Consiglio di Stato, Sez. V, 15 marzo 2017, n. 1172
1. L’obbligo della dichiarazione ex art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006 grava anche sui professionisti esterni, atteso che la possibilità di indicazione del progettista non può incidere sulla necessità che sia garantita l’affidabilità e onorabilità nei riguardi di chi venga comunque in rapporto diretto con l’amministrazione.
2. Ai fini della partecipazione alle gare pubbliche l’estinzione del reato (che consente di non dichiarare l’emanazione del relativo provvedimento di condanna), sotto il profilo giuridico, non è automatica per il mero decorso del tempo, ma deve essere formalizzata in una pronuncia espressa del Giudice dell’Esecuzione Penale, che è l’unico soggetto al quale l’ordinamento attribuisce il compito di verificare la sussistenza dei presupposti e delle condizioni per la relativa declaratoria, con la conseguenza che, fino a quando non intervenga tale provvedimento giurisdizionale, non può legittimamente parlarsi di reato estinto e il concorrente non è esonerato dalla dichiarazione dell’intervenuta condanna.
3. L’escussione della cauzione costituisce conseguenza della violazione dell’obbligo di diligenza gravante sull’offerente, tenuto conto che gli operatori economici, con la domanda di partecipazione, sottoscrivono e si impegnano ad osservare le regole della relativa procedura delle quali hanno piena contezza.
1) Conformi: Cons. Stato, sez. IV, 22 dicembre 2014, n. 7336; 7 agosto 2014, n. 4212.
2) Conformi: Cons. Stato, sez. VI, 3 ottobre 2014, n. 4937; 12 aprile 2011, n. 2257.
3) Conformi: Cons. Stato, sez. IV, 19 novembre 2015, n. 5280; 9 giugno 2015, n. 2829.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5092 del 2016, proposto da:
Collini Lavori S.p.a. in proprio e quale capogruppo mandataria Ati, Ati – Premetal Spa, Ati – Ediltione S.p.a., Ati – Consorzio Lavoro Ambiente Cla Società Cooperativa, in persona dei legali rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati Antonio Tita C.F. TTINTN64A08L378T, Marco Annoni C.F. NNNMRC55D11H501R, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, via Udine, n. 6;
contro
Provincia Autonoma di Trento, in persona del Presidente in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Damiano Florenzano C.F. FLRDMN61C14A271F, Nicolò Pedrazzoli C.F. PDRNCL56R01G428C, Giuliana Fozzer C.F. FZZGLN64A64L378H, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via Paolo Emilio, n. 7;
Agenzia Provinciale per gli Appalti e Contratti, Trentino Sviluppo S.p.a. non costituiti in giudizio;
nei confronti di
Pessina Costruzioni S.p.a. in proprio e quale mandataria costituenda Ati, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Andrea Santoro C.F. SNTNDR68R02G224E, Francesco De Marini C.F. DMRFNC75L16A794B, Barbara Savorelli C.F. SVRBBR74B62F205K, Saverio Sticchi Damiani C.F. STCSVR75E11D862Q, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, piazza San Lorenzo il Lucina, n. 26;
Log Engineering S.r.l. in proprio e quale mandante costituendo Ati, Intercantieri Vittadello S.p.a. in proprio e quale mandataria costituenda Ati, Costruzioni Rossaro S.r.l. in proprio e quale mandante Costituenda Ati, Gelmini Cav. Nello S.p.a. in proprio e quale mandante costituenda Ati, Elettrica S.r.l. in proprio e quale mandante costituenda Ati non costituiti in giudizio;
Evotre S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Diego Vaiano C.F. VNADGI67T23F839N, Fabrizio Marchionni C.F. MRCFRZ64L11L219K, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, Lungotevere Marzio, n. 3;
per la riforma
della sentenza del T.R.G.A. – DELLA PROVINCIA DI TRENTO, n. 191/2016, resa tra le parti, concernente affidamento progettazione esecutiva ed esecuzione di realizzazione del progetto manifattura-green innovation factory- b, lotto 1 a Rovereto – ris. danni.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Provincia Autonoma di Trento e di Pessina Costruzioni S.p.a. in proprio e quale Mandataria Costituenda Ati e di Evotre S.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 15 dicembre 2016 il Cons. Luigi Massimiliano Tarantino e uditi per le parti gli avvocati Annoni, Florenzano, Pozzi per delega di Vaiano, Sticchi Damiani e De Marini;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’odierno giudizio trae origine da tre distinte iniziative giurisdizionali proposte dinanzi al T.R.G.A. della Provincia di Trento da Pessina Costruzioni S.p.A., Collini Lavori S.p.A. e da Intercantieri Vittadello S.p.A., oggetto della pronuncia indicata in epigrafe. In particolare, il ricorso spiegato dall’odierna appellante era volto ad ottenere l’annullamento della determinazione del dirigente del Servizio appalti della Provincia autonoma di Trento n. 5 del 25.11.2015, nonché del suo allegato A, recante “annullamento dell’aggiudicazione della gara d’appalto per l’affidamento mediante procedura aperta, ex art. 30 comma 5 ter lett. b) e art. 30 bis l.p. 26/1993 della progettazione esecutiva ed esecuzione dei lavori di realizzazione del progetto manifattura – Green innovation factory – ambito B, lotto 1 a Rovereto (TN), disposta a favore del concorrente primo in graduatoria ed atti conseguenti” e di tutti gli atti connessi, quali il bando di gara nonché il provvedimento di escussione della cauzione provvisoria, di segnalazione all’ANAC nonché ulteriori provvedimenti di aggiudicazione definitiva dell’appalto per la dichiarazione di inefficacia del contratto eventualmente stipulato. Con lo stesso ricorso Collini Lavori S.p.A. avanzava domanda di risarcimento del danno in forma specifica e per equivalente.
