Consiglio di Stato, sez. III, 2 maggio 2017, sent. n. 2014

SOMMARIO: 1. Premessa: l’interesse legittimo “attuale” e tecniche di tutela  2.      D.lgs n. 50 del 2016, correttivo e le conseguenti implicazioni  3. Sovrapposizione di criteri introduce un’accezione diversa dell’interesse legittimo? Risposta del Consiglio di Stato sez. III 2 maggio 2017 n. 2014 4. L’interesse legittimo “in evoluzione”

  1.  Premessa: l’interesse legittimo “attuale” e tecniche di tutela

L’interesse legittimo è oggi inteso come una situazione sostanziale direttamente tutelata dall’ordinamento giuridico nella cui parte essenziale assumer rilievo il bene della vita da conseguire o da difendere, nella sua accezione di interesse legittimo pretensivo o oppositivo.

E’ una posizione sostanziale equiparata dalla Costituzione all’interesse soggettivo. L’interesse pubblico e l’interesse privato sono due aspetti autonomi della stessa relazione. Questa relazione giuridica intersoggettiva è qualificata come rapporto giuridico amministrativo, ovvero rapporto sostanziale nel quale si fronteggiano il potere pubblico per la cura di un interesse pubblico e la libertà del titolare del privato cittadino. La valenza sostanziale dell’interesse legittimo e la sua esigenza ad una piena tutela trovano conferma nel codice del processo amministrativo che prevede per il G.a. la possibilità di emanare pronunce dichiarativa, costitutive e di condanna, ovvero tutte le pronunce che siano idonee a raggiungere il bene della vita, tra le quali, anche l’adozione di una pronuncia di mero accertamento.

La piena omologazione delle tecniche di tutela tra l’interesse legittimo e il diritto soggettivo non implica, per ciò solo, la trasformazione dell’interesse legittimo in diritto soggettivo.

La nuova matrice sostanziale dell’interesse legittimo impone una diversa configurazione della tutela del privato leso da un provvedimento illegittimo; in ossequio ai canoni costituzionali ed europei, richiamati dall’art 1 del c.p.a., è necessario che il giudice amministrativo non si fermi al riscontro estrinseco della legittimità dell’atto ma, entro i limiti consentiti dalla non sostituibilità di valutazione e di scelte, si spinga oltre scrutinando il rapporto regolato dall’atto e giudicando in merito alla fondatezza della pretesa sostanziale. [1] Ciò in considerazione del sistema civil law basato sul principio ubi ius ibi remedium, dove le tecniche di tutela devono adeguarsi alla posizione sostanziale.

L’art. 34 comma 1 lettera c) del codice del processo amministrativo positivizza l’azione di  esatto adempimento e generalizza il modello del giudizio sul rapporto.

La norma, nella sua formulazione integrata dal D.lgs. 160/2012 individua due limiti dell’azione di esatto adempimento; un limite sostanziale rappresentato dalla non utile esperibilità del rimedio se ci sono sacche di discrezionalità amministrativa o tecnica o se siano necessarie attività istruttorie riservate alla Pa,  e un limite processuale, dato dalla necessità che la domanda di condanna non esperibile in via autonoma si accompagni ad un’altra azione di completamento.  Dagli art. 34 comma 1 lett c) e 31 comma 3 e 34 comma 1 lett c) cpa si evince un ampio concetto di attività vincolata che include non solo le fattispecie in cui la discrezionalità manca in astratto, in ragione della doverosità dell’azione amministrativa, ma anche nei casi in cui la discrezionalità faccia difetto in considerazione di sopravvenienze.

Il sindacato del giudice non si limiterà all’indagine di una discrezionalità astratta, ma si potrà spingere fino alla discrezionalità concreta ancora esercitabile dal potere pubblico.

