TAR Toscana, Firenze, sez. I, 23 ottobre 2017, n. 1267
1. La stazione appaltante è titolare di un margine di discrezionalità nel richiedere requisiti di capacità economica, finanziaria e tecnica ulteriori e più severi rispetto a quelli normativamente previsti, con il rispetto della proporzionalità e della ragionevolezza e nel limite della continenza e della non estraneità rispetto all’oggetto della gara.
2. L’amministrazione è legittimata ad introdurre disposizioni atte a limitare la platea dei concorrenti onde consentire la partecipazione alla gara stessa di soggetti particolarmente qualificati, specie per ciò che attiene al possesso di requisiti di capacità tecnica e finanziaria; tale possibilità (sindacabile in sede giurisdizionale quanto all’idoneità ed all’adeguatezza delle clausole del bando rispetto alla tipologia e all’oggetto dello specifico appalto) è ammessa a condizione che la scelta dei requisiti di partecipazione non sia irragionevolmente limitativa della concorrenza, in quanto correttamente esercitata attraverso la previsione di requisiti pertinenti e congrui rispetto allo scopo perseguito.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1175 del 2017, proposto da:
Kibernetes S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato Francesca Petullà, domiciliata ex art. 25 c.p.a. presso Segreteria T.A.R. in Firenze, via Ricasoli 40;
contro
ESTAR - Ente di Supporto Tecnico Amministrativo Regionale, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Giuseppe Toscano, con domicilio eletto presso lo studio Francesco Gesess in Firenze, lungarno A. Vespucci n. 20;
per l'annullamento
- della determinazione del direttore del dipartimento Estar n. 1165 del 18.07.2017 con cui veniva indetta la gara per l'affidamento del servizio di supporto alle attività fiscali – tributarie – previdenziali e amministrativo – contabili, per le esigenze di ESTAR, delle Aziende Sanitarie e degli Enti della Regione Toscana;
- del bando di gara pubblicato in Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea in data 26.07.2017, e pubblicato in Gazzetta Ufficiale Repubblica Italiana – 5 serie speciale – Contratti Pubblici n. 89 del 4.08.2017;
- del disciplinare e del capitolato d'appalto, di tutti i chiarimenti resi dalla Stazione Appaltante in relazione a quanto dedotto nel ricorso.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Estar - Ente di Supporto Tecnico Amministrativo Regionale;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 17 ottobre 2017 il dott. Bernardo Massari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
L’Ente di Supporto Tecnico Amministrativo della Regione Toscana indiceva una procedura aperta per l’aggiudicazione del servizio di supporto alle attività fiscali – tributarie – previdenziali e amministrativo – contabili, per le esigenze dello stesso ESTAR e delle Aziende sanitarie della Regione Toscana.
Nel disciplinare di gara, al punto 7 “Soggetti ammessi e condizioni di partecipazione”, si disponeva che possono partecipare gli operatori economici di cui all’art. 45 del d.lgs. n. 50/2016, in possesso dei requisiti di idoneità professionale, tecnico – professionale ed economico e finanziario di seguito precisati.
Per quanto di interesse, al punto 8.2 – “requisiti di idoneità professionale” – si statuiva che “l’operatore economico, al fine della partecipazione alla presente procedura di gara…deve dimostrare di avere: iscrizione albo commercialisti per tutti i soci”.
Al punto 8.4 – “requisiti di capacità tecnica e professionale” si richiedeva l’iscrizione all’albo dei commercialisti almeno quinquennale e l’aver eseguito almeno 2 contratti presso Enti del Servizio Sanitario nel triennio 2014-2015-2016, soggiungendo, per quanto riguarda il requisito della iscrizione all’albo professionale, l’esclusione della possibilità di ricorrere all’avvalimento e, con riferimento ai RTI, precisando che tutti gli operatori raggruppati dovevano possedere l’iscrizione all’albo professionale.
La ricorrente è una società che opera nel settore della fiscalità (ivi compresi la presentazione di dichiarazioni fiscali) prestando servizi per soggetti pubblici e privati, con particolare riferimento ad enti del Servizio sanitario nazionale.
Nondimeno, alla luce delle disposizioni del disciplinare la partecipazione alla gara le è preclusa in quanto i soci di Kibernetes non sono iscritti all’albo dei commercialisti; il requisito di cui al punto 8.2 è ostativo alla partecipazione di imprese, consorzi e delle altre forme societarie, in quanto l’iscrizione all’albo viene richiesta per tutti i soci; la possibilità di partecipare attraverso l’avvalimento è preclusa, poiché il disciplinare testualmente prescrive che sia possibile l’avvalimento solo dei requisiti di capacità economica – finanziaria e tecnica professionale di cui ai punti 8.3 e 8.4 e non già del requisito di idoneità professionale di cui al punto 8.2.
