Consiglio di Stato, sez. V, 02/11/2017 n. 5076

La mancata separata indicazione degli oneri per la sicurezza deve quindi ritenersi frutto di un errore scusabile, ingenerato, nell’operatore economico, dall’assenza di alcuna specifica prescrizione nella lex specialis. Nel caso di specie è incontestato che l’obbligo non fosse espressamente previsto nel bando di gara. Debbono quindi trovare applicazione i principi di diritto enunciati da Cons. Stato, Ad. plen., 27 luglio 2016, n. 9, nonché dall’ordinanza della Corte di Giustizia dell’Unione europea, VI, 10 novembre 2016, in causa C-162/16

 

GUIDA ALLA LETTURA

Con la sentenza in commento il Consiglio di Stato conferma quanto affermato dall’Adunanza Plenaria con sentenza n. 9 del 27/07/2016, secondo cui, ove la stazione appaltante non abbia espressamente previsto nel bando l’obbligo di indicare gli oneri della sicurezza e l’Impresa partecipante non abbia indicato nell’offerta tali oneri, l’esclusione automatica dell’Impresa stessa senza il previo soccorso determinerebbe la violazione dei principi di tutela dell’affidamento, di certezza del diritto, di trasparenza, par condicio e proporzionalità.

L’Adunanza Plenaria si è sostanzialmente rifatta all’orientamento espresso dalla Corte di giustizia UE,  Sesta Sezione, 2 giugno 2016, C-27/15, la quale aveva evidenziato come i principi sopra citati richiedano che le condizioni sostanziali e procedurali relative alla partecipazione ad un appalto siano chiaramente definite in anticipo e rese pubbliche, in particolare gli obblighi a carico degli offerenti, affinché questi ultimi possano conoscere esattamente i vincoli procedurali ed essere assicurati del fatto che gli stessi requisiti valgono per tutti i concorrenti; situazione questa che non si verifica quando il requisito di partecipazione è enucleato ex post, sulla scorta di prassi applicative della stazione appaltante o, peggio, di interpretazioni del giudice nazionale.

La tesi secondo cui il concorrente, il quale non abbia indicato nell’offerta gli oneri della sicurezza aziendale, deve essere escluso, senza possibilità di soccorso istruttorio, anche nel caso in cui il bando non abbia espressamente contemplato tale obbligo, potrebbe basarsi sulle seguenti considerazioni.

L’art. 95 comma 10 del D.lgs. 50/2016 stabilisce che “Nell'offerta economica l'operatore deve indicare i propri costi della manodopera e gli oneri aziendali concernenti l'adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro ad esclusione delle forniture senza posa in opera, dei servizi di natura intellettuale e degli affidamenti ai sensi dell'articolo 36, comma 2, lettera a)”.

La formulazione letterale della norma (“l'operatore deve indicare … gli oneri aziendali concernenti l'adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro”) indurrebbe a ritenere che nell’offerta i suddetti oneri debbano essere indicati anche nel caso in cui tale obbligo non sia stato espressamente previsto dal bando di gara.

Una concezione estremamente formalistica della norma imporrebbe di affermare che l’imperativo “deve”, riferito all’operatore economico, non può che essere espressione di un vero e proprio obbligo a carico di quest’ultimo, il quale non può non sapere che gli oneri di cui sopra vanno indicati nell’offerta, a prescindere da quanto previsto negli atti di gara.

Il principio sotteso a tale concezione è che, quando la legge pone a carico di uno dei soggetti di un rapporto (in tal caso, l’operatore economico) determinati oneri (documentali od amministrativi, che dir si voglia), il mancato assolvimento di questi ultimi non può essere imputato al fatto che l’altro soggetto (in tal caso, la stazione appaltante) non li abbia espressamente previsti: ciò significherebbe deresponsabilizzare l’operatore economico ed aggravare gli oneri a carico della stazione appaltante, la quale dovrebbe preoccuparsi di inserire nei propri atti di gara una prescrizione che è in realtà già prevista direttamente dalla legge.

Ma, al di là di tale “aggravamento” (che poi sarebbe relativo!), vi è il principio secondo cui l’operatore economico, nel momento in cui partecipa ad una procedura di appalto, deve conoscere quali sono i suoi obblighi (“la legge non ammette ignoranza”).

