Cons. Stato, Sez. V, 27 giugno 2017, n.3701.

1.     l’incameramento della cauzione è una misura a carattere latamente sanzionatorio, che costituisce conseguenza ex lege dell’esclusione per riscontrato difetto dei requisiti da dichiarare ai sensi dell'art. 38 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163.[1]

2.     è inammissibile per difetto di legittimazione l’impugnativa dell’impresa che non abbia partecipato ab imis, ovvero sia stata definitivamente esclusa dalla gara, dato che tale soggetto, a causa della mancata partecipazione o dell’esclusione, rimane privo non soltanto del titolo a partecipare alla gara ma anche a contestarne gli esiti e la legittimità delle scansioni procedimentali.[2]

[1] Cons. Stato, IV, 19 novembre 2015, n. 5280; 9 giugno 2015, n. 2829; V, 10 settembre 2012, n. 4778, Cons. Stato, Ad. plen., 10 dicembre 2014, n. 34.

[2] Cons. St., sez. IV, 11 ottobre 2016, n. 4180; sez. IV, 25 agosto 2016, n. 3688; sez. IV, 20 aprile 2016, n. 1560; Cons. St., sez. III, 26 agosto 2016, n. 3708; Corte cost. 22 novembre 2016, n. 245; Corte giust. UE, sez. VIII, 21 dicembre 2016, C-355/15

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso per opposizione di terzo iscritto numero di registro generale 8758 del 2016, proposto da: 
Artco Servizi Società Cooperativa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Luca Mazzeo, Luca De Pauli, con domicilio eletto presso lo studio Luca Mazzeo in Roma, via Eustachio Manfredi 5;

contro

Consip s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Claudio De Portu, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Flaminia N. 354; 
Ministero della Giustizia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi; 

nei confronti di

Ciclat Società Cooperativa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Stefano Vinti, Pietro Adami, Michele Ottani, con domicilio eletto presso lo studio Stefano Vinti in Roma, via Emilia N. 88; 
Consorzio Astrea, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Gennaro Terracciano, Antonio Sasso, con domicilio eletto presso lo studio Gennaro Terracciano in Roma, piazza San Bernardo N. 101; 
Società Cooperativa Nuovi Orizzonti, Ricina Società Cooperativa, Verbatim Società Cooperativa A R.L., Agenzia delle Entrate, Agenzia delle Entrate - Direzione Provinciale di Caserta, Equitalia Sud Spa-Agente della Riscossione per la Provincia di Caserta, Equitalia Sud Spa, Anac - Autorità Nazionale Anticorruzione non costituiti in giudizio; 
Ciclat Società Coooperativa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Stefano Vinti, Pietro Adami, Michele Ottani, con domicilio eletto presso lo studio Stefano Vinti in Roma, via Emilia, 88; 

sul ricorso per revocazione iscritto al numero di registro generale 7729 del 2016, proposto da: 
Consorzio Astrea, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Gennaro Terracciano, Antonio Sasso, con domicilio eletto presso lo studio Gennaro Terracciano in Roma, piazza di San Bernardo, 101; 

contro

Consip s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Claudio De Portu, con domicilio eletto presso lo studio Claudio De Portu in Roma, via Flaminia, 354; 
Ministero della Giustizia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi; 
Anac - Autorità Nazionale Anticorruzione, non costituita in giudizio; 

nei confronti di

Società Cooperativa Nuovi Orizzonti, Ricina Società Cooperativa, Verbatim Società Cooperativa A Rl, Agenzia delle Entrate, Agenzia delle Entrate - Direzione Provinciale di Caserta, Equitalia Sud Spa - Agente della Riscossione per la Provincia di Caserta, Equitalia Sud Spa non costituiti in giudizio; 
Ciclat società cooperativa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Stefano Vinti, Michele Ottani, Pietro Adami, con domicilio eletto presso lo studio Stefano Vinti in Roma, via Emilia, 88; 

per la revocazione

quanto al ricorso n. 7729 del 2016:

della sentenza del Consiglio di Stato - Sez. V n. 03402/2016, resa tra le parti;

per l’opposizione di terzo

quanto al ricorso n. 8758 del 2016:

della sentenza del Consiglio Di Stato - Sez. V n. 03402/2016, resa tra le parti;

