Consiglio di Stato sez. V 10/10/2017 n. 4680
Nel merito delle questioni prospettate dall’appellante, va innanzitutto ribadito il consolidato indirizzo giurisprudenziale (su cui A.P. 29 novembre 2012, n. 36), a mente del quale “la verifica della congruità di un’offerta ha natura globale e sintetica, vertendo sull’attendibilità della medesima nel suo insieme, e quindi sulla sua idoneità a fondare un serio affidamento sulla corretta esecuzione dell’appalto, onde il relativo giudizio non ha per oggetto la ricerca di singole inesattezze dell’offerta economica”.
L’attendibilità dell’offerta va valutata pertanto nel suo complesso e non con riferimento a singole voci di prezzo eventualmente ritenute incongrue, avulse dall’incidenza che potrebbero avere sull’offerta economica nel suo insieme (conformi, ex plurimis, Cons. Stato, V, 17 gennaio 2014, n. 162; V, 14 giugno 2013, n. 3314; IV, 22 marzo 2013, n. 1633).
GUIDA ALLA LETTURA
Nella pronuncia in rassegna il Collegio ha confermato il consolidato orientamento (ex multis., Cons. Stato, IV, 22 marzo 2013, n. 1633; IV, 23 luglio 2012, n. 4206; V, 20 febbraio 2012, n. 875) per cui non sono a priori inammissibili modifiche delle giustificazioni ovvero giustificazioni sopravvenute, come pure eventuali compensazioni tra sottostime e sovrastime, a condizione che – al momento dell’aggiudicazione – l’offerta risulti nel suo complesso affidabile, ossia dia garanzia di una seria esecuzione del contratto.
Tale conclusione, precisa il Consiglio di Stato, è del resto coerente con le finalità del sub-procedimento di verifica dell’anomalia, che si svolge nel contraddittorio dell’operatore economico al fine, appunto, di concretamente verificare l’adeguatezza e plausibilità dell’offerta, alla luce delle richieste di chiarimenti effettuate dalla stazione appaltante.
Del resto, va anche tenuto presente che nella pronuncia resa dal Cons. Stato, V, 22 maggio 2015, n. 2573 è stato ribadito il carattere non sanzionatorio del sub-procedimento di verifica di anomalia, tale per cui questo non ha per oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell’offerta, ma si sostanzia in un accertamento se in concreto l’offerta sia attendibile ed affidabile nel suo complesso. Per l’effetto, l’esclusione dalla gara può ritenersi legittima soltanto all’esito di una valutazione di complessiva inadeguatezza dell’offerta.
Ne discende, secondo la pronuncia in rassegna, che nell’ambito del contraddittorio, che va assicurato nel sub-procedimento in questione, “a fronte dell’immodificabilità dell’offerta sono tuttavia modificabili le relative giustificazioni, ed in particolare sono consentite giustificazioni sopravvenute e compensazioni tra sottostime e sovrastime, purché l’offerta risulti nel suo complesso affidabile al momento dell’aggiudicazione e a tale momento dia garanzia di una seria esecuzione del contratto (Sez. IV, 22 marzo 2013, n. 1633, 23 luglio 2012, n. 4206; Sez. V, 11 giugno 2014, n. 2982, 20 febbraio 2012, n. 875; Sez. VI, 24 agosto 2011, n. 4801, 21 maggio 2009, n. 3146)”.
In definitiva la formulazione di un’offerta economica e la conseguente verifica di anomalia si fondano su stime previsionali e dunque su apprezzamenti e valutazioni implicanti un ineliminabile margine di opinabilità ed elasticità, essendo quindi impossibile pretendere una rigorosa quantificazione preventiva delle grandezze delle voci di costo rivenienti dall’esecuzione futura di un contratto, essendo per contro sufficiente che questa si mostri ex ante ragionevole ed attendibile.