Conseguentemente la società ha impugnato il bando chiedendone, previa sospensione, l’annullamento in parte qua.
Nell’odierna camera di consiglio, sussistendone i presupposti, il ricorso è stato trattenuto per la decisione in forma semplificata.
Il ricorso è fondato.
Deduce in primo luogo la ricorrente la violazione del principio di ragionevolezza e proporzionalità e dei principi di libera concorrenza e non discriminazione, come codificate dall’art. 30, d.lgs. n. 50/2016, con riferimento alla clausola del disciplinare che impone per i soggetti che partecipano in forma societaria l’iscrizione all’albo dei dottori commercialisti di tutti i soci.
La tesi merita condivisione.
Come è noto, la stazione appaltante è titolare di un margine di discrezionalità nel richiedere requisiti di capacità economica, finanziaria e tecnica ulteriori e più severi rispetto a quelli normativamente previsti, con il rispetto della proporzionalità e ragionevolezza e nel limite della continenza e non estraneità rispetto all'oggetto della gara.
Tale esercizio di discrezionalità è stato ritenuto compatibile con i principi della massima partecipazione, concorrenza, trasparenza e libera circolazione delle prestazioni e servizi, purché i requisiti richiesti siano attinenti e proporzionati all'oggetto dell'appalto e la loro applicazione più rigorosa si correli a circostanze debitamente giustificate (ex multis, Cons. St., sez. V, 8 settembre 2008 n. 3083; T.A.R. Lazio, sez. II, 8 febbraio 2017, n. 2115).
Dunque, se l'Amministrazione è legittimata ad introdurre disposizioni atte a limitare la platea dei concorrenti onde consentire la partecipazione alla gara stessa di soggetti particolarmente qualificati, specie per ciò che attiene al possesso di requisiti di capacità tecnica e finanziaria, tale possibilità (sindacabile in sede giurisdizionale quanto all'idoneità ed adeguatezza delle clausole del bando rispetto alla tipologia e all'oggetto dello specifico appalto) incontra il limite che tale scelta non sia irragionevolmente limitativa della concorrenza, in quanto correttamente esercitata attraverso la previsione di requisiti pertinenti e congrui rispetto allo scopo perseguito (Cons. Stato, sez. V, 28 maggio 2014 n. 2775; id. 22 settembre 2009 n. 5653; id., sez. VI, 23 luglio 2008 n. 3655).
Nel caso di specie, se può ritenersi ragionevole e non sproporzionata la richiesta, ai fini della qualificazione, del possesso del requisito dell’iscrizione all’albo per uno o più soci, quanto ai concorrenti che intendano partecipare alla gara in forma societaria, non altrettanto può dirsi in ordine alla richiesta che “tutti” i soci debbano possedere detto requisito. Se, infatti, può consentirsi con la difesa di ESTAR in ordine all’intento “di garantire che chi presterà le attività oggetto di gara, sia iscritto all’Albo” non si comprende la ratio di una richiesta che obblighi tutti i soci debbano possedere tale requisito.
Analogamente va ritenuta irragionevole, perché non congrua rispetto all’oggetto del servizio, la clausola, come interpretata dalla stessa stazione appaltante nelle risposte ai quesiti posti dai potenziali concorrenti, che esclude che il requisito in parola possa essere posseduto solo dai dipendenti dell’impresa che andranno poi a eseguire il servizio i quali ben possono garantire lo svolgimento “operativo”, volto ad acquisire servizi di supporto alle attività fiscali, tributarie, previdenziali e amministrativo-contabili, come ritenuto da controparte.
Fondato si palesa anche il secondo motivo con cui la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 89 del d.lgs. 50/2017 con riferimento alla clausola del disciplinare che, quanto al requisito in parola, non ammette il ricorso all’avvalimento.
Osserva il Collegio che nelle gare pubbliche il ricorso all'avvalimento è in linea di principio legittimo non ponendo la disciplina dell’art. 89 del d.lgs. 50/2017 (e in precedenza dell'art. 49 del d.lgs. nr. 163 del 2006) alcuna limitazione, se non per i requisiti strettamente personali di carattere generale (c.d. requisiti di idoneità morale) fissati dallo stesso decreto che non sono attinenti all'impresa e ai mezzi di cui essa dispone e non sono intesi a garantire l'obiettiva qualità dell'adempimento, riguardando invece la mera e soggettiva idoneità professionale del concorrente - quindi non dell'impresa ma dell'imprenditore - a partecipare alla gara d'appalto e ad essere quindi contraente con la pubblica amministrazione (cfr. Cons. Stato, sez. V, 5 novembre 2012, nr. 5595; in termini, anche Cons. Stato, sez. III, 15 novembre 2011, nr. 6040).
