Tar Puglia - Lecce sez. I, sentenza n. 666 del 27/04/2017
1. Il legislatore ha incluso nella fattispecie di cui all'art. 38 co. 1 lett. f) del “vecchio” codice degli appalti due ipotesi specifiche; la fattispecie di errore professionale non solo non è compresa nella prima ipotesi (“grave negligenza o malafede nell’esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante …”), ma è svicolata anche dall’elemento cronologico che contraddistingue quest’ultima, id est la riferibilità della negligenza/malafede alla fase della “… esecuzione delle prestazioni”, ben potendo dunque verificarsi anche nella prodromica fase di scelta del contraente, e comunque in una fase anteriore alla stipula del contratto.
2. Tale opzione interpretativa è coerente con le linee evolutive dell'ordinamento, in particolare con l'art. 80, comma 5, lett. c) del nuovo Codice che annovera fra le cause di esclusione i gravi illeciti professionali posti in essere nello svolgimento della procedura di gara, con specifico riferimento a tutti i comportamenti contrari ai doveri di leale collaborazione che abbiano comportato la mancata sottoscrizione del contratto per fatto doloso o gravemente colposo dell’affidatario.
3. Al fine di evitare che la colpa, pur declinata in termini oggettivi, scivoli verso inammissibili snodi di responsabilità per fatto altrui, essa va opportunamente combinata con il principio di tutela dell’affidamento, che si esplicita nel senso del potere l’agente ragionevolmente presumere il corretto adempimento, da parte di terzi istituzionalmente preposti al controllo del fatto del terzo – e dunque garanti del corretto operato di quest’ultimo – delle incombenze spettanti su detti garanti, non potendo all’agente essere imposte – quasi a farne una sorta di controllore del controllore – verifiche particolari in ordine alla diligenza con cui soggetti controllori e/o agenti certificatori abbiano svolto il loro incarico, potendo invece l’agente ragionevolmente confidare nella rispondenza alla realtà dei fatti che detti qualificati soggetti certificatori abbiano attestato nell’esercizio delle proprie attività istituzionali.
4. Deve escludersi la colpa dell'impresa che abbia prodotto una polizza falsa confidando sulle risultanze di certificazioni/attestazioni provenienti da organismi preposti alla tenuta dell’Albo di soggetti abilitati a prestare cauzioni/polizze in favore di imprese partecipanti a gare pubbliche di appalto (IVASS).
Il Tribunale Amministrativo Regionale per per la Puglia
Lecce - Sezione Prima
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1612 del 2016, proposto da:
Matarrese S.r.l., Coedisal, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi dagli avvocati Pietro Quinto, Corrado Morrone, con domicilio eletto presso lo studio Pietro Quinto in Lecce, via Garibaldi 43;
contro
Anas S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Claudia Ricchetti, Marina Persichetti, Costanzo Cascavilla, Andrea Napoleone, con domicilio eletto presso lo studio Compartimento Puglia Anas in Lecce, via Gallipoli 17;
Anac, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata in Lecce, via Rubichi;
per l'annullamento
della disposizione n. 191 del Presidente ANAS del 25/10/2016 di esclusione dell'ATI nel procedimento concorsuale per l'affidamento della progettazione esecutiva e dei lavori della S.S. 275 Maglie - S. Maria di Leuca; di tutti gli atti presupposti e connessi, e, ove occorra, della deliberazione non vincolante dell'ANAC n. 909 del 31 agosto 2016, cosi come surrettiziamente richiamata nel provvedimento ANAS,
nonché per il risarcimento del danno;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Anas S.p.A. e di Anac;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 aprile 2017 il dott. Roberto Michele Palmieri e uditi per le parti i difensori come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. È impugnata la nota in epigrafe, con cui ANAS s.p.a. ha disposto esclusione dell’ATI ricorrente (di seguito: la ricorrente) dalla gara in epigrafe, ai sensi dell’art. 38 co. 1 lett. f) d. lgs. n. 163/06, per avere la ricorrente prodotto, a seguito dell’aggiudicazione disposta dall’Amministrazione con provvedimento 11.3.2015, cauzione definitiva rivelatasi successivamente falsa.
A sostegno del ricorso, la ricorrente ha articolato i seguenti motivi di gravame, appresso sintetizzati: 1) violazione dell’art. 38 co. 1 lett. f) d. lgs. n. 163/06; eccesso di potere per errore, irragionevolezza, contraddittorietà dell’azione amministrativa; 2) violazione dell’art. 38 co. 1 lett. f) d. lgs. n. 163/06 per difetto di motivazione; 3) violazione dell’art. 38 co. 1 lett. f) d. lgs. n. 163/06 per carenza dei presupposti; 4) eccesso di potere per sviamento e ingiustizia manifesta.
Con il medesimo ricorso la ricorrente ha altresì instato per il risarcimento dei danni da essa subiti nella vicenda in esame, così come riconosciuti dalla sentenza n. 3344/14 del Consiglio di Stato, oltre agli ulteriori danni medio tempore maturati. Il tutto con vittoria delle spese di lite.
Nella camera di consiglio del 14.12.2016 è stata rigettata la domanda di tutela cautelare.
All’udienza dell’8 marzo 2017 il ricorso è stato rimesso sul ruolo con ordinanza collegiale ex art. 73 c.p.a.; alla successiva udienza del 5 aprile 2017 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
2. Va anzitutto rigettata l’eccezione preliminare di irricevibilità del ricorso per tardività di impugnazione della Delibera ANAC n. 909/16. Ciò in quanto il ricorso proposto avverso tale delibera è inammissibile – e va pertanto formalmente dichiarato tale – essendo rivolto nei confronti di un atto avente natura di mero parere, espressivo di un mero giudizio da parte di ANAC, come tale privo di efficacia immediatamente lesiva, e pertanto non oggetto di impugnativa in sede giurisdizionale.
Pertanto, l’inammissibilità del relativo capo di domanda esclude l’intempestività del ricorso, dovendo il relativo termine decorrere dall’emanazione non già di un atto meramente interno (quale è appunto il parere in esame), ma di un atto immediatamente lesivo, tale essendo la delibera ANAS di esclusione dalla gara.
E poiché rispetto a tale atto il ricorso è tempestivo, la relativa eccezione di irricevibilità va senz’altro disattesa.