2. Accadeva, infatti, che la procedura per l’affidamento della progettazione esecutiva e dell’esecuzione dei lavori di realizzazione del Progetto Manifattura —green innovation factory — ambito B, Lotto 1 a Rovereto (TN), per un importo a base d’asta di € 44.459.863,64 da aggiudicare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa fosse aggiudicata dapprima a Collini Lavori S.p.A. ed in seguito a Pessina Costruzioni S.p.a., seconda classificata, in ragione dell’annullamento dell’aggiudicazione in favore dell’odierna appellante, a causa di una dichiarazione presentata dal raggruppamento Collini con la domanda di partecipazione alla gara ritenuta non veritiera dalla stazione appaltante.
3. Il primo giudice esaminava dapprima il ricorso incidentale proposto dalla Pessina in relazione al secondo ricorso, proposto da Collini avverso la determinazione 25 novembre 2015, n. 5, con cui la Provincia aveva annullato d’ufficio l’aggiudicazione al raggruppamento Collini dell’appalto per la progettazione e i lavori del Progetto Manifattura, riassegnandolo al raggruppamento Pessina, secondo classificato.
Secondo il TAR il conseguente annullamento, sia pure limitato nei suoi effetti al presente giudizio, della decisione di ammettere il raggruppamento Collini alla prosecuzione della gara faceva venir meno l’interesse al ricorso principale 468/2015 (ossia il secondo ricorso) da parte dello stesso, il quale appunto non avrebbe potuto conseguire comunque l’utilità sperata, e ne comportava l’improcedibilità.
Gli ulteriori motivi del ricorso incidentale venivano ad essere assorbiti, mentre, per quanto riguarda il ricorso principale 468/2015 proposto da Collini, il TAR ne rilevava l’infondatezza, con riferimento al suo principale thema decidendum.
Invero, lo stesso muoveva dal rilievo che il reato non dichiarato da uno dei partecipanti al raggruppamento Collini – omissione che ha condotto alla revoca dell’aggiudicazione – si fosse in quel momento già da tempo estinto, per una causa verificatasi – come poi attestato dal giudice penale dell’esecuzione – sin nel dicembre 2010.
Infine, il detto TAR, esaminato il ricorso n. 3/2016 proposto da Intercantieri Vittadello S.p.A., terza classificata che aveva impugnato la determinazione 5/2015, sostenendo che l’Amministrazione avrebbe dovuto procedere, dopo l’annullamento, alla riparametrazione delle offerte tecniche dei concorrenti rimasti in gara, lo dichiarava inammissibile.
Infine, il ricorso 367/2015 spiegato da Pessina Costruzioni S.p.A. veniva dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse, ma, ai limitati fini della soccombenza virtuale, il TAR lo valutava fondato, almeno nella parte corrispondente al ricorso incidentale successivamente proposto.
4. Avverso la pronuncia indicata in epigrafe propone appello Collini Lavori s.p.a. che si duole dell’erroneità della sentenza di prime cure in quanto il ricorso n. 367/2015, avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile per mancata notifica a Trentino Sviluppo s.p.a., poiché sarebbe stato notificato solo alla Provincia di Trento. In relazione al ricorso 367/2015, il TAR avrebbe al più dovuto dichiarare la cessazione della materia del contendere come chiesto da Pessina, dopo il provvedimento di autotutela dell’amministrazione, sicché non avrebbe potuto riproporre le doglianze ivi esposte nel ricorso incidentale spiegato nel ricorso n. 468/2015 introdotto dall’odierna appellante.
Nell’ambito del giudizio 367/2015, Collini s.p.a. ha proposto a sua volta ricorso incidentale, lamentando l’inammissibilità dell’offerta presentata da Pessina in ragione del mancato possesso da parte della stessa dei requisiti richiesti dalla lex specialis per lo svolgimento dell’attività di progettazione, poiché non sarebbe risultato provata l’avvenuta ultimazione nel decennio antecedente la pubblicazione del bando, di servizi tecnici relativi a lavori corrispondenti a quelli posti in gara, poiché la Società Lombardini22 avrebbe indicato un servizio non ancora ultimato. Il TRGA, pertanto, avrebbe dovuto esaminare per primo il ricorso proposto dall’attuale aggiudicataria contro l’appellante, nel quale quest’ultima aveva proposto ricorso incidentale escludente.
Il ricorso 468/2015 proposto dall’appellante non avrebbe potuto essere dichiarato improcedibile residuando un interesse quanto meno ai fini dell’escussione della cauzione ed in quanto contrario ai principi enunciati dalla Corte di Giustizia a partire dalla cd. sentenza Fastweb.
La validità del contratto di affitto di azienda non avrebbe potuto essere vagliata incidentalmente dal g.a. Ancora sarebbe errata nel merito la sentenza di primo grado laddove ritiene violata la disciplina circa l’immodificabilità soggettiva del concorrente in ragione del fatto che l’affittuaria possedeva in proprio i requisiti di qualificazione per la partecipazione alla gara anche della mandataria BTD, indipendentemente dall’affitto dell’azienda BTD, quindi il TAR avrebbe violato l’art. 37 comma 9 ed anche l’art. 51 del d.lgs. 16372006, secondo il quale: “Qualora i candidati o i concorrenti, singoli, associati o consorziati, cedano, affittino l’azienda o un ramo d’azienda, ovvero procedano alla trasformazione, fusione o scissione della società, il cessionario, l’affittuario, ovvero il soggetto risultante dall’avvenuta trasformazione, fusione o scissione, sono ammessi alla gara, all’aggiudicazione, alla stipulazione, previo accertamento sia dei requisiti di ordine generale, sia di ordine speciale, nonché dei requisiti necessari in base agli eventuali criteri selettivi utilizzati dalla stazione appaltante ai sensi dell’articolo 62, anche in ragione della cessione, della locazione, della fusione, della scissione e della trasformazione previsti dal presente codice”. In particolare, l’esclusione dal ramo d’azienda trasferito delle attestazioni soa non sarebbe rilevante, perché Collini sarebbe autonomamente qualificata, quindi non sarebbe stato rilevante l’accertamento della consistenza dell’azienda trasferita. Quindi l’affitto di ramo d’azienda in questione non avrebbe violato né l’art. 37 comma 9, né l’art. 51, d.lgs. 163/2006. Né corrisponderebbe al vero che quello trasferito da BTD non sarebbe un effettivo ramo d’azienda. Pertanto, si tratterebbe di una modifica in riduzione del raggruppamento a seguito della liquidazione coatta di BTD, che avrebbe consentito comunque la permanenza dell’ATI.
