T.A.R. Puglia, Lecce, sez. II, 17 marzo 2017, n. 443
1. Il giudizio di anomalia delle offerte non può essere automaticamente desunto dal mancato rispetto delle tabelle ministeriali, considerato che i costi medi del lavoro in esse indicati non costituiscono parametri inderogabili, ma sono indici del giudizio di adeguatezza dell'offerta.
2. La disposizione di cui all’art. 97, comma 5, lett. d), d.lgs. 50/2016 non può essere intesa nel senso dell’esclusione automatica di un'offerta il cui costo del lavoro è inferiore a quanto previsto nelle tabelle ministeriali, posto che queste tabelle non attengono al trattamento minimo salariale stabilito dalla legge o dalla contrattazione collettiva, al quale solo si riferisce la previsione d’inderogabilità di cui all’art. 97 citato, ma stabiliscono il costo medio orario del lavoro.
3. Il procedimento di verifica dell'anomalia non ha carattere sanzionatorio e non ha per oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell'offerta economica, mirando piuttosto ad accertare se in concreto l'offerta, nel suo complesso, sia attendibile ed affidabile in relazione alla corretta esecuzione dell'appalto.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. Amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1830 del 2016, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Cooperativa Sociale Genss, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato Pietro Quinto C.F. QNTPTR42M14G479F, con domicilio eletto presso il suo studio in Lecce, via Garibaldi 43;
contro
Comune di Lecce, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Elisabetta Ciulla C.F. CLLLBT63L63A662H, Laura Astuto C.F. STTLRA70A60E506R, con domicilio eletto presso la prima in Lecce, via Rubichi;
Ambito Sociale Territoriale di Lecce presso Comune di Lecce, non costituito in giudizio;
nei confronti di
Comunità San Francesco Coop. Soc. Srl, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato Stefano Potenza C.F. PTNSFN78P04L885S, con domicilio eletto presso l’avv. Adriano Tolomeo in Lecce, via Guglielmo Oberdan n. 70;
per l'annullamento
- della determina n. 3489 del 24.11.2016 comunicata il 25.11.2016 con la quale il Comune di Lecce ha aggiudicato definitivamente il Servizio di Assistenza Domiciliare Integrata (ADI) in favore di persone anziane alla Comunità San Francesco Coop. Sociale srl;
- nonché della nota del Rup dell’Ambito Territoriale Sociale di Lecce del 22.12.2016 di affidamento in via anticipata del servizio alla Comunità San Francesco;
- di ogni altro atto presupposto, connesso o conseguenziale e specificatamente dei verbali di gara;
- nonché, a seguito di motivi aggiunti, depositati in data 30 gennaio 2017, per l'annullamento della determina n. 54 del 23.1.2017 con la quale il Comune di Lecce ha aggiudicato definitivamente il Servizio di Assistenza Domiciliare Integrata (ADI) in favore delle persone anziane alla Comunità San Francesco Coop. Sociale s.r.l.;
- di ogni atto connesso, presupposto e/o consequenziale, in particolare dei verbali del 29.12.2016, dell'11.1.2017 e del 12.1.2017.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Lecce e della Comunità San Francesco Coop. Soc. Srl;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 15 febbraio 2017 la dott.ssa Claudia Lattanzi e uditi l’avv. P. Quinto, per la ricorrente, l’avv. E. Ciulla, per il Comune, e l’avv. S. Potenza, per la controinteressata;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
La ricorrente ha impugnato, con il ricorso originario, la determina del comune di Lecce con la quale è stato aggiudicato il Servizio di Assistenza Domiciliare Integrata (ADI) in favore di persone anziane alla Comunità San Francesco Coop. Sociale.
In particolare, poiché quest’ultima ha offerto un ribasso del 6%, l’amministrazione comunale ha sottoposto l’offerta alla valutazione di congruità, provvedendo a chiedere un parere a un professionista esterno dell’ente.
Nella seduta del 12 novembre 2016, la Commissione, esaminato il parere fornito dal professionista in relazione al solo costo del personale ha confermato l’aggiudicazione.
Con successivo provvedimento del 21 dicembre 2016 il Comune ha sospeso l’efficacia dell’aggiudicazione definitiva “in attesa delle determinazioni della Commissione giudicatrice” sull’istanza di riesame in autotutela formulata dalla ricorrente.
