Cons. Stato, Sez. III, 18 luglio 2017, n. 3541.

1. Il principio di parità di trattamento e l'obbligo di trasparenza devono essere interpretati nel senso che ostano all'esclusione di un operatore economico da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico in seguito al mancato rispetto, da parte di tale operatore, di un obbligo che non risulta espressamente dai documenti relativi a tale procedura o dal diritto nazionale vigente, bensì da un'interpretazione di tale diritto e di tali documenti nonché dal meccanismo diretto a colmare, con un intervento delle autorità o dei giudici amministrativi nazionali, le lacune presenti in tali documenti. Laddove il meccanismo di eterointegrazione della documentazione di gara trova applicazione, in casi eccezionali, nei limiti in cui la norma violata abbia natura imperativa e sia formulata in modo sufficientemente chiaro da consentire ai concorrenti di conoscere ex ante gli obblighi cui sono soggetti (1)

2. Le condizioni di partecipazione alle procedure di affidamento di contratti pubblici devono tutte essere indicate nel bando di gara, la cui eterointegrazione con obblighi imposti da norme di legge si deve ritenere ammessa in casi eccezionali, poiché l'enucleazione di cause di esclusione non conosciute o conoscibili dai concorrenti contrasta con i principi europei di certezza giuridica e di massima concorrenza (2)

(1) Conforme: CGUE, Sez. VI, 2 giugno 2016, C-27/15.

(2) Conforme: Cons. Stato, VI, 28 ottobre 2016 n. 4553.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9397 del 2016, proposto da: 
Trumpf Med Italia S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato Angelo Clarizia, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Principessa Clotilde, 2; 

contro

Fondazione IRCCS "Istituto Nazionale dei Tumori", in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Vincenzo Avolio, con domicilio eletto presso lo studio Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2; 

nei confronti di

Maquet Italia S.p.a. in proprio e quale mandataria del r.t.i. con Arco Lavori Società Cooperativa Consortile, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Fabio Elefante, Paolo Todaro, con domicilio eletto presso lo studio Studio Rucellai & Raffaelli in Roma, via dei Due Macelli, 47 – anche appellante incidentale; 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA – MILANO, SEZIONE IV, n. 01949/2016, resa tra le parti, concernente affidamento fornitura e posa in opera di impianti e attrezzature per l'allestimento di due sale operatorie;

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 maggio 2017 il Cons. Pierfrancesco Ungari e uditi per le parti gli avvocati Angelo Clarizia, Carlo Tangari su delega di Vincenzo Avolio e Paolo Todaro;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Si controverte sull’esito della procedura aperta indetta (con bando pubblicato sulla G.U.R.I. n. 58 del 20 maggio 2015) dalla Fondazione IRCSS - Istituto Nazionale dei Tumori per la fornitura e posa in opera, chiavi in mano, di impianti e attrezzature per l'allestimento di due sale operatorie, presso la sede della Fondazione di via Venezian 1, in Milano, per un complessivo importo di euro 1.000.000,00.

2. Con determinazione n. 21 in data 2 marzo 2016, l’appalto è stato aggiudicato alla Trumpf Med Italia S.r.l.

3. Maquet Italia S.p.a., seconda classificata in r.t.i. con AR.CO. Lavori Coop. Cons, ha impugnato il provvedimenti dinanzi al TAR Lombardia, lamentando che l’aggiudicataria fosse priva dei requisiti di legge per la componente lavori, e, in via subordinata, che la lex specialis di gara avesse omesso ogni valorizzazione e classificazione dei lavori implicati nel contratto, necessaria per consentire ai concorrenti un’offerta adeguata.

4. Trumpf Med Italia ha proposto ricorso incidentale condizionato, impugnando la lex specialis nella parte in cui avrebbe omesso di indicare l’importo e la tipologia dei lavori.

5. Il TAR Lombardia, con la sentenza appellata (IV, n. 1949/2016), ha accolto il ricorso principale e respinto quello incidentale.

5.1. In particolare, riguardo al ricorso di Maquet, ha affermato, nell’ordine, che:

(a) - la dichiarazione di subappalto resa da Trumpf è generica, in quanto priva di ogni specificazione delle prestazioni da subappaltare, e quindi va considerata alla stregua di una mancata dichiarazione, obbligando la concorrente ad eseguire in proprio quanto subappaltato, sempreché in possesso dei requisiti all’uopo necessari;

(b) - Trumpf non ha dichiarato e dimostrato, in sede di domanda di partecipazione, il possesso della qualificazione richiesta per legge per i lavori pubblici (e tanto, sia che ci si riferisca a lavori al di sopra della soglia dei 150.000,00 euro, per i quali l’art. 40 del d.lgs. 163/2006 richiede il possesso della qualificazione SOA; sia che si ritenga che la soglia non fosse superata, con applicazione dell’art. 90 del d.P.R. 207/2010); infatti, dall’offerta di Trumpf risulta una stima dei lavori pari a complessivi euro 289.826,95 ma essa non ha fornito al riguardo alcuna qualificazione, non potendo ovviare a tale carenza (per quanto esposto) la dichiarazione di subappalto; d’altra parte, pur in mancanza di alcun cenno esplicito al possesso della qualificazione prevista da dette disposizioni, la lex specialis, come riconosciuto dalla giurisprudenza, doveva comunque interpretarsi nel senso di imporre ai partecipanti di qualificarsi per l’esecuzione di lavori pubblici, attraverso l’eterointegrazione con le previsioni di legge (secondo un meccanismo analogo a quello degli artt. 1339 e 1374 del codice civile); non può peraltro supplire a tale carenza la dichiarazione prodotta ai sensi dell’art. 9 del disciplinare, atteso che essa non dimostra l’esecuzione nel quinquennio antecedente di lavori analoghi di pari importo a quelli posti a gara (secondo quanto richiesto dall’art. 90, cit.);

(c) – è precluso l’esame delle censure volte a contestare anche il possesso dei requisiti di cui all’art 9 del disciplinare, essendo fondata l’eccezione di inammissibilità di Trumpf basata sulla deduzione di dette censure soltanto con memoria non notificata;

(d) – è invece infondato il terzo motivo dedotto, posto che Trumpf, entro il termine di presentazione della domanda, risultava in possesso della certificazione di qualità, di cui all’art. 75, comma 7, del d.lgs. 163/2006, valida ed efficace.

5.2. Per respingere il ricorso di Trumpf, il TAR ha sottolineato che:

- non è censurabile la scelta dell’amministrazione di non richiedere da subito nella legge di gara i requisiti di qualificazione di cui agli artt. 40 e 90, citt., e comunque le norme sulla qualificazione hanno carattere imperativo e integrano de iure la normativa di gara quando questa, in un contratto misto avente per oggetto una fornitura e, a titolo accessorio, lavori di posa in opera e installazione, nulla di specifico ha previsto per l’ipotesi in cui detti lavori assumano una consistenza rilevante;

- il soccorso istruttorio non può giungere sino al punto di consentire al concorrente di modificare la domanda di partecipazione, integrandola degli elementi mancanti.

