Cons. Stato, Sez. V, 27 marzo 2017, n. 1373
La mancata dichiarazione di assenza di pregiudizi penali in capo all’impresa cedente comporta senz’altro l'esclusione dalla gara della cessionaria solo se ciò è espressamente previsto dalla lex specialis.
L’art. 85, lett. c), D.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della l. 13 agosto 2010 n. 136) prevede che la documentazione antimafia per le società di capitali riguardi il socio di maggioranza in caso di società con un numero di soci pari o inferiore a quattro, ovvero il socio (unico) in caso di società con socio unico.
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3344 del 2016, proposto da:
Schneider Electric France ("Schneider") in proprio e quale mandataria della costituenda a.t.i., con Sirti s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati Cristina Martorana, Riccardo Troiano, con domicilio eletto presso Riccardo Troiano in Roma, piazza della Croce Rossa, 2;
contro
Consorzio Venezia Nuova, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Gustavo Visentini, Alfonso Maria Papa Malatesta, con domicilio eletto presso Alfonso Papa Malatesta in Roma, piazza Barberini, 12;
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Provveditorato interregionale OO. PP. Veneto. Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
Abb s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Aldo Travi e Fabio Lorenzoni, con domicilio eletto presso Fabio Lorenzoni in Roma, via del Viminale, 43;
Comes s.p.a. non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Veneto, Sez. I n. 27/2016, resa tra le parti, concernente l’affidamento, la fornitura e l’installazione del sistema di controllo e del sistema antintrusione delle bocche di Lido, Malamocco e Chioggia – risarcimento dei danni;
FATTO e DIRITTO
Con bando di gara pubblicato sulla Gazzetta ufficiale dell'Unione europea il 5 aprile 2014, il Consorzio Venezia Nuova (di seguito: Consorzio) aveva indetto una procedura aperta, con il metodo dell’offerta economicamente più vantaggiosa, per l’affidamento dell’appalto misto per la fornitura e installazione del sistema di controllo e del sistema antintrusione delle bocche di Lido, Malamocco e Chioggia, con contestuale opzione per la fornitura ed installazione del sistema di controllo e supervisione presso l’Arsenale di Venezia.
All’esito della procedura di gara, con atto del 4 maggio 2015 era stata disposta l’aggiudicazione definitiva in favore dell’ATI tra ABB s.p.b. (di seguito solo ABB) e Comes s.p.a..
Schneider Electric France (di seguito: Schneider), che pure aveva presentato offerta, impugnava dinanzi al Tribunale amministrativo del Veneto l’aggiudicazione definitiva dell’appalto, unitamente agli ulteriori atti in epigrafe meglio indicati, deducendo i seguenti vizi: in via principale “1. Violazione e falsa applicazione dell’art. 2 d.lgs. 163 del 2006 e dei principi ivi sottesi relativi alla par condicio, alla trasparenza e al buon andamento nelle procedure ad evidenza pubblica – Falsa applicazione dell’art. 70, comma 10, d.lgs. 163 del 2006 – Violazione dell’art. 6 del disciplinare di gara – Eccesso di potere per difetto di motivazione, irragionevolezza, nonché contraddittorietà tra atti; 2. Violazione e falsa applicazione dell’art. 38 d.lgs. 163 del 2006 – Violazione e falsa applicazione dell’art. 8 del disciplinare di gara, nonché dei chiarimenti resi dalla Stazione appaltante e segnatamente della Risposta al quesito n. 15; 3.Violazione e falsa applicazione degli artt. 42 e 48 d.lgs. 163 del 2006 – Violazione dell’art. 5.3 del disciplinare di gara, con riferimento alla insussistenza dei requisiti di capacità tecnica”; in via subordinata “4. Violazione e falsa applicazione dell’art. 48 d. lgs. 163 del 2006, nonché dei principi di trasparenza, pubblicità e buon andamento sottesi all’espletamento delle procedure ad evidenza pubblica – Violazione dell’art. 97 Cost. – Eccesso di potere per travisamento dei presupposti di legge, per difetto di istruttoria, nonché per carenza e incongruità della motivazione”.
La ricorrente chiedeva inoltre la dichiarazione di inefficacia del contratto ed il subentro nell’aggiudicazione del contratto, ovvero il risarcimento per equivalente.
Con successivo ricorso “a integrazione dei motivi proposti con l’atto introduttivo, a valere anche come motivi aggiunti”, depositato il 19 giugno 2015, la ricorrente integrava le censure e formulava i seguenti ulteriori motivi di ricorso: in via principale “1. Violazione e falsa applicazione dell’art. 8, pt. 9, del disciplinare di gara – Violazione e falsa applicazione dell’art. 85 d.lgs. 159 del 2011 – Eccesso di potere per difetto istruttorio e travisamento dei presupposti di fatto e di diritto; 2. Violazione dell’art. 46, comma 1 bis, d.lgs. 163 del 2006, nonché della lex specialis, in relazione alla indeterminatezza sull’oggetto della fornitura offerta; 3. Violazione dell’art. 68 d.lgs. 163 del 2006 – Violazione della lex specialis e segnatamente delle specifiche tecniche – Eccesso di potere per difetto di istruttoria; 4. Violazione e falsa applicazione dell’art. 83 d.lgs. 163 del 2006 – Violazione e falsa applicazione della lex specialis, con riferimento alla valutazione delle offerte tecniche – Eccesso di potere per difetto di istruttoria ed errore manifesto”; in via subordinata “5. Violazione dell’art. 2 d.lgs. 163 del 2006, nonché dei principi di trasparenza e pubblicità – Violazione dell’art. 97 Cost. – Eccesso di potere per manifesta illogicità e difetto di istruttoria; 6. Incompetenza relativa. – Violazione del provvedimento di nomina della commissione di cui al provvedimento 8 settembre 2014, prot. n. 382/GAB. – Eccesso di potere per contraddittorietà tra atti; 7. Illegittima nomina della commissione giudicatrice sotto plurimi profili. – Violazione e falsa applicazione dell’art. 84 d.lgs. 163 del 2006, nonché dei principi di trasparenza, pubblicità e buon andamento sottesi all’espletamento delle procedura ad evidenza pubblica – Violazione dell’art. 97 Cost. – Eccesso di potere per travisamento dei presupposti di legge, per difetto di istruttoria, nonché per carenza e incongruità della motivazione”.
Si costituiva in giudizio ABB, chiedendo il rigetto del ricorso e proponendo ricorso incidentale escludente, censurando sotto molteplici profili gli atti della procedura di gara con i quali l’offerta presentata dalla ricorrente principale era stata ammessa alla gara e inserita in graduatoria.
Anche il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti si costituiva in giudizio, eccependo la nullità del ricorso per violazione dell’art. 40 [Contenuto del ricorso] Cod. proc. amm., il difetto di legittimazione passiva del Ministero e comunque l’infondatezza nel merito del ricorso.
Infine, anche il Consorzio Venezia Nuova si costituiva in giudizio, eccependo in via preliminare il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e l’inammissibilità dei motivi di ricorso sub 1-3 del ricorso introduttivo e sub 1-4 dell’atto per motivi aggiunti per carenza di interesse e chiedendo, nel merito, il rigetto del ricorso per infondatezza.
In udienza di discussione ABB rinunciava al ricorso incidentale.
Con sentenza 19 gennaio 2016, n. 2, il Tribunale amministrativo affrontava dapprima le eccezioni di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, di nullità del ricorso e di inammissibilità per carenza di interesse formulate, rispettivamente, dalla difesa erariale e dal Consorzio, affermandone l’infondatezza e nel merito respingeva il ricorso.
