Sommario. Introduzione. 1 La consultazione preliminare di mercato, erede del dialogo tecnico, quale strumento di indagine volto a colmare il gap informativo delle amministrazioni aggiudicatrici nel segno del potenziamento della discrezionalità dell’amministrazione e della flessibilità procedurale. 2. La negoziazione sulle caratteristiche del contratto d’appalto tra il privato e la p.a. e l’affidamento della commessa tra discrezionalità e autonomia contrattuale: il nuovo dialogo competitivo.

Introduzione

La pubblica amministrazione si serve costantemente di contratti per il raggiungimento dei propri fini istituzionali e le regole e gli istituti di diritto privato vengono regolarmente utilizzati, pur a fronte di una sempre maggiore pubblicizzazione della normativa sulla contrattualistica pubblica dettata soprattutto dall’influsso del legislatore europeo.

Gli obblighi di pubblicità, la disciplina relativa alle varie tipologie di affidamento e, in particolare, la previa fissazione dei criteri di aggiudicazione immodificabili, nonché le disposizioni relative all’esecuzione dei contratti, l’imposizione di misure volte al perseguimento di obiettivi diversi dal risparmio di spesa, sono gli strumenti mediante i quali l’ordinamento europeo ha inciso sull’autonomia negoziale della pubblica amministrazione.

Così, nonostante le amministrazioni pubbliche siano dotate di una piena capacità giuridica, cui fa da corollario, secondo la dottrina prevalente un’ampia autonomia negoziale, esse sono attualmente obbligate a rispettare disposizioni non soltanto di origine interna, ma dell’ordinamento europeo sovraordinato che influenza fortemente la formazione della volontà contrattuale dell’ente pubblico[1].

Circa l’influenza di tale normativa sulla discrezionalità della p.a., più che sulla sua autonomia privata, vale la pena riportare quanto recentemente asserito sul tema da Vinti: «Nell’ambito dell’azione consensuale della p.a. si intrecciano quindi indissolubilmente le facoltà esercitate in posizione di autonomia privata e i poteri propri della discrezionalità amministrativa, in una prospettiva non di contrapposizione tra i due regimi, privatistico e pubblicistico, quanto piuttosto di armonizzazione di questi (..)»[2], in considerazione del fatto che «l’ampiezza della prima dipende dagli spazi di manovra che la legge riserva alla seconda»[3].

Da un certo punto di vista infatti, l’influenza del diritto comunitario, radicando l’affermarsi del principio dell’evidenza pubblica nell’ottica principale di tutelare la concorrenza[4], ha prodotto un graduale esaurimento della discrezionalità nella scelta del contraente, agendo in prima battuta sulle procedure selettive. In particolare si registrano da una parte la restrizione della possibilità di ricorrere all’istituto della trattativa privata mediante l’esplicitazione di ipotesi tassative, e una maggiore procedimentalizzazione[5] delle altre procedure, dall’altra l’introduzione di nuove forme di contrattazione che in ragione della particolare natura della commessa pubblica, lasciano maggiori margini di esercizio dell’autonomia negoziale da parte dell’acquirente pubblico.

Da un’altra parte è stato invece osservato come la disciplina dei contratti pubblici in Italia sin dagli anni venti del secolo scorso, improntata alla sola tutela dell’interesse pubblico e non alla tutela del mercato dei contratti pubblici, sia stata caratterizzata dalla «neutralizzazione e sterilizzazione delle scelte di mercato dell’amministrazione pubblica», mediante una normativa nazionale che aveva il fine di controllare le amministrazioni, contenendo la loro discrezionalità e riducendo al minimo le occasioni di interazione con i concorrenti[6]. Questa parte della dottrina ha sin dall’emanazione delle direttive del 2014 sostenuto che esse, mediante l’introduzione di nuove forme di contrattazione, come il partenariato per l’innovazione e la promozione delle consultazioni preliminari di mercato, abbiano dato avvio alla promozione di un rapporto tra amministrazioni e privati improntato al principio di informalità, favorendo la rimozione di adempimenti formali, vincoli e regole piuttosto rigidi. Del resto la visione stessa e la fiducia che l’ordinamento europeo ripone nei confronti delle amministrazioni e delle imprese operanti nel mercato dei contratti pubblici si differenziano profondamente, per ragioni storico-sociali, da quelle nazionali[7]. La principale conseguenza del diverso approccio nazionale si è concretizzata in una maggiore tipizzazione delle condotte e ad una preferenza per regole ed istituti del diritto pubblico a discapito della libertà delle forme, tipica del diritto privato[8].

Per converso la più recente tendenza dell’ordinamento europeo è stata quella di incentivare i soggetti pubblici ad agire secondo logiche più vicine a quelle dei soggetti privati di detto mercato, tendendo ad incrementare la capacità di scelta delle amministrazioni, ossia l’esercizio della loro discrezionalità: «I contatti tra le amministrazioni e gli operatori economici sono parte delle normali interazioni di mercato, la libertà delle forme del diritto privato è preferibile alla tipizzazione del diritto pubblico (…)»[9].

Occorrerà ora verificare se l’occasione di rivisitare l’approccio italiano alla materia, mediante l’allineamento all’ottica europea sia stata opportunamente colta o meno. Come sembra dai primi commenti al nuovo codice dei contratti pubblici e come risulta dal parere n. 1767 del 1 agosto 2016, reso dall’adunanza della Commissione speciale del Consiglio di Stato del 6 luglio 2016 in merito alle proposte di linee guida dell’ANAC, lo strumento della regolamentazione flessibile, in particolar modo quello offerto dalle linee guida non vincolanti, sembrerebbe proprio volto ad orientare e supportare, senza soffocarla, la discrezionalità delle stazioni appaltanti[10].

1.    La consultazione preliminare di mercato, erede del dialogo tecnico, quale strumento di indagine volto a colmare il gap informativo delle amministrazioni aggiudicatrici nel segno del potenziamento della discrezionalità dell’amministrazione e della flessibilità procedurale

All’Amministrazione pubblica è concesso di portare avanti talune iniziative prodromiche alla scelta dello strumento contrattuale e della procedura stessa di affidamento del contratto, che nella prassi amministrativa hanno assunto diverse denominazioni[11], ma che sostanzialmente hanno il fine unico di consentire all’ente pubblico di svolgere un vaglio del mercato, ottenendo quelle informazioni di cui è carente per giungere ad una migliore consapevolezza relativamente alle disponibilità e conoscenze degli operatori economici rispetto a determinati beni o servizi.

Queste ipotesi di raccordo che precedono la scelta della procedura di selezione sono volte altresì ad abbattere, mediante la raccolta di informazioni da parte delle stazioni appaltanti dei c.d. costi transattivi, generati dall’obbligo di porre in essere procedure standardizzate[12]. Ed infatti relativamente a contratti particolarmente complessi può accadere che l’amministrazione non sia in grado di individuare l’oggetto della commessa o i criteri di valutazione, pertanto l’applicazione di moduli concorsuali e contrattuali tipici che cioè lasciano pochi margini alla discrezionalità e all’autonomia, non risulta essere la scelta più opportuna.

«Il perfezionamento di contratti elaborati o innovativi, che non trovano adeguati termini di confronto nel mercato o nell’esperienza, postula, quando l’amministrazione sia sguarnita di quel livello minimo di informazione che costituisce presupposto logico indispensabile alla stessa imbastitura di una gara, che i candidati alla stipulazione prestino un contributo creativo già in fase di preparazione della procedura»[13].

Si tratta in ogni caso di ipotesi che non sono specificamente individuate dal legislatore, lasciando così all’amministrazione la mia ampia facoltà di scegliere quando ed in che modo ricorrere alla consultazione preliminare del mercato.

L’art. 40 della direttiva n. 24/2014 reca disposizioni in tema di consultazioni preliminari di mercato, prevedendo che prima dell’avvio di una procedura di appalto, le amministrazioni aggiudicatrici abbiano facoltà di effettuare preliminari consultazioni di mercato volte alla preparazione dell’appalto e indirizzate agli operatori economici degli appalti da essi programmati e dei requisiti relativi. A tal fine, è offerta la facoltà alle amministrazioni aggiudicatrici di sollecitare o accettare consulenze da parte di esperti o autorità indipendenti o da parte di partecipanti al mercato[14]. Le consulenze così ottenute potranno essere utilizzate nella pianificazione e nello svolgimento della procedura di appalto sempreché il loro utilizzo non abbia l’effetto di falsare la concorrenza e non comporti una violazione dei principi di non discriminazione e di trasparenza. Una tale previsione «coopera ad un più agevole svolgimento delle attività di preparazione e gestione dell’appalto, nel segno dell’incremento della discrezionalità dell’amministrazione e della flessibilità procedurale l’istituto delle consultazioni preliminari di mercato (art. 40 direttive appalti e 58 direttive settori speciali)»[15].