 

La tesi secondo cui, invece, ove il bando di gara non abbia imposto di indicare nell’offerta i costi della sicurezza aziendale ed il concorrente non abbia specificato questi ultimi nell’offerta, il concorrente stesso non può essere escluso, in quanto deve applicarsi il soccorso istruttorio ex art. 83 comma 9 del D.lgs. 50/2016, poggia  sulle seguenti considerazioni.

Ai sensi dell’art. 80 comma 5 lett. a) del D.lgs. 50/2016, l’esclusione di un concorrente dalla procedura di appalto si applica quando la “stazione appaltante possa dimostrare con qualunque mezzo adeguato la presenza di gravi infrazioni debitamente accertate alle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro”.

Siccome incombe sulla stazione appaltante l’onere di dimostrare che il concorrente ha violato, in maniera grave, le norme in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, appare ragionevole ritenere che la stessa stazione appaltante, proprio al fine di fornire tale dimostrazione, debba necessariamente prima sapere quale sia il costo annuo per singolo lavoratore che l’impresa concorrente sostiene per la sicurezza aziendale: altrimenti, essa non potrà mai comparare tale costo con quello che è (solitamente) previsto nella tabella allegata al Decreto del Ministero del Lavoro con il quale viene determinato il costo medio del lavoro dei dipendenti del settore merceologico di riferimento.

Di conseguenza, la stazione appaltante, dovendo adempiere all’onere probatorio previsto dalla norma sopra citata, dovrà necessariamente chiedere ai concorrenti di indicare, già nell’offerta, gli oneri della sicurezza aziendale. Se l’onere di dimostrare che il concorrente ha violato le norme in materia di sicurezza è posto a carico della stazione appaltante (e quindi non è il concorrente a dover provare di non aver violato tali norme), allora è coerente ritenere che debba essere la stessa stazione appaltante ad attivarsi (inserendo espressa previsione nel bando di gara) al fine di conoscere il prima possibile il costo annuo della sicurezza sostenuto dal concorrente.

Diverso sarebbe stato il discorso nel caso in cui l’art. 80 comma 5 del D.lgs. 50/2016 avesse detto: “la stazione appaltante esclude dalla procedura il concorrente nel caso in cui quest’ultimo non sia riuscito a dimostrare la piena osservanza delle norme in materia di sicurezza”: in tal caso, sarebbe stato onere indiscusso del concorrente, a prescindere da qualsiasi espressa previsione del bando di gara, quello di indicare già nell’offerta gli oneri della sicurezza.

 

A ciò si aggiunga che, ai sensi dell’art. 80 comma 6 del D.lgs. 50/2016, “Le stazioni appaltanti escludono un operatore economico in qualunque momento della procedura, qualora risulti che l'operatore economico si trova, a causa di atti compiuti o omessi prima o nel corso della procedura, in una delle situazioni di cui ai commi 1,2, 4 e 5”.

Il comma 5 fa appunto riferimento alle violazioni delle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro.

Il fatto che l’esclusione dell’operatore economico a causa dell’accertamento dell’inosservanza – da parte di quest’ultimo – degli obblighi in tema di sicurezza dei lavoratori, possa avvenire “in qualunque momento della procedura” ,  vuol dire che non necessariamente gli oneri della sicurezza aziendale debbono essere indicati già in sede di offerta: ben potrebbe il concorrente esplicitarli anche dopo l’offerta, di modo che poi la stazione appaltante possa valutarne la congruità ed eventualmente stabilire, successivamente, l’esclusione dalla procedura.

Pertanto, in un certo senso “è addirittura normale” che il bando di gara non stabilisca espressamente di indicare nell’offerta gli oneri della sicurezza aziendale: siccome l’attività di accertamento della violazione di tali obblighi (e la conseguente eventuale esclusione del concorrente) possono avvenire in qualunque fase della procedura (e quindi anche dopo la presentazione dell’offerta), l’operatore può tranquillamente specificare tali costi anche in un momento successivo alla presentazione dell’offerta; non c’è ragione per la quale il bando debba prescrivere di indicare obbligatoriamente già nell’offerta gli oneri della sicurezza.

