Consiglio di Stato, sez. V, 2 marzo 2018 n. 1299
Il Collegio ritiene che la norma vada interpretata nei termini che seguono: l’elencazione dei gravi illeciti professionali rilevanti contenuta nella lettera c) del comma 5 dell’art. 80 è meramente esemplificativa, per come è fatto palese sia dalla possibilità della stazione appaltante di fornire dimostrazione “con mezzi adeguati”, sia dall’incipit del secondo inciso (“Tra questi [gravi illeciti professionali] rientrano) che precede l’elencazione.
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 2573 del 2017, proposto da:
Consorzio Industriale Provinciale Nord Est Sardegna Gallura - Cipnes Gallura, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Bettino Arru e Paolo Campus, con domicilio eletto presso lo studio Andrea Manzi in Roma, via Confalonieri 5;
nei confronti di
Generali Italia Spa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Marcello Cardi e Enzo Cardi, con domicilio eletto presso lo studio Marcello Cardi in Roma, viale Bruno Buozzi N. 51;
per la riforma della sentenza breve del T.A.R. SARDEGNA – CAGLIARI, SEZ. I, n. 124/2017, resa tra le parti, concernente Annullamento previa sospensione del 1) provvedimento di cui alla nota prot. 5283 del 16.12.2016 con la quale il Consorzio (CIPNES Gallura) ha escluso Generali Italia S.p.A. dalla procedura aperta per l'affidamento quinquennale con opzione per la stazione appaltante di proroga per ulteriori 4 anni delle coperture assicurative del CIPNES Gallura e ha comunicato che "sarà cura del CIPNES pubblicare la presente comunicazione nelle banche dati previste dal D. Lgs. 50/2016"; 2) del verbale di gara n. 2 del 27.9.2016 nella parte in cui la Commissione di gara ha preso atto della nota prot. 850 del 26.9.2016 trasmessa dal Dirigente del settore ragioneria del CIPNES, ed in base ad essa ha ritenuto sussistere, in base all'art. 80, comma 5, lett. C), del D.Lgs. n. 50/2016, "i presupposti legittimanti l'esclusione della procedura di gara", disponendo la trasmissione del verbale di gara al RUP proponendo l'avvio della procedura di esclusione; 3) nonchè di ogni ulteriore atto presupposto e conseguente.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Generali Italia Spa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 novembre 2017 il Cons. Giuseppina Luciana Barreca e uditi per le parti gli avvocati Arru e Cardi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con la sentenza impugnata il Tar per la Sardegna, sezione prima, ha accolto il ricorso proposto da Generali Italia S.p.a., per l’annullamento del provvedimento di esclusione, adottato dal Consorzio Industriale Provinciale Nord Est Sardegna-Gallura (CIPNES Gallura) nella procedura aperta per l’affidamento quinquennale delle coperture assicurative del Consorzio, con opzione di proroga per ulteriori quattro anni, di cui al bando di gara pubblicato nella G.U., 5 Serie Speciale – Contratti Pubblici n. 88 del 1° agosto 2016.
2. Il Tar ha interpretato l’art. 80, comma 5, lett. c), del codice dei contratti pubblici, posto a base del provvedimento impugnato, reputando che: per addivenire all’esclusione, <<occorre che il comportamento illecito attribuito all’operatore economico sia concretamente valutabile come ostativo alla considerazione positiva circa l’affidabilità dell’operatore medesimo>>; perciò, è illegittima l’esclusione da una gara di appalto, motivata con riferimento esclusivo ad asserite negligenze poste in essere dalla ditta interessata, quando, in ordine a queste ultime, sussista <<una situazione di conflittualità e di reciproche contestazioni>>; nel caso di specie, l’addebito mosso dalla stazione appaltante alla società ricorrente è <<riferito al rendimento di prodotti assicurativi con finalità di investimento (questioni peraltro molto risalenti nel tempo)>>; quindi la fattispecie contestata non rientra nell’ambito di applicazione della norma richiamata, nel testo applicabile ratione temporis (vale a dire quello adottato con d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, precedente l’introduzione delle disposizioni integrative e correttive di cui al d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56).
Il Tar ha perciò annullato il provvedimento di esclusione di Generali Italia S.P.A., che aveva presentato domanda di partecipazione per quattro dei sette lotti in cui era suddivisa la gara, condannando l’Amministrazione al pagamento delle spese di lite.
3. Per ottenere la riforma della sentenza ha proposto appello il CIPNES Gallura.
La società Generali Italia S.P.A. si è costituita per resistere al gravame.
Le parti hanno depositato memorie e repliche.
Alla pubblica udienza del 16 novembre 2017 la causa è stata trattenuta in decisione.
4. Non è fondata l’eccezione di improcedibilità dell’appello per sopravvenuta carenza di interesse, avanzata dall’appellata perché, nelle more del presente giudizio, il Consorzio ha emanato un nuovo provvedimento di esclusione di Generali dalla stessa gara (con nota del 29 settembre 2017, n. 3539, basata sull’omessa dichiarazione di tutte le informazioni dovute ai sensi dell’ultimo periodo dell’art. 80, comma 5, lett. c), a sua volta impugnato dinanzi al Tar.
Per superare l’eccezione è sufficiente rilevare che i due provvedimenti di esclusione sono basati su contestazioni autonome e non in rapporto di pregiudizialità, bensì di possibile alternatività, tali che soltanto l’accertamento della illegittimità/legittimità dell’uno risulta pregiudiziale rispetto a quello della illegittimità/legittimità dell’altro, atteso che entrambi i provvedimenti sono sub iudice e che il secondo non ha comportato affatto il definitivo superamento delle ragioni di esclusione poste a base del primo.
Poiché la difesa del Consorzio ha dichiarato di avere ancora interesse alla riforma del sentenza di primo grado e poiché dall’accoglimento dell’impugnazione l’appellante può conseguire l’immediata utilità della definitiva esclusione della Generali Italia dalla gara, l’appello è tuttora procedibile.
5. Nel merito, il gravame è fondato.
Con i primi due motivi, l’appellante deduce che il Tar è incorso in errore sia nell’affermare che l’addebito mosso dalla stazione appaltante a Generali Italia sarebbe riferito soltanto al <<rendimento di prodotti assicurativi con finalità di investimento>> (primo motivo) sia nel ritenere irrilevanti i fatti addebitati perché molto risalenti nel tempo (secondo motivo).