Sarebbe errata la sentenza di prime cure nella parte in cui ha escluso la fondatezza della doglianza relativa alla mancata dichiarazione della commissione di un reato da parte di uno dei partecipanti al gruppo Collini, erroneamente individuato tale invece che nell’Architetto Cocco progettista indicato ex art 53, comma 3, d.lgs. 163/2006, alla luce dell’interpretazione offerta dal Consiglio di Stato che se non confermata imporre di sollevare sul punto questione pregiudiziale. Inoltre, il TRGA Trento avrebbe offerto un’interpretazione dell’art. 38, d.lgs. 163/2006, erronea che se confermata imporrebbe di investire della questione la Corte costituzionale per contrasto con gli artt. 2, 10 117 cost. anche in relazione agli artt. 5 e 6 CEDU, nonché degli artt. 24. 25. 97, 101, 111 e 113 cost. ovvero l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato.
L’appellante principale, infine, ripropone i motivi non esaminati dal TAR contenuti nel ricorso 468/2015: a) illegittimo il provvedimento di annullamento in autotutela, perché non sarebbe mendace la dichiarazione prescritta, poiché la mancanza di condanne produttive di effetti sarebbe stata confermata dal giudice dell’esecuzione; b) illegittimo il provvedimento di annullamento in autotutela, perché il progettista ai sensi dell’art. 53, comma 3, d.lgs. 163/2006, non sarebbe tenuto a rendere le dichiarazioni, specie in ragione del fatto che la legale rappresentante della società Evotre avrebbe assunto nell’ambito del raggruppamento di progettisti indicati dall’ATI Collini il ruolo del responsabile di implementazione Leed, per il quale il bando di gara non avrebbe individuato alcuno specifico requisito ulteriore rispetto al mero possesso della relativa qualifica professionale di Leed Ap ed il paragrafo 2.2, punto 2 nel bando nell’indicare i requisiti dei progettisti non concernerebbe espressamente la figura di responsabile Leed. Quindi, pertanto, la dichiarazione ex art. 38, d.lgs. 163/2006 sarebbe ultronea; c) erronea, infine, sarebbe la sentenza laddove non avrebbe rilevato la disparità di trattamento rispetto alla condotta della Provincia nella gara indetta nel 2011; d) sarebbe illegittimo il provvedimento di annullamento in autotutela, perché violativo del principio di proporzionalità in relazione alle conseguenze dell’escussione della cauzione provvisoria.
Da ultimo, l’appellante principale reitera la domanda risarcitoria.
5. Costituitasi in giudizio in data 8 luglio 2016 Evotre s.r.l. aderisce alle posizioni ed alle richieste dell’appellante principale.
6. In data 18 luglio 2016 si costituisce in giudizio la Provincia Autonoma di Trento, ponendo in luce la circostanza che sarebbe fallita una delle mandanti dell’ATI Pessina, sicché verrebbe meno l’interesse al ricorso incidentale di prime cure di quest’ultima, pertanto andrebbe annullata in questa parte la sentenza di primo grado.
7. Costituitasi in giudizio Pessina s.p.a. invoca il rigetto dell’appello e ripropone i motivi di ricorso non esaminati dal giudice di prime cure.
8. In data 6 settembre 2016 la Provincia Autonoma di Trento deposita memoria nella quale evidenzia che il ricorso incidentale di prime cure spiegato da Pessina s.p.a. non sarebbe più sorretto da alcun interesse, non potendo quest’ultima più ottenere l’aggiudicazione della gara a causa dell’annullamento in autotutela subito e del fallimento di una delle mandanti. Mentre sarebbero infondati i motivi del ricorso principale riproposti dall’appellante. In particolare quello relativo alla mancata dichiarazione da parte dell’Arch. Cocco (rappresentante legale della società Evotre) di un reato dichiarato estinto solo successivamente.
9. Con memoria depositata il 6 settembre 2016 l’appellante argomenta in ordine all’infondatezza dei motivi riproposti in appello da parte di Pessina s.p.a. In pari data deposita memoria anche quest’ultima con la quale, tra l’altro, ribatte all’eccezione di carenza di interesse in ordine al ricorso incidentale di prime cure, ponendo in luce come tutte le statuizioni ad essa sfavorevoli sono sub judice e, quindi, non definitive.
10. In data 24 novembre 2016 la Provincia Autonoma di Trento deposita verbale di gara dell’11 ottobre 2016 dal quale risulta l’aggiudicazione provvisoria a favore del raggruppamento Intercantieri Vittadello S.p.A. terzo classificato nell’originaria graduatoria di gara.
11. Con memoria depositata il 29 novembre 2016 Pessina s.p.a. insiste nella permanenza del proprio interesse all’impugnazione incidentale di primo grado, dal momento che il provvedimento di annullamento in autotutela dell’aggiudicazione a suo favore ed il fallimento della Log Engineering s.r.l. mandante del proprio raggruppamento sarebbero oggetto della controversia definita in primo grado dalla sentenza del TRGA di Trento n. 324/2016 nelle more appellata dinanzi a questo Consiglio. Infine, reitera le proprie argomentazioni in ordine all’infondatezza delle doglianze contenute nell’odierno gravame ed alla meritevolezza delle censure contenute nel proprio ricorso incidentale di primo grado non esaminate dal TAR.
