T.A.R. Calabria, Catanzaro, 23 marzo 2017, n. 515
1. L’esercizio del potere di autotutela degli atti di gara è legittimo ove finalizzato ad evitare l’indebito esborso di denaro pubblico in favore dei privati e l’interesse pubblico deve considerarsi in re ipsa (1).
2. L’annullamento degli atti di gara se causato dalla contraddittorietà della lex specialis implica la violazione degli obblighi di cui all’art. 1337 c.c. con conseguente responsabilità precontrattuale della p.a. (2).
3. Il risarcimento del c.d. danno curriculare, attiene all’interesse positivo, vale a dire all’interesse all’esecuzione del contratto e, quindi, alle utilità e ai vantaggi derivanti dall’esecuzione (3).
(1) Conforme: Cons. Stato, sez. III, 22 dicembre 2014, n. 6314.
(2) Conforme: Cons. Stato, sez. IV, 15 settembre 2014, n. 4674.
(3) Conforme: Cons. Stato, sez. VI, 1 febbraio 2013, n. 633.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1196 del 2016, proposto da La Cascina Global Service S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., in proprio e quale mandataria del raggruppamento con Cardamone Group S.r.l., e da Cardamone Group S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentate e difese dall’avv. Michele Perrone ed elettivamente domiciliate in Catanzaro, via XX Settembre n. 63, presso lo studio dell’avv. Giuseppe Spadafora;
contro
- la Regione Calabria, Autorità Regionale Stazione Unica Appaltante, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Giuseppe Naimo, domiciliata in Catanzaro, Cittadella Regionale;
nei confronti di
- l’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. Angelo Gangi, domiciliata presso la Segreteria del Tribunale ai sensi dell’art. 25 c.p.a.;
- SIARC S.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in Catanzaro, Corso Mazzini n. 74, presso lo studio dell’avv. Francesco Izzo, che la rappresenta e difende;
per l’annullamento
del decreto del 29 agosto 2016 del dirigente generale della Stazione Unica Appaltante della Regione Calabria, concernente “Annullamento in autotutela del Decreto SUA n. 15575 del 15.11.2013 di indizione della gara per l’affidamento del servizio di ristorazione per le aziende sanitarie e ospedaliere della Regione Calabria, nonché del successivo Decreto SUA n. 10959 del 13.10.2015 di approvazione degli atti di gara e aggiudicazione definitiva del servizio, entrambi nella parte in cui si riferiscono al Lotto n. 4 denominato “Servizio di ristorazione degenti dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza”;
della nota prot. 219533 dell’8 luglio 2016 di comunicazione dell’avvio del procedimento volto all’annullamento della procedura di gara;
e per la condanna
dell’Amministrazione al risarcimento dei danni.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Calabria, di SIARC S.p.a. e dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del 22 febbraio 2017 il dott. Giovanni Iannini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
La Stazione Unica appaltante della Regione Calabria ha, a suo tempo, indetto una gara, suddivisa in sette lotti, per l’affidamento del servizio di ristorazione delle Aziende sanitarie e ospedaliere della Regione.
Il raggruppamento temporaneo di imprese (R.T.I.) La Cascina Global Service S.r.l. - Cardamone Group S.r.l. ha partecipato alla gara in relazione al lotto n. 4, riguardante l’Azienda sanitaria di Cosenza, avente un valore stimato di € 18.927.347,40, per la durata di 36 mesi.
Il R.T.I. menzionato, cui è stato attribuito il punteggio più alto a seguito dell’esame dell’offerte tecnica, è stata escluso dalla gara, in quanto avrebbe presentato un’offerta in aumento rispetto all’importo annuale dell’appalto.
È stata escluso, per ragione analoga, anche l’unico altro concorrente rimasto in gara (R.T.I. Innova S.p.a. - Ladisa S.p.a.). L’altro concorrente S.I.AR.C. S.r.l., infatti, era stato già escluso in precedenza.
La gara è stata, quindi, dichiarata deserta.
