La disciplina degli affidamenti aventi ad oggetto i servizi di ricerca e sviluppo

Sommario: 1. Politica della ricerca e innovazione in Europa. 2. Politica di ricerca e sviluppo e appalti pubblici. 3. Appalti pubblici precommerciali. 3.1. Appalti precommerciali e partenariati per l’innovazione. 4. Quadro normativo di riferimento degli appalti precommerciali. 4.1. Diritto europeo. 4.2. Diritto nazionale. 5. La definizione di appalti pubblici precommerciali: a) i servizi di ricerca e sviluppo; b) la condivisione dei costi benefici con le imprese appaltatrici; c) utilizzo pro concorrenziale e non in forma di aiuto di Stato. 5.1. La definizione di servizi di ricerca e sviluppo. 5.2. La condivisione dei rischi e benefici tra l’appaltante e l’appaltatore. 5.3. La distinzione tra l’appalto precommerciale e gli aiuti di Stato in materia di ricerca, sviluppo e innovazione. 6. Aspetti procedurali. 7. Aspetti problematici.

 

 

L’analisi economica delle politiche della ricerca ha evidenziato la stretta correlazione tra domanda pubblica di servizi di ricerca e sviluppo e crescita economica.

All’inizio del secolo, sotto la spinta della crisi economica e finanziaria globale, l’Europa ha intrapreso una strategia di rafforzamento della propria politica della ricerca che punta al rafforzamento della concorrenza nel settore degli appalti pubblici, ritenuto strategico per produrre l’innovazione necessaria a rispondere alle sfide di rilevanza globale cui i governi devono far fronte.

Uno degli strumenti indicati dalla Commissione per rispondere a questi obiettivi è quello degli appalti precommerciali, mediante i quali l’acquirente pubblico incentiva la produzione di soluzioni innovative assumendosi il rischio di non remuneratività degli investimenti privati in ricerca e sviluppo, secondo un modello mutuato dall’esperienza statunitense.

Questo scritto prende in esame la disciplina europea e nazionale in materia di appalti precommerciali ed esamina i problemi di attuazione che essa comporta nel nostro paese. Tra questi, l’elevata preparazione tecnico giuridica che si richiede agli organi amministrativi estensori dei bandi di gara e l’applicabilità in sede regionale e infraregionale di tale tipologia di appalti.

 

1.Politica della ricerca e innovazione in Europa

L’analisi economica delle politiche della ricerca ha mostrato, da un lato, come il settore pubblico contribuisca alla fornitura di beni e servizi che altrimenti non sarebbero offerti dal mercato, in quanto eccessivamente costosi o in quanto sia eccessivamente elevato il rischio di non remuneratività dell’investimento in innovazione da parte dell’impresa privata[1]; dall’altro, che la domanda pubblica di tali beni e servizi è in grado di influenzare sia la velocità che il progresso tecnico, “nelle fasi di sviluppo della tecnologia nelle quali la conoscenza è ridotta e le informazioni disponibili non consentono agli operatori di mercato di formulare decisioni razionali di investimento”[2] . Peraltro, l’esperienza di molti paesi europei nell’investimento a sostegno dello sviluppo di tecnologie avanzate in specifici settori non sempre ha dato risultati soddisfacenti, per diverse ragioni, quali l’assenza, per l’acquirente pubblico, di informazioni adeguate per prendere decisioni tempestive, anche quando si avvalga di esperti, o la tendenza a rinviare le decisioni per fini di ricerca del consenso, ecc[3].

L’esperienza statunitense ha ispirato la riflessione in Europa sulla centralità della ricerca e innovazione come strumento per assicurare il benessere economico, in risposta alle sfide sociali di rilevanza globale che riguardano il futuro dell’umanità. L’approccio americano alla politica della ricerca si fonda su ingenti investimenti pubblici in settori strategici, come quello militare, e in una decisa azione pro concorrenziale. Come messo in evidenza dalla Comunicazione 799 (2007) della Commissione europea, gli Stati Uniti investono, negli appalti di ricerca e sviluppo, una somma venti volte superiore a quella spesa in Europa[4]. L’approccio iniziale dei governi statunitensi alla politica della ricerca è stato definito, da studi specialistici[5] sull’argomento, di tipo “mission oriented”, focalizzato sullo sviluppo delle tecnologie militari.

A partire dagli anni sessanta, in tutti i paesi occidentali la spesa per ricerca e sviluppo è stata indirizzata ad investimenti a sostegno dello sviluppo industriale sia in specifici settori, che per l’adozione di misure trasversali[6]. Accanto al settore tradizionale della difesa, pertanto, nel tempo sono venute emergendo altre esigenze, quali quelle connesse ai problemi abitativi, o alla sicurezza informatica, alle telecomunicazioni, o ai problemi posti dal cambiamento climatico. Gli investimenti pubblici in questi campi hanno comportato, oltre lo sviluppo di risposte tecnologiche finalizzate alla soluzione di problemi connessi con la gestione di servizi di interesse generale o di funzioni pubbliche, anche l’apertura di nuovi mercati per l’utilizzo, a fini diversi, delle nuove scoperte, nonché il rafforzamento della competitività internazionale delle imprese che le hanno prodotte o commercializzate[7]. In sostanza, la domanda di innovazione posta dal settore pubblico si è rivelata un fattore decisivo di sviluppo economico, capace di accrescere la competitività globale dell’economia nazionale, oltre che realizzare il miglioramento della qualità dei servizi resi.

Negli anni più recenti, sotto la spinta della crisi economica e finanziaria globale e del conseguente acuirsi dei problemi sociali, è stata svolta in Europa un’approfondita analisi del ruolo della domanda pubblica di innovazione come fattore di stimolo della crescita economica e come strumento per far fronte alle sfide sociali che hanno assunto un rilievo centrale per la sopravvivenza stessa del genere umano, quali il riscaldamento climatico, la sostenibilità energetica e ambientale, l’invecchiamento della popolazione, la povertà, ecc.

Con la Strategia di Lisbona, elaborata in seno alla riunione dei Capi di Stato e di Governo nel 2000, è stato adottato in ambito europeo un programma di riforme economiche il cui obiettivo espressamente dichiarato era quello di fare dell'Unione la più competitiva e dinamica economia della conoscenza entro il 2010. Ai fini della prevista revisione, dopo un quinquennio, della Strategia di Lisbona, sono state promosse iniziative di studio del tema della domanda pubblica di ricerca e sviluppo, culminate in rapporti che sono stati alla base di iniziative successive della Commissione[8].

Il sostegno alle attività di ricerca, sviluppo e innovazione, in funzione strumentale alla crescita economica e sociale è così diventato, nell’ultimo decennio, un tema cruciale dell’agenda politica europea.

La Commissione, nella Comunicazione riguardante la strategia Europa 2020 (COM (2010)2020) ha individuato “nelle attività di ricerca e sviluppo i fattori chiave per conseguire gli obiettivi di una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva”[9]. A tal fine, la Commissione ha programmato entro il 2020 il raggiungimento dell’obiettivo di destinazione del 3% del prodotto interno lordo dell’Unione ad investimenti nel settore della ricerca e sviluppo[10].

 

2.Politica di ricerca e sviluppo e appalti pubblici

Tra gli strumenti giuridici funzionali al raggiungimento degli obietti di crescita della conoscenza perseguiti dall’Unione, vi è quello degli appalti pubblici. Al riguardo, lo stesso art. 179, par. 2 del TFUE riconosce il rilievo degli appalti nell’ambito della politica europea della ricerca, indicando nell’apertura dei relativi procedimenti di gara, nella definizione di norme comuni e nell’eliminazione degli ostacoli giuridici e fiscali alla cooperazione tra Stati membri uno dei meccanismi di promozione della competitività economica[11].

