Cons. Stato, Sez. V, 2 febbraio 2018, n. 686
Devono essere rimesse alla Corte di giustizia dell'UE le seguenti questioni pregiudiziali: - "se sia compatibile con l'art. 45, comma 2, lett. a) e b) della Direttiva 2004/18/CE del 31 marzo 2004, considerare "procedimento in corso" la mera istanza, presentata all'Organo giudiziario competente, di concordato preventivo da parte del debitore"; - "se sia compatibile con la predetta normativa, considerare la confessione del debitore di trovarsi in stato di insolvenza e di volere presentare istanza di concordato preventivo "in bianco" (le cui caratteristiche sono state sopra precisate) quale causa di esclusione dalla procedura d'appalto pubblico, interpretando così estensivamente il concetto di "procedimento in corso" sancito dalla normativa comunitaria (art. 45 Direttiva) e nazionale (art. 38 d.lgs. n. 163-2006) citate".
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
ORDINANZA
sul ricorso numero di registro generale 6348 del 2015, proposto da:
Idi S.r.l. in proprio e quale mandataria costituendo r.t.i., con Tei S.r.l., Cooprogetti Soc. Coop., Prof. Ing. Giovanni Perillo, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Lorenzo Lentini, con domicilio eletto presso lo studio Giuseppe Placidi in Roma, via Barnaba Tortolini 30;
contro
Arcadis - Agenzia Regionale Campana Difesa Suolo, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
Regione Campania non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I n. 2428/2015, resa tra le parti, concernente l’affidamento del servizio di direzione lavori, misurazione e contabilità, assistenza al collaudo, nonché il coordinamento in materia di sicurezza e di salute durante la realizzazione del progetto bandiera blu del litorale Domitio;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Arcadis - Agenzia Regionale Campana Difesa Suolo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 gennaio 2018 il Cons. Raffaele Prosperi e uditi per le parti gli avvocati Lorenzo Lentini e dello Stato Angelo Venturini;
Rilevato che il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Sez. I, con la sentenza 29 aprile 2015, n. 2428 ha respinto il ricorso proposto dall’attuale appellante per l’annullamento dell’esclusione del r.t.p. dalla procedura indetta ed esperita da Arcadis – Agenzia Regionale Campana Difesa del Suolo per l’affidamento del servizio di direzione lavori, assistenza al collaudo e altre prestazioni connesse riguardanti la realizzazione dell’opera inerente all’intervento denominato “lotto funzionale 1, Comuni di Sessa Aurunca, Francolise, Cellole, Carinola del grande progetto per la bandiera blu del litorale Domizio”;
Rilevato che il TAR ha fondato la sua decisione stabilendo, sinteticamente, che:
che il provvedimento di esclusione è motivato con la carenza, da parte di una delle mandanti, dei requisiti generali di cui all’articolo 38, comma 1, lettera a) del decreto legislativo 163 del 2006, in quanto la società TEI, mandante del raggruppamento provvisoriamente aggiudicatario, dopo aver presentato la domanda di partecipazione alla gara, a causa di una crisi d’impresa, ha presentato istanza al tribunale di Milano per l’ammissione al concordato preventivo, riservandosi di depositare, ai sensi dell’articolo 161, comma 6, della legge fallimentare, il piano concordatario con continuità aziendale di cui all’articolo 186 bis della legge fallimentare;
considerato che, con il provvedimento impugnato, la stazione appaltante ha ritenuto che l’ammissione a tale concordato preventivo non consentisse la partecipazione alle gare che è permessa, in via eccezionale, solo alle imprese che siano state ammesse al concordato preventivo in attuazione dell’articolo 186 bis della legge fallimentare, il cosiddetto “concordato preventivo con continuità aziendale”;
considerato che, in senso contrario, la ricorrente aveva dedotto che anche il concordato “in bianco”, previsto dal comma 6 dell’articolo 161 avrebbe consentito la partecipazione alle gare pubbliche, trattandosi di una fase preliminare suscettibile di evolvere tanto in un concordato di tipo liquidatorio quanto in una procedura di concordato con continuità aziendale; infatti il tribunale di Milano ha autorizzato la società interessata a partecipare a tutte le procedure di gara per le quali è stata chiesta autorizzazione ex articolo 186 bis, comma 4 della legge fallimentare ed ha anche autorizzato il prolungamento del contratto con una società pubblica, alla luce della palese convenienza della procedura;