            Lo strumento è stato recepito mediante il metodo del copy out dall’art. 66 del D.Lgs. n. 50/2016, in base al quale prima dell’avvio di una procedura d’appalto le amministrazioni aggiudicatrici possano svolgere consultazioni di mercato per la preparazione dell’appalto e per lo svolgimento della relativa procedura nonché per informare gli operatori economici degli appalti programmati e dei requisiti relativi. Le amministrazioni aggiudicatrici possono così acquisire consulenze, relazioni o altra documentazione da parte di esperti o di partecipanti al mercato nel rispetto delle disposizioni stabilite nel nuovo codice dei contratti pubblici. Anche nella previsione di recepimento nazionale è previsto l’utilizzo della documentazione così ottenuta ai fini della pianificazione e per lo svolgimento della successiva ed eventuale procedura di appalto, fatto salvo il rispetto della concorrenza e dei principi di non discriminazione e di trasparenza.

Lo strumento, che ha avuto una forte eco, per vero non costituisce una novità sul piano europeo, in quanto già la Direttiva 2004/18/CE, nel suo ottavo Considerando[16] prevedeva che «prima dell'avvio di una procedura di aggiudicazione di un appalto, le amministrazioni aggiudicatrici» potessero, «avvalendosi di un "dialogo tecnico", sollecitare o accettare consulenze che possono essere utilizzate nella preparazione del capitolato d’oneri» a condizione che tali consulenze non avessero l'effetto di ostacolare la concorrenza[17]. Questa previsione, tuttavia, era contenuta solo nel preambolo della Direttiva del 2014 e non nell’articolato, così come non era menzionata dal Codice nazionale di recepimento[18].

Ad ogni modo numerose amministrazioni si sono avvalse dello strumento, in particolare in quelle ipotesi di beni o servizi particolarmente complessi o sperimentali, a forte componente tecnologica, come nel campo sanitario e spaziale[19].

La consultazione preliminare di mercato, così come il dialogo tecnico prima di essa, non costituisce una procedura di aggiudicazione di un contratto, quanto piuttosto un momento di scambio di informazioni, una consulenza gratuita, sollecitata dalle stazioni appaltanti, o proposta da un operatore economico, un esperto o una autorità indipendente, che non vincola in alcun modo l’amministrazione procedente all’eventuale procedura successiva.

Non trattandosi di una procedura standardizzata, la norma non specifica, ora come allora[20], in che modo la consultazione debba avvenire, lasciando all’autonoma regolamentazione dell’ente procedente la scelta del modus operandi, purché la consultazione non abbia l’effetto di falsare la concorrenza e si svolga nel rispetto dei principi di non discriminazione e di trasparenza sia nei confronti dei partecipanti al dialogo, sia dei potenziali futuri partecipanti alla gara[21].

La consultazione può, quindi, avvenire sulla base di un avviso – pubblicato, ad esempio, sul sito web istituzionale – e su invito, in forma libera e gratuita. Per stimolare la partecipazione occorre sempre tutelare la riservatezza sui segreti commerciali, altrimenti si rischia o la mancata partecipazione, oppure di non ottenere informazioni rilevanti.

Fondamentale in proposito è però il rispetto dell’art. 41 della Direttiva 24/2014 (trasposto nell’art. 67 del nuovo codice degli appalti) che si occupa di disciplinare il contegno dell’amministrazione nell’ipotesi in cui, a seguito della partecipazione alla consultazione il candidato partecipi alla successiva procedura[22]. Quando un candidato o un offerente o un’impresa collegata ad un candidato o a un offerente abbia fornito una consulenza all’amministrazione aggiudicatrice l’amministrazione è infatti tenuta ad adottare misure adeguate per garantire che la concorrenza non sia falsata dalla partecipazione del candidato o dell’offerente in questione alla fase prodromica alla procedura.

Tra le misure suggerite dalla norma vi sono: la comunicazione agli altri candidati e offerenti di informazioni pertinenti scambiate nel quadro della consultazione; la fissazione di termini adeguati per la ricezione delle offerte. Financo l’esclusione degli operatori già coinvolti è una delle misure suggerite, sebbene unicamente nel caso in cui non vi siano altri mezzi per garantire il rispetto dell’obbligo di osservare il principio della parità di trattamento e, comunque, non prima di aver dato loro la possibilità di provare che la loro partecipazione alla preparazione della procedura di aggiudicazione dell’appalto non sia un elemento in grado di falsare la concorrenza[23].

Le misure sono orientate ad evitare una chiusura totale alla doppia partecipazione che avrebbe il risultato di disincentivare completamente la partecipazione alla procedura di consultazione preliminare, in cui la più ampia partecipazione costituisce un vantaggio proprio per l’amministrazione procedente.

La consultazione preliminare di mercato (ex dialogo tecnico) si conferma comunque, stante la sua scarna regolamentazione, uno strumento particolarmente flessibile, che permette alla stazione appaltante un approccio alla negoziazione molto simile a quello del privato[24].

In merito alla questione se nell’ambito della consultazione l’amministrazione eserciti discrezionalità[25] ovvero autonomia contrattuale, sembrerebbe che la dottrina e la giurisprudenza si siano attestate sulla prima opzione, sebbene non v’è chi non veda l’esplicarsi di una forma di autonomia contrattuale dell’ente pubblico.

Tuttavia occorre osservare che la nuova formulazione dell’istituto apporta un ulteriore elemento positivo in precedenza assente rispetto all’istituto in analisi. Ed infatti, vigente la precedente disciplina, si poteva ben asserire che «il dialogo tecnico ha dunque rilevanza assai marcata proprio per la sua afferenza a una fase preliminare alla gara stessa. Ossia in una fase nella quale scelte assunte lontano dall’attenzione (anche giudiziale) che è più facilmente riservata alla fase di gara in senso stretto, possono (occultamente) risultare decisive degli esiti di quest’ultima. Il che, ovviamente, è quanto di più lontano dalla linearità e dalla trasparenza che condizionano l’effettiva concorrenzialità del mercato»[26].

Tale ultima affermazione sembra non conservare attualità. Infatti prima delle nuove direttive appalti del 2014, l’unica clausola che in qualche modo salvaguardasse la trasparenza del successivo svolgimento di eventuali procedure susseguenti al dialogo tecnico era considerata l’art. 68 del D.Lgs. n. 163 del 2006 che imponeva la stesura in chiave non discriminatoria dei bandi e dei capitolati, favorendosi una formulazione degli stessi in termini funzionali e di risultato. Così la norma veniva intesa in maniera che alcun dialogo tecnico potesse portare alla formulazione di bandi, capitolati e lettere d’invito che non osservassero le regole concorrenziali alla base della contrattazione pubblica[27].

Ad oggi, invece, se a valle della consultazione preliminare di mercato si instaura una procedura selettiva nella quale non si tenga conto delle accortezze imposte dall’art. 67 del nuovo codice degli appalti in caso di partecipazione dei medesimi operatori economici, si lede espressamente ed inequivocabilmente il principio di concorrenzialità alla base della disciplina della contrattualistica pubblica.

Da ciò potrebbe derivare una illegittimità della consultazione e forse financo un’illegittimità della procedura per così dire “derivata” dalla consultazione preliminare di mercato, che riverserebbe i propri effetti sul contratto stipulato a valle. Forse è proprio questo il caso in cui il maggiore rilievo normativo dato allo strumento più flessibile nell’ambito dell’attività precontrattuale “pura”, ha comportato una deminutio dell’autonomia contrattuale della pubblica amministrazione nella fase prodromica deputata alle libere scelte. Occorrerà attendere comunque sul punto il pronunciarsi della giurisprudenza ed una maggiore consapevolezza della dottrina.

Al momento, quello che può certamente affermarsi è che il tentativo di normare questa fase preparatoria alla contrattazione, al fine di ottemperare alla richiesta da parte dell’Europa di apportare una maggiore efficienza negli acquisti da parte del buyer pubblico, dovrà fare i conti con il tendenziale contenimento della discrezionalità ancora egemone nel nostro ordinamento.

2.    La negoziazione sulle caratteristiche del contratto d’appalto tra il privato e la p.a. e l’affidamento della commessa tra discrezionalità e autonomia contrattuale: il nuovo dialogo competitivo

La finalità delle direttive comunitarie del 2014 è stata, come si è osservato sinora, quella di colmare la distanza tra il sistema della negoziazione pubblica e quello delle imprese, e proprio a tal fine le linee direttive dell’intervento furono saldate nella semplificazione, nella riduzione dei formalismi, nella flessibilità nella scelta del contraente, nel rilancio della discrezionalità delle amministrazioni pubbliche[28].