6. Trumpf appella, prospettando le censure appresso sintetizzate.

6.1. La sentenza è erronea nella parte in cui ha assunto il presupposto che per la partecipazione alla gara fosse richiesto il possesso della qualificazione SOA in virtù di un meccanismo di eterointegrazione della lex specialis di gara; infatti:

- non è stato considerato che la lex specialis di gara, in realtà, prescriveva espressamente specifici requisiti afferenti alla esecuzione di lavori, in quanto l'art. 9 del disciplinare di gara richiedeva espressamente: «(ii.1) l'esecuzione di due forniture analoghe nel triennio 2012-2014, pari o superiori ad e 200.000,00 ciascuna; (ii.2.) la realizzazione, nel triennio 2012-2014, di almeno due interventi di realizzazioni edili e impiantistiche per l'allestimento delle sale operatorie, singolarmente di importo non inferiore ad euro 100.000,00».

- il valore indicato nell’offerta, pari ad euro 289.826,95 si riferisce alla somma dei lavori di tutte le categorie, nessuna delle quali supera la soglia 150.000,00 euro; pertanto, Trumpf non era tenuta a presentare la SOA;

- il TAR ha richiamato giurisprudenza che attiene al diverso caso in cui nel bando “non è fatto cenno ai requisiti per l'esecuzione di lavori pubblici”, risultando per tale motivo giustificato, in quella diversa fattispecie, il ricorso alla eterointegrazione;

- qualora, invece, come nel caso di specie, la lex specialis non sia rimasta silente, bensì prescriva un diverso requisito di partecipazione (riconducibile all'art. 42 del d.lgs. 163/2006), correttamente adempiuto da Trumpf, non vi è alcuno spazio per l'eterointegrazione; altrimenti, non si tratterebbe di eterointegrazione, quanto piuttosto della vera e propria sostituzione dei requisiti previsti dall’art. 9 del disciplinare di gara con altri criteri di selezione dell'offerta, di diretta formazione giurisprudenziale (sui limiti che incontra l’eterointegrazione, l’appellante principale richiama, oltre a Cons. Stato, A.P. n. 9/2014 e n. 19/2016, CGUE, VI, 2 giugno 2016 – C-27/15).

Senza contare che, stante il chiaro ed inequivoco contenuto della lex specialis, nel disciplinare il regime di qualificazione escludendo la necessità dell'attestazione SOA, il ricorso principale promosso dalla Maquet doveva ritenersi senza dubbio inammissibile per tardività; infatti, avendo ad oggetto i requisiti di ammissione alla procedura, la doglianza avrebbe dovuto essere mossa direttamente avverso la lex specialis (immediatamente lesiva sotto tale profilo) entro il termine decadenziale decorrente dalla pubblicazione del bando.

6.2. Il TAR pretende di quantificare l'importo dei lavori oggetto di gara, e di definire di conseguenza il requisito di ammissione, sulla base della rappresentazione contenuta nell'offerta del singolo concorrente e non già in base a quanto indicato dalla stazione appaltante nella lex specialis; pertanto (nel respingere il motivo di ricorso incidentale formulato dalla Trumpf) ha inopinatamente negato la valenza dell'affidamento ingenerato nella applicazione della lex specialis.

Ma la Corte di Giustizia ha dichiarato che i principi di trasparenza e di parità di trattamento che disciplinano tutte le procedure di aggiudicazione di appalti pubblici richiedono che le condizioni sostanziali e procedurali relative alla partecipazione ad un appalto siano chiaramente definite in anticipo e rese pubbliche, in particolare gli obblighi a carico degli offerenti, affinché questi ultimi possano conoscere esattamente i vincoli procedurali ed essere assicurati del fatto che gli stessi requisiti valgono per tutti i concorrenti.

6.3. Nel ritenere che gli importi delle singole categorie di lavori vadano sommati, il TAR è andato ben oltre l'attività di eterointegrazione e si è spinto fino ad una sostanziale riscrittura dell'intera lex specialis (non impugnata nei termini decadenziali e quindi ormai intangibile) e della volontà in essa manifestata dalla stazione appaltante; in altri termini, ci si trova di fronte al tipico caso di sconfinamento da parte del Giudice Amministrativo nel campo del merito riservato all'Amministrazione, a cui solo spetta fissare i requisiti di partecipazione alle gare pubbliche (cfr. Cass. SS.UU. n. 2312/2012).

6.4. Il TAR muove dal presupposto del tutto errato che non vi fossero indici per affermare con certezza che Trumpf avesse inteso subappaltare interamente la parte lavori.

Viceversa, il tenore letterale della dichiarazione è chiarissimo nell'indicare il subappalto di tutte le prestazioni afferenti ai lavori; d’altra parte, non avrebbe avuto alcun senso, per Trumpf subappaltare la fornitura delle apparecchiature e degli arredi che normalmente commercializza e che costituiscono il nucleo centrale della propria attività.

L'ammontare delle lavorazioni/installazioni che la TRUMPF intendeva subappaltare risultava agevolmente desumibili dalla lettura combinata della dichiarazione di subappalto, del computo metrico estimativo allegato all'offerta economica e del computo metrico non estimativo allegato all'offerta tecnica. D’altra parte, Trumpf non sarebbe potuta andare oltre alla dichiarazione resa, se non correndo il rischio di rivelare elementi della propria offerta tecnica e/o economica, sin dall'apertura della busta contenente la documentazione amministrativa ove era presente la dichiarazione di subappalto.

6.5. Spetta alla stazione appaltante stabilire l'importo dei lavori a base di gara e la consistenza dei requisiti di ammissione alla procedura, non potendo rimettersi al singolo offerente la definizione di tali basilari parametri concorrenziali.

In tal senso depongono anche l'art. 64, comma 4, del d.lgs. n. 163/2006 e lo stesso Allegato IX A.

La pretesa del T.A.R. di quantificare l'importo di lavori oggetto di gara e definire di conseguenza il requisito di ammissione, sulla base della rappresentazione contenuta nell'offerta del singolo concorrente (quindi in modo “variabile” da offerta a offerta) e non già in base a quanto indicato dalla stazione appaltante nella lex specialis di gara, è quindi erronea e contrasta apertamente con la disciplina di settore e con i basilari canoni di trasparenza, affidamento e par condicio.

Inoltre, in primo grado, Trumpf aveva lamentato che non fosse stato espletato soccorso istruttorio per verificare il possesso dei requisiti ex art. 90, del d.P.R. 207/2010.

In ogni caso, Trumpf aveva fornito la prova incontestata di aver eseguito nel quinquennio antecedente la gara in oggetto un numero più che sufficiente di commesse e di avere attrezzature e personale sufficiente a soddisfare l'art. 90 d.P.R. 207/2010 (benchè non fosse stato richiesto). Tali argomentazioni sono state del tutto trascurate dal TAR, e vengono integralmente riproposte anche ai sensi dell'art. 101 comma 2 cod. proc. amm.

6.6. L’art. 9 del disciplinare chiedeva la comprova di requisiti di capacità tecnica di cui all'art. 42 del d.lgs. 163/2006, che è cosa ben diversa dalla comprova di cui all'art. 90 del d..P.R. 207/2010.