12. In pari data la Provincia Autonoma di Trento deposita memoria nella quale tra l’altro argomenta in ordine all’inammissibilità della questione pregiudiziale proposta dall’appellante stante la sua genericità, ovvero alla sua irrilevanza ed infondatezza.
13. Con memoria depositata il 29 novembre 2016 Evotre s.r.l. ripercorre i motivi contenuti nell’appello principale associandosi alle conclusioni rassegnate da Collini s.p.a.
14. In data 2 e 3 dicembre 2016 le parti depositano memorie di replica nelle quali insistono nelle proprie conclusioni.
15. Occorre, preliminarmente, esaminare le doglianze contenute nell’appello principale in ordine all’inammissibilità del ricorso spiegato da Pessina s.p.a. per mancata notifica dello stesso a Trentino Sviluppo s.p.a. ed alla improcedibilità per difetto di interesse dello stesso che si sarebbe riverberata anche sul ricorso incidentale proposto da Pessina in risposta al ricorso di prime cure dell’odierno appellante in ragione del provvedimento di autotutela medio tempore adottato dalla stazione appaltate nei confronti di Collini s.p.a..
15.1. Nessuna delle due doglianze coglie nel segno: quanto alla prima deve rilevarsi che i provvedimenti impugnati sono stati adottati dalla Provincia Autonoma di Trento in quanto amministrazione delegata da Trentino Sviluppo s.p.a., sicché a quest’ultima non può riconoscersi la qualifica di amministrazione resistente cui deve essere notificato l’atto di ricorso.
15.2. Del pari non può convenirsi con la prospettazione dell’appellante secondo la quale il venir meno dell’interesse alla decisione del ricorso principale proposto da Pessina s.p.a. avrebbe dovuto comportare la declaratoria di difetto di interesse anche del ricorso incidentale spiegato da quest’ultima nel ricorso di prime cure proposto dall’odierna appellante. Al riguardo, deve, infatti, rilevarsi che l’interesse al ricorso incidentale nella misura in cui mira a paralizzare l’iniziativa principale ha carattere condizionato rispetto all’interesse che sorregge il detto ricorso principale. Pertanto, non potendosi ritenere venuto meno l’interesse al ricorso di prime cure spiegato dall’odierna appellante, anche in ragione del fatto che il provvedimento di autotutela indirizzato nei confronti dell’appenate risulta ancora sub judice, non può concludersi per la declaratoria di difetto di interesse del ricorso incidentale proposto da Pessina s.p.a..
15.3. Allo stesso tempo non può accogliersi l’eccezione spiegata dall’amministrazione di difetto di interesse della Pessina s.p.a., in quanto la stessa non potrebbe in alcun modo ottenere l’invocata aggiudicazione. Le ragioni per le quali quest’ultima non potrebbe ottenere il bene della vita difeso in prime cure, infatti, sono attualmente sub judice, sicché un’eventuale pronuncia di rito nel senso richiesto dalla Provincia di Trento rischierebbe di danneggiarla irrevocabilmente, laddove le iniziative giurisdizionali medio tempore spiegate dalla Pessina s.p.a. andassero a buon fine.
16. Quanto, invece, al mancato esame da parte del primo giudice del ricorso incidentale escludente proposto dall’appellante nei confronti dell’odierna appellata e del proprio ricorso principale, è necessario fare applicazione dei principi dettati dalla Corte di Giustizia nella sentenza della Grande Sezione del 5 aprile 2016, secondo la quale: “L’articolo 1, paragrafi 1, terzo comma, e 3, della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 dicembre 2007, deve essere interpretato nel senso che osta a che un ricorso principale proposto da un offerente, il quale abbia interesse a ottenere l’aggiudicazione di un determinato appalto e che sia stato o rischi di essere leso a causa di una presunta violazione del diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici o delle norme che traspongono tale diritto, e diretto a ottenere l’esclusione di un altro offerente, sia dichiarato irricevibile in applicazione di norme processuali nazionali che prevedono l’esame prioritario del ricorso incidentale presentato da detto altro offerente”.
Sotto questo profilo, pertanto, il gravame in esame risulta fondato, sicché deve esaminarsi il motivo di ricorso incidentale spiegato dall’appellante nei confronti dell’ATI Pessina, come riproposto in questa sede.
16.1. La doglianza secondo la quale l’ATI Pessina avrebbe dovuto essere esclusa per un deficit di qualificazione della società Lombardini22, progettista indicata dalla prima è infondata e non può essere accolta. Dalla documentazione depositata nel giudizio dinanzi al TRGA, infatti, emerge che il contratto, avente ad oggetto progettazione definitiva ed esecutiva, sottoscritto tra la società Lombardini22 ed il Gruppo Angelini, risultava interamente eseguito alla data del 30 ottobre 2013, data coincidente con quella in cui veniva pubblicato il bando di cui alla gara de qua.
17. Tanto premesso si può passare ad esaminare i motivi contenuti nel ricorso principale proposto dall’odierna appellante nella misura in cui il secondo è stato ritenuto infondato dal primo giudice, sia pure a fronte di un dispositivo di rito assunto in ordine al detto ricorso, e gli altri, invece, non sono stati esaminati.
