TAR Piemonte, Torino, Sez. Seconda, sent. 7 dicembre 2017, n. 1322
Nelle pubbliche gare l'aggiudicazione provvisoria determina una scelta non ancora definitiva del soggetto affidatario che non vale ad ingenerare un affidamento tutelabile e/o obblighi risarcitori se non vi siano illegittimità nell'operato della stazione appaltante (1).
Alla revoca dell'aggiudicazione provvisoria, che è atto provvisorio ad effetti instabili non qualificabile come esercizio del potere di autotutela, non si applica la disciplina degli artt. 7, 21 quinquies e 21 nonies della L. n. 241/1990 (2).
La revoca del bando e dei suoi atti successivi rientra nel potere discrezionale dell'amministrazione laddove sussistano concreti motivi di interesse pubblico tali da rendere inopportuna o anche solo sconsigliare la prosecuzione della gara (3) .
Il concorrente deve possedere la regolarità contributiva, risultante dalle certificazioni degli istituti previdenziali, per tutta la durata della procedura di aggiudicazione e del rapporto con la stazione appaltante, non rilevando eventuali regolarizzazioni in corso di gara (4).
Il divieto di modificazione dell'ATI nella fase tra la presentazione delle offerte e l'aggiudicazione non impedisce il recesso di una o più imprese a condizione che quelle che restano a farne parte risultino titolari da sole dei requisiti di partecipazione e di qualificazione e che la modifica sia dovuta ad esigenze di riorganizzazione del raggruppamento e non già al difetto, in capo ai soggetti recedenti, dei requisiti di partecipazione.
(1) conformi: TAR Milano, 18 aprile 2017, n. 900; Cons. Stato, V, 21 aprile 2016 n. 1600; TAR Lazio, Roma, III quater, 3 gennaio 2018, n. 14.
(2) conformi: Cons. Stato, V, 21 dicembre 2017, n. 6002; Cons. Stato, V, 31 agosto 2016, n. 3746, 19 agosto 2016, n. 3646, IV, 12 gennaio 2016, n. 67; 6 marzo 2015, n. 1142; III, 5 ottobre 2016 n. 4107 e 18 giugno 2013, n. 3328.
(3) conforme: Cons. Stato, III, 21 aprile 2016, n. 1599;29 luglio 2015, n. 3748; TAR Milano, III, 18 luglio 2013, n. 1913; TAR Sicilia, Palermo, I, 8 aprile 2008, n. 456; difforme: Cons. Stato, V, 31 agosto 2015, n. 4042;
(4) conforme: Cons. Stato, Ad. Plen. 29 febbraio 2016, nn. 5 e 6; III, 29 aprile 2016, n. 1650;
(5) conforme: Cons. Stato, V, 28 agosto 2017, n. 4086; 20 gennaio 2015, n. 169.
Guida alla lettura
La pronuncia in commento ha ad oggetto la revoca dell'aggiudicazione provvisoria di una concessione di costruzione e gestione motivata da sopravvenuti dubbi circa la solidità economica del raggruppamento aggiudicatario in conseguenza di un pignoramento presso terzi a carico di una delle mandanti di rilevante valore economico notificato alla Stazione appaltante nelle more dell'aggiudicazione definitiva, nonché dall'assenza del requisito di regolarità contributiva per due delle tre imprese mandanti.
La Società ricorrente ha contestato la mancata comunicazione di avvio del procedimento di revoca, il mancato accertamento dei caratteri di gravità e definitività delle irregolarità contributive, la circostanza che la Stazione appaltante non avesse consentito la prosecuzione della gara in una diversa composizione dell'ATI, escludendo le due imprese prive del requisito di regolarità contributiva e, infine, la valutazione compiuta in ordine all'assenza del requisito di capacità economico-finanziaria del raggruppamento in relazione al pignoramento.
L'Ente appaltante, costituitosi in giudizio, ha resistito al gravame.
L’adito Giudice ha respinto l'impugnativa premettendo, a livello di principio, che l'aggiudicazione provvisoria ha natura di atto endoprocedimentale comportante una scelta non ancora definitiva del soggetto aggiudicatario, che non ingenera, come tale, alcun affidamento tutelabile e obbligo risarcitorio, qualora non sussistano illegittimità nell'operato della p.a..