Con sentenza n. 1730 del 18 novembre 2015 il Tribunale amministrativo regionale della Calabria ha accolto il ricorso del R.T.I. La Cascina Global Service S.r.l. - Cardamone Group S.r.l., con conseguente annullamento dell’atto di esclusione.
La sentenza richiamata è stata confermata con sentenza n. 2497 del 10 giugno 2016 del Consiglio di Stato.
La Stazione Unica appaltante, con provvedimento del 29 agosto 2016, ha disposto l’annullamento del decreto n. 15575 del 15 novembre 2013 di indizione della gara e del decreto n. 10959 del 13.10.2015 di approvazione degli atti di gara e aggiudicazione definitiva del servizio, entrambi nella parte relativa al Lotto n. 4, concernente il servizio di ristorazione dell’Azienda sanitaria provinciale di Cosenza.
La Cascina Global Service S.r.l., in proprio e nella qualità di capogruppo mandataria del raggruppamento temporaneo menzionato e la Cardamone Group S.r.l. hanno impugnato tale provvedimento, deducendone l’illegittimità e chiedendone l’annullamento, oltre alla condanna dell’Amministrazione al risarcimento dei danni.
Le ricorrenti hanno dichiarato di impugnare, altresì, l’eventuale provvedimento di proroga del contratto in favore della società SIARC S.p.a., precedente affidataria.
Si è costituita la Regione Calabria, che ha dedotto l’infondatezza del gravame e ne ha chiesto il rigetto.
L’Azienda sanitaria provinciale di Cosenza si è costituita e ha chiesto che sia dichiarato il proprio difetto di legittimazione ovvero, in subordine, che sia rigettato il ricorso.
Si è costituita, infine, la SIARC S.p.a., precedente affidataria del servizio, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Con ordinanza n. 485 del 27 ottobre 2016 è stata respinta l’istanza cautelare proposta da parte ricorrente.
Le parti hanno prodotto memorie.
Alla pubblica udienza del 22 febbraio 2017 la causa è stata assegnata in decisione.
DIRITTO
1. Ai fini della comprensione delle ragioni alla base della controversia oggetto del presente giudizio, è necessario richiamare brevemente le vicende che hanno preceduto l’annullamento del provvedimento di indizione e di quello di approvazione degli atti per l’affidamento del lotto n. 4 della gara relativa al servizio di ristorazione delle Aziende sanitarie e ospedaliere della Calabria.
Il valore stimato dell’appalto per il lotto n. 4, riguardante l’Azienda ospedaliera di Cosenza, è di € 18.927.347,40.
Alla gara hanno partecipato tre concorrenti: R.T.I. La Cascina Global Service S.r.l. - Cardamone Group S.r.l., R.T.I. Innova S.p.a. - Ladisa S.p.a., SIARC S.p.a.
A seguito dell’esame delle offerte tecniche, la SIARC, precedente affidataria del servizio, è stata esclusa.
All’offerta tecnica del R.T.I. La Cascina Global Service sono stati attribuiti 60 punti.
All’offerta del R.T.I. Innova S.p.a. - Ladisa S.p.a. sono stati attributi 52,16 punti.
L’art. 5 del disciplinare ha previsto, per il lotto n. 4, che “la durata è di 36 mesi a decorrere dalla data di inizio effettivo del servizio oltre 12 mesi opzionali di eventuale rinnovo, ai sensi dell’art. 29 del d.lgs. 163/2006...”. Il capitolato speciale di appalto, all’art. 3, ha disposto che “il contratto avrà durata di 3 (tre) anni, decorrenti dalla sua sottoscrizione. L’Azienda si riserva la facoltà, qualora ne ravvisi l’opportunità, di chiedere all’aggiudicatario la prosecuzione del servizio per i tempi necessari all’indizione ed all’aggiudicazione di una nuova procedura di gara, e comunque non oltre un anno dalla data di scadenza del contratto”.
Il R.T.I. odierno ricorrente, ritenendo che si dovesse fare riferimento a una durata dell’appalto di tre anni, ha comunicato la propria offerta economica di € 4.885.136,10 euro annui, corrispondente ad una percentuale di ribasso pari al 22,23%, rispetto al valore stimato annuo dell’appalto, che ha creduto essere pari ad € 6.309.115,80 annui (18.927.347,40 euro : 3 = 6.309.115,80).