In proposito, la direttiva 24/2014, afferma, che “le autorità pubbliche dovrebbero utilizzare gli appalti pubblici strategicamente nel miglior modo possibile per stimolare l’innovazione. L’acquisto di prodotti, lavori e servizi innovativi svolge un ruolo fondamentale per migliorare l’efficienza e la qualità dei servizi pubblici e nello stesso tempo affrontare le principali sfide a valenza sociale. Ciò contribuisce a ottenere un rapporto più vantaggioso qualità/prezzo nonché maggiori benefici economici, ambientali e per la società attraverso la generazione di nuove idee e la loro traduzione in prodotti e servizi innovativi, promuovendo in tal modo una crescita economica sostenibile[12]”.

Pertanto, “la domanda pubblica è stata oggetto di un imponente processo di legiferazione interno all’Unione europea, finalizzato all’instaurazione di principi di concorrenza e trasparenza[13], con l’adozione, da ultimo, delle Direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/EU sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, che hanno dettato la disciplina generale in materia di appalti pubblici, recepita in Italia, da ultimo con il d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50/2016[14].

 

3.Appalti pubblici precommerciali

Per quanto concerne, specificamente, i servizi di ricerca e sviluppo, è prevista, dall’art. 14 della direttiva 24/2014, una disciplina speciale per quegli gli appalti “concernenti servizi di ricerca e sviluppo diversi da quelli i cui risultati appartengono esclusivamente all'amministrazione aggiudicatrice perché li usi nell'esercizio della sua attività, a condizione che la prestazione del servizio sia interamente retribuita da tale amministrazione”, che erano già esclusi dall’applicazione delle norme generali, ai sensi dell’art. 16, lett. f) della direttiva 2004/18.

La fonte principale di disciplina di questa specifica categoria di appalti è dettata dalla Comunicazione della Commissione europea COM (2007) 799 “Precommercial procurement: driving innovation to ensure sustainable high quality public services in Europe”, che fa riferimento agli appalti pubblici precommerciali, mediante i quali, dinanzi a nuove esigenze connesse all’erogazione di servizi pubblici o all’esercizio di pubbliche funzioni, cui non è possibile far fronte per mezzo dell’acquisizione di soluzioni già presenti sul mercato, il committente pubblico si assicura lo studio e l’eventuale realizzazione delle soluzioni prototipali necessarie ad acquisire, in una fase successiva, gli strumenti idonei per far fronte alle esigenze insorte. Gli appalti precommerciali si configurano come uno strumento ulteriore di politica dell’innovazione, che si aggiunge a quelli tradizionali delle sovvenzioni, agevolazioni fiscali, ecc. Come parte di un quadro politico coordinato comprendente la standardizzazione, la regolamentazione e l’acquisizione di altri beni e servizi innovativi, essi potrebbero ridurre i tempi di commercializzazione e favorire la diffusione commerciale di nuove tecnologie[15].

Benché sottratti alla disciplina generale che regola le procedure di gara, gli appalti aventi ad oggetto i servizi di ricerca e sviluppo sono assoggettati ai principi generali in materia.  L’art. 101 TFUE stabilisce che gli accordi relativi ai servizi di ricerca e sviluppo sono compatibili con il divieto di aiuti di Stato a condizione che ”contribuiscano a migliorare la produzione o la distribuzione dei prodotti o a promuovere il progresso tecnico o economico, pur riservando agli utilizzatori una congrua parte dell'utile che ne deriva, ed evitando di a) imporre alle imprese interessate restrizioni che non siano indispensabili per raggiungere tali obiettivi; b) dare a tali imprese la possibilità di eliminare la concorrenza per una parte sostanziale dei prodotti di cui trattasi”[16].

 

3.1.Appalti precommerciali e partenariati per l’innovazione

Tra gli strumenti giuridici per la promozione dell’innovazione la Direttiva 24/2014 individua, oltre agli appalti precommerciali, i partenariati per l’innovazione.

I partenariati per l’innovazione sono disciplinati dall’art. 31 della Direttiva e sono stati recepiti, nel nostro ordinamento, con l’art. 65 del Codice degli appalti che li disciplina nel capo relativo alle procedure di scelta del contraente per i settori ordinari. Ad essi “le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori possono ricorrere nelle ipotesi in cui l'esigenza di sviluppare prodotti, servizi o lavori innovativi e di acquistare successivamente le forniture, i servizi o i lavori che ne risultano non può, in base a una motivata determinazione, essere soddisfatta ricorrendo a soluzioni già disponibili sul mercato, a condizione che le forniture, servizi o lavori che ne risultano, corrispondano ai livelli di prestazioni e ai costi massimi concordati tra le stazioni appaltanti e i partecipanti”.

Anche in questa ipotesi l’amministrazione punta all’approvvigionamento di prodotti non ancora presenti sul mercato, ma, diversamente che nel caso degli appalti precommerciali, i partenariati per l’innovazione hanno ad oggetto lo sviluppo di soluzioni con una prospettiva ragionevole di commercializzazione. Mentre gli appalti precommerciali hanno precipuamente una funzione di stimolo alla ricerca di innovazione da parte delle imprese, indipendentemente dallo sfruttamento commerciale dei risultati, i partenariati per l’innovazione hanno ad oggetto attività di ricerca più circoscritta, finalizzata alla soluzione di problemi meno complessi. Per questo motivo, oggetto dell’appalto può essere anche la fornitura dei prodotti stessi, che, invece, come si è detto non può essere compresa nell’appalto precommerciale. Anche nel partenariato per l’innovazione la gara è articolata in fasi successive ed eventuali ma l’amministrazione può concludere il partenariato anche con un solo operatore economico. A differenza che per gli appalti pubblici precommerciali, i partenariati per l’innovazione sono soggetti all’applicazione della direttiva 24/2014 e al codice degli appalti ed hanno una disciplina più strutturata.

 

4. Quadro normativo di riferimento degli appalti pubblici precommerciali 4.1.Diritto europeo

La nozione di appalto pubblico precommerciale si rinviene nella Comunicazione della Commissione n. 799(2007) che definisce l’oggetto di tali tipi di appalti e la procedura ad essi applicabile, sottraendoli, salvo che per i principi generali, all’applicazione delle direttive in materia di appalti. La Comunicazione 2014/C 198/01 relativa agli aiuti di Stato, contiene una definizione degli appalti in discorso che sintetizza i contenuti della Comunicazione 799(2007). Secondo questa definizione per appalto precommerciale si intende “l’appalto pubblico di servizi di ricerca e sviluppo di cui l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore non riserva esclusivamente a sé i risultati e i benefici del contratto al fine di utilizzarli nell’esercizio della propria attività, ma li condivide con i prestatori dei servizi a condizioni di mercato”. Il contratto di ricerca e sviluppo “deve essere di durata limitata e può includere lo sviluppo di prototipi o di quantità limitate di primi prodotti o servizi sotto forma di serie sperimentali. L’acquisto di quantità commerciali dei prodotti o servizi non deve formare l’oggetto del medesimo contratto”.

La direttiva appalti 24/2014, all’art. 14 circoscrive il proprio ambito di applicazione ai soli appalti in materia di ricerca e sviluppo nelle materie indicate[17], purché i risultati appartengano esclusivamente all’amministrazione aggiudicatrice perché li usi nell’esercizio della sua attività, e la prestazione del servizio sia interamente retribuita dall’amministrazione aggiudicatrice.