3. Va parimenti rigettata l’ulteriore eccezione preliminare di incompetenza territoriale proposta in ragione dell’impugnativa della cennata delibera ANAC n. 909/16. Invero, in uno al già rilevato profilo di inammissibilità del gravame proposto avverso tale delibera – il che di per sé esclude la fondatezza del rilievo di incompetenza territoriale – va rilevato che la competenza si radica in relazione all’atto che produce effetti negativi diretti e immediati nella sfera del privato. E poiché tale connotazione è propria unicamente della delibera di esclusione della gara (la quale produce effetti diretti limitati al territorio compreso nel bacino di competenza di questo TAR), e non già del parere ANAC, che è atto meramente interlocutorio, come tale privo di efficacia vincolante per la S.A, è evidente che il ricorso deve ritenersi correttamente radicato innanzi a questo TAR.
4. Sempre in via pregiudiziale, va accertata l’attualità dell’interesse della ricorrente ad una decisione di merito, avuto riguardo alla pronuncia di questo TAR n. 507/17, di rigetto dell’azione di annullamento proposta dalla ricorrente nei confronti del provvedimento Anas n. 204/16, di revoca dell’intera procedura di gara.
Sul punto, reputa il Collegio l’attuale persistenza dell’interesse, ancorché solo in ragione della natura non ancora definitiva (ancorché immediatamente esecutiva) della suddetta pronuncia n. 507/17 e nelle more del pronunciamento da parte del Giudice di secondo grado.
5. Prima di passare al merito decisione, il Collegio - con la citata ordinanza collegiale ex art. 73 cpa - ha ritenuto di rimettere la causa sul ruolo e di realizzare il contraddittorio in relazione a taluni profili del percorso motivazionale relativi alla natura del potere esercitato con l’impugnato provvedimento.
Premessa la specialità della normativa che disciplina l’attività contrattuale delle pubbliche amministrazioni in ragione dell’esigenza di prioritaria tutela dell’interesse pubblico perseguito, preliminarmente il Collegio ha rilevato che - a prescindere dai profili di carattere soggettivo della colpa grave per errore o imperizia o negligenza (anche sotto l’aspetto della culpa in vigilando), i quali possono semmai risultare rilevanti solo ai fini delle eventuali successive sanzioni riservate alla Autorità di Vigilanza - la accertata falsità della polizza equivale oggettivamente ad una mancata prestazione della garanzia della cauzione definitiva, mancanza alla quale il particolare contesto normativo di riferimento (art. 113 codice appalti) riconnette l’impossibilità di stipulazione del contratto e la conseguente automatica decadenza dall’aggiudicazione (a differenza di quanto previsto per la prestazione della cauzione provvisoria, per la quale si ammette invece il soccorso istruttorio).
Si è pertanto valutata la possibilità di qualificazione del potere concretamente esercitato dall’ANAS, indipendentemente dal nomen juris attribuito all’impugnato provvedimento, come declaratoria di decadenza dall’aggiudicazione per obiettiva mancata prestazione della cauzione definitiva.
In esito all’apporto dei difensori delle parti nell’udienza del 5 aprile 2017 tale ipotesi è stata esclusa dal Collegio per le ragioni di seguito meglio evidenziate.
Ed invero l’impugnato provvedimento non può essere qualificato quale ipotesi di decadenza automatica dall’aggiudicazione, atteso che l’istruttoria, nonché il provvedimento finale risultano univocamente posti in essere dall’Amministrazione al fine di disporre l’esclusione dalla gara per grave errore nell’esercizio dell’attività professionale.
Pertanto, il concreto modo di esercizio del potere da parte dell’Amministrazione e il chiaro tenore del provvedimento escludono la sussumibilità dell’adottato provvedimento nell’ambito di una ipotesi normativa diversa da quella richiamata dall’Amministrazione, atteso che in tal caso non si tratterebbe di operare semplicemente una diversa qualificazione giuridica del potere esercitato indipendentemente dal nomen juris attribuito dall’Amministrazione, ma di operare una sostituzione provvedimentale, attribuendosi all’Amministrazione una volontà diversa da quella concretamente manifestata, stante peraltro il divieto per il giudice di pronunciare su poteri non ancora esercitati.
6. Così definite le questioni preliminari, va ora esaminato il ricorso nel merito e in particolare, per ragioni di priorità logico-giuridica, il terzo motivo di gravame, con il quale la ricorrente deduce la non sussumibilità dell’esclusione in esame nella fattispecie di cui all’art. 38 lett. f) d. lgs. n. 163/06 (applicabile ratione temporis al giudizio in esame), utilizzata dalla S.A. Ciò in quanto la sanzione espulsiva prevista dalla suddetta previsione normativa si collegherebbe ad ipotesi di negligenza, imperizia, ecc. dell’appaltatore, nella fase dell’esecuzione delle prestazioni negoziali, e non anche ad ipotesi di negligenza manifestatasi nella prodromica procedura di gara.
6.2. Ai sensi dell’art. 38 co. 1 lett. f) d. lgs. n. 163/06, sono esclusi dalla gara coloro “che, secondo motivata valutazione della stazione appaltante, hanno commesso grave negligenza o malafede nell'esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara; o che hanno commesso un errore grave nell'esercizio della loro attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante”.
Risultano quindi previste due ipotesi distinte fra loro: a) “grave negligenza o malafede nell'esecuzione delle prestazioni”; b) “errore grave nell'esercizio dell’attività professionale”.
Tale essendo il tenore della cennata previsione normativa, occorre ora accertarne la portata e i presupposti con riferimento alle due differenti ipotesi sopra evidenziate.
6.3. Sul punto, reputa il Collegio, da un punto di vista generale (e salve le specificazioni di cui si parlerà di qui a breve), di aderire all’orientamento giurisprudenziale per il quale: “la causa ostativa prevista dall'art. 38, comma 1, lettera f), cod. contratti pubblici, si fonda su inadempienze commesse necessariamente nella fase di esecuzione di un contratto d'appalto, mentre sono esclusi fatti verificatisi nel corso della prodromica procedura di gara. In particolare, il principio ora richiamato è stato recentemente affermato da questa Sezione (sentenza 21 luglio 2015, n. 3595), la quale ha specificato che solo le vicende inerenti all'esecuzione del contratto possono essere valutate in sede di giudizio di affidabilità professionale delle imprese e per ritenere insussistente quella necessaria fiducia che deve connotare il rapporto negoziale d'appalto con l'amministrazione, mentre l'ambito applicativo della fattispecie normativa non può essere dilatato sino comprendere scorrettezze manifestatesi nella fase precedente all'affidamento del contratto, per le quali possono in ipotesi venire in rilievo altre cause ostative ai sensi del citato art. 38, comma 1, d.lgs. n. 163/2006” (C.d.S, V, 25.2.2016, n. 771. In termini confermativi, cfr. la giurisprudenza ivi citata).