In primo luogo, quanto al primo motivo inerente la censura per difetto di motivazione delle proroghe del termine di presentazione delle offerte emesse il 22 ed il 31 luglio 2015, proroghe che avevano permesso alla ABB S.p.A. di presentare la propria offerta, la sentenza osservava che il termine di presentazione suddetto era stato oggetto di quattro proroghe, delle quali le prime due aveva usufruito la stessa ricorrente, mentre la terza utile alla ABB s.p.a. era stata concessa allorché il termine non era ancora scaduto e trovava la sua giustificazione nella circostanza che la stazione appaltante aveva provveduto a pubblicare sul proprio sito una risposta ad un quesito pervenuto l’11 luglio 2014 (quesito n. 21), solo in data 18 luglio 2014, cioè appena 4 giorni prima della scadenza o del termine di presentazione dell’offerta fissato al 22 luglio 2014; e tale proroga era connessa alla messa a disposizione di tutti i concorrenti delle risposte ai quesiti ed alla possibilità di presentare una nuova e diversa offerta. Anche la quarta e successiva proroga era difesa da richieste di concorrenti in ordine alle condizioni di sicurezza dell’appalto e dunque la proroga trova luogo la possibilità di effettuare nuovi sopralluoghi e depositare integrazioni alla domanda di partecipazione.
Quanto alla mancata esclusione alla mancata esclusione di ABB s.p.a. per violazione dell’art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006 e del disciplinare di gara – secondo motivo - per la mancata dichiarazione ex art. 38 da parte dei due direttori tecnici Andrea Menti e Enzo Rizzi, costoro risultavano dimissionari dalla carica di direttore tecnico fin dal 30 marzo 2009, circostanza confermata altresì dall’attestazione SOA di ABB di data 1 dicembre 2009, e quanto all’incompletezza in relazione alle lettere b) ed m-ter),comma 1, dell’art. 38) della dichiarazione resa dal legale rappresentante dell’offerente con riferimento agli amministratori cessati dalla carica, la mancanza della dichiarazione da parte di direttori tecnici, di amministratori e di un responsabile tecnico (Gianmario Cravanzola, Vittorio Giuffra, Franco Colombo –direttori tecnici, Paolo Pescali –direttore generale e Ugo Botti – responsabile tecnico) cessati dalla carica entro l’anno precedente alla pubblicazione del bando, l’incompletezza della dichiarazione resa dal legale rappresentante dell’offerente con riferimento agli amministratori di Thomas & Bettis Italy Sales s.r.l., cessionaria d’azienda in favore di ABB s.p.a., si osservava da parte del Tribunale amministrativo che dalla documentazione prodotta da ABB, in parte non comparivano nell’elenco dei direttori tecnici i nominativi espressi, e quanto alla dichiarazione relativa alla insussistenza delle cause di esclusione per gli amministratori cessati dalla carica nell’anno antecedente la data di pubblicazione del bando, essa è richiesta dall’art. 38 solo con riferimento alle ipotesi di cui al comma 1, lett. c), con la conseguenza che l’estensione della suddetta dichiarazione anche alle ipotesi di cui alle lettere b) ed m-ter), espressamente richiesta dall’art. 8 del disciplinare di gara, doveva ritenersi nulla per violazione dell’art. 46, comma 1-bis del Codice dei contratti pubblici, con il principio della tassatività delle cause di esclusione. Le dichiarazioni rese da ABB in relazione agli amministratori cessati erano quindi da ritenersi conformi al dettato normativo e nessuna esclusione poteva essere disposta dalla stazione appaltante sotto questo profilo.
Circa i direttori tecnici Gianmario Cravanzola, Franco Colombo e Vittorio Giuffra, dal ricordato verbale della deliberazione del consiglio di amministrazione di ABB del 30 marzo 2009, emergeva che i primi due, a quella data, risultavano dimissionari dalla carica di direttore tecnico, mentre il terzo risultava aver rassegnato le dimissioni dalla stessa società. Quanto al sig. Botti, in ogni caso collocato a riposo dal 30 giugno 2006, la carica di responsabile tecnico, ricoperta dal medesimo, non imponeva gli obblighi dichiarativi dell’art. 38 del Codice dei contratti pubblici, visto il ruolo di tali obblighi da connettersi alle qualifiche formali apicali secondo una pacifica giurisprudenza. Analogo il caso del sig. Paolo Pescali, direttore generale, figura per la quale l’art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006 non prevede obblighi di dichiarazione, non equiparabile nella fattispecie all’amministratore. Le sue limitate competenze fino al 29 marzo 2013 di gestione ed amministrazione dell’unità aziendale “Low Voltage Products Division” denominata anche “ABB Sace Division”, cui il medesimo era preposto, e solo in relazione a questa unità era stata conferita la legale rappresentanza, erano di carattere talmente settoriale che non poteva ricomprendersi tra gli obbligati a rendere la dichiarazione ex art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006.
In sintesi, concludeva il Tribunale amministrativo, gli argomenti opposti dalla ricorrente connessi alle risultanze di una visura storica camerale non potevano aver rilievo, poiché ciò che rileva ai fini degli obblighi dell’art.38 è la situazione reale, per cui se è pur vero che la visura camerale costituisce un importante elemento di riferimento, le risultanze di essa possono essere superate tramite l’allegazione di elementi probatori più specifici.
Per quanto riguarda, infine, la censura relativa alla mancanza di dichiarazione ex art. 38 da parte degli amministratori Van Belle Fabrice e Smith William David della società Thomas and Bettis Italy Sales s.r.l., dalla quale ABB ha acquisito un ramo d’azienda, si osservava che il disciplinare di gara, pur prevedendo l’ipotesi di operazioni societarie, non menzionava espressamente il caso della cessione del ramo d’azienda: all’art. 8.1, par.7 a) del disciplinare, era stabilito che nel caso in cui l’offerente avesse posto in essere operazioni societarie (fusione, acquisto d’azienda, affitto d’azienda, scissione ecc.), la dichiarazione degli amministratori cessati avrebbe dovuto essere resa, a pena di esclusione, anche “dagli amministratori dell’operatore economico incorporato, cedente l’azienda, locatore d’azienda, scisso ecc.”. Secondo la sentenza si deve ritenere si deve ritenere ormai consolidato il principio secondo cui la mancata dichiarazione ex art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006 da parte degli amministratori dell’impresa cedente, non possa autonomamente determinare l’esclusione del concorrente dalla procedura ove ciò non sia espressamente previsto dalla legge di gara. Perciò non può essere messa in discussione l’automatica esclusione di ABB per mancata dichiarazione ex art. 38 da parte degli amministratori della società Thomas and Betts Italy Sales s.r.l..
Altrettanto infondato era il terzo motivo con il quale, richiamati i requisiti di capacità tecnica e professionale richiesti dalla legge di gara, la Schneider sosteneva che ABB, pur avendo dichiarato di aver fornito due sistemi di hardware e software per il controllo di un impianto avente almeno 30.000 canali fisici di ingresso/uscita, ne avesse poi comprovato soltanto uno, che comprendeva, tra l’altro, n. 5446 moduli di I/O, di gran lunga inferiore, perciò rispetto a quanto previsto dalla lex specialis; inoltre i certificati di buona esecuzione forniti dall’ATI ABB e Comes sarebbe stati carenti delle indicazioni circa la tipologia del sistema e dell’importo della fornitura, come richiesto dal disciplinare di gara ed erano stati prodotti documenti diversi dal certificato di buona esecuzione; infine, molte forniture che ABB e Comes avevano dichiarato di aver reso nell’arco del triennio non sarebbero state comprovate. La stazione appaltante avrebbe, pertanto, dovuto escludere l’ATI ABB.
