Tar Puglia Bari, Sez. III, sentenza n. 1260 del 04/11/2016

1. Secondo l’insegnamento della giurisprudenza civilistica la responsabilità precontrattuale costituisce species di quella di cui all’art. 2043 c.c., ed è regolata dagli stessi principi a quest’ultima applicabili. Perché possa affermarsi che ci si trovi innanzi ad un danno risarcibile, in ossequio ai principi generali in tema di sussumibilità della condotta nel paradigma di cui all’art. 2043 c.c., occorre che si pervenga al positivo riscontro della compresenza dell'elemento soggettivo e degli elementi oggettivi, individuati in una condotta posta in essere in violazione di una norma giuridica ("in iure") e in un danno conseguente qualificabile come ingiusto ("contra ius"), nonché un nesso eziologico che leghi il fatto come descritto al danno.

2. La omessa stipula del contratto non è imputabile – almeno non solo e non in modo decisivo - all’operato del Consorzio resistente, dovendosi piuttosto riconoscere che la condotta dell’impresa aggiudicataria abbia inciso in modo determinante anche sul nesso di causalità, rilevando quale fattore interruttivo della catena causale (tra condotta del soggetto della cui responsabilità si tratta ed evento), in grado di deviare lo sviluppo normale di quest'ultima.

GUIDA ALLA LETTURA

 

Con la sentenza in commento, il Tar Bari è tornato su un tema ricorrente, aderendo all’orientamento giurisprudenziale tradizionale, da cui invece di recente si era dissociata la Corte di Cassazione seguendo un indirizzo più innovativo[1].

La questione affrontata dal TAR prende le mosse dalla richiesta di risarcimento danni avanzata da una impresa in conseguenza della mancata stipula del contratto successivamente all’aggiudicazione dell’appalto per mancata copertura finanziaria dell’ente appaltante.

Il TAR ha rigettato la domanda, ritenendo che l’omessa sottoscrizione del contratto non fosse da imputare all’operato della sola committente, ma piuttosto alla condotta dell’aggiudicataria.

Ad avviso del TAR pugliese, quest’ultima ha inciso in modo determinante anche sul nesso di causalità, <<rilevando quale fattore interruttivo della catena causale in grado di deviare lo sviluppo normale di quest'ultima>>.

La pronuncia si apre con l’inquadramento giuridico della fattispecie in termini di responsabilità precontrattuale ex art. 1337 c.c. ed ha cura di precisare che, con specifico riferimento ai procedimenti ad evidenza pubblica, la responsabilità precontrattuale è una responsabilità da comportamento, non da provvedimento, che incide non già sull’interesse legittimo pretensivo all’aggiudicazione, ma sul diritto di autodeterminarsi liberamente nei rapporti negoziali e, pertanto, sulla libertà di compiere le proprie scelte negoziali senza subire ingerenze illegittime frutto dell’altrui scorrettezza.

Perché sussista una responsabilità precontrattuale di questo tipo occorre però, a dire del TAR, che, da un lato, il comportamento tenuto dalla P.A. risulti contrastante con le regole civilistiche di correttezza e di buona fede; e, dall’altro, che detto comportamento sia foriero del danno del quale appunto viene chiesto il ristoro.

Secondo la sentenza in rassegna l'aggiudicazione non è idonea ad instaurare ex se una relazione negoziale tra la stazione appaltante ed il privato aggiudicatario, avendo esclusivamente natura di provvedimento amministrativo ampliativo della sfera soggettiva del destinatario che, per effetto della stessa, così come diviene titolare di un interesse legittimo oppositivo alla sua conservazione, diviene al contempo titolare di un interesse legittimo pretensivo alla stipulazione del contratto: in buona sostanza, nessuna posizione di diritto soggettivo a detta stipula può essere riconosciuta all'impresa aggiudicataria.

 

Ad avviso del Tar Bari, dunque, la responsabilità nella quale la P.A. può incorrere in caso di omessa stipula del contratto di appalto per mancata copertura finanziaria rientra nel paradigma della responsabilità precontrattuale quale species di quella di cui all’art. 2043 c.c. e, pertanto, sarebbe regolata dagli stessi principi a quest’ultima applicabili.

Di talché, affinché possa dirsi sussistente un danno risarcibile, occorrerebbe il positivo riscontro della compresenza degli elementi costitutivi della responsabilità aquiliana.