7. Ciò premesso, reputa tuttavia il Collegio che, in uno ad inadempimenti, negligenze, ecc, verificatesi in sede di esecuzione delle prestazioni negoziali, la causa di esclusione in esame può astrattamente riferirsi anche a inadempienze verificatesi nella fase prodromica di gara. Di ciò ne è prova la doppia proposizione utilizzata dal legislatore, il quale discorre bensì di: “…grave negligenza o malafede nell'esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara”, ma vi aggiunge anche una ulteriore ipotesi, separata dalla prima sia dal segno di interpunzione (punto e virgola), sia dalla disgiuntiva “o” (“; o che hanno commesso un errore grave nell'esercizio della loro attività professionale, …”). La qual cosa, a ben vedere, è del tutto logica, posto che se l’ipotesi del grave errore professionale fosse già inclusa nella prima ipotesi normativa (“grave negligenza o malafede nell'esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara”), non avrebbe avuto senso aggiungervi anche l’ulteriore inciso (“o che hanno commesso un errore grave nell'esercizio della loro attività professionale, …”), atteso che, notoriamente, il più comprende il meno.
Se pertanto il legislatore ha incluso nella fattispecie di cui al cennato art. 38 co. 1 lett. f) del “vecchio” codice degli appalti due ipotesi specifiche, ciò deriva dal fatto che la fattispecie di errore professionale non solo non è compresa nella prima ipotesi (“grave negligenza o malafede nell’esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante …”), ma è svicolata anche dall’elemento cronologico che contraddistingue quest’ultima, id est la riferibilità della negligenza/malafede alla fase della “… esecuzione delle prestazioni”, ben potendo dunque verificarsi anche nella prodromica fase di scelta del contraente, e comunque in una fase anteriore alla stipula del contratto.
8. Chiarito il concreto modo di operare della fattispecie di cui all’art. 38 co. 1 lett. f) “vecchio” codice degli appalti, rileva ora il Collegio che dalla lettura dell’impugnato provvedimento di esclusione si evince chiaramente che ANAS ha inteso riferire il potere esercitato alla seconda delle due ipotesi previste dal citato art. 38 lett. f), ovvero quella dell’errore grave nell'esercizio dell’attività professionale.
Ed invero si legge nell’impugnato provvedimento (il quale richiama sul punto la delibera ANAC n. 909/16) che:
- “… si ritiene che la mandataria Matarrese s.r.l, attraverso l’esperimento dei controlli e delle verifiche richieste dall’ordinaria diligenza ed esigibili all’atto della presentazione della documentazione ANAS, avrebbe potuto avvedersi della criticità contenuta quantomeno nella seconda cauzione definitiva presentata, con conseguente sussistenza di una responsabilità (punto n. 2.2.);
- “l’utilizzazione di documentazione non veritiera ai fini della stipula del contratto è da imputarsi all’operatore economico stesso in termini di colpa per omissione delle verifiche e dei controlli richiesti dall’ordinaria diligenza ed esigibili da un’impresa in sede precontrattuale” (punto n. 2.3.);
- “se la presentazione di documentazione non veritiera indispensabile per l’effettiva sottoscrizione del contratto è riferibile all’impresa in termini di colpa, per accertata omissione dei controlli richiesti dall’ordinaria diligenza, intesa come diligenza professionale, tale colpa dovrà ritenersi in via generale grave, sia in quanto conseguente alla violazione dei doveri professionali di ordinaria diligenza esigibili nei confronti dell’imprenditore medio, sia perché la falsa documentazione è astrattamente idonea ad ingannare l’Amministrazione circa l’effettiva stipulazione della polizza assicurativa” (punto n. 2.4.);
- “che alla luce di quanto sopra, consta dunque la colpa grave, e, per l’effetto, l’inaffidabilità dell’ATI Matarrese per aver prodotto … una cauzione definitiva rivelatasi falsa, …” (punto n. 2.5.);
- “che il comportamento posto in essere dall’ATI Matarrese, improntato a grave negligenza e imperizia professionale, ha fatto venir meno il necessario rapporto fiduciario che necessariamente deve intercorrere tra l’amministrazione aggiudicatrice e il concorrente” (punto n. 2.6).
Sulla base di tali premesse, l’Amministrazione “dispone per le motivazioni sopra esposte, l’esclusione dalla procedura concorsuale in oggetto … della concorrente ATI Salvatore Matarrese s.r.l./Consorzio stabile Co.Edi.Sal s.c.r.l, ai sensi dell’art. 38 comma 1 lett. f) del d. lgs. n. 163/06 e ss.mm.ii, ascrivendosi la condotta dell’affidatario, posta in essere in una fase antecedente alla stipula del contratto, nell’ambito dell’errore grave e della grave negligenza nell’esercizio dell’attività professionale”.
Avuto riguardo a tale percorso motivazionale, risulta pertanto evidente che l’Amministrazione ha inteso disporre l’esclusione dalla gara sulla base del citato art. 38 co. 1 lett. f) d. lgs. n. 163/06 per sanzionare una condotta negligente e un grave errore commesso nell’attività professionale, ritenuto ostativo alla formulazione di un giudizio di complessiva affidabilità nei confronti della ricorrente, anche in ragione della circostanza che la già accertata falsità della prima polizza avrebbe dovuto indurre la ricorrente ad una maggiore diligenza nella stipulazione della seconda, invece realizzata avvalendosi del medesimo procedimento e del medesimo broker.
9. Rileva tuttavia il Collegio che anche ove volesse ritenersi l’ipotesi del grave errore nell’esercizio dell’attività professionale non legata necessariamente alla fase di esecuzione di un contratto e, quindi, astrattamente applicabile al caso in esame, l’impugnato provvedimento deve comunque ritenersi illegittimo nella misura in cui l’Amministrazione ha ritenuto sussistere a carico della ricorrente un profilo di colpa – sub specie di culpa in vigilando – da ritenersi invece, per le motivazioni che seguono, del tutto insussistente.
Al riguardo, la ricorrente deduce l’insussistenza di colpa propria nella mancata prestazione della cauzione definitiva in conseguenza della accertata falsità della polizza, avuto riguardo sia al breve tempo in cui essa è rimasta aggiudicataria (marzo/maggio 2015), sia all’ampio spazio temporale intercorso tra l’aggiudicazione e l’esclusione (circa 19 mesi), sia all’addebito esclusivo di responsabilità alla dolosa condotta di terzi rimasti ignoti.