17.1. Con il primo dei detti motivi, ulteriormente ampliato con ricorso per motivi aggiunti di primo grado l’odierna appellante si doleva del fatto che il bando di gara, illegittimamente e contraddittoriamente, mutava impostazione rispetto ad una precedente gara del 2011 nella quale la stessa amministrazione aveva ritenuto non influente la mancata dichiarazione di un pregiudizio penale estinto, sebbene prima della declaratoria del giudice dell’esecuzione penale, così introducendo una disparità di trattamento. La censura non può essere accolta, dal momento che l’amministrazione ha motivato le ragioni per le quali ha ritenuto nel bando in questione di accedere in modo chiaro e senza ambiguità ad un’impostazione più rigorosa in ordine agli obblighi dichiarativi. Sicché non si registra alcuna contraddittorietà nell’operato dell’amministrazione, che ritiene di dover chiarire le prescrizioni che utilizza nel redigere i propri bandi di gara, optando per una soluzione più rigorosa. Il mutamento di indirizzo da parte dell’amministrazione, infatti, non evidenzia una contraddittorietà, né un’indebita disparità di trattamento, ma semplicemente un mutato sentire degli oneri sulla stessa gravanti nel redigere la lex specialis a fronte di un diverso orientamento giurisprudenziale percepito dalla stessa come prevalente. Un simile comportamento non pone in luce un esercizio disfunzionale del potere amministrativo alla stessa assegnato, sicché non può invocarsi né una contraddittorietà, né una disparità di trattamento.
17.2. Quanto al secondo motivo del ricorso di prime cure dell’odierna appellante, il TRGA lo ha ritenuto infondato, mentre a giudizio dell’odierno appellante il primo giudice avrebbe errato nel non rilevare che l’esclusione dalla stessa subita sarebbe derivata dalla mancata dichiarazione non da uno dei partecipanti al raggruppamento, ma dall’architetto Cocco, progettista indicato ex art. 53, d.lgs. 163/2006, cui non dovrebbe applicarsi il dettato dell’art. 38, d.lgs. 163/2006, salvo nel caso in cui ciò questo Consiglio ritenesse necessario, doversi sollevare questione di pregiudizialità sulla compatibilità comunitaria della norma in questione ovvero di costituzionalità, come sopra meglio specificato. In subordine, infine, l’appellante invoca la rimessione all’Adunanza Plenaria di questo Consiglio, laddove non si dovesse seguire l’interpretazione offerta dalla pronuncia n. 5192/2015 del Consiglio di Stato.
In questa sede per ragioni di economicità appare opportuno esaminare anche il quarto motivo del ricorso di primo grado, poiché con lo stesso si contesta che l’individuazione dell’architetto Cocco legale rappresentante della Evotre non sarebbe avvenuta come previsto dall’art. 53, comma 3, d.lgs. 163/2006, per integrare i requisiti prescritti dai progettisti fissati da paragrafo 2.2, punto 2 del bando di gara. Sicché la dichiarazione resa sarebbe ultronea e come tale irrilevante.
Al riguardo, deve rilevarsi che la prescrizione del bando di gara sopra richiamata non rileva dal momento che si limita ad affermare che il professionista incaricato per l’implementazione Leed non è tenuto a dimostrare il possesso dei requisiti minimi di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa, ma nulla dice in ordine ai requisiti soggettivi di moralità. Ed, infatti, il punto 2.2. del bando di gara riguarda espressamente le condizioni minime di carattere economico e tecnico. Al contrario, la disciplina contenuta nel punto 4 del bando di gara richiede la dichiarazione dei requisiti di cui all’art. 38, d.lgs. 163/2006 anche al responsabile dell’implementazione Leed. Circostanza quest’ultima che esclude la presenza di un potenziale contrasto con alcune pronunce di queste Consiglio che hanno ritenuto insussistente l’obbligo di esclusione del partecipante ad una procedura di evidenza pubblica per mancata sottoscrizione del progettista incaricato, sulla scorta della mancata previsione di un simile obbligo nel bando di gara (cfr. Cons. St., Sez. III, 25 gennaio 2014, n. 5830). la Pertanto, la soluzione del quesito non può che rinvenirsi nell’interpretazione della disciplina ratione temporis vigente. Sul punto, questo Collegio ritiene di dover aderire all’orientamento prevalente secondo il quale l’obbligo della dichiarazione ex art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006 grava anche sui professionisti esterni, atteso che la possibilità di indicazione del progettista non può incidere sulla necessità che sia garantita l’affidabilità e onorabilità nei riguardi di chi venga comunque in rapporto diretto con l’amministrazione (cfr. Cons. St., Sez. V, 20 ottobre 2010, n. 7851 Id., Sez. VI, 18 gennaio 2012, n. 178; Id., Sez. IV n. 4950/2014; Id., Sez. V, 07 agosto 2014, n. 42129; Id., Sez. IV, 16 giugno 2015, n. 2988). L’art. 53, comma 3, d.lgs. 163/2006, dispone, infatti, che: “Quando il contratto ha per oggetto anche la progettazione, ai sensi del comma 2, gli operatori economici devono possedere i requisiti prescritti per i progettisti, ovvero avvalersi di progettisti qualificati, da indicare nell’offerta, o partecipare in raggruppamento con soggetti qualificati per la progettazione. Il bando indica i requisiti richiesti per i progettisti, secondo quanto previsto dal capo IV del presente titolo (progettazione e concorsi di progettazione), e l’ammontare delle spese di progettazione comprese nell’importo a base del contratto”. E’ evidente che nel caso in cui l’operatore economico scelga una simile opzione, i progettisti indicati non costituiscono soggetto direttamente e formalmente partecipante alla gara.
E’, peraltro, innegabile che agli stessi è affidato il compito di redigere la progettazione dell’opera (dal bando di gara emerge che, nella specie, l’appalto ha ad oggetto “la progettazione esecutiva ed esecuzione, ai sensi dell’articolo 53, comma 2, lett. b) del d.lgs. 163/2006 e ss.mm.ii., sulla base del progetto definitivo”).
Essi, dunque, costituiscono soggetti che realizzano una parte dell’appalto, in particolare il servizio di progettazione.