Da un lato era sufficiente osservare che l’art. 5 del disciplinare richiedeva la fornitura di un sistema per il controllo di un impianto “avente almeno 30.000 canali fisici di ingresso/uscita segnali e comandi (I/O)”:è incontestato tra le parti che ABB ha comprovato di aver reso una delle due forniture dichiarate in sede di offerta, essendo del tutto irrilevante la dimostrazione dell’altra, atteso che la legge di gara richiedeva di aver eseguito una sola fornitura con le caratteristiche indicate. Dall’altro, per quanto riguarda le caratteristiche tecniche della fornitura, dall’attestazione prodotta da ABB (attestazione ENEL di data 30.10.2014) emerge che questa era pienamente rispondente alle prescrizioni del disciplinare, essendo diretta alla gestione di un processo con circa 48.000 I/O, quindi un numero ben superiore a quello richiesto (30.000 canali fisici di ingresso uscita segnali e comandi I/O).
Infine, in relazione alla asserita inadeguatezza della documentazione prodotta a comprova dei requisiti dichiarati, si doveva osservare che il disciplinare di gara prevedeva la produzione di certificati di buona esecuzione della forniture rilasciati dai committenti, riportanti tipologia dei sistemi, l’importo della fornitura e il periodo di esecuzione del contratto, ma tale modalità di prova non era prevista a pena di esclusione, con la conseguenza che, comunque, non sarebbe stato possibile disporre automaticamente l’esclusione dalla gara, ma, eventualmente e ove fossero sorte fondate ragioni di dubbio, ricorrere al soccorso istruttorio. In ogni caso, dalla documentazione prodotta da ABB emerge che il valore complessivo dei sistemi antintrusione forniti da ABB e Comes, richiesto come secondo requisito tecnico dal disciplinare di gara, ed in relazione al quale la ricorrente contesta alcune singole forniture, è risultato di importo di gran lunga superiore rispetto a quello richiesto dalla legge di gara.
Con il primo motivo aggiunto, la ricorrente Schneider rilevava la mancata produzione delle dichiarazioni sostitutive ai fini antimafia da parte dei sig.ri Andrea Menti e Enzo Rizzi e dei titolari di cariche di ABB Holding B.V., socio unico di ABB; con il secondo motivo, denunciava l’indeterminatezza assoluta dell’oggetto dell’offerta della controinteressata, non essendo possibile individuare chiaramente il sistema offerto; con il terzo motivo, corredato da relazione tecnica, rilevava che l’offerta della controinteressata non era rispettosa delle specifiche tecniche imposte dalla lex specialis di gara; con il quarto motivo denunciava che la valutazione delle offerte tecniche sarebbe stata affetta da gravi vizi, per cui i punteggi assegnati alle concorrenti sarebbero stati illegittimi, così come la conseguente aggiudicazione.
Il Tribunale amministrativo prescindeva dalle eccezioni di tardività sollevate in relazione ad alcune delle censure rassegnate, ritenendone la complessiva infondatezza.
Per quanto concerneva gli ex direttori tecnici Menti e Rizzi ne venivano ribadite le dimissioni al 30 marzo 2009, mentre per quanto concerneva il socio unico di ABB, ABB Holding B.V., veniva principalmente rilevato che l’art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006 prende in considerazione unicamente il socio “persona fisica”, a prescindere dall’assenza di una espressa sanzione espulsiva.
Veniva poi dichiarata l’inammissibilità del secondo motivo, concernente l’indeterminatezza assoluta dell’oggetto dell’offerta della controinteressata, caratterizzato da assoluta genericità, mentre il terzo ed il quarto motivo andavano a impingere direttamente nelle valutazioni operate dalla commissione giudicatrice sull’offerta tecnica della controinteressata, né le censure sindacavano in tutta evidenza espressioni di discrezionalità tecnica sottratte al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvi i casi di manifesta illogicità, irrazionalità, irragionevolezza, arbitrarietà, travisamento dei fatti oppure sulla plausibilità dei criteri valutativi o sulla loro applicazione.
Aspetti che erano del tutto assenti nei motivi aggiunti sollevati.
Quanto alle doglianze formulate in via subordinata, la sentenza adombrava il campo del quarto motivo contenuto nel ricorso introduttivo riguardante la legittimità della composizione della commissione giudicatrice, poiché in primo luogo la nomina dei membri esterni professori Vernazza e Spena avvenuta con decreto del Provveditore interregionale alle opere pubbliche del 8 settembre 2014 - riguardante la nomina dell’intera commissione giudicatrice - offre una seppur succinta motivazione della necessità di ricorrere a tali professionalità esterne ed era, a parere del giudice di primo grado, rispettosa dell’art. 84 d.lgs. n. 163 del 2006, applicabile «in quanto compatibile», giusta il disposto di cui all’art. 142, «dell’elevato contenuto tecnico del settore cui si riferisce l’appalto». Quanto invece alla nomina delle dott.sse Agostini e Grasso, il Consorzio aveva fornito prova non smentita dalla ricorrente delle dott.sse Maria Luisa Agostini e Maria Grasso al Ministero che ha provveduto alla loro nomina, per cui non vi sarebbe certezza circa la legittimità della loro nomina.
Infine, quanto ai rapporti di collaborazione professionale tra il prof. Vernazza ed ABB, la sentenza affermava che si poteva solo rilevare che ABB s.p.a. intratteneva rapporti di collaborazione professionale e di ricerca con l’Università degli studi di Genova, a seguito della sottoscrizione, da parte del Rettore pro tempore prof. Giacomo Deferrari, di una convenzione quadro il 14 gennaio 2014; all’interno dell’Università degli studi di Genova il prof. Vernazza ricopriva ruoli di rilievo (Pro-Rettore e Preside della facoltà di Ingegneria): ma tale situazione non determinava ipotesi di incompatibilità, visto che il rapporto di collaborazione professionale in questione non faceva capo personalmente al prof. Vernazza, ma era riconducibile unicamente all’Università.
Con il quinto dei motivi aggiunti, la ricorrente censurava l’omessa indicazione nei verbali di gara delle modalità di conservazione dei plichi.
Il Tribunale amministrativo riteneva anche detta censura infondata osservando che, per giurisprudenza consolidata, nelle gare pubbliche la mancanza di disposizioni puntuali in ordine alle modalità di conservazione dei plichi tra una seduta e l’altra della commissione giudicatrice, la mancata indicazione nei verbali di operazioni singolarmente svolte, quali l’identificazione del soggetto responsabile della custodia dei plichi, il luogo di custodia degli stessi e le misure atte a garantirne l’integrale conservazione, non costituivano causa d’illegittimità del procedimento, fatta salva la prova di effettive manipolazioni della documentazione negli intervalli tra un’operazione e l’altra e nel caso di specie non si configurava indizio alcuno tale da far insorgere il solo sospetto di una o più manipolazioni: anzi, risulta già dal verbale della prima seduta pubblica la constatazione dell’integrità dei plichi e dei loro contenuti, operazioni cui i commissari avevano continuato a prestare ossequio anche nelle sedute successive.
Con il sesto dei motivi aggiunti, la ricorrente aveva denunciato il fatto che la Commissione di gara avesse proceduto all’aggiudicazione provvisoria con il verbale del 19 febbraio 2015 non in composizione plenaria in presenza del solo Presidente ing. Riva e delle dott.sse Agostini e Grasso, in violazione del decreto di nomina.