In proposito appare opportuno esaminare la figura del dialogo competitivo, in cui la fase prodromica alla scelta del contraente, volta all’individuazione dei contenuti del contratto mediante l’ausilio del privato è particolarmente improntata all’esercizio di ampi margini di discrezionalità.

Si tratta di una procedura che ha origine nei sistemi di common law[29] geneticamente flessibile orientata a colmare (come la consultazione preliminare di mercato) la forte asimmetria informativa che talvolta investe l’amministrazione rispetto al privato. Essa si differenzia dalla consultazione precedentemente analizzata in quanto, benché entrambe le procedure siano finalizzate a permettere un dialogo con gli operatori economici trasparente, efficace ed imparziale, hanno in verità un approdo diverso. Infatti nel dialogo competitivo la stazione appaltante è già in possesso di un’idea, che benché non abbia i contorni della definitività, è nondimeno più elaborata, tantoché il dialogo competitivo, a differenza della mera consultazione, è finalizzato all’aggiudicazione di un appalto[30].

Vi sono dunque ipotesi nelle quali è concesso all’Amministrazione pubblica di svolgere talune operazioni prodromiche alla scelta dello strumento contrattuale, in cui questa agisce in un modo molto simile a quello di un privato, benché comunque entro dei limiti determinati a priori dal legislatore, e comunque allo scopo di individuare un contraente[31].

Così nell’ambito dell’analisi circa i possibili spazi di discrezionalità – o di autonomia contrattuale – nell’ambito dell’attuale disciplina dei contratti pubblici appare opportuno soffermarsi sulla figura del dialogo competitivo, che in ragione della propria strutturazione è stata, sino all’avvento del partenariato per l’innovazione di nuovo conio, la più flessibile ed elastica procedura ideata per l’affidamento della commessa pubblica[32].

La creazione di un’amministrazione che sia in grado di interloquire responsabilmente con il sistema delle imprese private nell’ambito del mercato dei contratti pubblici era l’obiettivo primario delle ultime direttive del 2014, che hanno fornito a livello nazionale l’opportunità di accrescere gli ambiti della discrezionalità delle amministrazioni nel campo della contrattazione, intervenendo a sradicare quel tipico contegno di sfiducia che ha caratterizzato il sistema italiano degli appalti pubblici[33] nel secolo scorso.

Il dialogo competitivo, come noto, è una procedura introdotta nel nostro ordinamento dal D.Lgs. n. 163/2006 che recepiva l’art. 29 della direttiva 2004/18/CE, ed attualmente regolamentata dal D.lgs. n. 50/2016, che lo definisce all’art. 3 co. 1 lett. vvv) come una «procedura di affidamento nella quale la stazione appaltante avvia un dialogo con i candidati ammessi a tale procedura, al fine di elaborare una o più soluzioni atte a soddisfare le sue necessità e sulla base della quale o delle quali i candidati selezionati sono invitati a presentare le offerte; qualsiasi operatore economico può chiedere di partecipare a tale procedura». Rispetto alla definizione inizialmente fornita dall’art. 3 co. 39 dell’abrogato D.Lgs. n. 163/2006, anche sulla base di quanto rilevato dal Consiglio di Stato con il parere 855/2016 avente ad oggetto lo schema di decreto legislativo, è stata soppressa la condizione precedentemente in vigore relativa all’utilizzo della procedura soltanto per gli “appalti particolarmente complessi”, in quanto nella direttiva 2014/24/UE tale carattere non ha più alcuna rilevanza (mentre era previsto nella precedente direttiva 18 del 2004).

Nella previgente disciplina presupposto per ricorrere al dialogo competitivo era infatti che l’appalto fosse particolarmente complesso nei termini indicati dall’art. 58, comma 2 del D.Lgs. 163/2006[34], ossia quando la stazione appaltante non fosse oggettivamente in grado di definire i mezzi tecnici per soddisfare le sue necessità o i suoi obiettivi, vertendo nell’impossibilità di definire l’oggetto dell’appalto in termini di prestazioni o di profili funzionali in maniera sufficientemente precisa, tale da non poter permettere alle imprese di formulare un’offerta; ovvero nel caso in cui la stazione appaltante non fosse oggettivamente in grado di specificare l’impostazione giuridica (ad esempio il tipo contrattuale) o finanziaria di un progetto, stante la mancanza a causa di fattori oggettivi ad essa non imputabili, di studi in merito alla identificazione e quantificazione dei propri bisogni o all’individuazione dei mezzi strumentali al soddisfacimento dei predetti bisogni, alle caratteristiche funzionali, tecniche, gestionali ed economico-finanziarie degli stessi e all’analisi dello stato di fatto e di diritto di ogni intervento nelle sue eventuali componenti storico-artistiche, architettoniche, paesaggistiche, nonché sulle componenti di sostenibilità ambientale, socio-economiche, amministrative e tecniche.

Il livello di specificazione dei presupposti per il ricorso al dialogo competitivo nella previgente normativa aveva lo scopo precipuo di definirne maggiormente i limiti di applicazione, al fine di evitare l’abuso dello strumento, che per sua natura permetteva ampia discrezionalità alla stazione appaltante[35]. Peraltro, sempre a tal fine il legislatore nazionale aveva introdotto il previo parere obbligatorio – benché non vincolante – del Consiglio Superiore dei lavori pubblici, e del Consiglio Superiore dei beni culturali per i lavori di competenza. Dal disposto della disciplina pregressa si evince dunque come il dialogo competitivo fosse pensato più come l’eccezione che come la regola nell’ambito delle procedure selettive, anche in considerazione dell’iniziale clausola di chiusura della norma che prevedeva il ricorso all’istituto del dialogo competitivo quando gli obiettivi dell’appalto non erano perseguibili con l’utilizzo delle ordinarie procedure aperte o ristrette di scelta del contraente[36].

Le intenzioni del legislatore comunitario del 2014 erano invece di stampo differente rispetto a quelle del 2004. Così già nei Considerando nn. 42 e 43 è stata sottolineata la necessità che le amministrazioni aggiudicatrici disponessero di una maggiore flessibilità nella scelta di una procedura d’appalto che prevedesse la negoziazione con i privati in quanto «(…) il ricorso al dialogo competitivo ha registrato un incremento significativo in termini di valore contrattuale negli anni passati. Si è rivelato utile nei casi in cui le amministrazioni aggiudicatrici non sono in grado di definire i mezzi atti a soddisfare le loro esigenze o di valutare ciò che il mercato può offrire in termini di soluzioni tecniche, finanziarie o giuridiche»[37].

Così, l’attuale enunciato della norma sembra permettere all’amministrazione di utilizzare al dialogo competitivo al ricorrere di ipotesi più ampie: quando le esigenze dell'amministrazione aggiudicatrice perseguite con l'appalto non possono essere soddisfatte senza adottare soluzioni immediatamente disponibili, quando queste implicano progettazione o soluzioni innovative, ovvero quando l'appalto non può essere aggiudicato senza preventive negoziazioni a causa di circostanze particolari in relazione alla natura, complessità o impostazione finanziaria e giuridica dell'oggetto dell'appalto o a causa dei rischi a esso connessi, quando le specifiche tecniche non possono essere stabilite con sufficiente precisione dall'amministrazione aggiudicatrice con riferimento a una norma, una valutazione tecnica europea, una specifica tecnica comune o un riferimento tecnico[38]. A queste ipotesi si aggiunge peraltro il caso in cui all’esito di una procedura aperta o ristretta siano state presentate soltanto offerte irregolari o inammissibili[39]. Manca perciò nell’attuale formulazione legislativa nazionale il riferimento all’impossibilità di ricorrere alle procedure canoniche, sebbene nel considerando n. 42 della direttiva 2014/24/UE il riferimento fosse presente[40].

A tale proposito si può dunque affermare che l’attuale previsione estenda in maniera considerevole la possibilità di ricorrere alla procedura di dialogo competitivo, riportando una serie di circostanze la cui formulazione appare molto meno specifica rispetto alla precedente.

Dal punto di vista procedurale la struttura del dialogo competitivo è definita anche nella nuova norma in maniera piuttosto scarna, che lascia alla stazione appaltante ampia possibilità di definire l’iter procedurale da utilizzare per il dialogo[41]. A tal ultimo proposito peraltro si osservi come manchi nella nuova disciplina qualunque riferimento a regolamenti o atti di regolazione che determinino le modalità attuative del dialogo, a differenza di quanto precedentemente previsto dal comma 18 bis dell’art. 58 del D.lgs. n. 163/2006[42]. In ogni caso, anche in considerazione di quanto statuito dall’allora AVCP, ora ANAC[43], sebbene la procedura di dialogo competitivo possa svolgersi senza particolari formalità deve comunque garantire il rispetto dei principi di parità di trattamento dei concorrenti, trasparenza, riservatezza e di concorrenza[44].

