Consiglio di Stato, sez. V, 4 dicembre 2017, n. 5709

Invero, la stazione appaltante ha ancorato il giudizio negativo in ordine al permanere dell’elemento fiduciario di cui all’art. 38, comma 1, lett. f), del D. Lgs. 12/4/2006, n. 163, ad un autonomo apprezzamento delle circostanze di fatto evidenziate dalla Prefettura di Firenze, rilevando, in proposito, che i gravi reati ascritti ai componenti del Consiglio di Amministrazione della S.C.A.F. erano stati commessi nell’ambito di un rapporto contrattuale precedentemente in essere con la medesima stazione appaltante, avente ad oggetto prestazioni identiche a quelle da affidare.

Da qui il constatato venir meno dell’elemento fiduciario, trattandosi di aggiudicare un contratto del medesimo contenuto di quello che, date le prestazioni da eseguire, aveva favorito la commissione dei fatti criminosi contestati.

Nessuna illogicità o contraddittorietà può, poi, discendere dalla circostanza che la stazione appaltante, nonostante fosse venuta a conoscenza del menzionato rinvio a giudizio, abbia, per ben due volte, prorogato il precedente rapporto contrattuale.

Al riguardo è sufficiente rilevare che, nella stessa ottica dell’appellante, la mera conoscenza dei fatti che avevano determinato il suddetto rinvio a giudizio non era sufficiente a giustificare il venir meno dell’elemento fiduciario, occorrendo all’uopo un’apposita “motivata valutazione” da parte della stazione appaltante dei fatti addebitati agli amministratori. E tale valutazione è stata compiuta solo in occasione dell’adozione del provvedimento di esclusione dalla gara del 26/1/2016

Un consolidato orientamento giurisprudenziale, da cui la Sezione non intende discostarsi, insegna che, in base all’art. 48, comma 1, del D. Lgs. 163/2006 (applicabile ratione temporis), l'incameramento della cauzione provvisoria costituisce una conseguenza automatica del provvedimento di esclusione dalla gara, come tale non suscettibile di alcuna valutazione discrezionale con riguardo ai singoli casi concreti ed insensibile ad eventuali valutazioni volte ad evidenziare la non imputabilità a colpa della evento che ha comportato l'esclusione.

 

 

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso iscritto in appello al numero di registro generale 2790 del 2017, proposto da:
S.C.A.F. Società Cooperativa Autocustodi Fiorentini soc. coop. a r.l., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Leonardo Limberti e Annalisa Lauteri, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima, in Roma, via Panama, n. 58;

contro

Ministero dell'Interno e Agenzia del Demanio, in persona dei rispettivi rappresentanti legali in carica, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, sono legalmente domiciliati;
Agenzia del Demanio - Direzione Regionale Toscana e Umbria, in persona del legale rappresentante in carica, non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Lazio – Roma, Sezione I Ter, n. 02753/2017, resa tra le parti, concernente l'affidamento, per ambiti territoriali provinciali, del servizio di recupero, custodia e acquisto dei veicoli oggetto dei provvedimenti di sequestro amministrativo, fermo e confisca - Lotto n. 26 - Firenze.

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e dell’Agenzia del Demanio;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 novembre 2017 il Cons. Alessandro Maggio e uditi per le parti l’avvocato Lauteri e l’avvocato dello Stato Stigliano Messuti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

Il Ministero dell’Interno e l’Agenzia del Demanio hanno bandito una procedura aperta, suddivisa in lotti, coincidenti con ambiti territoriali provinciali, per l’affidamento del servizio di recupero, custodia e acquisto dei veicoli oggetto dei provvedimenti di sequestro amministrativo, fermo e confisca.

Alla selezione ha partecipato, limitatamente al lotto 26 – Firenze, la S.C.A.F. Società Cooperativa Autocustodi Fiorentini soc. coop. a r.l., che già gestiva il medesimo servizio in forza di apposito contratto scaduto il 22 aprile 2012, più volte prorogato.

Espletate le operazioni di gara la S.C.A.F. ha ottenuto la provvisoria aggiudicazione della commessa.