Di conseguenza, il soccorso istruttorio è legittimato già dal comma 6 dell’art. 80 del D.lgs. 50/2016: non vi sarebbe neanche bisogno di invocare l’art. 83 comma 9.

Diverso sarebbe stato il caso in cui la norma stabilisse quanto segue: “nel caso di accertamento della violazione degli obblighi di cui al comma 5, la stazione appaltante esclude il concorrente subito dopo la presentazione dell’offerta”. In tal  caso, siccome l’attività di accertamento della violazione dei suddetti obblighi (e la conseguente eventuale esclusione del concorrente) dovrebbero necessariamente avvenire subito dopo la trasmissione dell’offerta, a quel punto la stazione appaltante dovrebbe per forza di cose stabilire nel bando di indicare, già nell’offerta, gli oneri della sicurezza: altrimenti la stessa non avrebbe la possibilità di comparare, entro il termine previsto per l’esame delle offerte, il costo annuo della sicurezza aziendale sostenuto dall’Impresa con il costo previsto nella tabella allegata al Decreto del Ministero del Lavoro.

 

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 66 del 2017, proposto da:
Cisa Appalti di De Iuliis Remo e C. s.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Roberto Colagrande e Giannicola Scarciolla, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, viale Liegi, n. 35/B;

contro

Costruzioni Stradali Armando di Eleuterio s.r.l.u., in proprio e quale mandataria capogruppo della costituenda Ati con Di Sabatino Giuseppe & C. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Sandro Pelillo ed Angelo Raffaele Pelillo, con domicilio eletto presso lo studio legale dell’avvocato Massimo Letizia in Roma, via Monte Santo, n. 68;
Provincia di Teramo, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Francesco Camerini, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale delle Milizie, n. 1;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. ABRUZZO - L'AQUILA, SEZIONE I n. 00819/2016, resa tra le parti, concernente l’affidamento di progettazione e l’esecuzione dei lavori per la realizzazione del nuovo ponte di Castelnuovo sul Fiume Vomano, tra i Comuni di Castellalto e Cellino Attanasio in Provincia di Teramo.

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Provincia di Teramo e di Costruzioni Stradali Armando di Eleuterio S.r.l.u.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 ottobre 2017 il Cons. Valerio Perotti ed uditi per le parti gli avvocati Andrea Manzi, su delega dell'avvocato Roberto Colagrande, Sandro Palillo ed Adriano Rossi, su delega dell'avocato Camerini;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

1.Con bando pubblicato il 21 agosto 2015 la Provincia di Teramo indiceva una procedura aperta di gara per l’affidamento della “progettazione esecutiva ed esecuzione dei lavori per la realizzazione del nuovo ponte di Castelnuovo sul Fiume Vomano tra i Comuni di Castellalto e Cellino Attanasio nella Provincia di Teramo, previa acquisizione del progetto definitivo in sede di gara sulla base del progetto preliminare ai sensi dell’art. 53, comma 2, lett. c) del d.lgs 12 aprile 2006, n. 163 e art. 168 del d.P.R. 5 ottobre 2010, n.207”.

Il bando prevedeva, quale importo complessivo dell’appalto, la somma di euro 3.988.467, 93 (di cui euro 3.562.268, 68 per lavori a base d’asta soggetti a ribasso, euro 187.487, 82 per oneri della sicurezza non soggetti a ribasso ed euro 238.711,43 per la progettazione definitiva, esecutiva e per il coordinamento della sicurezza in fase di progettazione soggetti a ribasso), fissando, quale criterio di aggiudicazione, quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

Alla procedura prendevano parte, oltre all’odierna appellante, anche le imprese “Costruzioni stradali Armando di Eleuterio s.r.l.u.” e “Di Sabatino Giuseppe & C. s.r.l.”, in qualità – rispettivamente – di mandataria e mandante della costituenda Ati orizzontale.

L’offerta presentata dalla costituenda Ati Costruzioni stradali Armando di Eleuterio s.r.l.u. superava la fase preliminare relativa all’esame della documentazione amministrativa e dell’offerta tecnica, conseguendo il punteggio più elevato (punti 89,763).