Visti i ricorsi e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Consip s.p.a., del Ministero della Giustizia, di Ciclat Società Cooperativa, di Consorzio Astrea e di Ciclat;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 giugno 2017 il Cons. Roberto Giovagnoli e uditi per le parti gli avvocati Luca De Pauli, Claudio De Portu, Paolo Marchini per l'Avvocatura Generale dello Stato, Pietro Adami, Corinna Fedeli in dichiarata delega dell'avvocato Stefano Vinti, Gennaro Terracciano, Antonio Sasso;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. La CONSIP s.p.a., con bando pubblicato in data 1 luglio 2013, ha indetto una procedura ristretta per l’affidamento, in sei lotti, dei servizi concernenti la documentazione degli atti processuali del Ministero della Giustizia, da aggiudicarsi col criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

Il Consorzio Astrea, gestore del servizio in regime di proroga, ha impugnato, il bando e il documento descrittivo, davanti al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio – Roma, deducendo, tra l’altro che:

a) non risultavano richiesti ai concorrenti livelli minimi di capacità economico-finanziaria, volti a comprovarne la capacità operativa;

b) i requisiti di capacità tecnica richiesti - con elenco di almeno 3 contratti per servizi analoghi a quelli oggetto della gara, prestati negli ultimi 3 anni, con indicazione degli importi, delle date e dei committenti, pubblici o privati - risultavano insufficienti, rispetto a quanto previsto nell’art.42, comma 1, lett. a), del d. lgs. n.163 del 2006;

c) non era stato debitamente considerato, come desunto dalla lettura dell’art. 9 del documento descrittivo, il documento di valutazione dei rischi da interferenze (duvri).

Con un primo ricorso per motivi aggiunti il Consorzio Astrea ha impugnato, inoltre, le note di chiarimento del 23 e del 26 luglio 2013, con le quali la stazione appaltante si era espressa in ordine alla necessità che anche i consorzi ordinari indicassero nella domanda di partecipazione la mandataria o, comunque, l’impresa che avrebbe assunto un ruolo equiparabile a quello della mandataria.

Il Consorzio Astrea in RTI con la CEDAT 85 e la PerVoice s.p.a. ha, comunque, presentato manifestazione di interesse a partecipare alla gara per tutti e 6 i lotti e altrettanto ha fatto la CICLAT soc. coop..

Entrambi sono stati invitati a presentare offerta.

All’esito della gara i lotti 1 e 3 sono stati provvisoriamente aggiudicati alla CICLAT, mentre i lotti 2, 4, 5 e 6 sono stati affidati, sempre in via provvisoria, al suddetto RTI capeggiato dal Consorzio Astrea.

Sennonché, a seguito delle operazioni di verifica del possesso dei requisiti dichiarati, la stazione appaltante, mentre ha confermato l’aggiudicazione in favore della CICLAT, ha escluso dalla gara, per tutti i 6 lotti, il RTI di cui faceva parte il Consorzio Astrea, rilevando:

a) la non veridicità della dichiarazione sui precedenti penali resa in gara dal legale rappresentante della consorziata Scuola Galotta s.r.l. (in particolare per l’omessa dichiarazione da parte del legale rappresentante della consorziata Scuola Gallotta s.r.l. di una condanna per guida in stato di ebbrezza pronunciata nel dicembre 2002);

b) la sussistenza di una situazione di irregolarità contributiva e fiscale a carico, della consorziata Sediver s.r.l..

Il Consorzio Astrea ha, quindi, proposto un secondo ricorso per motivi aggiunti con cui ha impugnato l’aggiudicazione dei lotti 1 e 6 in favore di CICLAT e un terzo ricorso per motivi aggiunti con cui ha contestato il provvedimento espulsivo emesso a proprio carico (determinazione in data 25 giugno 2015).

Con sentenza 1 febbraio 2016, n. 1342, il Tribunale amministrativo ha accolto il ricorso introduttivo del giudizio e ha dichiarato improcedibili tutti e tre i motivi aggiunti.