Peraltro, con riferimento ai servizi dichiarati in ossequio alla richiesta dell'art. 9 del disciplinare, è censurabile che il TAR abbia affermato l’insussistenza dei requisiti di capacità tecnica-economica nonché il mancato svolgimento di servizi analoghi da parte di Trumpf, e nel contempo si sia pronunciato in ordine al motivo di censura articolato da Maquet sulla base del mancato svolgimento di servizi analoghi da parte della Trumpf (integrante una diversa violazione dell'art. 42, cit., tuttavia non articolata con il ricorso introduttivo) accogliendo l'eccezione di tardività sollevata da Trumpf. Orbene, avendo accolto l'eccezione di tardività, il TAR non sarebbe potuto scendere nel merito della dichiarazione resa in ordine ai requisiti.

7. L’IRCCS si è costituito in giudizio, precisando di non aver ancora proceduto per cautela alla stipulazione del contratto. Dichiarandosi sostanzialmente indifferente all’individuazione dell’esecutore e sottolineando il proprio interesse al sollecito inizio dell’esecuzione dell’appalto, ha concluso per il rigetto dell’appello principale, quale soluzione in grado di soddisfare tale interesse prioritario.

8. Anche Maquet si è costituita in giudizio, depositando un atto con cui controdeduce all’appello principale, ripropone censure (a suo dire) non esaminate e propone appello incidentale condizionato.

8.1. Quanto all’appello principale di Trumpf, prospetta che, ai sensi degli artt. 14 e 15 del d.lgs. 163/2006, i concorrenti dovevano possedere i requisiti di qualificazione per ogni singola prestazione contrattuale; Trumpf pretende di qualificarsi in base all’art. 42, che riguarda i servizi, mentre invece, trattandosi di appalto misto nel quale la componente lavori ha una rilevanza non prevalente ma tutt’altro che marginale, ai sensi dell’art. 40, comma 2, era necessario qualificarsi a mezzo SOA (o quanto meno, se si ritiene che il valore sia sotto soglia, ai sensi dell’art. 90 del d.P.R. 207/2010).

La richiesta primariamente azionata da Maquet non era quella di eterointegrare il bando di gara, bensì di fare corretta applicazione della lex specialis, alla luce del rinvio alla disciplina nazionale e regionale vigente operato (“per quanto non previsto espressamente dal capitolato speciale d’appalto o dal disciplinare di gara”) dall’art. 31 del capitolato e della circostanza che l’art. 9 del disciplinare prevedeva solo requisiti minimi.

Ribadisce la violazione di dette norme, ritenendo che su tali aspetti il TAR non si sia esaustivamente pronunciato.

8.2. Non c’è stato alcun vulnus all’affidamento, essendo perfettamente chiara la normativa e conosciuto il valore della componente lavori, in quanto stabilito nell’offerta dal concorrente; Trumpf ha preteso di superare la carenza di qualificazione ricorrendo (inefficacemente) al subappalto; ma ciò non può ritenersi consentito, pena la violazione della par condicio e dell’art. 2 del d.lgs. 163/2006.

8.3. L’art. 40 del d.lgs. 163/2006, in combinato disposto con l’art. 60 del d.P.R. 207/2010, comporta che ogni qualvolta l’importo dei lavori, seppure suddivisi in diverse categorie e classifiche, superi i 150.000 euro, ci si debba qualificare con la SOA.

8.4. La necessità della dichiarazione dell’eventuale subappalto, prevista dall’art. 118 del d.lgs. 163/2006, era indicata anche dall’art. 14 del disciplinare, ma la dichiarazione resa da Trumpf era generica.

Data l’inefficacia della dichiarazione, Trumpf era tenuta ad eseguire in proprio la parte lavori, ma, non avendo la relativa qualificazione, doveva essere esclusa.

In ogni caso, anche supponendo che detta dichiarazione non fosse generica, la natura di appalto misto imponeva di applicare (art. 15) le norme previste dal d.lgs. 163/2006 per ciascuna delle prestazioni di cui si compone, e quindi, non possedendo Trumpf i requisiti di qualificazione, né sussistendo i presupposti applicativi del subappalto necessario, il subappalto non era consentito; risultando in ogni caso vietato il subappalto integrale dei lavori (Maquet ripropone espressamente ai sensi dell’art. 101, comma 2, cod. proc. amm. tali profili di censura, a suo dire non esaminati o comunque non univocamente accolti dal TAR).

8.5. L’oggetto dei lavori era pienamente identificabile dalla lex specialis (mancava solo l’indicazione della categoria di opere: OG1, OS3, OS28 e OS30).

Il soccorso istruttorio non poteva colmare la carenza di requisiti, e doveva essere disposta l’esclusione in applicazione dell’art. 46, comma 1-bis, del d.lgs. 163/2006.

8.6. Quanto alle proprie censure concernenti la mancanza anche dei requisiti richiesti dall’art. 9 del disciplinare, la sentenza è errata, in quanto nel primo motivo di ricorso era stata contestata la violazione dell’art. 9, anche (ma non esclusivamente, come ha ritenuto il TAR) alla luce di quanto stabilito dall’art. 90 del d.P.R. 207/2010.

Comunque, Trumpf, non ha dimostrato neanche i requisiti necessari in base all’art. 90, dato che gli interventi da essa indicati non consentono di stabilire che incidenza abbia la parte lavori, e sono comunque insufficienti.

Le commesse non indicate nella domanda di partecipazione, in ogni caso, non possono assumere rilevanza.

8.7. Ripropone poi, in via subordinata all’accoglimento dell’appello di Trumpf, il quarto motivo di ricorso, assorbito dal TAR, concernente l’illegittimità degli atti di gara, qualora non eterointegrati dalla normativa, per omessa specificazione delle modalità di qualificazione.

9. Tutte le parti hanno depositato memorie e memorie di replica.

10. Il Collegio osserva che la questione centrale riguarda il possesso da parte di Trumpf dei requisiti di qualificazione necessari per candidarsi ad eseguire la componente lavori dell’appalto misto, per un valore complessivo, risultante dalla stessa offerta di Trumpf, di euro 289.826,95.

11. Un primo profilo controverso riguarda l’individuazione del parametro di riferimento.

Se cioè, si debba fare riferimento alle sole previsioni dell’art. 9 del disciplinare (nella parte concernente la componente lavori, non essendo in contestazione il possesso dei requisiti per la componente forniture), come sostiene Trumpf; o invece, mediante eterointegrazione normativa, anche all’art. 40 del d.lgs. 163/2006, come sembra aver ritenuto il TAR, o quanto meno all’art. 90 del d.P.R. 207/2010, come ha dedotto in via subordinata Maquet.

11.1. Va preliminarmente ricordato che il TAR ha ritenuto tardive le censure di Maquet, dedotte non con il ricorso introduttivo ma con successiva memoria non notificata, volte a sostenere che, a prescindere dal possesso dei requisiti richiesti dalla normativa, comunque Trumpf non aveva dimostrato in gara neanche i più limitati requisiti di partecipazione richiesti dall’art. 9 del disciplinare.

11.2. Maquet, nell’appello incidentale, contesta tale capo della pronuncia.

Sostiene che la pronuncia di tardività delle censure dedotte in primo grado sulla mancanza dei requisiti richiesti dal disciplinare è errata, in quanto nel primo motivo di ricorso aveva contestato la violazione dell’art. 9 (anche, ma non esclusivamente come ritenuto dal TAR, alla luce di quanto stabilito dall’art. 90 del d.P.R. 207/2010), per non aver Trumpf dimostrato in gara attraverso le dichiarazioni e produzioni documentali il possesso dei requisiti richiesti dall’art. 9.