In altri termini, sarebbe necessaria la sussistenza:

- dell'elemento soggettivo, costituito dalla colpa o dal dolo dell'agente, degli elementi oggettivi, individuati nella condotta posta in essere in violazione di una norma giuridica ("in iure") e nel danno conseguente qualificabile come ingiusto ("contra ius"), ossia lesivo di una situazione giuridica altrui, e non riconducibile all'esercizio di un proprio diritto; nonché

- del nesso eziologico che leghi il fatto al danno.

Il rapporto di causalità è da escludersi per il sopravvenire di un fatto che, pur non agendo del tutto indipendentemente dalla condotta del soggetto della cui responsabilità si controverte, si pone come fattore interruttivo della catena causale, in grado, cioè, di deviare lo sviluppo normale di quest'ultima.

 

In tale ordine di idee, la pronuncia in commento, nel prendere in considerazione l’elemento soggettivo costitutivo della responsabilità aquiliana, ritiene configurabile la colpa in capo all’amministrazione che addiviene alla conclusione di una procedura di affidamento di lavori senza mai stipulare il relativo contratto a causa delle omesse verifica e vigilanza sulla sussistenza della relativa copertura finanziaria.

Tale comportamento, ingenerando nelle parti un falso affidamento in ordine alla positiva conclusione della vicenda, confligge infatti con le regole a cui la P.A. è tenuta anche nella fase precontrattuale.

Nel caso di specie, tuttavia, il TAR ha osservato che l’impresa ricorrente era a conoscenza delle condizioni economiche dell’ente appaltatore già prima dell’indizione della gara e che ciononostante ha inteso partecipare alla procedura e proseguire sino alla successiva fase dell’aggiudicazione.

Tale circostanza, ad avviso del TAR, farebbe venir meno il nesso causale richiesto dalla norma civilistica ai fini della sussistenza della responsabilità.

 

In tal senso, la pronuncia in rassegna si allinea all’orientamento tradizionale che sussume la responsabilità precontrattuale della P.A., in assenza di un atto negoziale dal quale scaturiscano specifici obblighi di prestazione a carico delle parti, nel paradigma della responsabilità aquiliana.

 

Come già detto, all’indirizzo tradizionale portato alla ribalta dal TAR si è invece discostata la Corte di Cassazione assumendo una posizione che, sebbene isolata, merita comunque di essere in questa sede menzionata, stante la sua portata innovativa[2].

Secondo la Suprema Corte di Cassazione la responsabilità de qua andrebbe configurata come responsabilità contrattuale alla luce della teoria della responsabilità da “contatto sociale qualificato”, in base alla quale tra la parte privata e la parte pubblica sussisterebbe una relazione qualificata in virtù della quale il soggetto privato, al fine di conseguire un obiettivo determinato, come l’assicurarsi il corretto esercizio dell'azione amministrativa, affida i propri beni della vita alla correttezza, all'influenza e alla professionalità del soggetto pubblico.

Più nello specifico, ad avviso della Corte di Cassazione, il rapporto che si viene ad instaurare tra il privato e la P.A. deve essere inquadrato come contatto sociale pregnante, fonte di responsabilità in virtù dell’affidamento reciproco delle parti e della conseguente insorgenza di specifici e reciproci obblighi di buona fede, di protezione e di informazione.

Trattasi di posizione profondamente diversa da quella tradizionale fatta propria dal TAR Bari.

Tra le ragioni che hanno indotto la Corte di Cassazione ad orientarsi nel senso di cui innanzi v’è la circostanza per cui la responsabilità aquiliana è caratterizzata da un “non rapporto” nel quale la rilevanza giuridica del contatto semplice tra soggetti viene alla luce solo nel momento della lesione, generando così l'obbligo del risarcimento, a differenza della relazione da “contatto sociale qualificato” ove invece un rapporto connotato da obblighi già a monte della lesione sussiste eccome, sebbene non si tratti di obblighi di prestazione (art. 1174 c.c.), ma di obblighi di protezione correlati all'obbligo di buona fede (artt. 1175 e 1375 c.c.).

 

Le “diverse vedute” del TAR Bari e della Corte di Cassazione rivelano come ancora oggi il tema della responsabilità della P.A. per mancata stipula del contratto di appalto costituisca un argomento assai dibattuto.

Seguire l’approccio dell’uno o dell’altra non è di poco conto, vista l’incidenza che le differenti tesi propugnate dalle due Autorità hanno non solo sul tema della prescrizione ma soprattutto sull’intero regime probatorio.