All’esito della procedura di verifica dei requisiti di partecipazione alla procedura la detta società è stata, però, esclusa dalla competizione, con conseguente escussione della cauzione provvisoria (provvedimento in data 26/1/2016). Ciò in quanto era emerso che i componenti del Consiglio di Amministrazione erano stati rinviati a giudizio “per violazione degli obblighi inerenti la custodia e per aver creato un deposito abusivo di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi determinando contaminazione del suolo”, addebiti questi ritenuti dalla stazione appaltante manifestazione di “grave negligenza e malafede nell’esecuzione delle prestazioni affidate … andando a minare l’elemento fiduciario che deve necessariamente sussistere tra il soggetto che indice la gara e il futuro contraente”.

Ritenendo il provvedimento espulsivo illegittimo, la S.C.A.F. lo ha impugnato davanti al TAR Lazio – Roma, chiedendone l’annullamento.

Nelle more del giudizio la stazione appaltante ha disposto di procedere alla revoca dell’ultima proroga, disposta in favore della S.C.A.F., del contratto scaduto avente ad oggetto il servizio di che trattasi.

Con ricorso per motivi aggiunti la S.C.A.F. ha, quindi, esteso l’impugnazione al suddetto provvedimento di revoca.

Il TAR adito, sez. I ter, con sentenza 23/2/2017, n. 2753, ha respinto ricorso e motivi aggiunti.

Avverso la sentenza ha proposto appello la S.C.A.F.

Per resistere al gravame si sono costituiti in giudizio, il Ministero dell’interno e l’Agenzia del Demanio.

Alla pubblica udienza del 23/11/2017 la causa è passata in decisione.

Con i primi due motivi di gravame, che si prestano ad una trattazione congiunta, l’appellante denuncia l’errore in cui sarebbe incorso il giudice di prime cure nel ritenere che gli atti impugnati (provvedimento di esclusione e provvedimento di revoca) siano stati adottati a seguito di una compiuta valutazione dei fatti addebitati ai componenti del proprio Consiglio di Amministrazione. Al contrario gli atti sarebbero motivati con esclusivo riguardo al mero rinvio a giudizio disposto dalla Procura della Repubblica, senza alcuna concreta valutazione delle condotte ascritte agli indagati.

Peraltro, l’illogicità e la contraddittorietà dell’agire amministrativo emergerebbe anche dal fatto che la stazione appaltante, nonostante fosse già a conoscenza dell’esistenza di indagini a carico dei componenti del Consiglio di Amministrazione della S.C.A.F. per gli stessi fatti che hanno, poi, portato al rinvio a giudizio, ha, per ben due volte, prorogato il contratto scaduto e anche dopo l’adozione del provvedimento espulsivo e della revoca dell’ultima proroga del precedente contratto, ha continuato ad avvalersi della detta società per l’esercizio di prestazioni analoghe a quelle da affidare, mantenendola nell’apposito elenco di cui al decreto prefettizio 50200/2015 del 26/5/2015.

A quanto sopra aggiungasi che le verifiche condotte sull’area utilizzata come discarica avrebbero dimostrato che la stessa non risulta contaminata.

Le doglianze così sinteticamente riassunte non meritano accoglimento.

Il provvedimento di esclusione dalla gara (e quello di revoca che ad esso si richiama) è così motivato:

- in data 19 giugno 2015 la Prefettura di Firenze ha trasmesso l’avviso ex art. 415 bis c.p.p. predisposto dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Firenze relativo al procedimento n. 9988/14 Reg. Mod. 21 in cui i membri del c.d.a. SCAF S.c.a.r.l. risultavano indagati per violazione degli obblighi inerenti la custodia e per aver creato un deposito abusivo di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi, determinando contaminazione del suolo;