Pubblicato il 10/10/2017
N. 04680/2017REG.PROV.COLL.
N. 00045/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 45 del 2017, proposto da:
Cardamone Group s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Francesco Antonio Caputo, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Ugo Ojetti, n.114;
contro
Comune di Rocca di Papa, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Piergiorgio Abbati, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via G. Pierluigi Da Palestrina, n. 19;
nei confronti di
Società Industrie Alimentari Ristorazione Collettiva (Siarc) s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Francesco Izzo, Antonio Catricalà e Francesca Sbrana, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima in Roma, via Vittoria Colonna, n. 40;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA, SEZIONE II BIS n. 09927/2016, resa tra le parti, concernente l’affidamento del servizio di refezione scolastica.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Rocca di Papa e di Siarc s.p.a.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 luglio 2017 il Cons. Valerio Perotti e uditi per le parti gli avvocati Caputo, Abbati e Izzo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.Il Comune di Rocca di Papa indiceva una gara per l’affidamento, in concessione, del servizio di refezione scolastica per anni cinque, “con utilizzo del centro cottura di proprietà comunale”, da aggiudicarsi con il metodo dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
La società Cardamone Group s.r.l., collocatasi, all’esito della procedura, al secondo posto della graduatoria, impugnava innanzi al Tribunale amministrativo del Lazio il provvedimento di aggiudicazione in favore della prima classificata Siarc s.p.a. e gli atti ad esso presupposti, relativi alla rinnovazione della verifica di anomalia dell’offerta tecnica dell’aggiudicataria, chiedendone l’annullamento.
2. La ricorrente aveva in precedenza proposto un distinto gravame avverso il provvedimento di aggiudicazione inizialmente adottato dall’amministrazione a favore della Siarc in data 29 settembre 2015, accolto dal Tribunale amministrativo del Lazio con sentenza n. 13390 del 2015 per la mancata considerazione, da parte della commissione di gara, dell’assenza di indicazioni dei costi del direttore e del dietista.
3. In ragione dell’annullamento la stazione appaltante riapriva il procedimento “dal momento della valutazione dell’anomalia” e “delle relative giustificazioni”, giungendo ad una nuova aggiudicazione (con determinazione n. 325 del 2016) in favore della medesima Siarc s.p.a., le cui giustificazioni erano ritenute adeguate e fondate.
La ricorrente contestava l’inattendibilità dell’offerta, deducendo che gli oneri predeterminati dal DUVRI sarebbero stati computati nelle voci di costo, conseguentemente annullandosi l’utile dell’offerente (e quindi la congruità della relativa offerta), nonché una serie di contraddittorietà ed inconferenze nelle quali sarebbe incorsa l’aggiudicataria Siarc nella “rimodulazione” della propria offerta (tra l’altro, inammissibilmente modificativa di quella in precedenza proposta), nel corso del sub-procedimento della verifica di congruità.
Lamentava inoltre una presunta violazione, da parte dell’aggiudicataria, della cd. “clausola sociale” di riassunzione dei lavoratori precedentemente occupati, di cui all’art. 19 del bando di gara.
4. Si costituivano in giudizio sia la stazione appaltante che la controinteressata Siarc, contestando la tardività dell’eccezione (specifica) relativa al presunto mancato computo dei cd. “oneri da interferenza” in materia di sicurezza, avendo la stessa un carattere assolutamente innovativo rispetto al ricorso giurisdizionale inizialmente proposto (con conseguente violazione sia del termine decadenziale di legge di cui all’art. 29 Cod. proc. amm., sia del principio secondo cui il giudicato copre il “dedotto” e il “deducibile”).
5. Con sentenza 26 settembre 2016, n. 9927, l’adito tribunale, sez. II bis, respingeva il ricorso.
6. Avverso tale decisione la Cardamone Group s.r.l. interponeva appello, deducendone l’erroneità alla stregua dei seguenti motivi di gravame, in larga parte ripropositivi delle doglianze già articolate nel precedente grado di giudizio:
Error in procedendo ed in iudicando dei primi giudici nel non aver dato atto della circostanza – a tutto voler concedere e a prescindere dal resto – che l’offerta di Siarc viene acclarata dalla Commissione di gara con una ragione di utile pari a 0,01 senza avversa opposizione di parte. Travisamento e sviamento da oggettivi presupposti tabulari, donde l’ipotesi classica dell’eccesso di potere giurisdizionale;
Error in iudicando per influente applicazione dell’art. 29 c.p.a. e assoluta inconferenza dell’assioma di “inequivoco carattere soggettivo” addebitando alla scelta di parte di non formulare l’impugnativa sull’assenza degli specifici oneri da interferenza già negli originari giustificativi, in sede di primo ricorso; interpretazione fallace del vincolo processuale del principio del “dedotto e deducibile”. Irragionevolezza della congettura di mancata “riapertura” dei termini a difesa. Aggiudicazione della gara ad un’offerta tabularmente in perdita.
Quest’ultimo, a sua volta, presentante sei diversi profili di censura.
7. Si costituivano in giudizio la stazione appaltante e la società controinteressata, aggiudicataria della gara, chiedendo il rigetto dell’appello siccome infondato.
Con ulteriori memorie le parti appellate eccepivano la sopravvenuta carenza di interesse al ricorso in capo all’appellante Cardamone Group s.r.l., in quanto attinta, nelle more del giudizio, da un’informativa interdittiva antimafia, di per sé ostativa alla stipula del contratto di concessione in esame.