 

4.2.Diritto nazionale

Questa disposizione è stata recepita, nell’ordinamento italiano, come si è detto, dall’art. 158 comma 1 del codice degli appalti. Il comma 2 disciplina gli appalti pubblici precommerciali prevedendo che “le stazioni appaltanti possono ricorrere, nel rispetto dei principi di cui all'articolo 4 del presente codice, agli appalti pubblici precommerciali, destinati al conseguimento di risultati non appartenenti in via esclusiva all'amministrazione aggiudicatrice e all'ente aggiudicatore perché li usi nell'esercizio della sua attività e per i quali la prestazione del servizio non è interamente retribuita dall'amministrazione aggiudicatrice e dall'ente aggiudicatore, così come definiti nella comunicazione della Commissione europea COM 799 (2007) del 14 dicembre 2007, nelle ipotesi in cui l'esigenza non possa essere soddisfatta ricorrendo a soluzioni già disponibili sul mercato le disposizioni in materia di appalti pubblici commerciali.

L’art. 158 si colloca nel titolo VI del codice, dedicato ai regimi particolari di appalto, che raggruppa le disposizioni speciali concernenti diversi settori: servizi generali di interesse economico, servizi sociali, concorsi di progettazione, beni culturali, difesa e sicurezza. Nella previgente disciplina del d.lgs. n. 163/2003, i servizi di ricerca e sviluppo rientravano nel titolo relativo ai contratti esclusi in tutto o in parte dalla disciplina del codice. In particolare, l’art. 19 conteneva un elenco eterogeneo di fattispecie non ricadenti nell’ambito di applicazione delle procedure ad evidenza pubblica generalmente applicabili[18]. La norma riproduceva l’elencazione dei servizi che le direttive europee (artt. 16 e 18, dir. 2004/18; artt. 24 e 25, dir. 2004/18) escludevano dall’ambito oggettivo di applicazione della gara sopra soglia comunitaria[19]. La ratio di tale esclusione veniva individuata nella natura di tali tipi di appalto che per l’oggetto, il luogo dell’esecuzione e il valore economico generalmente limitato non sono appetibili da imprese operanti in altri Stati membri[20]. Riguardo ai servizi di ricerca e sviluppo, l’esclusione dall’applicazione della disciplina generale è dovuta all’”elevato grado di infungibilità delle prestazioni in questione legate all’alto grado di specializzazione dei soggetti prestatori”[21].

La giurisprudenza amministrativa ha precisato che i servizi di ricerca e sviluppo oggetto delle procedure di affidamento escluse dall’applicazione della normativa generale devono essere diretti all’accrescimento delle conoscenze scientifiche in una determinata materia, ossia devono essere diretti al perseguimento di finalità più generali direttamente correlate con l’interesse dell’intera comunità[22].

Alle procedure di affidamento di contratti di ricerca e sviluppo si applicano i principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, già previsti dall’art. 27 del vecchio Codice degli appalti, cui si aggiungono il principio di tutela dell’ambiente ed efficienza energetica, introdotti dall’art. 4 della nuova disciplina. Non viene riproposto, invece, il vincolo dell’invito ad almeno cinque concorrenti, compatibilmente con l’oggetto del contratto, previsto dal citato art. 27.

Mentre per le altre fattispecie ricadenti nel titolo VI relativo ai regimi speciali di appalto il legislatore individua l’ambito di applicazione e la procedura applicabile, le disposizioni riguardanti gli appalti precommerciali per l’affidamento di contratti di ricerca e sviluppo sono ancor più laconiche che nella disciplina del codice previgente, limitandosi a sintetizzare le indicazioni date dalla Commissione europea nelle Comunicazioni citate.

Indicazioni utili circa il possibile ambito di applicazione degli appalti precommerciali sono contenute nel comunicato del 9 marzo 2016, emanato dall’Autorità nazionale anticorruzione nell’esercizio dei suoi poteri di vigilanza sui contratti esclusi dall’applicazione del codice degli appalti. L’Anac ha riepilogato gli aspetti salienti della disciplina degli appalti precommerciali, contenuti nelle richiamate comunicazioni della Commissione ed ha individuato possibili campi di applicazione di questo strumento. In particolare, viene in rilievo l’art. 19, comma 1 del d.l. 18 ottobre 2012, e successive modifiche e integrazioni[23] relativo allo sviluppo delle comunità intelligenti, la produzione di beni pubblici rilevanti, la rete a banda ultralarga, fissa e mobile, tenendo conto delle singole specificità territoriali e della copertura delle aree a bassa densità abitativa, e i relativi servizi, la valorizzazione digitale dei beni culturali e paesaggistici, la sostenibilità ambientale, i trasporti e la logistica, la difesa e la sicurezza. Altri ambiti in cui gli appalti precommerciali possono essere utilizzati sono quello sanitario, dell’energia e del contrasto ai cambiamenti climatici.

Dall’insieme di queste fonti normative si possono desumere gli elementi caratterizzanti degli appalti precommerciali. Si tratta di tre aspetti che attengono all’oggetto dell’appalto, alla disciplina dei diritti di proprietà intellettuale dei risultati della ricerca e ai vincoli procedurali e contrattuali imposti al fine di distinguere l’appalto precommerciale dagli aiuti di Stato in materia di ricerca, sviluppo e innovazione

 

5.La definizione di appalti pubblici precommerciali: a) i servizi di ricerca e sviluppo; b) la condivisione dei costi benefici con le imprese appaltatrici; c) utilizzo pro concorrenziale e non in forma di aiuto di Stato

 

5.1.La definizione di servizi di ricerca e sviluppo

La comunicazione COM (2007) 799 della Commissione chiarisce che i servizi di ricerca e sviluppo oggetto dell’appalto precommerciale sono finalizzati alla ricerca di soluzioni non ancora presenti sul mercato e pertanto possono coprire attività “che vanno dalla ricerca, all’elaborazione di soluzioni, alla messa a punto di prototipi fino allo sviluppo iniziale di quantità limitate di primi prodotti o servizi in forma di serie sperimentali… aventi lo scopo di incorporare i risultati delle prove sul campo e di dimostrare che il prodotto o servizio è idoneo per una produzione o una fornitura in massa conformemente a norme di qualità accettabili”. Deve trattarsi di attività finalizzate alla messa a punto di una soluzione commercializzabile e ripetibile, non quindi di attività di mera ricerca[24]. I servizi di ricerca e sviluppo non comprendono “le attività di sviluppo commerciale, quali la produzione o la fornitura in massa per stabilire la redditività commerciale o recuperare i costi di R&S a fini di integrazione, personalizzazione, adattamento o miglioramento incrementale dei prodotti o dei processi esistenti”.

Non rientrano nell’oggetto degli appalti pubblici precommerciali quelli relativi a lavori e forniture in materia di ricerca e sviluppo, che sono, pertanto, assoggettati alla disciplina generale degli appalti. Qualora le prestazioni richieste concernano, oltre ai servizi di ricerca e sviluppo, anche l’effettuazione di relativi lavori o di forniture, la procedura di aggiudicazione seguirà le disposizioni applicabili al tipo di appalto che caratterizza l’oggetto principale della gara in questione, ai sensi dell’art. 28, comma 1 del Codice degli appalti. L’oggetto principale della gara è “determinato in base al valore stimato più elevato tra quelli dei rispettivi servizi o forniture”. Pertanto, ove risulti prevalente il valore dell’appalto di lavori o forniture si applicherà la disciplina generale degli appalti; in caso contrario, si applica la disciplina speciale prevista per gli appalti precommerciali[25].