Nel caso in cui dovesse prevalere la teoria del “contatto sociale qualificato”, ai fini del ristoro dei danni conseguenti per la mancata stipula del contratto, l’impresa aggiudicataria dovrebbe limitarsi a dedurre la violazione delle regole comuni da parte della P.A., spettando poi a quest’ultima la prova del fatto che l'inadempimento degli obblighi di buona fede, di protezione e di informazione non dipende da causa ad essa imputabile.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pubblicato il 04/11/2016

N. 01260/2016 REG.PROV.COLL.

N. 00799/2016 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 799 del 2016, proposto da: 
Impresa Berloco Filippo, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Rosamaria Berloco C.F. BRLRMR82P50A225T, con domicilio eletto presso Francesco Paolo Visaggi in Bari, via R. Kennedy, n. 3/E; 

contro

Consorzio di Bonifica Terre D'Apulia, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Pietro Carrozzini C.F. CRRPTR72D06A662N, con domicilio eletto presso il suo studio in Bari, via G. Carulli, n. 15; 
Regione Puglia, in persona del Presidente della G.R. legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Maria Giuseppa Scattaglia C.F. SCTMGS51P54I330T, con domicilio eletto presso il suo studio, in Bari, Lungomare Nazario Sauro, nn. 31/33; 

per l’accertamento del diritto

al risarcimento dei danni (ex art. 30 c.p.a.) subiti dalla Impresa Berloco Filippo per effetto della mancata stipula del contratto successivo all’aggiudicazione dell’appalto avente ad oggetto l’affidamento lavori di manutenzione ed esercizio opere pubbliche di bonifica in Minervino Murge.


 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Consorzio di Bonifica Terre D'Apulia e della Regione Puglia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 ottobre 2016 la dott.ssa Cesira Casalanguida e uditi per le parti i difensori come da verbale di udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


 

FATTO e DIRITTO

1.- In data 18 novembre 2002, il Consorzio di Bonifica Terre d’Apulia ha indetto una gara di appalto per l’esecuzione di lavori di manutenzione ed esercizio di opere pubbliche di bonifica della Marana Campanelli in agro di Minervino delle Murge. All’esito della procedura mediante pubblico incanto, è risultata aggiudicataria dell’appalto l’impresa individuale di Filippo Berloco, odierna ricorrente, come da deliberazione commissariale del Consorzio n. 571 del 30 dicembre 2002.

In data 10.01.2003 veniva sottoscritto un verbale di consegna dei lavori in via d’urgenza, “sotto riserva di legge” e nelle more della futura stipula del contratto.

Il successivo 21.01.2013 la Ditta inviava una nota al Consorzio in cui, facendo riferimento a pregresse pendenze relative a presunti crediti vantati proprio nei confronti dell’ente, comunicava di condizionare la prosecuzione dei lavori oggetto della gara sopra riferita al pagamento dei medesimi da parte della Regione Puglia.

Ne è seguito lo scambio di corrispondenza tra le parti coinvolte, in cui la Regione si è dimostrata disponibile al subentro, sia pure condizionato.

Con note del 26.02.2005, dell’1.02.2006 e del 14.05.2008, la Ditta aggiudicataria ha sollecitato il subentro della Regione e la stipula del contratto con tale ente, confermando il proprio interesse alla esecuzione delle opere, i cui lavori erano stato sospesi in data 11.03.2003.

Il subentro della Regione non è mai stato formalizzato, né si è mai addivenuti alla stipula del contratto o alla revoca dell’aggiudicazione dei lavori appaltati.

2.- Sulla scorta di quanto sopra ricostruito, la ricorrente ha citato il Consorzio e la Regione Puglia in giudizio innanzi all’A.G.O., per veder accertato il suo diritto al risarcimento dei danni derivanti dalla ingiustificata omessa stipula del formale contratto d’appalto e dal mancato versamento del saldo per le prestazioni già effettuate.

3.- Con sentenza n. 2955 del 30 maggio 2016 il Tribunale di Bari dichiarava il difetto di giurisdizione in favore del Giudice amministrativo.

3.1.- Con ricorso in riassunzione del giudizio innanzi a questo Tribunale, notificato il 30.06.2016, depositato in pari data, la Ditta Berloco Filippo ha chiesto l’accertamento della responsabilità precontrattuale e la conseguente condanna al risarcimento dei danni delle amministrazioni resistenti, quantificati nella complessiva somma di € 236.562,76, oltre interessi e rivalutazione monetaria.