In altri termini la revoca dell'aggiudicazione provvisoria non costituisce atto di autotutela e non soggiace alla relativa disciplina di cui agli artt. 21 quinquies e 21 nonies della L. n. 241/1990, né agli obblighi di comunicazione di avvio del procedimento (obbligo peraltro efficacemente assolto nella fattispecie).
In conformità all'orientamento giurisprudenziale prevalente il TAR ha evidenziato che l'impresa deve possedere la regolarità contributiva, esclusivamente risultante dalle certificazioni degli istituti di previdenza senza possibilità di apprezzamento da parte della Stazione appaltante sulla gravità in concreto o sulla definitività dell'inadempimento contributivo, per tutta la durata della procedura, restando irrilevanti successive regolarizzazioni in corso di gara.
Quanto alle modifiche della composizione dell'ATI in corso di gara, il Giudice ha ribadito, anche qui in linea con una consolidata giurisprudenza, che il recesso di un'impresa dell'ATI consente la prosecuzione della gara alle rimanenti raggruppate a condizione che ciò avvenga per esigenze organizzative e non per evitare una sanzione di esclusione dalla gara per difetto di requisiti.
Infine, in relazione alle valutazioni sulla solidità economico-finanziaria dell'ATI, il Giudice ha ritenuto legittima la condotta prudenziale dell'Ente appaltante alla luce dei dubbi indotti dal contegno della stessa interessata e aggravati dalla ponderosità dell'impegno finanziario che il privato avrebbe dovuto accollarsi in base alla lex specialis.
Sotto il profilo risarcitorio, respinta la domanda ex art. 30 c.p.a., stante la mancanza di fatto ingiusto imputabile alla stazione appaltante, il Giudice ha disatteso altresì la domanda di ristoro ex artt. 1223 e 1337 c.c. dell'interesse negativo (spese di gara e danni da perdita di altre favorevoli occasioni contrattuali) posto che i ritardi nella definizione della procedura non erano imputabili alla stazione appaltante ma, in modo consistente, alle plurime richieste di modifica delle condizioni contrattuali richieste dall'ATI ricorrente.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 693 del 2017, proposto da:
COOPERATIVA SOCIALE DELLA PALLACORDA S.C. A R.L., in persona del legale rappresentante p.t., in proprio e in qualità di mandataria dell’Associazione Temporanea di Imprese costituenda con le società Croce di Malto s.r.l., Forgest s.a.s. di Fortina Alberto & C. e C.G.M. Group s.r.l.; e TERREDELTICINO S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentate e difese dall'avvocato Stefano Bottacchi, con domicilio eletto presso il suo studio in Milano, via Luigi Illica n. 5;
contro
ENTE DI GESTIONE DELLE AREE PROTETTE DEL TICINO E DEL LAGO MAGGIORE, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Chiara Candiollo, con domicilio eletto presso gli uffici dell’Avvocatura regionale in Torino, c.so Regina Margherita, 174;
per l'annullamento
- della Determinazione Dirigenziale n. 139 del 26 aprile 2017, pubblicata per 15 giorni consecutivi sull'Albo pretorio telematico dell'Ente a partire dal 25 maggio 2017 e comunicata alla ricorrente Cooperativa Sociale della Pallacorda il 6 giugno 2017, di revoca dell'aggiudicazione provvisoria della concessione di lavori pubblici e gestione per scopi turistici e ricettivi e per attività agricole relative all'Area Casone Montelame, disposta con determinazione dirigenziale n. 258 del 31 dicembre 2011 in seguito a procedura negoziata ai sensi dell'art. 57 del Decreto legislativo n. 163 del 2006 e s.m.i., approvata ai sensi dell'art. 12, primo comma, del medesimo Decreto;
- della nota prot. 2855 in data 4 luglio 2017 a firma del Direttore dell'Ente di Gestione delle Aree Protette del Ticino e del Lago Maggiore, confermativa del provvedimento di revoca dell'aggiudicazione;
- di ogni altro atto a essi preliminare, presupposto, consequenziale o altrimenti connesso;
- nonché per l'accertamento del diritto della ricorrente all'aggiudicazione definitiva e alla stipulazione dell'atto di concessione ai sensi dell'art. 11, commi quinto e seguenti, del Decreto legislativo n. 163 del 2006 e della violazione del conseguente obbligo di provvedere da parte dell'Ente di Gestione delle Aree Protette del Ticino e del Lago Maggiore;
- e per la condanna ai sensi dell'art. 31 c.p.a. del medesimo Ente all'emissione del provvedimento di aggiudicazione definitiva e alla stipulazione della concessione;