2. Avverso la sentenza hanno proposto appello, rispettivamente principale e incidentale, la CICLAT e la CONSIP.

Anche il Consorzio Astrea ha proposto appello incidentale con cui, subordinatamente all’eventuale accoglimento degli appelli di CICLAT e CONSIP, ha impugnato la menzionata sentenza nella parte in cui ha dichiaro improcedibili i tre ricorsi per motivi aggiunti di cui ha riproposto le censure.

Con la sentenza n. 3402 del 2016, il Consiglio di Stato ha accolto l’appello principale proposto da CICLAT e l’appello incidentale proposto da Consip; ha, invece, respinto l’appello incidentale proposto da Astrea contro il capo della sentenza di primo grado che aveva respinto il ricorso contro il provvedimento di esclusione dalla gara; dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interessi gli ulteriori motivi proposti da Astrea contro la mancata esclusione di Ciclat.

3. Contro la sentenza del Consiglio di Stato n. 3402 del 2016 Astra ha proposto ricorso per revocazione.

I motivi del ricorso per revocazione possono essere così sintetizzati:

I) Errore di fatto sull’esistenza del giudicato formatosi sulla condanna penale non dichiarata dal legale rappresentante della consorziata Scuola Gallotta s.r.l.: la sentenza del Consiglio di Stato avrebbe omesso di considerare il fatto che era pendente incidente di esecuzione presso il giudice di pace di Potenza, volto ad ottenere la rimessione in termini per impugnare la sentenza.

II) Errore di fatto sull’esistenza di sopravvenuto difetto di interesse da parte di Astrea a contestare l’ammissione di Ciclat: la sentenza avrebbe omesso di considerare il fatto che l’interesse ancora c’era, nonostante l’esclusione, perché si trattata di una gara con due soli concorrenti rimasti;

III) Errore di fatto per omessa pronuncia sul motivo dell’appello incidentale con cui si contestava l’automatismo tra esclusione ed escussione della cauzione.

4. La medesima sentenza del Consiglio di Stato n. 3402/2016 è stata impugnata, con ricorso per opposizione di terzo, anche da Artco Società Cooperativa Servizio (società che era stata invitata a partecipare alla gara, ancorché non vi abbia poi effettivamente partecipato). Il terzo opponente, dichiarando di essere titolare di un interesse strumentale al rifacimento della gara, contesta, sulla base di motivi analoghi a quelli articolari dal ricorrente per revocazione, il capo della sentenza con il quale il Consiglio di Stato ha dichiarato improcedibili i motivi dell’appello incidentale di Astrea diretti ad ottenere l’esclusione della gara di Ciclat.

5. In entrambi i giudizio, si sono costituti in giudizio per resistere alle impugnazioni, il Ministero della Giustizia, Consip s.p.a. e Ciclat.

6. Alla pubblica udienza del 27 giugno 2017 i ricorsi sono stati trattenuti per la decisione.

7. Occorre, anzitutto, disporre la riunione dei ricorsi, trattandosi di impugnazioni avverso la medesima sentenza.

8. Il ricorso per l’opposizione di terzo proposto da Artco è inammissibile per difetto di legittimazione.

Ai sensi dell’articolo 108, comma 1, c.p.a., il terzo può fare opposizione contro la sentenza del Tribunale amministrativo regionale o del Consiglio di Stato, ancorché, passata in giudicato, quando pregiudica i suoi diritto o interessi legittimi.

La norma collega, quindi, la legittimazione a proporre opposizione alla titolarità di una situazione giuridica differenziata, in termini o di diritto soggettivo o di interesse legittimo, che possa essere lesa dalla sentenza opposta.

Nel caso di specie, Artco, rispetto alla gara oggetto del giudizio non è titolare di alcuna situazione giuridica differenziato che valga a radicare la sua legittimazione al ricorso: si tratta, infatti, di un soggetto che, sebbene invitato dalla stazione appaltante, non ha partecipato alla gara.