4.- Si è costituito in giudizio in data 6.09.2016, il Consorzio di Bonifica Terre D’Apulia per resistere al ricorso, argomentando sull’infondatezza nel merito della pretesa risarcitoria, eccependo la prescrizione della domanda fondata sull’art. 1337 c.c., individuando, per l’ipotesi di eventuale di accoglimento della pretesa risarcitoria, la Regione quale soggetto tenuto al risarcimento dei danni e depositando ricorso incidentale con richiesta di risarcimento dei danni, ex art. 96 c.p.c., derivanti dalla temerarietà dell’azione intentata dal ricorrente.

5.- Si è costituita in giudizio anche la Regione Puglia per opporsi alle pretese della ricorrente.

6.- Alla pubblica udienza del 20 ottobre 2016, sentite le parti, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

7.- Le amministrazioni resistenti hanno preliminarmente eccepito l’intervenuta decadenza dell’impresa Berloco dall’azione risarcitoria, o, comunque, la prescrizione del diritto al risarcimento del danno, ai sensi dell’art. 2947 c.c..

Parte ricorrente, dal canto suo, ha sostenuto di avere interrotto la prescrizione - relativamente al credito risarcitorio da responsabilità precontrattuale - attraverso le plurime sollecitazioni e/o diffide in atti.

Il Collegio chiarisce in proposito che, nel caso di specie, deve farsi applicazione del termine di prescrizione, atteso che il termine decadenziale di centoventi giorni previsto dall'art. 30, comma 3, c.p.a. non è applicabile ai fatti illeciti anteriori all'entrata in vigore del codice (Cons. St., A.P., decisione n. 6 del 6.7.2015).

Ritiene, inoltre, di dover procedere all’esame della documentazione relativa alle diffide inviate dalla ricorrente, per verificare se, effettivamente, costituiscano atti idonei all’interruzione della prescrizione.

Occorre, infatti, ricordare che gli effetti interruttivi della prescrizione risultano circoscritti, sotto il profilo oggettivo, al diritto di cui si chiede il soddisfacimento, di talché, ad esempio, essendo ontologicamente diverso il credito risarcitorio da illecito precontrattuale od extracontrattuale dal credito restitutorio da indebito oggettivo (anche se reclamabili nei confronti del medesimo soggetto passivo), la richiesta di pagamento del secondo, contenuta in atto di costituzione in mora, non può valere ad interrompere il termine prescrizione in ordine al primo credito (ex multis, Cassazione civile, sez. III, 18.6.1987, n. 5371).

Dagli atti di causa emerge che la corrispondenza intercorsa tra l’impresa, il Consorzio e la Regione ha avuto prevalentemente ad oggetto la questione del subentro della Regione nel contratto d’appalto. Nella nota del 16.11.2006, tuttavia, oltre al sollecito del subentro della Regione e della contabilizzazione dei lavori eseguiti, si fa riferimento, in calce, all’attivazione dell’azione giudiziaria “per ottenere il pagamento dei danni subiti”.

L’atto di citazione introduttivo del giudizio risarcitorio innanzi all’AGO è stato notificato il 27.01.2011.

Deve, pertanto, ritenersi che il sollecito del 16.11.2006 valga effettivamente ad interrompere il termine quinquennale di prescrizione.

8.- Nel merito il ricorso è, tuttavia, infondato.

8.1.- La ricorrente propone azione risarcitoria per il danno dipendente dalla mancata sottoscrizione del contratto d’appalto.

La fattispecie configura una forma di responsabilità precontrattuale, ai sensi dell'art. 1337 c.c., che non discende dalla violazione delle norme di diritto pubblico che disciplinano l’agire autoritativo della pubblica amministrazione, ma deriva dalla violazione delle regole comuni – in particolare, del principio generale di buona fede in senso oggettivo – che trattano del comportamento precontrattuale, ponendo in capo alla pubblica amministrazione stessa doveri di correttezza e di buona fede analoghi a quelli che gravano su un comune soggetto nel corso delle trattative precontrattuali.