ritenuta la condivisione da parte del T.A.R. dell’orientamento giurisprudenziale del Consiglio di Stato (sez. IV, 5 marzo 2015, n. 1091) secondo cui, ai sensi dell'art. 38, d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163, come modificato dal d.lgs. 22 giugno 2012 n. 83, è vietata la partecipazione alle gare pubbliche a tutti i soggetti che si trovino in stato di fallimento, di liquidazione coatta amministrativa, di concordato preventivo, con l'eccezione per il c.d. "concordato in continuità aziendale" di cui all'art. 186-bis, legge fallimentare, approvata con r.d. 16 marzo 1942 n. 267, introdotto con l'art. 33, d.l. 22 giugno 2012 n. 83, convertito in l. 7 agosto 2012 n. 134, che ricorre quando nel piano di concordato ex art. 161 comma 2 lett. e), citata l.f., sia espressamente prevista la prosecuzione dell'attività di impresa da parte del debitore, così come espresso anche dalla Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici con determinazione n. 3 del 23/4/2014, laddove essa ha escluso che il cosiddetto “concordato in bianco” consenta la partecipazione alle gare pubbliche, mancando l’elemento fondamentale della presentazione di un piano di continuità aziendale;
ritenuto, infatti, che il cosiddetto “concordato in bianco” lasci aperte entrambe le possibilità, tanto la liquidazione della società, quanto la continuazione dell’attività imprenditoriale;
rilevato che, nella fattispecie, il Tribunale di Milano non aveva autorizzato la società, per la quale era ancora in corso la procedura di ammissione al concordato preventivo, a partecipare alla gara controversa, al momento della verifica, da parte della stazione appaltante, del possesso dei requisiti da parte del raggruppamento provvisoriamente aggiudicatario dell’appalto;
considerato che la suddetta autorizzazione è stata rilasciata solo in data 19 marzo 2015, mentre l’ammissione alla procedura di concordato preventivo in continuità aziendale è stata pronunciata con decreto del Tribunale di Milano, II sezione civile, in data 5 febbraio 2015, date entrambe successive all’adozione del provvedimento impugnato;
ritenuto che gli atti sopravvenuti non possano incidere sulla valutazione di legittimità del provvedimento impugnato, non essendo rilevante, al fine dell’aggiudicazione di un appalto, l’acquisizione di un requisito di partecipazione alla procedura selettiva dopo che l’esclusione sia stata determinata, a ciò ostando le regole della par condicio proprie di ogni procedura selettiva, dato che nelle gare pubbliche i requisiti di partecipazione devono persistere per tutta la durata della selezione fino all’aggiudicazione definitiva, per cui qualora una causa di esclusione, sia sopravvenuta e sia stata rilevata nella fase di controllo del possesso dei requisiti, non è consentita l’ottenimento di una sanatoria “ora per allora”, perché tale modo di operare impedirebbe a tempo indeterminato la definizione della procedura, essendo astrattamente possibile per qualsiasi concorrente acquisire successivamente un requisito di cui era risultato carente nel corso del procedimento;
ritenuto, quindi, di dover respingere l’impugnazione, per l’infondatezza delle censure dedotte e di dover contestualmente rigettare la connessa domanda risarcitoria;
Visto l’appello in Consiglio di Stato proposto dalla Idi S.r.l. in qualità di capogruppo mandataria di r.t.p. con Tei S.r.l. sempre in posizione di mandante;
Rilevato che l'originaria ricorrente Tei S.r.l. risulta essere stata ammessa alla procedura di concordato preventivo, con conseguente venir meno del requisito generale di cui all'art. 38, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 163-2006, che sancisce l'esclusione dalle gare d'appalto degli imprenditori in stato di fallimento o sottoposti ad altra procedura concorsuale presupponente uno stato d'insolvenza (quale il concordato preventivo), per l'ovvia esigenza di garantire l'affidabilità economica dell'esecutore contrattuale dell'Amministrazione;