Sotto tale profilo, la giurisprudenza, sia nazionale (Cons. St., sez. IV, 11 ottobre 2016, n. 4180; sez. IV, 25 agosto 2016, n. 3688; sez. IV, 20 aprile 2016, n. 1560; Cons. St., sez. III, 26 agosto 2016, n. 3708; cui può aggiungersi anche Corte cost. 22 novembre 2016, n. 245) che comunitaria (cfr. Corte giust. UE, sez. VIII, 21 dicembre 2016, C-355/15), è consolidata nel ritenere che la legittimazione al ricorso presuppone la partecipazione alla gara i cui esiti si contestano. Ѐ stato così più volte ribadito che è inammissibile per difetto di legittimazione l’impugnativa dell’impresa che non abbia partecipato ab imis, ovvero sia stata definitivamente esclusa dalla gara, dato che tale soggetto, a causa della mancata partecipazione o dell’esclusione, rimane privo non soltanto del titolo a partecipare alla gara ma anche a contestarne gli esiti e la legittimità delle scansioni procedimentali; il suo interesse protetto, invero, da qualificare interesse di mero fatto, non è diverso da quello di qualsiasi operatore del settore che, non avendo partecipato alla gara, non ha titolo a impugnare gli atti, pur essendo portatore di un interesse di mero fatto alla caducazione dell'intera selezione, al fine di poter presentare la propria offerta in ipotesi di riedizione della nuova gara.

Identiche conclusioni non possono che valere anche nell’ipotesi in cui l’impugnazione degli atti di gara avvenga indirettamente attraverso la proposizione dell’opposizione di terzo contro la sentenza che ha respinto (o, come nella specie, dichiarato improcedibili) i motivi contro l’ammissione di un concorrente.

9. Il ricorso per revocazione è, invece, in parte inammissibile (primo e secondo motivo) ed in parte infondato (terzo motivo).

9.1. Il primo motivo di revocazione è diretto a lamentare che la sentenza di cui si chiede la revocazione è fondata sulla supposizione di un fatto (passaggio in giudicato della sentenza emessa nel 2002 dal Giudice di Pace di Potenza) la cui verità è incontrastabilmente esclusa dagli atti e dai documenti di causa (da cui emergeva la pendenza innanzi al medesimo Giudice di Pace di un incidente di esecuzione per ottenere la rimessione in termini al fine di poter proporre impugnazione contro la sentenza).

Il motivo è inammissibile sotto diversi profili.

Innanzitutto, il formarsi del giudicato sulla sentenza di condanna emessa nel 2002 dal Giudice di Pace di Potenza è stato un punto controverso sul quale la sentenza ha espressamente statuito.

Inoltre, l’omessa menzione da parte della sentenza impugnata del procedimento pendente innanzi al Giudice di Pace di Potenza per ottenere la rimessione in termini denota, l’omesso esame, più che di un motivo di impugnazione, solo di una delle argomentazioni a sostegno del motivo di ricorso (diretto a negare l’esistenza di una condanna passata in giudicato suscettibile di rientrare fra quelle che andavano dichiarate ex art. 38, comma 1, lett. c) d.lgs. n. 163 del 2006).

Va richiamata, a tal proposito, la distinzione tra motivo di ricorso e argomentazione a ciascuno dei motivi sostegno del medesimo, così come delineata, proprio per delimitare l’ambito della revocazione, dalla sentenza dell’Adunanza plenaria 27 luglio 2016, n. 21.

Il motivo di ricorso delimita e identificala domanda spiegata nei confronti del giudice, e in relazione al motivo si pone l’obbligo di corrispondere, in positivo o in negativo, tra chiesto e pronunciato, nel senso che il giudice deve pronunciarsi su ciascuno dei motivi e non soltanto su alcuni di essi.

A sostegno del motivo – che identifica la domanda prospettata di fronte al giudice – la parte può addurre, poi, un complesso di argomentazioni, volta a illustrare le diverse censure, ma che non sono idonee, di per se stesse, ad ampliare o restringere la censura, e con essa la domanda.

Rispetto a tali argomentazioni non sussiste un obbligo di specifica pronunzia da parte del giudice, il quale è tenuto a motivare la decisione assunta esclusivamente con riferimento ai motivi di ricorso come sopra identificati.