8. Successivamente tutte le parti ulteriormente illustravano con apposite memorie le proprie rispettive tesi difensive ed all’udienza del 27 luglio 2017 la causa passava in decisione.
DIRITTO
9. Va preliminarmente esaminata, per ragioni di priorità logica, l’eccezione di irricevibilità del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse, formulata dalla Siarc e dal Comune di Rocca di Papa.
Al riguardo risulta dagli atti che effettivamente la Cardamone Group s.r.l. è risultata destinataria, in data 28 aprile 2016, di una interdittiva antimafia emessa dal Prefetto di Catanzaro.
La circostanza è riconosciuta dallo stesso appellante, che però ne sminuisce la rilevanza per averla impugnata avanti al giudice amministrativo competente (giudice che, però, non risulta averne sospesa l’efficacia).
La questione va risolta facendo applicazione del principio di diritto (ex multis, Cons. Stato, IV, 20 luglio 2016, n. 3247) secondo cui tale tipo di interdittiva implica un “accertamento dell’incapacità originaria del privato ad essere parte contrattuale della pubblica amministrazione”, con l’automatica conseguenza che, ai sensi degli artt. 67 e 94 del d.lgs. 6 settembre 2001, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione), le varie amministrazioni pubbliche “non possono stipulare, approvare o autorizzare i contratti o subcontratti, né autorizzare, rilasciare o comunque consentire le concessioni e le erogazioni”.
A fronte di un provvedimento interdittivo valido ed efficace, quale risulta essere quello su cui si controverte, viene dunque meno ogni possibilità per l’appellante di ottenere, anche in caso di esito positivo dell’appello, il bene della vita cui aspira, con conseguente cessazione di un obiettivo interesse a coltivare il gravame.
10. Nel merito l’appello è infondato.
10.1 Con il primo profilo di gravame (declinato nei motivi sub B.1 e B.2), la Cardamone Group impugna la sentenza nella parte in cui ha dichiarato irricevibile la doglianza sulla presunta mancata considerazione, nell’offerta – poi risultata aggiudicataria – della Siarc, dei cd. “costi interferenziali”.
L’irricevibilità viene fatta discendere, dal giudice di prime cure, dalla mancata proposizione di tale specifica doglianza in occasione del precedente ricorso contro la (prima) aggiudicazione dell’appalto alla Siarc, pur essendo la ricorrente, all’epoca, a conoscenza dei presupposti di fatto su cui si fonda tale doglianza: ciò violerebbe il principio generale, di carattere processuale, secondo cui il giudicato nel frattempo formatosi sul primo giudizio copre il dedotto ed il deducibile (ossia consuma il potere di impugnativa per tutti i vizi sin da principio deducibili).
Anche ad ammettere che la scelta della Cardamone Group di non dedurre tutte le ipotetiche ragioni di impugnazione, bensì di selezionare quelle da lei evidentemente ritenute più importanti, sia frutto di una precisa e libera strategia difensiva, di essa però l’appellante deve accettare anche gli eventuali rischi, in particolare quelli derivanti dall’applicazione di regole aventi carattere erga omnes (quali appunto quelle di carattere processuale).
Sul punto la sentenza gravata così riporta: “Tale conclusione assume, tra l’altro, carattere indefettibile a causa del rilievo che, per stessa ammissione della ricorrente, tali oneri non erano stati oggetto di evidenziazione “già nella specifica originaria” (cfr. pag. 16 dell’atto introduttivo del giudizio e anche pag. 7 della memoria depositata in data 27 giugno 2016) e, dunque, del connesso, doveroso riconoscimento della piena facoltà per la predetta di procedere fin da subito a sollevare la contestazione di cui si discute”.
Lo stesso giudice esclude inoltre che “valenza alcuna possa essere attribuita a considerazioni inerenti alla sussistenza o meno di un concreto “interesse”, in fase di redazione del ricorso originario, a censurare “la circostanza” de qua”.
Va applicato in argomento il principio da ultimo ribadito da Cons. Stato, V, 6 novembre 2015, n. 5070 e V, 6 novembre 2015, n. 5075, secondo cui vi è un preciso onere, in capo al ricorrente, di formulare nei termini di legge tutte le proprie contestazioni in relazione ai singoli profili astrattamente evincibili: in difetto, tale possibilità sarà successivamente preclusa, “pena l’assoluto svilimento dei limiti temporali imposti dal legislatore per la sindacabilità dei provvedimenti amministrativi”.
Né potrebbe parlarsi, al riguardo, di interesse sopravvenuto, dal momento che tale specifica questione non era stata neppure considerata nel corso del nuovo procedimento di verifica dell’anomalia.