A seguito del riesame da parte del Comune e della successiva conferma dell’aggiudicazione in favore della Comunità San Francesco, la ricorrente ha proposto i motivi aggiunti.
Si sono costituiti sia il Comune che la controinteressata.
Alla camera di consiglio del 15 febbraio, avvertite le parti ex art. 60 c.p.a, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
In relazione al procedimento di anomalia dell’offerta la giurisprudenza, alla quale si aderisce, ha precisato che “il procedimento di verifica dell'anomalia non ha carattere sanzionatorio e non ha per oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell'offerta economica, mirando piuttosto ad accertare se in concreto l'offerta, nel suo complesso, sia attendibile ed affidabile in relazione alla corretta esecuzione dell'appalto: esso mira quindi a garantire e tutelare l'interesse pubblico concretamente perseguito dall'amministrazione attraverso la procedura di gara per la effettiva scelta del miglior contraente possibile ai fini dell'esecuzione dell'appalto, così che l'esclusione dalla gara dell'offerente per l'anomalia della sua offerta è l'effetto della valutazione (operata dall'amministrazione appaltante) di complessiva inadeguatezza della stessa rispetto al fine da raggiungere … Il giudizio di anomalia o di incongruità dell'offerta costituisce espressione di discrezionalità tecnica, con la conseguenza che il giudice amministrativo può sindacarla soltanto nel caso in cui essa si ponga in contrasto con il principio di ragionevolezza tecnica” (Cons. St., sez. VI, 21 novembre 2016, n. 4888); “il procedimento di verifica dell'anomalia dell'offerta si connota per poteri, che, poiché inerenti la verifica dell'anomalia delle offerte, attengono alla sfera propria di discrezionalità tecnica della stazione appaltante, sicché il giudice amministrativo può sindacare le valutazioni compiute dalla p.a. sotto il profilo della loro logicità e ragionevolezza e della congruità dell'istruttoria, ma non può operare autonomamente siffatta verifica, pena l'invasione di quella sfera tipica” (Tar Lazio, sez. III, 09 novembre 2016, n. 11092).
Posti questi principi, nella specie il giudizio di anomalia appare immune dai predetti vizi, risultando in definitiva provvisto sia di logicità e di ragionevolezza interne sia di coerenza in relazione alle prescrizioni della lex specialis.
Quanto al costo del lavoro la ricorrente assume che questo non sarebbe stato calcolato sulla base delle tabelle ministeriali, ed in particolare ritiene che non sarebbero state calcolate tutte le ore da considerarsi come non lavorate ma che comunque debbono essere pagate.
È anzitutto da rilevare che la disposizione di cui all’art. 97, comma 5, lett. d), d.lgs. 50/2016 (“la stazione appaltante richiede per iscritto, assegnando al concorrente un termine non inferiore a quindici giorni, la presentazione, per iscritto, delle spiegazioni. Essa esclude l'offerta solo se la prova fornita non giustifica sufficientemente il basso livello di prezzi o di costi proposti, tenendo conto degli elementi di cui al comma 4 o se ha accertato, con le modalità di cui al primo periodo, che l'offerta è anormalmente bassa in quanto non può essere letto nel senso di una esclusione automatica … d) il costo del personale è inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle di cui all'articolo 23, comma 16”), non può essere intesa nel senso di un’esclusione automatica di un offerta il cui costo del lavoro è inferiore a quanto previsto nelle tabelle ministeriali, posto che queste tabelle non attengono al trattamento minimo salariale stabilito dalla legge o dalla contrattazione collettiva, al quale solo si riferisce la previsione d’inderogabilità di cui all’art. 97 citato, ma stabiliscono il costo medio orario del lavoro.
“Ebbene, le tabelle ministeriali, predisposte sulla base dei valori economici dalla norma elencati, stabiliscono il costo medio orario del lavoro che è cosa ben diversa dal trattamento minimo salariale stabilito dalla legge o dalla contrattazione collettiva, al quale solo si riferisce la previsione d’inderogabilità di cui all’art. 97, comma 6, d. lgs. n. 50/2016 e all’art. 87, comma 3, d. lgs. n. 163/2006” (Tar Lazio, sez. I ter, 30 dicembre 2016, n. 9182).