Il CIPNES Gallura osserva che, in realtà, il contrasto tra le parti è relativo alla stipulazione, nel 1998, con INA Assitalia S.p.A. (incorporata in Generali Italia S.p.A.) di polizze assicurative per la costituzione di un fondo di accantonamento per il TFR dei dipendenti del Consorzio; che il motivo del contendere non è il rendimento dei prodotti assicurativi con finalità di investimento, ma la fornitura di un prodotto diverso da quello richiesto (che non avrebbe dovuto avere alcun margine di aleatorietà) e, comunque, <<la mancata restituzione delle ingenti somme accantonate presso INA Assitalia sotto forma di polizze vita a favore dei dipendenti CIPNES per costituire il fondo TFR a loro favore>> (restituzione, pretesa dal Consorzio e negata dalla compagnia di assicurazione); che l’inadempimento, consistente in questa mancata restituzione (dell’importo di oltre 800.000,00 euro), richiesta (con note del 2 settembre 2010) a titolo di riscatto alla scadenza del contratto, ancora perdura; che infatti INA Assitalia ha ripetutamente opposto dinieghi alla richiesta di disinvestimento, con motivazioni “palesemente strumentali” e senza corrispondere alcunché; che perciò il conflitto tra le parti è attuale, non risalente nel tempo; che, benché invitata a rimuovere l’ostacolo alla sua ammissione alla procedura di gara mediante adempimento tardivo, ovvero con le modalità di cui all’art. 80, comma 7, d.lgs. n. 50 del 2016, Generali Italia continua tuttora a detenere illegittimamente le somme rappresentanti il fondo di accantonamento del TFR dei dipendenti.
5.1. L’appellata resiste ai primi due motivi, sostenendo che la contestazione in sede di gara avrebbe riguardato sempre e solamente l’asserito “cattivo rendimento” dei prodotti assicurativi per il TFR dei propri dipendenti, come si evincerebbe dalla nota prot. n. 4202/2016 di comunicazione di avvio del procedimento di esclusione dalla gara, nonché dallo stesso provvedimento di esclusione (basato sulla nota n. 850 del 26 settembre 2016 inviata alla Commissione di gara dal dirigente dell’Ufficio Amministrazione, Finanza e Contabilità del Consorzio) e che in corso di giudizio il CIPNES avrebbe tentato inammissibilmente di ampliare le ragioni dell’esclusione e, quindi, il thema decidendum, contestando per i medesimi prodotti sottoscritti nel 1998 (la cui questione del rendimento sarebbe stata l’unico oggetto dell’istanza di mediazione ex d.lgs. n. 28 del 2010) anche l’asserita mancata “liquidazione di numerose polizze”. Conseguentemente, a detta dell’appellata, sarebbe inammissibile il primo motivo d’appello, che, ponendo la questione del “disinvestimento per intervenuta scadenza delle polizze”, introdurrebbe una questione neppure menzionata nel provvedimento impugnato, tentando così un’inammissibile motivazione postuma dell’esclusione, che non sarebbe stata oggetto di valutazione nel procedimento di esclusione dalla gara e, quindi, nello stesso giudizio di primo grado.
Secondo l’appellata sarebbe altresì inammissibile –oltre che infondato- il secondo motivo, poiché la questione della perdurante mancata restituzione sarebbe estranea all’istanza di mediazione proposta nel 2015, che avrebbe riguardato soltanto la questione del cattivo rendimento dei prodotti assicurativi sottoscritti dal Consorzio. Pertanto, il Consorzio non avrebbe lamentato un inadempimento di Generali, ma piuttosto la cattiva scelta della tipologia di contratto assicurativo, non imputabile all’assicuratore ma solo al Consorzio contraente. La questione della mancata restituzione del TFR sarebbe stata posta a base soltanto del secondo provvedimento di esclusione e sarebbe stata contestata in giudizio soltanto con ricorso ex art. 702 bis cod. proc. civ. presentato dinanzi al Tribunale di Tempio Pausania mesi dopo l’avvio del procedimento di esclusione, ovvero il 19 ottobre 2017.
L’appellata svolge ulteriori contestazioni riguardanti il merito dei motivi di gravame, su cui si tornerà.
5.3. Preliminarmente va detto dell’infondatezza della su esposta eccezione di inammissibilità e della fondatezza, invece, dei primi due motivi di appello quanto alla ricostruzione delle ragioni poste a base dell’esclusione dalla partecipazione alla gara.
L’appellata basa l’eccezione su una lettura incompleta e superficiale della comunicazione di avvio del procedimento, dell’istanza di mediazione avanzata dal Consorzio ai sensi del d.lgs. n. 28 del 2010 e del provvedimento di esclusione, laddove invece questi atti vanno intesi tenendo conto delle vicende del rapporto contrattuale cui si riferiscono e dello scambio di corrispondenza -dagli stessi atti presupposto ed in parte richiamato- che seguì la scadenza del contratto assicurativo del 1998 e che aveva a suo fondamento la pretesa, da parte del Consorzio, della restituzione, a titolo di riscatto, del capitale accantonato con le polizze assicurative in contestazione.
In particolare, risulta già dal verbale di gara n. 2 del 27 settembre 2016 che, con la nota prot. n. 850/2016 del 26 settembre 2016 il dirigente dell’Ufficio Amministrazione Finanza e Contabilità del CIPNES aveva trasmesso alla Commissione di gara <<gli atti inerenti l’esercizio [di azione] giudiziale per la tutela degli interessi patrimoniali del CIPNES in ordine ai rapporti contrattuali intercorsi con la compagnia di assicurazioni INA ASSITALIA (ora GENERALI S.P.A. […]>>, sulla base dei quali la Commissione ha ritenuto la sussistenza dei presupposti legittimanti l’esclusione della concorrente <<con particolare riguardo alla mancanza del requisito di affidabilità in capo all’operatore economico […]>>, proponendo perciò l’avvio del relativo procedimento.