La sentenza impugnata disattendeva anche detta censura, osservando che dal decreto di nomina di data 8 settembre 2014 emergeva con chiarezza che alla Commissione in composizione plenaria –cioè integrata da componenti particolarmente qualificati – spettavano compiti relativi alle valutazioni delle offerte tecniche ed economiche ed all’assegnazione dei relativi punteggi, mentre alla Commissione in composizione ridotta, erano attribuite competenze di tipo essenzialmente burocratico, che non contemplassero momenti valutativi, compiti tipici della pronuncia di aggiudicazione provvisoria, ed essa sulla base delle valutazioni delle sedute precedenti.
Con il settimo ed ultimo motivo, la ricorrente rinnovava la censura relativa alla Commissione di gara, lamentando ulteriori questioni relative alla sua composizione, alle specifiche competenze dei componenti ed alla mancata dichiarazione di assenza di cause di incompatibilità.
La sentenza rinviava alle questioni inerenti la commissione di gara già affrontate, rilevando in linea generale che l’omissione della dichiarazione di insussistenza di motivi di incompatibilità non determinava l’illegittimità della procedura di gara, che la ricorrente non aveva allegato elementi per poter affermare che la commissione di gara risultasse sprovvista di adeguate competenze tecniche, fatto che appariva destituito di fondamento, vista l’integrazione della commissione di componenti particolarmente qualificati.
Con appello in Consiglio di Stato notificato il 15 aprile 2016, la Schneider impugnava la sentenza in questione e rinnovava in primo luogo le censure contenute nel secondo motivo di ricorso, sostenendo dapprima quanto alla cessione del ramo d’azienda da Thomas and Bettis Saless.r.l. ad ABB avvenuta entro l’anno antecedente la pubblicazione del bando di gara, l'aggiudicataria non aveva reso le dovute dichiarazioni su coloro i quali erano amministratori della cedente il ramo d’azienda, nonostante l’ampia giurisprudenza amministrativa, anche dell’Adunanza plenaria; in secondo luogo si sosteneva l’omessa dichiarazione da parte del dott. Pascali, procuratore legale rappresentante di ABB, direttore generale cui era stata conferita la rappresentanza legale secondo la visura storica della stessa ABB, non rilevando la sua preposizione ad una sola delle molteplici divisioni di cui constava la Società e quindi comunque rappresentante della stessa sia pure per una serie indeterminata di atti, situazione che mostrava alla rispetto dovuto all’art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006; in terzo luogo andava rivisto quanto affermato dal Tribunale amministrativo cercare omessa dichiarazione da parte dei sigg. Menti, Rizzi, Cravanzola, Giuffra, Colombo e Botti, così come desumibile dalla visura storica in netto contrasto con quanto rilevato nel giudizio di primo grado, in cui tra l’altro la posizione del Botti non era nemmeno documentalmente provata, senza sottacere che anche le dichiarazioni di cui alle lettere b) ed m-ter) ex art. 38 dovevano ritenersi normativamente necessarie.
In secondo luogo l’appellante tornava sull’illegittimità delle proroghe del termine di presentazione delle offerte del 22 e del 31 luglio 2015 (rectius, 2014), proroghe che avevano permesso ad ABB la presentazione della propria offerta: della prima proroga, quella utile ad ABB, non è dato sapere se essa fosse stata adottata prima o dopo le ore 13,00, questione dirimente poiché il 22 luglio 2014 era il termine di scadenza e la proroga può essere adottata solo in pendenza del termine stesso ed alle ore 13,00 scadeva comunque il termine in questione; ora non è stato fornito alcun dato circa l’orario, la ricorrente abbia presentato domanda alle ore 12,10 allorché nulla era noto, né le asserzioni della sentenza e le controdeduzioni del Consorzio Venezia Nuova hanno in realtà dimostrato la correttezza del provvedimento.
In terzo luogo l’appellante affermava essere la sentenza di primo grado carente di motivazione in ordine alla fornitura e messa in servizio di due sistemi da parte di ABB, che ne aveva comprovato solamente uno, di potenza di gran lunga inferiore a quanto richiesto dalla legge di gara; questa prevede che la prova dell’idoneità dei sistemi sia data unicamente mediante produzione di certificati di buona esecuzione dai quali si ricavino tutti gli elementi necessari per la dimostrazione del requisito ed in realtà il buon funzionamento dei sistemi forniti riguardano una parte minoritaria delle produzioni.
In quarto luogo l’appellante affermava che la mancata produzione delle dichiarazioni sostitutive ai fini antimafia dei sigg.ri Andrea Menti e Enzo Rizzi titolari di cariche di ABB Holding socio unico di ABB e lamentava la non corretta la giustificazione assunta dal Tribunale amministrativo secondo cui erano previste solo per il socio unico persona fisica e non per il socio persona giuridica ai sensi dell’art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006: il Tribunale amministrativo, per l’appellante, ha confuso le dichiarazioni ex art. 38 con le dichiarazioni antimafia.
In quinto luogo, a dire dell’appellante la sentenza non ha analizzato il secondo motivo di ricorso per motivi aggiunti considerando inammissibile per genericità: tale struttura investiva l’incertezza sul perché il sistema offerto da ABB e dimostrava gli errori di ribasso dell’offerta tecnica. La mancata pronuncia vizio della sentenza di primo grado ai sensi dell’art. 112 Cod. proc. civ..
In sesto luogo, con riferimento al terzo motivo aggiunto, per l’appellante la sentenza ha ritenuto dalla documentazione prodotta dall’aggiudicataria risulterebbe rispettato il criterio della “segregazione” viene confermato l’utilizzo della tecnologia di comunicazione “Ethernet”. Ma le metodologie tecniche indicate dal punto aggiudicatario non garantisce soddisfacenti livelli di sicurezza, tanto da arrivare le specifiche tecniche richieste: mancano una serie di certificazioni ed una serie di funzioni e di elementi tecnici non possono adattarsi allo scopo: la censura non attiene ad aspetti discrezionali, ma questioni tecniche precise e da esso presuppone l’erroneità del punteggio finale.
In settimo luogo, per l’appellante la sentenza non ha affrontato la scelta dei membri esterni della commissione di gara, la quale è subordinata all’accertata carenza di organico di adeguate professionalità ed alla selezione di commissari tra funzionari di altre amministrazioni giudicatrici ovvero ad un criterio di rotazione tra professionisti con almeno dieci anni di iscrizione negli albi professionali ovvero professori universitari di ruolo nell’ambito dell’elenco formato sulla base di rose di candidati forniti dalle rispettive facoltà. Nel caso di specie, rileva l’appellante, non risulta che la scelta sia avvenuta sulla base di rose di candidati e la sentenza ha ignorato l’interesse personale intercorrente tra il professor Vernazza e ABB, rilevando che nella convenzione con l’Università di Genova si prevede che ABB paghi per otto anni lo stipendio di professore associato della cattedra di cui il Vernazza è ordinario all’interno della facoltà di cui è preside; appare evidente il conflitto di interessi, tra l’altro non dichiarato. Inoltre il Tribunale amministrativo ha ignorato che i tre commissari non avevano le competenze tecniche adeguate per giudicare le offerte presentate, ma detti tre membri sono stati ugualmente chiamati ad esprimere le proprie valutazioni, né costoro erano stati selezionati dal personale della stazione appaltante, bensì appartenevano al Ministero delle infrastrutture.
In ottavo luogo, per l’appellante è errata la sentenza impugnata laddove si ignora che essa doveva disporre l’aggiudicazione in seduta plenaria.