Il dialogo competitivo prende avvio a seguito della pubblicazione di un avviso ovvero di un bando di gara, il quale deve semplicemente contenere le indicazioni richieste per la selezione qualitativa[45], poiché l’aggiudicazione dell’appalto potrà avvenire soltanto in applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa[46] [47]. In quest’ultima previsione, giustificata dalla particolare natura dei presupposti che legittimano il ricorso alla procedura, si riscontra un ulteriore elemento di discrezionalità della stazione appaltante. Infatti l’utilizzo del criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, si presenta come il più discrezionale[48].

La norma si limita ad indicare gli elementi essenziali della contrattazione[49], quali il rispetto della trasparenza, della parità di trattamento dei concorrenti[50], e la pari informazione di questi, prevedendo, al pari della previgente disciplina, che le negoziazioni possano svolgersi in fasi successive in modo da ridurre progressivamente il numero delle soluzioni da discutere durante la fase del dialogo, sempreché previsto dal bando o dalla documentazione di indizione della procedura. Rilevante in questa fase iniziale è la previsione della possibilità di avvalersi della cosiddetta forcella (art. 64 co. 3 ultimo periodo del Codice) disciplinata dall’art. 91 del codice, che sarà trattato più avanti nell’ambito della procedura negoziata. Qui basti osservare che si tratta della facoltà della stazione appaltante di ridurre il numero dei candidati idonei da invitare a partecipare alla procedura.

Conclusa la fase della negoziazione, l’amministrazione procedente dichiara concluso il dialogo e ne informa i partecipanti rimanenti, invitandoli a predisporre le rispettive migliori offerte in base alle soluzioni accolte al termine del dialogo. Le offerte presentate possono, sebbene ci si trovi ormai nella seconda fase della procedura di aggiudicazione dell’appalto, essere oggetto di ulteriore contrattazione, costituita da precisazioni e chiarimenti, perfezionamenti e completamenti purché essi non abbiano l’effetto di modificare gli aspetti essenziali dell’offerta o dell’appalto, compresi i requisiti e le esigenze segnalati nella documentazione di gara. È evidente che anche in questa seconda fase lo schema che viene utilizzato è quello della procedura negoziata, pertanto uno schema piuttosto elastico che permette di proseguire la contrattazione anche dopo la fine della fase propriamente detta di dialogo.

Di particolare rilevanza ai fini che qui interessano è anche la previsione di cui all’art. 64 co. 11 lett. b) dell’odierno codice che prevede la possibilità di condurre ulteriori negoziazioni con l’operatore economico che risulta aver presentato l’offerta con il miglior rapporto qualità-prezzo, per confermare gli impegni finanziari o altri termini contenuti nell’offerta attraverso il completamento dei termini del contratto, senza dover necessariamente continuare la contrattazione con tutti i partecipanti ammessi. Chiaramente anche in questo caso sarà necessaria una previsione esplicita in tal senso nella documentazione di gara.

Il dialogo competitivo, soprattutto come risultante dalla nuova formulazione, si conferma uno degli strumenti (insieme con la procedura negoziata ed il partenariato per l’innovazione che si analizzeranno in seguito) di maggior respiro nell’ambito della contrattazione pubblica[51], che può certamente contribuire a colmare quel gap informativo sussistente in talune ipotesi tra stazioni appaltanti e impresa privata, nell’ottica dell’ottenimento di un «equilibrio tra regola e discrezionalità»[52].

Secondo parte della dottrina si tratta per vero di uno strumento mediante il quale esercitare l’autonomia negoziale della pubblica amministrazione, sebbene l’applicazione delle regole per esso dettate ne condizionano la formazione della volontà, che in definitiva ne risulta «diversamente condizionata, ma non per questo può assumersi come libera»[53].

 

 

[1] In questi termini, Cianflone A., Giovannini G., L’appalto di opere pubbliche, XXII ed., tomo I, Milano, 2012, 559-600: «Al contrario del privato, che nella sua attività negoziale non trova altro limite che quello dell’illecito, la p.a. non è libera di formulare il contenuto di contratti di appalto di oo.pp. che la riguardano. Disposizioni speciali di legge vietano ad essa, e in genere per tutti i contratti, di inserire clausole di contenuto determinato, altre limitano la sua autonomia nella disciplina di alcuni punti che la loro regolamentazione trovano fissata quasi integralmente in disposizioni speciali, altre ancora stabiliscono l’inserimento obbligatorio di certe clausole. (…) Si cerca in tal modo di assicurare che il contenuto del contratto non sia lasciato alla discrezione o improvvisazione degli uffici esecutivi, ma si cerca di predeterminarlo quanto più è possibile e per uniformità di disciplina e, soprattutto, a garanzia della pa».

[2] Vinti S., Limiti funzionali all'autonomia negoziale della pubblica amministrazione nell'appalto di opere pubbliche, Padova, 2008, 83.

Interessante sul punto la posizione di Roehrssen di Cammarata G., I contratti della pubblica amministrazione, cit., 18 che sottolinea come, anche nell’attività dell’ente pubblico svolta secondo il diritto privato «un influsso del diritto pubblico non manca mai e non può mancare. Per effetto di ciò vengono ad intrecciarsi in vario modo norme ed istituti di diritto privato e norme di diritto pubblico, atti giuridici privati ed atti amministrativi, posizioni privatistiche e posizioni squisitamente pubblicistiche (…)».

[3] Vinti S., Limiti funzionali all'autonomia negoziale della pubblica amministrazione nell'appalto di opere pubbliche, cit., 85.

[4] Si veda Tommasi R., Il nuovo diritto privato della Pubblica Amministrazione, Torino, 2004. Sull’influenza che il principio della concorrenza ha avuto sui contratti pubblici si veda anche Lalli A., Disciplina della concorrenza e diritto amministrativo, cit., 398 ss. In particolare l’A. rileva che se da una parte l’imposizione di regole pro-concorrenziali particolarmente pregnanti abbiano favorito i privati determinando una maggiore libertà di autodeterminazione sul mercato, dall’altro «nei confronti dell’autonomia negoziale dei pubblici poteri con riferimento alla materia degli appalti pubblici hanno determinato l’elaborazione di una disciplina minuziosa volta a condizionare intensivamente l’esercizio di detta autonomia».

[5] In proposito appare opportuno riportare la condivisibile osservazione formulata nel secolo scorso, sebbene in un’epoca in cui si era ancora lungi dall’attuale intervento normativo profondo del legislatore comunitario: «Le procedure contrattuali degli enti pubblici sono state formalizzate fino al limite – e talora oltre il limite – della compatibilità con il canone dell’efficienza». Così Bardusco A., La struttura dei contratti delle pubbliche amministrazioni: atti amministrativi e negozio di diritto privati, cit., 29. Si veda anche Caroli Casavola H., La globalizzazione dei contratti delle pubbliche amministrazioni, Milano, 2012, Id., Le procedure di aggiudicazione, in Giornale di diritto amministrativo, 4, 2016, 451 ss. L’A. attribuisce al fenomeno della globalizzazione giuridica «(…) un’accresciuta procedimentalizzazione dell’attività contrattuale delle amministrazioni – in particolare, la negoziazione – e un rafforzamento delle garanzie procedimentali degli operatori economici, teso a favorire l’apertura alla concorrenza dei mercati nazionali». Si esprime in termini di «formalismo paralizzante» Pajno A., La nuova disciplina dei contratti pubblici tra esigenze di semplificazione, rilancio dell’economia e contrasto alla corruzione, in 61° Convegno di Studi Amministrativi su “La nuova disciplina dei contratti pubblici fra esigenze di semplificazione, rilancio dell’economia e contrasto alla corruzione”, Varenna 17-19 settembre 2015, 5, su www.giustizia-amministrativa.it (agg. Agosto 2016).

[6] Così Torchia L., La nuova direttiva europea in materia di appalti servizi e forniture nei settori ordinari, in 61° Convegno di Studi Amministrativi su “La nuova disciplina dei contratti pubblici fra esigenze di semplificazione, rilancio dell’economia e contrasto alla corruzione”, Varenna 17-19 settembre 2015, 3, su www.giustizia-amministrativa.it (agg. Agosto 2016).

[7] Osserva Cafagno M., Flessibilità e negoziazione. Riflessioni sull’affidamento dei contratti complessi, in Riv. Trim. dir. pubbl. comunit., 2013, 5-6, 991 ss., come mentre nell’ottica nazionale «una rigorosa procedimentalizzazione dei meccanismi di scelta, a priori, si erge a misura utile a prevenire arbitrio corruttela», nell’ottica europea «le gare si prestano così ad essere investigate come dispositivi di emulazione controllata delle dinamiche concorrenziali, come processi di interazione (…)», e che l’insieme della regolamentazione sia finalizzata alla salvaguardia del mercato e della concorrenza.