Gli atti richiamati ed allegati al verbale di gara sono i seguenti:
- determina del Presidente del CIPNES n. 23 del 16 giugno 2014 (per l’avvio di azione giudiziale nei confronti della compagnia assicurativa Ina Assitalia - ora Generali S.p.A.), contenente in premessa il riepilogo dei rapporti intrattenuti dal 1998 al 2006 ed il richiamo all’<<intensa corrispondenza sfociata anche in reclami all’ISVAP>> intercorsa nel 2010 (interamente prodotta in giudizio e chiaramente riferita anche all’obbligazione di restituzione del capitale investito);
- istanza di mediazione del 25 febbraio 2015: seppure è vero che questa si conclude –come rileva l’appellata con la memoria di replica- con la richiesta risarcitoria (per danni causati dalla proposta di prodotti assicurativi non confacenti alle esigenze manifestate dal Consorzio, in quanto legati ad un rischio non adeguato) per una perdita di capitale investito pari ad € 267.728,77, oltre al maggior danno <<a titolo di mancato rendimento delle somme investite, nonché a titolo di rivalutazione ed interessi>>, in essa si dà tuttavia atto della mancata restituzione <<a saldo degli accantonamenti a titolo di TFR dei dipendenti, [del]la restante somma di euro 808.155,71, oltre interessi e rivalutazione>> (della quale la somma di € 540.426,94, viene indicata, nella stessa istanza, come riconosciuta anche dall’INA Assicurazioni, in quanto riportata a debito della compagnia in un prospetto allegato);
- esito negativo del procedimento di mediazione in data 25 marzo 2015 per mancata comparizione della società Generali S.p.A.
Se quindi l’azione giudiziale da intraprendere per la tutela degli interessi patrimoniali del Consorzio in riferimento ai rapporti contrattuali intrattenuti con INA Assitalia, a seguito della scadenza del contratto, era finalizzata al risarcimento del danno (anche per l’inadeguatezza del prodotto assicurativo proposto), non vi è dubbio che essa presupponesse altresì la (condanna alla) restituzione delle somme versate dal Consorzio, ancora nella disponibilità della compagnia di assicurazione.
A questo contenzioso fanno esplicito e chiaro riferimento gli atti del procedimento di esclusione ed il provvedimento qui impugnato, e precisamente:
- con la comunicazione di avvio del procedimento in data 6 ottobre 2016 prot. n. 4202 il Responsabile Unico del Procedimento ha contestato a Generali Italia S.p.A. la mancanza del requisito di affidabilità richiamando nella parte motiva, tra l’altro, la nota 850/2016 del 26/9/2016 del dirigente del settore Ragioneria del CIPNES <<avente ad oggetto il preavviso di azione giudiziale per la tutela degli interessi patrimoniali del CIPNES in ordine ai rapporti contrattuali intercorsi con la compagnia di assicurazioni INA ASSITALIA (ora GENERALI S.p.A.)>>;
- con la nota prot. n. 4865 del 10 novembre 2016, in risposta alle difese già inviate dalla società, pur se in attesa di ratifica, veniva rimarcato <<l’ingiusto e grave danno patito dal Consorzio per l’illecito contrattuale e quindi l’insorgenza del diritto risarcitorio di esso quanto meno in rapporto alla mancata restituzione della considerevole somma capitale affidata negozialmente (appalto di servizi finanziari) e nell’interesse del CIPNES alla proficua gestione finanziaria da parte del professionista Generali Spa, che tutt’ora profittevolmente la detiene sine titulo stante il sopraggiunto assoluto difetto di titolo contrattuale, epperò appartenente indiscutibilmente al CIPNES>> (all. n. 26 di parte appellante);
- infine, col provvedimento di esclusione qui impugnato – prot. n. 5283 del 16 dicembre 2016, richiamati gli atti posti a base del procedimento, si è sottolineata la rilevanza, ai fini della sussistenza del requisito di affidabilità, dei pregressi comportamenti tenuti dallo stesso operatore economico nell’ambito di rapporti contrattuali con la stazione appaltante che ha indetto la gara; inoltre, si è rimarcato che, nel procedimento pre-contenzioso di cui sopra, la compagnia assicurativa aveva disertato senza motivazione il tentativo di conciliazione esperito da CIPNES Gallura ai sensi del d.lgs. n. 28 del 2010 e succ. mod.; si è infine ha ribadito che, a prescindere dalla pendente controversia risarcitoria, Generali S.p.A. <<non ha provveduto a tutt’oggi neanche ad adempiere l’indiscutibile obbligo di restituzione delle considerevoli somme ad essa affidate dal C.I.P.N.E.S. Gallura […]>>.
5.4. Il contenuto degli atti di gara e di quelli richiamati, prodotti dal Consorzio sin dal primo grado (compresa la corrispondenza risalente al 2010), rende palese che la controversia -non ancora sfociata in un giudizio civile, ma già nella fase precontenziosa al momento di pubblicazione del bando di gara in data 1 agosto 2016- attiene, non solo e non tanto al mancato rendimento dei prodotti assicurativi, ma anche all’inadempimento dell’obbligazione di restituzione del capitale accantonato.
Va perciò escluso che si sia avuto ampliamento del thema decidendum rispetto al provvedimento impugnato nel corso del primo grado o nel presente grado di appello.
I fatti nuovi sopravvenuti sono costituiti soltanto dal nuovo procedimento di esclusione concluso col già citato provvedimento n. 3539 del 29 settembre 2017 e dall’avvio dall’azione giudiziale intentata dal CIPNES con ricorso ex art. 702 bis cod. proc. civ. dinanzi al Tribunale di Tempio Pausania, con cui è stato chiesto di accertare il grave inadempimento di Generali Italia S.p.A., già INA Assitalia S.p.A. e di condannare la convenuta a corrispondere la somma di € 1.354.051,46 o quella diversa accertata in corso di causa, oltre accessori.
6. Ricostruiti i fatti come sopra -diversamente, quindi, da quanto ritenuto dal Tar-, vanno esaminate le contrapposte ragioni in diritto.
Queste riguardano l’interpretazione dell’art. 80, comma 5, lett. c), del decreto legislativo n. 50 del 18 aprile 2016 (rimasto invariato dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo n. 56 del 19 aprile 2017).
L’appellata sostiene che questa norma avrebbe profondamente modificato la precedente disciplina contenuta nell’art. 38, lett. f), del d.lgs. n. 163 del 2006, introducendo dei vincoli all’istruttoria della stazione appaltante sull’accertamento di una precedente violazione e sulla valutazione circa l’incidenza sull’affidabilità del requisito in parola. In particolare, perché il grave illecito professionale possa giustificare un provvedimento di esclusione dalla gara, sarebbero necessari, secondo l’appellata, la risoluzione contrattuale definitiva o accertata in giudizio ovvero sanzioni, altrettanto definitive, qui inesistenti.
Questa sembra essere anche l’interpretazione seguita dal Tar quando ha affermato che la <<situazione di conflittualità>> tra stazione appaltante ed operatore economico concorrente <<non può ritenersi da sé idonea a giustificare l’esclusione ai sensi dell’art. 80 comma 5 lett. c)>>.