Applicando tali principi al caso oggetto del presente giudizio, si deve evidenziare che la sentenza impugnata ha reputato, comunque, irrilevante la circostanza (dedotta anche nell’istanza di rimessione in termini pendente dinnanzi al Giudice di Pace) della mancata conoscenza della sentenza da parte del condannato. La sentenza, infatti, nel respingere il motivo dell’appello incidentale proposta da Astra, ha dato rilievo dirimente al fatto che la condanna risultava, comunque, dal casellario giudiziario ed era per questo conoscibile da parte dell’interessato, che, dunque, avrebbe dovuto dichiararla in sede di gara. Questo passaggio motivazione è stato di per sé dirimente per respingere la censura.

Solo come argomento rafforzativo la sentenza impugnata ha poi citato l’esito, comunque, negativo che l’istanza di rimessione in termini aveva trovato in Cassazione (omettendo di menzionare, perché ritenuto implicitamente irrilevante, il parallelo procedimento pendente innanzi al Giudice di Pace). Da questo punto di vista, quindi, difetta anche il presupposto della decisività del relativo errore (a maggior ragion se si considera che nelle more del giudizio di revocazione quella istanza è stata comunque respinta).

9.2. Il secondo motivo di revocazione è diretto a lamentare un ulteriore errore di fatto, che investe il capo della sentenza che, dopo avere respinto i motivi di Astrea contro la propria esclusione, ha dichiarato improcedibili i motivi di ricorso proposti per ottenere comunque l’esclusione della concorrente Ciclat. Secondo il ricorrente, al Collegio giudicante sarebbe sfuggita la circostanza fattuale che i concorrenti rimasti in gara erano soltanto due e che, pertanto, avrebbero dovuto trovare applicazione i principi enunciati dalla sentenza della Corte di giustizia 5 aprile 2016, C-689/13, Puligienica, in punto di interesse e legittimazione al ricorso dell’offerente escluso.

Anche questo motivo è inammissibile: esso è chiaramente diretto a lamentare (anziché un errore di fatto) una non corretta applicazione dei principi (quale desumbili anche dalla giurisprudenza della Corte di giustizia) sulla legittimazione e l’interesse al ricorso dell’offerente escluso rispetto all’ammissione dell’altro. Che quello dedotto non sia un errore di fatto (ma, eventualmente, di diritto) emerge chiaramente solo che si consideri che, in realtà, diversamente da quanto deduce il ricorrente, in base ai principi affermati dalla Corte di giustizia nella citata sentenza Puligienica, la legittimazione dell’offerente escluso (in caso di esame simultaneo delle reciproche censure escludenti) persisterebbe a prescindere dal numero dei partecipanti rimasti in gara (tranne che si possa escludere ogni suo residuale interesse). E da questo punto di vista, anche in relazione a tale supposto errore, mancherebbe comunque il requisito della decisività.

9.3. Con il terzo motivo la ricorrente lamenta, come ulteriore errore di fatto, l’omessa pronuncia sullo specifico motivo dell’appello incidentale volto a denunciare l’illegittimità dell’escussione, come automatica conseguente dell’esclusione, della cauzioni provvisorie presentate in sede di offerta.

L’omessa pronuncia su un motivo proposto costituisce errore di fatto revocatorio.

Il motivo, tuttavia, è infondato sul piano del giudizio rescissorio.

Per consolidata giurisprudenza, nelle gare pubbliche di appalto l’incameramento della cauzione è una misura a carattere latamente sanzionatorio, che costituisce conseguenza ex lege dell’esclusione per riscontrato difetto dei requisiti da dichiarare ai sensi dell'art. 38 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, senza che sia necessaria la prova di colpa nella formazione delle dichiarazioni presentate (cfr. Cons. Stato, IV, 19 novembre 2015, n. 5280; 9 giugno 2015, n. 2829; V, 10 settembre 2012, n. 4778).

Inoltre Cons. Stato, Ad. plen., 10 dicembre 2014, n. 34 ha ritenuto che la presenza di dichiarazioni non corrispondenti al vero altera di per sé la gara, quantomeno per aggravio di lavoro della stazione appaltante, chiamata a vagliare anche concorrenti inidonei o offerte prive di tutte le qualità promesse, con relative questioni derivate (come si è verificato nel caso di specie, con esigenze di ricalcolo e nuovo aggiudicatario).

L'escussione costituisce dunque conseguenza automatica della violazione dell'obbligo di diligenza gravante sull'offerente, considerato anche che gli operatori economici, con la domanda di partecipazione, impegnano ad osservare le regole della procedura delle quali hanno piena contezza.