Ribadisce che, comunque, Trumpf non ha dimostrato i requisiti ex art. 90, dato che gli affidamenti richiamati (per la AULSS 12 Veneziana, di euro 201.247,99, e per l’A.O. Città della salute e della scienza di Torino, per euro 136.619,95, non consentono di stabilire che incidenza abbia la parte lavori, e sono comunque insufficienti (tanto che controparte ha cercato di ovviare in giudizio, con riferimento ad altre commesse – eseguite per Sanifarm S.r.l. di Cagliari, ULSS 7 Conegliano e Casa di cura privata San Marco di Mestre – che tuttavia non rilevano, in quanto non erano indicate nella domanda di partecipazione).

Precisa che ciò che ha fatto nella prima memoria per il merito, è stato analizzare gli affidamenti impiegati da Trumpf per comprovare il requisito richiesto dall’art. 9, la cui violazione però era stata dedotta già col ricorso introduttivo.

In questa prospettiva, gli interventi spesi da Trumpf in gara sono inidonei poiché la componente lavori era totalmente assente, trattandosi di appalti di forniture (con al più una parte di mera posa in opera).

11.3. Il Collegio al riguardo osserva che:

- nell’epigrafe del primo motivo del ricorso introduttivo di Maquet non è menzionata la violazione dell’art. 9 o della lex specialis, ma solo quella dei diversi parametri normativi invocati, ai fini dell’eterointegrazione delle regole di gara, per sostenere la necessità del possesso di requisiti ulteriori per l’esecuzione della componente lavori;

- nella argomentazioni di censura, le previsioni dell’art. 9 vengono menzionate (a pagg. 8 e 16) soltanto al fine di sostenere che la lex specialis non richiedeva requisiti adeguati rispetto a quelli necessari in base alla normativa.

Pertanto, appare inattaccabile la pronuncia di tardività del TAR rispetto alle suddette censure.

12. Chiarito ciò, in ordine logico, la successiva questione da affrontare riguarda la necessità o meno di applicare anche le più esigenti previsioni normative sui requisiti di qualificazione, mediante eterointegrazione della lex specialis.

12.1. Come esposto, il TAR ha dato alla questione una risposta affermativa, sottolineando che, pur in mancanza di alcun cenno esplicito al possesso della qualificazione ex art. 40 del d.lgs. 163/2006 o, se del caso, a quella di cui all’art. 90 del d.P.R. 207/2010, la lex specialis, come riconosciuto dalla giurisprudenza, doveva comunque interpretarsi nel senso di imporre ai partecipanti di qualificarsi per l’esecuzione di lavori pubblici, attraverso l’eterointegrazione con le previsioni di legge (secondo un meccanismo analogo a quello degli artt. 1339 e 1374 del codice civile).

Ed ha accolto il primo motivo del ricorso di Maquet, rilevando che Trumpf non ha dichiarato e dimostrato, in sede di domanda di partecipazione, il possesso della qualificazione richiesta da tali disposizioni per i lavori pubblici.

E tanto, sia che – come il TAR ritiene preferibile, dovendosi sommare gli importi delle diverse voci relative ai lavori offerti da Trumpf, anche se singolarmente nessuna di esse (in quanto, rispettivamente, stimate in 60.818,09 - 114.081,16 - 82.123,87 e 32.803,83 euro) supera il valore di 150.000,00 euro - si giunga ad un valore complessivo di euro 289.826,95 e quindi si superi la predetta soglia, oltre la quale l’art. 40 del d.lgs. 163/2006 richiede il possesso della qualificazione SOA, che Trumpf pacificamente non ha. Sia che, invece, si ritenga che la soglia non fosse superata, con applicazione dell’art. 90 del d.P.R. 207/2010, che richiede l’esecuzione di lavori analoghi eseguiti direttamente nel quinquennio antecedente per un importo non inferiore a quello del contratto da stipulare.

12.2. Il TAR, per giungere a tali conclusioni, ha sottolineato che la dichiarazione prodotta in gara ai sensi dell’art. 9 del disciplinare “si riferisce soltanto dell’esecuzione di “n. 2 interventi”, dei quali, non soltanto, è impossibile distinguere la parte imputabile a fornitura da quella riferibile ai lavori ma, in ogni caso, si tratta di interventi per un importo complessivo di euro 337.867,94 (derivante dalla somma di euro 201.247,99 ed euro 136.619,95 per ciascun intervento) di gran lunga inferiore a quello (pari ad euro 985.779,17 oltre IVA) del contratto da stipulare.

12.3. Rispetto ad essi, Maquet ha ribadito che si tratta di appalti di fornitura di sale operatorie, al più con una parte di mera posa in opera, nei quali la componente lavori, sotto il profilo dell’attività di nuova costruzione o di adeguamento, era totalmente assente, e che comunque Trumpf non ha dimostrato la sussistenza ed il valore economico di detta componente.

Degli altri interventi indicati da Trumpf in corso di causa, Maquet ha eccepito l’irrilevanza in quanto estranei al procedimento di gara.

12.4. Il Collegio ritiene di dover subito precisare che, in realtà, l’importo del contratto per la componente “lavori” (si ripete, l’unica su cui vi è contestazione, non essendo controversa la sufficienza degli altri interventi – fornitura di sistemi pensili per blocco operatorio e per terapia intensiva del Nuovo ospedale di Biella nel 2014, e fornitura e posa in opere di sale operatorie del nuovo ospedale di S. Marco di Librino (CT) nel 2013 - indicati da Trumpf ai fini del possesso dei requisiti altresì stabiliti dall’art. 9 per la componente “forniture”) è pari a 289.826,95 euro, come riconosciuto negli atti di tutte le parti, ed è dunque a tale importo che occorre fare riferimento, in caso di ritenuta eterointegrazione dei requisiti.

12.5. Come esposto, Trumpf contesta la stessa possibilità di fare ricorso all’eterointegrazione, anche riproponendo le censure del ricorso incidentale disattese dal TAR.

12.5.1. Prima ancora, Trumpf sostiene che, stante il chiaro ed inequivoco contenuto dell’art. 9 del disciplinare sul regime di qualificazione, la doglianza di Maquet doveva ritenersi inammissibile per tardività, in quanto avrebbe dovuto essere mossa direttamente avverso la lex specialis, immediatamente lesiva sotto tale profilo, entro il termine decadenziale decorrente dalla pubblicazione del bando.

12.5.2. Il Collegio ritiene di disattendere tale ultima prospettazione, posto che l’onere di immediata impugnazione è circoscritto dalla giurisprudenza alle ipotesi in cui risulti impedita o resa ingiustificatamente difficoltosa la partecipazione (in particolare, deve essere riconosciuto carattere escludente non solo alle clausole che concernono i requisiti di partecipazione in senso stretto, ma anche a quelle che impongono ai fini della partecipazione oneri manifestamente incomprensibili o sproporzionati ovvero che impediscono o rendono impossibile il calcolo di convenienza tecnico o economico ovvero che prevedono condizioni negoziali eccessivamente onerose o obiettivamente non convenienti ovvero ancora che contengono gravi carenza circa i dati essenziali per la formulazione dell'offerta – cfr. tra le altre, Cons. Stato, V, n. 3104/2015; VI, n. 2977/2017), tra le quali non rientra quella della lex specialis lacunosa rispetto ad obblighi (oneri) di qualificazione richiesti dalla legge.