- in via subordinata, per la condanna ai sensi dell'art. 30 c.p.a. dell'Ente di Gestione delle Aree Protette del Ticino e del Lago Maggiore al risarcimento dei danni derivati dall'adozione del provvedimento impugnato;
- in via di ulteriore subordine, per l'accertamento e la declaratoria di illegittimità del comportamento tenuto dal medesimo Ente di Gestione delle Aree Protette del Ticino e del Lago Maggiore successivamente all'adozione del provvedimento di aggiudicazione provvisoria della concessione di lavori pubblici e gestione per scopi turistici e ricettivi e per attività agricole relative all'Area Casone Montelame, disposta con determinazione dirigenziale n. 258 del 31 dicembre 2011 e della conseguente responsabilità precontrattuale del medesimo Ente;
- e per la conseguente condanna dell'Ente di Gestione delle Aree Protette del Ticino e del Lago Maggiore al risarcimento dei danni ai sensi degli artt. 1223 e 1337 cod. civ.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Ente di Gestione delle Aree Protette del Ticino e del Lago Maggiore;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 novembre 2017 il dott. Ariberto Sabino Limongelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con deliberazione di giunta n. 47 del 7 giugno 2011, l’Ente di gestione del Parco Naturale della Valle del Ticino bandiva una procedura negoziata ai sensi dell’art. 57 secondo comma lett. a) e c) del D. Lgs. n. 163 del 2006, per l’affidamento della “concessione di lavori pubblici e gestione a scopi turistici e ricettivi e per attività agricole dell’Area Casone Montelame”, da aggiudicarsi secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
La concessione aveva ad oggetto, in particolare, la “progettazione definitiva, esecutiva, costruzione e gestione relativa all’area Casone Montelame per scopi turistico ricettivi e per attività agricole come da progetto preliminare presentato dal promotore, modificato sulla base delle determinazioni dell’Ente”.
Il costo complessivo dell’opera era stimato in € 3.291.963,44, dei quali € 2.003.900,00 costituenti l’importo a base di appalto ed € 930.913,79 per somme a disposizione, oltre oneri fiscali per € 357.149,66.
1.1. Alla scadenza del termine per la presentazione delle offerte, perveniva un’unica offerta: quella presentata dalla costituenda ATI tra la Cooperativa Sociale della Pallacorda (capogruppo mandataria), e le imprese mandanti Croce di Malto, Forgest s.a.s. e C.G.M. Group s.p.a.
1.2. All’esito delle operazioni di valutazione da parte della commissione esaminatrice, la stazione appaltante adottava la determinazione dirigenziale n. 258 del 30 dicembre 2011 con la quale disponeva l’aggiudicazione provvisoria della garain favore dell’unica concorrente.
1.3. Va osservato che la copertura finanziaria del progetto era costituita, in parte da un finanziamento pubblico di € 2.200.000,00 concesso dalla Regione Piemonte e in parte da un finanziamento privato di € 1.194.000,00 a carico della concorrente aggiudicataria. Peraltro, dal momento che alla data di avvio della procedura negoziata la stazione appaltante aveva ricevuto dalla Regione, a titolo di finanziamento pubblico, la minor somma di € 1.400.000,00 senza alcuna certezza di ricevere il residuo, nella lettera di invito era stata inserita una clausola per consentire all’amministrazione di ridurre fino al 20% l’erogazione del contributo, con conseguente riduzione delle opere da realizzare. Per questo motivo, all’atto di disporre l’aggiudicazione provvisoria, la stazione appaltante subordinava l’adozione dell’atto di aggiudicazione definitiva, tra l’altro, alla definizione di un accordo preventivo con l’ATI aggiudicataria in merito alle modifiche da apportare al progetto in relazione alla riduzione del contributo pubblico.
2. Successivamente, tuttavia, la gara non perveniva all’aggiudicazione definitiva.
Infatti, dopo aver concordato con l’ATI aggiudicataria una riduzione del contributo pubblico di € 300.000,00 (da € 2.200.000 ad € 1.900.000), restando invece invariato il finanziamento privato a carico dell’aggiudicataria, la stazione appaltante incorreva - per sua stessa ammissione – in un periodo di difficoltà finanziaria che la induceva, tra il 2012 e il 2014, ad utilizzare il finanziamento regionale già concesso per la realizzazione del progetto, per pagare gli stipendi del proprio personale e far fronte alle altre spese di gestione.