Orbene, in relazione a tale circostanza – la quale giustifica evidentemente la prescrizione contenuta nel richiamato articolo 53, comma 3, a mente della quale deve trattarsi di soggetti “qualificati” – non vi è motivo per non ritenere agli stessi applicabili le regole ordinarie di partecipazione alla procedura in relazione alla composizione soggettiva dagli stessi prescelta, soprattutto quando si tratti di disposizioni dettate a garanzia della affidabilità, serietà e corretta realizzazione della prestazione.
Sul punto non appare necessario una rimessione da parte di questa Sezione all’Adunanza Plenaria, atteso che in giurisprudenza vi è una netta prevalenza dell’indirizzo in questione su di una normativa, peraltro, la cui applicazione è oramai all’indomani dell’entrata in vigore del d.lgs. 50/2016, in fase di superamento.
Allo stesso tempo non risulta meritevole di condivisione la richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia sulla scorta di quanto statuito dall’ordinanza di questo Consiglio n. 1522/2016, dal momento che l’obbligo dichiarativo previsto per il progettista non limita in alcun modo il favor partecipationis, né viene in alcun altro modo indicato un qualche vulnus portato dalla normativa nazionale alla normativa comunitaria.
17.2.1. Quanto all’interpretazione dell’art. 38, d.lgs. 163/2006, deve ribadirsi l’orientamento di questo Consiglio, secondo il quale: “Ai fini della partecipazione alle gare pubbliche l’estinzione del reato (che consente di non dichiarare l’emanazione del relativo provvedimento di condanna), sotto il profilo giuridico, non è automatica per il mero decorso del tempo, ma deve essere formalizzata in una pronuncia espressa del Giudice dell’Esecuzione Penale, che è l’unico soggetto al quale l’ordinamento attribuisce il compito di verificare la sussistenza dei presupposti e delle condizioni per la relativa declaratoria, con la conseguenza che, fino a quando non intervenga tale provvedimento giurisdizionale, non può legittimamente parlarsi di reato estinto e il concorrente non è esonerato dalla dichiarazione dell’intervenuta condanna (art. 38 d.lgs. n. 163/2006, Codice degli appalti 2006)” (Cons. St., Sez. III, 5 ottobre 2016, n. 4118; Id., Sez. V, 30 novembre 2015, n. 5403). Pertanto, anche nel caso di decreto penale di condanna poiché, peraltro, l’estinzione non consegue al mero decorso del tempo, ma anche alla mancata commissione di ulteriori reati l’attività di accertamento da parte del giudice penale non è in alcun modo surrogabile. Né può invocarsi la giurisprudenza della Cassazione penale in ordine al tempo a cui far risalire gli effetti della pronuncia di estinzione, dal momento che ciò che rileva in questa sede è la dichiarazione mendace del legale rappresentate dell’Evotre, poiché è da questa che scaturisce il fondamento della sua esclusione, effetto che non può in alcun modo essere inciso dalla diversa questione del momento in cui successivamente alla pronuncia del giudice penale debbano fari risalire gli effetti della pronuncia di estinzione. Pertanto, non si ravvisa la differenza di disciplina denunciata dall’odierno appellante, sicché il paventato contrasto con le norme della costituzione sopra indicate risulta manifestamente infondato oltre che irrilevante, giacché deve ribadirsi che l’esclusione poggia sul meccanismo derivante dal combinato disposto dell’art 38, d.lgs. 163/2006 e dall’art. 75, d.p.r. 445/2000.
17.3. In ordina al terzo motivo del ricorso di primo grado non esaminato con il quale l’odierna appellante contestava la mendacità della dichiarazione de qua, in quanto al tempo della stessa il reato si sarebbe estinto, non può aderirsi a quanto sostenuto nel presente gravame, dal momento che secondo l’orientamento prevalente di questo Consiglio (cfr. ex multis, Cons. St., Sez. V, 3 febbraio 2016, n. 404) in base all’art. 75 D.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445, la non veridicità della dichiarazione sostitutiva presentata comporta la decadenza dai benefici eventualmente conseguiti, senza che tale disposizione (per la cui applicazione si prescinde dalla condizione soggettiva del dichiarante, rispetto alla quale sono irrilevanti il complesso delle giustificazioni addotte) lasci alcun margine di discrezionalità alle Amministrazioni; pertanto la norma in parola non richiede alcuna valutazione circa il dolo o la grave colpa del dichiarante, facendo invece leva sul principio di auto responsabilità. Quindi, il profilo soggettivo del dichiarante non rileva in alcun modo, quanto al profilo oggettivo, invece, deve rinviarsi a quanto precisato sub 17.2.
17.4. In ordine, infine, al quinto motivo del ricorso di primo grado con il quale si contesta l’escussione della cauzione a seguito dell’esclusione per violazione del principio di proporzionalità, deve rilevarsi che l’escussione della cauzione costituisce conseguenza della violazione dell’obbligo di diligenza gravante sull’offerente, tenuto conto che gli operatori economici, con la domanda di partecipazione, sottoscrivono e si impegnano ad osservare le regole della relativa procedura delle quali hanno piena contezza; si tratta di una misura autonoma ed ulteriore (rispetto alla esclusione dalla gara ed alla segnalazione all’Autorità di vigilanza), che costituisce, mediante l’anticipata liquidazione dei danni subiti dall’amministrazione, un distinto rapporto giuridico fra quest’ultima e l’imprenditore (tanto che si ammette l’impugnabilità della sola escussione se ritenuta realmente ed esclusivamente lesiva dell’interesse dell’impresa); in definitiva è una misura di indole patrimoniale, priva di carattere sanzionatorio amministrativo, che costituisce l’automatica conseguenza della violazione di regole e doveri espressamente accettati. Trattandosi di conseguenza non sanzionatoria non è conferente invocare il principio di proporzionalità, per concludere che l’esclusione subita e comunque legittima non debba comportarne l’applicazione.
