Cons. Stato, Sez. V, 7 luglio 2017, n. 3343.
Nell’ambito di un atto unico non è possibile estrapolare singole parti aventi sostanza di provvedimento amministrativo (...). Lo stesso tribunale del resto ha colto il profilo decisivo ai fini della risoluzione della presente controversia, consistente nel fatto che un simile potere non è previsto nell’ordinamento giuridico al di fuori della procedura di gara.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 8814 del 2016, proposto da:
Azienda per la mobilità nell’area di Taranto – A.M.A.T. s.p.a., in persona del presidente e legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Roberto, Luca e Marco Barberio, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Alfredo Placidi, in Roma, via Tortolini, n. 30;
contro
Bellizzi s.r.l., in persona dell’amministratore unico e legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Marco Lancieri, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Placidi, in Roma, via Tortolini, n. 30;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. PUGLIA - SEZ. STACCATA DI LECCE, SEZIONE II, n. 1439/2016, resa tra le parti, concernente la nota con cui AMAT ha inibito alla Bellizzi s.r.l. la partecipazione a future procedure di affidamento di contratti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Bellizzi s.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 giugno 2017 il consigliere Fabio Franconiero e uditi per le parti gli avvocati Roberto Barberio, Marco Barberio e, su delega dell’avvocato Lancieri, Domenico Colella;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale della Puglia – sezione staccata di Lecce - la Bellizzi s.r.l. impugnava la nota con cui la Azienda per la mobilità nell’area di Taranto – A.M.A.T. s.p.a. le aveva contestato alcune irregolarità nella fatturazione di prestazioni di fornitura di componenti di autobus e di servizi di manutenzione di tali mezzi (nota n. di prot. 4253/P del 7 marzo 2015).
2. In ragione delle irregolarità contestate, nella nota in questione la A.M.A.T. significava alla Bellizzi che il rapporto di fiducia nei suoi confronti si era irreversibilmente compromesso e pertanto le comunicava «di recidere ogni rapporto». L’azienda soggiungeva che i fatti contestati si inquadravano nella fattispecie prevista dall’art. 38, comma 1, lett. f), dell’(allora vigente) codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, derivandone «la consequenziale inibizione da qualsiasi ulteriore partecipazione a future procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti (con estensione alla stipula di subappalti e alla stipula di contratti di manutenzione e fornitura) e, comunque, ad evidenza pubblica che saranno indette da questa Amministrazione».
3. Con la sentenza in epigrafe il Tribunale amministrativo adito accoglieva il ricorso della Bellizzi contro detta nota.
Il giudice di primo grado premetteva in punto di giurisdizione che la nota impugnata aveva natura pubblicistica nella parte in cui inibiva la partecipazione a future procedure di affidamento e nel merito reputava illegittimo il divieto di partecipazione per negligenza o grave errore professionale ai sensi della citata lettera f) dell’art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006, perché adottato in via generalizzata e preventiva, al di fuori di una procedura di affidamento di un contratto pubblico.
4. Per la riforma della pronuncia di primo grado la A.M.A.T. ha proposto appello, al quale resiste l’originaria ricorrente Bellizzi.
5. Quest’ultima ha riproposto ai sensi dell’art. 101, comma 2, cod. proc. amm. gli ulteriori motivi di impugnazione non esaminati dal Tribunale amministrativo.
DIRITTO
1. Con il proprio appello la A.M.A.T. censura la sentenza di primo grado per eccesso di potere giurisdizionale.
L’azienda sostiene che il Tribunale amministrativo avrebbe invaso la propria sfera di competenza esclusiva nel valutare l’affidabilità ai sensi della lett. f) dell’art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006 del proprio contraente privato e avrebbe così violato i limiti esterni della propria giurisdizione, esercitando un inammissibile sindacato di merito nei confronti degli atti dell’amministrazione.
2. La A.M.A.T. critica poi la decisione di primo grado sotto un distinto profilo, consistente nel mancato riscontro della carenza di interesse della Bellizzi s.r.l. ad impugnare una nota priva di «qualsiasi carica lesiva» e di qualsiasi valore provvedimentale.