Rilevato, infatti, che l’art. 38, comma 1, lett. a) del d. lgs. n. 163-2006 stabilisce l’esclusione dalle procedure di gara dei concorrenti che “si trovano in stato di fallimento, di liquidazione coatta, di concordato preventivo, salvo il caso di cui all'articolo 186-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, o nei cui riguardi sia in corso un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni”;
Rilevato, pertanto, che sussistono le condizioni per applicare il predetto art. 38, comma 1, lett. a) del d. lgs. n. 163-2006 che fa riferimento anche alle procedure in corso e che riguarda anche (a mente della ratio della norma) le ipotesi di “attività prodromica alla stipulazione e successiva omologazione di un ricorso per concordato preventivo”, atteso l’evidente intento normativo di tale disposizione di escludere le imprese che non siano più in condizione, visto il loro stato di crisi conclamato (ammesso nella specie in atto pubblico), di presentarsi come contraenti affidabili con la Pubblica Amministrazione;
Rilevato che, secondo la giurisprudenza amministrativa nazionale (cfr., da ultimo, Consiglio di Stato, sez. IV, 3 luglio 2014, n. 3344), l'art. 38 d.lgs. n. 163-2006 (come modificato dal D.L. n. 83-2012) vieta la partecipazione alle gare pubbliche a tutti i soggetti che si trovino in stato di fallimento, di liquidazione coatta amministrativa, di concordato preventivo con l'unica espressa eccezione del c.d. "concordato in continuità aziendale" di cui all'art. 186-bis R.D. Legge Fallimentare n. 267-1942 (introdotto con l'art. 33 D.L. 22 giugno 2012, n. 83 e conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134) che ricorre quando nel piano di concordato ex art. 161, comma 2, lett. e), Legge Fallimentare sia espressamente prevista la prosecuzione dell'attività di impresa da parte del debitore, ovvero la cessione dell'azienda in esercizio o ancora il conferimento dell'azienda in esercizio in una o più società anche di nuova costituzione;
Rilevato che la norma consente la partecipazione alle procedure di affidamento di contratti pubblici non solo alle imprese che sono già state ammesse al concordato "con continuità aziendale" e hanno già ottenuto il decreto di ammissione, ma anche a quelle che abbiano presentato domanda di ammissione al concordato preventivo previa autorizzazione del Tribunale;
Rilevato, inoltre, che nelle more, tra il deposito della domanda e l'ammissione del concordato l'impresa che abbia fatto domanda di concordato preventivo "con continuità aziendale" conserva dunque la facoltà di partecipare alle gare di affidamento dei pubblici contratti (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 27 dicembre 2013, n. 6272);
Rilevato, infatti, che il concordato "con continuità aziendale" o "di risanamento", sul piano teleologico e sistematico, essendo diretto al ritorno in bonis dell'impresa, è dunque una fattispecie ontologicamente differente dal concordato c.d. "liquidatorio" le cui finalità sono limitate esclusivamente alla maggior soddisfazione possibile dei creditori;
Rilevato, quindi che la norma consente la partecipazione alle procedure di affidamento di contratti pubblici non solo alle imprese che sono già state ammesse al concordato "con continuità aziendale" e hanno già ottenuto il decreto di ammissione, ma anche a quelle che abbiano presentato domanda di ammissione al concordato preventivo previa autorizzazione del Tribunale, ma soltanto con riferimento alla citata ipotesi di "concordato in continuità aziendale";
Rilevato che, nel caso di specie, non ricorre un’ipotesi di "concordato in continuità aziendale", bensì di cd. “concordato in bianco”, vale a dire di un concordato preventivo con riserva ai sensi dell'articolo 161, comma 6, R.D. n. 267-1942;
Ritenuto che l'apertura di tale procedura concorsuale, come ha chiarito la giurisprudenza nazionale (cfr. Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 15 aprile 2010 n. 2155), sarebbe di per sé una condotta "che ben può ritenersi confessoria della consapevolezza del proprio stato di dissesto";