[8] Torchia L., La nuova direttiva europea in materia di appalti servizi e forniture nei settori ordinari, cit.. Nello stesso senso anche Pajno A., La nuova disciplina dei contratti pubblici tra esigenze di semplificazione, rilancio dell’economia e contrasto alla corruzione, ibidem, 10, il quale sottolinea come la discrezionalità, e cioè il potere di scelta, costituisca il cuore stesso dell’amministrazione, la quale dovrebbe poter scegliere responsabilmente, mentre non sembra essere questa la scelta dell’ordinamento nazionale «nel quale la linea di tendenza è, al contrario, quella di limitare la discrezionalità dell’amministrazione, considerata una fonte di possibile arbitrio».

[9] Torchia L., op. ulti. cit. L’A. osserva come nell’ordinamento italiano prevalga al contrario una generalizzata sfiducia verso operatori ed amministrazioni, tantoché gli spazi riservati alla discrezionalità sono sempre stati considerati forieri di condotte corruttive, preferendo il ricorso ad automatismi alla libertà di scelta. Allo stesso modo Pajno A., op. ult. cit., 10, osserva che nel settore dei contratti pubblici «il problema teorico e pratico è quello di conciliare due valori in possibile conflitto, la flessibilità e discrezionalità della scelta delle imprese da invitare a presentare l’offerta con la garanzia della par condicio nell’accesso al mercato e che in Italia, per tradizione, si è sempre preferito privilegiare il vincolo rispetto alla discrezionalità, sospetta perché capace di generare collusione e corruzione, secondo un ordinamento che non è condiviso dalla disciplina europea».

[10] A tal proposito si legge nel parere citato: «(…) nello svolgere la funzione di orientamento e supporto della discrezionalità delle stazioni appaltanti, le linee guida non vincolanti devono coniugare la loro ontologica mancanza di forza cogente (…) con l’enunciazione chiara ed intellegibile delle ragioni alla base delle regole da esse dettate».

[11] In merito, di rilievo l’apporto di Perongini S., Le gare preliminari alla trattativa privata. Ipotesi di procedimenti amministrativi atipici, Napoli, 1990, 31. L’Autore, attraverso un’attenta disamina della trattativa privata svolta al fine di sancirne la natura giuridica, individua tre tipologie di c.d. «gare preliminari»: a) gare esplorative; b) gare ufficiose; c) gare atipiche formali ed informali.  L’A. si sofferma sulla problematica della gara prodromica alla trattativa privata, tuttavia la definizione che offre della gara esplorativa è essenziale anche per l’analisi che si sta effettuando in questo paragrafo: «nelle gare esplorative l’amministrazione pone in essere una complessa attività, per lo più di natura istruttoria, volta ad acquisire informazioni relative alle caratteristiche tecniche di determinate merci, alle particolarità ed ai tempi della consegna, ai costi della manutenzione, al prezzo dei beni ecc. ecc. Esse, per la modalità con cui si esplicano, non coinvolgono altri soggetti, né creano aspettative di alcun genere».

[12] Si veda in tal senso Cafagno M., Lo stato banditore. Gare e servizi locali, Milano, 2001, 130 ss.

[13] Cafagno M., op. ult. cit., 261.

[14] Occorre in proposito sin d’ora sottolineare che la nuova formulazione dell’istituto amplia moltissimo la platea dei soggetti coinvolti nella consultazione preliminare rispetto al dialogo tecnico precedente. Non più soltanto gli operatori economici, ma anche esperti ed autorità indipendenti.

[15] Pajno A., La nuova disciplina dei contratti pubblici tra esigenze di semplificazione, rilancio dell’economia e contrasto alla corruzione, cit.

[16]  Il dialogo tecnico era previsto altresì dal decimo Considerando della direttiva n. 97/52/CE e dal tredicesimo della direttiva n. 98/4/CE.

[17] L’istituto si differenzia dal dialogo competitivo. Quest’ultimo infatti, pur raffigurando un’ipotesi di procedura in cui l’obiettivo principale è quello di assicurare un dialogo trasparente, efficace e imparziale ed imparziale con gli operatori, ha un oggetto diverso. In proposito si osservi quanto asserito da Invernizzi R., Il dialogo competitivo e il dialogo tecnico, in Sandulli M.A., De Nictolis R., Garofoli R. (diretto da), Trattato sui contratti pubblici, Milano, 2008, III tomo, 1932, secondo il quale «il dialogo tecnico si colloca all’estremità iniziale dell’ideale linea che si può tracciare tra la concezione della necessità dell’appaltante di procurarsi una determinata prestazione e la concreta esecuzione di quest’ultima. Il dialogo tecnico, afferisce invece il successivo momento nel quale l’idea dell’appaltante, pur se non perfettamente messa a punto, è già nondimeno più elaborata, tanto che l’appaltatore è in grado di stilare il bando e il documento descrittivo di corredo che, come visto, fungono da base per la prima parte del dialogo competitivo. Inoltre il dialogo tecnico può essere utilizzato in generale, e non solo per gli “appalti complessi” cui è confinato il dialogo competitivo. Inoltre, quest’ultimo è preordinato all’aggiudicazione di un appalto, mentre il dialogo tecnico è preordinato alla eventuale indizione di una gara».  

[18] Lo strumento, come anticipato, deriva dal decimo considerando della direttiva 97/52/CE (che novellava la direttiva 92/50/CE in tema di appalti di servizi, nonché nel tredicesimo considerando della direttiva 98/4/CE, modificativa della direttiva 93/36/CE, in tema di appalti nei settori esclusi): «considerando che gli enti aggiudicatori possono sollecitare, o accettare, consulenze che possano essere utilizzate nella preparazione di specifiche per un determinato appalto, a condizione che tale consulenze non abbiano l’effetto di ostacolare la concorrenza».

[19] Si vedano ad esempio le Linee guida di Assobiomedica per la formulazione di disciplinari di gara per l’acquisto di beni e servizi delle aziende sanitarie ed ospedaliere del s.s.r. del Marzo 2012, in cui Dialogo tecnico viene considerato come finalizzato alla migliore predisposizione degli atti di gara: «Il Gruppo Tecnico ritiene che debbano essere recepite le indicazioni contenute nell'ottavo "considerando" dell'ultima Direttiva comunitaria in tema di appalti pubblici riguardo all'istituto del c.d. "dialogo tecnico". Si ritiene pertanto opportuno che, ove possibile, nella fase preliminare all'avvio di una procedura di aggiudicazione, le amministrazioni aggiudicatrici si avvalgano del c.d. dialogo tecnico con tutte le imprese di settore interessate, le quali potranno, in questa fase, mettere a disposizione delle stazioni appaltanti tutto il know-how di cui dispongono affinché le medesime stazioni appaltanti possano utilizzarlo, nelle modalità e nei termini che riterranno più utili, al fine di predisporre nel miglior modo possibile gli atti di gara ed in particolare il capitolato d'oneri». Si veda anche l’avviso di dialogo tecnico pubblicato il 24 marzo 2015  sul sito istituzionale dell’Agenzia Spaziale Italiana «esperito ai sensi di quanto previsto dall’ottavo considerando della Direttiva Comunitaria 18/2014 per una consultazione preliminare di tipo tecnico finalizzata alla valutazione della fattibilità della promozione di un programma di monitoraggio del patrimonio edilizio e infrastrutturale presente sul territorio nazionale mediante l’utilizzo del sistema satellitare COSMO-SkyMed con particolare riferimento alla definizione dei parametri qualitativi e quantitativi caratterizzanti le diverse fasi della catena di processing della tecnica PSI (Persistent Scatters Inteferometry) nell’ambito dell’interferometria Differenziale SAR». Innumerevoli gli esempi di dialogo tecnico esperiti, talvolta, come nel caso dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, «in considerazione dell’intervenuta diserzione della procedura aperta e della successiva procedura negoziata già indette dall’Istituto ed al fine di acquisire adeguate informazioni e valutazioni di ordine tecnico e prestazionale relativamente alle specifiche del servizio oggetto della procedura, si convoca – ai sensi dell’VIII considerando della Direttiva 2004/18/CE – un “dialogo tecnico”, a carattere sperimentale ed a titolo puramente informativo, finalizzato ad un confronto tecnico sulla materia oggetto di gara».