12.5.3. Osserva poi il Collegio che, in linea di principio, con riferimento agli orientamenti invocati da Trumpf, è ben vero che il principio di parità di trattamento e l'obbligo di trasparenza devono essere interpretati nel senso che ostano all'esclusione di un operatore economico da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico in seguito al mancato rispetto, da parte di tale operatore, di un obbligo che non risulta espressamente dai documenti relativi a tale procedura o dal diritto nazionale vigente, bensì da un'interpretazione di tale diritto e di tali documenti nonché dal meccanismo diretto a colmare, con un intervento delle autorità o dei giudici amministrativi nazionali, le lacune presenti in tali documenti (CGUE, VI, 2 giugno 2016, C-27/15).

Detto orientamento (recentemente ribadito dall’Adunanza Plenaria n. 19/2016, con riguardo alla portata escludente dell'obbligo di indicazione separata dei costi di sicurezza aziendali di cui all'art. 87, comma 4, del d. lgs. 163/2006) ha contribuito a precisare la portata del principio di tassatività delle cause di esclusione, quale indicata, sulla base dell’art. 46, comma 1-bis, dall’Adunanza Plenaria n. 9/2014, secondo cui la sanzione dell'esclusione consegue, tra l'altro, alla violazione di disposizioni imperative del codice dei contratti, del regolamento di attuazione e di altre norme di legge, pur se non espressamente richiamate nel bando, ma il meccanismo di eterointegrazione della documentazione di gara trova applicazione, in casi eccezionali, nei limiti in cui la norma violata abbia natura imperativa e sia formulata in modo sufficientemente chiaro da consentire ai concorrenti di conoscere ex ante gli obblighi cui sono soggetti.

E, dunque, le condizioni di partecipazione alle procedure di affidamento di contratti pubblici devono tutte essere indicate nel bando di gara, la cui eterointegrazione con obblighi imposti da norme di legge si deve ritenere ammessa in casi eccezionali, poiché l'enucleazione di cause di esclusione non conosciute o conoscibili dai concorrenti contrasta con i principi europei di certezza giuridica e di massima concorrenza (cfr. Cons. Stato, VI, n. 4553/2016).

12.5.4. Tuttavia, la necessità del possesso di determinati requisiti di qualificazione ai fini dell’affidamento dei contratti di lavori, in base a quanto disposto dall’art. 40 del d.lgs. 163/2006 e dall’art. 90 del d.P.R. 207/2010, appare univoca, per quanto concerne gli aspetti qui in discussione.

In relazione ad essa, pertanto, non sussistono le esigenze di tutela dell’affidamento dei concorrenti ed i rischi connessi all’eterointegrazione, che impongono i limiti e le condizioni suindicati.

Né l’eterointegrazione può ritenersi nel caso in esame impedita dall’esistenza della previsione dell’art. 9 del disciplinare, poiché questa considera requisiti quantitativamente insufficienti, previsti avendo riguardo alla diversa disciplina dettata dall’art. 42 del d.lgs. 163/2006 per gli appalti di servizi e forniture.

Senza contare che, come sottolinea Maquet nelle sue censure, anche l’art. 31 del capitolato richiamava l’applicabilità delle disposizioni di legge.

12.5.5. Quanto al fatto che la quantificazione dei lavori oggetto di gara risultasse legata alla formulazione dell’offerta e quindi variabile da concorrente a concorrente, questo aspetto non appare tale da superare la necessità dei requisiti di qualificazione, né da inficiare la gara.

Può infatti convenirsi con il TAR che l’obbligo di premunirsi e dichiarare requisiti di qualificazione adeguati al parametro normativo, si sia concretizzato per ciascun concorrente al momento della predisposizione dell’offerta che prevedeva l’esecuzione di lavori per un determinato importo.

In altri termini, ai concorrenti è stato consentito di organizzare le forme della propria partecipazione in modo coerente all’offerta presentata, evitando di formulare richieste eccedenti l’oggetto concreto dell’appalto.

13. Per quanto esposto, si sottrae alle censure dedotte la conclusione del TAR secondo la quale, a fronte della lacuna presente nella legge di gara e, dunque, dell’omessa indicazione di elementi obbligatoriamente prescritti dall’ordinamento giuridico, soccorre il meccanismo della “inserzione automatica di clausole”, sulla base della normativa vigente in materia, analogamente a quanto previsto in ambito contrattual-civilistico dagli artt. 1339, 1374 cod. civ. (cfr. in tal senso, tra le altre, Cons. Stato, V, n. 2448/2014, n. 3811/2013).

14. La riconosciuta eterointegrazione in ordine ai requisiti di qualificazione priva di concreta rilevanza il motivo riproposto da Maquet in via subordinata avverso la lex specialis di gara.

15. Si tratta, a questo punto, di individuare il parametro normativo da integrare, e le conseguenze che la stazione appaltante avrebbe dovuto trarne.

15.1. Si è detto che gli importi della componente lavori non erano indicati, ma rimessi alla elaborazione delle offerte da parte dei concorrenti.

Nemmeno le categorie di opere di riferimento (secondo la prospettazione di Maquet: OG1, OS3, OS28 e OS30) erano espressamente indicate.

Soprattutto, nessuna disposizione normativa prevede che, ai fini della determinazione del valore dei lavori rilevante per il regime di qualificazione, gli importi delle singole categorie debbano essere sommati tra loro, ed anzi, dall’art. 40, comma 2, del d.lgs. 163/2006, che demanda al regolamento la disciplina del sistema di qualificazione, unico per tutti gli esecutori dei lavori pubblici di importo superiore a 150.000 euro, “articolato in rapporto alle tipologie e all'importo dei lavori stessi”, sembra potersi desumere il contrario.

Pertanto, deve escludersi la sommatoria degli importi dei lavori afferenti a diverse categorie, ai fini della insorgenza dell'obbligo di qualificazione, dovendosi invece attribuirsi rilievo alle singole categorie di lavorazioni, per le quali, appunto, la normativa prevede una autonoma e separata attestazione.

Ciò, in ragione degli importi offerti da Trumpf, conduce a ritenere non applicabile l’art. 40, cit.

15.2. Trovava dunque applicazione la disciplina dettata dall’art. 90 del d.P.R. 207/2010, con conseguente necessità di dimostrare l’avvenuta esecuzione di lavori per un importo pari ad euro 289.826,95 euro (valore dell’offerta Trumpf per i lavori).

15.3. Nella memoria depositata in primo grado da Trumpf, riguardo ai due interventi dichiarati in gara per la componente lavori, sono stati indicate, riassuntivamente, le tipologie di lavori eseguiti, e sono state richiamate le fatture (allegate, insieme a certificati di collaudo ed altra documentazione probatoria dell’avvenuta esecuzione dell’appalto).