Poiché, come si è più volte detto, i servizi di ricerca e sviluppo hanno ad oggetto lo svolgimento di ricerche volte a fornire al committente pubblico soluzioni non ancora o non pienamente disponibili sul mercato per far fronte a bisogni pubblici che esigono risposte altamente innovative, non rientrano nel campo di applicazione degli appalti precommerciali le attività di ricerca e sviluppo volte a soddisfare funzioni amministrative ordinarie, attraverso, ad esempio, servizi di consulenza, formazione, ecc[26].

 

5.2.La condivisione dei rischi e benefici tra l’appaltante e l’appaltatore

La seconda caratteristica degli appalti in questione è indicata dalla Commissione nell’assenza di una riserva di uso esclusivo dell’acquirente pubblico, dei risultati delle attività di R&S e dalla condivisione con le imprese dei rischi e i benefici delle attività di ricerca e sviluppo necessarie alla messa a punto di soluzioni innovative, più efficienti di quelle disponibili sul mercato. La Commissione osserva che, a differenza dell’esperienza statunitense[27], in ambito europeo le amministrazioni appaltanti tendono a prevedere, nei contratti di appalto in materia di ricerca e sviluppo, clausole di riserva di uso esclusivo dei risultati e benefici delle ricerche svolte, con assunzione dei costi di brevetto e di tutela della proprietà esclusiva e pagamento di un prezzo più all’alto per compensare l’impresa appaltatrice della perdita della possibilità di sfruttamento commerciale della soluzione trovata.

La Commissione evidenzia, tuttavia, gli effetti negativi che le clausole di esclusiva a favore dell’acquirente pubblico possono avere nella fattispecie in esame. Esse, infatti, disincentivano le imprese ad investire nella successiva commercializzazione, impedendo una disseminazione delle conoscenze ottenute. Inoltre, il prezzo elevato della proprietà esclusiva dei risultati di un progetto riduce l’incentivo dell’acquirente pubblico a condividere i risultati con altri potenziali acquirenti pubblici, con conseguente frammentazione della domanda pubblica di innovazione e perdita di competitività internazionale delle imprese. In linea di massima, quindi, la riserva dei diritti di proprietà intellettuale in capo alla stazione appaltante ostacola il processo di innovazione e produce maggiori costi per l’acquirente pubblico il quale tende a rimanere legato al fornitore della scoperta, essendo l’ingresso al mercato da parte di altri potenziali fornitori di soluzioni concorrenti, ostacolato dagli alti costi di produzione dello sviluppo esclusivo.

Pertanto, al di là di ipotesi particolari, come ad esempio i contratti di ricerca e sviluppo in materia di difesa, relativamente ai quali esigenze di riservatezza giustificano il diritto di uso esclusivo del committente pubblico, gli appalti precommerciali devono caratterizzarsi per la condivisione dei rischi e benefici tra appaltatore e appaltante. I rischi per quest’ultimo sono rappresentati dall’eventualità che la ricerca non conduca a risultati applicabili; per l’impresa dall’ipotesi che lo svolgimento dell’attività non conduca ad un risultato brevettabile e conseguentemente commercializzabile.

La condivisione dei rischi benefici tra la stazione appaltante e il fornitore aggiudicatario può avvenire in diversi modi. In primo luogo, a fronte della concessione all’impresa del diritto di sfruttamento esclusivo della soluzione eventualmente trovata, l’acquirente pubblico può corrispondere un prezzo più basso, corrispondente al valore di mercato rappresentato dalla compensazione dei rischi assunti dall’appaltatore.

In secondo luogo, nel contratto possono essere previste clausole di second sourcing, mediante le quali la stazione appaltante può imporre all’impresa appaltatrice l’obbligo di concedere in licenza i diritti di proprietà intellettuale a terzi a condizioni di mercato giuste e ragionevoli, al fine di evitare il rischio di un restringimento del canale di approvvigionamento in caso di default dell’aggiudicatario. Le parti possono concordare che, anche in caso di riserva di esclusiva a favore dell’impresa, il successivo trasferimento a terzi dei diritti di proprietà intellettuale debba essere autorizzato dall’amministrazione appaltante. Il contratto può, inoltre, prevedere che, ove l’impresa non sia stata in grado, in un periodo di tempo determinato, di sfruttare i diritti di proprietà intellettuale questi possano essere esercitati dal committente[28].

Infine, il contratto di appalto può prevedere il diritto di uso gratuito a fini di sviluppo di ulteriori soluzioni interne all’amministrazione appaltante pur in presenza di un’esclusiva dell’impresa appaltatrice. In ogni caso i rapporti tra appaltante e appaltatore devono essere regolati in modo che non siano accordati vantaggi ingiusti alle imprese in eventuali appalti futuri[29], che l’acquirente pubblico possa avere accesso ad una catena di approvvigionamento ampia e competitiva e, infine, che entrambe le parti traggano vantaggio da un’attiva opera di commercializzazione e diffusione delle nuove soluzioni”[30].

 

5.3.La distinzione tra l’appalto precommerciale e gli aiuti di Stato in materia di ricerca, sviluppo e innovazione.

La terza caratteristica degli appalti precommerciali, strettamente connessa con quella della condivisione rischi benefici tra acquirente pubblico e impresa appaltatrice è, come risulta dalla Comunicazione 799 (2007) della Commissione, quella di non costituire una forma di aiuto di Stato a favore di attività di ricerca, sviluppo e innovazione, ammessi ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 3, lettere b) e c), del Trattato, in applicazione del quale la Commissione può considerare compatibili con il mercato interno gli aiuti di Stato destinati a promuovere la realizzazione di un importante progetto di comune interesse europeo o ad agevolare lo sviluppo di talune attività economiche all’interno dell’Unione, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse.

Mentre la logica degli aiuti di Stato è quella di correggere i fallimenti del mercato in situazioni in cui esso, da solo, non riesce a conseguire un risultato efficiente, la logica degli appalti precommerciali esprime un approccio pro competitive, fondato sulla fiducia nei meccanismi della concorrenza di favorire la scelta della migliore soluzione per entrambe le parti.

Per tale motivo, le relative procedure di appalto devono garantire il massimo di concorrenza, trasparenza, apertura, correttezza. Inoltre, il prezzo corrisposto all’appaltatore deve essere fissato alle condizioni di mercato, al fine di non attribuire un ingiustificato vantaggio all’appaltatore. Esso, pertanto, deve essere remunerativo della prestazione ricevuta. Un prezzo più elevato costituisce, invece, una forma di finanziamento. In tale ipotesi, pertanto, si applica la procedura prevista dagli artt. 107 e 108 TFUE per gli aiuti di Stato in materia di ricerca e innovazione, che prevede la notifica alla Commissione[31]. La Comunicazione della Commissione 2014/C 198/01 citata, ribadisce che non si è in presenza di un aiuto di Stato se: a) la procedura di selezione è aperta, trasparente e non discriminatoria, e si basa su criteri di selezione e di aggiudicazione oggettivi e predefiniti; b) gli accordi contrattuali previsti che descrivono tutti i diritti e gli obblighi delle parti, anche per quanto riguarda i diritti di proprietà intellettuale, sono messi a disposizione di tutti gli offerenti interessati prima della procedura di gara; c) l’appalto non conferisce ad alcuno dei fornitori partecipanti un trattamento preferenziale nell’offerta di quantità commerciali dei prodotti o servizi finali ad un acquirente pubblico nello Stato membro interessato; d) è soddisfatta una delle seguenti condizioni: i) tutti i risultati che non danno luogo a diritti di proprietà intellettuale possono avere larga diffusione, ad esempio mediante pubblicazione, insegnamento o contributo agli organismi di standardizzazione, in modo tale da consentire ad altre imprese di riprodurli, e gli eventuali diritti di proprietà intellettuale sono integralmente attribuiti all’acquirente pubblico, oppure; ii) un prestatore di servizi al quale sono attribuiti i risultati che danno luogo ai diritti di proprietà intellettuale è tenuto a concedere all’acquirente pubblico un accesso illimitato e gratuito a tali risultati e a concedere l’accesso a terzi, per esempio mediante licenze non esclusive, alle condizioni di mercato.