Assume significativo rilievo la discrezionalità procedimentale in ossequio al principio secondo cui il potere discrezionale si spende nel procedimento. Anche in presenza di tali principi, non sussiste la possibilità, tranne che si versi in una situazione processuale patologica,  che il giudice condanni la Pa ad emanare il provvedimento in questione, a fronte del principio di separazione dei poteri [2] e il suo corollario processuale dell’eccezionalità e tassatività dei casi di giurisdizione di merito[3]

Laddove, invece, persistano dei margini di discrezionalità il giudice amministrativo pur non potendo imporre l’adozione di un provvedimento satisfattorio, in ossequio all’art 34 lett. e) ha il potere di disporre le misure idonee ad assicurare l’esecuzione del giudicato. [4]

Altro corollario di matrice sostanziale dell’interesse legittimo è il superamento del principio del numero chiuso delle tecniche di tutela. [5]

Il concetto di atipicità non riguarda solo il novero delle azioni proponibili, ma anche il contenuto delle decisioni adottabili. In altri termini, anche le azioni tipiche presentano un profilo di atipicità. Lo spostamento del baricentro del giudizio dall’atto sul rapporto ha fatti sì che la tutela debba essere ricalibrata nel duplice senso di evitare annullamento inutili, ovvero di affiancare all’annullamento utile l’accertamento della spettanza del bene. Si supera l’antico dogma della natura intrinsecamente imperativa di tutte le disposizioni, sostanziali e processuali, che regolano l’attività della Pa, in quanto l’annullabilità non costituisce più l’unica sanzione di un comportamento illegittimo.

In applicazione dei principi di giustizia sostanziale, effettività e proporzionalità della tutela giudiziaria di derivazione comunitaria, si è superato il dogma della necessaria retroattività dell’annullamento di un atto illegittimo. [6]

Il giudice, nel determinare gli effetti delle proprie statuizioni, deve ispirarsi al criterio per cui esse, anche le più innovative, devono produrre conseguenze coerenti con il sistema ( e cioè armoniche con i principi generali dell’ordinamento, e in particolare con quello di effettività e di tutela) e congruenti ( in quanto basate sui medesimi principi generali, da cui possa desumersi in via interpretativa la regula iuris in concreto enunciata). ( cfr Adpl n. 4/15).      

 

 

 

 

  1. D.lgs n. 50 del 2016, correttivo e le conseguenti implicazioni

 

Una delle novità introdotte dal D.Lgs. 50/2016 è la creazione di una gerarchia tra i criteri di aggiudicazione degli appalti; tra questi si vede assegnata una preferenza al criterio dell’offerta più economicamente vantaggiosa.[7]

Tale metodo consente alle pubbliche amministrazioni di scegliere l’offerta non solo sulla base dell’elemento economico, ma anche sulla valutazione complessiva che tiene conto dell’efficienza, efficacia, funzionalità e del più elevato livello di protezione sociale e dell’ambiente, in un’ottica di una strategia di rilancio economico all’interno di un programma di politica economica.

Tale finalità è stata tenuta presente nel cd Correttivo appalti, D. Lgs n. 56/2017 che, però, non ha sciolto il nodo gordiano, bensì si è limitato ad estendere la categoria degli appalti aggiudicabili con il criterio del prezzo più vantaggioso.

 

Il nuovo codice all’art 95 stabilisce che il  criterio dell’offerta più vantaggiosa costituisce il criterio ordinario di selezione, mentre il criterio del prezzo più basso può trovare applicazione solo nei casi previsti dalla legge.

Nonostante la prevalenza del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, il prezzo più basso mantiene comunque una significativa importanza e l’individuazione dell’ambito di applicazione delle due modalità di selezione, non appare di facile delimitazione.[8]

            La possibilità di ricorrere all’aggiudicazione dell’appalto di lavori, attraverso il massimo ribasso, presuppone però la presenza di un progetto esecutivo che non ammette varianti e che al contempo garantisca una verifica di tutti gli aspetti tecnici e qualitativi dell’offerta. Inoltre, le stazioni appaltanti possono utilizzare il meccanismo di esclusione automatica delle offerte anomale con il sistema antiturbativa[9], sorteggiando nel corso della gara il criterio di calcolo dell’offerta anomale in modo da evitare la preventiva predeterminazione della soglia di anomalia e la possibilità di accordi collusivi.