3. Le censure così sintetizzate sono fondate nei termini che seguono.
4. Nei limiti in cui l’azienda appellante lamenta un’invasione della propria sfera di amministrazione da parte del giudice di primo grado la medesima coglie innanzitutto un profilo di assenza di lesività della nota impugnata, derivante dal fatto che la stessa è stata emessa nell’ambito di un rapporto contrattuale. La nota si colloca più precisamente nella fase di esecuzione di un contratto d’appalto, in cui le posizioni delle parti, ivi compresa quella pubblica, sono di tipo paritetico, secondo una ricostruzione ripetutamente affermata ai fini del riparto di giurisdizione in materia di contratti pubblici tra giudice amministrativo e giudice ordinario dalle Sezioni unite della Cassazione (ex multis: Cass., Sez. Un., ord. 10 aprile 2017, n. 9149, 18 novembre 2016, n. 23468; sent. 3 novembre 2016, n. 22233).
5. A differenti conclusioni non è possibile giungere per il fatto, invece valorizzato dal tribunale amministrativo, che con la nota impugnata l’AMAT abbia manifestato la volontà di escludere la Bellizzi da qualsiasi futura procedura di affidamento ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. f), d.lgs. n. 163 del 2006, in conseguenza del venir meno del rapporto di fiducia con tale ditta fornitrice.
In particolare, nell’ambito di un atto unico non è possibile estrapolare singole parti aventi sostanza di provvedimento amministrativo, come invece ha ritenuto il giudice di primo grado, sia a sostegno della statuizione con cui lo stesso ha ritenuto la propria giurisdizione (capo non impugnato con il presente appello), sia ai fini dell’accoglimento del ricorso. Lo stesso tribunale del resto ha colto il profilo decisivo ai fini della risoluzione della presente controversia, consistente nel fatto che un simile potere non è previsto nell’ordinamento giuridico al di fuori della procedura di gara.
6. Da questo corretto rilievo non è tuttavia conseguita la logica conclusione dell’assenza di concreta lesività di un atto inidoneo ad incidere negativamente nella sfera giuridica del destinatario sotto il profilo invece da questo dedotto a base della presente impugnazione, e cioè l’impedimento a conseguire futuri appalti per via del divieto assoluto a partecipare a future procedure di affidamento indette dall’A.M.A.T.
7. Per le ragioni ora esposte l’eccezione di difetto di interesse ad agire reiterata nel motivo in esame è fondata ed assorbente rispetto a tutti i motivi di impugnazione riproposti dall’originaria ricorrente.
Pertanto, in accoglimento dell’appello sotto il profilo ora evidenziato, e riforma della sentenza di primo grado, il ricorso della Bellizzi s.r.l. deve essere dichiarato inammissibile, perché rivolto contro un atto adottato nella fase di esecuzione di un rapporto contrattuale, non lesivo del suo interesse legittimo a partecipare a future procedure di affidamento della medesima azienda municipalizzata.
Le spese del doppio grado di giudizio possono essere compensate, in ragione della peculiarità della questione controversa.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, dichiara inammissibile il ricorso della Bellizzi s.r.l. e compensa tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
GUIDA ALLA LETTURA
La pronuncia del Consiglio di Stato in rassegna evidenzia, innanzitutto, che gli atti adottati dalla Stazione Appaltante, nel corso dell’esecuzione della commessa, non possono essere impugnati avanti il Giudice amministrativo.
Ed invero, essi ricadono all’interno del rapporto contrattuale, laddove le parti, compresa quella pubblica, secondo costante giurisprudenza[1], conservano un rapporto di tipo paritetico.
Inoltre, secondo i Giudici del supremo consesso, non è possibile estrapolare da un unico atto, che si colloca in fase esecutiva, alcune sue parti aventi sostanza di provvedimento amministrativo.
Una simile operazione è invero preclusa nel nostro ordinamento giuridico.
Come noto, l’abrogato art. 38, co.1, lett. f), del D.Lgs. n. 163/2006, prevedeva l’esclusione dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi nei confronti di soggetti che “secondo motivata valutazione della stazione appaltante, hanno commesso grave negligenza o malafede nell'esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara; o che hanno commesso un errore grave nell'esercizio della loro attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante”.
La ratio di tale previsione risiede(va) nell’esigenza di garantire l’affidabilità del candidato contraente con la pubblica amministrazione, con la logica conseguenza che aver commesso gravi negligenze o malafede nell’esecuzione di prestazioni affidate dalla committenza, o l’aver compiuto un errore grave nell’esercizio della propria attività professionale, impedisce, ab origine, che si instauri un rapporto fiduciario con chi bandisce la gara[2].