Si tratta di una misura autonoma e ulteriore rispetto all’esclusione dalla gara ed alla segnalazione all'Autorità di vigilanza, che si riferisce, mediante l’anticipata liquidazione dei danni subiti dall'Amministrazione, a un distinto per quanto connesso rapporto giuridico fra quest’ultima e l'imprenditore.

In definitiva, l’incameramento della cauzione provvisoria è una misura di carattere strettamente patrimoniale, senza un carattere sanzionatorio amministrativo nel senso proprio: non ha infatti né carattere reintegrativo o ripristinatorio di un ordine violato, né di punizione per un illecito amministrativo previsto a tutela di un interesse generale). Essa ha il suo titolo e la sua causa nella violazione di regole e doveri contrattuali già espressamente accettati negli stretti confronti dell’amministrazione appaltante. La lata funzione sanzionatoria che sopra si è detta, dunque, inerisce al solo rapporto che si è costituito inter partes con l’amministrazione appaltante per effetto della domanda di partecipazione alla gara.

10. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate, per ciascuna dei due giudizi riuniti, in complessivi € 3.000, a favore di ogni parte costituita.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti:

ne dispone la riunione;

dichiara inammissibile il ricorso per opposizione di terzo proposto da Artco Servizi Società cooperativa (ricorso n. 8758/2016);

dichiara in parte inammissibile e in parte respinge il ricorso per revocazione proposto da Consorzio Astrea (ricorso n. 7729/2016);

condanna Artco Servizi società cooperativa al pagamento delle spese del giudizio di opposizione a favore di Consip s.p.a., Ministero della Giustizia e Ciclat, liquidandole, per ciascuna parte, in complessivi € 3.000, oltre agli accessori di legge;

condanna Consorzio Astrea al pagamento delle spese del giudizio di revocazione a favore di Consip s.p.a., Ministero della Giustizia e Ciclat, liquidandole, per ciascuna parte, in complessivi € 3.000, oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

 

 

Guida alla lettura

L’occasione fornita dall’arresto giurisprudenziale in esame è propizia per ripercorrere due fattispecie, pur notorie e datate, ma sempre attuali.

Riguardo l’istituto dell’incameramento della cauzione definitiva, il Collegio si è espresso nei termini che nelle gare pubbliche di appalto l’incameramento della cauzione è una misura a carattere latamente sanzionatorio, che costituisce conseguenza ex lege dell’esclusione per riscontrato difetto dei requisiti da dichiarare ai sensi dell'art. 38 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, senza che sia necessaria la prova di colpa nella formazione delle dichiarazioni presentate

Occorre notare come, in relazione all’obbligo da parte della stazione appaltante di procedere all’escussione della cauzione provvisoria, si sia formato un orientamento teso a far risaltare il carattere di automatismo della sua richiesta. E ciò in un’ottica di valorizzazione del dato normativo di cui all’art. 75 (“Garanzie a corredo dell'offerta”) del codice degli appalti che recita “La garanzia copre la mancata sottoscrizione del contratto per fatto dell'affidatario, ed è svincolata automaticamente al momento della sottoscrizione del contratto medesimo.”

In questo senso, si è affermato che “l'art. 75 comma VI del dlgs n. 163/06 prevede la possibilità per la stazione appaltante di incamerare la cauzione provvisoria in tutte le ipotesi di mancata sottoscrizione del contratto per fatto dell'affidatario e la sua natura è di tipo sanzionatorio”. [1]

Nelle procedure ad evidenza pubblica per la scelta del contraente la cauzione ha avuto, in base all'allora vigente normativa, la funzione di garantire l'Amministrazione per il caso in cui l'affidatario non si presentasse poi a stipulare il relativo contratto (vedi art. 332 legge n. 2248/ 1865, allegato F, ; gli artt. 2 e 4 DPR n. 1063 del 1962; art. 30 legge 109 del 1994 ( legge Merloni ).

Recentemente, però, sia in tempi antecedenti l'entrata in vigore del Codice dei Contratti, sia in ispecie in vigenza del dlgs n. 163/06, la cauzione è stata considerata come condizione volta a garantire l'affidabilità dell'offerta (non solo in vista dell'aggiudicazione), nonché la serietà e la correttezza del procedimento di gara.