 

6.Aspetti procedurali

Per la natura del suo oggetto, attività di ricerca e sviluppo finalizzata alla predisposizione di soluzioni non presenti sul mercato, o non pienamente sviluppate, l’appalto precommerciale rappresenta un esercizio propedeutico (per il successivo ed eventuale appalto di fornitura) finalizzato a esplorare in chiave comparativa i vantaggi e gli svantaggi di diverse soluzioni tecnologiche alternative proposte da più imprese.

La procedura di appalto precommerciale, pertanto, secondo le indicazioni della Commissione, si configura come un procedura ad inviti, alla quale partecipa un ampio numero di imprese ed articolata in stadi progressivi, per lo sviluppo in concorrenza di ipotesi di soluzione del problema posto dall’acquirente pubblico[32]. La complessità dei problemi che sollecitano la domanda pubblica di innovazione tecnologica richiede che i bandi per l’aggiudicazione di appalti precommerciali siano preceduti da una fase di dialogo tra la stazione appaltante e le imprese partecipanti volto a definire i termini del problema e a individuare le specifiche tecniche della prestazione richiesta. Al termine di questa fase preliminare può essere avviata una selezione tra operatori economici articolata in fasi progressive ed eventuali.

Le fasi possono essere tre: la prima finalizzata allo studio di fattibilità volto a esaminate le soluzioni tecniche possibili; la seconda alla produzione di prototipi; la terza allo sviluppo sperimentale. Le imprese partecipanti presentano i risultati delle proprie ricerche accompagnandoli con un piano dei costi e dei tempi di eventuale realizzazione che viene valutato dalla stazione appaltante. All’eventuale fase successiva devono partecipare, secondo le indicazioni della Commissione, almeno due imprese.

Il bando di appalto precommerciale deve indicare l’articolazione in fasi e i relativi criteri di aggiudicazione, basati su quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Inoltre, il bando deve prevedere la disciplina dei diritti di proprietà intellettuale dei risultati della ricerca, da applicare nel caso in cui nelle fasi precedenti sia stata sviluppata una soluzione innovativa suscettibile di sfruttamento commerciale (brevetto o tutela negoziale) favorendo, in ogni caso la più ampia circolazione di conoscenze.

L’avviso deve indicare l’importo complessivo impegnato dalla stazione appaltante per l’intera procedura e i singoli importi che si intendono corrispondere alle imprese risultate aggiudicatarie delle diverse fasi[33].

 

7.Aspetti problematici

La procedura di appalto pubblico precommerciale comporta nel breve periodo costi più elevati rispetto all’acquisizione della soluzione innovativa da un unico fornitore, mentre conduce, invece, nel medio e lungo periodo a una riduzione dei costi e alla selezione delle migliore alternative tecniche disponibili. L’esigenza di investire in ricerca e sviluppo, con i relativi rischi di improduttività dell’investimento contrasta con quella di contenimento della spesa pubblica, in Italia ancora più stringente che negli altri paesi europei,

In proposito, gli studi e approfondimenti condotti sugli appalti precommerciali dagli esperti del settore dimostrano che i committenti pubblici tendono a privilegiare soluzioni già presenti sul mercato piuttosto che impegnarsi nella complessa procedura sopra descritta che, come si è detto, potrebbe anche non portare, almeno nell’immediato, alla soluzione del problema posto dall’amministrazione[34]. In questo contesto, l’assenza di un quadro giuridico sufficientemente determinato costituisce un fattore disincentivante all’applicazione degli appalti in discorso.

Un altro aspetto critico è costituito dall’assenza di expertise tecniche adeguate presso i committenti pubblici, necessarie per definire esattamente il fabbisogno di innovazione necessario.

Si tratta di un elemento indispensabile per l’efficacia degli strumenti di politica della ricerca e innovazione indicati dalla Commissione europea. Al riguardo, in un parere del Comitato economico sociale (SEC/2007) si legge che “tali procedure debbono essere gestite da un “cliente intelligente”, intendendosi per tale quel cliente pubblico con atteggiamento mentale di apertura alle nuove idee, ma anche in condizione di porre in essere la disciplina necessaria per gestirle, che abbia persone dotate dell’esperienza e delle competenze sufficienti per gestire progetti innovativi e capace di disporre di un’organizzazione che, compreso il suo vertice, sia in sintonia con le esigenze poste da tali progetti”. Con riferimento al contesto italiano, è stato osservato che, sino alla privatizzazione delle imprese pubbliche e degli enti di gestione delle partecipazioni statali, l’amministrazione italiana possedeva, al suo interno, le competenze tecnico scientifiche e ingegneristiche necessarie alla comprensione e alla guida dei processi di innovazione. Con l’apertura alla concorrenza di quei mercati, i fornitori pubblici acquistano le tecnologie sui mercati mondiali e difficilmente assumono impegni formali rispetto a obiettivi di innovazione nell’ambito degli accordi di concessione o di programma conclusi con i governi nazionali[35].

L’assenza di una disciplina normativa di dettaglio e la complessità delle questioni tecnico giuridiche implicate nella gestione di gare di appalto precommerciali – dalla definizione del fabbisogno di innovazione alla gestione dei rapporti in materia di proprietà intellettuale, ai rapporti tra le competenze dello Stato e delle Regioni in materia di ricerca e innovazione – costituiscono un ostacolo alla diffusione di tali tipi di appalti.

Come si è già osservato, la principale fonte di disciplina degli appalti precommerciali è costituita da atti di soft law della Commissione europea[36]. Il recepimento nell’ordinamento ad opera dell’art. 158, comma 2 del Codice degli appalti non dettaglia la disciplina, ma si limita a richiamare i contenuti fondamentali indicati dalla Commissione.

L’analisi degli aspetti problematici della disciplina degli appalti precommerciali e la predisposizione di disciplinari-tipo è stata condotta nell’ambito della legislazione di settore in materia di sviluppo delle tecnologie digitali, adottata dal legislatore italiano in attuazione delle indicazioni della Commissione europea relative al Programma Horizon 2020[37] con la Comunicazione 245/2010. Nell’ambito delle iniziative europee a sostegno delle politiche di ricerca e innovazione, sono stati promossi progetti per l’implementazione degli strumenti di innovazione - tra cui gli appalti precommerciali - che si sono conclusi con la redazione di disciplinari e Vademecum per la disciplina delle relative procedure d’appalto[38]. Altre iniziative finalizzate all’applicazione degli appalti precommerciali sono state condotte a livello locale.

I gruppi di lavoro e le strutture che hanno approfondito la materia in questione hanno elaborato dossier che richiamano alcuni aspetti problematici delle gare di appalto precommerciale, quale ad esempio, quello della qualificazione degli operatori economici partecipanti alla selezione. La nozione di operatore economico accolta dal diritto europeo è ampia e si estende anche a soggetti che non esercitano attività economiche a fini di lucro, quali ad esempio le Università e gli istituti pubblici di ricerca[39]. Il tema della legittimazione delle Università alla partecipazione a gare pubbliche di appalto e in generale dei limiti alla partnership pubblico privato è stato ripercorso nella determinazione n. 7 del 21 ottobre 2010 dell’Autorità di vigilanza dei contratti pubblici. Sul punto è intervenuta l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 10/2011, la quale ha ribadito il limite alla costituzione, da parte di enti pubblici, di società a scopo di lucro per la partecipazione a procedure di gara, che non abbiano carattere strumentale alla propria attività istituzionale.