Nella seduta di gara del 29 dicembre 2015 la Commissione di gara accertava però che la medesima offerente non aveva indicato nell’offerta economica i costi di sicurezza aziendale e, previo espresso richiamo alla pronuncia dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato 2 novembre 2015, n. 9, disponeva la sua esclusione dalla procedura, procedendo quindi all’aggiudicazione provvisoria in favore della seconda graduata, Cisa Appalti s.a.s.

Il provvedimento di esclusione, comunicato con nota 31 dicembre 2015, n. 303188, unitamente al provvedimento 21 gennaio 2016 di rigetto dell’istanza ex art. 243-bis del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici), veniva impugnato dalla Costruzioni stradali avanti al Tribunale amministrativo dell’Abruzzo, deducendo i seguenti motivi di illegittimità:

1) violazione dei principi generali del giusto procedimento e della massima partecipazione alle gare pubbliche, carenza, illogicità, perplessità, ingiustizia manifesta della motivazione ed eccesso di potere; violazione del principio dell’affidamento, in quanto né il bando né i moduli predisposti dall’Amministrazione recavano alcuna prescrizione a carattere escludente in ordine alla dichiarazione degli oneri di sicurezza aziendali;

2) violazione del principio di massima partecipazione alle gare pubbliche, che avrebbe imposto alla stazione appaltante di consentire l’integrazione dell’offerta economica, ai sensi degli artt. 38, comma 2-bis e 46, comma 1-ter del d.lgs. 163 del 2006, con il ricorso al “soccorso istruttorio”, come novellato posteriormente all’Adunanza plenaria n. 9/2015;

3) inidoneità della motivazione ed errata valutazione dei presupposti del provvedimento 21 gennaio 2016, recante il rigetto dell’istanza di riesame in autotutela.

Nel costituirsi in giudizio la Provincia di Teramo eccepiva preliminarmente l’inammissibilità delle censure contro il disciplinare di gara per la mancata tempestiva impugnazione dello stesso e del bando di gara; nel merito deduceva comunque l’infondatezza del ricorso sulla base del principio dell’insanabilità, con l’istituto del soccorso istruttorio, dell’offerta priva dell’indicazione degli oneri di sicurezza aziendale, che andava pertanto considerata priva di un elemento essenziale.

Neppure era ravvisabile un legittimo affidamento in capo ai concorrenti per non avere la stazione appaltante predisposto alcun modello di offerta, giacché essi erano tenuti a presentare gli elaborati anche con riferimento alla progettazione definitiva, con riferimento alla quale erano quindi tenuti ad indicare i relativi costi.

Anche l’aggiudicataria Cisa Appalti s.a.s., nel costituirsi in appello eccepiva l’inammissibilità del ricorso per mancata impugnazione del disciplinare di gara che, al capo 4, lett. e), prevedeva l’esclusione per le offerte in contrasto con clausole essenziali che regolano la gara o con prescrizioni legislative e regolamentari inderogabili; nel merito poi deduceva l’infondatezza delle censure sollevate, avuto particolare riguardo ai precedenti di cui alle Adunanze plenarie del Consiglio di Stato nn. 3 e 9 del 2015.

La società Cisa Appalti proponeva anche ricorso incidentale, deducendo i seguenti vizi di legittimità:

1) violazione della normativa di gara (capo III, pag. 14 del disciplinare) e dell’art.40, comma 2, del D.P.R. 207/2010, per effetto dei quali la ricorrente avrebbe dovuto essere esclusa dalla procedura

a causa della mancata allegazione, all’offerta economica, del cronoprogramma dei lavori, il quale, peraltro, non avrebbe potuto essere prodotto successivamente attraverso il c.d. “soccorso istruttorio”, trattandosi di un elemento essenziale dell’offerta;

2) violazione del capo III (“contenuto dell’offerta”) e del capo 4 (“cause di esclusione”) del disciplinare, violazione degli articoli 24 e 32 del D.P.R. n.207 del 2010, per effetto dei quali la ricorrente avrebbe dovuto essere esclusa dalla procedura a causa della mancata allegazione all’offerta economica, del computo metrico estimativo;

3) illegittimità della lex specialis, nella parte in cui non prevede espressamente tra le cause di esclusione l’omessa indicazione degli oneri di sicurezza aziendale, per violazione e falsa applicazione dell’art. 26, comma 6, del d.lgs. n. 81/2008, degli articoli 86, degli articoli 86, comma 3-bis e 87, comma 4, del d.lgs. n. 163 del 2006, anche con riferimento all’art. 46, comma 1-bis, del d.lgs. 163 del 2006, alla luce dei principi elaborati dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato nelle sentenze n. 3/15 e n. 9/2015.