Rilevato, infatti, che detta procedura concorsuale consente all'imprenditore in stato di dissesto "di congelare" temporaneamente (da 30 a 120 giorni) le istanze fallimentari avanzate dai creditori e al fine di rinviare all'esito di una rinegoziazione con la massa dei creditori, la scelta tra la presentazione di un piano di concordato ex articolo 161 L.F. ovvero di un accordo di ristrutturazione aziendale ex articolo 182-bis L.F.;
Ritenuto, pertanto, che tale domanda avrebbe ex se determinato un'incapacità a contrattare con la Pubblica Amministrazione per la pendenza del procedimento finalizzato alla declaratoria di fallimento, di liquidazione coatta, di concordato preventivo;
Ritenuto, in specifico, che con riferimento al problema di quando possa dirsi "in corso" una procedura concorsuale, si è ritenuto che non sia sufficiente una mera istanza creditoria (la quale potrebbe essere proposta strumentalmente o comunque infondatamente), occorrendo quanto meno un pronunciamento istruttorio del giudice che accerti oggettivamente lo stato di insolvenza dell'impresa (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 8 giugno 1999, n. 516); l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha, tuttavia, affermato, nella predetta sentenza 15 aprile 2010, n. 2155, che nell'ipotesi di concordato preventivo le evidenziate preoccupazioni possano dirsi superate se è lo stesso imprenditore a chiedere l'ammissione alla procedura concorsuale, con una condotta che ben può ritenersi confessoria della consapevolezza del proprio stato di dissesto;
Rilevato che la predetta questione, così come impostata sulla base delle indicate coordinate giurisprudenziali, è rilevante nel giudizio in esame, poiché la Tei S.r.l. giammai poteva divenire aggiudicataria della gara, con conseguente carenza d'interesse ad impugnare il provvedimento di aggiudicazione alla controinteressata, dovendo essere esclusa dalla gara de qua;
Rilevato che il Collegio dubita, tuttavia, che la disciplina nazionale indicata, così come interpretata, sia compatibile con la pertinente normativa comunitaria;
Rilevato, in particolare, che secondo l’art. 45, comma 2, lett. a) e b) della Direttiva 2004/18/CE del 31 marzo 2004 relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, applicabile rationetemporis, “Può essere escluso dalla partecipazione all'appalto ogni operatore economico: a) che si trovi in stato di fallimento, di liquidazione, di cessazione d'attività, di amministrazione controllata o di concordato preventivo o in ogni altra analoga situazione risultante da una procedura della stessa natura prevista da leggi e regolamenti nazionali; b) a carico del quale sia in corso un procedimento per la dichiarazione di fallimento, di amministrazione controllata, di liquidazione, di concordato preventivo oppure ogni altro procedimento della stessa natura previsto da leggi e regolamenti nazionali;
Ritenuto, in particolare, di dover chiedere alla Corte di Giustizia se sia compatibile con la predetta normativa, considerare “procedimento in corso” la mera istanza di concordato preventivo da parte del debitore, come accade nel caso di specie, così come statuito dalla predetta sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 15 aprile 2010, n. 2155;
Ritenuto, inoltre, di dover chiedere alla Corte di Giustizia se sia compatibile con la predetta normativa, considerare la confessione del debitore di trovarsi in stato di insolvenza e di volere presentare istanza di concordato preventivo “in bianco” (le cui caratteristiche sono state sopra precisate), così come ha fatto la Tei S.r.l. nel caso di specie quale causa di esclusione dalla procedura d’appalto pubblico, interpretando così estensivamente il concetto di “procedimento in corso” sancito dalla normativa comunitaria (art. 45 Direttiva) e nazionale (art. 38 d.lgs. n. 163-2006) citate, interpretazione giustificata dalla medesima ratio di non consentire la partecipazione alla gara d’appalto da parte delle imprese che hanno confessato inequivocamente il loro conclamato stato di insolvenza;