3. Successivamente, avendo la Regione finalmente erogato tutti i finanziamenti occorrenti al pagamento degli stipendi del personale dell’Ente Parco, la stazione appaltante comunicava all’aggiudicataria che nulla ostava all’aggiudicazione definitiva; e quindi, con nota del 19 maggio 2016, richiedeva alla Società Terredelticino – società di progetto costituita, su invito dell’Ente Parco, tra le società partecipanti all’ATI aggiudicataria ai fini del subentro nel rapporto concessorio – di voler confermare il proprio interesse alla definizione della procedura di gara.
La società Terredelticino, con nota del 25 luglio 2016, confermava l’interesse alla definizione della procedura, pur proponendo alcune modifiche allo schema di concessione già approvato, che l’Ente Parco si riservava di valutare.
4. A questo punto della procedura, tuttavia, intervenivano due eventi che inducevano la stazione appaltante – all’esito di specifica istruttoria – a revocare l’aggiudicazione provvisoria; in particolare:
1) l’11 ottobre 2016 l’Ente Parco riceveva la notifica, quale terzo pignorato, di un atto di pignoramento presso terzi da parte dell’impresa Brauhaus Engel s.a.s. fino alla concorrenza della somma di € 650.000,00 relativa ad un debito della società Terredelticino; la stazione appaltante chiedeva a Terredelticino di voler chiarire, alla luce di tale sopravvenienza, se la situazione economica del raggruppamento aggiudicatario fosse tale da garantire la sostenibilità del piano economico-finanziario presentato in sede di gara; la società interessata presentava i chiarimenti richiesti a mezzo del proprio legale, in termini, tuttavia, che la stazione appaltante valutava generici ed evasivi;
2) inoltre, a seguito di alcune verifiche effettuate tra il dicembre 2016 e il gennaio 2017, la stazione appaltante accertava che due (delle tre) imprese mandanti dell’ATI aggiudicataria, Forgest s.a.s. e CGM Group s.r.l., non erano in possesso di un DURC regolare: Forgest per debiti verso INPS e INAIL; CGM Group s.r.l. per debiti verso l’INAIL.
5. Sulla scorta di tali sopravvenienze, l’Ente Parco, previo avvio del procedimento, adottava la determinazione dirigenziale n. 139 del 26 aprile 2017 con la quale disponeva la revoca dell’aggiudicazione provvisoria, sul rilievo:
- dell’esistenza di fondati dubbi circa la solidità economica del raggruppamento aggiudicatario;
- dell’assenza del requisito di partecipazione costituito dalla regolarità contributiva previsto dalla legge e dalla giurisprudenza, richiamando in proposito le sentenze dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 25 maggio 2016 n. 10 e 29 febbraio 2016 n. 5, e la delibera ANAC n. 915 del 31 agosto 2016.
Il provvedimento era comunicato all’interessata con nota del 31 maggio 2017, mentre con successivo provvedimento del 4 luglio 2017 la stazione appaltante respingeva l’istanza dell’interessata di annullamento in autotutela.
6. Entrambi i provvedimenti da ultimo citati erano impugnati dalla Cooperativa Sociale della Pallacorda e da Terredelticino s.r.l. con ricorso notificato il 5-10 luglio 2017 e depositato il 17 luglio successivo, sulla base di plurime censure di violazione di legge e di eccesso di potere, formulando conclusivamente domande: a) di annullamento degli atti impugnati, previa sospensione cautelare; b) di condanna della stazione appaltante a concludere la procedura di gara con l’aggiudicazione definitiva e la stipula della concessione; c) in subordine, di condanna al risarcimento del danno; d) in via ancora più gradata, di condanna al risarcimento del danno da violazione del dovere di buona fede precontrattuale ex artt. 1223 e 1337 c.c.
7. Nella fase cautelare, l’amministrazione intimata non si costituiva in giudizio.
8. Con ordinanza n. 326/2017 del 27 luglio 2017 la Sezione, ritenendo la sussistenza di profili di fondatezza del ricorso “in assenza di costituzione dell’ente intimato”, accoglieva la domanda cautelare ai sensi dell’art. 55 comma 10 c.p.a., fissando l’udienza pubblica di discussione per il 21 novembre 2017 e disponendo nel contempo incombenti istruttori a carico dell’Ente Parco.