A seguito dell’apertura delle offerte economiche l’odierno ricorrente R.T.I. La Cascina Global Service S.r.l. - Cardamone Group S.r.l. è stata escluso dalla gara per l’affidamento del lotto n. 4, in quanto la stazione appaltante ha ritenuto che l’indicazione del valore stimato di € 18.927.347,40 euro, IVA esclusa, fosse riferito a 48 mesi di servizio e non a 36. In tal modo l’importo annuale a base d’asta diventa pari a € 4.731.836,85 annui (18.927.347,40:4 = 4.731.836,85). L’offerta del R.T.I. La Cascina Global Service di € 4.885.136,10 annui è stata considerata, pertanto, in aumento rispetto all’indicato importo di € 4.731.836,85 annui.
Analoga sorte è toccata all’altro raggruppamento di imprese rimasto in gara (Innova S.p.a. - Ladisa S.p.a.).
La gara, pertanto, è stata dichiarata deserta.
Avverso il provvedimento di esclusione ha proposto ricorso il raggruppamento La Cascina Global Service.
L’altro concorrente rimasto in gara, Innova S.p.a. - Ladisa S.p.a., non ha proposto impugnazione.
Con la sentenza n. 1730/2015 la Seconda Sezione di questo Tribunale, nel rilevare l’illegittimità del provvedimento di esclusione del raggruppamento La Cascina Global Service, ha affermato che “...il bando fissa, per un verso, in 18.927.347,40 euro il valore stimato dell’appalto, IVA esclusa e, per altro verso, la durata dell’appalto in 36 mesi a decorrere dall’aggiudicazione, ponendo tali due termini in diretta correlazione tra loro.
Dunque, dalla piana lettura del bando, si ricava che l’importo annuale a base d’asta è pari a 6.309.115,80 euro.
Per altro, l’illegittimità dell’operato della P.A. non muterebbe, ove anche si ritenesse l’esistenza di una reciproca integrazione tra bando, capitolato e disciplinare.
In tale ipotesi, infatti, è evidente come l’esatta determinazione dell’importo annuale a base d’asta risulti, alla luce di tali fonti, se non contraddittoria, quanto meno ambigua ed equivoca e, di conseguenza, tale da indurre in errore il concorrente nella formulazione dell’offerta”.
Si è osservato nella sentenza che le criticità connesse alla copertura finanziaria di un affidamento programmato per quattro anni e non per tre avrebbero dovuto essere risolte, non con l’esclusione dalla gara, ma con l’annullamento parziale e la riformulazione del bando.
Da qui l’accoglimento del ricorso e l’annullamento dell’atto di esclusione.
Il Consiglio di Stato, con la sentenza del 10 giugno 2016 n. 2497 ha rigettato l’appello proposto dalla Regione Calabria e confermato la sentenza impugnata, rilevando che “...gli atti della gara in questione – pur non essendo stati redatti in modo chiaro – vanno complessivamente interpretati nel loro senso letterale, attribuendo rilievo decisivo al fatto che il bando ha fissato il termine di «durata del contratto» in 36 mesi, pur se con la «possibilità» della proroga per un anno.
Le partecipanti alla gara non avevano alcun onere di effettuare calcoli aritmetici per accertare se da altre previsioni del bando si sarebbe dovuta desumere una durata invece quadriennale del contratto: poiché grava sulla stazione appaltante il clare loqui, risulta del tutto ragionevole l’interpretazione del bando sulla durata triennale del contratto, rispetto alla quale l’Amministrazione avrebbe dovuto effettuare tutte le proprie valutazioni”. Ha specificato, inoltre, che “Quanto alla non convenienza dell’offerta, in quanto superiore al prezzo pubblicato sull’Osservatorio, va rilevato che la non sostenibilità dell’impegno economico non poteva giustificare l’esclusione dalla gara della concorrente, potendo invece consentire l’adozione di altro genere di rimedi, quale, ad esempio, la revoca della gara (ovvero il suo annullamento, nel caso di rilevazione di un errore materiale in cui sia incorsa l’autorità nella predisposizione degli atti precedenti di indizione della gara)”.