Le censure, sotto tale profilo, sono fondate.
9.2. La colpa, intesa in termini normativi e non già meramente psicologici, postula, ad un tempo, l’assenza di coscienza e volontà dell’evento, e nel contempo la violazione di una regola cautelare di condotta, che abbia determinato la verificazione non già di un evento dannoso purchessia, ma proprio di quell’evento specifico che la regola cautelare di condotta mirava ad evitare.
Rileva, in tal senso, l’inosservanza dei parametri minimi di diligenza e prudenza richiesti all’agente nell’esercizio della propria attività, desunti ora da massime di comune prudenza in ordine ai rischi insiti nell’agire umano, e ai modi per evitarne la realizzazione, ora dalla violazione di regole poste direttamente da leggi, regolamenti, ordini e/o discipline.
Alla base della colpa vi è dunque un giudizio di rimprovero che l’ordinamento muove all’indirizzo dell’agente, cui viene addebitata la mancata conformazione della propria attività alle regole cautelari di condotta, di matrice così generica come specifica, che era lecito attendersi dall’homo ejusdem condicionis et professionis, e che se correttamente osservate avrebbero evitato la produzione dell’evento dannoso.
9.3. In particolare, il giudizio di responsabilità può riguardare anche il fatto del terzo, tutte quelle volte in cui la regola cautelare di condotta è volta a prescrivere all’agente l’adozione di cautele particolari proprio al fine di prevenire che la condotta del terzo si ponga quale causa diretta o indiretta del danno. Alla base di tale peculiare declinazione del giudizio di colpa, vi è dunque la possibilità di attendersi dall’agente una qualche forma di controllo sull’operato del terzo, a cagione della peculiare posizione di garanzia rivestita dall’agente (es. garante del terzo minore), e quindi della possibilità di intervenire, modificandolo, sul processo causale azionato dal terzo con la propria condotta dolosa o colposa.
9.4. Al fine di evitare, tuttavia, che la colpa, pur declinata in termini oggettivi, scivoli verso inammissibili snodi di responsabilità per fatto altrui, essa va opportunamente combinata con il principio di tutela dell’affidamento, che si esplicita nel senso del potere l’agente ragionevolmente presumere il corretto adempimento, da parte di terzi istituzionalmente preposti al controllo del fatto del terzo – e dunque garanti del corretto operato di quest’ultimo – delle incombenze spettanti su detti garanti, non potendo all’agente essere imposte – quasi a farne una sorta di controllore del controllore – verifiche particolari in ordine alla diligenza con cui soggetti controllori e/o agenti certificatori abbiano svolto il loro incarico, potendo invece l’agente ragionevolmente confidare nella rispondenza alla realtà dei fatti che detti qualificati soggetti certificatori abbiano attestato nell’esercizio delle proprie attività istituzionali.
10. Così descritto il perimetro della responsabilità per colpa, e venendo ora al caso in esame, può osservarsi quanto segue.
In punto di fatto, può senz’altro richiamarsi la cronistoria degli eventi descritta nell’atto impugnato, pagine da 1 a 5.
Ai fini che qui rilevano, va in particolare sottolineato che:
- con provvedimento del Presidente ANAS dell’11.3.2015 è stata annullata l’aggiudicazione già disposta in favore di ATI CCC (1° classificata), e previa esclusione dalla gara di ATI Fincosit (2° classificata) e ATI Salini (3° classificata), è stata disposta aggiudicazione in favore dell’ATI ricorrente (4° classificata);
- il nuovo provvedimento di aggiudicazione è stato impugnato da ATI CCC, e con ordinanza n. 229 del 9.5.2015 – confermata dal Consiglio di Stato con ord. n. 2480/15 – questo TAR ne ha sospeso l’efficacia. Il giudizio è stato poi definito da questo TAR con sentenza 21.7.2015, n. 2447, di annullamento del suddetto provvedimento 11.3.2015, che aveva annullato in autotutela l’aggiudicazione già disposta dalla S.A. in favore di ATI CCC, con conseguente aggiudicazione in favore della ricorrente. Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 5438/16, ha poi confermato la suddetta pronuncia n. 2447/15 (seppur con motivazioni in parte differenti da quelle adottate dal primo giudice), sicché sulla relativa questione è sceso il giudicato.
11. Da ciò consegue che la ricorrente è rimasta aggiudicataria dell’appalto di che trattasi, ancorché per il tempo limitato di due mesi, e segnatamente dall’11.3.2015 al 9.5.2015. In questi due mesi gli accadimenti significativi, non contestati, sono i seguenti:
a) con nota 2.4.2015 ANAS ha chiesto alla ricorrente la cauzione definitiva. A tal fine, in data 13.4.2015 la ricorrente ha consegnato a mano presso l’ANAS cauzione rilasciata da FGIC UK Limited;
b) a seguito di contatti con il broker, che aveva segnalato che detta compagnia non risultava più iscritta nell’apposito elenco tenuto dall’IVASS, e della nota ANAS 16.4.2015, che ribadiva tale assunto, la ricorrente in data 17.4.2015 ha trasmesso ad ANAS nuova cauzione rilasciata da Assured in sostituzione di quella emessa da FGIC.
12. Emerge poi dagli atti di causa (cfr. All. n. 15 del fascicolo di parte ricorrente) che a tutto il 15.5.2015 – e pertanto ben oltre il termine entro cui la ricorrente è risultata aggiudicataria (11.3/9.5/2015) – la Assured risultava iscritta nell’apposito Albo IVASS, con data di iscrizione 3.1.2008.
Dunque, un apposito organismo pubblico (l’IVASS) ha certificato l’affidabilità dalla Assured nel breve periodo in cui la ricorrente è rimasta aggiudicataria.
Tale elemento è di per sé sufficiente ad escludere la colpa della ricorrente, non potendo attendersi da quest’ultima una diligenza spinta sino al punto di dubitare delle risultanze di certificazioni/attestazioni provenienti da organismi pubblici, e da organismi preposti proprio alla tenuta dell’Albo di soggetti abilitati a prestare cauzioni/polizze in favore di imprese partecipanti a gare pubbliche di appalto.
Può allora senz’altro affermarsi che l’affidamento ingenerato nella ricorrente dall’iscrizione della Assured all’interno dell’apposito Albo tenuto dall’IVASS, è un affidamento del tutto incolpevole, non emergendo all’epoca di costituzione della cauzione (17.4.2015) alcun elemento idoneo a far dubitare dell’attendibilità del suddetto Albo pubblico.