9. L’Ente Parco si costituiva data 7 agosto 2017, depositando documentazione e relazione sui fatti di causa del responsabile del procedimento, resistendo al gravame con difese di stile, successivamente integrate da articolata memoria difensiva.
10. In prossimità dell’udienza di merito, entrambe le parti costituite depositavano memorie conclusive e di replica.
11. All’udienza pubblica del 21 novembre 2017, la causa era trattenuta per la decisione.
Il collegio osserva quanto segue.
12. In primo luogo, il collegio deve rilevare la tardività della memoria conclusiva depositata dalla difesa di parte ricorrente, in quanto depositata in violazione del termine dimezzato di venti giorni “liberi” prima dell’udienza di discussione previsto dalla normativa processuale, scadente nel caso di specie il 5 novembre 2017 (mentre il deposito è avvenuto il 6 novembre 2017). Per tale motivo, il collegio non potrà tener conto del contenuto di tale scritto difensivo. E’ invece esaminabile la memoria di replica depositata dalla parte ricorrente, sia perché tempestiva, sia perché correttamente formulata in replica alle deduzioni svolte dalla difesa dell’amministrazione nella memoria conclusiva.
13. Nel merito, precisato che la procedura di gara qui in esame soggiace ratione temporis alla disciplina di cui al D. Lgs. n. 163 del 2006, giova premettere che, secondo noti principi:
- nelle gare pubbliche d'appalto, l'aggiudicazione provvisoria è atto endoprocedimentale che determina una scelta non ancora definitiva del soggetto aggiudicatario, con la conseguenza che la possibilità che ad un'aggiudicazione provvisoria non segua quella definitiva è un evento del tutto fisiologico, disciplinato dagli artt. 11 comma 11, 12 e 48 comma 2, D.lgs. n. 163/2006, inidoneo di per sé a ingenerare qualunque affidamento tutelabile ed obbligo risarcitorio, qualora non sussista nessuna illegittimità nell'operato dell'amministrazione, a prescindere dall'inserimento nel bando di apposita clausola che preveda l'eventualità di non dare luogo alla gara o di revocarla;
- la natura giuridica di atto provvisorio ad effetti instabili tipica dell'aggiudicazione provvisoria non consente, quindi, di applicare nei suoi riguardi la disciplina dettata dagli artt. 21 quinquies e 21 nonies della legge n. 241/1990 in tema di revoca e annullamento d'ufficio: la revoca dell'aggiudicazione provvisoria (ovvero, la sua mancata conferma) non è, difatti, qualificabile alla stregua di un esercizio del potere di autotutela, sì da richiedere un raffronto tra l'interesse pubblico e quello privato sacrificato;
- fino a quando non sia intervenuta l'aggiudicazione definitiva rientra, dunque, nel potere discrezionale dell'amministrazione disporre la revoca del bando di gara e degli atti successivi, laddove sussistano concreti motivi di interesse pubblico tali da rendere inopportuna, o anche solo da sconsigliare, la prosecuzione della gara;
- inoltre, la determinazione di non giungere alla naturale conclusione della gara, che sia intervenuta nella fase dell'aggiudicazione provvisoria, non obbliga la stazione appaltante ad alcuna comunicazione di avvio del procedimento, né all'aggiudicatario provvisorio, né a maggior ragione alle ditte escluse dalla gara stessa.
Alla luce di tali principi, vanno esaminati i singoli motivi di ricorso.
14. Con il primo motivo, la ricorrente ha lamentato di non aver mai ricevuto la comunicazione dell’atto datato 9 marzo 2017 di avvio del procedimento di revoca dell’aggiudicazione provvisoria, pur avendone titolo in qualità di mandataria capogruppo del raggruppamento aggiudicatario; in tal modo, le sarebbe stato impedito di fornire i chiarimenti necessari in ordine alla regolarità contributiva delle imprese raggruppate e alla solidità economico-finanziaria dell’ATI.
Il collegio osserva che la censura non può essere condivisa.
14.1. Alla luce dei principi giurisprudenziali sopra esposti, la revoca dell’aggiudicazione provvisoria non impone la comunicazione di avvio del procedimento.