2. Come detto in precedenza, a seguito della pronunce giurisdizionali sopra indicate, la Stazione Unica appaltante ha disposto l’annullamento del provvedimento di indizione e di quello di approvazione degli atti per l’affidamento del lotto n. 4 della gara relativa al servizio di ristorazione delle Aziende sanitarie e ospedaliere della Calabria.
In particolare, la Stazione Unica ha specificato:
“Considerato che alla luce delle predette decisioni la SUA non può che prendere atto della rilevata ed accertata - in due gradi di giudizio - contraddittorietà tra gli atti costituenti l’insieme della lex specialis - vale a dire bando, disciplinare e capitolato — che hanno determinato indicazioni non chiare né univoche per i partecipanti in relazione al solo Lotto n° 4 denominato “Servizio di ristorazione degenti dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza”; la cui ambiguità, consistente nell’erronea formulazione delle prescrizioni in ordine alla durata dell’appalto, ha indotto, secondo quanto statuito dai giudici, i. concorrenti ad una situazione d’incertezza nella formulazione dell’offerta economica.
Ritenuto pertanto doveroso provvedere, per quanto sopra espresso, dando seguito a quanto sancito dai giudici nelle citate sentenze “nel caso di rilevazione di un errore materiale in cui sia incorsa l’autorità nella predisposizione degli arti precedenti di indiziane della gara”, e ravvisandone l’interesse pubblico, all’annullamento, esclusivamente nella parte in cui si riferiscono al Lotto n° 4 denominato “Servizio di ristorazione degenti dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza”, dei seguenti atti:
- Decreto SUA n° 15575 del 1511.2013, con cui è stata indetta la “gara per l’affidamento del Servizio dì Ristorazione alle Aziende Sanitarie ed Ospedaliere della Regione Calabria mediante procedura aperta ex art. 3, comma 37 e art 55, comma 5, del decreto legislativo n. 163 del 2006 con aggiudicazione all’offerta economicamente più vantaggiosa”;
- Decreto SUA n° 10959 del 13.10.2015, con cui sono stati approvati i verbali di gara e l’aggiudicazione provvisoria per l’affidamento del servizio con conseguente dichiarazione di lotto deserto “per mancanza di offerte congrue”;
fondando detta potestà di annullamento in autotutela sul principio costituzionale di buon andamento che, com’è noto, impegna la pubblica amministrazione ed adottare atti il più possibile rispondenti ai fini da conseguire nonché risultando in re ipsa l’interesse pubblico all’annullamento di un’aggiudicazione inficiata da errori materiali(cfr. ex multis, TAR Calabria Catanzaro n° 1293 del 13.7.2007), ciò potendo impedire tra l’altro sia esborso di denaro pubblico in violazione di norme anche procedimentali e di evidenza pubblica, sia la violazione dei principi di legalità, imparzialità e buon andamento, cui deve essere improntata l’attività dell’Amministrazione ai sensi dell’art. 97 Cost.”
3. Prima di passare all’esame del merito, occorre rilevare la fondatezza dell’eccezione di difetto di legittimazione avanzata dall’Azienda sanitaria provinciale di Cosenza.
Il Consiglio di Stato, con la menzionata sentenza 10 giugno 2016 n. 2497, ha affermato, con riferimento proprio alle parti oggi coinvolte nella causa, che alla stregua delle previsioni della l.r. Calabria n. 26 del 7 dicembre 2007, recante l’istituzione dell’Autorità regionale denominata “Stazione Unica Appaltante”, e dell’art. 2 del Regolamento di organizzazione della stessa SUA, la Stazione Unica appaltante è il soggetto aggregatore che si occupa dell’intero procedimento ad evidenza pubblica, dalla predisposizione degli atti di gara, fino all’aggiudicazione definitiva, con la sola esclusione della stipulazione del contratto, che deve essere effettuata dall’azienda sanitaria.