Rilevato che la soluzione di tale secondo quesito è essenziale nel giudizio in esame, poiché risulta importante stabilire la data dalla quale la Società Tei avrebbe dovuto essere esclusa dalla procedura d’appalto in esame;
Ritenuto, pertanto, rilevanti le seguenti questioni pregiudiziali dinnanzi alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ai sensi dell’art. 267 del Trattato CE e in relazione all'art. 23 dello Statuto della Corte di Giustizia, dell'art. 3 della l. 13 marzo 1958, n. 204, della Nota informativa riguardante le domande di pronuncia pregiudiziale da parte delle giurisdizioni nazionali, diramata dalla Corte di Giustizia e pubblicata sulla G.U.C.E. del 28 maggio 2011:
- “se sia compatibile con l’art. 45, comma 2, lett. a) e b) della Direttiva 2004/18/CE del 31 marzo 2004, considerare “procedimento in corso” la mera istanza, presentata all’Organo giudiziario competente, di concordato preventivo da parte del debitore”;
- “se sia compatibile con la predetta normativa, considerare la confessione del debitore di trovarsi in stato di insolvenza e di volere presentare istanza di concordato preventivo “in bianco” (le cui caratteristiche sono state sopra precisate) quale causa di esclusione dalla procedura d’appalto pubblico, interpretando così estensivamente il concetto di “procedimento in corso” sancito dalla normativa comunitaria (art. 45 Direttiva) e nazionale (art. 38 d.lgs. n. 163-2006) citate”;
Ritenuto, ai sensi della “nota informativa riguardante la proposizione di domande di pronuncia pregiudiziale da parte dei giudici nazionali” 2011/C 160/01 in G.U.C.E. 28 maggio 2011, che vanno trasmessi alla cancelleria della Corte mediante plico raccomandato in copia gli atti del giudizio, comprensivi: della presente ordinanza, nonché tutte le memorie di parte e gli atti prodotti da parte appellante e dalla Arcadis – Agenzia Regionale Campana Difesa del Suolo;
Ritenuto, quindi, di dover disporre la sospensione del presente giudizio in attesa della decisione della Corte di Giustizia, cui l’affare deve essere rimesso, restando impregiudicata ogni altra questione, anche sulle spese;
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), rimette alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea le questioni pregiudiziali indicate in motivazione e, riservata ogni altra decisione, anche sulle spese, sospende il giudizio.
Dispone che il presente provvedimento, unitamente a copia degli atti di giudizio indicati in motivazione, sia trasmesso, a cura della Segreteria della Sezione, alla Cancelleria della Corte di Giustizia dell’Unione Europea.
Guida alla lettura
Con la pronuncia in rassegna il Consiglio di Stato ha rimesso alla Corte di Giustizia Europea due questioni pregiudiziali riguardanti l’esclusione da una gara per procedimento concorsuale in corso. La Quinta Sezione si è posta tale quesito poiché con riferimento al problema di quando possa dirsi “in corso” una procedura concorsuale, si è ritenuto che non sia sufficiente una mera istanza creditoria, occorrendo quanto meno un pronunciamento del giudice che accerti oggettivamente lo stato di insolvenza dell’impresa. In altre pronunce, invece, i Giudici di Palazzo Spada avevano affermato che nelle ipotesi di concordato preventivo le evidenziate preoccupazioni potevano dirsi superate se è lo stesso imprenditore a chiedere l’ammissione alla procedura concorsuale, con una condotta che può ritenersi confessoria della consapevolezza del proprio stato di dissesto. La Sezione ha però dubitato che tale interpretazione sia compatibile con la pertinente normativa comunitaria. Per questo motivo ha deciso di rimettere alla Corte di giustizia UE due questioni pregiudiziali: a) se sia compatibile con la Direttiva 2004/18/CE considerare “procedimento concorsuale in corso” la mera istanza, presentata all’Organo giudiziario competente, di concordato preventivo da parte del debitore; b) se sia compatibile con la predetta normativa, considerare la confessione del debitore di trovarsi in stato di insolvenza e di volere presentare istanza di concordato preventivo, quale causa di esclusione dalla procedura d’appalto pubblico, interpretando così estensivamente il concetto di “procedimento in corso”.