Sulla scorta di tale premessa la giurisprudenza ha ritenuto che l'istituto dell'avvalimento è consentito in via generale anche per integrare requisiti economico - finanziari o tecnici od organizzativi in presenza dell'iscrizione agli albi professionali ovvero il possesso di requisiti di iscrizione ad albi specialistici (T.A.R. Lazio, sez. I, 24 febbraio 2016 n. 2589; T.A.R. Liguria, sez. II, 20 febbraio 2013 n. 315, T.A.R. Sardegna, sez. I, 12 settembre 2012 n. 794).
In conclusione, per le ragioni illustrate il ricorso va accolto annullando in parte qua le clausole della legge di gara di cui sopra.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza come in dispositivo liquidate.
(omissis)
GUIDA ALLA LETTURA
Da sempre la giurisprudenza amministrativa ha riconosciuto alla stazione appaltante un margine apprezzabile di discrezionalità nel richiedere requisiti di capacità economica, finanziaria e tecnica ulteriori e più severi rispetto a quelli normativamente previsti, ma a condizione che la committente rispetti i principi di proporzionalità e di ragionevolezza, nonché i limiti della continenza e della non estraneità rispetto all’oggetto della gara (cfr. C.d.S., V, 8 settembre 2008, n.3083; nonché C.d.S., sez. VI, 23 luglio 2008, n.3655).
In particolare, secondo l’orientamento giurisprudenziale dominante, il riconoscimento alla stazione appaltante del potere discrezionale di stabilire i requisiti di partecipazione sarebbe in linea generale compatibile con i principi di massima partecipazione, di concorrenza, di trasparenza e di libera circolazione delle prestazioni e dei servizi, purché, si ribadisce, tale potere venga esercitato in maniera coerente e proporzionata all’oggetto dell’appalto.
In buona sostanza, il G.A. ha detto sì alla discrezionalità amministrativa in materia di fissazione dei requisiti di partecipazione, ma a patto che questi ultimi siano attinenti e proporzionati all’oggetto dell’appalto e che la loro applicazione più rigorosa si correli a circostanze debitamente giustificate e soprattutto non dia la stura ad indebite forme di discriminazioni nell’accesso alla procedura (cfr., per tutte, Cons. Stato, Sez. V, 2 febbraio 2010, n. 426; Sez. VI, 11 maggio 2007, n. 2304; nonché TAR Lazio, Sez. II, 9 dicembre 2008, n. 11147).
Ne deriva, pertanto, che la P.A. è legittimata ad introdurre disposizioni atte a limitare la platea dei concorrenti per consentire la partecipazione alla gara da parte di soggetti particolarmente qualificati, (cfr. TAR Emilia Romagna, Bologna, sez. I, 8 novembre 2016, n. 917; nello stesso senso TAR Campania, Napoli, sez. V, 3 maggio 2016 n. 2185; C.d.S., sez. V, 23 settembre 2015, n. 4440; TAR Lazio, Roma, sez. II, 2 settembre 2015, n. 11008), ma deve procedere in tal senso sempre e solo cum grano salis. Vale a dire che la stazione appaltante deve inderogabilmente guidare la sua azione con giusto equilibrio, senza cioè svilire sensibilmente o completamente i principi di proporizionalità e ragionevolezza (cfr. C.d.S., sez. V, 18 giugno 2015, n. 3121; C.d.S., sez. III, 21 gennaio 2015, n. 205).
In quest’ottica, dunque, la sentenza del TAR Firenze n. 1267/2017 non costituisce un quid novi all’interno del panorama giurisprudenziale, ma merita comunque particolare attenzione per la sensibilità e l’attenzione prestata dal Giudicante sulla questione “della sottile linea” che separa le scelte logiche e ragionevoli della P.A. da quelle illogiche, irrazionali ed arbitrarie.
Nella fattispecie decisa dal TAR Toscano si controverteva circa la ragionevolezza e la proporzionalità o meno della richiesta della stazione appaltante, ai fini della qualificazione, del possesso del requisito dell’iscrizione all’albo professionale dei commercialisti di tutti i soci, in caso di partecipazione alla gara in forma societaria.
Ad avviso del TAR, poiché l’oggetto posto a base d’asta consisteva nel servizio di supporto alle attività fiscali – tributarie – previdenziali e amministrativo – contabili, per le esigenze di ESTAR, delle Aziende Sanitarie e degli Enti della Regione Toscana, la richiesta dell’iscrizione all’albo professionale dei commercialisti per uno o più soci, in caso di partecipazione alla gara in forma societaria, non sarebbe in linea di principio sproporzionata ed illogica, ma, ove estesa a tutti i soci, finirebbe con l’esserlo. E ciò perché, come acutamente osservato dal G.A., non è assolutamente congrua rispetto all’oggetto del servizio, la clausola, come interpretata dalla stessa stazione appaltante nelle risposte ai quesiti posti dai potenziali concorrenti, che esclude che il requisito in parola possa essere posseduto solo dai dipendenti dell’impresa che andranno poi a eseguire il servizio, i quali ben possono garantire lo svolgimento “operativo”, volto ad acquisire servizi di supporto alle attività fiscali, tributarie, previdenziali e amministrativo-contabili.