Per contro, l’appellante, col terzo motivo, deduce che la nuova disciplina non avrebbe inciso così profondamente sulle procedure di scelta del contraente, da travolgere il principio fondamentale secondo cui l’esclusione dalle gare pubbliche si fonda sulla necessità di garantire l’elemento fiduciario nei rapporti contrattuali di appalto pubblico fin dalla fase pre-negoziale.
6.1. La disputa quindi ha ad oggetto l’interpretazione dell’ambito oggettivo della norma nella parte in cui fa rientrare tra i <<gravi illeciti professionali>>, dei quali la stazione appaltante deve dimostrare <<con mezzi adeguati>> che l’operatore economico si sia reso colpevole, anche <<le significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all’esito di un giudizio, ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni>>.
In particolare, occorre delibare se l’elencazione della norma sia tassativa e se, qualora siano contestate significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto con la stessa stazione appaltante (che abbiano dato luogo a grave inadempimento), esse possano giustificare l’esclusione soltanto nel caso in cui abbiano prodotto gli effetti specificamente previsti.
6.2. Il Collegio ritiene che la norma vada interpretata nei termini che seguono:
- l’elencazione dei gravi illeciti professionali rilevanti contenuta nella lettera c) del comma 5 dell’art. 80 è meramente esemplificativa, per come è fatto palese sia dalla possibilità della stazione appaltante di fornirne la dimostrazione <<con mezzi adeguati>>, sia dall’incipit del secondo inciso (<<Tra questi (id est, gravi illeciti professionali) rientrano: […]>>) che precede l’elencazione;
- quest’ultima, oltre ad individuare, a titolo esemplificativo, gravi illeciti professionali rilevanti, ha anche lo scopo di alleggerire l’onere della stazione appaltante di fornirne la dimostrazione con <<mezzi adeguati>>;
- <<le significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione>> rilevano <<[…] se anche singolarmente costituiscono un grave illecito professionale ovvero se sono sintomatici di persistenti carenze professionali>>, come specificato al punto 2.2.1.2 e delle linee guida ANAC n. 6 del 2016/2017 (di cui appresso); il successivo punto 2.2.1.3 delle stesse linee guida comprende nell’elencazione delle significative carenze rilevanti, tra le altre, il singolo inadempimento di una obbligazione contrattuale o l’adozione di comportamenti scorretti o il ritardo nell’adempimento;
- la sussistenza e la gravità dell’inadempimento o del ritardo ovvero del comportamento scorretto ai fini dell’esclusione dalla gara sono dimostrate, per tabulas, ed obbligano all’esclusione, ogniqualvolta essi abbiano prodotto gli effetti tipizzati dalla norma; con la precisazione –contenuta al punto 2.2.1.1 delle dette linee guida- che costituisce mezzo adeguato di dimostrazione (da valutarsi a cura della stazione appaltante, ma non automaticamente escludente) anche il provvedimento esecutivo di risoluzione o di risarcimento, prima che esso sia passato in giudicato.
Siffatta ricostruzione della portata della norma, tuttavia, non comporta, a parere del Collegio, una preclusione automatica della valutazione discrezionale da parte della stazione appaltante della gravità di inadempienze che, pur non immediatamente riconducibili a quelle tipizzate, quanto agli effetti prodotti, siano tuttavia qualificabili come <<gravi illeciti professionali>> e siano perciò ostative alla partecipazione alla gara perché rendono dubbie l’integrità o l’affidabilità del concorrente. Piuttosto, in tale eventualità –vale a dire quando esclude dalla partecipazione alla gara un operatore economico perché considerato colpevole di un grave illecito professionale non compreso nell’elenco dell’art. 80, comma 5, lett. c)- la stazione appaltante dovrà adeguatamente motivare in merito all’esercizio di siffatta discrezionalità (che concerne la gravità dell’illecito, non la conseguenza dell’esclusione, che è dovuta se l’illecito è considerato grave) e dovrà previamente fornire la dimostrazione della sussistenza e della gravità dell’illecito professionale contestato con <<mezzi adeguati>>.
I punti critici di siffatta interpretazione sono costituiti dalla qualificazione come <<grave illecito professionale>> di un comportamento o di un inadempimento non compresi nell’elenco, nonché dall’individuazione delle modalità con le quali la stazione appaltante ne può fornire la dimostrazione in modo da escludere che il provvedimento risulti viziato per illegittimità o eccesso di potere.
6.2. Sono utili, ma non decisive, ai fini della soluzione di tali questioni interpretative, le citate linee guida ANAC n. 6 approvate con delibera n.1293 del 16 novembre 2016 ed aggiornate con delibera n. 1008 dell’11 ottobre 2017 (recanti «Indicazione dei mezzi di prova adeguati e delle carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto che possano considerarsi significative per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) del Codice», emanate in attuazione dell’art. 80, comma 13, del codice dei contratti pubblici).
Sebbene l’appellata abbia invocato, a sostegno della propria difesa, tra l’altro, proprio tali linee guida (che, pur sopravvenute ai fatti di causa, forniscono comunque validi parametri di riferimento per l’attività interpretativa del codice), va evidenziato che nella premessa si legge che comunque le <<Le stazioni appaltanti possono attribuire rilevanza a situazioni non espressamente individuate dalle Linee guida, purché le stesse siano oggettivamente riconducibili alla fattispecie astratta indicata dall’art. 80, comma 5, lett. c), del Codice e sempre che ne ricorrano i presupposti oggettivi e soggettivi.>>.
Della natura non vincolante delle linee guida e della portata -anche questa- esemplificativa dei fatti che secondo le stesse linee guida costituiscono significative <<carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto>>, nonché dei mezzi di prova dell’illecito professionale che, per le linee guida, vanno considerati <<adeguati>>, si ha riscontro nel parere reso da questo Consiglio di Stato il 3 novembre 2016, col n. 2286/2016. In particolare, in questo parere, dopo aver sottolineato la portata non vincolante delle linee guida ANAC, si precisa, quanto all’ambito oggettivo di applicazione del comma 5, lett. c), dell’art. 80, e specificamente quanto alle <<significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto>>, che <<Se […] in relazione ad un pregresso contratto, non si sono prodotti tali effetti giuridici (risoluzione anticipata “definitiva” perché non contestata ovvero confermata in giudizio, penali, risarcimento, incameramento della garanzia), un eventuale “inadempimento contrattuale” non assurge, per legge, al rango di “significativa carenza”.