Vale anche segnalare che una parte della giurisprudenza[3] ritiene che la richiamata causa di esclusione dipende, oltre al venir meno del rapporto fiduciario, anche dalla circostanza –oggettiva- di inaffidabilità del concorrente.
La pronuncia in rassegna pare, inoltre, confermare il precedente giurisprudenziale[4] secondo cui il ridetto art. 38, lett. f, del Codice De Lise, pur nella sua apparente unitarietà, contempla un fatto complesso, che impone la distinzione tra il giudizio afferente la fase negoziale del pregresso rapporto ed il giudizio relativo all’esercizio dei poteri amministrativi.
Nel primo giudizio l’amministrazione, parte del contratto, potrà ritenere che l’appaltatore abbia posto in essere, nell’esecuzione della commessa, un comportamento connotato da grave negligenza o malafede. In questo caso, ove insorgano contestazioni, la competenza a dirimerle spetterà al Giudice Ordinario, che eserciterà un controllo pieno sulle cause interne che hanno condotto alla interruzione del rapporto negoziale. Nel secondo giudizio, invece, l’amministrazione dovrà considerare i pregressi rapporti negoziali e adotterà, nell’esercizio di un pubblico potere, ogni relativa determinazione, la cui cognizione spetterà al Giudice Amministrativo, deputato al controllo delle cause esterne che hanno determinato la rottura del rapporto fiduciario. Ciò al fine di accertare se esiste una figura sintomatica dell’eccesso di potere, idonea a comportare l’illegittimità degli atti amministrativi[5].
In ogni caso, è sufficiente che la pregressa situazione di errore negligenza o malafede, sia documentata dalla Amministrazione in qualsiasi modo, non essendo necessario, al riguardo, uno specifico accertamento giurisdizionale[6].
Benché la norma in rassegna possa indurre a pensare che la causa di esclusione di cui trattasi consenta alla Stazione appaltante l’esercizio di una discrezionalità a tempo indeterminato, va rilevato che l’Autorità di Vigilanza[7] ha ritenuto estensibile anche alla fattispecie il termine annuale previsto per la causa di esclusione di cui alla lett. h) del medesimo articolo in esame (riguardante le false dichiarazioni).
Da ultimo, si rappresenta che l’esclusione dell’operatore economico, come conseguenza della propria grave negligenza o malafede nell’esecuzione delle prestazioni affidate, dovrà essere congruamente motivata dall’Amministrazione, atteso che secondo la giurisprudenza[8] non è sufficiente un qualsiasi inadempimento agli obblighi contrattuali per determinare l’esclusione del Concorrente, ma è necessario che la condotta dell’Impresa sia stata caratterizzata da rilevanti violazioni dei doveri professionali o contrattuali, connotate da dolo o colpa grave, idonee a compromettere il rapporto fiduciario con la Stazione appaltante.
[1] ex multis: Cass., Sez. Un., ord. 10 aprile 2017, n. 9149, 18 novembre 2016, n. 23468; sent. 3 novembre 2016, n. 22233.
[2] V., in dottrina, R. Proietti, Codice dell’appalto pubblico, Giuffrè editore, II ed., 2015, p., 509 ss.
[3] Cons. St., VI, 10 maggio 2007, n. 2245; TAR Campania, Napoli, I, 5 maggio 2006, n. 3976, entrambe in gistizia-amministrativa.it
[4] Cons. St., VI, 14 agosto 2013, n. 4174, in Dejure
[5] V., in dottrina, R. Proietti, op.cit.
[6] Cons. St., IV, 25 agosto 2006, n. 4999; TAR Lazio, Roma, III-ter, 16 novembre 2006, n. 12514; TAR Veneto, I, 15 aprile 2003, n. 2401, tutte in giustizia-amministrativa.it.
[7] V. Determina 2 marzo 2005, n. 1 e 21 aprile 2004, n.6 in www. avcp.it, oggi anac.it
[8] ex multis : Cons. St., VI, 8 marzo 2004, n. 1071; TAR Lazio, Roma, I-ter, 12 dicembre 2006, n. 14212, entrambe in giustizia-amministrativa.it.