Nel merito delle questioni prospettate dall’appellante, va innanzitutto ribadito il consolidato indirizzo giurisprudenziale (su cui A.P. 29 novembre 2012, n. 36), a mente del quale “la verifica della congruità di un’offerta ha natura globale e sintetica, vertendo sull’attendibilità della medesima nel suo insieme, e quindi sulla sua idoneità a fondare un serio affidamento sulla corretta esecuzione dell’appalto, onde il relativo giudizio non ha per oggetto la ricerca di singole inesattezze dell’offerta economica”.
L’attendibilità dell’offerta va valutata pertanto nel suo complesso e non con riferimento a singole voci di prezzo eventualmente ritenute incongrue, avulse dall’incidenza che potrebbero avere sull’offerta economica nel suo insieme (conformi, ex plurimis, Cons. Stato, V, 17 gennaio 2014, n. 162; V, 14 giugno 2013, n. 3314; IV, 22 marzo 2013, n. 1633).
Su queste basi il sindacato del giudice amministrativo può riferirsi alle valutazioni svolte dalla stazione appaltante in sede di verifica dell’anomalia, solamente nei limiti della loro intrinseca logicità e ragionevolezza, oltre che della congruità della relativa istruttoria, ma non può in alcun modo tradursi in una nuova verifica di merito, trattandosi di questione riservata all’esclusiva discrezionalità (tecnica) dell’amministrazione.
Né il giudice potrebbe operare autonomamente una verifica delle singole voci dell’offerta, “sovrapponendo così la sua idea tecnica al giudizio – non erroneo né illogico – formulato dall’organo amministrativo cui la legge attribuisce la tutela dell’interesse pubblico nell’apprezzamento del caso concreto, poiché, così facendo, il Giudice invaderebbe una sfera propria della P.A. (C.d.S., IV, 27 giugno 2011, n. 3862; V, 28 ottobre 2010, n. 7631)” (così Cons. Stato, V, n. 162 del 2014 cit.).
Nel caso di specie, non è dato rilevare macroscopiche illogicità, ovvero valutazioni abnormi o affette da errori di fatto nel giudizio compiuto dall’amministrazione.
Non può quindi trovare accoglimento la doglianza secondo cui l’offerta dell’aggiudicataria dovrebbe ritenersi inattendibile, prevedendo in concreto un utile “pari a zero, anzi al di sotto di 0,01 per ogni singolo pasto prodotto”, atteso che il relativo giudizio della stazione appaltante – doverosamente riferito all’offerta nel suo complesso – appare coerente con le premesse istruttorie, a loro volta adeguatamente dettagliate.
In merito alla questione dell’utile d’impresa, la commissione di gara, dopo aver prudenzialmente stimato in rialzo alcune voci delle “spese generali”, ha peraltro dato atto che, “anche considerando tali spese resta comunque un utile per l’impresa, a pasto, pari ad € 0,02, per un incidenza percentuale del 0,44” (così nel verbale n. 12 del 14 marzo 2016).
E’ altresì corretto a tal riguardo il rilievo dell’appellata Siarc secondo cui “la concessione del centro di cottura, con possibilità di utilizzo anche in favore di altre commesse, costituisce già di per sé un ulteriore motivo di utile, consentendo all’aggiudicataria di avere la disponibilità di un centro di cottura da poter utilizzare in altri servizi ed appalti” rappresenterebbe di per sé un ulteriore motivo di utile rispetto a quello più direttamente finanziario.
Né trova espressa smentita la circostanza secondo cui, negli anni scolastici 2015/2016 e 2016/2017 l’aggiudicataria Siarc s.p.a. ha regolarmente gestito il servizio per cui è causa, onorando tutti gli impegni nei confronti dei lavoratori.
Conclusivamente, il primo profilo di appello va dunque respinto.
11. Con secondo profilo di gravame (variamente articolato nei motivi sub B.3, B.4, B.5 e B.6) viene invece dedotta, sotto più profili, la violazione del principio generale di immodificabiltà dell’offerta per effetto della “rimodulazione” dei costi nei giustificativi forniti dalla Siarc.
Neppure questa doglianza appare fondata.
Rileva infatti la Sezione che l’aggiudicataria, dovendo imputare il costo della dietista e del responsabile del servizio nell’ambito dei costi generali dell’appalto – stante quanto precedentemente stabilito dal Tribunale amministrativo del Lazio con la richiamata sentenza n. 13390 del 2015 – semplicemente abbia rettificato le giustifiche di alcune voci di costo (personale, derrate e spese generali) in ragione di iniziali sovrastime e di sopravvenienze, peraltro documentate alla stazione appaltante.