17.5. Quanto, infine, alla richiesta di risarcimento dei danni l’assenza di una condotta illecita da parte dell’amministrazione impedisce di accogliere la domanda riproposta in seconde cure dall’appellante.
18. Riscontrata l’infondatezza del ricorso di prime cure n. 468/2015, deve passarsi ad esaminare l’appello nella parte in cui contesta la sentenza per avere ritenuto sindacabile il contratto concluso tra BTD e Collini e conseguentemente per avere accolto il ricorso incidentale spigato da Pessina nel giudizio di primo grado n. 468/2015.
Innanzitutto, deve respingersi la censura inerente al paventato difetto di giurisdizione, poiché l’accertamenti incidentale dell’ampiezza e della qualificazione del contratto di affitto di azienda è necessariamente strumentale rispetto a quella della verifica della stessa consistenza soggettiva dell’operatore economico. Si tratta, in definitiva, di un accertamento incidentale indispensabile per ponderare la presenza di una variazione soggettiva, che consente al raggruppamento di continuare a partecipare alla procedura. Pertanto, non si ravvisa alcun indebito sconfinamento del sindacato del g.a. in un alveo di giurisdizione rimessa al g.o. Né, rileva la circostanza che il contratto sia stato redatto in forma pubblica, dal momento che quanto valutato dal primo giudice non pone questioni di falsità, sottratte al g.a. in forza di quanto disposto dall’art 8, comma 2, c.p.a.
L’accertamento operato in fatto dal primo giudice in ordine al contenuto del detto contratto deve essere confermata, dal momento che la consistenza delle situazioni giuridiche ivi dedotte sia pure ai fini della sola disciplina pubblicistica non consente di considerarlo quale ramo d’azienda. Nella fattispecie, correttamente il primo giudice ha rilevato che l’affitto in questione concerne di fatto solo due posizioni contrattuali e, cioè, la partecipazione al raggruppamento Collini per il Progetto Manifattura e la partecipazione all’altro raggruppamento Collini, per i lavori di prolungamento della Ferrovia Trento – Malé – Marilleva. Pertanto, lo scopo effettivo del contratto stipulato tra Collini e BTD, chiaramente delineato nel suo preambolo, è quello permettere ai raggruppamenti di cui BTD era parte di continuare ad operare senza soluzione di continuità, anche dopo la liquidazione coatta di quest’ultima.
Né rileva che l’affitto del ramo di azienda sia stato operato nei confronti della stessa Collini.
Al riguardo, occorre rammentare che l’art. 37, comma 9, d.lgs. 163/2006, dispone che: “Salvo quanto disposto ai commi 18 e 19, è vietata qualsiasi modificazione alla composizione dei raggruppamenti temporanei e dei consorzi ordinari di concorrenti rispetto a quella risultante dall’impegno presentato in sede di offerta”. Mentre l’art. 51, d.lgs. 163/2006, dispone che: “Qualora i candidati o i concorrenti, singoli, associati o consorziati, cedano, affittino l’azienda o un ramo d’azienda, ovvero procedano alla trasformazione, fusione o scissione della società, il cessionario, l’affittuario, ovvero il soggetto risultante dall’avvenuta trasformazione, fusione o scissione, sono ammessi alla gara, all’aggiudicazione, alla stipulazione, previo accertamento sia dei requisiti di ordine generale, sia di ordine speciale, nonché dei requisiti necessari in base agli eventuali criteri selettivi utilizzati dalla stazione appaltante ai sensi dell’articolo 62, anche in ragione della cessione, della locazione, della fusione, della scissione e della trasformazione previsti dal presente codice”. Da un lato, la prima delle norme richiamate limita la possibilità di modificazioni soggettive per i raggruppamenti temporanei di imprese; dall’altro, la seconda norma prevede una disciplina più favorevole, ma a patto che si riscontri la cessione o l’affitto di un ramo d’azienda, che deve essere in concreto, e non solo nominalmente come nella fattispecie, sussistente. Altrimenti, si consentirebbe l’uso di un mero escamotage per sottrarsi ai limiti imposti dalla disciplina ratione temporis vigente alle modificazioni soggettive. Non potendo operare il disposto dell’art. 51, d.lgs. 163/2006, l’unica norma di riferimento è rappresentata dal citato art. 37, comma 9, d.lgs. 163/2006, la cui operatività in questa sede però non può essere invocata sia perché non sussistono i presupposti di cui ai successivi commi 18 e 19, sia perché il venir meno dei requisiti da parte della BTD non poteva che comportare l’esclusione dell’ATI Collini alla quale la prima partecipava.
19. L’appello in esame deve nei sensi sopra descritti essere respinto e la sentenza del primo giudice merita parziale riforma in ordine alla mancata pronuncia sulle censure contenute nel ricorso proposto dall’odierna appellante n. 468/2015, che deve essere respinto.
20. Nella particolare complessità in fatto ed in diritto delle questioni trattate si ravvisano giusti motivi per compensare le spese dell’odierno giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto:
– in parziale riforma dell’impugnata sentenza rigetta il ricorso di primo grado n. 468/2015;
– conferma nel resto la sentenza impugnata;
– compensa le spese del doppio grado di giudizio.
Guida alla lettura
Nel primo motivo di ricorso, i Giudici della V Sezione affrontano il tema delle dichiarazioni ex art. 38 con riferimento ai professionisti esterni e, allineandosi alla giurisprudenza maggioritaria, ribadiscono come l'obbligo di dichiarazione ex art. 38, D.Lgs. n. 163 del 2006 grava anche sui professionisti esterni, atteso che la possibilità di indicazione del progettista non può incidere sulla necessità che sia garantita l'affidabilità e l'onorabilità nei riguardi di chi venga comunque in rapporto diretto con l'Amministrazione. Ciò in ragione del fatto che, se è vero che prima dell'indicazione, il progettista esterno non è concorrente né partecipa alla gara, diviene tale, nella sostanza, dopo l'individuazione ad opera della ditta che ha deciso di servirsene.