14.2. In ogni caso, l’Ente Parco ha documentato (doc. 25) che la predetta comunicazione è stata inviata all’indirizzo e-mail del presidente e legale rappresentante della cooperativa ricorrente, evidenziando come si tratti dello stesso indirizzo a cui era stata spedita una precedente comunicazione dell’amministrazione, riscontrata dall’avvocato della cooperativa.
14.3. Il bando non prevedeva la necessità della comunicazione via PEC, per cui è stato applicato correttamente l’art. 77 comma primo del D. Lgs n. 163/2006, il quale attribuisce alla stazione appaltante la scelta fra diversi tipi di comunicazione, tra cui quella “per via elettronica”.
La censura appare, in definitiva, formalistica e pretestuosa; e va quindi disattesa.
15. Con il secondo motivo, la ricorrente ha contestato la fondatezza dell’assunto secondo cui le imprese mandanti Forgest s.a.s. e C.G.M. Group s.r.l. sarebbero state prive del requisito della regolarità contributiva; ha prodotto i DURC relativi alle due imprese, rilasciati rispettivamente il 16 maggio 2017 e il 17 marzo 2017; ha osservato che ai fini della revoca dell’aggiudicazione provvisoria non sarebbe sufficiente la mera annotazione negativa contenuta nel DURC, dovendo l’amministrazione accertare la sussistenza dei caratteri di gravità e definitività delle irregolarità.
Anche tale censura non può essere condivisa.
15.1. La stazione appaltante ha documentato che in sede di verifica dei DURC è emerso che nelle date del 5.10.2016, 7.12.2016 e 21.02.2017 le ditte Forgest s.a.s. e CGM Group s.r.l. non risultavano regolari nel versamento dei contributi previdenziali e assicurativi.
15.2. Correttamente, pertanto, è stata disposta la revoca dell’aggiudicazione provvisoria, dal momento che, secondo noti principi, “Nelle gare pubbliche il requisito della regolarità contributiva deve sussistere sin dal momento della presentazione della domanda di ammissione e persistere per tutto lo svolgimento della gara” (Consiglio di Stato sez. V 12 luglio 2017 n. 3438 )
E’ stato anche affermato che “Il coordinamento tra la disciplina sulle gare pubbliche e l' art. 31, comma 8, del d. l. n. 69 del 2013, conv. con modificazioni dalla l. n. 98 del 2013 - secondo il quale "ai fini della verifica per il rilascio del documento unico di regolarità contributiva (DURC), in caso di mancanza dei requisiti per il rilascio di tale documento gli Enti preposti al rilascio, prima dell'emissione del DURC o dell'annullamento del documento già rilasciato, invitano l'interessato, mediante posta elettronica certificata o con lo stesso mezzo per il tramite del consulente del lavoro ovvero degli altri soggetti di cui all'articolo 1 della legge 11 gennaio 1979, n. 12, a regolarizzare la propria posizione entro un termine non superiore a quindici giorni, indicando analiticamente le cause della irregolarità" - è stato risolto da Cons. Stato, Ad. plen., con la sentenza n. 5 del 2016, nel senso che "anche dopo l'entrata in vigore dell'art. 31, comma 8, del decreto legge 21 giugno 2013 n. 69 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia), convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, non sono consentite regolarizzazioni postume della posizione previdenziale, dovendo l'impresa essere in regola con l'assolvimento degli obblighi previdenziali ed assistenziali fin dalla presentazione dell'offerta e conservare tale stato per tutta la durata della procedura di aggiudicazione e del rapporto con la stazione appaltante, restando dunque irrilevante un eventuale adempimento tardivo dell'obbligazione contributiva. L'istituto dell'invito alla regolarizzazione (il c.d. preavviso di DURC negativo), già previsto dall'art. 7, comma 3, del decreto ministeriale 24 ottobre 2007 e ora recepito a livello legislativo dall'art. 31, comma 8, del decreto legge 21 giugno 2013 n. 69, può operare solo nei rapporti tra impresa ed Ente previdenziale, ossia con riferimento al DURC chiesto dall'impresa e non anche al DURC richiesto dalla stazione appaltante per la verifica della veridicità dell'autodichiarazione resa ai sensi dell'art. 38, comma 1, lettera i) ai fini della partecipazione alla gara d'appalto. L'impresa deve essere cioè in regola con i versamenti previdenziali e assistenziali fin dalla presentazione dell'offerta, non rilevando ai fini della regolare partecipazione alla gara un eventuale assolvimento successivo” (Consiglio di Stato sez. VI 27 dicembre 2016 n. 5464).