Per converso talvolta lo strumento è stato utilizzato altresì per la predisposizione degli atti di gara relativi a commesse qualificabili come standardizzate, come ad esempio il recente avviso di dialogo tecnico pubblicato dalla Asl di Pescara per l’acquisizione del servizio di elisoccorso presso le basi operative di L’Aquila e Pescara. Nello stesso solco anche il più recente avviso di dialogo tecnico pubblicato dall’Università degli Studi di Padova, Area approvvigionamenti, patrimonio e logistica servizio gare e appalti, esperito ai sensi dell’art 66 D. Lgs. 18/04/2016 n. 50 e dell’art. 40 della Direttiva comunitaria 2014/24/UE per una consultazione preliminare di tipo tecnico finalizzata all’affidamento del Servizio di bar e catering per l’Orto Botanico dell’Università degli Studi di Padova.

[20] Invero, si riteneva comunque, che anche laddove fosse assente una specifica regolamentazione in merito alla procedura di dialogo tecnico occorresse già fare salve le esigenze di par condicio e concorrenza, in vista delle celebrazioni di eventuali gare ad esso successive. In tal senso di veda Invernizzi R., Il dialogo competitivo e il dialogo tecnico, cit, 1934: «Le esigenze sostanziali che sottostanno a questo obiettivo non appaiono soverchiamente diverse da quelle di efficacia, efficienza, buon andamento, imparzialità, corretta e completa istruttoria scritte nell’art. 97 Cost., sia – quanto meno – negli artt. 1, co. 1 e 6 della L. n. 241 del 1990. Un accorto utilizzo di questi strumenti poteva già forse in precedenza – e può ora, (…) permettere la gestione di un procedimento dalle finalità, con le garanzie, e dal contenuto analoghi a quella del dialogo tecnico».

[21] Cfr. Linee guida di Assobiomedica per la formulazione di disciplinari di gara per l’acquisto di beni e servizi delle aziende sanitarie ed ospedaliere del s.s.r. del Marzo 2012: «Resta inteso che il suddetto dialogo tecnico dovrà svolgersi con modalità tali da garantire la massima trasparenza. Per quanto riguarda le modalità concrete di svolgimento del suddetto "dialogo tecnico" il G.T. ritiene preferibile la modalità seguita da alcune amministrazioni appaltanti che prevede i seguenti passaggi essenziali: - Consultazione degli operatori economici mediante apposito invito: E' opportuno che tale invito sia anche pubblicato con congruo anticipo sul sito dell'Ente appaltante unitamente alla bozza di capitolato tecnico e/o speciale. - Il primo incontro del suddetto dialogo tecnico dovrebbe svolgersi con la partecipazione contemporanea di tutte le ditte interessate, in maniera tale da consentire a ciascuna ditta di esporre il proprio giudizio sulle specifiche aree tematiche di cui alla bozza di capitolato di gara. Nella stessa sede l'Ente appaltante (o la Centrale di committenza in caso di gara centralizzata) dovrebbe richiedere a tutte le ditte di inviare, entro un termine prestabilito, i propri suggerimenti e/o rilievi in ordine alla bozza di capitolato di gara. - L'ente appaltante (o la Centrale di committenza in caso di gara centralizzata) potrebbe/dovrebbe, altresì, prevedere un successivo incontro individuale con le singole ditte interessate al fine di comunicare ad ognuna di esse quali, fra i suggerimenti ricevuti, sono stati valutati positivamente. - L'ente appaltante (o la Centrale di committenza in caso di gara centralizzata) dovrebbe, infine, prevedere una riunione plenaria al fine di ufficializzare tutte le modifiche che ritiene di apportare alla bozza di capitolato di gara in sede di stesura definitiva».

[22] In merito alla duplice partecipazione del medesimo operatore economico (alla fase della consultazione preliminare di mercato ed alla successiva procedura di selezione) occorre evidenziare che la nuova norma accoglie quanto già sancito dalla giurisprudenza della CGUE. A tal proposito si vedano le sentenze delle cause C-21/03 e C-24/03 Fabricom SA/Stato Belga. Sul regime precedente si vedano Protto M., Il nuovo diritto degli appalti, in Urb. e app., 2004, 755 ss., che esclude la doppia partecipazione e Invernizzi R., Il dialogo competitivo e il dialogo tecnico, cit., 1937-1938, secondo cui «sotto quest’ultimo profilo è infatti evidente che se il divieto di duplice partecipazione può presidiare la par condicio nella gara conseguente al dialogo, esso ha nel contempo l’effetto di escludere a priori (ossia senza possibilità di prova, da parte dell’interessato, della mancanza di patologici influssi anticoncorrenziali) da quest’ultima coloro che abbiano partecipato al dialogo. Il che, pone tra l’altro il problema di valutare la proporzionalità di questa drastica misura, in relazione al beneficio concorrenziale perseguito».

[23] Cfr. Veca B., Le procedure di scelta del contraente, in Caringella F., Mantini P., Giustiniani M., (diretto da), Il nuovo diritto dei contratti pubblici, Roma, 2016, 231, che sottolinea come in tal caso «Le misure adottate dall’amministrazione aggiudicatrice sono indicate nella relazione unica prevista dall’articolo 99 (Relazioni uniche sulle procedure di aggiudicazione degli appalti) del nuovo Codice». Circa l’eventuale esclusione dalla procedura di dialogo tecnico si vedano le conclusioni dell’Avvocato Generale dell’11 novembre 2004 in C-21/03 e C-24/03 Fabricom SA/Stato Belga. Sulla necessità che gli operatori siano ammessi a provare che la loro partecipazione non falsa la concorrenza, si veda CGUE, sez. II, 3 marzo 2005 in C-21/03 e C-24/03.

[24] Allo strumento va anche riconosciuto il merito «di aver posto formalmente il problema dei contatti preliminari fra appaltante e imprese, con l’effetto di trarlo dalle segrete (talora oscure) stanze entro le quali esso si è in precedenza svolto». Così Invernizzi R., Il dialogo competitivo e il dialogo tecnico, cit., 1940.

[25] In tal caso si tratterebbe di discrezionalità mista, in quanto l’Amministrazione a seguito di una valutazione tecnica, senza essere vincolata in alcun modo all’emanazione di un dato provvedimento, sceglie liberamente la modalità più opportuna per soddisfare il proprio scopo. Questo tipo di discrezionalità si differenzia dalla discrezionalità tecnica e da quella c.d. «pura», essendo la prima una valutazione effettuata mediante l’applicazione di canoni scientifici e tecnici, ai quali una norma giuridica attribuisce rilevanza diretta o indiretta, in cui non trova spazio una comparazione di interessi per addivenire alla scelta della soluzione più opportuna per il fine pubblico, che invece caratterizza la discrezionalità amministrativa «pura». La letteratura sulla discrezionalità tecnica ed amministrativa è davvero molto ampia; senza pretesa di completezza si vedano Giannini M.S., Il potere discrezionale della pubblica amministrazione. Concetti e problemi, Milano, 1939; Virga P., Appunti sulla cosiddetta discrezionalità tecnica, in Jus, 1957, 95; Piras A., Discrezionalità amministrativa, in Enc. Dir., XIII, Milano, 1963, 65 ss.; Cerulli Irelli V., Note in tema di discrezionalità amministrativa e sindacato di legittimità, cit., 463 ss.; Marzuoli C., Potere amministrativo e valutazioni tecniche, Milano, 1985; Salvia F., Attività amministrativa e discrezionalità tecnica, in Dir. Proc. Amm., 1992, 687; Ottaviano V., Giudice ordinario e giudice amministrativo di fronte agli apprezzamenti tecnici dell’amministrazione, in Scritti Giuridici, vol. I, Milano, 1992; De Pretis D., Valutazione amministrativa e discrezionalità tecnica, Padova, 1995, 265; Lazzara P., «Discrezionalità tecnica» e situazioni giuridiche soggettive, in Dir. Proc. Amm., 2000, 212; Protto M., La discrezionalità tecnica sotto la lente del g.a., in Urbanistica e Appalti, 2001, 878; Volpe F., Discrezionalità tecnica e presupposti dell’atto amministrativo, in Dir. Amm., 2008, 804 ss., Fontana A., Il sindacato sulla discrezionalità tecnica alla luce della recente elaborazione giurisprudenziale, in Foro Amministrativo C.d.S., 2011, 10, 3216.

Per la giurisprudenza che relegava la discrezionalità tecnica al merito amministrativo, appannaggio del sindacato estrinseco del giudice amministrativo si vedano Cons. Stato, sez. V, 4 ottobre 1993, n. 987; Cons. Stato, sez. VI, 21 settembre 1999, n. 1243; Cons. Stato, sez. V, 5 marzo 2001, n. 1247; Cons. Stato, sez. VI, 11 dicembre 2001, n. 6217; Tar Lombardia, Milano, sez. III, 18 gennaio 2006, n. 105; Cons. Stato sez. V, 7 ottobre 2008, n. 4847; Cons. Stato sez. V, 28 novembre 2012, n. 6007. La giurisprudenza che riconosceva maggiori poteri al giudice amministrativo sulle scelte tecnico-discrezionali dell’amministrazione, così accogliendo la tesi del sindacato intrinseco si vedano Cons. Stato, sez. IV, 9 aprile 1999, n. 601; Cons. Stato, sez. VI, 7 novembre 2005, n. 6152; Cons. Stato sez. IV, 20 gennaio 2006, n. 141; Cons. Stato sez. IV, 20 marzo 2006, n. 1471; Cons. Stato sez. IV, 9 agosto 2005, n. 4218; Cass. Sez. Un., 21 giugno 2010, n. 14893; Tar Campania Napoli, III sez., 10 maggio 2002, n. 2652.