Un altro aspetto problematico riguarda l’applicazione della degli appalti precommerciali in ambito regionale.

Sebbene le Regioni possano farvi ricorso nelle materie di propria competenza, in assenza di una uniforme disciplina di dettaglio della procedura di appalto pubblico precommerciale, non può escludersi il rischio di “contrasti interpretativi circa la riconducibilità dell’istituto alla materia di tutela della concorrenza – di competenza esclusiva statale[40] – o alla ricerca scientifica e tecnologica per il sostegno all’innovazione per i settori produttivi, rientranti nelle ipotesi di competenza concorrente tra lo Stato e le Regioni”[41]. In base alla richiamata disciplina di attuazione dell’Agenda digitale, il coordinamento tra livello nazionale e livello regionale di governo avviene all’interno del comitato di indirizzo dell’Agenzia per l’Italia digitale, nell’ambito del quale operano sia rappresentanti delle amministrazioni centrali con competenze in materia, sia due rappresentanti designati dalla Conferenza Stato Regioni[42]. Sul piano operativo, l’Agenzia è venuta ad assumere il ruolo di centrale di committenza di appalti pre-commerciali per conto delle regioni e delle altre amministrazioni competenti. Ciò è avvenuto mediante la stipula di un accordo di collaborazione tra AgId e Ministero dell’Università e la ricerca per la pianificazione e l’attuazione delle attività connesse allo sviluppo di servizi o prodotti innovativi in grado di soddisfare una domanda espressa dalle pubbliche amministrazioni[43]. In attuazione del suddetto accordo, sono state avviate tre gare sulla base delle manifestazioni di interesse inviate al Miur da diverse amministrazioni[44]. In base all’accordo il Miur svolge la funzione di stazione appaltante per conto di altre amministrazioni beneficiarie, mentre l’AgId ha un ruolo di supporto.

Peraltro, come è stato osservato[45], più l’ambito territoriale dell’appalto è ridotto, essendo finalizzato alla soluzione di problematiche specifiche riguardanti le comunità locali, più accentuata è la tendenza a preferire imprese con un’esperienza radicata nel territorio, con il rischio di ostacolare la concorrenza, che è il principio cardine su cui si basa l’impianto normativo degli appalti precommerciali[46]. Al riguardo, una prospettiva di soluzione del problema è accennata nella Comunicazione 799/2007, con riferimento al tema dello sviluppo di reti di cooperazione tra diverse istituzioni in un medesimo settore, come ad esempio la sanità, l’ambiente ecc. Questa cooperazione potrebbe anche essere sviluppata tra reti regionali appartenenti allo stesso paese o a paesi diversi, al fine di definire “le specifiche comuni di classi di acquisto di beni e servizi, in stretta interazione con i fornitori, allo scopo di indurre soluzioni innovative”[47].

 

[1] L. Di Pietrantonio, La politica industriale e dell’innovazione tecnologica per la competitività, in M. Colucci, S. Sica (a cura di), L’Unione europea. Principi-Istituzioni-Politiche-Costituzione, Bologna, Zanichelli, 2005. “Si è (in questo caso) di fronte a un fallimento di mercato che porta a situazioni di divergenza tra il livello ottimale di R&S da un punto di vista sociale e quello che risulta da un processo competitivo. Tale fallimento di mercato genera un disincentivo per le imprese ad investire in ricerca e sviluppo, col pericolo di un deterioramento della loro posizione competitiva e giustifica, pertanto, l’intervento di natura pubblica”.

[2] Cfr. A. Bonaccorsi, T. Panariello, Domanda pubblica e politiche per l’innovazione. Fondamenti economici e profili giuridici, Domanda pubblica e politiche per l’innovazione. Fondamenti economici e profili giuridici, Rivista di politica economica, 2012, I, pp. 61, ss.

[3] Tra gli esempi di “fallimento del governo”, vi sono il caso della Germania, che ha investito ingenti somme per lo sviluppo di tecnologie alternative ai treni superveloci che non sono state adottate dalle ferrovie tedesche perché incompatibili con la rete fisica installata, basata sui binari. Lo studio di queste esperienze ha favorito un “ampio consenso sul fatto che indirizzare la ricerca verso obiettivi decisi dal potere politico non costituisce un utilizzo efficiente delle risorse pubbliche”, A. Bonaccorsi, T. Panariello, cit.

[4] La differenza tra gli Stati Uniti e l’Europa in termini di spesa per gli appalti di R&S è dovuta soprattutto al divario nei bilanci per la difesa e per la ricerca spaziale. Tuttavia, negli Stati Uniti questo tipo di spesa è ancora quattro volte superiore nei settori pubblici diversi dalla difesa e dalla ricerca spaziale, quali la salute, l’energia, l’istruzione e l’ambiente. Cfr. . Com. 799(2007) pag. 5.

[5] Per un’ampia bibliografia sulla letteratura economica in materia di politica della ricerca, si veda A. Bonaccorsi, T. Panariello, cit.

[6] Fra gli esempi di soluzioni innovatrici e rivoluzionarie emerse da appalti di R&S si possono citare la tecnologia IP (Internet Protocol), il GPS (Global Positioning System), il calcolo ad alte prestazioni e innovazioni fondamentali nella tecnologia dei semiconduttori. Cfr. Com. 799(2007), ibidem.

[7] Più recentemente, gli appalti di R&S riguardanti problemi sociali concreti, quali il trattamento dell’inquinamento dei suoli o la diagnosi del morbo di Alzheimer, hanno permesso alle autorità pubbliche degli Stati Uniti di creare nuovi mercati per applicazioni delle biotecnologie e delle nanotecnologie. Nei settori dell’energia e dell’ambiente, le istituzioni pubbliche degli Stati Uniti e del Giappone hanno ridotto sensibilmente il costo delle stazioni di ricarica delle pile a combustibile tramite appalti di R&S. Ciò ha permesso agli autobus alimentati a pile a combustibile di diventare una soluzione fattibile per un trasporto pubblico efficiente sotto il profilo energetico. Cfr. COM, 799 (2007), ibidem.

[8] Si vedano, in particolare, il Rapporto sulla Strategia di Lisbona (rapporto Kok) del novembre 2004 dal nome di Wim Kok, ex Primo Ministro olandese, incaricato dalla Commissione europea di presiedere il gruppo di esperti che lo hanno redatto; il Rapporto " Creare un'Europa innovativa” del gennaio 2006 rapporto Aho) dal nome del primo ministro finlandese che ha presieduto i lavori del gruppo di esperti indipendenti che hanno redatto la relazione; The role of community research policy in the knolewdge – based economy (Expert Group report) ottobre 2009, Gruppo operante all’interno della DG ricerca.

[9] COM (2014/C 198/01), Disciplina degli aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione.

 

[10] La spesa totale per le attività di R&S all’interno dell’Unione (sostenuta per circa 2/3 dal settore privato e per 1/3 dal settore pubblico) era pari al 2,06 % del PIL nel 2012, e maggiorata di 0,24 punti percentuali rispetto al 2005, Cfr. http://epp.eurostat.ec.europa.eu/portal/page/portal/europe_2020_indicators/headline_indicators (statistiche Eurostat sugli indicatori principali).