In sostanza, nelle gare pubbliche la verifica della regolarità contributiva delle imprese concorrenti è demandata agli istituti di previdenza, le cui certificazioni si impongono alle stazioni appaltanti, che non possono sindacarne il contenuto (da ultimo, cfr. Consiglio di Stato sez. III 26 aprile 2017 n. 1927). Il che comporta che nelle gare pubbliche la nozione di "grave violazione contributiva", di cui all'art. 38, d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163, è automatica ogni volta che non venga rilasciato un DURC regolare, il che esclude a priori ogni possibile e utile apprezzamento da parte della stazione appaltante sulla gravità in concreto o sulla definitività dell'inadempimento contributivo dell'operatore economico, trattandosi di profili predefiniti dalla legge e certificati esclusivamente dall'Istituto previdenziale a ciò preposto; inoltre il requisito della regolarità contributiva deve sussistere sin dal momento della presentazione della domanda di partecipazione alla procedura e permanere per tutta la durata della gara, senza alcuna soluzione di continuità, sicché resta irrilevante una successiva regolarizzazione in corso di gara (T.A.R. Torino sez. I 05 giugno 2015 n. 941).
15.3. Nel caso di specie, la stazione appaltante si è attenuta pedissequamente al rispetto di tali principi, richiamandoli espressamente nella motivazione del provvedimento impugnato; sicchè la censura in esame va disattesa.
16. Con il terzo motivo, la ricorrente ha lamentato che la stazione appaltante non abbia consentito all’ATI di proseguire la gara in una diversa composizione, escludendo le due imprese asseritamente prive del requisito di regolarità contributiva, tenuto conto che per un verso le altre due imprese del raggruppamento in possesso del predetto requisito (la stessa ricorrente e la ditta Croce di Malto) erano - e sono - in grado di eseguire autonomamente l’opera e i servizi connessi alla sua gestione (come emergerebbe dalla documentazione allegata all’offerta, doc.3), e che per altro verso non si sarebbe determinata alcuna lesione della par condicio dei concorrenti, essendo il raggruppamento aggiudicatario l’unico partecipante alla gara.
Il collegio osserva che anche tale censura non può essere condivisa.
E’ principio condiviso dal collegio, infatti, quello secondo cui “il divieto di modificazione della compagine delle A.t.i. nella fase procedurale corrente tra la presentazione delle offerte e la definizione della procedura di aggiudicazione, di per sé non impedisce il recesso di una o più imprese partecipanti all'A.t.i. medesima, a condizione che quelle che restano a farne parte risultino titolari, da sole, dei requisiti di partecipazione e di qualificazione e che ciò avvenga per esigenze organizzative proprie dell'A.t.i. o Consorzio, e non invece per eludere la legge di gara e, in particolare, per evitare una sanzione di esclusione dalla gara per difetto dei requisiti in capo al componente dell'A.t.i. venuto meno per effetto dell'operazione riduttiva” (Consiglio di Stato sez. V 28 agosto 2017 n. 4086): come appunto si sarebbe verificato nel caso di specie.
La censura va quindi disattesa.
17. Con il quarto e ultimo motivo, infine, la ricorrente ha contestato il carattere “pretestuoso” della valutazione compiuta dalla stazione appaltante in ordine all’assenza del requisito di capacità economico-finanziaria del raggruppamento ricorrente, argomentando dal pignoramento presso terzi notificato all’Ente Parco da società creditrice della Società Terredelticino. Ha sostenuto di aver fornito alla stazione appaltante adeguati chiarimenti sul punto, in particolare rilevando come il debito fosse stato contratto per l’acquisto di alcuni macchinari per la produzione di birra che sarebbero stati utilizzati dalla mandante Croce di Malto nell’ambito del progetto di gestione; le relative obbligazioni sarebbero state adempiute se la convenzione di concessione fosse stata sottoscritta nei tempi previsti dal bando; in ogni caso, il debito non impatterebbe sul piano economico-finanziario già presentato, essendo una spesa già prevista dal piano stesso; ha precisato, infine, che la procedura esecutiva sarebbe stata già dichiarata estinta dal Tribunale di Novara (doc. 20).
Il collegio osserva che anche quest’ultima censura non può essere condivisa.