- nelle more della conclusione delle verifiche sul possesso dei requisiti di partecipazione preordinate all’aggiudicazione definitiva della gara, è pervenuta un’ulteriore nota della Prefettura di Firenze, prot. 128974 del 31 dicembre u.s., con la quale è stato inoltrato il decreto di citazione diretta a giudizio emesso il 22 dicembre 2015 dalla Procura della repubblica presso il Tribunale di Firenze nei confronti di Fusai Claudio in qualità di vice presidente del c.d.a. della SCAF S.c.a.r.l. per violazione colposa dei doveri inerenti alla custodia di cose sottoposte a sequestro aggravata e nei confronti di Fusai, Soldi Simone e Cianti Alessandro per aver realizzato in un’area della depositeria su un terreno non impermeabilizzato e privo di raccolta delle acque meteoriche e dei liquidi refluenti delle macchine anche incidentate ivi custodite, un deposito incontrollato di rifiuti speciali pericolosi;

- l’esclusione prevista dalla disposizione [di cui all’art. 38, comma 1, lett. f), del D. Lgs. 12/4/2006, n. 163] è posta a presidio dell’elemento fiduciario destinato a connotare, sin dal momento genetico, i rapporti contrattuali di appalto pubblico;

- nel caso di specie, i componenti del c.d.a. dell’aggiudicatario provvisorio sono stati rinviati a giudizio per reati commessi proprio nell’ambito di altro rapporto contrattuale con le medesime stazioni appaltanti avente lo stesso oggetto del presente affidamento;

- la suddetta circostanza, nonché la gravità degli addebiti contestai integrano grave negligenza e malafede nell’esecuzione delle prestazioni affidate da queste Stazioni Appaltanti, andando a minare l’elemento fiduciario che deve necessariamente sussistere tra il soggetto che indice la gara ed il futuro contraente;

”.

Orbene, dalla trascritta motivazione risulta evidente che l’impugnato provvedimento espulsivo non si fonda sulla mera constatazione dell’avvenuto rinvio a giudizio dei citati componenti del Consiglio di Amministrazione della parte appellante.

Invero, la stazione appaltante ha ancorato il giudizio negativo in ordine al permanere dell’elemento fiduciario di cui all’art. 38, comma 1, lett. f), del D. Lgs. 12/4/2006, n. 163, ad un autonomo apprezzamento delle circostanze di fatto evidenziate dalla Prefettura di Firenze, rilevando, in proposito, che i gravi reati ascritti ai componenti del Consiglio di Amministrazione della S.C.A.F. erano stati commessi nell’ambito di un rapporto contrattuale precedentemente in essere con la medesima stazione appaltante, avente ad oggetto prestazioni identiche a quelle da affidare.

Da qui il constatato venir meno dell’elemento fiduciario, trattandosi di aggiudicare un contratto del medesimo contenuto di quello che, date le prestazioni da eseguire, aveva favorito la commissione dei fatti criminosi contestati.

Nessuna illogicità o contraddittorietà può, poi, discendere dalla circostanza che la stazione appaltante, nonostante fosse venuta a conoscenza del menzionato rinvio a giudizio, abbia, per ben due volte, prorogato il precedente rapporto contrattuale.

Al riguardo è sufficiente rilevare che, nella stessa ottica dell’appellante, la mera conoscenza dei fatti che avevano determinato il suddetto rinvio a giudizio non era sufficiente a giustificare il venir meno dell’elemento fiduciario, occorrendo all’uopo un’apposita “motivata valutazione” da parte della stazione appaltante dei fatti addebitati agli amministratori. E tale valutazione è stata compiuta solo in occasione dell’adozione del provvedimento di esclusione dalla gara del 26/1/2016.

Le due proroghe del precedente contrato – intervenute antecedentemente a tale data – non possono, quindi, costituire indice delle invocate figure sintomatiche di eccesso di potere.

Per ovvie ragioni non possono, poi, influire sulla legittimità dei provvedimenti impugnati, eventi successivi alla loro adozione, quali gli affidamenti di prestazioni analoghe a quelle messe in gara, asseritamente disposti nei confronti della S.C.A.F. a decorrere dal 11/2/2016.

Del tutto irrilevante ai fini di causa è, inoltre, la circostanza che l’area utilizzata come discarica, a seguito di successivi accertamenti, non sia risulta contaminata.