Benché la spesa privata per le attività di R&S in percentuale del PIL sia leggermente aumentata dal 2008, permangono tuttavia grandi differenze tra Stati membri, settori industriali e singoli operatori Cfr. Commissione europea, «Risultati della ricerca e dell’innovazione negli Stati membri dell’UE e nei paesi associati, 2013.

[11] Gli appalti pubblici (17% del PIL dell’UE25) rappresentano il 35% della spesa pubblica dell’UE25. Fonte: COM 799(2007).

[12]  Considerando 47 Direttiva 24/2014.

[13] A. Bonaccorsi, T. Panariello, cit.

[14]  Ai sensi del considerando 47 della Direttiva 24/2014, “La ricerca e l’innovazione, comprese l’ecoinnovazione e l’innovazione sociale, sono uno dei principali motori della crescita futura e sono state poste al centro della strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. Le autorità pubbliche dovrebbero utilizzare gli appalti pubblici strategicamente nel miglior modo possibile per stimolare l’innovazione. L’acquisto di prodotti, lavori e servizi innovativi svolge un ruolo fondamentale per migliorare l’efficienza e la qualità dei servizi pubblici e nello stesso tempo affrontare le principali sfide a valenza sociale. Ciò contribuisce a ottenere un rapporto più vantaggioso qualità/prezzo nonché maggiori benefici economici, ambientali e per la società attraverso la generazione di nuove idee e la loro traduzione in prodotti e servizi innovativi, promuovendo in tal modo una crescita economica sostenibile”.

[15] Com 799(2007), pag. 11.

[16] Cfr. il reg. (UE) n. 1217/2010 della Commissione, del 14 dicembre 2010, relativo all’applicazione dell’art. 1010 TFUE a talune categorie di accordi di ricerca e sviluppo. Inoltre, ai sensi del reg. (Ce) n. 994/98 gli aiuti a favore della ricerca e sviluppo tecnologico rientrano tra quelli che possono essere dichiarati compatibili con gli artt. 107 e 108 del TFUE.

[17] Si tratta dei contratti per servizi di ricerca e sviluppo identificati con i codici CPV da 73000000‐2 a 73120000‐9, 73300000‐5, 73420000‐2 o 73430000‐5 del CPV (Common Procurement Vocabulary) di cui al Regolamento (CE) n. 2195/2002. In sostanza, l’art. 14 esclude dal proprio ambito di applicazione, anche se si verificano le condizioni indicate, i contratti di ricerca e sviluppo in materia di difesa e sicurezza e quelli di consulenza.

[18] Si trattava in particolare dei contratti a) aventi per oggetto l'acquisto o la locazione, quali che siano le relative modalità finanziarie, di terreni, fabbricati esistenti o altri beni immobili o riguardanti diritti su tali beni; tuttavia, i contratti di servizi finanziari conclusi anteriormente, contestualmente o successivamente al contratto di acquisto o di locazione rientrano, a prescindere dalla loro forma, nel campo di applicazione del presente codice; b) aventi per oggetto l'acquisto, lo sviluppo, la produzione o coproduzione di programmi destinati alla trasmissione da parte di emittenti radiotelevisive e appalti concernenti il tempo di trasmissione; c) concernenti i servizi d'arbitrato e di conciliazione; d) concernenti servizi finanziari relativi all'emissione, all'acquisto, alla vendita e al trasferimento di titoli o di altri strumenti finanziari, in particolare le operazioni di approvvigionamento in denaro o capitale delle stazioni appaltanti, nonché i servizi forniti dalla Banca d'Italia; e) concernenti contratti di lavoro; f) concernenti servizi di ricerca e sviluppo diversi da quelli i cui risultati appartengono esclusivamente alla stazione appaltante, perché li usi nell'esercizio della sua attività, a condizione che la prestazione del servizio sia interamente retribuita da tale amministrazione.

[19] L. Perfetti, a cura di, Codice dei contratti pubblicci commentato, IPSOA, Milano, 2013.

[20] A. Cancrini, C. Franchini, S. Vinti, (a cura di), Codice degli appalti pubblici, UTET, Milano, 2014.

[21] A. Cancrini, C. Franchini, S. Vinti, op. cit., pag. 152.

[22] TAR Puglia, Lecce, sez. I, 21 luglio 2010, n. 1791, in A. Massari, O. Cutajar, a cura di, Appalti e contratti, Maggioli, Rimini, 2015.

[23] L’art. 19, comma 1 del d.l. 18 ottobre 2012, e successive è stato convertito, con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, che ha inserito il comma 3bis all’art. 20 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, successivamente abrogata dal d.lgs. 26 agosto 2016, n. 179.

[24] Cfr. “Vademecum” “Appalti pubblici pre-commerciali: istruzioni per l’uso”, a cura del Dipartimento per la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione dell’Innovazione tecnologica, URL: https://procurement-forum.eu/resource/download/449/Italy_Guide+on+PCP.pdf.

[25] Cfr. “Vademecum” “Appalti pubblici pre-commerciali: istruzioni per l’uso”, cit.

[26] Cfr. “Vademecum” “Appalti pubblici pre-commerciali: istruzioni per l’uso”, cit.

[27] Nell’immediato dopoguerra gli Stati Uniti investirono nell’acquisto di componenti dell’industria militare da imprese di nuova costituzione. Per ridurre il rischio connesso con l’approvvigionamento da parte di fornitori giovani e privi di referenze, i contratti d’appalto prevedevano la clausola di second sourcing, in base alla quale il fornitore aggiudicatario dell’appalto doveva accettare di condividere i propri disegni e la conoscenza del processo produttivo con almeno una seconda fonte, che diventasse in grado di produrre componenti funzionalmente identici in caso di insuccesso dell’impresa appaltatrice. Questa pratica ha generato ampi processi di spillover di conoscenza tra le imprese del settore. Cfr. A Bonaccorsi, T. Panariello, op. cit.

[28] Cr. Vademecum, cit

[29] “Le azioni in materia di appalti pre-commerciali non possono ostacolare la concorrenza nella fase di commercializzazione, dato che in tale fase sono pienamente applicabili le direttive sugli appalti pubblici e i principi del trattato sui quali esse si basano”. Com. 799(2007) cit., pag. 4.

[30] Cfr. Vademecum, cit. pag. 28

[31] In base alla Comunicazione della Commissione 2014/C 198/01 gli Stati membri devono notificare gli aiuti a favore di RSI a norma dell’articolo 108, paragrafo 3, del trattato, ad eccezione delle misure che soddisfano le condizioni previste in un regolamento di esenzione per categoria adottato dalla Commissione a norma dell’articolo 1 del regolamento (CE) n. 994/98 del Consiglio.

[32] La Commissione raccomanda la valutazione in un confronto aperto dei pro e  i contro di soluzioni alternative. Questo processo di apprendimento reciproco tra acquirenti pubblici e imprese permette di avere solide conferme sulle esigenze funzionali e sui requisiti di prestazione sul lato della domanda, e sulle capacità e sulle limitazioni dei nuovi sviluppi tecnologici sul lato dell’offerta, Com 799(2007), pag. 9.

[33] S. Pellizzari, Le forme di partenariato pubblico-privato come strumento di innovazione per lo sviluppo delle imprese e dei servizi sociali, in Impresa Sociale, 3-2014, pag. 5., URL http://rivistaimpresasociale.it/rivista/item/80-le-forme-di-partenariato-pubblico-privato-come-strumento-di-innovazione-per-lo-sviluppo-delle-imprese-e-dei-servizi-sociali.html

[34] Dagli studi promossi dal settore Enterprise della Commissione nell’ottobre 2009 e nel marzo 2010 risulta che “in assenza di incentivi e/o requisiti specifici e di alto livello, la pubblica amministrazione non ha sufficienti motivazioni ad acquisire soluzioni innovative: la messa a disposizione di linee guida e best practice non è sufficiente”, Cfr. A. Bonaccorsi, T. Panariello, cit.