           

Il codice limita il ricorso al prezzo più basso nei casi in cui l’appalto sia stato affidato con procedure ordinarie, ma ciò fa sorgere il dubbio se sia possibile utilizzare il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. [10]

Per l’affidamento di servizi e forniture occorre verificare se le stesse abbiano o meno le caratteristiche “standardizzate e le cui condizioni siano previste dal mercato”; in questi casi l’amministrazione può sempre ricorrere al criterio del prezzo più basso a prescindere dal valore dell’appalto, mentre per gli appalti che non presentano tale caratteristica il correttivo ha provveduto a modificare il testo originario della disposizione temperando ulteriormente la portata applicativa dell’offerta economicamente più vantaggiosa. [11]

L’aggiudicazione al prezzo più basso è sempre consentita per servizi e forniture fino a 40.000 Euro. Per gli affidamenti superiori a tale soglia, la possibilità di ricorrere al prezzo più basso è confinata fino ad un importo massimo pari alla soglia comunitaria, con la necessaria caratterizzazione di “elevata ripetibilità”. Ne sono esclusi i contratti di notevole contenuto tecnologico oppure a carattere innovativo. [12]

La ratio della disciplina, volta ad ampliare i casi in cui è possibile ricorrere al criterio del prezzo più basso, vuole  evitare che sia l’amministrazione che gli operatori economici si scontrassero su un piano meramente concorrenziale. In questi casi è la legge ad individuare le ipotesi in cui l’appalto deve essere aggiudicati mediante l’offerta economicamente più vantaggiosa, che va valutata con esclusivo riferimento al miglior rapporto qualità prezzo e non al costo del ciclo di vita. Si tratta di servizi sociali e di ristorazione ospedaliera, assistenziale, scolastica o servizi ad alta intensità di manodopera ( fatti salvi gli affidamenti diretti di importo inferiore ai 40.000 Euro, servizi di ingegneria architettura e altri servizi di natura tecnica ed intellettuale, con un importo pari o superiore a 40 mila euro.

 

 

  1. Sovrapposizione di criteri introduce un’accezione diversa dell’interesse legittimo? Risposta del Consiglio di Stato sez. III 2 maggio 2017 n. 2014.

 

L’eterogeneità dei servizi ad elevata ripetibilità, pone il problema di stabilire se possano o meno essere aggiudicati con il criterio del prezzo più basso.

Fermo il criterio del prezzo economicamente più vantaggioso, fermo il principio per cui criterio del prezzo più basso costituisce un’eccezione, la giurisprudenza non è univoca. [13]

Il criterio del prezzo più basso resta comunque una facoltà e non un obbligo per la stazione appaltante che la Pa dovrà motivare adeguatamente.[14]  In questo senso la giurisprudenza [15] specifica che  si è in presenza di servizi ad alta intensità di manodopera ed è pertanto necessaria un’adeguata motivazione nella scelta del criterio del prezzo più basso [16]

Il  Consiglio di Stato [17] ritiene che la situazione soggettiva di cui è titolare il ricorrente e il bene della vita ad esso sotteso, non devono necessariamente coincidere con l’utilità finale cui il privato aspira, ovvero l’aggiudicazione.[18] Le trasformazioni processuali e sostanziali che hanno accompagnato l’evoluzione della disciplina del contratti pubblici fanno emergere, secondo il Collegio, un interesse che di fatto trascende dall’interpretazione tradizionale. Il bene della vita oggetto di tutela può essere inteso, infatti, in un’accezione ben più ampia, comprensiva anche dell’interesse al corretto svolgimento della gara.

 

 

4. L’interesse legittimo “in evoluzione”

 

È, dunque, acquisito che l’interesse legittimo non è un interesse indirettamente protetto o una posizione processuale, e nemmeno un interesse alla mera legittimità dell’azione amministrativa

Seguendo l’iter interpretativo indicato dal Consiglio di Stato, sembra che la materia dei criteri di aggiudicazione del nuovo codice dei contratti pubblici, possa consentire un nuovo tentativo nella oramai consolidata e tradizionale accezione dell’interesse legittimo. La nuova disciplina dei contratti pubblici ha, infatti, attraverso un articolato sistema di criteri di aggiudicazione,  indicato come prioritario quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Tale criterio è indicato come criterio principale e gerarchicamente superiore al criterio del prezzo più basso.