8.2.- Con specifico riferimento ai procedimenti ad evidenza pubblica può ravvisarsi, accanto ad una responsabilità civile per lesione dell’interesse legittimo derivante dalla illegittimità degli atti o dei provvedimenti relativi al procedimento amministrativo di scelta del contraente, una responsabilità di tipo precontrattuale, per violazione di norme imperative che pongono regole di condotta, da osservarsi durante l’intero svolgimento della procedura (Cons. St., sez. IV, sentenza n. 4674 del 15.9.2014).

Secondo costante giurisprudenza (cfr. Cass. SS.UU. 12 maggio 2008, n. 11656, richiamata da Cons. St., sez. VI, sentenza n. 633 del 1° febbraio 2013), la responsabilità precontrattuale è una responsabilità da comportamento, non da provvedimento, che incide non già sull’interesse legittimo pretensivo all’aggiudicazione, ma sul diritto di autodeterminarsi liberamente nei rapporti negoziali e, pertanto, sulla libertà di compiere le proprie scelte negoziali senza subire ingerenze illegittime frutto dell’altrui scorrettezza.

In sostanza, anche i soggetti pubblici, sia nell’ambito di trattative negoziali condotte senza procedura di evidenza pubblica, sia nell’ambito di procedure di gara, sono tenuti ad improntare la propria condotta al canone di buona fede e correttezza scolpito nell'art. 1337 c.c., omettendo di determinare nella controparte privata affidamenti ingiustificati ovvero di tradire, senza giusta causa, affidamenti legittimamente ingenerati.

Tale canone si specifica in una serie di regole di condotta, tra le quali l'obbligo di valutare diligentemente le concrete possibilità di positiva conclusione della trattativa e di informare tempestivamente la controparte dell'eventuale esistenza di cause ostative rispetto a detto esito (TAR Lazio, sez. II^, sentenza n. 488 del 19.1.2011; cfr. anche, Cons. St., A.P., 5 settembre 2005, n. 6; Cass. S.U. 12 maggio 2008, n. 11656).

Come rilevato dalla sentenza dal Tribunale di Bari con la sentenza n. 2955 del 30 maggio 2016, tale forma di responsabilità appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo che trova fondamento sia nella non intervenuta stipulazione (da ritenersi la linea ideale di confine tra fase procedimentale autoritativa e fase contrattuale da cui origina un rapporto di natura paritetica tra contraenti), sia nell’essere volta la domanda alla tutela risarcitoria di una posizione giuridica soggettiva che ha natura di interesse legittimo in quanto si esplica in una fase - quella antecedente alla stipulazione del contratto - governata dal potere autoritativo dell'Amministrazione (T.A.R. Lombardia, sent.1918/2015).

Le controversie aventi, inoltre, ad oggetto l’appalto per l’esecuzione di lavori sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, per effetto del combinato disposto degli artt. 133, comma 1, lett. e), n. 1 e 30, ultimo comma, c.p.a. (T.A.R. Lazio, sez. II, sent. 9704/2016).

8.3.- Con riguardo alla quantificazione del danno risarcibile, è costante l’orientamento per cui in caso di responsabilità precontrattuale spetta il solo interesse negativo, essendosi verificata la lesione dell’interesse giuridico al corretto svolgimento delle trattative (non alla lesione del contratto); il danno risarcibile è quindi unicamente quello consistente nella perdita derivata dall’aver fatto affidamento nella conclusione del contratto e nei mancati guadagni verificatisi in conseguenza delle altre occasioni contrattuali perdute (interesse negativo). La differenza in negativo del patrimonio attiene all’interesse a non essere coinvolti in trattative inutili e dispendiose, non già all’interesse alla positiva esecuzione dei doveri contrattuali.

In tale prospettiva, non possono essere risarcite le voci di danno che fanno riferimento all’interesse positivo in quanto esse attengono, appunto, alle utilità e ai vantaggi che sarebbero derivati dall'esecuzione del contratto.

L’interesse negativo include poi sia il danno emergente (per le spese sostenute ai fini della partecipazione alla gara e in previsione della stipulazione del contratto), sia il lucro cessante, dovuto alla perdita di ulteriori occasioni contrattuali, sfumate a causa dell’impegno derivante dall’aggiudicazione, non sfociata nella stipulazione, o, comunque in ragione dell’affidamento nella positiva conclusione del procedimento (cfr. Cons. St., sez. V^, sentenza n. 6406 del 29.12.2014).