Sulla base di tali considerazioni la giurisprudenza è giunta così ad affermare, con orientamento consolidato anche sotto la vigenza del nuovo codice appalti, “che le tabelle ministeriali esprimono un costo del lavoro medio, ricostruito su basi statistiche, per cui esse non rappresentano un limite inderogabile per gli operatori economici partecipanti a procedure di affidamento di contratti pubblici, ma solo un parametro di valutazione della congruità dell'offerta, con la conseguenza che lo scostamento da esse, specie se di lieve entità, non legittima di per sé un giudizio di anomalia (giurisprudenza assolutamente consolidata di questo Consiglio di Stato, da ultimo ribadita da: III, 25 novembre 2016, n. 4989, 2 marzo 2015, n. 1020; IV, 29 febbraio 2016, n. 854; V, 24 luglio 2014, n. 3937)” (Cons. St., sez. V, 6 febbraio 2017, n. 501).
Esprimendo solo una funzione di parametro di riferimento è allora possibile discostarsi da tali costi, in sede di giustificazioni dell’anomalia, sulla scorta di una dimostrazione puntuale e rigorosa.
Nel caso in esame, il consulente al quale l’amministrazione comunale si è rivolta proprio per valutare la congruità dell’offerta in relazione al costo del lavoro, ha ritenuto “di poter affermare che il costo esposto dalla Coop … consentirà il normale mantenimento degli obblighi retributivi, contributivi ed assicurativi del personale di categoria C2 previsto nel bando di gara”.
Il consulente, dopo aver specificato che “i calcoli effettuati dal Ministero sono basati sulla valutazione media di alcune componenti del costo …”, ha evidenziato che “l’incidenza del personale dipendente è stata determinata adeguando alle specificità aziendali e del servizio la tabella di rilevazione del costo del lavoro approvata dal Ministero …”.
In particolare, è stato rilevato che “dalla tabella ministeriale … si evince facilmente che, esaurite tutte le ferie e le assenze per permessi e festività, un lavoratore debba prestare 1703 ore di lavoro nell’anno; calcolando l’incidenza media delle altre assenze in 15,53 ore la Coop. SANFRA avrebbe potuto applicare al conteggio previsionale del proprio costo del lavoro il coefficiente 1687”, e che la controinteressata ha invece utilizzato “il coefficiente 1650, intermedio tra quello ministeriale e quello dichiarato come aziendale”; coefficiente ritenuto adeguato dal consulente: “ciò consente di valutare positivamente tale stima poiché anche nella mia esperienza professionale un’incidenza di assenze per malattia e infortuni pari al 6% è difficilmente riscontrabile. Alla luce della ripresa di costo esposta con riferimento agli scatti di anzianità ed ai contributi INPS e del maggiore coefficiente dichiarato, si può affermare che il costo orario del lavoro è stato determinato in modo sostanzialmente corretto e soprattutto, tenuto conto della tipologia di impegno, richiesto al personale, il datore di lavoro può sperare di ottenere altre economie dall’incidenza, che potrebbe confermarsi minima, delle malattie e soprattutto degli infortuni”.
Anche le altre contestazioni mosse all’offerta dell’aggiudicataria sono state oggetto di un’attenta disamina da parte dell’amministrazione comunale.
È stato infatti rilevato: che risulta adeguato il numero di 400 ore previsto per l’assistente coordinatrice, poiché la prestazione di coordinamento è del tutto residuale essendo ogni intervento già individuato dal piano di assistenza individuale; che, in relazione alla voce mobilità, il bando non prevede la tipologia dei mezzi da utilizzare e l’organizzazione del servizio con l’unica eccezione del costo €/Km, e la presenza dell’aggiudicataria sul territorio e la sua pregressa esperienza conducono a un giudizio di idoneità dell’offerta, e che il trasporto dei soggetti non autosufficienti è un servizio a totale carico dell’aggiudicataria; che, infine, in relazione alla sede operativa l’aggiudicataria ha dichiarato di utilizzare la stessa a titolo gratuito.