Da ciò ha desunto che unico soggetto legittimato passivo è la SUA.
4. Con un unico articolato motivo parte ricorrente ha dedotto la nullità del provvedimento per violazione o elusione del giudicato, violazione degli artt. 21 octies e 21 nonies della legge n. 241/1990; eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche e in particolare per illogicità, irragionevolezza, contraddittorietà.
Non sarebbe condivisibile il passaggio motivazionale del provvedimento con il quale viene addotto quale fondamento della statuizione di annullamento la contraddittorietà tra atti, che avrebbe provocato tra i concorrenti una situazione di incertezza. La regola secondo cui, in caso di contraddizioni tra atti, deve essere data prevalenza al bando consentirebbe di superare la rilevata situazione di incertezza. Sarebbe spettato, pertanto, al concorrente diligente applicare la regola della prevalenza del bando.
Fare della contraddittorietà un motivo di annullamento costituirebbe violazione del principio di buon andamento.
Solo un concorrente - RTI Innova Ladisa - avrebbe interpretato erroneamente gli atti, mentre gli altri avrebbero fornito un’interpretazione uniforme.
La medesima situazione, pur considerata legittima dal giudice amministrativo, sarebbe stata posta a fondamento del provvedimento di annullamento.
L’interesse pubblico all’annullamento della procedura sarebbe stato ricondotto, oltre che a generici principi costituzionali, agli errori materiali che la inficerebbero, causando un esborso di denaro pubblico.
Tuttavia, il mero errore materiale, in considerazione del principio della prevalenza del bando, non potrebbe essere assunto a fondamento del provvedimento di autotutela.
L’interesse pubblico alla base del provvedimento sarebbe stato dimostrato mediante un generico rinvio ai principi dell’ordinamento.
In realtà, il provvedimento non terrebbe conto degli interessi del raggruppamento ricorrente, la cui posizione di aggiudicataria si sarebbe ormai consolidata anche a causa del lungo tempo trascorso tra l’indizione della gara e l’annullamento in autotutela degli atti della stessa.
Il provvedimento, infine, trascurerebbe le conseguenze negative dell’annullamento, costituite dalla riedizione della gara e dalla necessità di un’ulteriore proroga in favore del precedente aggiudicatario, SIARC S.p.a.
4. Le censure sinteticamente richiamate non sono fondate.
4.1 Non sussiste, innanzi tutto, alcuna violazione del giudicato.
Le sentenze intervenute in relazione alla vicenda, pronunciate in primo grado e in appello, si sono occupate unicamente dell’aspetto relativo alla legittimità dell’esclusione, per la situazione di incertezza che ha indotto in errore i concorrenti. Entrambe le sentenze, però, hanno fatto espresso riferimento alla possibilità di adozione di un atto di autotutela. Nella sentenza di appello, in particolare, si è fatto riferimento alla revoca o all’annullamento quale rimedio idoneo ad ovviare alla non sostenibilità dell’impegno economico. Nella sentenza di primo grado sono stati fatti salvi i successivi provvedimenti dell’amministrazione.
4.2 Quanto agli altri profili evocati dalle ricorrenti, nelle sentenze sopra richiamate si è fatta applicazione del principio secondo cui le conseguenze della presenza di clausole contraddittorie nella lex specialis non possono ricadere sul concorrente che, in modo incolpevole, abbia fatto affidamento su di esse.
Nella sentenza del Consiglio di Stato si specifica che deve essere attribuito rilievo decisivo alle previsioni del bando, che ha fissato il termine di durata del contratto in 36 mesi.
È stato, quindi, richiamato il principio cui fa riferimento parte ricorrente, per il quale, in caso di contrasto tra le previsioni del disciplinare o del capitolato e quelle del bando, deve essere attribuita prevalenza a quest’ultimo.
Questo principio, tuttavia, ha assunto rilievo ai fini dell’accertamento del carattere illegittimo dell’esclusione dei concorrenti, non certo della legittimità di un atto che, proprio in considerazione della necessità di applicare il principio stesso e delle conseguenze che ciò comporterebbe, ha provveduto ad annullare in autotutela gli atti di gara.