13. Tale assunto risulta poi confermato dal rilievo che l’IVASS aveva invece in precedenza dichiarato che la garanzia costituita presso la prima garante – la società FGIC UK Limited – non poteva dirsi valida, non essendo quest’ultima società più iscritta al relativo albo. Pertanto, se le dichiarazioni IVASS dovevano dirsi attendibili in tale ultima ipotesi, non si vede la ragione per la quale la ricorrente doveva dubitarne nel caso della Assured; società, si ribadisce, regolarmente iscritta all’Albo IVASS all’epoca di costituzione della garanzia (17.4.2015).
14. In particolare, soltanto in data 18.9.2015 (dunque: ben cinque mesi dopo la prestazione della garanzia da parte della ricorrente) è stato diffuso sul sito IVASS il comunicato della società londinese che disconosceva le polizze emesse da Assured in data successiva al 2010, e soltanto con successivo atto 14.12.2015 – dunque: dopo ben otto mesi dalla costituzione della garanzia, e quando l’aggiudicazione disposta in favore della ricorrente era stata annullata da questo TAR (sentenza 21.7.2015, n. 2447) – l’ANAC ha contestato alla ricorrente la falsità della polizza, fermo restando che con successiva nota 31.8.2016 essa ha escluso una qualche responsabilità dolosa della ricorrente, ipotizzando invece (con motivazioni riprese dall’Anas nell’impugnato provvedimento di esclusione dalla gara) una culpa in vigilando da parte di quest’ultima.
15. A seguito di specifica richiesta di chiarimenti rivolta dalla ricorrente in data 15.12.2015 alla compagnia assicuratrice (in un’epoca, peraltro, in cui essa non era più aggiudicataria, e pertanto non aveva più obblighi giuridici di sorta), la risposta fornita dallo studio legale Losengo Soliani è la seguente (cfr. All. 11): “le confermo che, come risulta anche dalla nota pubblicata da IVASS, la polizza è contraffatta e non è in alcun modo riferibile ad Assured Guaranty Ltd, che è in liquidazione dal 2010 e in ogni caso non ha mai emesso garanzie in Italia o in lingua italiana; altrettanto, risulta contraffatta la sottoscrizione del dottor James Michener, il quale non ha mai sottoscritto alcun atto avanti il Notaio Fogan (certificazione notarile che dunque deve ritenersi anch’essa non genuina)”.
16. Tale essendo il nucleo centrale degli accadimenti di causa, è evidente l’assenza di colpa – sub specie di culpa in vigilando – della società ricorrente. Invero:
a) costei si è rivolta per il rilascio di una cauzione ad un compagnia che alla data dell’emissione risultava regolarmente iscritta al relativo albo tenuto da IVASS;
b) a seguito di richiesta di chiarimenti rivolta dalla ricorrente alla società inglese, è emersa la contraffazione della sottoscrizione del dr. Michener, nonché l’ulteriore contraffazione della certificazione notarile.
È evidente allora che la ricorrente si è “affidata” alle risultanze provenienti da soggetti altamente qualificati (IVASS), che sino al 15.5.2015 hanno certificato l’iscrizione della Assured nell’apposito Albo tenuto da detta autorità amministrativa indipendente.
La ricorrente ha poi altresì riposto affidamento nella genuinità della sottoscrizione del dr. Michener, a corrobare la quale vi è stata certificazione notarile, che la ricorrente non aveva motivo di ritenere non genuina.
17. Ad ulteriore comprova dell’assenza di colpa in capo alla ricorrente, aggiungasi altresì che, come si legge nella nota della Procura della Repubblica di Brescia del 2.9.2015, vi è stato nel corso degli anni passati un’ampia congerie di illeciti, ad opera di ignoti, legati proprio al fenomeno delle polizze false, che “… vede coinvolte, in qualità di parti offese, numerose compagnie assicurative estere, società private nonché enti pubblici”.
In particolare, allegata alla nota in esame vi è un lungo elenco di polizze false, asseritamente emesse sia da FGIC UK Limited e sia da Assured Guaranty Ltd. Trattasi, in particolare, di oltre 40 polizze che, nella prospettazione dei fatti operata dalla Procura della Repubblica di Brescia, sarebbero frutto di falsificazione ad opera di ignoti.
Ebbene, se un gran numero di imprese e di enti pubblici – dislocate dal Nord al Sud d’Italia, e alcune di rilievo politico-economico nazionale, come Trenitalia s.p.a, Consip s.p.a, Rete Ferroviaria Italiana, Prefettura di Roma, ecc. – sono rimasti vittime di tali pretese polizze false, ciò costituisce ulteriore indice dell’assenza di colpa in capo all’odierna ricorrente, essendo quest’ultima rimasta vittima di illeciti perpetrati ad opera soggetti dotati di grande capacità criminale, e in grado pertanto di “attrarre” nella propria rete truffaldina non già un singolo (e in ipotesi, sprovveduto) operatore economico, ma una nutrita serie di vittime incolpevoli, molte delle quali di indiscusso spessore economico e/o politico in ambito nazionale.
18. Tutti gli accadimenti sin qui esposti – letti sia singolarmente, sia nel loro combinato e diacronico dispiegarsi – dimostrano pertanto che, se truffa vi è stata, la ricorrente deve ritenersene parte lesa.
Alla stessa stregua, deve escludersi una qualsivoglia sua culpa in vigilando, avendo la ricorrente riposto un ragionevole affidamento in altrui certificazioni (IVASS; certificazioni notarili oltremanica) della cui attendibilità essa non aveva alcuna ragione di dubitare.
19. Alla luce di tali considerazioni, è evidente l’illegittimità della nota Anas n. 191/16: invero, anche a voler riconoscere che l’Amministrazione potesse nella fattispecie in esame emanare provvedimento di esclusione ex art. 38 co. 1 lett. f) d. lgs. n. 163/06, tuttavia, in concreto, essa ha ancorato il venir meno del rapporto fiduciario alla sussistenza di un presupposto normativo – e segnatamente, la culpa in vigilando, vista come: “… accertata omissione dei controlli richiesti dall’ordinaria diligenza, intesa come diligenza professionale” (cfr. punto n. 2.4 della nota Anas n. 191/16) – da ritenersi, nella specie, invece insussistente.
20. Ne consegue, in accoglimento del ricorso avverso la nota n. 191/16, l’annullamento di tale atto.
21. Il ricorso avverso la Delibera ANAC n. 909/16 va invece dichiarato inammissibile, in quanto – come sopra esposto (cfr. punti nn. 2 e 3) – trattasi di atto endoprocedimentale non immediatamente lesivo.