[26] Così Invernizzi R., Il dialogo competitivo e il dialogo tecnico, cit., 1933.

[27] In questo senso Invernizzi R., Il dialogo competitivo e il dialogo tecnico, cit., 1935 osserva che «assolutamente nulla legittima a pensare che la celebrazione di un dialogo tecnico (e il supposto valore aggiunto che vi si lega in virtù dell’interazione fra appaltante e imprenditori e/o consulenti) possa mettere in ombra le regole generali predette».

[28] In questo senso Pajno A., La nuova disciplina dei contratti pubblici tra esigenze di semplificazione, rilancio dell’economia e contrasto alla corruzione, cit., 20.

[29] Per una ricostruzione dell’evoluzione e del recepimento dell’istituto nei paesi membri UE, vigente la direttiva 18/2004, si rinvia a Raganelli B., Il dialogo competitivo dalla direttiva 2004/18/CE al codice dei contratti: verso una maggiore flessibilità dei rapporti tra pubblico e privato, in Riv. It. Dir. pubbl. comunit. 2009, 127 ss.

[30] Invernizzi R., Il dialogo competitivo e il dialogo tecnico, cit., 1932.

[31] Restano fermi anche per il dialogo competitivo i limiti imposti dai principi costituzionali di buon andamento e imparzialità che dettano la via dell’agere amministrativo ai sensi dell’art. 97 Cost., le regole di cui alla L. n. 241/1990, nonché i principi comunitari in tema di evidenza pubblica che impongono il rispetto dell’efficacia e dell’efficienza nell’esercizio dei pubblici poteri, dei principi di parità di trattamento e di concorrenzialità sanciti dal Libro verde sul Partenariato Pubblico Privato ed i principi sanciti dal Trattato CE in materia di libera prestazione dei servizi, diritto di stabilimento, non discriminazione, mutuo riconoscimento, proporzionalità e trasparenza, nonché dei principi sanciti dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia UE. Si rinvia a Raganelli B., Il dialogo competitivo dalla direttiva 2004/18/CE al codice dei contratti: verso una maggiore flessibilità dei rapporti tra pubblico e privato, cit., 127 ss.

[32] In proposito si riporta quanto osservato dall’ex AVCP, ora ANAC, in merito alla procedura di dialogo competitivo, con parere n. AG3-08 del 17 aprile 2008 avente ad oggetto l’applicabilità dell’istituto del dialogo competitivo alle concessioni: «Il dialogo competitivo è una procedura di  scelta del contraente del tutto innovativa introdotta nella normativa dei  contratti pubblici dalla direttiva 2004/18/CE (considerando n. 31, art. 1,  comma 11, lett. c) ed art. 29), come risposta ad una diffusa esigenza di  semplificazione e flessibilità cui le procedure ordinarie non erano in grado di  fare fronte. Essa si caratterizza per il fatto di  consentire alla stazione appaltante di confrontarsi con gli operatori economici  su tutti gli aspetti dell’appalto al fine di addivenire alla definizione dei  mezzi più idonei a soddisfare le esigenze cui si intende dare risposta  attraverso la gara quando, per la particolare complessità dell’appalto stesso, l’amministrazione  non sia in grado di definire autonomamente le soluzioni tecniche, giuridiche o  finanziare da porre a base della procedura di selezione delle offerte. La discussione avviata dalla stazione appaltante con gli operatori economici si sviluppa senza particolari formalità ma deve comunque svolgersi nel rispetto dei principi di parità di trattamento dei concorrenti, trasparenza, riservatezza ed, ovviamente, di concorrenza».

[33] Del resto è stato osservato come lo svilimento del momento discrezionale nell’affidamento della commessa pubblica non è stato comunque in grado di combattere il fenomeno corruttivo, vera ragione dell’ispessimento della trama legislativa e regolamentare nella materia dei contratti pubblici nell’ordinamento nazionale. In questo senso Pajno A., La nuova disciplina dei contratti pubblici tra esigenze di semplificazione, rilancio dell’economia e contrasto alla corruzione, cit., 50. Si veda in proposito anche Fidone G., Dalla rigidità della legge merloni al recepimento del dialogo competitivo: il difficile equilibrio tra rigore e discrezionalità, in Foro amm. TAR, fasc.12, 2007, 3971 ss.

[34] Alle disposizioni di cui al D.Lgs. n. 163/2006 si aggiungevano le norme attuative di cui al d.P.R. 5 ottobre 2010 n. 207, artt. 113 e 114.

[35] In questo senso, sottolineando le differenze con il concorso di idee di cui all’art. 108 del D.Lgs. n. 163/2006 Cianflone A., Giovannini G., L’appalto di opere pubbliche, cit., 887: «Ulteriore differenza è data dalla specificità, assente nella disciplina inerente al concorso di idee, con la quale il legislatore ha delineato i presupposti che consentono il ricorso al dialogo competitivo, nella consapevolezza della estrema delicatezza dell’istituto e dell’esigenza di confinarne l’applicazione entro limiti ben precisi». Osservava in argomento Fidone G., Dalla rigidità della legge merloni al recepimento del dialogo competitivo: il difficile equilibrio tra rigore e discrezionalità, cit., 3971 ss.: «La procedura del dialogo competitivo, qualunque sia la tipologia prescelta, dunque, conferisce all'amministrazione maggiori poteri discrezionali rispetto ad una consueta procedura ad evidenza pubblica. Conseguentemente, il rischio è che possa prestarsi ad abusi e rivelarsi elusiva dei principi della concorrenza. La stessa norma del codice dei contratti che l'aveva introdotto dopo aver ribadito più volte che la procedura deve svolgersi nel rispetto dei principi della par condicio tra i concorrenti e della trasparenza, chiosa avvertendo che «Le stazioni appaltanti non possono ricorrere al dialogo competitivo in modo abusivo o in modo da ostacolare, limitare o distorcere la concorrenza » (art. 58 comma 18)».

[36] Osserva Cafagno M., Flessibilità e negoziazione. Riflessioni sull’affidamento dei contratti complessi, cit., 991 ss., attraverso un’analisi dei dati statistici rilevati dal TED (Tenders Electronic Daily), che in Italia il ricorso alla procedura di dialogo competitivo (così come alle procedure con negoziazione) ha registrato uno scarsissimo successo rispetto agli altri stati membri quali Francia e Regno Unito; basti pensare che alla fine del 2013 su un totale di 8994 bandi europei di procedure di dialogo competitivo soltanto 47 sono stati pubblicati in Italia, contro 2000 della Francia e i 1599 del Regno Unito.

[37] Considerando nn. 42 e 43 della direttiva 2014/24/UE.

[38] Si veda Veca B., Le procedure di scelta del contraente, cit., 218 ss.

[39] Attualmente i motivi che legittimano il ricorso all’istituto del dialogo competitivo corrispondono a quelli atti a legittimare la procedura competitiva con negoziazione.

[40] In questo senso si veda Lamberti C. e Villamena S., Nuove direttive appalti: “sistemi di selezione” e “criteri di aggiudicazione”, in Urbanistica e Appalti, 8-9, 2015, 873 ss.

[41] In merito alla regolamentazione della fase del dialogo, si rinvia all’analisi dell’istituto operata da Vinti S., Il dialogo competitivo Sub art. 58, in Cancrini A., Franchini C, Vinti S. (a cura di), Codice degli appalti pubblici, Torino, 2014. 363 ss. l’A. criticava l’eccessiva regolamentazione della prima parte del dialogo, sottolineandone l’eccessiva procedimentalizzazione a fronte dell’estrema flessibilità nel confezionamento e nella modificazione delle offerte nella successiva fase. Una simile impostazione, a giudizio dell’A., «sembra dimenticare che è la prima fase (quella del dialogo) a caratterizzare la procedura e non piuttosto la successiva fase di gara vera e propria», concludendo che «Sarebbe stato preferibile lasciare più ampi spazi di autonomia nella fase che precede l’individuazione delle proposte, anche sotto il profilo di una più libera partecipazione anche di soggetti sprovvisti dei requisiti per l’esecuzione, e ridurre al minimo, invece, le facoltà della stazione appaltante di modificare le offerte o l’offerta migliore, nella fase di gara vera e propria».