Nella scelta dell’offerta economicamente più vantaggiosa, si cela, nemmeno tanto velatamente, una possibile nuova concezione dell’interesse legittimo inteso non solo e non principalmente all’attuazione del bene della vita, ma anche e forse, principalmente ad una corretta espletazione della  competizione secondo le coordinate qualità - prezzo. Ed è proprio in  questa nuova prospettiva che, apparentemente si focalizza esclusivamente su un criterio di scelta contrattuale, su un elemento procedurale, che consentirebbe di verificare la possibilità di un’ ampiamento del concetto di interesse legittimo, inteso non più e non tanto all’interno dei limiti “meramente” sostanziali, bensì volto ad comprensivo di una più ampia accezione che nella sua parte “finalistica” di raggiungimento del bene della vita, assorbe anche la procedura, ovvero i suoi prodromi, cioè, i criteri di scelta dell’aggiudicazione.  L’innovativa interpretazione del Consiglio di Stato sembra voler indicare che l’interesse legittimo può essere leso, non solo e non tanto nella parte finale, quella concernente l’aggiudicazione del bene della vita, ma ancor prima nell’imposizione, o proposizione di clausole procedurali illegittime che impongono un criterio, quello del prezzo più basso, che è immediatamente lesivo del bene finale di aggiudicazione, perché distorce il sistema concorrenziale stesso. L’illegittimità del bando di gara così  determinata,  costituisce un prius logico giuridico rispetto a tutte le fasi successive della gara ed è di tale valenza da condizionare in modo illegittimo il bene della vita, pertanto va immediatamente impugnata.

Si conferma così da parte della la tendenza della giurisprudenza di estendere le ipotesi di immediata impugnabilità del bando di gara e ciò attraverso il grimaldello della nuova disciplina dei contratti pubblici, sostenuta dalla ratio di anticipare ed evitare ogni conflitto.

La scelta del criterio ( del prezzo economicamente più vantaggioso o del prezzo più basso)  spetta, comunque, alla Pa; l’eventuale alta densità della manodopera di un servizio giustifica la sottoposizione al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

In un’ottica più ampia, si potrebbe affermare che la decisione del Consiglio di Stato in esame, offra una rivisitazione della concezione dell’interesse legittimo, ovvero ne ricomprende anche la sua “anima” procedurale, valore che da sempre è stato negato in quanto il suo risarcimento era imprescindibilmente condizionato all’emanazione di un provvedimento favorevole, che automaticamente riconosceva rilevanza sostanziale alla posizione lesa.

La nuova valenza dell’ interesse legittimo giustifica la tutela processuale demolitoria  come una sua anticipazione tutelare e ciò a prescindere dall’esito favorevole della gara, a prescindere da un provvedimento positivo.

      La nuova disciplina dei contratti pubblici, quindi, costituisce l’occasione per, perlomeno, una rideterminazione dei limiti all’interno del (nuovo) interesse legittimo.

Nel momento in cui il nuovo codice prevede l’onere di una impugnazione immediata della causa di esclusione dalla gara che prescrive un criterio piuttosto che un altro, e ciò indipendentemente dall’aggiudicazione, dall’esito finale della gara, ha di fatto scisso in modo l’interesse al corretto svolgimento della gara, e l’interesse al bene della vita; il primo, entra a far parte del nuovo o più ampio concetto di interesse legittimo.

Si tratta, a ben vedere, di un nuova nozione di bene della vita meritevole di protezione che è sicuramente più ampia di quella fino ad ora prospettata, in quanto limitata alla sola aggiudicazione finale del bene della vita. Per questa ragione l’impugnazione dell’illegittima adozione di un criterio al massimo ribasso deve essere impugnata a prescindere dalla gara, a prescindere dall’aggiudicazione, a prescindere dal bene della vita. 

           

 

 

 


[1] Adunanza Plenaria n.3 del 2011 e n. 11 del 2015.

[2]  Cfr Adunanza Plenaria n. 2 del 2016

[3]  art.134 c.p.a. In questo senso l’Adunanza Plenaria n. 5 del 2015.

[4]  Quanto ai limiti processuali, l’art 34 comma 1 lett c) stabilisce che l’azione di condanna al rilascio del provvedimento richiesto è proposta contestualmente , anche con i motivi aggiunti, all’azione di annullamento del provvedimento di diniego o all’azione avverso il silenzio. La norma va letta in combinato disposto con l’art 30 comma 1 cpa secondo cui, salvi i casi di giurisdizione esclusiva e i casi elencati nel medesimo articolo, la domanda di condanna può essere proposta solo contestualmente ad altra azione. Per evitare l’elusione del termine decadenziale la legge impone che il soggetto che ha subito un provvedimento illegittimo, impugni il diniego o il silenzio e nello stesso processo proponga domanda di condanna all’adozione del provvedimento satisfattorio.