Ciò che conta, infatti, è che la discarica fosse abusiva.

Col terzo motivo si deduce l’erroneità dell’appellata sentenza nella parte in cui ha respinto la censura con cui era stata dedotta l’illegittimità della disposta escussione della cauzione.

Si afferma, infatti, che non potrebbero porsi sullo stesso piano i motivi di esclusione che trovano il loro fondamento in circostanze oggettive e quelli che, invece, dipendono da valutazioni discrezionali della stazione appaltante. Peraltro la dichiarazione sul possesso dei requisiti generali sarebbe stata resa dalla SCAF quasi due anni prima di conoscere il decreto di citazione diretta a giudizio, cosicché la mancata sottoscrizione del contratto non sarebbe a lei imputabile.

La doglianza è infondata.

Un consolidato orientamento giurisprudenziale, da cui la Sezione non intende discostarsi, insegna che, in base all’art. 48, comma 1, del D. Lgs. 163/2006 (applicabile ratione temporis), l'incameramento della cauzione provvisoria costituisce una conseguenza automatica del provvedimento di esclusione dalla gara, come tale non suscettibile di alcuna valutazione discrezionale con riguardo ai singoli casi concreti ed insensibile ad eventuali valutazioni volte ad evidenziare la non imputabilità a colpa della evento che ha comportato l'esclusione (ex plurimis Cons. Stato, A. P., 29/2/2016, n. 5; Sez. V, 28/8/2017, n. 4086; Sez. VI, 15/9/2017 n. 4349).

L’appello va, in definitiva, respinto.

Restano assorbiti tutti gli argomenti di doglianza, motivi od eccezioni non espressamente esaminati che la Sezione ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

Spese e onorari di giudizio, liquidati come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna l’appellante al pagamento delle spese processuali in favore del Ministero dell’Interno e dell’Agenzia del Demanio, liquidandole forfettariamente in complessivi € 2.500/00 (duemilacinquecento) pro parte, oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

 

Guida alla lettura

 

Nella pronuncia in commento, il Consiglio di Stato risponde ai seguenti quesiti:

  1. se il rinvio a giudizio disposto nei confronti dei consiglieri di amministrazione dell'impresa concorrente incrini o elida il rapporto fiduciario tra questa e la stazione appaltante;
  2. se, proprio a causa del rinvio a giudizio, sia legittimo il provvedimento di esclusione dalla gara o quello di revoca della proroga del contratto, nella particolare ipotesi in cui l'amministrazione abbia prorogato il contratto nonostante conoscesse il rinvio a giudizio dei consiglieri di amministrazione dell'impresa;
  3. se l'escussione della cauzione provvisoria costituisca una conseguenza necessaria dell'esclusione dalla gara o se la stazione appaltante possa procedervi discrezionalmente.

Occorre quindi esaminare congiuntamente il primo e il secondo quesito: se il rinvio a giudizio possa incrinare o addirittura elidere il rapporto fiduciario che necessariamente deve instaurarsi tra p.a. e impresa concorrente; se, incrinato o eliso il rapporto fiduciario, la p.a. sia autorizzata ad escludere l'impresa o a revocarle la proroga del contratto. Dalla stringata eppure efficace motivazione della sentenza in esame, dunque, sembra trasparire questa conclusione: da solo, un rinvio a giudizio non può giustificare l'esclusione dell'impresa partecipante dalla gara o la revoca della proroga; l'esclusione o la revoca sono invece giustificate quando particolari circostanze inducano ragionevolmente a ritenere che l'impresa non eseguirà fedelmente il contratto. Quest'ultima ipotesi si è verificata nel caso di specie. I consiglieri di amministrazione dell'impresa provvisoria aggiudicataria della gara, infatti, erano stati rinviati a giudizio per fatti commessi nell'esecuzione di un contratto con prestazioni identiche a quelle del contratto da assegnare nella gara che ha condotto alla pronuncia in commento. Legittimo appare dunque al Consiglio di Stato il provvedimento di esclusione, secondo un argomento probabilmente ancorato ad una massima d'esperienza: quei soggetti che avevano commesso degli illeciti nell'esecuzione di un contratto identico a quello da assegnare sarebbero stati verosimilmente recidivi qualora tale ultimo contratto fosse stato loro effettivamente assegnato: "Invero, la stazione appaltante ha ancorato il giudizio negativo in ordine al permanere dell’elemento fiduciario di cui all’art. 38, comma 1, lett. f), del D. Lgs. 12/4/2006, n. 163, ad un autonomo apprezzamento delle circostanze di fatto evidenziate dalla Prefettura di Firenze, rilevando, in proposito, che i gravi reati ascritti ai componenti del Consiglio di Amministrazione della S.C.A.F. erano stati commessi nell’ambito di un rapporto contrattuale precedentemente in essere con la medesima stazione appaltante, avente ad oggetto prestazioni identiche a quelle da affidare.