Con ordinanza 24 marzo 2016, n. 42, l’adito tribunale accoglieva la domanda cautelare proposta dalla ricorrente, decisione poi confermata dal giudice dell’appello con ordinanza 7 giugno 2009, n. 2069.

Con sentenza non definitiva 14 luglio 2016, n.428, il Tribunale amministrativo dell’Abruzzo respingeva i primi due motivi del ricorso incidentale di Cisa Appalti e, alla luce della rimeditazione da parte della giurisprudenza amministrativa del principio affermato dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 9 del 2015, in tema di oneri di sicurezza aziendale, disponeva la sospensione (c.d. impropria) del giudizio, in attesa della decisione della Corte di Giustizia dell’UE, in relazione alle questioni prospettate con il ricorso principale e con il terzo motivo di ricorso incidentale.

Con ordinanza 3 novembre 2016, n. 686, il giudice di prime cure accoglieva poi l’istanza della Provincia di Teramo (notificata alla ricorrente ed alla controinteressata in data 6 ottobre 2016) e disponeva la revoca della sospensione del giudizio, preso atto della sopravvenuta pronuncia dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato 27 luglio 2016, n. 19, che aveva ritenuto di poter sciogliere direttamente i dubbi di compatibilità comunitaria generati dall’applicazione del principio dettato dall’Adunanza plenaria n. 9 del 2015, ritenendo superata la “causa ostativa” che aveva determinato la sospensione ex art. 79, comma 1, c.p.a. di diversi giudizi amministrativi.

Con la sentenza 28 dicembre 2016, n. 819, il tribunale amministrativo dell’Abruzzo accoglieva il ricorso, rilevando in particolare che “La mancata separata indicazione da parte del raggruppamento Costruzioni stradali degli oneri per la sicurezza deve quindi ritenersi frutto di un errore scusabile, ingenerato, nell’operatore economico, dall’assenza di alcuna specifica prescrizione nella lex specialis. (…) Ai fini della rinnovazione dell’attività amministrativa l’Amministrazione dovrà attivare, ora per allora, il sub procedimento di soccorso istruttorio, finalizzato a sanare la mancata indicazione formale degli oneri di sicurezza”.

Avverso tale pronuncia la Cisa Appalti s.a.s. ha interposto appello, articolato nei seguenti motivi di gravame:

Nullità e/o illegittimità per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 49 d.l. n. 189/2016, poi convertito dalla l. n. 229/2015, e dell’art. 1 d.l. n. 205/2016, in relazione pure all’ordinanza del Commissario del Governo per la ricostruzione nei territori interessati dal sisma del 24 agosto 2016 pubblicata in G.U. – serie generale n. 283 del 3.12.2016, anche ai sensi degli artt. 159 e 161 c.p.c.;

Nullità e/o illegittimità per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 79 e 80 c.p.a. e degli artt. 42, 177, 279, 295, 297 e 298 c.p.c., anche ai sensi degli artt. 159 e 161 c.p.c.;

In ogni caso, error in iudicando nella parte in cui il TAR Abruzzo ha ritenuto di respingere il terzo motivo di ricorso incidentale Cisa Appalti e di accogliere il ricorso principale dell’ATI Costruzioni Stradali.

Si è costituita in giudizio la costituenda Ati Costruzioni Stradali, che chiesto il rigetto dell’appello in quanto infondato.

Anche la Provincia di Teramo si è costituita in giudizio, deducendo in primo luogo l’improcedibilità del gravame per sopravvenuto difetto di interesse, non essendo stato appellato il successivo provvedimento di aggiudicazione definitiva in favore dell’Ati Costruzioni Stradali, adottato dopo il positivo riscontro delle integrazioni istruttorie disposte dal giudice di prime cure; nel merito ha chiesto comunque il rigetto del gravame per infondatezza.