Infatti si è precisato che una dichiarazione inaffidabile (perché falsa o incompleta) è già di per se stessa lesiva degli interessi considerati dalla normativa, a prescindere dal fatto che l'impresa meriti "sostanzialmente” di partecipare alla gara.

Conseguentemente l'incameramento della cauzione provvisoria è stato configurato come misura sanzionatoria costituente conseguenza automatica del provvedimento di esclusione (Cons Stato Sez. V 10/9/2012 n. 4778); ed inoltre, circostanza decisamente rilevante, in sede di attività esegetica riguardante la interpretazione del citato art. 75 comma VI dlgs n. 163/06, è stato affermato il principio per cui nell'ipotesi di mancata sottoscrizione del contratto ‘per fatto dell'affidatario’ deve farsi rientrare non solo il rifiuto di stipulare, ma anche il rilevato difetto dei requisiti generali previsti dall'art. 38 del suindicato dlgs n. 163/06.

Con il che si rende sufficientemente chiaro che le dette misure discendenti dall’esclusione si rivelano strettamente vincolate e consequenziali alla verifica dell’omissione probatoria di cui si tratta, e prive di qualsivoglia contenuto discrezionale (AVCP, parere n. 80 del 14 ottobre 2007). La giurisprudenza prevalente è difatti attestata nel senso che l’incameramento della cauzione provvisoria ai sensi dell’art. 48 cit. è una conseguenza sanzionatoria del tutto automatica del provvedimento di esclusione, come tale non suscettibile di alcuna valutazione discrezionale con riguardo ai singoli casi concreti ed in particolare alle ragioni meramente formali ovvero sostanziali che l'Amministrazione abbia ritenuto di porre a giustificazione dell'esclusione medesima.

la presenza di dichiarazioni non corrispondenti al vero altera di per sé la gara, quantomeno per aggravio di lavoro della stazione appaltante, chiamata a vagliare anche concorrenti inidonei o offerte prive di tutte le qualità promesse, con relative questioni derivate (come si è verificato nel caso di specie, con esigenze di ricalcolo e nuovo aggiudicatario).

L'escussione costituisce dunque conseguenza automatica della violazione dell'obbligo di diligenza gravante sull'offerente, considerato anche che gli operatori economici, con la domanda di partecipazione, impegnano ad osservare le regole della procedura delle quali hanno piena contezza.

Si tratta di una misura autonoma e ulteriore rispetto all’esclusione dalla gara ed alla segnalazione all'Autorità di vigilanza, che si riferisce, mediante l’anticipata liquidazione dei danni subiti dall'Amministrazione, a un distinto per quanto connesso rapporto giuridico fra quest’ultima e l'imprenditore.

In definitiva, l’incameramento della cauzione provvisoria è una misura di carattere strettamente patrimoniale, senza un carattere sanzionatorio amministrativo nel senso proprio: non ha infatti né carattere reintegrativo o ripristinatorio di un ordine violato, né di punizione per un illecito amministrativo previsto a tutela di un interesse generale). Essa ha il suo titolo e la sua causa nella violazione di regole e doveri contrattuali già espressamente accettati negli stretti confronti dell’amministrazione appaltante. La lata funzione sanzionatoria che sopra si è detta, dunque, inerisce al solo rapporto che si è costituito inter partes con l’amministrazione appaltante per effetto della domanda di partecipazione alla gara.

Riguardo il secondo profilo in esame, ripropone l’insegnamento per cui la legittimazione al ricorso presuppone la partecipazione alla gara i cui esiti si contestano. Ѐ stato così più volte ribadito che è inammissibile per difetto di legittimazione l’impugnativa dell’impresa che non abbia partecipato ab imis, ovvero sia stata definitivamente esclusa dalla gara, dato che tale soggetto, a causa della mancata partecipazione o dell’esclusione, rimane privo non soltanto del titolo a partecipare alla gara ma anche a contestarne gli esiti e la legittimità delle scansioni procedimentali; il suo interesse protetto, invero, da qualificare interesse di mero fatto, non è diverso da quello di qualsiasi operatore del settore che, non avendo partecipato alla gara, non ha titolo a impugnare gli atti, pur essendo portatore di un interesse di mero fatto alla caducazione dell'intera selezione, al fine di poter presentare la propria offerta in ipotesi di riedizione della nuova gara.