L’appellante concludeva per l’accoglimento del ricorso vittoria di spese insistendo per il risarcimento del danno per equivalente in vista dell’avanzato stato di esecuzione dell’appalto, danno che veniva quantificato in €. 1.723.000,00 comprensivi delle spese e pari al 7,6 % del prezzo offerto ed inoltre a €. 1.143.500,00 per il rilevante danno curriculare conseguito pari al 5% del valore dell’appalto.
Tutte le parti intimate si sono costituite in giudizio, contestando le tesi sostenute nell’appello e chiedendo la conferma della sentenza impugnata.
All’odierna udienza del 10 novembre 2016 la causa è passata in decisione.
Nel merito si osserva quanto segue.
Il primo profilo di censura sollevato con il primo motivo consiste anzitutto nel rilievo che, vista la cessione del ramo d’azienda da Thomas and Bettis Sales s.r.l. ad ABB avvenuta entro l’anno antecedente la pubblicazione del bando di gara, l’aggiudicataria non avrebbe reso le dovute dichiarazioni ex art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006 per quanti erano amministratori della cedente il ramo d’azienda. Inoltre viene rilevata l’omessa dichiarazione da parte del dott. Pescali, procuratore legale rappresentante di ABB, direttore generale cui era stata conferita la rappresentanza legale secondo la visura storica della stessa ABB. Ancora, viene rilevata l’omessa dichiarazione da parte dei sigg. Menti, Rizzi, Cravanzola, Giuffra, Colombo e Botti, come si desume dalla visura storica in contrasto con quanto rilevato nel giudizio di primo grado.
Il motivo è infondato.
Come bene ritiene la sentenza impugnata, gran parte dei soggetti indicati dall’appellante, ossia i signori Andrea Menti, Enzo Rizzi, Gianmario Cravanzola, Franco Colombo, risultavano dimissionari da direttore tecnico di ABB s.p.a. al 30 marzo 2009 (come da verbale della riunione del consiglio di amministrazione tenutasi nello stesso giorno); mentre Vittorio Giuffra aveva rassegnato le dimissioni dalla società. Ugo Botti risultava collocato a riposo dal 1 luglio 2006 (come da scheda versata in atti) e quanto al dott. Paolo Pescali, bene la sentenza impugnata desume che la sua carica di direttore generale di una singola unità aziendale tenuta fino al 1 maggio 2013 non era connessa alle dichiarazioni dell’art. 38, almeno fino a quando non sia dimostrato che alla detta carica ineriva un potere di rappresentanza legale generale.
Quanto alla mancata dichiarazione ex art. 38 per quanti erano amministratori della cedente il ramo d’azienda, la cessione del ramo d’azienda da Thomas and Bettis Sales s.r.l. ad ABB era avvenuta entro l’anno antecedente la pubblicazione del bando, ma effettivamente manca nel disciplinare di gara una previsione ad hoc. Considerando la necessità della determinatezza delle cause di esclusione per rispettare elementari esigenze di certezza dei concorrenti, una tale previsione non può essere fatta rientrare, in via indiretta, nell’elencazione, seppur generica, delle operazioni societarie per le quali sono dovute le dichiarazioni ex art. 38, viste anche le pesanti conseguenze del mancato rispetto delle previsioni. Del resto, secondo giurisprudenza e come già è rilevato dalla sentenza, la mancata dichiarazione di assenza di pregiudizi penali in capo all’impresa cedente comporta senz’altro l'esclusione dalla gara della cessionaria solo se ciò è espressamente previsto dalla lex specialis: e, a tutto concedere, comunque qui difetta la prova che gli amministratori per i quali manca la dichiarazione hanno in concreto riportato pregiudizi penali non dichiarati con la presentazione dell'offerta (cfr. Cons. Stato, VI, 5 gennaio 2015 n. 18).
Per ragioni logiche va vagliata ora la quarta censura, con cui l’appellante si duole della mancata produzione delle dichiarazioni sostitutive ai fini antimafia dei sigg.ri Andrea Menti e Enzo Rizzi, titolari di cariche in ABB Holding socio unico di ABB. Erra la sentenza - si assume - nel ritenere congrua la giustificazione che dette dichiarazioni erano previste solo per il socio unico persona fisica e non già anche per il socio persona giuridica. La sentenza avrebbe confuso le dichiarazioni ex art. 38 con le dichiarazioni antimafia.
Anche tale motivo è infondato.
L’art. 85, lett. c), d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della l. 13 agosto 2010 n. 136) prevede che la documentazione antimafia per le società di capitali riguardi il socio di maggioranza in caso di società con un numero di soci pari o inferiore a quattro, ovvero il socio (unico) in caso di società con socio unico.
Indipendentemente da ogni considerazione circa l’esattezza dell’assunto della sentenza sulla necessità che la dichiarazione antimafia debba concernere il solo socio persona fisica, non potendosi ritenere coinvolto in tutte le sue cariche sociali socio unico persona giuridica - circostanza avvalorata dal fatto che in caso contrario la norma avrebbe indicato con esattezza le figure interessate da tale onere (Cons. Stato, V, 3 settembre 2001, n. 4586 rilevava che le prescrizioni di dubbia interpretazione su specifici adempimenti in tema di gara, vanno intese con riguardo al contenuto sostanziale e in modo da consentire la più ampia partecipazione dei concorrenti – occorre rilevare che nulla di circostanziato è dato qui sapere circa le posizioni amministrative o gestorie dei signori Andrea Menti ed Enzo Rizzi in ABB Holding. Sicché non è precisato il presupposto a seguito del quale l’additata regola opererebbe. Per la parte residua la censura è generica, perché si limita a solo indicare gli altri “titolari di cariche sociali” in ABB Holding, sicché anche da questo punto di vista essa non assume sufficiente consistenza.
Con la seconda censura l’appellante insiste sull’illegittimità delle proroghe del termine di presentazione delle offerte del 22 e del 31 luglio 2015 (rectius, 2014). A suo dire, per la prima proroga, utile ad ABB, non è dato sapere se era stata adottata prima o dopo il termine di scadenza delle ore 13,00; inoltre, né la sentenza, né le controdeduzioni del Consorzio Venezia Nuova avevano dimostrato la correttezza del provvedimento.
Anche tale motivo risulta infondato alla luce di quanto bene assunto dalla sentenza impugnata. Se quattro proroghe del termine di presentazione delle offerte possono in principio suscitare sospetto, nondimeno – in difetto di altri elementi – non si può non considerare in senso contrario che risultano comunque rispettose del dovere di salvaguardia della par condicio. Sicché non vi sono sufficienti ragioni per discostarsi dalla pronuncia sentenza impugnata.
In particolare, la terza proroga è stata regolarmente decisa il giorno della scadenza, alla luce del fatto che il 18 luglio 2014 era stata data risposta ad un quesito pervenuto appena una settimana prima. Perciò appare ragionevole che la stazione appaltante abbia inteso assegnare altri quattro giorni utili per tutti i concorrenti al fine di effettuare eventuali correzioni, senza lasciare tale possibilità alla sola impresa che il quesito aveva presentato.
Quanto alla quarta proroga, anch’essa è congruamente derivata da richieste pervenute da imprese che potevano concorrere e che nelle more avrebbero potuto svolgere ulteriori valutazioni circa le condizioni di sicurezza dell’appalto.
La determinazione di lasciare il plico di ciascuna offerta integro, con possibilità per tutti i singoli concorrenti di provvedere al suo ritiro e a una sua rinnovata presentazione, rispetta la par condicio, e comunque è coerente con l’ulteriore principio della massima partecipazione alle gare pubbliche.