Si tratta, evidentemente, di una semplificazione “a fini probatori”, in quanto se non si sono prodotti tali effetti tipizzati, è ben più complesso fornire la prova incontestabile che il pregresso inadempimento è stato “significativo”>>.
6.3. In sintesi, né le linee guida né il parere citato (e neanche il successivo, reso da questo Consiglio di Stato il 25 settembre 2017, n. 2042/2017) smentiscono l’interpretazione sopra enunciata, per la quale il pregresso inadempimento rileva a fini escludenti, qualora assurga al rango di <<grave illecito professionale>>, tale da rendere dubbia l’integrità e l’affidabilità dell’operatore economico, anche se non abbia prodotto gli effetti risolutivi, risarcitori o sanzionatori tipizzati. Pertanto, è rimessa alla discrezionalità della stazione appaltante la valutazione della portata di pregressi inadempimenti che non abbiano (o non abbiano ancora) prodotto questi effetti specifici; in tale eventualità, però, i correlati oneri di prova e di motivazione sono ben più rigorosi ed impegnativi rispetto alle ipotesi esemplificate nel testo di legge e nelle linee guida.
7. E’ vero peraltro che, come osservato dall’appellata, le prime applicazioni giurisprudenziali della norma in commento sono di segno diverso.
Esse hanno, in prevalenza, negato la possibilità per la stazione appaltante di escludere dalla gara l’operatore economico quando non ricorra una delle ipotesi esemplificate nella seconda parte dell’art. 80, comma 5, lett. c). In particolare, si è ritenuto che, quando, in relazione alle gravi carenze nell’esecuzione di un precedente contratto, con la stessa o con altra stazione appaltante, non si siano prodotti gli effetti giuridici della risoluzione anticipata “definitiva” (perché non contestata ovvero confermata in giudizio) o dell’applicazione di sanzioni (penali, risarcimento, incameramento della garanzia), è preclusa all’amministrazione ogni possibilità di valutazione sull’affidabilità del concorrente (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 27 aprile 2017 n. 1955; T.a.r. per la Sicilia, 3 novembre 2017, n. 2511; T.a.r. per la Puglia, sez. III, 18 luglio 2017, n. 828; T.a.r. per la Puglia, sez. I, 30 dicembre 2016, n. 1480; T.a.r. per la Puglia – Lecce, III, 22 dicembre 2016, n. 1935; T.a.r. per la Calabria, I, 19 dicembre 2016, n. 2522, nonché da ultimo T.a.r. per la Campania – Napoli, sez. V, 12 ottobre 2017, n. 4781 e T.a.r. Palermo, 17 novembre 2017, n. 2511).
7.1. Il Tar per la Campania, sez. IV, con ordinanza 13 dicembre 2017, n. 5893, dubitando della compatibilità della lettura della norma data da questa, prevalente, giurisprudenza, con i principi ed il diritto dell’Unione ha disposto un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’UE la seguente questione pregiudiziale: <<se i principi comunitari di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto, di cui al Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), ed i principi che ne derivano, come la parità di trattamento, la non discriminazione, la proporzionalità e la effettività, di cui alla direttiva n. 2014/24/UE, nonché la disposizione di cui all’art. 57 comma 4 lettere c) e g) di detta Direttiva, ostino all’applicazione di una normativa nazionale, quale quella italiana derivante dall’art. 80, comma 5, lettera c) del D. Lg.vo n. 50/2016, secondo la quale la contestazione in giudizio di significative carenze evidenziate nell’esecuzione di un pregresso appalto, che hanno condotto alla risoluzione anticipata di un precedente contratto di appalto, preclude ogni valutazione alla stazione appaltante circa l’affidabilità del concorrente, sino alla definitiva statuizione del giudizio civile, e senza che la ditta abbia dimostrato la adozione delle misure di self cleaning volte a porre rimedio alle violazioni e ad evitare la loro reiterazione>>.
Va sottolineato che la fattispecie oggetto del rinvio pregiudiziale non è del tutto coincidente con quella oggetto del presente giudizio, poiché dinanzi al Tar per la Campania è impugnato provvedimento di ammissione di operatore economico già destinatario di risoluzione contrattuale non “definitiva”, in merito alla quale la stazione appaltante ha ritenuto di non poter esercitare alcuna valutazione discrezionale.
Il rinvio pregiudiziale finisce perciò per lasciare sub iudice la compatibilità col diritto dell’Unione della mancata imposizione alla stazione appaltante da parte del legislatore nazionale dell’obbligo di valutare, ai fini dell’esclusione dalla gara, carenze oggettivamente ed apparentemente gravi, ma non tipizzate come tali dallo stesso legislatore.
7.2. Diversamente, la questione posta dal presente appello è quella della compatibilità con i principi e col diritto dell’Unione della lettura combinata della prima e della seconda parte dell’art. 80, comma 5, lett. c), in termini tali da lasciare in capo alla stazione appaltante un margine di discrezionalità tale che le consenta di ascrivere tra i gravi illeciti professionali, ai sensi della prima parte, anche le gravi inadempienze riscontrate in precedenti rapporti intrattenuti con la stessa stazione appaltante, che non abbiano dato luogo agli effetti tipizzati nella seconda parte.
In proposito, non sembra potersi sollevare alcuna perplessità, di modo che –quanto meno in una situazione quale quella oggetto del presente giudizio- va manifestato un orientamento contrario a quanto affermato nei precedenti giurisprudenziali su richiamati.
La Direttiva 2014/24/UE del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici, recepita con il nuovo codice dei contratti pubblici, all’articolo 57 comma 4, nel prevedere le cause di esclusione facoltative di un concorrente, distingue diverse ipotesi, disponendo che:
<<4. Le amministrazioni aggiudicatrici possono escludere, oppure gli Stati membri possono chiedere alle amministrazioni aggiudicatrici, di escludere dalla partecipazione alla procedura di appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni: […omissis…]
c) se l’amministrazione aggiudicatrice può dimostrare con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, il che rende dubbia la sua integrità;
[…omissis…]
g) se l’operatore economico ha evidenziato significative o persistenti carenze nell’esecuzione di un requisito sostanziale nel quadro di un precedente contratto di appalto pubblico, di un precedente contratto di appalto con un ente aggiudicatore, o di un precedente contratto di concessione che hanno causato la cessazione anticipata di tale contratto precedente, un risarcimento danni o altre sanzioni comparabili; [...]>>.