8.4.- Perché sussista una tale responsabilità precontrattuale occorre però, da un lato, che il comportamento tenuto dalla P.A. risulti contrastante con le regole di correttezza e di buona fede di cui all´art. 1337 del cod. civ.; dall’altro, che lo stesso comportamento abbia ingenerato un danno del quale appunto viene chiesto il ristoro.

8.5.- La giurisprudenza ha escluso l'idoneità dell'atto di aggiudicazione ad instaurare ex se una relazione negoziale tra stazione appaltante e privato aggiudicatario, ritenendo che tale atto abbia esclusivamente natura di provvedimento amministrativo ampliativo della sfera soggettiva del destinatario che, per effetto della stessa, così come diviene titolare di un interesse legittimo oppositivo alla sua conservazione, diviene al contempo titolare di un interesse legittimo pretensivo alla stipulazione del contratto, sicché nessuna posizione di diritto soggettivo a detta stipula può essere riconosciuta all'impresa aggiudicataria.

8.6.- Va ancora aggiunto in termini generali che, laddove la stipulazione non avvenga nel termine previsto, ove l'aggiudicatario intenda ancora conseguire la stipulazione del contratto, vi è la possibilità di ricorrere avverso il silenzio ex art. 31, c.p.a., ovvero di impugnare in sede di giurisdizione generale di legittimità eventuali atti di autotutela nel frattempo intervenuti (Cfr. T.A.R. Lazio, sez. II, sent. 9704 del 14.09.2016, sent. n. 12400 del 3.11.2015).

9.- Delineati i principali caratteri della responsabilità precontrattuale, con specifico riferimento ai procedimenti ad evidenza pubblica, occorre verificare se, nel caso in esame, tale fattispecie sia configurabile.

Secondo l’insegnamento della giurisprudenza civilistica (si veda Cassazione civile , sez. I, 26 maggio 2006, n. 12629 secondo la quale “la posizione dell'imprenditore che abbia fatto legittimo affidamento nella aggiudicazione dell'appalto e nella successiva stipulazione del contratto e che ne ignorasse, senza sua colpa, una causa di invalidità è specificamente presa in considerazione dall'art. 1338 c.c.”) potrebbe astrattamente ricorrere una ipotesi di responsabilità rientrante nel paradigma della responsabilità precontrattuale: essa costituisce speciesdi quella di cui all’art. 2043 cc, ed è regolata dagli stessi principi a quest’ultima applicabili.

Perché possa affermarsi che ci si trovi innanzi ad un danno risarcibile, in ossequio ai principi generali in tema di sussumibilità della condotta nel paradigma di cui all’art. 2043 cc., occorre che si pervenga al positivo riscontro della compresenza dell'elemento soggettivo, costituito dalla colpa o dal dolo dell'agente, e degli elementi oggettivi, individuati in una condotta posta in essere in violazione di una norma giuridica ("in iure") e in un danno conseguente qualificabile come ingiusto ("contra ius"), ossia che leda una situazione giuridica altrui, e non che si traduca nell'esercizio di un proprio diritto, nonché un nesso eziologico che leghi il fatto come descritto al danno. Il rapporto di causalità si ritiene escluso per il sopravvenire di un fatto che, pur non agendo del tutto indipendentemente dalla condotta del soggetto della cui responsabilità si controverte, giacché altrimenti darebbe luogo ad una serie causale autonoma, si pone come fattore interruttivo della catena causale, in grado, cioè, di deviare lo sviluppo normale di quest'ultima. (Consiglio Stato, sez. VI, 10 settembre 2008, n. 4309; sez. V, 08 marzo 2006, n. 1228).

La Sezione non ignora che dottrina e giurisprudenza hanno in passato elaborato il principio per cui il potere dell'amministrazione di non dare corso all'aggiudicazione con la stipula del contratto incontra un limite insuperabile nei principi di buona fede e correttezza alla cui puntuale osservanza è tenuta anche la p.a. e nella tutela dell'affidamento ingenerato. Da quanto precede deve ritenersi sussistente la colpa dell'amministrazione che addiviene alla conclusione di una procedura di affidamento lavori senza mai stipulare il relativo contratto a causa dell'omessa verifica e vigilanza sulla sussistenza della relativa copertura finanziaria, in quanto tale comportamento, ingenerando nelle parti un falso affidamento in ordine alla positiva conclusione della vicenda, deve considerarsi divergente rispetto alle regole cui tenuta anche la p.a. nella fase precontrattuale.