Si tratta:

- dell’appalto “Fornitura chiavi in mano di n. 2 sale operatorie per ginecologia ostetricia nuovo padiglione Jona-Ospedale SS. Giovanni e Paolo di Venezia”, affidato nel 2014 dalla AULSS n. 12 Veneziana, riguardo al quale Trumpf aveva precisato (e ribadisce in appello) che l’ordine di fornitura prevedeva “opere di prefabbricazione, impianti meccanici, impianti elettrici, attrezzature fisse, predisposizione integrazione di sala e comprensiva di costi”;

- dell’appalto “Spese incrementative beni di terzi fornitura e istallazione elementi prefabbricati e componenti per le sale operatorie comprensivi di oneri per la sicurezza”, affidato dalla A.O. Città della Salute e della Scienza Torino nel 2013, riguardo al quale Trumpf aveva precisato (e ribadisce in appello) che dalle fatture emerge che ha provveduto, tra l’altro, “ai cablaggi elettrici, ai completamenti impiantistici completi di gruppi prese gas ed elettriche”.

15.4. Oltre a detti due interventi, Trumpf, in corso di causa ha indicato altri interventi, allegando anche in questo caso fatture e documentazione: Si tratta:

- di un “appalto per l’esecuzione di lavori complementari e delle forniture di apparecchiature sanitarie, attrezzature fisse e mobili per la realizzazione di 9 sale operatorie … presso presidio ospedaliero di Conegliano (TV)”, affidato nel 2011 da AULSS n. 7 di Conegliano ad Opera S.c. a r.l. (ed indicato due volte, per un valore di euro 611.502,70 e 4.849.626,12) nell’ambito del quale Trumpf precisa di aver eseguito, rispettivamente, “fornitura e posa in opera di tutte le apparecchiature di sala operatoria e dunque alla relativa posa in opera”, e “tutte le lavorazioni conformemente agli elaborati grafici di impianto gas medicali, di impianto elettrico e meccanico” avendo assunto l’obbligo di provvedere a “stuccatura delle pareti in cartongesso, esecuzione verniciatura, consegna della corretta dichiarazione di posa in opera”, come da contratto con Opera;

- di un appalto di “fornitura e posa in opera delle apparecchiature accessorie e sistema video per sala ginecologia destinate al P.O. Policlinico Monserrato Padiglione O”, affidato da Sanifarm S.r.l. di Cagliari nel 2013 e del valore di 337.026,19 euro, nell’ambito del quale Trumpf precisa di aver eseguito anche la “posa in opera delle apparecchiature di sala ospedaliera”;

- di un “appalto per la realizzazione di opere di costruzione nuovo blocco operatorio relativo tunnel di collegamento e area di parcheggi da eseguire presso la Casa di Cura Privata Policlinico S. Marco di Mestre”, affidato da detta struttura nel 2010, del valore di 3.250.000,00 euro, rispetto al quale Trumpf precisa che comprendeva “opere, prestazioni, forniture complementari mano d’opera ed installazioni necessarie”.

15.5. Ora, sembra evidente al Collegio che si tratta di interventi aventi carattere di appalto misto di forniture e lavori, all’interno dei quali sarebbe stato necessario distinguere le due componenti, al fine di dimostrare il possesso del requisito.

Ma Trumpf non ha indicato quale importo relativo a prestazioni da essa svolte sia imputabile alla componente lavori.

Nessun’altra specificazione, utile a consentire la verifica della sussistenza del requisito in questione, risulta fornita da Trumpf, in gara o in giudizio, oltre a quelle sopra riportate, nonostante la contestazione di controparte e la stessa invocazione, nel ricorso incidentale e nell’appello, dell’applicabilità del soccorso istruttorio, ne evidenziassero l’esigenza.

In altri termini, ad oggi non risulta specificamente argomentato, con riferimento a tipologie di lavori e correlate voci di spesa, che gli interventi eseguiti abbiano comportato un valore, per la sola componente lavori, almeno pari alla soglia di qualificazione suindicata.

E sembra evidente che una simile necessaria verifica non può essere effettuata d’ufficio da questo giudice, sulla base dell’apprezzamento diretto del contenuto (nella maggior parte dei casi, tutt’altro che eloquente, al di fuori di un contesto di conoscenze tecniche delle caratteristiche dei diversi interventi) della documentazione contabile versata in atti, ed in particolare delle fatture (distinguendo, all’interno di esse, le voci che potrebbero riferirsi alla componente lavori, da quelle che riguardano la componente forniture).

15.6. Tali considerazioni possono estendersi agli ulteriori interventi indicati da Trumpf soltanto in giudizio, la cui maggior dimensione complessiva non fa venir meno la necessità di specificare la componente lavori.

E ciò consente di ritenere infondato l’ultimo profilo dell’appello di Trumpf ancora da considerare, concernente la necessità del soccorso istruttorio.

In linea di principio, il Collegio condivide le conclusioni del TAR, nel senso che il soccorso istruttorio non può giungere sino al punto di consentire al concorrente di modificare la domanda di partecipazione, integrandola degli elementi mancanti, essendo netta la distinzione tra il completamento di una domanda formalmente carente su alcuni elementi o dichiarazioni “che devono essere prodotte dai concorrenti in base alla legge, al bando o al disciplinare di gara” (art. 46, comma 1 ter, che richiama l’art. 38 comma 2-bis, del d.lgs. 163/2006), e l’integrazione di un'offerta originariamente non rispettosa delle “prescrizioni previste dal presente codice e dal regolamento” (art. 46, comma 1-bis, cit.), in quanto priva di un elemento essenziale, poiché proveniente da soggetto sfornito della prescritta qualificazione per l’esecuzione di lavori pubblici.

E’ pur vero che, ponendosi nella prospettiva del bilanciamento tra eterointegrazione della lex specialis e tutela dell’affidamento, viene in rilievo il principio affermato dall’Adunanza Plenaria n. 19/2016 (riguardo al diverso caso della rilevanza, in vigenza del d.lgs. 163/2006, della omessa separata indicazione nell’offerta degli oneri di sicurezza aziendale), nel senso che, qualora il requisito di cui è stata omessa la dimostrazione in gara non sia stato specificato dalla legge di gara, ma non sia in contestazione che dal punto di vista sostanziale l'offerta rispetti il requisito, l'esclusione del concorrente non può essere disposta se non dopo che lo stesso sia stato invitato a regolarizzare l'offerta dalla stazione appaltante nel doveroso esercizio dei poteri di soccorso istruttorio.

Tuttavia, stante la mancata specificazione, anche nelle fasi del giudizio, del valore dei lavori pregressi rilevanti ai fini della qualificazione, il possesso sostanziale del requisito da parte di Trumpf resta un presupposto da dimostrare, e pertanto la pretesa di Trumpf di usufruire del soccorso istruttorio non può essere favorevolmente considerata.

15.7. Va aggiunto che non denota alcuna contraddittorietà la circostanza che il TAR ha ritenuto tardive le censure di violazione dell’art. 9 del disciplinare, e poi ha valutato nel merito le censure di violazione degli art. 40 e 90, citt., in quanto si trattava di valutare la sufficienza delle dichiarazioni e della produzione documentale in relazione a distinti parametri, la cui violazione è stata dedotta nel primo caso tardivamente e nell’altro ritualmente.