Sebbene con la direttiva siano state delineate due distinte cause di esclusione facoltative, assoggettate a due differenti regimi probatori, non appare incompatibile la scelta compiuta dal legislatore italiano che ha disciplinato l’esclusione per grave illecito professionale in termini di obbligatorietà ed ha costruito la figura come un genus (pressoché coincidente con la causa di esclusione individuata dall’art. 57, comma 4, lett. c), della direttiva) all’interno della quale è possibile collocare le più diverse fattispecie, alcune delle quali sono esemplificate nello stesso art. 80, comma 5 (con inclusione nell’elenco di ipotesi che la direttiva ha considerato separatamente).
La scelta del codice dei contratti pubblici, oltre a non contrastare con la previsione dell’art. 57, comma 4, della direttiva (che, d’altronde, contempla ipotesi escludenti facoltative) è conforme ai principi desumibili dal considerando 101 della stessa direttiva.
In particolare, rileva l’indicazione ivi contenuta che le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero continuare ad avere la possibilità di escludere operatori economici che si sono dimostrati inaffidabili, tra l’altro a causa di grave violazione dei doveri professionali (col chiarimento che <<una grave violazione dei doveri professionali può mettere in discussione l’integrità di un operatore economico e dunque rendere quest’ultimo inidoneo ad ottenere l’aggiudicazione di un appalto pubblico indipendentemente dal fatto che abbia per il resto la capacità tecnica ed economica per l’esecuzione dell’appalto>>) e rileva altresì il riconoscimento alle amministrazioni aggiudicatrici della <<facoltà di ritenere che vi sia stata grave violazione dei doveri professionali qualora, prima che sia stata presa una decisione definitiva e vincolante sulla presenza di motivi di esclusione obbligatori, possano dimostrare con qualsiasi mezzo idoneo che l’operatore economico ha violato i suoi obblighi>>.
In coerenza con la giurisprudenza della Corte di Giustizia formatasi sulla previgente direttiva del 2004/18/UE, del 31 marzo 2004, art. 45 (cfr., per tutte, la sentenza 14 dicembre 2016, in causa C-171/15) il considerando 101 si conclude con esplicito richiamo del principio di proporzionalità, al fine di escludere qualsivoglia automatismo nei confronti della stazione appaltante, consentendole di esercitare, sia pure entro limiti definiti, i propri poteri discrezionali nella valutazione della sussistenza dell’elemento fiduciario nella controparte contrattuale.
7.3. Fermo restando quindi il principio di tassatività delle cause di esclusione, una volta che il legislatore nazionale ha inserito la causa di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) del codice come obbligatoria, in termini compatibili con la direttiva del 2014 e con la giurisprudenza della Corte di giustizia, il timore di frustrare la finalità -evidentemente perseguita in ambito interno- di contenere la discrezionalità delle stazioni appaltanti e comunque di garantire omogeneità di prassi e di valutazioni (come dimostrato anche dal disposto del comma 13 dello stesso art. 80) non può essere spinto fino al punto di leggere la seconda parte dell’art. 80, comma 5, lett. c) come norma che introduce dei limiti alla valutazione della stazione appaltante, consentita della prima parte dello stesso articolo.
Coerente con questa interpretazione è il punto VI (I criteri di valutazione dei gravi illeciti professionali) delle linee guida ANAC, il quale, ai fini della valutazione dei gravi illeciti professionali a portata escludente da parte delle stazioni appaltanti, ribadisce la necessità del rispetto del principio del contraddittorio e del principio di proporzionalità e l’obbligo della motivazione adeguata e completa del provvedimento di esclusione.
Queste sono anche le linee lungo le quali si deve muovere il controllo esterno dell’operato dell’amministrazione da parte del giudice amministrativo, il cui sindacato, pur non sostitutivo, è diretto alla verifica appunto della sussistenza dei presupposti oggettivi e soggettivi di esclusione, così come valutati dalla stazione appaltante ed esplicitati nel provvedimento sub iudice.
8. Il caso di specie –connotato dalle peculiarità di cui si è detto nel trattare dei primi due motivi- appare emblematico della correttezza di un’interpretazione della norma di recente introduzione svincolata da automatismi conseguenti a circostanze tipizzate, le quali, all’evidenza, non esauriscono la gamma di tutti i possibili <<gravi illeciti professionali>> idonei ad incrinare il rapporto fiduciario tra operatore economico e stazione appaltante.
Il rapporto contrattuale pregresso tra CIPNES Gallura e INA Assitalia S.p.A. non è suscettibile di risoluzione perché giunto a sua naturale scadenza; il risarcimento del danno non costituisce l’unica ragione di controversia tra le parti; il comportamento scorretto addebitato alla compagnia di assicurazioni presuppone l’inadempimento di un’obbligazione di restituzione scaturente dal contratto, ma integrante di per sè grave illecito professionale tale da incrinare l’affidabilità che la stazione appaltante deve riporre nella compagnia di assicurazione, che partecipi ad una gara indetta per l’affidamento di prodotti assicurativi. Di certo non sussiste la prima delle ipotesi tipiche della seconda parte dell’art. 80, comma 5, lett. c), ma ciò non preclude alla stazione appaltante di dare conto, con <<mezzi adeguati>>, del detto grave illecito professionale ai fini dell’esclusione.
Il provvedimento impugnato è stato preceduto dal contraddittorio di cui si è detto ed è stato adottato con la deliberazione del 16 dicembre 2016, di cui pure si è detto. Esso contiene adeguata motivazione con riferimento alle circostanze di fatto, alla tipologia di illeciti contestati, al tempo trascorso ed ai rapporti intrattenuti nelle more, il tutto in relazione sia all’incidenza in concreto sull’affidabilità dell’operatore economico sia all’oggetto dell’appalto.
In particolare, va dato atto che dai documenti prodotti in giudizio dal Consorzio appellante ed espressamente posti a fondamento del provvedimento di esclusione, risulta che la compagnia di assicurazioni non ha mai negato l’accantonamento di somme (per oltre 800.000,00 euro) in esecuzione dei pregressi accordi contrattuali e non ha mai espressamente fatto presente al Consorzio che tutto intero il capitale versato fosse andato perduto in ragione dell’andamento negativo dell’investimento.