17.1. Intanto, va osservato che il documento richiamato da parte ricorrente per attestare l’avvenuta estinzione della procedura esecutiva non sembra fornire elementi probanti, trattandosi di una semplice email con cui il legale domiciliatario dichiara di non essere in possesso di una certificazione, ma di aver verificato informalmente che la procedura non era stata iscritta a ruolo entro i termini di rito.
17.2. In ogni caso, la stazione appaltante ha documentato in giudizio di aver richiesto chiarimenti sul punto alla Società Terredelticino e di aver ricevuto in riscontro una nota del suo legale in data 23.11.2016 (doc. 2) dal contenuto generico ed evasivo, in cui, non solo non si forniva alcuna garanzia circa la solidità economico-finanziaria della società e la sostenibilità del progetto, ma si proponevano modifiche sostanziali al contratto senza fornire alcuna valutazione sulla concreta sostenibilità finanziaria dell’intervento; il tutto nel contesto di un intervento che prevedeva un apporto da parte del privato di un capitale non trascurabile, pari ad € 1.194.000,00.
17.3. In tale contesto, ritiene il collegio che la valutazione dell’amministrazione in ordine all’inopportunità di addivenire all’aggiudicazione definitiva e alla stipula della convenzione con il raggruppamento aggiudicatario non presenti alcun carattere “pretestuoso”, come dedotto dalla ricorrente, né profili di evidente irragionevolezza o illogicità, apparendo piuttosto il frutto di considerazioni doverosamente prudenziali, giustificate dai dubbi sulla solidità economico-finanziaria dell’ATI aggiudicataria indotti dallo stesso contegno dell’interessata e aggravati dalla ponderosità dell’impegno finanziario che il privato avrebbe dovuto accollarsi in base alla lex specialis di gara.
18. Alla luce di tutte le considerazioni fin qui svolte, la domanda di annullamento proposta dalla parte ricorrente è infondata e va respinta.
19. La legittimità del provvedimento impugnato vanifica, conseguentemente, sia la domanda ex art. 31 c.p.a. di condanna della P.A. all'emissione del provvedimento di aggiudicazione definitiva, sia quella di condanna dell’amministrazione al risarcimento del danno ex art. 30 c.p.a., stante la mancanza di un fatto ingiusto imputabile alla stazione appaltante.
20. Va infine esaminata la domanda risarcitoria ex artt. 1223 e 1337 c.c. formulata dalla parte ricorrente in via di estremo subordine. La ricorrente ha lamentato il comportamento dell’Ente Parco lesivo dell’obbligo di buona fede contrattuale, per aver prolungato inutilmente la procedura di gara con un comportamento manifestamente dilatorio, invece di procedere tempestivamente al ritiro degli atti di gara. Ha chiesto quindi il risarcimento del danno sotto il profilo del c.d. ”interesse negativo”, comprensivo delle spese sostenute per la partecipazione alla gara (con riserva di documentarle), e dei danni da perdita di chance conseguenti alla perdita di altre favorevoli occasioni contrattuali (documentate dai docc. 24 e 25), quantificati in € 1.314.960 o, in subordine, in via equitativa.
Anche tale domanda, osserva il collegio, non può essere accolta.
La stazione appaltante ha documentato che i ritardi nella procedura non sono derivati da causa ad essa imputabile e che il prolungarsi della procedura di gara è dipesa in modo consistente dalle plurime richieste di modifica delle condizioni contrattuali proposte dall’ATI ricorrente, a cui hanno dovuto far seguito complesse valutazioni da parte della stazione appaltante in ordine all’assentibilità delle stesse.
In questo contesto, sono poi intervenuti i due eventi sopra descritti che hanno indotto la stazione appaltante ad avviare un sub-procedimento di verifica circa la persistenza dei requisiti di regolarità contributiva e di solidità economico-finanziaria, che hanno implicato il decorso di ulteriore tempo.
La domanda di parte ricorrente va quindi respinta, non ravvisandosi nel comportamento dell’Amministrazione alcun comportamento dolosamente dilatorio.
21. Le spese di lite possono essere integralmente compensate tra le parti, attesa la complessità delle questioni esaminate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa le spese di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 21 novembre 2017 con l'intervento dei magistrati:
Carlo Testori, Presidente
Savio Picone, Consigliere
Ariberto Sabino Limongelli, Consigliere, Estensore