Trova conferma, nel caso di specie, il consolidato orientamento (ex multis, Cons. Stato, IV, 22 marzo 2013, n. 1633; IV, 23 luglio 2012, n. 4206; V, 20 febbraio 2012, n. 875) per cui non sono a priori inammissibili modifiche delle giustificazioni ovvero giustificazioni sopravvenute, come pure eventuali compensazioni tra sottostime e sovrastime, a condizione che – al momento dell’aggiudicazione – l’offerta risulti nel suo complesso affidabile, ossia dia garanzia di una seria esecuzione del contratto.
Tale conclusione è del resto coerente con le finalità del sub-procedimento di verifica dell’anomalia, che si svolge nel contraddittorio dell’operatore economico al fine, appunto, di concretamente verificare l’adeguatezza e plausibilità dell’offerta, alla luce delle richieste di chiarimenti effettuate dalla stazione appaltante.
Al riguardo, Cons. Stato, V, 22 maggio 2015, n. 2573 ha ribadito il carattere non sanzionatorio del sub-procedimento di verifica di anomalia, tale per cui questo non ha per oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell’offerta, ma si sostanzia in un accertamento se in concreto l’offerta sia attendibile ed affidabile nel suo complesso. Per l’effetto, l’esclusione dalla gara può ritenersi legittima soltanto all’esito di una valutazione di complessiva inadeguatezza dell’offerta.
Su queste basi, la giurisprudenza ha poi ripetutamente ricordato che, nell’ambito del contraddittorio che va assicurato nel sub-procedimento in questione, “a fronte dell’immodificabilità dell’offerta sono tuttavia modificabili le relative giustificazioni, ed in particolare sono consentite giustificazioni sopravvenute e compensazioni tra sottostime e sovrastime, purché l’offerta risulti nel suo complesso affidabile al momento dell’aggiudicazione e a tale momento dia garanzia di una seria esecuzione del contratto (Sez. IV, 22 marzo 2013, n. 1633, 23 luglio 2012, n. 4206; Sez. V, 11 giugno 2014, n. 2982, 20 febbraio 2012, n. 875; Sez. VI, 24 agosto 2011, n. 4801, 21 maggio 2009, n. 3146)”.
Sempre a mente del suddetto precedente, va detto che la formulazione di un’offerta economica e la conseguente verifica di anomalia si fondano su stime previsionali e dunque su apprezzamenti e valutazioni implicanti un ineliminabile margine di opinabilità ed elasticità, essendo quindi impossibile pretendere una rigorosa quantificazione preventiva delle grandezze delle voci di costo rivenienti dall’esecuzione futura di un contratto, essendo per contro sufficiente che questa si mostri ex ante ragionevole ed attendibile.
Nel caso di specie, il primo giudice ha correttamente rilevato che la questione non è stata trascurata dalla commissione giudicatrice – come si può evincere da quanto riportato, in particolare, nel verbale n. 12 – e che i rilievi da quest’ultima formulati appaiono ragionevoli, posto che l’ammontare complessivo dell’offerta economica è rimasto invariato e, comunque, la società Siarc non ha proceduto ad un’indiscriminata ed arbitraria modifica postuma delle voci a composizione dell’offerta economica, in spregio della par condicio dei concorrenti, essendosi “semplicemente limitata a rimodulare voci di costo originariamente indicate, sulla base di un’adeguata rappresentazione di ipotesi di sottostima e sopravvalutazione, riconducibili a comprovati o, comunque, plausibili “errori di calcolo”.
La ditta aggiudicataria, del resto, avrebbe dimostrato un ulteriore risparmio di spesa sulla base dei benefici fiscali derivanti al costo del personale della l. 21 dicembre 2014, n. 190 (Legge di stabilità 2015) e della l. 23 luglio 1991, n. 223 (Norme in materia di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive della Comunità europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato del lavoro).
Peraltro va ricordato che al concorrente è consentito dimostrare che determinate voci di prezzo erano eccessivamente basse, mentre altre, per converso, erano sopravvalutate, pervenendo così ad un rimaneggiamento delle stesse volto a documentare, per alcune di esse, un risparmio idoneo a compensare il maggior costo di voci differenti, incidendo peraltro anche sull’utile esposto, al fine di giungere ad una compensazione tra sottostime e sovrastime, che lasci l’offerta affidabile e seria (Cons. Stato, V, 6 agosto 2015, n. 3859).
12. Conclusivamente, l’appello va respinto. La complessità delle questioni trattate giustifica comunque l’integrale compensazione, tra le parti, delle spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa tra le parti le spese di lite del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.