Successivamente le parti hanno ulteriormente illustrato con apposite memorie le proprie tesi difensive e all’udienza del 5 ottobre 2017, dopo la rituale discussione, la causa è passata in decisione.

DIRITTO

1.Con il primo motivo di appello la Cisa Appalti s.a.s. contesta la legittimità della sentenza di primo grado, in quanto adottata senza rispettare l’obbligo disposto dall’art. 49 del d.l. 17 ottobre 2016, n. 189 (Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del 2016), che prevede il rinvio d’ufficio ex lege ad una data successiva al 31 luglio 2017 delle udienze riferite ai giudizi in cui le parti o i loro difensori fossero residenti o avessero sede in uno dei Comuni interessati dagli eventi sismici in Abruzzo del 2016, tra cui il Comune di Teramo.

Il motivo di appello non è fondato.

L’art. 49, comma 3, del d.l. n. 189 del 2016 (rubricato “Termini processuali e sostanziali. Prescrizioni e decadenze. Rinvio di udienze, comunicazione e notificazione di atti”), convertito con modificazioni dalla legge 15 dicembre 2016, n. 229, così dispone: “Sono rinviate d'ufficio a data successiva al 31 maggio 2017, le udienze processuali civili e amministrative e quelle di competenza di ogni altra giurisdizione speciale in cui le parti o i loro difensori, purché la nomina sia anteriore al 24 agosto 2016, erano residenti o avevano sede nei Comuni di cui all'allegato 1, alla data del 24 agosto 2016. E' fatta salva la facoltà dei soggetti interessati di rinunciare espressamente al rinvio”.

Tale norma, come già rilevato nell’ordinanza cautelare della Sezione 9 febbraio 2017, n. 501, non prevede l’inibizione ope legis dell’attività processuale, ma semplicemente una garanzia difensiva, disponibile dalla parte: ciò all’evidente ragione di consentire alle parti processuali (ovvero ai rispettivi difensori) che si fossero improvvisamente trovate – a causa dei noti, gravissimi disagi conseguenti agli eventi sismici del 2016, ad esse certamente non imputabili – nell’obiettiva impossibilità di adeguatamente attendere alle proprie vicende giudiziarie, di fruire di un’adeguata dilazione temporale degli incombenti processuali, così da salvaguardare i diritti di difesa.

Lo stesso legislatore, peraltro, consapevole della disponibilità delle posizioni giuridiche soggettive oggetto di disciplina, ha rimesso alle parti la decisione ultima circa l’operatività o meno di tale sospensione, potendo le stesse rinunciarvi, alla luce delle proprie strategie difensive.

Peraltro, va ricordato che l’espressione “rinunciare espressamente al rinvio” non presuppone una necessaria formalizzazione (scritta o verbale) di tale intendimento, ben potendo la stessa risultare implicitamente dal comportamento processuale – purché obiettivamente non equivoco – tenuto dalla parte (o dal relativo difensore) legittimata ad avvalersi della sospensione di cui si è detto.

Nel caso di specie, risulta dagli atti che all’udienza pubblica tenutasi il 7 dicembre 2010 avanti al Tribunale amministrativo de L’Aquila, l’odierna appellante era regolarmente rappresentata da uno dei suoi difensori difensori di fiducia (nella specie, l’avvocato Colagrande), il quale non solo non ha manifestato alcun dissenso alla celebrazione dell’udienza, ma anzi ha partecipato attivamente alla relativa discussione pubblica, svolgendo regolarmente il proprio ufficio di patrocinio (circostanze queste che non sono stato affatto smentite).

Tale comportamento, non contestato nella sua realtà fattuale dall’appellante, è stato evidentemente frutto di una precisa, libera e consapevole strategia difensiva della parte allora resistente in giudizio, e da esso non poteva obiettivamente non desumersi l’implicita rinunzia (poiché tertium non datur) ad avvalersi del rinvio della celebrazione dell’udienza.