22. Venendo ora all’esame della domanda risarcitoria, va anzitutto dichiarata l’inammissibilità, sotto un duplice profilo, della domanda di risarcimento da danno all’immagine proposta dalla ricorrente.
22.2. Invero, sotto un primo profilo, essa è da ritenersi tardiva, in quanto formulata per la prima volta soltanto in sede di redazione delle note conclusive del 20.2.2017 – e senza notificazione di appositi motivi aggiunti – nel mentre nel ricorso introduttivo si fa genericamente riferimento al “... risarcimento di tutti i danni materiali e morali subiti dalle società ricorrenti, così come riconosciuti (in parte) nella sentenza 3344/2014 del Consiglio di Stato” (cfr. ricorso introduttivo, p. 20), senza alcuna ulteriore specificazione quanto al danno all’immagine, che è bensì danno morale (cfr. infra), ma che ai fini del riconoscimento e liquidazione esige apposita e rituale domanda, atteso che non tutti i danni morali si esauriscono nel solo danno all’immagine.
Il tutto senza trascurare che la pronuncia n. 3344/14 del Consiglio di Stato ha riconosciuto al ricorrente (sul presupposto della mancata aggiudicazione: il punto verrà ripreso da qui a breve) il “… risarcimento del danno per equivalente nella misura del 5% e del danno curriculare e di chance nella misura di 1,5% del prezzo offerto in gara dal RTI Matarrese” (cfr. p. 53 della citata sentenza), senza alcun riferimento specifico al danno all’immagine.
Né, ad avviso del Collegio, può ritenersi che il danno all’immagine sia insito in quello curriculare, diversa essendo la ratio del risarcimento nell’uno e nell’altro caso. Invero, il danno curriculare è di tipo economico-patrimoniale, conseguente al mancato arricchimento del curriculum professionale dell'impresa danneggiata dal provvedimento illegittimo, che pregiudica la sua capacità di competere nel mercato e diminuisce le chances di aggiudicarsi ulteriori affidamenti.
Viceversa, il danno all’immagine è di tipo non patrimoniale, da identificare con qualsiasi conseguenza pregiudizievole della lesione – compatibile con l'assenza di fisicità del titolare – di diritti immateriali della personalità costituzionalmente protetti (cfr, in tal senso, Cass. civ, III, 13.10.2016, n. 20643).
22.3. Pertanto, la mancata richiesta di risarcimento del danno all’immagine nel ricorso introduttivo, e la sua prospettazione soltanto in sede di note conclusive 20.2.2017, senza notificazione di appositi motivi aggiunti, impedisce che di esso possa tenersi conto in questa sede.
23. Con salvezza delle considerazioni che precedono, la domanda di risarcimento del danno all’immagine è altresì inammissibile sotto un secondo angolo prospettico. Trattasi infatti di domanda del tutto generica (ai limiti della domanda esplorativa), come tale sfornita di supporto probatorio, non potendo generici articoli di stampa ritenersi oggettivamente denigratori, tanto più che la ricorrente ha conseguito l’aggiudicazione, sia pure con atto successivamente annullato in sede giurisdizionale.
Lo stesso è poi a dirsi con riferimento al preteso discredito sofferto “… con gli istituti bancari, con i fornitori e con le pubbliche amministrazioni” (cfr. note conclusive 20.2.2017, p. 15), discredito del quale non è stata fornita alcuna prova concreta (es. repentina interruzione dei rapporti di affidamento con istituti bancari a cagione proprio della esclusione dalla gara in esame; recesso dai contratti con altre pubbliche amministrazioni per detta causale, ecc.), essendo la relativa affermazione rimasta al rango di mera petizione di principio.
24. Per tali ragioni, la domanda di risarcimento del danno all’immagine va dichiarata inammissibile.
25. Per quel che attiene invece all’esame della domanda risarcitoria ritualmente introdotta nell’odierno giudizio, la stessa è infondata, e va pertanto rigettata, per le ragioni che seguono.
25.2. Si legge nel ricorso introduttivo (cfr. p. 20) che: “Nella ipotesi in cui l’ATI non consegua l’affidamento dell’appalto, e in ogni caso per il ritardo maturato, ANAS va condannata al risarcimento di tutti i danni materiali e morali subiti dalle società ricorrenti, così come riconosciuti (in parte) nella sentenza 3344/2014 del Consiglio di Stato. …”.
Dunque, la ricorrente ha formulato una prima domanda di risarcimento del danno da mancata aggiudicazione (“Nella ipotesi in cui l’ATI non consegua l’affidamento dell’appalto …”), e una seconda domanda di risarcimento del danno da ritardo (“… e in ogni caso per il ritardo maturato”).
In entrambi i casi, il presupposto è dunque non solo quello della gara attualmente in essere, ma anche quello connesso al mancato conseguimento dell’aggiudicazione. Ed invero, il risarcimento del danno riconosciuto alla ricorrente con la citata sentenza 3344/2014 del Consiglio di Stato muoveva dal presupposto di un gara “in essere”, ponendosi peraltro il risarcimento come alternativa per equivalente della mancata aggiudicazione della gara; conseguentemente detta ipotesi risarcitoria risulta del tutto superata non solo in ragione della intervenuta revoca della gara stessa (cfr. nota ANAS n. 204 del 21.11.2016) , ma – ancor prima – in ragione della successiva aggiudicazione della gara proprio in favore di essa ricorrente, aggiudicazione da intendersi ovviamente come sostitutiva del risarcimento per equivalente ex sentenza C.d.S. n. 3344/2014.
Trattasi comunque, anche in tal caso, di domanda diversa – quanto a petitum e causa petendi – rispetto a quella proposta in via originaria. La qual cosa è tanto più vera se si considera che la ricorrente invoca ai fini risarcitori il giudicato formatosi sulla sentenza del Consiglio di Stato n. 3344/14 (cfr. ricorso introduttivo, p. 20), giudicato che ha però statuito unicamente sul danno da mancata aggiudicazione (oltre che sul danno curriculare; cfr p. 53 della sentenza), dunque su un danno derivante dall’ingiusta (ovvero ritardata) privazione di un bene della vita (l’aggiudicazione della gara) successivamente venuto meno a cagione della revoca dell’intera procedura di gara, e che prima di tale revoca era stato risarcito in forma specifica, avuto riguardo all’aggiudicazione successivamente disposta in favore della ricorrente, come sopra già evidenziato.