[42] Il quale prevedeva: «18-bis. Il regolamento definisce le ulteriori modalità attuative della disciplina prevista dal presente articolo». Si osservi che il comma fu introdotto dall’art. 46, comma 1, D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 marzo 2012, n. 27

[43] Parere AVCP (ora ANAC) n. AG3-08 del 17 aprile 2008.

[44] Cfr. Lamberti C. e Villamena S., Nuove direttive appalti: “sistemi di selezione” e “criteri di aggiudicazione”, cit., 873 ss.; Veca B., Le procedure di scelta del contraente, cit., 218 ss.

[45] A tale proposito si osservi che una tale formulazione si differenzia profondamente da quanto precedentemente previsto dall’art. 58 del D.Lgs. n. 163/2006, che rinviava circa la forma e le informazioni che il bando doveva contenere all’art. 64 e al catalogo di informazioni contenuti nell’allegato IX A del Codice De Lise.

[46] In base al criterio disciplinato dall’art. 95 co. 6 del D.Lgs. n. 50/2016 e dunque: «I documenti di gara stabiliscono i criteri di aggiudicazione dell'offerta, pertinenti alla natura, all'oggetto e alle caratteristiche del contratto, In particolare, l'offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo, è valutata sulla base di criteri oggettivi, quali gli aspetti qualitativi, ambientali o sociali, connessi all'oggetto dell'appalto. Nell'ambito di tali criteri possono rientrare: a) la qualità, che comprende pregio tecnico, caratteristiche estetiche e funzionali, accessibilità per le persone con disabilità, progettazione adeguata per tutti gli utenti, certificazioni e attestazioni in materia di sicurezza e salute dei lavoratori, quali OSHAS 18001, caratteristiche sociali, ambientali, contenimento dei consumi energetici e delle risorse ambientali dell'opera o del prodotto, caratteristiche innovative, commercializzazione e relative condizioni; b) il possesso di un marchio di qualità ecologica dell'Unione europea (Ecolabel UE) in relazione ai beni o servizi oggetto del contratto, in misura pari o superiore al 30 per cento del valore delle forniture o prestazioni oggetto del contratto stesso; c) il costo di utilizzazione e manutenzione avuto anche riguardo ai consumi di energia e delle risorse naturali, alle emissioni inquinanti e ai costi complessivi, inclusi quelli esterni e di mitigazione degli impatti dei cambiamenti climatici, riferiti all'intero ciclo di vita dell'opera, bene o servizio, con l'obiettivo strategico di un uso più efficiente delle risorse e di un'economia circolare che promuova ambiente e occupazione d) la compensazione delle emissioni di gas ad effetto serra associate alle attività dell'azienda calcolate secondo i metodi stabiliti in base alla  raccomandazione n. 2013/179/UE  della Commissione del 9 aprile 2013, relativa all'uso di metodologie comuni per misurare e comunicare le prestazioni ambientali nel corso del ciclo di vita dei prodotti e delle organizzazioni; e) l'organizzazione, le qualifiche e l'esperienza del personale effettivamente utilizzato nell'appalto, qualora la qualità del personale incaricato possa avere un'influenza significativa sul livello dell'esecuzione dell'appalto; f) il servizio successivo alla vendita e assistenza tecnica; g) le condizioni di consegna quali la data di consegna, il processo di consegna e il termine di consegna o di esecuzione».

[47] Rispetto alla previsione comunitaria, che imponeva nell’art. 30 par. 1 ultimo periodo che l’appalto potesse essere aggiudicato unicamente sulla base del criterio di aggiudicazione dell’offerta con il miglior rapporto qualità/prezzo, la prima formulazione dell’art. 64 non riportava tale preclusione per il criterio del prezzo più basso, circostanza segnalata dal Consiglio di Stato con il parere n. 855 sullo schema di decreto legislativo reso in data 1 aprile 2016, ed accolta nella stesura finale della disposizione.

[48] Per la giurisprudenza si veda TAR Toscana, sez. II, 20 dicembre 2012, n. 6781: «E’ noto che – secondo un indirizzo interpretativo costante, e dal quale non vi sono ragioni per discostarsi – la scelta dei criteri più adeguati per l’individuazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, costituendo espressione tipica della discrezionalità della stazione appaltante, sfugge al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, tranne che, in relazione alla natura, all’oggetto e alle caratteristiche del contratto, essa non si presenti manifestamente illogica, arbitraria, ovvero macroscopicamente viziata da travisamento di fatto (da ultimo, cfr. Cons. Stato, sez. V, 16 giugno 2010, n. 3806; Cons. Stato, sez. V, 19 novembre 2009, n. 7259)». Nello stesso senso anche TAR Lazio, Roma, sez. III, 17 maggio 2011, n. 4251; Cons. Stato, sez. IV, 4 ottobre 2011, n. 5435; Cons. Stato, sez. V, 28 febbraio 2012, n. 1150.

[49] Per la giurisprudenza, in tema di procedura di dialogo competitivo e rispetto dei principi comunitari si veda la sentenza del TAR Trieste, sez. I, 15 novembre 2012 n. 420, che si sofferma su un’ipotesi di dialogo competitivo avente ad oggetto un appalto sottosoglia comunitaria.

[50] Circa l’importanza del rispetto del requisito di parità di trattamento dei concorrenti e dunque anche di parità di accesso alla contrattazione che avviene nel dialogo competitivo si veda in particolare la sentenza della Corte di Giustizia UE sez. III del 10 ottobre 2009, n. 299 resa nella causa C-299/08 avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell’art. 226 CE, proposto il 4 luglio 2008 dalla Commissione europea contro la Repubblica francese. L’addebito riguardava la regolamentazione della procedura dei c.d. appalti di definizione, che sostanzialmente consentivano ad un’amministrazione di aggiudicare l’appalto di esecuzione (di lavori servizi e forniture) a uno dei titolari degli appalti di definizione iniziali, senza indire una nuova gara d’appalto, o anche attraverso una procedura di gara limitata agli stessi. Secondo la CGUE la procedura determinava una situazione di incertezza giuridica sia per gli operatori economici sia per le amministrazioni aggiudicatrici, e benché lo stato francese ne sostenesse l’appartenenza al genus del dialogo competitivo, la Corte sottolineò che la procedura degli appalti di definizione mirava invero all’aggiudicazione di vari appalti di natura diversa, e dunque dell’appalto di definizione da una parte e di uno o più appalti di esecuzione dall’altra. «Conseguentemente, gli operatori economici che potrebbero essere interessati a partecipare agli appalti di esecuzione, ma che non sono aggiudicatari di uno degli appalti di definizione, subiscono un trattamento discriminatorio rispetto a detti aggiudicatari, in contrasto con il principio di uguaglianza, enunciato in quanto principio ai fini dell’aggiudicazione degli appalti all’art. 2 della citata direttiva (Ndr. all’epoca era la dir. n. 18/2004)».

[51] È ancora attuale affermare infatti che «Il dialogo competitivo per la sua flessibilità può meglio adattarsi ai rapporti contrattuali complessi, ma nel contempo aumenta la discrezionalità della pubblica amministrazione e pone, unque, questioni di compatibilità rispetto alle regola dell’evidenza pubblica e ai principi comunitari». Così Raganelli B., Il dialogo competitivo dalla direttiva 2004/18/CE al codice dei contratti: verso una maggiore flessibilità dei rapporti tra pubblico e privato, in Riv. It. Dir. pubbl. comunit. 2009, 127 ss.

[52] Il binomio è suggerito dalla trattazione svolta sull’istituto da Raganelli B., Il dialogo competitivo dalla direttiva 2004/18/CE al codice dei contratti: verso una maggiore flessibilità dei rapporti tra pubblico e privato, cit., 127 ss. L’A. a conclusione della propria disamina sull’istituto osserva che «la maggiore flessibilità introdotta nei rapporti tra pubblico e privato costituisce un importante passo in avanti, che assume un significato particolarmente importante nel nostro Paese, quale ulteriore tappa in quel processo di trasformazione del soggetto pubblico da committente autoritario in partner dotato di poteri di indirizzo e controllo. Tale passaggio evolutivo non va dunque disconosciuto, né tantomeno limitato, bensì se possibile interpretato in modo estensivo. In generale la maggiore flessibilità prevista nella procedura in esame può migliorare molto tutte le procedure di selezione del partner privato nei rapporti di Partenariato Pubblico Privato, in quanto in grado di fornire alle amministrazioni pubbliche la possibilità di colmare, anche solo in parte, il gap informativo rispetto alla controparte».

[53] Vinti S., Limiti funzionali all'autonomia negoziale della pubblica amministrazione nell'appalto di opere pubbliche, cit., 255.