Per l’effetto, correttamente il giudice di prime cure ha provveduto a celebrare l’udienza di discussione e quindi, al suo esito, a trattenere la causa in decisione.

Del resto, a seguito dell’ordinanza n. 686 del 26 ottobre 2016, con cui il primo giudice aveva accolto l’istanza di revoca della sospensione “impropria” del processo formulata dalla Provincia di Teramo, con conseguente fissazione dell’udienza pubblica di discussione per il 7 dicembre 2016, la

Cisa Appalti S.a.s. depositava – in data 9 novembre 2016 – istanza per la revoca della suddetta ordinanza di revoca, il che comportava l’emanazione di un nuovo avviso di comparizione delle parti per la camera di consiglio del successivo 23 novembre.

A tale udienza (successiva all’entrata in vigore del d.l. n. 189 del 2016), come ricordato dall’appellata Costruzioni Stradali s.r.l.u. nella propria comparsa di costituzione in appello (non contestata, sul punto, dall’appellante), prendevano regolarmente parte entrambi i difensori della Cisa Appalti s.a.s., che lungi dall’avvalersi del rinvio di cui trattasi, svolgevano le proprie difese in merito alla richiesta di revoca dell’ordinanza n. 686 del 2016.

Richiesta che alla fine non veniva accolta, con ordinanza collegiale 24 novembre 2016, n. 731.

Quindi, con successiva memoria 26 novembre 2016, i medesimi difensori ribadivano le proprie censure in vista dell’udienza di discussione del successivo 7 dicembre.

In quest’ultima circostanza, non solo era regolarmente presente uno dei difensori di Cisa Appalti, che prendeva parte alla discussione, ma pure si costituiva – in rappresentanza e difesa della suddetta società – un ulteriore professionista, nella persona dell’avvocato Alessandro Di Sciascio del Foro di Chieti (procura depositata in atti il precedente 5 dicembre), il quale pure partecipava alla discussione in udienza.

A maggior ragione, dunque, non rileva la circostanza che uno dei difensori di Cisa Appalti s.a.s., non abbia preso parte a quest’ultima, non essendo comunque necessaria, ai fini della valida difesa processuale della parte e della sua rappresentanza in giudizio, la contestuale comparizione di tutti e tre i procuratori legali fiduciari.

In questi termini, lo spontaneo svolgimento della difesa tecnica in udienza da parte anche di uno solo di essi era di per sé idoneo a manifestare – sia pure per implicito – la volontà della parte di non avvalersi del rinvio, rinunciandovi, di talché la stessa non può oggi lamentare una presunta violazione delle tutele processuali in suo danno.

2. Con il secondo motivo di appello, invece, Cisa Appalti s.a.s. contesta che il primo giudice non avrebbe potuto revocare – su semplice istanza della Provincia di Teramo – la propria precedente decisione di sospendere il processo in attesa della pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione europea in merito alla rilevanza o meno, ai fini dell’esclusione dalle gare d’appalto, della mancata indicazione, nell’offerta economica, dei costi per la sicurezza interni, ovvero dell’applicabilità in tal caso del rimedio del “soccorso istruttorio” da parte della stazione appaltante. Questione, detto per inciso, che costituisce oggetto del merito della presente controversia.

Ad avviso dell’appellante, infatti, dovrebbe trovare applicazione l’art. 279, comma 4, Cod. proc. civ. che, nel combinato disposto con gli artt. 79 ed 80 c.p.a., porterebbe ad escludere la possibilità di revoca del provvedimento che dispone la sospensione da parte dello stesso giudice che l’ha adottato.

Anche tale motivo di appello non è fondato.

Va infatti rammentato – cosa del resto ben evidenziata dal giudice di prime cure – che la sospensione del processo da questi disposta nelle more della pronuncia della Corte di giustizia era di tipo “improprio”, atteso che la quesitone pregiudiziale era già pendente, essendo stata devoluta alla Corte da altro giudice.