27. Pertanto, concludendo sul punto, la riproposizione in questa sede della domanda di risarcimento del danno da mancata aggiudicazione, ovvero da ritardo, connessa alla citata pronuncia del Consiglio di Stato n. 3344/14, va rigettata, sia per avere la ricorrente conseguito l’aggiudicazione della gara, da intendersi come risarcimento in forma specifica alternativo rispetto al risarcimento per equivalente, sia per essere stata revocata l’intera gara, e dunque per essere successivamente venuto meno il bene della vita (l’aggiudicazione e la conseguente stipula negoziale) sul presupposto del quale il Consiglio di Stato ha riconosciuto in favore della ricorrente un danno risarcibile, in forma specifica ovvero per equivalente monetario.
28. Conclusivamente, il ricorso va dichiarato inammissibile in relazione all’impugnativa della delibera ANAC n. 909/16, e va accolto in relazione all’impugnativa della delibera di esclusione dalla gara n. 191/16, con conseguente annullamento di tale ultimo atto.
29. La domanda risarcitoria va invece in parte dichiarata inammissibile (in relazione alla richiesta di risarcimento del danno all’immagine), e in parte rigettata (in relazione alla richiesta di risarcimento di danno da mancata aggiudicazione, ovvero da ritardo).
30. Sussistono giusti motivi, rappresentati dalla soccombenza reciproca, per la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Prima,
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così provvede:
- dichiara l’inammissibilità del ricorso proposto avverso la Delibera ANAC n. 909/16;
- accoglie il ricorso proposto avverso la delibera di esclusione dalla gara n. 191/16, e annulla per l’effetto l’atto impugnato;
- dichiara l’azione risarcitoria in parte inammissibile e in parte la rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 5 aprile 2017 con l'intervento dei magistrati:
Antonio Pasca, Presidente
Patrizia Moro, Consigliere
Roberto Michele Palmieri, Primo Referendario, Estensore
Guida alla lettura
Secondo la giurisprudenza uniforme del Consiglio di Stato[1] e l’orientamento espresso dall’A.n.a.c.[2], la causa di esclusione di cui all'art. 38, comma 1, lett. f) D.lgs. 163/2006 ha origine con riferimento alla fase di esecuzione delle prestazioni negoziali, dal momento che l’amministrazione, da vicende pregresse che hanno testimoniato un deficit di diligenza o di professionalità in capo al concorrente, desume il venir meno ab imis di quell’elemento fiduciario che deve connotare il successivo rapporto negoziale.
Pertanto, stante il principio di tassatività che permea la disciplina delle cause di esclusione, l’ambito
applicativo della norma in questione non può essere dilatato sino ad accogliere un’interpretazione che comprenda anche fattispecie nelle quali il comportamento scorretto del concorrente si sia manifestato in fase di trattative[3].
In questo senso è stato, ad esempio, affermato che dalla condanna a carico del legale rappresentante di un'impresa concorrente ad una gara per il reato di turbativa d’asta non possa desumersi l'integrazione di una delle ipotesi di cui all’art. 38, comma 1, lettera f), d.lgs. n. 163/2006[4].
Più ampio è il criterio interpretativo applicato dalla I sezione del Tar Lecce nella sentenza in commento con riferimento ad un caso di esclusione del raggruppamento di imprese aggiudicatario di un appalto, responsabile di aver prodotto una cauzione definitiva rivelatasi successivamente falsa.
La vicenda è meglio descritta nella delibera n. 909/16 adottata dall'ANAC all'esito di una verifica ispettiva sul procedimento di gara. Dalle lettura della delibera si apprende che la polizza originariamente presentata dal RTI non risultava valida perché rilasciata da una compagnia, la FGIC UK Ltd, che aveva perso il requisito dell'iscrizione nel registro degli intermediari assicurativi tenuto dall’IVASS.
Si procedeva, quindi, alla produzione di una nuova cauzione definitiva, questa volta rilasciata da Assured Guaranty UK Ltd e rivelatasi, tuttavia, falsa.
Nella citata delibera l'ANAC ravvisava una condotta gravemente colposa del raggruppamento nell'omessa verifica sulla genuinità della documentazione richiesta in vista della stipula del contratto.
Sulla scorta di tale rilievo la stazione appaltante disponeva l'esclusione dell’ATI ai sensi dell’art. 38 co. 1 lett. f) d. lgs. n. 163/06 osservando che “l’utilizzazione di documentazione non veritiera ai fini della stipula del contratto è da imputarsi all’operatore economico …. in termini di colpa per omissione delle verifiche e dei controlli richiesti dall’ordinaria diligenza ed esigibili da un’impresa in sede precontrattuale;.....il comportamento posto in essere dall’ATI ..., improntato a grave negligenza e imperizia professionale, ha fatto venir meno il necessario rapporto fiduciario che necessariamente deve intercorrere tra l’amministrazione aggiudicatrice e il concorrente.”[5]
Sia la delibera dell'ANAC che il successivo, conseguente atto espulsivo posto in essere dalla stazione appaltante sono stati impugnati davanti al Tar Lecce dal RTI aggiudicatario. Principale motivo di censura risiede nella ritenuta assenza di presupposti per l'applicazione della norma di cui al menzionato art. 38, comma 1, lett. f), tanto sulla considerazione che, come affermato dalla giurisprudenza amministrativa e dall'ANAC, la causa di esclusione ivi prevista debba essere riferita esclusivamente alla fase di esecuzione delle prestazioni negoziali.
Rigettate le eccezioni di irricevibilità del ricorso, per tardività di impugnazione della delibera ANAC n. 909/16, e di incompetenza territoriale del giudice adito[6], la I sezione del Tar Lecce ha accolto nel merito l'istanza della ricorrente, annullando il provvedimento di espulsione dalla gara[7].