Considerato che anche per la restituzione, in tutto o in parte, delle somme versate il Consorzio ha deliberato di agire in giudizio, in tempi di gran lunga precedenti la pubblicazione del bando della gara in contestazione e che sempre prima di questa pubblicazione si è avviata la fase pre-contenziosa con l’introduzione della procedura di mediazione obbligatoria ai sensi del d.lgs. n. 28 del 2010 -senza che Generali Italia S.p.A. (frattanto incorporante INA Assitalia S.p.A.) sia comparsa dinanzi all’organismo di mediazione, né si sia altrimenti attivata per risolvere la controversia o chiarire le ragioni della pregressa condotta della società incorporata- il provvedimento di esclusione –che tutte queste circostanze richiama- non appare manifestamente illogico od ingiusto né irrazionale o contraddittorio o viziato da errore di fatto determinante. Ancora, pur essendo unico l’illecito professionale contestato e dimostrato con mezzi adeguati (tali dovendosi valutare rispetto allo scopo della dimostrazione, che non è finalizzata all’accertamento giudiziale dell’illecito, ma soltanto a garantire la non pretestuosità e la proporzionalità dell’esclusione dalla gara), esso risulta connotato da gravità ed inerente ad attività professionale assicurativa analoga a quella oggetto della procedura di gara da cui Generali Italia S.p.A. è stata esclusa (rientrando nella valutazione discrezionale della stazione appaltante, non sindacabile da questo giudice, la mancata considerazione del fatto che i rischi cui si riferiscono i lotti in gara attengono a rami assicurativi diversi da quello oggetto del contenzioso). Non risulta perciò alcuna manifesta violazione del principio di proporzionalità.
8.1. L’appellata contesta il richiamo fatto da controparte all’art. 80, comma 5, del d.lgs. n. 50 del 2016, osservando come, ammesso che un inadempimento vi sia stato, sarebbe risalente al 1998, quindi avrebbe perso ogni incidenza sul requisito della moralità professionale, essendo decorsi più di cinque anni dal fatto ovvero –in base al testo dell’art. 80, comma 10, modificato col d.lgs. n. 56 del 2017- più di tre anni <<decorrenti dalla data del suo accertamento definitivo […]>>, non essendo intervenuta sentenza di condanna.
In effetti, si è detto come, anche a voler collocare nel 1998 (anno di stipulazione delle polizze individuali) o nel 2006 (anno di stipulazione della polizza collettiva) l’addebito, mosso dal Consorzio ad INA Assitalia, di averlo indotto ad acquistare un prodotto assicurativo non adeguato alle finalità di accantonamento del TFR dei dipendenti, tuttavia, il comportamento valutato ai fini dell’esclusione è diverso ed ulteriore e tuttora persistente. Esso riguarda (anche) la detenzione sine titulo di somme di pertinenza del Consorzio da parte di Generali Italia S.p.A., senza che questa si sia adoperata per chiarire la situazione e/o porvi rimedio ai sensi dell’art. 80, comma 7, del codice dei contratti.
8.2. Ancora, secondo l’appellata, il provvedimento di esclusione sarebbe in contrasto con l’art. 80, comma 5, lett. c), perché le inadempienze contestate non sarebbero riferibili ad un precedente contratto di appalto.
Orbene, a prescindere dal fatto che gli atti prodotti in giudizio risultano riferirsi ad un precedente appalto di servizi, ciò che rileva ai fini dell’applicazione del primo inciso della norma è che si tratti, come detto, di un illecito contrattuale grave che si assume commesso nell’esercizio dell’attività professionale tipica di una compagnia di assicurazione, quindi di un grave illecito professionale dimostrato con mezzi adeguati.
In conclusione, l’appello va accolto ed, in riforma della sentenza appellata, va respinto il ricorso avanzato nel primo grado di giudizio da Generali Italia S.p.A.
Sussistono giusti motivi per compensare le spese di entrambi i gradi, attesa la novità della questione interpretativa posta dal testo dell’art. 80, comma 5, lett. c) del codice dei contratti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso proposto in primo grado da Generali Italia S.p.A.
Compensa interamente tra le parti le spese dei due gradi di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 novembre 2017 con l'intervento dei magistrati:
Francesco Caringella, Presidente
Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere
Fabio Franconiero, Consigliere
Raffaele Prosperi, Consigliere
Giuseppina Luciana Barreca, Consigliere, Estensore
Guida alla lettura
Il Consiglio di Stato con la sentenza in rassegna ha effettuato la perimetrazione dell'art. 80 comma 5 lett. c) del Codice dei contratti pubblici, concernente l'esclusione dalla gara dell'operatore economico, nell'ipotesi in cui la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l'operatore si sia reso colpevole di gravi illeciti professionali, idonei a minarne l'integrità o l'affidabilità, fornendone una interpretazione ampliativa e coerente con i principi in materia di fiducia nell’operatore economico che partecipi alle gare pubbliche.
La querelle giuridica sulla quale il Consiglio di Stato si è pronunciato è relativa al significato da attribuire alle locuzioni contenute nella norma in commento, nella parte in cui indicano i comportamenti che possono dar luogo all'esclusione per gravi illeciti professionali.
Nel dettaglio, occorre chiedersi se l'elencazione ivi contenuta sia esaustiva e tassativa, ovvero se si tratti di una elencazione meramente esemplificativa, che, conseguentemente, consenta alla stazione appaltante, di ampliare discrezionalmente la casistica, tenuto conto, in ogni caso della portata applicativa della norma citata, nonché del principio del favor partecipationis.
Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 1299/2018 ha avallato la seconda opzione, ritenendo che l'elencazione contenuta dell'art. 80 comma 5 lett. c) del Codice dei Contratti, rappresenti una esemplificazione dei casi in cui la stazione appaltante può escludere dalla gara l'operatore economico che abbia commesso gravi illeciti professionali.
Per comprendere pienamente le statuizioni del Consiglio di Stato è opportuno riassumere brevemente la vicenda processuale che ha dato origine al decisum.
Nel dettaglio, il Consorzio Industriale Provinciale Nord Est Sardegna – Gallura, escludeva dalla procedura aperta per l’affidamento delle coperture assicurative del Consorzio la Generali Italia S.p.a., sulla base di negligenze poste in essere dalla ditta interessata per mancanza del requisito dell’affidabilità in capo all’operatore economico, a causa della richiesta risarcitoria relativa a danni causati dalla proposta di prodotti assicurativi non confacenti alle esigenze manifestate dal Consorzio, per il quale pendeva giudizio, nonché per la mancata restituzione del saldo degli accantonamenti a titolo di TFR dei dipendenti. Vicende, in merito alle quali sussisteva, all’epoca dell’esclusione, una situazione di conflittualità e di reciproche contestazioni.
