comma 2 bis CPA l’ammissione di un altro concorrente (Caio) –allora si deve sottolineare che sarà proprio attraverso tale impugnazione – evidentemente basata sulla mancanza, nei confronti di Caio, dei requisiti di partecipazione di cui all’art. 80 – che si potrà scongiurare anzitempo il rischio che un domani aggiudicatario divenga lo stesso Caio: infatti, nel caso in cui la sentenza accolga l’impugnazione, la stazione appaltante non potrà certo continuare a ritenere, in violazione della pronuncia giurisdizionale, che Caio possieda i requisiti di partecipazione; essa, anzi, dovrà provvedere all’esclusione del medesimo dalla procedura.

 

In conclusione, i due quesiti formulati dal T.A.R. Piemonte alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea – ossia “1) se la disciplina europea in materia di diritto di difesa, di giusto processo e di effettività sostanziale della tutela, segnatamente, gli articoli artt. 6 e 13 della CEDU, l’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e l’art. 1 Dir. 89/665/CEE, 1 e 2 della Direttiva, ostino ad una normativa nazionale, quale l’art. 120 comma 2 bis c.p.a, che, impone all’operatore che partecipa ad una procedura di gara di impugnare l’ammissione/mancata esclusione di un altro soggetto, entro il termine di 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento con cui viene disposta l’ammissione/esclusione dei partecipanti;

2) se la disciplina europea in materia di diritto di difesa, di giusto processo e di effettività sostanziale della tutela, segnatamente, gli articoli artt. 6 e 13 della CEDU, l’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e l’art. 1 Dir. 89/665/CEE, 1 e 2 della Direttiva, osti ad una normativa nazionale quale l’art. 120 comma 2 bis c.p.a, che preclude all’operatore economico di far valere, a conclusione del procedimento, anche con ricorso incidentale, l’illegittimità degli atti di ammissione degli altri operatori, in particolare dell’aggiudicatario o del ricorrente principale, senza aver precedentemente impugnato l’atto di ammissione nel termine suindicato” – appaiono infondati.

E la stessa censura di infondatezza deve essere riservata all’ordinanza di sospensione del Consiglio di Stato in commento.

 

E’proprio l’impugnazione tempestiva di cui all’art. 120 comma 2 bis CPA a garantire che la futura aggiudicazione venga disposta a favore di un soggetto in regola con i requisiti di cui all’art. 80 del D.lgs. 50/2016, e venga quindi mantenuta al riparo da contestazioni successive: ove il Giudice abbia riconosciuto che un concorrente aveva effettivamente il diritto di essere ammesso, nessuna ulteriore censura potrà essere mossa (qualora proprio tale concorrente sia stato designato quale affidatario) contro la determina di aggiudicazione; di ciò beneficeranno sia la stessa stazione appaltante (che deve tutelare l’interesse pubblico dell’appalto) sia lo stesso affidatario (garanzia della stabilità dei diritti sorti dall’aggiudicazione).

D’altra parte, occorre riconoscere al concorrente il diritto di impugnare il provvedimento di ammissione di un altro concorrente, in quanto l’interesse ad impugnare deve essere valutato in base alla situazione esistente al tempo in cui viene fatto valere (l’impugnazione potrebbe venire accolta ed il concorrente/ricorrente potrebbe divenire proprio lui aggiudicatario), anziché in base a valutazioni prognostiche circa il presumibile (ma non scontato!) esito sfavorevole del procedimento di aggiudicazione.

 

Senza dubbio, comunque, il pronunciamento della Corte di Giustizia – visti i principi in gioco, quali il diritto ad una difesa efficace, l’esigenza della stabilità degli effetti prodotti dalla determina di aggiudicazione ed il principio di economicità del procedimento – assumerà un valore assai rilevante.