Da qui il constatato venir meno dell’elemento fiduciario, trattandosi di aggiudicare un contratto del medesimo contenuto di quello che, date le prestazioni da eseguire, aveva favorito la commissione dei fatti criminosi contestati.

Nessuna illogicità o contraddittorietà può, poi, discendere dalla circostanza che la stazione appaltante, nonostante fosse venuta a conoscenza del menzionato rinvio a giudizio, abbia, per ben due volte, prorogato il precedente rapporto contrattuale.

Al riguardo è sufficiente rilevare che, nella stessa ottica dell’appellante, la mera conoscenza dei fatti che avevano determinato il suddetto rinvio a giudizio non era sufficiente a giustificare il venir meno dell’elemento fiduciario, occorrendo all’uopo un’apposita “motivata valutazione” da parte della stazione appaltante dei fatti addebitati agli amministratori. E tale valutazione è stata compiuta solo in occasione dell’adozione del provvedimento di esclusione dalla gara del 26/1/2016".

Il terzo e ultimo quesito, come anticipato, è se l'escussione della cauzione provvisoria costituisca una conseguenza necessaria dell'esclusione o se la stazione appaltante possa procedervi discrezionalmente. Il Consiglio di Stato aderisce all'orientamento tradizionale, secondo il quale la p.a. incamera la cauzione indipendentemente dalla colpevolezza del soggetto escluso: "Un consolidato orientamento giurisprudenziale, da cui la Sezione non intende discostarsi, insegna che, in base all’art. 48, comma 1, del D. Lgs. 163/2006 (applicabile ratione temporis), l'incameramento della cauzione provvisoria costituisce una conseguenza automatica del provvedimento di esclusione dalla gara, come tale non suscettibile di alcuna valutazione discrezionale con riguardo ai singoli casi concreti ed insensibile ad eventuali valutazioni volte ad evidenziare la non imputabilità a colpa della evento che ha comportato l'esclusione". Questa conclusione sembra però suscitare alcune perplessità: in generale, ma, probabilmente, non nel caso di specie. In particolare, pare conveniente chiedersi se essa configuri, giustificandolo, un indebito arricchimento per la stazione appaltante. La p.a. che acquisisce la cauzione provvisoria depositata dall'impresa partecipante indipendentemente da una condotta rimproverabile a quest'ultima, infatti, accresce il suo patrimonio senza una valida causa giustificativa. L'impresa incolpevole, cioè, subisce una sanzione, il depauperamento del proprio patrimonio, decurtato dell'importo della cauzione, senza aver contribuito psicologicamente e materialmente ad un fatto che giustifichi quella sanzione patrimoniale. La ratio dell'escussione della cauzione è invece un'altra: punire quelle imprese che, agendo slealmente nei rapporti con la stazione appaltante, le procurino una perdita patrimoniale. In queste ipotesi, a cui pare riconducibile il caso dell'impresa che produca dichiarazioni mendaci sui propri requisiti di partecipazione, la cauzione avrebbe proprio la funzione sanzionatoria di depauperare il patrimonio dell'impresa sleale consentendo alla p.a., contemporaneamente, il recupero dei costi sostenuti per l'organizzazione della gara.