16. La dichiarazione di subappalto di Trumpf non può condurre a diversa conclusione in ordine al possesso dei requisiti.

16.1. Il TAR ha sottolineato la priorità logica dell’esame del secondo motivo dedotto da Maquet (concernente l’invalidità della dichiarazione di subappalto resa da Trumpf) rispetto al primo motivo (concernente il difetto dei requisiti di qualificazione necessari in base alla normativa), affermando che le questioni dedotte con quest’ultimo non avrebbero avuto più alcuna ragion d’essere in caso di riconosciuta validità della dichiarazione di subappalto.

16.2. Tale considerazione non è condivisibile.

Anzitutto, poiché la possibilità di subappaltare i lavori, in applicazione degli artt. 118 del d.lgs. 163/2006 e 170 del d.P.R. 207/2010, sarebbe limitata al 30% del totale, e Maquet aveva dedotto in primo grado, in modo poco evidente ma comunque univoco, anche tale profilo di censura, e lo ripropone nell’ambito del quarto motivo dell’appello incidentale.

Il TAR non ha considerato tale profilo.

La censura di Maquet risulta fondata.

Ne deriva, che, qualora la dichiarazione di subappalto venga riconosciuta valida sotto il profilo esaminato dal TAR, il superamento della quota massima normativamente consentita non determini l’esclusione del concorrente per l’invalidità della dichiarazione, ma comunque precluda l’affidamento in subappalto dei lavori oltre la quota massima (cfr. Cons. Stato, VI, n. 557/2004; TAR Salerno, I, n. 487/2011; TAR Lazio, III, n. 2799/2007; TAR Campania, n. 466/2003), imponendo che il concorrente sia tenuto a svolgere in proprio la prestazione per la residua quota, sempre che sia in possesso dei requisiti a ciò necessari (cfr. TAR Piemonte, II, n. 2248/2001).

Pertanto, vi sarebbe comunque una quota dei lavori da eseguire rispetto alla quale Trumpf, per quanto sopra esposto, non ha dimostrato il possesso dei necessari requisiti.

16.3. Senza contare che vi è un altro, più radicale profilo di censura, che potrebbe condurre a ritenere inefficace la dichiarazione di subappalto.

Infatti, nel medesimo motivo dell’appello incidentale, Maquet ha anche contestato la stessa possibilità di subappaltare la componente lavori, sostenendo che, in mancanza del possesso dei requisiti di qualificazione per ciascuna delle componenti, nell’appalto misto non sussistono i presupposti applicativi dell’istituto del subappalto necessario, che si riferisce al diverso caso dell’appalto (puro) di lavori in cui, accanto a quelli ricompresi nella categoria prevalente, ci sono quelli di categorie scorporabili a qualificazione obbligatoria, subappaltabili.

Tale profilo di censura è stato formalmente riproposto ai sensi dell’art. 101, comma 2, cod. proc. amm., sulla base del rilievo secondo il quale nulla il TAR aveva detto circa l’impossibilità di ricorrere al subappalto in mancanza dei requisiti per l’esecuzione di lavori.

Secondo il Collegio, tuttavia, è dubbio che dal ricorso di primo grado sia desumibile una simile censura.

D’altra parte, sembra evidente che il TAR ha invece considerato legittima l’ipotesi del subappalto per l’intera componente lavori, avendo rilevato la portata assorbente che avrebbe assunto il rigetto del secondo motivo.

Secondo il Collegio, è anche dubbio che tale parte della sentenza sia stata oggetto di specifica censura nell’appello incidentale.

Da ciò, un eventuale duplice profilo di inammissibilità, riguardo al quale, tuttavia, non è stato dato alle parti in udienza l’avviso di cui all’art. 73, comma 3, cod. proc. amm..

Il Collegio, pertanto, alla luce delle considerazioni che seguono, ritiene di non pronunciarsi sul profilo di censura in questione.

17. Infatti, anche le conclusioni del TAR riguardo alla genericità della dichiarazione di subappalto resa da Trumpf si sottraggono alle censure dell’appello principale.

17.1. Il TAR, come esposto, ha ritenuto che la dichiarazione di subappalto sia generica, in quanto priva di ogni specificazione delle prestazioni da subappaltare, e pertanto dovrebbe considerarsi alla stregua di una mancata dichiarazione (così obbligando la concorrente a possedere i requisiti per eseguire in proprio quanto subappaltato).

17.2. La dichiarazione di subappalto contiene, nel modulo predisposto dall’amministrazione, dopo la dicitura prestampata “dichiara che la parte della fornitura/lavori in parola che si riserva di subappaltare è la seguente:” l’aggiunta: “parte dell’installazione di apparecchiature/lavori oggetto della presente procedura”.

17.3. Il TAR, aderendo alla prospettazione di Maquet, ha ritenuto che dal tenore complessivo della dichiarazione non sia possibile ricavare come l’espressione “parte” fosse da riferire a tutte le prestazioni sussumibili nei lavori, con esclusione della fornitura, e che quindi resti irrimediabilmente indeterminata e indeterminabile (non potendosi applicare il soccorso istruttorio) la “parte” delle prestazioni di lavoro che la stessa ha inteso subappaltare, in violazione dell’art. 118, comma 2 del d.lgs. 163/2006, che richiede ai concorrenti di indicare all’atto dell’offerta i lavori o le parti di opere che s’intendono subappaltare.

17.4. Il Collegio condivide che una dichiarazione di subappalto mancante dell’indicazione delle opere da subappaltare non possa essere superata mediante il ricorso al soccorso istruttorio, poiché ciò darebbe luogo, non già ad un completamento o ad un’integrazione della dichiarazione, bensì ad una vera e propria modifica della stessa, con pregiudizio della par condicio.

E non ritiene plausibile la tesi dell’appellante, secondo la quale Trumpf, là dove ha dichiarato l'intenzione di subappaltare "parte dell'installazione di apparecchiature/lavori oggetto della presente procedura", ha delineato l'ambito del sub appalto includendovi la "parte" delle prestazioni complessivamente richieste (definite come “fornitura e posa, chiavi in mano, di impianti e attrezzature per l’allestimento di … sale operatorie ..”) consistente nella installazione degli impianti, parte altresì consistente nei "lavori oggetto della presente procedura"; così intendendo che rimanesse in capo ad essa l’obbligo di eseguire la componente (del tutto prevalente) relativa alla fornitura.

Una simile interpretazione, infatti, modificherebbe il tenore testuale della dichiarazione (essendo, come ha sostenuto il TAR, “resa impraticabile dal senso letterale della dichiarazione, che riferisce l’espressione “parte” soltanto al lavoro, come tale dovendosi intendere anche l’attività di “installazione delle apparecchiature…”), e d’altro canto la stazione appaltante non era onerata di reinterpretare alla luce della natura dell’attività statutaria della concorrente.

18. Per quanto esposto, Trumpf subisce gli effetti della propria mancanza di diligenza nell’adempiere, non soltanto nel procedimento di gara ma anche in giudizio, all’onere di dimostrare in concreto il possesso dei requisiti di qualificazione e di indicare in modo univoco le prestazioni da subappaltare, la cui necessità era chiaramente desumibile da norme inderogabili di legge applicabili all’appalto.