Avverso la predetta esclusione ricorreva al competente Tar la ditta interessata, sostenendo che l’esclusione fosse illegittima, in quanto non rientrante nelle ipotesi di cui all’art. 80 comma 5 lett. c) del Codice dei Contratti, secondo cui la stazione appaltante può escludere la ditta interessata dalla gara di appalto nell’ipotesi in cui vi siano significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all’esito di un giudizio, ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni.
Il T.A.R. competente accoglieva le doglianze della ricorrente e, per l’effetto, annullava il provvedimento di esclusione dalla procedura aperta, condannando l’Amministrazione al pagamento delle spese processuali, ritenendo, altresì, che il conflitto fosse risalente nel tempo.
L’Amministrazione impugnava la sentenza di primo grado, sostenendo che il conflitto fosse attuale, posto che la Generali non aveva mai provveduto alla richiesta di disinvestimento dei capitali, continuando a detenere illegittimamente le somme rappresentanti il fondo di accantonamento del TFR dei dipendenti.
Il Consiglio di Stato, chiamato a pronunciarsi sulla vicenda in oggetto, per poter procedere alla decisione, ha ritenuto preliminare chiarire l’effettiva portata dell’art. 80 comma 5 lett. c), e in particolare interrogarsi sull’ampiezza dell’elencazione normativa, ovvero se la stessa dovesse intendersi come tassativa, o come esemplificativa delle ipotesi che possono dar luogo ad esclusione dalla gara in caso di gravi illeciti professionali.
Nel procedere all’indagine esegetica dell’articolo in commento, in particolare con riferimento alla possibilità per la stazione appaltante di valutare, ai fini dell’esclusione dalla gara, carenze oggettivamente gravi, ma non tipizzate come tali dallo stesso legislatore, i Giudici di Palazzo Spada, non mancano di analizzarne anche la compatibilità della interpretazione fornita con le linee guida ANAC, nonché con la Direttiva 2014/24/UE del 26 febbraio 2014.
Ad avviso del Consiglio di Stato, la corretta interpretazione da fornire alla norma citata è la seguente:
“l’elencazione dei gravi illeciti professionali rilevanti contenuta nella lettera c) del comma 5 dell’articolo 80 è meramente esemplificativa, per come è fatto palese sia dalla possibilità della stazione appaltante di fornire la dimostrazione con mezzi adeguati, sia dall’incipit del secondo inciso << Tra questi rientrano>> che precede l’elencazione>>;
quest’ultima, oltre ad individuare, a titolo esemplificativo, gravi illeciti professionali rilevanti, ha anche lo scopo di alleggerire l’onere della stazione appaltante di fornire la dimostrazione con mezzi adeguati;
le significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione rilevano se anche singolarmente costituiscono un grave illecito professionale ovvero se sono sintomatici di persistenti carenze professionali, come specificato al punto 2.2.1.2 e delle linee guida ANAC n. 6 del 2016/2017; il successivo punto 2.2.1.3 delle stesse linee guida comprende nell’elencazione delle significative carenze rilevanti, tra le altre, il singolo inadempimento di una obbligazione contrattuale o l’adozione di comportamenti scorretti o il ritardo nell’adempimento;
la sussistenza e la gravità dell’inadempimento o del ritardo ovvero del comportamento scorretto ai fini dell’esclusione dalla gara sono dimostrate, per tabulas, ed obbligano all’esclusione, ogniqualvolta esse abbiano prodotto gli effetti tipizzati dalla norma; con la precisazione – contenuta al punto 2.2.1.1. delle dette linee guida – che costituisce mezzo adeguato di dimostrazione anche il provvedimento esecutivo di risoluzione o di risarcimento, prima che esso sia passata in giudicato”.
Ne consegue che, ad avviso dei Giudici di Palazzo Spada, nelle ipotesi in cui la ditta concorrente dovesse incorrere in uno degli inadempimenti prescritti dalla norma vi sarebbe un alleggerimento dell’onere probatorio, nonché dell’obbligo di motivazione in capo alla Pubblica Amministrazione, nulla ostando, tuttavia, ad una valutazione discrezionale da parte della stazione appaltante in merito alla gravità di inadempienze non astrattamente riconducibili alle fattispecie tipizzate, ma che quoad effectum appartengano alla categoria dei gravi illeciti professionali e risultino ostative alla partecipazione alla gara, perché rendono dubbie l’integrità o l’affidabilità del concorrente.
Tuttavia, mentre nelle ipotesi tipizzate l’obbligo di motivazione in capo alla Pubblica Amministrazione risulterà mitigato, nelle ipotesi in cui vi dovesse essere una valutazione discrezionale della stazione appaltante, non rientrante tra quelle elencate dalla norma, sulla stessa graverà un obbligo rafforzato di motivazione, nonché un onere probatorio più robusto relativamente alla sussistenza e alla gravità dell’illecito professionale.
Il Consiglio di Stato per rafforzare l’interpretazione fornita alla norma il commento, valorizza le linee guida ANAC, secondo cui: “Le stazioni appaltanti possono attribuire rilevanza a situazioni non espressamente individuate dalle Linee Guida, purchè le stesse siano oggettivamente riconducibili alla fattispecie astratta indicata nell’art. 80, comma 5, lett. c), del Codice e sempre che ne ricorrano i presupposti oggettivi e soggettivi”
L’interpretazione fornita dal Consiglio di Stato, non contrasta con la Direttiva 2014/24/UE del 26 febbraio 2014, che prevede due ipotesi di esclusione facoltative, posto che la scelta compiuta dal legislatore italiano ha disciplinato l’esclusione per grave illecito professionale in termini di obbligatorietà ed ha costruito la figura come un genus all’interno della quale è possibile collocare le più diverse fattispecie, purchè aventi i caratteri del grave illecito professionale e non contrastanti con il principio di proporzionalità.
In conclusione, è rimessa alla discrezionalità della stazione appaltante la valutazione della portata di pregressi inadempimenti che non abbiano prodotto questi effetti specifici; in tale eventualità, però, i correlati oneri di prova e di motivazione sono ben più rigorosi ed impegnativi rispetto alle ipotesi esemplificate nel testo di legge e nelle linee guida, purchè la valutazione discrezionale rispetto il principio di proporzionalità e l’inadempimento di cui trattasi rientri quoad effectum tra le ipotesi disciplinate dall’art. 80 comma 5 lett. c) del Codice dei Contratti, non potendo essere negato alla stazione appaltante, l’esercizio, sia pure entro limiti definiti, dei propri poteri discrezionali nella valutazione della sussistenza dell’elemento fiduciario nella controparte contrattuale.
In virtù della esposta ricostruzione, il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso, respingendo il ricorso di primo grado.