Il terzo motivo insiste sulla carenza di motivazione della sentenza circa la fornitura e messa in servizio di due sistemi da parte di ABB, che ne avrebbe comprovato solamente uno, di potenza di assai inferiore a quanto richiesto dalla lex specialis, che prevedeva invece che la prova dell’idoneità dei sistemi fosse data solo mediante produzione di certificati di buona esecuzione da cui si potessero ricavare tutti gli elementi necessari per la dimostrazione dei requisiti di buon funzionamento (che al contrario riguardano una parte minoritaria delle forniture).
Anche tale motivo è infondato.
La sentenza impugnata bene fa riferimento all’art. 5 del disciplinare, che richiedeva la dimostrazione della capacità tecnica di aver messo in servizio negli ultimi tre anni un sistema di hardware e software per il controllo di un impianto da almeno 30.000 canali fisici di ingresso/uscita segnali e comandi, e sistemi di hardware e software per l’antintrusione dal valore economico complessivo almeno pari ad €. 2.000.000,00. Quindi ABB ha dichiarato il 5 marzo 2015 di aver fornito a Enel s.p.a. per la centrale di Torrevaldaliga Nord un sistema per il controllo di un impianto avente almeno 30.000 I/O, con certificato di buona esecuzione di impianto rilasciato al committente da cui si evince anche il periodo di esecuzione dell’impegno. Sicché ha documentato le forniture di una serie di sistemi antintrusione/videosorveglianza per un valore complessivo di €. 3.201.786,22, sempre avvenuto nel periodo temporale richiesto dal disciplinare. Ne segue che non è comprensibile la doglianza di aver eseguito soltanto una fornitura avente le caratteristiche indicate.
Da un lato era sufficiente osservare che l’art. 5 del disciplinare richiedeva la fornitura di un sistema per il controllo di un impianto “avente almeno 30.000 canali fisici di ingresso/uscita segnali e comandi (I/O)”. È incontestato che ABB abbia comprovato di aver reso una delle due forniture dichiarate in sede di offerta ed è irrilevante la dimostrazione dell’altra, perché la legge di gara richiedeva di aver eseguito una sola fornitura dalle caratteristiche indicate. Dall’altro, per quanto concerne le caratteristiche tecniche della fornitura, dall’attestazione prodotta da ABB (attestazione ENEL di data 30 ottobre 2014) emerge che questa rispondeva alle prescrizioni del disciplinare, perché diretta alla gestione di un processo con circa 48.000 I/O, ben superiore a quello richiesto (30.000 canali fisici di ingresso uscita segnali e comandi I/O).
Anche per il sesto motivo, di carattere “tecnico” - terzo motivo aggiunto di primo grado –,l’offerta dell’aggiudicataria non rispetterebbe il criterio della “segregazione” secondo la tecnologia di comunicazione “Ethernet”.
Ritiene il Collegio che anche per questo motivo non si ravvisino ragioni per discostarsi dalla decisione di primo grado.
Nei documenti nn. 37 e 38 - sistema di controllo Mose, relazioni T4A e T4B - al punto 4 si legge che i collegamenti del sistema anti-intrusione e videosorveglianza sono basati sullo standard Ethernet; oltre si legge di una parziale condivisione con l’intera rete Ethernet dei cavi ottici dei relativi collegamenti, il che dovrebbe garantire la massima affidabilità e disponibilità del sistema. Ciò appare sufficiente per la soddisfazione di quanto richiesto. Per il resto, come bene rilevato dalla sentenza impugnata, la censura si addentra in considerazioni strettamente tecniche che, per rilevare in punto di attendibilità (o di illogicità, irrazionalità o arbitrarietà) delle valutazioni tecniche operate in sede di gara e dunque costituire possibili ragioni di sindacato da parte del giudice amministrativo, avrebbero dovuto essere anzitutto supportate da adeguata dimostrazione tecnica.
Vale comunque considerare che non è sufficiente per superare i limiti del sindacato giurisdizionale amministrativo la sostanziale elencazione di peculiarità tecniche da cui si assume il travisamento che ne avrebbe fatto la commissione di gara e il contrasto reale con le prescrizioni imposte.
Queste considerazioni si rinnovano a proposito del quinto motivo di appello, sull’incertezza dei sistemi forniti, probabilmente due stando all’appellante: questione rappresentata con il secondo motivo aggiunto di ricorso introduttivo e non affrontata dalla sentenza.
I documenti nn. 37 e 38 citati in introduzione specificano che la rete Ethernet del sistema anti-intrusione/videosorveglianza è integrata negli armadi del sistema PCS e questo risulta essere il sistema fornito.
Con il settimo motivo, Schneider si duole che la sentenza non abbia affrontato la scelta dei membri esterni della commissione di gara, scelta subordinata all’accertata carenza di organico di adeguate professionalità e alla selezione di commissari tra funzionari di altre amministrazioni giudicatrici ovvero ad un criterio di rotazione tra professionisti con almeno dieci anni d’iscrizione negli albi professionali, ovvero professori universitari di ruolo nell’ambito dell’elenco formato sulla base di rose di candidati forniti dalle rispettive facoltà.
Nel caso di specie, si assume, non risulta che la scelta sia avvenuta sulla base di rose di candidati e la sentenza non ha considerato l’interesse personale tra il professor Vernazza e ABB, per quanto la convenzione con l’Università di Genova preveda che ABB sostenga per otto anni lo stipendio di professore associato della cattedra di cui il Vernazza è ordinario all’interno della facoltà di cui è preside; evidente il conflitto di interessi, per di più non dichiarato. Inoltre la sentenza ha ignorato che i tre commissari interni difettavano di competenze tecniche adeguate per giudicare le offerte presentate, nondimeno costoro sono stati chiamati ad esprimere le proprie valutazioni; inoltre essi non erano stati selezionati dal personale della stazione appaltante, bensì appartenevano al Ministero delle infrastrutture.
Ritiene il Collegio che la censura, per come rappresentata, presenta basi considerevoli e appare contenere valutazioni ragionevoli.
Nondimeno, la stessa censura risulta irrilevante ai fini della decisione del presente appello.
La Schneider Electric ha domandato l’annullamento dell’aggiudicazione e il risarcimento per equivalente, visto l’avanzato svolgimento dei lavori.
L’infondatezza qui sopra riscontrata per tutte le restanti censure proposte rende di fatto irrilevante la legittimità della composizione della commissione di gara.
Occorre considerare che nel caso qui in esame ci si trova di fronte alla peculiare situazione per cui tutte le censure sollevate dalla ricorrente e appellante Schneider circa il merito della valutazione delle offerte risultano non fondate, mentre un fondamento potrebbe in ipotesi essere rinvenibile solo a proposito della censura riguardante la concreta composizione della commissione di gara.
Al tempo stesso, l’appalto per cui era gara ha ormai avuto ampia esecuzione, sicché comunque non è possibile dar corso giudiziale ad una tutela di tipo ripristinatorio o restitutorio, vale a dire orientata alla piena e specifica soddisfazione dell’interesse di Schneider a risultare la parte contraente del Consorzio Venezia Nuova per la realizzazione delle opere in questione; e nemmeno è nei fatti ormai ripetibile la procedura di gara, che alla formazione di quel contratto era prodromica e strumentale.
Ne viene che ormai, a tutto concedere, Schneider potrebbe tutt’al più – secondo il generale principio di responsabilità - beneficiare di una tutela risarcitoria per equivalente, cioè essere destinataria attiva di un risarcimento di danni per perdita di sue chances nonché ottenere il ristoro dell’interesse negativo nella forma del rimborso delle spese di partecipazione.