In conclusione – alla luce del consolidato orientamento giurisprudenziale sopra richiamato per cui, avendo il giudizio di verifica della congruità di un'offerta potenzialmente anomala natura globale e sintetica, vertendo sulla serietà o non dell'offerta nel suo insieme e non nella ricerca sanzionatoria di specifiche e singole inesattezze della stessa, le valutazioni rese dall’amministrazione possono essere sindacate in sede giudiziale, solo sotto i profili della loro logicità e ragionevolezza, della carenza di istruttoria e della erroneità dei fatti, dovendosi escludere che il giudice possa eseguire autonomamente la verifica di congruità, sovrapponendo la propria idea tecnica al giudizio, non erroneo né illogico, dell'organo amministrativo al quale la legge attribuisce la tutela dell'apprezzamento dell'interesse pubblico nel caso concreto (cfr. ex multis, Cons. St., sez. V, 13 giugno 2016, n. 2547) – non emergono profili di manifesta erroneità o irragionevolezza della valutazione effettuata ai fini della verifica dell’anomalia dell’offerta.
Le spese possono essere compensate per eccezionali motivi.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Seconda definitivamente pronunciando sul ricorso, integrato da motivi aggiunti, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 15 febbraio 2017 con l'intervento dei magistrati:
Eleonora Di Santo, Presidente
Ettore Manca, Consigliere
Claudia Lattanzi, Primo Referendario, Estensore
Guida alla lettura
Secondo la giurisprudenza formatasi e consolidatasi durante la vigenza del D.lgs. 163/2006, il giudizio di anomalia delle offerte non può essere automaticamente desunto dal mancato rispetto delle tabelle ministeriali, considerato che i costi medi del lavoro in esse indicati non costituiscono parametri inderogabili, ma sono indici del giudizio di adeguatezza dell'offerta sottoposti alla valutazione discrezionale dell'Amministrazione[1].
L'eventuale scostamento da tali criteri di massima non legittima ex se un giudizio di anomalia, che deve, invece, risultare puntualmente e rigorosamente giustificato[2].
E', pertanto, nulla la clausola del bando di gara che preveda l'esclusione automatica delle offerte che si discostino dai predetti limiti tabellari del costo del lavoro, non rientrando essa tra le cause giustificanti l'inflizione di una sanzione espulsiva munite di base normativa[3].
Una base normativa al cennato automatismo sembra, invero, doversi rinvenire nel nuovo Codice, precisamente nel disposto normativo di cui all'art. 97, comma 5, lett. d), che, in proposito, testualmente recita: “la stazione appaltante ….esclude l'offerta ... se ha accertato.. che ...è anormalmente bassa in quanto.....d) il costo del personale è inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle di cui all'articolo 23, comma 16” (“Per i contratti relativi a lavori, servizi e forniture, il costo del lavoro è determinato annualmente, in apposite tabelle, dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali sulla base dei valori economici definiti dalla contrattazione collettiva nazionale...”).
In senso contrario la giurisprudenza si è, tuttavia, affrettata a precisare che sul punto “il quadro normativo non risulta mutato con l’entrata in vigore del nuovo codice degli appalti”. In particolare, “la disposizione di cui all’ art. 97, comma 5, lett. d), d. lgs. n. 50/2016, appare, a tale riguardo, erroneamente formulata laddove afferma che l’offerta è anormalmente bassa e, quindi, deve essere esclusa, quando “il costo del personale è inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle di cui all’art. 23, comma 16: le tabelle di cui all’art. 23, comma 16, infatti, non sono altro che le tabelle già previste, con disposizione perfettamente sovrapponibile, dall’art. 86, comma 3bis, d. lgs. n. 163/2006 secondo cui “il costo del lavoro è determinato periodicamente, in apposite tabelle, dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sulla base dei valori economici previsti dalla contrattazione collettiva .... Le tabelle ministeriali.... stabiliscono il costo medio orario del lavoro che è cosa ben diversa dal trattamento minimo salariale stabilito dalla legge o dalla contrattazione collettiva, al quale solo si riferisce la previsione d’inderogabilità di cui all’art. 97, comma 6, d. lgs. n. 50/2016 e all’art. 87, comma 3, d. lgs. n. 163/2006.”[4]
Sulla base di tali considerazioni la giurisprudenza è giunta così ad affermare, con orientamento consolidato anche sotto la vigenza del nuovo codice appalti, “che le tabelle ministeriali esprimono un costo del lavoro medio, ricostruito su basi statistiche, per cui esse non rappresentano un limite inderogabile per gli operatori economici partecipanti a procedure di affidamento di contratti pubblici, ma solo un parametro di valutazione della congruità dell'offerta, con la conseguenza che lo scostamento da esse, specie se di lieve entità, non legittima di per sé un giudizio di anomalia ”[5]
Esprimendo solo una funzione di parametro di riferimento è allora possibile discostarsi da tali costi, in sede di giustificazioni dell’anomalia, sulla scorta di una dimostrazione puntuale e rigorosa.