Il Supremo Consesso Amministrativo con la sentenza in Adunanza Plenaria sentenza n. 9 del 25 febbraio 2014, richiamando i propri precedenti (n. 4 del 2011 e n. 1 del 2003), aveva già rilevato che, in materia di controversie aventi ad oggetto gare di appalto, il tema della legittimazione al ricorso (o titolo) è declinato nel senso che tale legittimazione “deve essere correlata ad una situazione differenziata e dunque meritevole di tutela, in modo certo, per effetto della partecipazione alla stessa procedura oggetto di contestazione” e che “chi volontariamente e liberamente si è astenuto dal partecipare ad una selezione non è dunque legittimato a chiederne l’annullamento ancorché vanti un interesse di fatto a che la competizione – per lui res inter alios acta – venga nuovamente bandita”.

Ivi è stato poi precisato che a tale regola generale può derogarsi, per esigenze di ampliamento della tutela della concorrenza, solamente in tre tassative ipotesi e, cioè, quando:

I) si contesti in radice l’indizione della gara;

II) all’inverso, si contesti che una gara sia mancata, avendo l’amministrazione disposto l’affidamento in via diretta del contratto;

III) si impugnino direttamente le clausole del bando assumendo che le stesse siano immediatamente escludenti”.

Laa più recente e costante giurisprudenza (tra le tante, Cons. Stato, sez. V, 6 maggio 2015 n. 2256; sez. IV, 25 agosto 2016 n. 3688), cui si allinea l’arresto in esame, si è conformata al principio affermato dall’Adunanza Plenaria, ribadendo che l’azione di annullamento davanti al giudice amministrativo è soggetta – sulla falsariga del processo civile – a tre condizioni fondamentali (titolo, interesse ad agire, legittimazione attiva/passiva), che devono sussistere al momento della proposizione della domanda e permanere fino al momento della decisione finale; la legittimazione al ricorso non è configurabile allorquando ricorrano le seguenti condizioni:

I) soprattutto in materia di controversie aventi ad oggetto gare di appalto e affidamenti di servizi, il tema della legittimazione al ricorso (o titolo) è declinato nel senso che essa deve essere correlata alla circostanza che l’instaurazione del giudizio non solo sia proposta da chi è legittimato al ricorso, ma anche che non appaia finalizzata a tutelare interessi emulativi, di mero fatto, pretese impossibili o contra ius;

II) l’impresa che non partecipa alla gara, o vi partecipa in via di mero fatto non può in nessun caso contestare l’aggiudicazione in favore di ditte terze;

III) a tale regola generale si può fare eccezione, per esigenze di ampliamento della tutela della concorrenza, solamente in tre tassative ipotesi e cioè quando: si contesti in radice l’indizione della gara; all’inverso, si contesti che una gara sia mancata, avendo l’amministrazione disposto l’affidamento in via diretta del contratto; si impugnino direttamente le clausole del bando assumendo che le stesse siano immediatamente escludenti.

E le suindicate decisioni hanno altresì esaustivamente chiarito le ragioni per le quali i superiori approdi siano in linea con la giurisprudenza comunitaria (Corte giust. UE, Sez. X, 4 luglio 2013, C-100/12 Fastweb; Sez. III, 20 settembre 2010, C-314/09 Stadt Graz; 28 gennaio 2010, n. 406/08 Uniplex; Sez. VI, 12 febbraio 2004, C-230/02, Grossman; 19 giugno 2003, C-249/01 Hackermuller); infine, la recente sentenza della Terza Sezione del Consiglio di Stato n. 3708 del 26 agosto 2016 è pervenuta ad identiche conclusioni esplorando la tematica della nozione processualmente rilevante dell’interesse a ricorrere alla luce dei principi declinati dalla Corte di Giustizia UE con la sentenza 5 aprile 2016, C-689/13, Puligienica/Airgest S.p.A.

 

 

 

 


[1] Consiglio di Stato, sez. IV, 11 novembre 2014 n. 5516