La norma che viene in rilievo nel caso di specie è l’art. 38, comma 1, lett. a) del D.Lgs. n. 163/2006 (come modificato dal d.l. n. 83/2012) che vieta la partecipazione alle gare pubbliche a tutti i soggetti che si trovino in stato di fallimento, di liquidazione coatta amministrativa, di concordato preventivo, con l’unica eccezione del c.d. “concordato in continuità aziendale” (art. 186 bis L.F.), o nei cui riguardi sia in corso un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni.
Con particolare riferimento al problema di quando possa dirsi “in corso” una procedura concorsuale, il Consiglio di Stato ha chiarito in passato (sent. n. 2155/2010) che non può ritenersi sufficiente una mera istanza creditoria (la quale potrebbe essere proposta strumentalmente o comunque infondatamente), essendo necessario un pronunciamento istruttorio del giudice che accerti oggettivamente lo stato di insolvenza dell’impresa.
Tale condizione sarebbe soddisfatta anche in presenza di una domanda di ammissione dell’imprenditore alla procedura di concordato preventivo, in quanto qualificabile come dichiarazione confessoria del proprio stato di insolvenza.
Tuttavia, nella sentenza della Plenaria, citata dal Consiglio di Stato nella ordinanza in commento, tali conclusioni venivano riferite all’istanza di concordato preventivo e non anche all’ipotesi del concordato “in bianco” o preventivo con riserva, come invece sembrano ritenere i giudici amministrativi nel caso di specie.
Ed infatti sia i giudici di Palazzo Spada che in precedenza il Tar Napoli hanno, in sostanza, esteso le riflessioni della giurisprudenza amministrativa anche alla diversa ipotesi di concordato “in bianco”, qualificando la relativa domanda di ammissione come confessione del debitore, facendola così rientrare nel concetto di procedimento in corso.
Secondo i giudici rimettenti, la disciplina nazionale appena analizzata, così come interpretata dalla giurisprudenza amministrativa nazionale, non sarebbe del tutto in linea con la pertinente normativa europea.
Il riferimento è all’art. 45, comma 2, lett. a) e b) della Direttiva 2004/18/CE in base al quale “Può essere escluso dalla partecipazione all’appalto ogni operatore economico: a) che si trovi in stato di fallimento, di liquidazione, di cessazione d’attività, di amministrazione controllata o di concordato preventivo o in ogni altra analoga situazione risultante da una procedura della stessa natura prevista da leggi e regolamenti nazionali; b) a carico del quale sia in corso un procedimento per la dichiarazione di fallimento, di amministrazione controllata, di liquidazione, di concordato preventivo oppure ogni altro procedimento della stessa natura previsto da leggi e regolamenti nazionali”.
Il dubbio di compatibilità si pone in rimo luogo fra la possibilità di far rientrare nel concetto di “procedimento in corso”, rilevante ai sensi della Direttiva, anche la mera istanza di concordato preventivo del debitore da equiparare a tal fine ad una confessione del debitore del suo stato di insolvenza.
E, ancora, se tale concetto, così inteso, possa essere ulteriormente esteso fino al punto di ricomprendervi anche l’istanza di concordato in “bianco”, non univocamente finalizzata quest’ultima a dichiarare uno stato di insolvenza impeditivo alla prosecuzione dell’attività e quindi alla partecipazione alla gara di appalto.