[5] A seguito dell’assimilazione dei precetti costituzionali artt, 24, 103, 111, 113 e Cedu art 6 e 13, la tutela amministrativa è divenuta effettiva.

[6]  Adunanza Plenaria n. 4 del 2015 ha evidenziato che l’annullamento ex tunc di un provvedimento impugnato rinviene le sue radici non tanto in una disposizione di legge ma in una prassi, che può essere derogata tutte le volte in cui l’annullamento retroattivo costituisce una misura eccessiva e, di per sé, non satisfattoria.

[7]  F. Saitta, Appalti e contratti pubblici, Commentario sistematico, Padova 2016; La nuova offerta economicamente più vantaggiosa e la discrezionalità amministrativa a più fasi, Urbanistica e appalti, 2017 spec 24-25.

[8] La possibilità per le stazioni appaltanti di ricorrere al prezzo più basso è individuata in modo differente a seconda che l’oggetto dell’appalto sia costituito da lavori o servizi e forniture. Nel caso di appalto di lavori la scelta si basa su un dato oggettivo, costituito dal valore dell’appalto il cui importo, elevato dal Correttivo, è pari o inferiore ai 2.000.000 di Euro.

[9] Art 97 comma 2 e 8 D.Lgs. n. 50/2016.

[10] L’art 36 comma 2 lett d) prevede l’obbligo di procedure ordinarie per lavori di importo pari o superiore a 1.000.000 di Euro, consentendo, quindi per gli appalti di soglia inferiore la possibilità di ricorrere alla procedura negoziale; in questo modo si apre lo spiraglio di un’applicazione del criterio del prezzo più basso all’interno della procedura di negoziazione inferiore alla soglia di legge. Tale interpretazione è stata avvallata dall’Anac.

[11] Sul punto dal testo definitivo del correttivo è stata espunta l’ipotesi di ricorso al prezzo più basso. La norma aveva suscitato perplessità ed era stata oggetto di critiche: “ in relazione all’esecuzione di prestazioni che per quanto indefferibili dovrebbero esigere un’attenta garanzia della qualità delle prestazioni ottenibile attraverso la valorizzazione di elementi non meramente economici dell’offerta” Consiglio di Stato, Ad Comm. Sp. , 30 marzo 2017, n 782.

[12]  Per i servizi e forniture caratterizzati da elevata ripetibilità e di importo superiore alla soglia comunitaria e quelli con contenuto tecnologico innovativo non è più consentito in nessun caso il ricorso al criterio del prezzo più basso.  L’elevata ripetibilità sussiste quando il servizio o la fornitura soddisfano esigenze generiche o ricorrenti, connesse alla normale attività delle stazioni appaltanti, richiedendo approvvigionamenti frequenti, al fine di garantire la continuità della prestazione.

[13] Tar Lazio in due diverse occasioni ha accolto l’interpretazione secondo cui il criterio prevalente in questi casi il criterio economicamente più vantaggioso mentre il criterio del prezzo più basso deve essere considerato come una semplice specificazione della regola generale Tar Lazio n.12439/16 e n. 11323/16. IN senso contrario Tar Reggio Calabria 1186/16 che ritiene invece che in certe ipotesi si possa utilizzare ancora il criterio del prezzo più basso  e ciò per la complessità delle procedure di aggiudicazione dove le amministrazioni non hanno esperienza sufficiente.

[14] Se nell’art. 83 del vecchio Dlgs. n. 163/06 tali criteri erano posti su una posizione di parità, e spettava unicamente all’Amministrazione nella sua discrezionalità optare per l’uno per l’altro, l’art. 95 dopo avere affermato che “I criteri di aggiudicazione non conferiscono alla stazione appaltante un potere di scelta illimitata dell'offerta” e che “Essi garantiscono la possibilità di una concorrenza effettiva e sono accompagnati da specifiche che consentono l'efficace verifica delle informazioni fornite dagli offerenti al fine di valutare il grado di soddisfacimento dei criteri di aggiudicazione delle offerte”, ha imposto l’offerta economicamente più vantaggiosa come criterio “principale”, e il massimo ribasso come criterio del tutto “residuale” utilizzabile solo in alcuni e tassativi casi, e comunque previa specifica ed adeguata motivazione.