Con riferimento, invece, al secondo motivo di ricorso si ricorda come ai fini della partecipazione alle gare pubbliche, l’estinzione del reato (che consente di non dichiarare l’emanazione del relativo provvedimento di condanna) non è automatica per il mero decorso del tempo, ma deve essere formalizzata in una pronuncia espressa del Giudice dell’Esecuzione Penale, che è l’unico soggetto al quale l’ordinamento attribuisce il compito di verificare la sussistenza dei presupposti e delle condizioni per la relativa declaratoria.
Com’è noto, i soggetti di cui all’articolo 38, comma 1 lett. c) del D.Lgs. n. 163/2006 devono dichiarare tutte le condanne subite, incluse quelle per reati successivamente estinti a seguito del verificarsi delle condizioni previste dalla legge.
L’obbligo di informativa in favore della stazione appaltante viene meno, pertanto, solo qualora il Giudice dell’esecuzione abbia dichiarato l’estinzione del reato.
La pronuncia che accerta l’estinzione si configura, in altri termini, come condizione imprescindibile affinché il concorrente possa considerarsi sollevato dagli obblighi di informativa su di lui gravanti ai sensi del Codice dei contratti pubblici.
Solo attraverso l’intervento del Giudice dell’esecuzione, infatti, la causa estintiva – che, per ragioni di certezza giuridica e di rispetto del principio di buon andamento dell’azione amministrativa, non opera in modo automatico – si trasforma da mera situazione di fatto a condizione di diritto.
In altre parole, pur producendosi l'effetto estintivo ope legis, spetta al Giudice accertare e dichiarare l'estinzione del reato qualora sussistano i presupposti di legge, attivando, a tal fine, tutti gli accertamenti necessari. La ratio della elaborazione giurisprudenziale è chiara e condivisibile: l’effetto estintivo premia la mancata commissione di fatti illeciti in un determinato lasso di tempo; l’indagine sulla ricorrenza dei presupposti applicativi è spesso complessa e postula delicate valutazioni giudiziali; si vuole che il ricorrere del presupposto (cui la legge ricollega numerose conseguenze favorevoli) venga rigidamente vagliato in sede giudiziale.
Ci si trova in presenza di un accertamento costitutivo sulla fattispecie estintiva, necessario – in materia di appalti - a garantire certezza giuridica ai rapporti commerciali che le stazioni appaltanti intrattengono con gli operatori economici privati tutte le volte che debbono stipulare contratti.
L’art. 80 del nuovo Codice degli appalti e delle concessioni disciplina - in parziale difformità rispetto al previgente art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006 - l’incidenza dei precedenti penali riportati dall’operatore economico che partecipa alle pubbliche gare. L’art. 80, infatti, contiene un elenco dettagliato di reati rilevanti ai fini della partecipazione alle gare. È di tutta evidenza la profonda modifica apportata al procedimento per l’affidamento della gara rispetto a quanto previsto dalla disposizione di cui all’art. 38, comma 1, lettera c) del D.Lgs. n. 163/2006, che non elencava un’apposita lista di reati rilevanti ai fini dell’esclusione dalle gare, ma faceva riferimento all’ampia previsione dell’esistenza di “reati gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidono sulla moralità professionale”: tale locuzione, non delimitata dal legislatore da specifici parametri oggettivi, poneva in capo alle singole stazioni appaltanti l’onere di valutare l’incidenza delle condanne rispetto all’appalto da affidare, con esiti spesso radicalmente divergenti a seconda della diversa valutazione, compiuta da parte di amministrazioni diverse, in ordine alla medesima condanna penale. Il mezzo di verifica, invece, continua ad essere il certificato del casellario giudiziale.
Quanto, infine, alla ratio dell’escussione della cauzione, la giurisprudenza è conforme nel ritenere che nelle gare pubbliche di appalto l’incameramento della cauzione è una misura a carattere latamente sanzionatorio, che costituisce conseguenza ex lege dell’esclusione per riscontrato difetto dei requisiti da dichiarare ai sensi dell’art. 38 D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, senza che sia necessaria la prova di colpa nella formazione delle dichiarazioni presentate. Si tratta di una misura autonoma e ulteriore rispetto all’esclusione dalla gara ed alla segnalazione all’Autorità di vigilanza, che si riferisce, mediante l’anticipata liquidazione dei danni subiti dall’Amministrazione, a un distinto per quanto connesso rapporto giuridico fra quest’ultima e l’imprenditore.
Pertanto l’incameramento della cauzione provvisoria è una misura di carattere strettamente patrimoniale, senza un carattere sanzionatorio amministrativo nel senso proprio: non ha infatti né carattere reintegrativo o ripristinatorio di un ordine violato, né di punizione per un illecito amministrativo previsto a tutela di un interesse generale. Essa ha il suo titolo e la sua causa nella violazione di regole e doveri contrattuali già espressamente accettati negli stretti confronti dell’amministrazione appaltante. La lata funzione sanzionatoria che sopra si è detta, dunque, inerisce al solo rapporto che si è costituito inter partes con l’amministrazione appaltante per effetto della domanda di partecipazione alla gara: si riferisce perciò all’interesse pubblico della stazione appaltante e non all’interesse generale.
In altre parole, nelle gare pubbliche, una volta accertata la carenza in capo al concorrente dei prescritti requisiti di ordine oggettivo, l'incameramento della cauzione ne discende in via del tutto necessaria, senza che residuino in capo alla stazione appaltante margini di sorta per apprezzare in via gradualistica la gravità delle ragioni poste a fondamento della violazione.