Ma l’acclarata infondatezza, comunque, delle censure di merito da essa sollevate dà la dimostrazione che non sussistevano sue concrete chances di ottenere l’aggiudicazione. Nessuna delle censure, inoltre, appare causalmente collegata alla illegittima composizione della commissione.
Il motivo è ormai improcedibile perché non sussiste un interesse processuale, attuale e concreto, di Schneider al suo accoglimento. Perciò questo giudice deve dichiarare il ricorso improcedibile ai sensi dell’art. 35, comma 1, lett. c) Cod. proc. amm. («Il giudice dichiara, anche d'ufficio, il ricorso […] c) improcedibile quando nel corso del giudizio sopravviene il difetto di interesse delle parti alla decisione»).
Invero, ai fini dell’apprezzamento di questo interesse, la situazione effettiva del ricorrente va rapportata ai possibili esiti satisfattori (ripristinatorio, restitutorio o risarcitorio, oltre la rinnovazione della gara), che l’ordinamento processuale amministrativo oggi – coerentemente al principio di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale - appronta con lo speciale “rito appalti” di cui agli artt.119 e ss. Cod. proc. amm. a chi si assume illegittimamente leso nella sua aspettativa ad essere, mediante l’aggiudicazione, parte effettiva del contratto d'appalto.
Il bene della vita disputato in lite consiste, in un processo che è a connotazione soggettiva, appunto nell’essere parte effettiva del contratto d'appalto ma che, per effetto degli atti amministrativi contestati, è invece attribuito ad altri: non già nel veder rispettate inter alios le forme di una contesa il cui esito resta comunque ad altrui vantaggio. Gli strumenti che l’ordinamento processuale predispone sono del resto - conformemente alla direttiva “ricorsi” 2007/66/CE - orientati ad assicurare realmente gli effetti oggettivi di una piena concorrenza nell’affidamento delle commesse pubbliche.
In questo rito, considerato l’avanzato sistema speciale di mezzi ora offerti dalla legge processuale al ricorrente, l’annullamento giudiziale non costituisce più un bene in sé, ma un tramite per produrre immediatamente un’utilità effettiva e non meramente virtuale. Sicché – ai fini della valutazione di concretezza e attualità dell’interesse a ricorrere, che deve essere serio e reale, non virtuale né emulativo – l’annullamento deve risultare prodromico ad utilità ulteriori: o alla rinnovazione del procedimento quanto a protagonisti, per modo di restituire al ricorrente l’opportunità di ottenere il bene della vita conteso; o alla reintegrazione del ricorrente nella posizione procedimentale o al subentro nella posizione contrattuale da cui è stato indebitamente pretermesso (ovvero all’esclusione o alla soccombenza di chi gli è stato preferito) per attribuirgli la stessa opportunità o senz’altro il bene; o a un ristoro monetario stimato equivalente alle opportunità concretamente perdute (chances) e a quanto egli dimostri aver speso per partecipare alla selezione (c.d. interesse negativo).
La connotazione soggettiva dello speciale processo amministrativo in tema di contratti pubblici dà azione in giustizia solo a chi può addurre, in ragione dei detti profili, un interesse effettivo dall’annullamento dell’atto amministrativo. Perciò preclude un’azione di accertamento di illegittimità dell’azione amministrativa che prescinda da un interesse soggettivo.
Posto che l’accertamento dell’effettivo interesse a ricorrere è immanente e doveroso per tutto il processo, nel caso qui in esame va considerato che la natura delle cose esclude la possibilità effettiva di riedizione della gara, visto che il contratto risulta ormai in più che avanzato stato di esecuzione e la rinnovazione del procedimento sarebbe ormai priva di funzione; poi che gli argomenti su ammissioni o esclusioni dalla gara sono stati respinti per le ragioni partitamente esposte e che non vi è più spazio alla tutela restitutoria (del resto nemmeno specificamente domandata) riguardo al contratto; infine che – come si vedrà - non vi è un concreto danno per perdita di chances da risarcire.
Considerato che, a norma dell’art. 34, comma 3, Cod. proc. amm. «quando, nel corso del giudizio, l’annullamento del provvedimento impugnato non risulta più utile per il ricorrente, il giudice accerta l’illegittimità dell’atto se sussiste l’interesse ai fini risarcitori», si deve, alla luce di quanto detto, rilevare l’attuale inutilità della domanda giudiziale insita nel motivo in esame e come in concreto espressa: vale a dire come ormai incentrata sulla mera censura della composizione della commissione e senza che da questa censurata composizione risultino essere derivati vizi di valutazione nella gara diversi da quelli sopra esaminati.
Non è insomma in questa sede dato ravvisare in capo alla ricorrente altro interesse che quello, simbolico, alla dichiarazione di illegittimità della composizione della commissione: senza che le possa derivare una conseguenza davvero utile ai fini del raggiungimento del bene della vita, o diretto o per equivalente. Il che, dal punto di vista processuale, costituisce in realtà un non-interesse, perché si estrinsecherebbe in una pronuncia di mero accertamento di illegittimità di atto amministrativo, non utile al conseguimento effettivo di una tutela, specifica o per equivalente.
Invero, quanto al domandato risarcimento dei danni (fattispecie che, come afferma la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, nel settore in questione presenta connotati propri: es. Cons. Stato, III, 25 giugno 2013, n. 3437), è considerazione imposta dalla sua natura che a questo punto – una volta cioè respinti tutti i motivi di cui sopra - l’accoglimento della domanda risarcitoria si risolverebbe non già in un ristoro patrimoniale di quanto ingiustamente patito per lesione sostanziale, ma nel mero riconoscimento di (inammissibili nel nostro ordinamento) danni “punitivi” per cattiva composizione della commissione stessa.
Insomma, vista l’infondatezza dei restanti motivi, a un ipotetico annullamento dell’aggiudicazione solo per vizio della composizione della commissione non potrebbe conseguire l’accoglimento della domanda di risarcimento per equivalente: la fondatezza di questa sola censura non condurrebbe al rilievo di un’indebita mancata aggiudicazione all’appellante Schneider, ma solo a un’irrealistica quanto ripetitiva replica dell’intera gara a muovere dalla nomina di una diversa commissione. A parte che, come detto, questa operazione è temporalmente superata dall’avvenuta realizzazione di larga quantità delle forniture e delle opere, così come riconosciuto dall’appellante medesima, sta di fatto che una nuova e diversa commissione non potrebbe giungere a diverse conclusioni, una volta qui constatata l’infondatezza delle censure di merito sollevate da Schneider riguardo alla valutazione che hanno presieduto all’effettiva aggiudicazione ad altri e che, evidentemente, rappresentavano a giudizio della ricorrente le criticità della valutazione da compiere.
Non risulta poi che Schneider abbia domandato il ristoro dei c.d. “interessi negativi” per la partecipazione alla gara, sicché nulla nemmeno a questo riguardo qui va statuito a suo favore
Sicché il motivo è improcedibile.
Altrettanto si deve rilevare per l’ottava ed ultima censura, concernente la mancata aggiudicazione in seduta plenaria da parte della commissione di gara.
Per le ragioni suesposte l’appello deve essere respinto.