In linea generale, il Collegio sembra ammettere la possibilità che “la causa di esclusione in esame” possa “astrattamente riferirsi anche a inadempienze verificatesi nella fase prodromica di gara. Di ciò ne è prova la doppia proposizione utilizzata dal legislatore, il quale discorre bensì di: “…grave negligenza o malafede nell'esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara”, ma vi aggiunge anche una ulteriore ipotesi, separata dalla prima sia dal segno di interpunzione (punto e virgola), sia dalla disgiuntiva “o” (“; o che hanno commesso un errore grave nell'esercizio della loro attività professionale, …”). La qual cosa, a ben vedere, è del tutto logica, posto che se l’ipotesi del grave errore professionale fosse già inclusa nella prima ipotesi normativa (“grave negligenza o malafede nell'esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara”), non avrebbe avuto senso aggiungervi anche l’ulteriore inciso (“o che hanno commesso un errore grave nell'esercizio della loro attività professionale, …”), atteso che, notoriamente, il più comprende il meno. Se pertanto il legislatore ha incluso nella fattispecie di cui al cennato art. 38 co. 1 lett. f) del “vecchio” codice degli appalti due ipotesi specifiche, ciò deriva dal fatto che la fattispecie di errore professionale non solo non è compresa nella prima ipotesi (“grave negligenza o malafede nell’esecuzione delle prestazioni affidate dalla stazione appaltante …”), ma è svicolata anche dall’elemento cronologico che contraddistingue quest’ultima, id est la riferibilità della negligenza/malafede alla fase della “… esecuzione delle prestazioni”, ben potendo dunque verificarsi anche nella prodromica fase di scelta del contraente, e comunque in una fase anteriore alla stipula del contratto.”
Il ragionamento svolto dal tribunale leccese si discosta dagli indirizzi tracciati, come visto, da una consolidata giurisprudenza amministrativa, abbracciando un'opzione interpretativa più ampia e più coerente con le linee evolutive dell'ordinamento, in particolare con il nuovo Codice, che espressamente ricollega la causa di esclusione in parola sia alle significative carenze manifestatesi nell’esecuzione di un precedente contratto sia ai gravi illeciti professionali posti in essere nello svolgimento della procedura di gara (vd. art. 80, comma 5, lett. c D.lgs. 50/2016).
In quest'ultima categoria devono essere annoverati tutti i comportamenti contrari ai doveri di leale collaborazione che abbiano comportato la mancata sottoscrizione del contratto per fatto doloso o gravemente colposo dell’affidatario[8].
Rileva, tuttavia, il Collegio che, anche ove volesse ammettersi l'astratta applicabilità al caso in esame dell’ipotesi del grave errore nell’esercizio dell’attività professionale, l’impugnato provvedimento dovrebbe comunque ritenersi illegittimo nella misura in cui l’Amministrazione ha ritenuto sussistere a carico della ricorrente un profilo di colpa – sub specie di culpa in vigilando – da ritenersi invece del tutto insussistente.
Infatti, al fine di evitare che la colpa, pur declinata in termini oggettivi, scivoli verso inammissibili snodi di responsabilità per fatto altrui, essa va opportunamente combinata con il principio di tutela dell’affidamento, che si esplicita nel senso del potere l’agente ragionevolmente presumere il corretto adempimento, da parte di terzi istituzionalmente preposti al controllo del fatto del terzo – e dunque garanti del corretto operato di quest’ultimo – delle incombenze spettanti su detti garanti, non potendo all’agente essere imposte – quasi a farne una sorta di controllore del controllore – verifiche particolari in ordine alla diligenza con cui soggetti controllori e/o agenti certificatori abbiano svolto il loro incarico, potendo invece l’agente ragionevolmente confidare nella rispondenza alla realtà dei fatti che detti qualificati soggetti certificatori abbiano attestato nell’esercizio delle proprie attività istituzionali.
Nel caso di specie, la compagnia assicuratrice che aveva rilasciato la polizza incriminata risultava iscritta nell’Albo IVASS. Dunque, un apposito organismo pubblico ne aveva certificato l’affidabilità.
Tale elemento è di per sé sufficiente ad escludere la colpa del RTI, non potendo attendersi da quest’ultimo una diligenza spinta sino al punto di dubitare delle risultanze di certificazioni/attestazioni provenienti da organismi pubblici, e da organismi preposti proprio alla tenuta dell’Albo di soggetti abilitati a prestare cauzioni/polizze in favore di imprese partecipanti a gare pubbliche di appalto.
Può allora senz’altro affermarsi che l’affidamento ingenerato nel suddetto RTI dall’iscrizione della Assured all’interno dell’apposito Albo tenuto dall’IVASS, è un affidamento del tutto incolpevole, non emergendo all’epoca di costituzione della cauzione alcun elemento idoneo a far dubitare dell’attendibilità del suddetto Albo pubblico.
[1] Cfr., ex plurimis e da ultimo, Cons. St., Sez. V, 18 giugno 2015, n. 3107; Sez. V, 15 giugno 2015, n. 2928; Sez. V, 23 marzo 2015, n. 1567; Sez. V; 3 dicembre 2014, n. 5973.
[2] Cfr. parere n. 130 del 6 giugno 2014.
[3] Cfr. Consiglio di Stato sez. V, sentenza n. 3595 del 21.07.2015; la sentenza è riferita ad un caso di esclusione da una gara di una ditta che aveva presentato, in una precedente distinta gara gestita dalla medesima stazione appaltante, una falsa documentazione a comprova del possesso dei requisiti di ordine speciale.
[4] Cfr. Consiglio di Stato sez. V, sentenza n. 3107 del 18.06.2015.
[5] Osserva il Tar Lecce come la stazione appaltante avrebbe potuto semplicemente dichiarare la decadenza dell'aggiudicazione in alternativa alla più controversa applicazione della causa di esclusione di cui al ridetto art. 38, comma 1, lett. c) D.lgs. 163/2006; la accertata falsità della polizza equivale, infatti, oggettivamente ad una mancata prestazione della garanzia della cauzione definitiva, mancanza alla quale il particolare contesto normativo di riferimento (art. 113 D.lgs. 163/2006) riconnette l’impossibilità di stipulazione del contratto e la conseguente automatica decadenza dall’aggiudicazione (a differenza di quanto previsto per la prestazione della cauzione provvisoria, per la quale si ammette invece il soccorso istruttorio).
[6] Il ricorso contro l'atto deliberativo adottato dall'Autorità deve considerarsi inammissibile per la sua natura di mero parere, come tale privo di efficacia immediatamente lesiva. Conseguentemente, sia ai fini della decorrenza del termine per l'impugnativa che del radicamento della competenza territoriale del tribunale, deve tenersi conto dell'unico atto che ha prodotto effetti negativi diretti e immediati nella sfera del privato, il provvedimento di esclusione dalla gara.
[7] L'istanza risarcitoria presentata dalla ricorrente è stata invece dichiarata inammissibile sulla scorta di una molteplicità di argomentazioni prive di rilievo ai fini della presente trattazione.
[8] Cfr. 2.1.2.4. delibera n. 1293 del 16 novembre 2016 - Linee guida n. 6, di attuazione del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, recanti «Indicazione dei mezzi di prova adeguati e delle carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto che possano considerarsi significative per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) del Codice»