Si è già detto che nella pronuncia del Consiglio di Stato si specifica che alla rilevata non sostenibilità dell’impegno economico in un arco di tempo più breve rispetto a quello preventivato, tre anni anziché quattro, si può porre rimedio attraverso la revoca della gara ovvero l’annullamento di essa, laddove siano rilevati errori materiali in cui l’autorità sia incorsa nella predisposizione degli atti precedenti all’indizione.
Ed è questo l’aspetto di per sé sufficiente a giustificare l’esercizio del potere di autotutela, dovendosi evitare l’esborso nel periodo di tre anni di una somma che avrebbe dovuto coprire un arco temporale di quattro anni.
È noto che la giurisprudenza ha costantemente affermato che deve considerarsi in re ipsa l’interesse pubblico ad evitare l’indebito esborso di denari pubblico in favore dei privati.
Tale aspetto risulta espressamente richiamato nel provvedimento laddove si afferma che occorre evitare l’esborso di denaro pubblico in violazione di norme procedimentali e di evidenza pubblica.
È vero che l’Amministrazione si è dilungata su aspetti ormai assodati, quali la contraddittorietà delle previsioni della lex specialis, ma è chiaro non sono essi che giustificano l’adozione dell’atto di autotutela, quanto piuttosto l’esigenza di evitare che l’aggiudicazione e la successiva stipulazione del contratto conducano all’esborso ingiustificato di risorse pubbliche.
Parte ricorrente rileva che non sarebbe stato preso in considerazione l’affidamento in essa ingenerato e consolidatosi per effetto del tempo trascorso.
Al riguardo va rilevata, innanzi tutto, l’assoluta prevalenza dell’interesse pubblico tutelato rispetto a quello del privato.
Al riguardo, peraltro, va tenuto anche conto del fatto che la circostanza che il raggruppamento ricorrente sia rimasto unico concorrente in gara non importa che esso debba essere considerato alla stregua di un aggiudicatario.
Quanto al tempo trascorso tra l’indizione della gara e l’adozione del provvedimento di autotutela, è chiaro che il raggruppamento odierno ricorrente non può invocare tale elemento per dimostrare che la propria situazione si è consolidata. Il tempo passato dall’indizione della gara attiene unicamente alla durata del procedimento e non implica il consolidamento di una posizione di vantaggio che parte ricorrente non ha acquisito, non avendo conseguito l’aggiudicazione.
Ne consegue l’infondatezza dei motivi di gravame.
5. In via subordinata, parte ricorrente ha chiesto che le venga riconosciuto il diritto di percepire l’indennità di cui all’art. 21 quinquies della legge n. 241/1990.
Si tratta di pretesa infondata, giacché è stato disposto l’annullamento degli atti e non la revoca di essi, per cui non può trovare applicazione l’invocata norma dell’art. 21 quinquies della legge n. 241/1990.
6. Sempre in via subordinata, in relazione all’ipotesi in cui non sia disposto l’annullamento del provvedimento impugnato, parte ricorrente ha chiesto la condanna dell’Amministrazione regionale al risarcimento dei danni a titolo di responsabilità precontrattuale per violazione degli obblighi di buona fede incombenti sulle parti nel corso delle trattative.
Essa ha chiesto che il risarcimento dei danni avvenga nei limiti dell’interesse negativo, che comprenderebbe, oltre alla spese sostenute in previsione della conclusione del contratto, le perdite sofferte per non avere usufruito di ulteriori occasioni contrattuali e il danno curriculare.
Osserva il Collegio che appare condivisibile la tesi di parte ricorrente che inquadra la fattispecie nell’alveo della responsabilità precontrattuale. Il lamentato pregiudizio, infatti, appare connesso, più che al provvedimento di annullamento degli atti della gara, al fatto che la gara stessa non sia stata portata alla sua naturale conclusione, con un provvedimento di aggiudicazione e, quindi, con la stipulazione del contratto.