[35] Cfr. A. Bonaccorsi, T. Panariello, cit.

[36] Cfr. S. Pellizzari, cit.

[37] In particolare, l’art. 47 del d.l. 9 febbraio 2012, n. 5 convertito, con modificazioni con la legge 4 aprile 2012, n. 35, ha introdotto l’Agenda Digitale italiana e l’art. 19 del d.l. 22 giugno 2012 n. 83 convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134 ha introdotto l’Agenzia Digitale italiana, tramite la quale il Governo “persegue l'obiettivo prioritario della modernizzazione dei rapporti tra pubblica amministrazione, cittadini e imprese, attraverso azioni coordinate dirette a favorire lo sviluppo di domanda e offerta di servizi digitali innovativi, a potenziare l'offerta di connettività a larga banda, a incentivare cittadini e imprese all'utilizzo di servizi digitali e a promuovere la crescita di capacità industriali adeguate a sostenere lo sviluppo di prodotti e servizi innovativi”. Ai sensi del comma 3 bis dell’art. 19 del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, “l'Agenzia promuove altresì la definizione e lo sviluppo di grandi progetti strategici di ricerca e innovazione connessi alla realizzazione dell'Agenda digitale italiana e in conformità al programma europeo Horizon2020, con l'obiettivo di favorire lo sviluppo delle comunità intelligenti, la produzione di beni pubblici rilevanti, la rete a banda ultralarga, fissa e mobile, tenendo conto delle singole specificità territoriali e della copertura delle aree a bassa densità abitativa, e i relativi servizi, la valorizzazione digitale dei beni culturali e paesaggistici, la sostenibilità ambientale, ((i trasporti e la logistica)), la difesa e la sicurezza, nonché al fine di mantenere e incrementare la presenza sul territorio nazionale di significative competenze di ricerca e innovazione industriale”.

[38] Nel 2012, è stato realizzato, ad esempio, il Progetto “Sostegno alle politiche di ricerca e innovazione delle Regioni”, finanziato a valere sulle risorse del PON Governance e Assistenza Tecnica 2007-2013 – Fondo Europeo di Sviluppo Regionale e coordinato dal Dipartimento per lo Sviluppo e la Coesione Economica e l’Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l’innovazione. Obiettivi del Progetto erano il rafforzamento delle ”capacità delle Amministrazioni regionali e centrali nei seguenti ambiti: definizione degli obiettivi e delle priorità degli interventi nell’ambito delle politiche di ricerca e innovazione; implementazione di procedure codificate e standardizzate di selezione dei progetti nei bandi di ricerca e innovazione; adozione di criteri di selezione uniformi e condivisi; implementazione di metodologie per la valutazione in itinere, ex post e d’impatto delle politiche; adozione di strumenti innovativi di politiche di ricerca e innovazione; rafforzamento delle conoscenze della pubblica amministrazione in materia di politiche di ricerca e innovazione e relativi interventi e strumenti. Nell’ambito del Progetto, è stato realizzato un volume contenente uno studio sull’applicazione in ambito regionale dello strumento degli appalti precommerciali e un disciplinare apposito. Cfr. il volume Gli appalti precommerciali per il finanziamento dell’innovazione nelle Regioni, nella collana Quaderni innovazione, Rubbettino, 2012. Si veda, inoltre, il “Vademecum” “Appalti pubblici pre-commerciali: istruzioni per l’uso”, a cura del Dipartimento per la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione dell’Innovazione tecnologica, cit.

[39] Corte di giustizia, sent. C-305/08. “L’ammissione delle università, degli istituti di ricerca e dei loro raggruppamenti alla partecipazione ad appalti pubblici potrebbe violare il principio della concorrenza sotto un duplice profilo. Da un lato, essa rischierebbe di sottrarre al libero mercato quote di appalti pubblici ai quali un numero non irrilevante di imprese ordinarie avrebbe, di fatto, difficoltà di accesso. Dall’altro, essa collocherebbe ingiustamente l’affidatario in una posizione di privilegio che gli garantirebbe una sicurezza economica attraverso finanziamenti pubblici costanti e prevedibili di cui gli altri operatori economici non possono beneficiare. Tuttavia, un’interpretazione restrittiva della nozione di «operatore economico» che fosse legata alla collocazione stabile di quest’ultimo «sul mercato» e che impedisse quindi alle università, agli istituti di ricerca e ai loro raggruppamenti di partecipare a gare d’appalto sarebbe gravemente pregiudizievole per la collaborazione tra entità pubbliche e private, nonché tra attività di ricerca e attività d’impresa, e, in definitiva, rappresenterebbe una restrizione della concorrenza”. 

[40] Cfr. Corte Costituzionale, sent. 23 novembre 2007, n. 401.

[41] Cfr. S. Pellizzari, cit., pag. 5.

[42] L’art. 19 del d.l. 22 giugno 2012 n. 83 convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134 ha introdotto l’Agenzia Digitale italiana organo autonomo vigilato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, sopprimendo la precedente Agenzia per la diffusione delle tecnologie e per l’innovazione.

 

[43] L’accordo, firmato il 28 aprile 2015, ha i seguenti obiettivi: Promuovere e sperimentare l’appalto precommerciale; Mantenere e incrementare la presenze sul territorio nazionale di significative competenze di ricerca e innovazione industriale; Sostenere l’innovazione dell’offerta di mercato; Procedere celermente alla pubblicazione di 30 bandi relativi alle manifestazioni di interesse selezionate dal MIUR. Il 6 luglio 2015 si è tenuto un primo Workshop su “Appalti pre-commerciali per soluzioni innovative nella PA” durante il quale MIUR e AgID hanno presentato il programma di appalti pre-commerciali del valore di 100 milioni di euro. Cfr. URL: http://www.agid.gov.it/agenda-digitale/innovazione-del-mercato/gare-pcp-nazionali.

[44] Gli ambiti di interesse riguardano la prevenzione delle catastrofi naturali, la depurazione delle acque e la sanità. Cfr. http://www.agid.gov.it/agenda-digitale/innovazione-del-mercato/gare-pcp-nazionali. Le amministrazioni proponenti e beneficiarie sono: amministrazioni comunali, aziende Sanitarie e aziende ospedaliere; consorzi di bonifica; consorzi e Unioni di Comuni; amministrazioni regionali; comandi dei Vigili del Fuoco; Università. Le manifestazioni di interesse delle amministrazioni sono state approvate con Decreto Direttoriale Interministeriale MIUR-MISE n° 437 del 13 marzo 2013 che ha emanato un avviso pubblico per la rilevazione di fabbisogni di innovazione all'interno del settore pubblico nelle regioni convergenza.

[45] Cfr. A. Bonaccorsi, T. Panariello, cit.

[46] Emblematica è, in proposito, l’esperienza della Provincia Autonoma di Trento. Essa aveva stipulato una convenzione con l’Associazione TrentoRise, fondata dall’Università di Trento e dalla Fondazione Kessler, in base alla quale veniva affidato all’Associazione il compito di attuare il piano di innovazione provinciale e venivano attribuite le risorse necessarie. L’Associazione ha bandito diversi appalti precommerciali per conto della Provincia sino a che venne posta in liquidazione per gestione illecita degli stessi. Sul caso sono è tuttora in corso un’indagine giudiziaria.

[47] Cfr. A. Bonaccorsi, T. Panariello, cit.