La necessità di garantire la massima apertura del mercato agli operatori economici e, soprattutto, alle micro, piccole medie imprese, è stata da sempre molto avvertita dal Legislatore comunitario.
Nel considerando n. 2 della direttiva “c.d. appalti” 2014/24/UE, si legge, infatti, espressamente che <<gli appalti pubblici svolgono un ruolo fondamentale nella strategia Europa 2020 … per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva>>. <<A tal fine, la normativa sugli appalti adottata ai sensi della direttiva 2004/17/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dovrebbe essere rivista e aggiornata in modo da accrescere l'efficienza della spesa pubblica, facilitando in particolare la partecipazione delle piccole e medie imprese (PMI) agli appalti pubblici e permettendo ai committenti di farne un miglior uso per sostenere il conseguimento di obiettivi condivisi a valenza sociale. È inoltre necessario chiarire alcuni concetti e nozioni di base onde assicurare la certezza del diritto e incorporare alcuni aspetti della giurisprudenza consolidata della Corte di giustizia dell'Unione europea in materia>>.
Nel successivo considerando n. 78 della suindicata direttiva è inoltre messa in evidenza l’opportunità <<che gli appalti pubblici siano adeguati alle necessità delle PMI. Le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero essere incoraggiate ad avvalersi del Codice europeo di buone pratiche, di cui al documento di lavoro dei servizi della Commissione del 25 giugno 2008, dal titolo «Codice europeo di buone pratiche per facilitare l’accesso delle PMI agli appalti pubblici», che fornisce orientamenti sul modo in cui dette amministrazioni possono applicare la normativa sugli appalti pubblici in modo tale da agevolare la partecipazione delle PMI. A tal fine e per rafforzare la concorrenza, le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero in particolare essere incoraggiate a suddividere in lotti i grandi appalti. Tale suddivisione potrebbe essere effettuata su base quantitativa, facendo in modo che l’entità dei singoli appalti corrisponda meglio alla capacità delle PMI, o su base qualitativa, in conformità alle varie categorie e specializzazioni presenti, per adattare meglio il contenuto dei singoli appalti ai settori specializzati delle PMI o in conformità alle diverse fasi successive del progetto>>. Ed ancora, il considerando n. 124, nel premettere che, <<dato il potenziale delle PMI per la creazione di posti di lavoro, la crescite e l’innovazione, è importante incoraggiare la loro partecipazione agli appalti pubblici, sia tramite disposizioni appropriate nella presente direttiva che tramite iniziative a livello nazionale>>, ha posto in rilievo che <<le nuove disposizioni della presente direttiva dovrebbero contribuire al miglioramento del livello di successo, ossia la percentuale delle PMI rispetto al valore complessivo degli appalti pubblici, precisando che non è appropriato imporre percentuali obbligatorie di successo, ma occorre tenere sotto stretto controllo le iniziative nazionali volte a rafforzare la partecipazione delle PMI, data la sua importanza>>.
Recependo la direttiva “c.d. appalti” 2014/24/UE, il D. Lgs. n. 50/2016, recante, il nuovo Codice dei contratti pubblici, al comma 2 dell’art. 83 ha previsto che i requisiti di idoneità professionale e le capacità economico-finanziarie <<sono attinenti e proporzionati all'oggetto dell'appalto, tenendo presente l'interesse pubblico ad avere il più ampio numero di potenziali partecipanti, nel rispetto dei principi di trasparenza e rotazione>>.
Tale disposizione, a ben vedere, non spicca per innovatività, giacché come dimostrato dalla giurisprudenza sopra richiamata, anche in vigenza del Codice 2006, non v’era ragione di dubitare che le stazioni appaltanti dovessero attenersi, nella determinazione dei requisiti, ai principi di proporzionalità e di ragionevolezza. Tuttavia, il fatto che tali principi siano stati espressamente richiamati dall’art. 83 del D. Lgs. n. 50/2016 è un chiaro monito del Legislatore alle committenti e disvela l’intenzione del primo acché l’accessibilità delle procedure assurga ad interesse consustanziale allo stesso concetto di evidenza pubblica[1].
[1] Cfr. A. Giannelli, P. Provenzano, A. Giusti, in “Codice dei Contratti pubblici”, a cura di m. esposito, UTET 2017, 1044 e ss..