Ciò premesso, si rileva che l’art. 1337 c.c. impone alle parti, nello svolgimento delle trattative, di comportarsi secondo buona fede.
Buona fede, ovviamente, è intesa quale regola di condotta e, quindi, in senso oggettivo, la cui rilevanza è stata sottolineata dalla giurisprudenza più recente che ha evidenziato che l’elemento qualificante della responsabilità precontrattuale non è la colpa, “...bensì la violazione della buona fede che, sulla base dell’affidamento, fa sorgere obblighi di protezione reciproca fra le parti” (Cass. civ., sez. I, 12 luglio 2016 n. 14188).
L’orientamento ora richiamato, inseritosi nel solco della concezione che riconduce la responsabilità in questione alla responsabilità contrattuale, in virtù del contatto sociale qualificato che determina l’insorgenza di specifici obblighi di buona fede, protezione e informazione, esclude la rilevanza della colpa del danneggiante e attribuisce esclusivo rilievo all’aspetto oggettivo costituito dalla violazione degli obblighi ora richiamati.
Senza dilungarsi oltre su questi aspetti, ormai noti perché oggetto di vasti approfondimenti dottrinali e giurisprudenziali, v’è da dire che, nel caso di specie, l’atto di autotutela che ha determinato l’annullamento dell’intero procedimento è stato causato dalla rilevata contraddittorietà delle previsioni della lex specialis predisposta dalla stazione appaltante. Tale circostanza implica di per sé la violazione degli obblighi nei confronti dei soggetti che, nel quadro del procedimento amministrativo, abbiano fatto affidamento sulla correttezza, buona fede e professionalità dell’amministrazione che ha indetto la procedura concorsuale.
Sulla base di ciò deve, pertanto, affermarsi la responsabilità dell’Amministrazione regionale per i danni subiti dal R.T.I. odierno ricorrente, nei limiti, come rilevato nello stesso ricorso, dell’interesse negativo.
A tale proposito, spetta, innanzi tutto, il ristoro del pregiudizio economico correlato alle spese sostenute per la partecipazione alla gara, nei limiti in cui verrà dimostrato dal R.T.I. che le spese sono state realmente effettuate, non essendo al riguardo sufficiente l’esibizione di fatture, che non dimostrano l’avvenuto pagamento. Tra tali spese va ricompreso il pregiudizio connesso alla retribuzione del personale dipendente e le spese generali per il funzionamento della struttura aziendale. Tali spese sarebbero state ugualmente sostenute, ma il danno deriva dal fatto che le società hanno destinato una parte delle loro risorse umane e materiali alla partecipazione alla gara, rinunciando al loro utilizzo in altre attività (così, Cons. Stato, sez. VI, 1 febbraio 2013 n. 633). Non è possibile quantificare con precisione l’ammontare di tale danno, per cui esso può essere determinato in via equitativa nella misura del 25% dell’importo relativo alle spese sostenute per i c.d. costi vivi affrontati per la predisposizione dell’offerta e la partecipazione alla gara (criterio utilizzato in Cons. Stato, sez. VI, 1 febbraio 2013 n. 633, cit.).
Parte ricorrente ha chiesto anche che sia riconosciuto il danno connesso al fatto di non avere usufruito di ulteriori occasioni contrattuali. Essa, tuttavia, non ha curato di fornire la benché minima prova al riguardo, perlomeno mediante indicazione delle occasioni perse a causa della partecipazione alla gara considerata in questa sede.
Non può essere riconosciuto, benché richiesto, il risarcimento del c.d. danno curriculare, atteso che, secondo l’orientamento prevalente, esso attiene all’interesse positivo, vale a dire all’interesse all’esecuzione del contratto e, quindi, alle utilità e ai vantaggi che sarebbero derivati dall’esecuzione (per tutte, Cons. Stato, sez. VI, 1 febbraio 2013 n. 633, cit.).
Con riferimento ai pregiudizi in relazione ai quali è stato riconosciuto ristoro, il Collegio ritiene di avvalersi del disposto dell’art. 34, comma 4, c.p.a. e di assegnare alle parti il termine di giorni 120 entro il quale la Regione Calabria dovrà proporre alle ricorrenti il pagamento di una somma, determinata sulla base della documentazione probatoria esibita dalle stesse.
7. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato nella parte in cui è richiesto l’annullamento degli atti impugnati e accolto, nei limiti di cui al precedente paragrafo, nella parte in cui è chiesto il risarcimento dei danni.
Deve, inoltre, essere dichiarato il difetto di legittimazione dell’Azienda sanitaria provinciale di Cosenza.
Le spese del giudizio, in considerazione della reciproca soccombenza, devono essere integralmente compensate fra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Prima)
- dichiara il difetto di legittimazione dell’Azienda sanitaria provinciale di Cosenza;
- rigetta il ricorso nella parte in cui è richiesto l’annullamento degli atti impugnati e lo accoglie, nei limiti di cui in motivazione, nella parte in cui è chiesto il risarcimento dei danni, da liquidare secondo i criteri indicati nella parte motiva.
Compensa le spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del 22 febbraio 2017 con l’intervento dei magistrati:
Vincenzo Salamone, Presidente
Giovanni Iannini, Consigliere, Estensore
Germana Lo Sapio, Referendario
Guida alla lettura
Il T.A.R. Calabria, con l’articolata pronuncia in commento, esamina approfonditamente talune questioni particolarmente interessanti riguardanti l’esercizio del potere di autotutela ed i presupposti della responsabilità precontrattuale.
L’oggetto del contendere è rappresentato dalla procedura di gara per l’affidamento del servizio di gestione della ristorazione delle Aziende sanitarie e degli Ospedali della Regione Calabria.
Uno dei partecipanti alla procedura di gara veniva escluso. Impugnava l’esclusione ottenendo l’accoglimento delle proprie ragioni dinnanzi al TAR (sent. 1730/2015) e al Consiglio di Stato (sent. n. 2497/2016). A seguito di tali provvedimenti la stazione appaltante annullava l’intera procedura di gara, compresa l’intervenuta aggiudicazione rilevando palesi contraddittorietà nella lex specialis che potevano determinare l’indebito esborso di denaro pubblico.
Avverso tali atti la società presentava ricorso contestando l’esercizio del potere di autotutela e chiedendo l’indennizzo ex art. 21 L. 241/90 e la condanna al risarcimento dei danni subiti.
Il Tar dichiarava la legittimità degli atti di autotutela ritenendo sussistenti i presupposti di legge. In particolare riteneva l’interesse pubblico in re ipsa essendo stata rappresentata la necessità di evitare l’indebito esborso di denaro pubblico. Tale aspetto risultava espressamente richiamato nel provvedimento laddove si afferma che occorre evitare l’esborso di denaro pubblico nel periodo di tre anni di una somma che avrebbe dovuto coprire un arco temporale di quattro anni.
Il Tar rigetta, poi, la domanda volta al riconoscimento dell’indennizzo osservando che si tratta di pretesa infondata, giacché è stato disposto l’annullamento degli atti e non la revoca di essi, per cui non può trovare applicazione l’invocata norma dell’art. 21 quinquies della legge n. 241/1990.
I giudici calabresi valutano infine la pretesa volta ad ottenere la condanna dell’Amministrazione regionale al risarcimento dei danni a titolo di responsabilità precontrattuale per violazione degli obblighi di buona fede incombenti sulle parti nel corso delle trattative.
A tal proposito il Tar accoglie la domanda limitando la responsabilità nei limiti dell’interesse negativo, correlato alle spese sostenute per la partecipazione alla gara, ricomprendendo il pregiudizio connesso alla retribuzione del personale dipendente e le spese generali per il funzionamento della struttura aziendale. Tuttavia il Tar non riconosce il danno curriculare atteso che, esso attiene all’interesse positivo, vale a dire all’interesse all’esecuzione del contratto e, quindi, alle utilità e ai vantaggi che sarebbero derivati dall’esecuzione.
In definitiva il Tar conferma la legittimità degli atti gravati accogliendo la domanda risarcitoria nei limiti suindicati.