Nell'applicazione dei delineati principi la II sezione del Tar Lecce ha respinto un ricorso presentato contro l'aggiudicazione di una gara e fondato sull'asserita anomalia dell'offerta formulata dalla ditta aggiudicataria per avere questa calcolato il costo del lavoro in difformità alle tabelle ministeriali (a parere della ricorrente non erano state calcolate tutte le ore da considerarsi come “non lavorate” ma che comunque debbono essere pagate).
Al riguardo la Sezione osserva che “la disposizione di cui all’art. 97, comma 5, lett. d), d.lgs. 50/2016 ….non può essere intesa nel senso dell'esclusione automatica di un'offerta il cui costo del lavoro è inferiore a quanto previsto nelle tabelle ministeriali, posto che queste tabelle non attengono al trattamento minimo salariale stabilito dalla legge o dalla contrattazione collettiva, al quale solo si riferisce la previsione d’inderogabilità di cui all’art. 97 citato, ma stabiliscono il costo medio orario del lavoro”.
Nella specie il consulente al quale l’amministrazione comunale si è rivolta per valutare la congruità dell’offerta in relazione al costo del lavoro[6], dopo aver specificato che “i calcoli effettuati dal Ministero sono basati sulla valutazione media di alcune componenti del costo …”, ha evidenziato che “l’incidenza del personale dipendente è stata determinata adeguando alle specificità aziendali e del servizio la tabella di rilevazione del costo del lavoro approvata dal Ministero …”.
Rileva, inoltre, il Collegio come anche le altre contestazioni mosse sull'adeguatezza dell'offerta presentata dall’aggiudicataria si siano rivelate, dopo un attento esame, infondate sicché deve propendersi per un giudizio di non anomalia della stessa, tanto alla luce del consolidato orientamento giurisprudenziale per cui “il procedimento di verifica dell'anomalia non ha carattere sanzionatorio e non ha per oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell'offerta economica, mirando piuttosto ad accertare se in concreto l'offerta, nel suo complesso, sia attendibile ed affidabile in relazione alla corretta esecuzione dell'appalto.”[7]
[1] Cfr. Consiglio di Stato sez. VI, sentenza n. 2770 del 05.06.2015; Consiglio di Stato sez. III, sentenza n. 5196 del 21.10.2014.
[2] Cfr. Consiglio di Stato sez. V, sentenza n. 5633 del 17/11/2014; Consiglio di Stato sez. IV, sentenza n. 1633 del 22.03.2013; Consiglio di Stato sez. V, sentenza n. 1451 del 12.03.2009; Consiglio di Stato sez.VI, sentenza n. 4783 del 21.07.2010.
[3] Cfr. Tar Campania - Napoli sez. VIII, sentenza n.1385 del 4.3.2015.
[4] Cfr. Tar Roma sez. I ter, sentenza 30 dicembre 2016, n. 12873.
[5] Cfr. Consiglio di Stato sez. V, sentenza n. 501 del 6.02.2017.
[6] Sulla possibilità per la stazione appaltante di nominare un consulente esterno, la giurisprudenza ha stabilito che “una commissione di gara ben può avvalersi di consulenze esterne per meglio poter valutare elementi di ipotizzabile criticità, anche nel corso di un procedimento già avviato …” (Cons. St., sez. VI, 05 aprile 2012, n. 2026); “la stazione appaltante può legittimamente rivolgersi ad un esperto al fine di valutare l'anomalia dell'offerta” (Tar Bari, sez. I, 11 agosto 2008, n. 1209). Tuttavia, seppur è vero che la Commissione può avvalersi di un consulente esterno per effettuare una più approfondita analisi delle offerte, la valutazione sull’anomalia dell’offerta non può essere fatta dal consulente, ma è di esclusiva competenza della commissione (cfr. Tar Lecce sez. II, sentenza n. 441 del 17.03.2017).
[7] Cfr. ex multis Consiglio di Stato sez. VI, sentenza n. 4888 del 21.11.2016.