Deve pertanto confermarsi il principio di diritto già enunciato dalla Sezione, in analoga vicenda, con ordinanza collegiale dell’11 novembre 2016, n. 4687, in base al quale – in presenza di una sospensione del processo c.d. “impropria” (ai sensi dell’art. 79, comma 1, c.p.a., ammessa dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio con ordinanza del 15 ottobre 2014, n. 28) e non già di quella obbligatoria, conseguente alla pendenza di una causa pregiudiziale ex art. 295 Cod. proc. civ. – la revocabilità del provvedimento che la dispone non solo non si pone in contrasto con alcuna norma processuale, ma appare anzi imposta dal principio della ragionevole durata del processo (art. 2, comma 2, Cod. proc. amm.).

3. Circa infine il terzo motivo di appello, relativo alla ritenuta escludibilità dalla gara dell’Ati Costruzioni Stradali per omessa comunicazione degli oneri per la sicurezza, lo stesso è evidentemente infondato, alla luce dei più recenti pronunciamenti giurisprudenziali.

La sentenza impugnata aveva accolto il ricorso principale della Costruzioni Stradali s.r.l.u. sul presupposto che “Nel presente giudizio non è in discussione l’adempimento, da parte della odierna ricorrente, degli obblighi di sicurezza né la considerazione dei relativi oneri nella formulazione dell’offerta, ma si contesta soltanto che l’offerta non specifica la quota di prezzo corrispondente ai predetti oneri.

La stazione appaltante ha escluso la ricorrente per una carenza non sostanziale, ma soltanto formale, che avrebbe dovuto indurre, in applicazione dell’art. 46, comma 1 ter, d.lgs 163 del 2006, ad attivare il soccorso istruttorio con conseguente illegittimità dell’impugnato provvedimento di esclusione, comminato in via automatica, in virtù del solo riscontro dell’omissione formale.

La mancata separata indicazione da parte del raggruppamento Costruzioni stradali degli oneri per la sicurezza deve quindi ritenersi frutto di un errore scusabile, ingenerato, nell’operatore economico, dall’assenza di alcuna specifica prescrizione nella lex specialis”.

Nel caso di specie è incontestato che l’obbligo non fosse espressamente previsto nel bando di gara.

Debbono quindi trovare applicazione i principi di diritto enunciati da Cons. Stato, Ad. plen., 27 luglio 2016, n. 9, nonché dall’ordinanza della Corte di Giustizia dell’Unione europea, VI, 10 novembre 2016, in causa C-162/16.

La prima ha chiarito che, alla luce della normativa dell’Unione Europea, per le gare bandite anteriormente all’entrata in vigore del c.d. Codice degli appalti e delle concessioni (d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50), nelle ipotesi in cui l’obbligo di indicazione separata dei costi di sicurezza aziendale non sia stato specificato dalla legge di gara e non sia in contestazione che dal punto di vista sostanziale l’offerta rispetti i costi minimi di sicurezza aziendale, l’esclusione del concorrente non può essere disposta se non dopo che lo stesso sia stato invitato a regolarizzare l’offerta dalla stazione appaltante nel doveroso esercizio dei poteri di soccorso istruttorio.

La seconda ha affermato, analogamente, che “ostano all’esclusione di un offerente dalla procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico a seguito dell’inosservanza, da parte di detto offerente, dell’obbligo di indicare separatamente nell’offerta i costi aziendali per la sicurezza sul lavoro, obbligo il cui mancato rispetto è sanzionato con l’esclusione dalla procedura e che non risulta espressamente dai documenti di gara o dalla normativa nazionale, bensì emerge da un’interpretazione di tale normativa e dal meccanismo diretto a colmare, con l’intervento del giudice nazionale di ultima istanza, le lacune presenti in tali documenti. I principi della parità di trattamento e di proporzionalità devono inoltre essere interpretati nel senso che non ostano al fatto di concedere a un tale offerente la possibilità di rimediare alla situazione e di adempiere detto obbligo entro un termine fissato dall’amministrazione aggiudicatrice”.

Alla luce dei detti principi va quindi respinto anche il terzo motivo di appello, vertendosi in una situazione di fatto (e di presupposti giuridici, quanto a norme applicabili ratione temporis) del tutto analoga a quella presa in considerazione dalle richiamate pronunce.

4. Per le considerazioni svolte l’appello va dunque respinto.

La particolarità delle questioni trattate fa peraltro ritenere giustificata la compensazione tra le parti delle spese di lite del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.