Nel contesto della vicenda in esame, che vede contendersi l’appalto imprese importanti e di consolidata presenza sul mercato di settore, l’applicazione del soccorso istruttorio non può spingersi oltre il limite suindicato, in quanto ciò comporterebbe la vanificazione delle esigenze di autoresponsabilità e affidabilità della domanda ed un’ingiustificata compressione del principio della par condicio tra i concorrenti.

L’appello di Trumpf deve pertanto essere respinto.

19. In conclusione, il rigetto dell’appello principale di Trumpf (unitamente all’accoglimento parziale dell’appello incidentale di Maquet, nei sensi suindicati) determina la conferma della sentenza appellata, con le motivazioni parzialmente diverse sopra esposte.

Le spese del grado di giudizio, considerata la complessità e relativa novità delle questioni affrontate, possono essere interamente compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, accoglie parzialmente l’appello incidentale di Maquet Italia S.p.a. e respinge l’appello principale di Trumpf Med Italia S.p.a. e, per l’effetto, conferma con motivazione parzialmente diversa la sentenza appellata.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

Guida alla lettura

La sentenza in commento, riguarda la delicata questione relativa al rapporto tra eterointegrazione della lex specialis del disciplinare di gare ed il principio di tassatività delle cause di esclusione e di previa conoscenza delle cause di esclusione di cui agli atti preliminari di gara.

Com’è noto, il principio di tassatività delle cause di esclusione, introdotto nell’ordinamento con l’art. 4, secondo comma, del d.l. 13 maggio 2011, n. 70, che modificava  l’art. 46 del Codice dei contratti pubblici (ed oggi contenuto nell’art. 83, comma 8 del nuovo codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 50/2016) è spirato ai principi europei di parità di trattamento e trasparenza e finalizzato a rendere certe ed a tipicizzare le cause di esclusione dalla gare pubbliche.

Tale norma, dunque, è chiaramente ispirata ai principi del favor partecipationis e del divieto di aggravio del procedimento, mirando a correggere la precedente prassi amministrativa e la stessa giurisprudenza che anche frequentemente sfociavano in esclusioni dalle gare d’appalto per violazioni puramente formali.

Sotto il profilo funzionale, tale disciplina individua le cause di esclusione sulla scorta di due diversi criteri: a) violazione di prescrizioni imposte dal Codice dei contratti pubblici, dal Regolamento di esecuzione (d.P.R. n. 207 del 2010) o da altre leggi statali;

b) cause di esclusione enunciate direttamente dalla norma e collegate a vizi insanabili dell’offerta, quali l’incertezza assoluta sul suo contenuto o sulla sua provenienza, la non integrità dei plichi, la presenza di altre irregolarità relative alla chiusura dei plichi tali da comportare la violazione del principio di segretezza.

D’altra parte, invece, il principio di eterointegrazione delle disposizioni di gara è stato più volte invocato dalla giurisprudenza quale precetto imperativo che introduce un requisito di ammissione, quand’anche non esplicitato dalla lex specialis, la eterointegra ai sensi e per gli effetti dell’art. 1339 c.c., di talché la sua inosservanza è valida a determinare l’esclusione (cfr. Cons. Stato, A.P., 30.01.2014 n. 7). Ne consegue che tale principio è e resta valido ogni qual volta si abbia incompleta o erronea formulazione del disciplinare di gara, laddove la violazione di obblighi direttamente derivanti da norma imperativa non può non determinare l’esclusione del ricorrente, anche nel caso in cui il bando di gara avesse omesso la necessità dei suddetti requisiti, dichiarazioni o allegazioni.

In tal senso, dunque, pare conforme alla sistematica dell’ordinamento codicistico la necessità che i requisiti indicati e previsti dalla norma imperativa debbano essere rispettati dal concorrente al di là della esplicita previsione formulata dalla lex specialis. E ciò perché tali elementi hanno la funzione fondamentale (e immanente alla funzione espletata dalla pubblica gara) di soddisfare l’interesse pubblico a che i soggetti aggiudicatari posseggano determinati requisiti ritenuto necessari dal legislatore per l’esecuzione della relativa opera.

Tale principio, dunque, non insiste sulla disciplina delle pubbliche gare quale insieme di disposizioni a presidio della concorrenza tra i partecipanti (e, dunque, i principi di trasparenza e parità di trattamento), bensì alla diversa e complementare necessità soddisfatta dal codice di assicurare il pubblico interesse alla realizzazione dell’opera da parte di soggetti adeguatamente qualificati.

Pertanto, in nessun caso i principi formulati a tutela della concorrenza tra gli operatori partecipanti possono prevalere sulla necessità che la legge di gara venga adeguata ed eterointegrata con le disposizioni espressamente previste dalla vigente normativa in tema di requisiti di affidabilità o di competenza degli operatori economici.   

Tali principi, devono sì essere interpretati nel senso che ostano all'esclusione di un operatore economico da una procedura in seguito al mancato rispetto di un obbligo che non risulta espressamente dai documenti relativi alla gara o da una interpretazione degli stessi operata dalla P.A. (cfr. CGUE, VI, 2 giugno 2016, C-27/15). Tuttavia, tali principi non possono in alcun modo interferire con il meccanismo della eterointegrazione che opera ex lege, poiché semplicemente traspone nella disciplina di gara il precetto così come formulato dalla norma di legge.

La sentenza in commento, dunque, si attesta nel confermare la prevalenza del meccanismo della eterointegrazione rispetto al principio di tassatività delle cause di esclusione, con l’ovvia e precipua limitazione secondo la quale tale prevalenza ha natura eccezionale e, dunque, i principi di esclusione derivano da disposizione imperativa o sono facilmente individuabili in base alla medesima. Ma giammai tale prevalenza può spingersi fino a ritenersi legittima l’esclusione di un concorrente fondata sull’interpretazione del disciplinare di gara o della documentazione (alla luce delle disposizioni normative), poiché ciò contrasterebbe inevitabilmente con i principi di trasparenza e parità di trattamento nelle procedure e, in sostanza, con il principio di tassatività delle clausole di esclusione dalla gare di cui all’art. 83, comma 8 dell’oggi vigente codice dei contratti pubblici (e precedentemente disciplinata dall’art. 46 del d.lgs. n. 163/2006).

In tal senso, dunque, l’eterointegrazione, potrà ben estendersi a requisiti che, sebbene non previsti dalla lex specialis del bando, siano previsti dalla legge e/o facilmente conoscibili dagli interessati in base alla stessa. D’altra parte i principi a presidio della concorrenza e del favor partecipazionis (quali parità di trattamento e trasparenza) non potrebbero comunque portare alla paradossale conseguenza di una aggiudicazione a soggetti sprovvisti dei requisiti individuabili in base alla legge. E ciò anche avuto conto della tutela del legittimo affidamento dell’operatore economico, laddove lo stesso sarebbe comunque tenuto, al di là delle previsioni del bando, a conoscere le disposizioni normative che regolano le procedure di affidamento dei contratti pubblici.

In definitiva la pronuncia in oggetto è ben lungi dal riespandere la possibilità per la P.A. (o del GA) di estendere le cause di esclusione, individuando solamente nel fondamento legislativo la possibilità dell’eterointegrazione così fornendo piena integrazione e complementarietà, a livello sistematico, dei due summenzionati principi che governano le procedure ad evidenza pubblica.