[15]  Tar Emilia Romagna n. 387/16

[16] Consiglio di Stato 2 maggio 2017 n. 2014; l’appalto nel caso specifico si trattava di somministrazione di personale infermieristico e tecnico sanitario per un valore quasi a 3 milioni di Euro, ha stabilito che l’appalto doveva  essere qualificato come appalto ad alta intensità di manodopera e come tale dovesse essere aggiudicato mediante l’offerta economicamente più vantaggiosa. In quest’occasione il Collegio si è soffermato su  una questione preliminare di ampio respiro ed ha deciso l’estensione dell’immediata impugnabilità del bando di gara anche all’aspetto legato alla scelta del criterio di aggiudicazione, discostandosi dall’indirizzo giurisprudenziale consolidato sul tema della diretta e immediata contestazione dei bandi, che ammetteva l’immediata impugnazione di clausole relative ai requisiti di ammissione o di partecipazione ma solo nella misura in cui abbiano effetti direttamente escludenti o quando rendano eccessivamente difficoltosa la partecipazione o l’imposizione di oneri incomprensibili o sproporzionati, che violano i principi di evidenza pubblica, concorrenza, par conditio.

[17] La conclusione cui giunge l’Adunanza Plenaria ( cfr sentenza n.1 del 2003) è evidentemente influenzata dalla qualificazione dell’interesse sostanziale di base della cui tutela trattasi, quale interesse all’aggiudicazione. Secondo l’Adunanza, infatti, la “condizione di concorrenti” dei partecipanti alla gara “può essere apprezzata e valutata esclusivamente con riferimento all’unico interesse sostanziale di cui essi sono titolari, che è quello all’aggiudicazione e, comunque, all’esito positivo della procedura concorsuale, sicché l’eventuale incidenza di clausole che conformino illegittimamente la condizione di concorrenti dei singoli partecipanti, può acquistare rilievo esclusivamente se si traduce in un diniego di aggiudicazione o, comunque, in un arresto procedimentale con riferimento al medesimo obiettivo; dall’altra non appare configurabile un interesse autonomo alla legittimità delle regole e delle operazioni di gara, distinto dalla pretesa all’aggiudicazione o alla stipula del contratto”.

La pronuncia precisa che “l’interesse alla legittimità della procedura costituisce un aspetto ed un riflesso dell’interesse all’aggiudicazione, ed è anzi quest’ultimo che può fondare e sostenere il primo, sicché l’eventuale illegittimità della procedura acquista significato e rilievo soltanto se comporta il diniego di aggiudicazione, in tal modo ledendo effettivamente l’interesse protetto, di cui è titolare il soggetto che ha preso parte alla gara”. Prosegue il Collegio affermando che “Essa costituisce una pietra miliare nell’applicazione, alle procedure concorsuali, della teoria della dimensione sostanziale dell’interesse legittimo e della sua conseguente tutela, ma in quanto diritto vivente necessità di interpretazione evolutiva idonea a conservarne la coerenza rispetto alle profonde trasformazioni che hanno investito il diritto degli appalti mutandone impostazione e prospettive”.

[18] La prima innovazione del nuovo codice,  secondo il Consiglio, è l’espressa comminazione di nullità delle clausole espulsive autonomamente previste dalla stazione appaltante. Il riferimento è al vecchio comma 1 bis dell'art. 46 del codice dei contratti pubblici ed all’art. 83 comma 8 del nuovo codice che ne reitera la previsione, il quale, nel delineare una fattispecie di nullità, prescrive che “I bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione rispetto a quelle previste dal presente codice e da altre disposizioni di legge vigenti. Dette prescrizioni sono comunque nulle” ’altra significativa ed innovativa previsione è contemplata dall’art. 211 comma 2 del nuovo codice. Trattasi di un’autotutela “doverosa” (così il parere della Commissione speciale del Consiglio di Stato, n. 2777 del 28 dicembre 2016) attivabile dalla stazione appaltante, su impulso dell’Autorità di vigilanza, al fine del ripristino della legalità procedurale, che prescinde dall’interesse del singolo partecipante all’aggiudicazione e mira invece al corretto svolgimento delle procedure di appalto nell’interesse di tutti i partecipanti e finanche di quello collettivo dei cittadini, interesse quest’ultimo che và via via emancipandosi dallo schema del mero interesse di fatto (sul punto cfr. considerando 122 della direttiva 24/2014).