Le considerazioni svolte a proposito della censura sub 7) rendono equa la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo inammissibile respinge e conferma la sentenza impugnata.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Guida alla lettura
Con la pronuncia in esame il Consiglio di Stato, nel dirimere le controversie concernenti la procedura aperta per l’affidamento di un appalto per la fornitura e l’installazione del sistema di controllo e di quello antintrusione, con riferimento alla materia concernente i requisiti di partecipazione di cui all’art. 38 D.lgs. 163/2006, afferma che la mancata dichiarazione di assenza di pregiudizi penali in capo all’impresa cedente comporta l’esclusione dalla gara della cessionaria solo se ciò è disciplinato espressamente dalla lex specialis.
In buona sostanza, il necessario possesso da parte degli operatori economici dei requisiti tecnici sanciti dal legislatore, circostanza fattuale idonea a garantire alla stazione appaltante il miglior risultato possibile della scelta del contraente, nell’ipotesi in cui la persona giuridica sia raggiunta da fenomeni di scissione, fusione o cessione del ramo di azienda, opera solo in presenza di un specifica disposizione in tal senso contenuta nel bando di gara, attesa la necessità della determinatezza delle cause di esclusione in conformità alle elementari esigenze di certezza dei concorrenti.
Strettamente connesso a tale profilo è poi quello relativo alla documentazione antimafia, di cui all’art. 85 lett. c) D.lgs. 6 settembre 2011 n.159, in relazione al quale il Collegio afferma che la documentazione antimafia per le società capitali attiene al socio di maggioranza in caso di società con un numero di soci pari o inferiori a quattro, ovvero al socio unico in caso di società con unico socio.
Il principio di diritto espresso dal Supremo Consesso amministrativo nella pronuncia oggetto di nota mette in risalto la relazione intercorrente tra gli obblighi legislativi concernenti i requisiti di partecipazione ad una gara e taluni principi cardine della procedura ad evidenza pubblica.
Introducendo un vero e proprio temperamento al principio di immodificabilità soggettiva dei partecipanti alle gare pubbliche, nell’ottica di salvaguardare la libertà contrattuale delle imprese che consenta loro di procedere ad una riorganizzazione aziendale senza che ciò pregiudichi lo svolgimento di una gara pubblica (Cons. Stato, sez. V, 6 marzo 2013, n. 1370), infatti, l’art. 51 D.lgs. 163/2006 sancisce che nei confronti del cessionario/affittuario di azienda non possano pretendersi altri requisiti se non quelli già esigibili secondo legge nei riguardi del suo dante causa e degli altri concorrenti, ossia quelli previsti dalla disciplina legale e dalla lex specialis.
Detta disposizione, pertanto, applicabile tanto alle imprese che concorrano in gara come singole quanto a quelle che vi concorrano in associazione con altre, richiede soltanto l’accertamento sia dei requisiti di ordine generale, sia di ordine speciale, nonché dei requisiti necessari in base agli eventuali criteri selettivi utilizzati dalla stazione appaltante ai sensi dell’articolo 62.
La contrazione del principio di immodificabilità soggettiva in favore dell’allargamento del bacino dei partecipanti alle commesse pubbliche, in un’ottica di massima concorrenza, porta così a concludere che l’atto di scissione della società non crea una discontinuità tra la vecchia e la nuova titolarità aziendale, al contrario producendo un mantenimento di tutti gli elementi patrimoniali attivi e passivi e dunque un sub ingresso in ogni rapporto giuridico della nuova società beneficiaria.
In termini il Supremo Consesso amministrativo ha espressamente previsto il rispetto degli obblighi di cui all’art. 38 cit. anche con riferimento agli amministratori e ai direttori tecnici operanti presso l’impresa cedente a seguito di cessione del ramo d’azienda (Cons. St. sez. V, 17 marzo 2014, n. 1327).
Ciò posto, con specifico riferimento alla portata applicativa dell’art. 38 comma 1 lett. b), c), m ter) D.lgs. n. 163/2006, soprattutto a seguito delle modifiche introdotte dalla L. 12 luglio 2011 n. 106 (di conversione del D.l. n. 70/2011), deve affermarsi che, l’obbligo di dichiarare l’insussistenza di pregiudizi penali non riguarda solo la figura dell’amministratore de iure, bensì anche i soci che di fatto detengono il controllo della società.
Come scolpito dalle pieghe argomentative della pronuncia dell’Adunanza Plenaria 6 novembre 2013 n. 24 nelle società composte da due soci titolari del 50% del capitale sociale entrambi sono obbligati a rendere le dichiarazioni di cui all’art. 38 del Codice dei contratti pubblici.
Nel dettaglio, il Collegio precisa che l’espressione “socio di maggioranza” utilizzata dal legislatore nella struttura della disposizione normativa citata si riferisce, oltre che al socio titolare di più del 50% del capitale sociale, ai due soci titolari rispettivamente del 50% del capitale sociale, ovvero, in caso di 3 soci, al socio titolare del 50%, atteso che la ratio della prescrizione legislativa risiede nella necessità di garantire che non partecipino alla gara concorrenti in forma societaria i cui soci in grado di influenzare le decisioni societarie siano sprovvisti dei requisiti morali minimi previsti dalla legge.
Detto approdo interpretativo risulta coerente con il principio di tassatività delle clausole di esclusione, poiché l’individuazione dei soggetti obbligati al rilascio di tali dichiarazioni è realizzata a monte: ne deriva che il mancato ottemperamento di tale obbligo produce esclusione dalla gara per mancato adempimento delle prescrizioni codicistiche.
Riassuntivamente, per tutte le gare successive alla data di pubblicazione della sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 24/2013 devono considerarsi esclusi dalle gare tutti quei concorrenti che non soddisfino gli oneri dichiarativi nei termini e nelle modalità appena indicate, salva l’applicabilità dello strumento del soccorso istruttorio così come rideterminata dall’art. 39 D.l. n. 90/2014 (cfr. Cons. Stato sez. V 27 ottobre 2016 n. 4920).
In buona sostanza, la ratio normativa, soprattutto a seguito dell’intervento legislativo di cui al D.l. 13 maggio 2011 n. 70, convertito in Legge 12 luglio 2011 n. 106, delinea un obbligo di dichiarare tutte le condanne riportate dai soggetti tenuti a dimostrare il possesso del requisito della moralità (cfr. Cons. Stato sez. V 6 ottobre 2016 n. 4644).
La previsione di cui alle predette lettere dell’art. 38 D.lgs. 163 cit., così come inserita dalla L. n. 106/2011, è oggi refluita nel nuovo Codice degli appalti pubblici: nel dettaglio, l’art. 80 comma 3 D.lgs. n. 50/2016 espressamente statuisce che “l’esclusione di cui al comma 1 (involgente i casi di condanna con sentenza definitiva o decreto penale di condanna divenuto irrevocabile o sentenza di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’art. 444 c.p.p.) va disposta se la sentenza o il decreto sono stati emessi nei confronti…del socio di maggioranza in caso di società con meno di quattro soci”.
L’intervento riformatore apportato dal nuovo Codice, tuttavia, mette in evidenza taluni elementi distintivi: in particolare, nonostante l’allargamento dell’ambito applicativo della norma (inizialmente ristretto alle sole “cause di esclusione comunitarie”) ad alcune fattispecie indicate dal vecchio art. 38 cit., per la nuova disposizione non ogni reato grave incidente sulla moralità professionale è causa di esclusione dalla gara, ma solo quei titoli di reato espressamente menzionati.
Si segnala, inoltre, che mentre per la vecchia normativa i reati diventavano irrilevanti solo in caso di riabilitazione o altre cause estintive, l’attuale Codice appalti prescrive l’irrilevanza dei reati, oltre che per avvenuta riabilitazione, in caso di decorso un periodo massimo temporale (art. 80 comma 10 D.lgs. 50/2016).