Si tratta, quindi, di verificare, nel caso in esame, se l’amministrazione si sia comportata da corretto contraente, senza ingenerare falsi affidamenti e rispettando i legittimi affidamenti comunque creati e naturalmente senza coinvolgere in trattative che, successivamente, siano colposamente poste nel nulla.

L’esame giudiziale ha in sostanza ad oggetto la correttezza del comportamento assunto dall’ente pubblico alla luce del dovere di buona fede (Cons. Stato, sez. V, 7 settembre 2009 n. 5245).

10. - Nel caso in questione la omessa stipula conseguì causalmente ad una condotta di Enti diversi, e ad essa fu eziologicamente ricollegabile: non è dato individuare un collegamento, sotto il profilo causale “puro” che la renda riconducibile alla sfera giuridica delle amministrazioni resistenti.

Reputa infatti il Collegio, ai sensi dell’art. 30, comma 3, c.p.a., che i danni lamentati avrebbero potuto essere evitati dall’impresa Berloco attraverso un diverso comportamento in sede procedimentale e il tempestivo esperimento degli strumenti di tutela previsti dall’ordinamento a tutela della sua posizione soggettiva, non solo in sede processuale, ma anche e soprattutto procedimentale. Nel caso di specie risulta, al contrario, che la condotta dell’impresa ricorrente abbia contribuito in maniera determinante alla protratta situazione di stallo che di fatto ha comportato la mancata stipula del contratto di appalto.

10.1.- Dalla documentazione versata in atti si desume che:

a) l’aggiudicazione dei lavori è stata comunicata all’impresa Berloco con nota del 3.01.2003;

b) il sig. Filippo Berloco, titolare dell’impresa omonima, dichiarava di accettare la consegna in via d’urgenza dei lavori “senza sollevare riserva od eccezione alcuna”, come risulta dal verbale sottoscritto dalle parti il 10.01.2003;

c) con nota del 21.01.2003, protocollata in arrivo al Consorzio il 27.01.2003, l’aggiudicataria comunicava al Consorzio di aver sottoscritto la consegna dei lavori con riserva e procedeva ad esplicare il contenuto della riserva, facendo riferimento a lavori eseguiti in precedenza in nome e per conto del Consorzio e a presunti crediti vantati con riferimento ad essi e condizionando la prosecuzione dei lavori al pagamento dei medesimi da parte della Regione Puglia, invocando a tal fine l’art. 27 della L.R. n. 14 del 31.05.2001;

d) il Consorzio di Bonifica Terre D’Apulia con nota del 6.02.2003 convocava l’impresa aggiudicataria a sottoscrivere il contratto d’appalto entro e non oltre il 14.02.2003, a cui la ricorrente dava riscontro richiamando le riserve in calce al verbale di consegna dei lavori e chiedendo rassicurazioni in proposito;

e) con atto sottoscritto il 7.03.2003, notificato il successivo 13.03.2003, l’impresa comunicava la sospensione dei lavori rappresentando la necessità di “aggiornare ed adeguare gli atti progettuali” a seguito dell’alterazione dello stato dei luoghi determinata dall’inclemenza atmosferica, facendo riferimento alle obbligazioni del Consorzio e della Regione e richiamando crediti pregressi vantati nei confronti del Consorzio;

f) la Regione Puglia, con nota del 5.02.2003, con riferimento a 5 progetti finanziati relativi alla manutenzione ordinaria delle opere di bonifica di cui alla D.G.R. 1101 dell’8.8.2002, chiedeva al Consorzio chiarimenti sulle ragioni della consegna in via d’urgenza dei lavori e contestava la ritualità e il contenuto delle riserve riferite al verbale di consegna del 10.01.2003. La suddetta nota veniva riscontrata dal Consorzio il 19.03.2003, il quale ribadiva la necessità dei lavori di manutenzione e auspicava il subentro della Regione per il pagamento diretto dei lavori. La Regione richiedeva ulteriori chiarimenti e l’acquisizione del consenso al subentro da parte delle imprese aggiudicatarie;

g) l’impresa Berloco nel comunicare al Consorzio, in data 26.02.2004, la disponibilità al subentro della Regione, evidenziava di aver eseguito lavori per circa 30.000,00, non contabilizzati. Tale importo è stato contestato dal Consorzio di bonifica che, con nota del 20.05.2004, ha informato la Regione Puglia, evidenziando l’infondatezza della richiesta, rilevando che “all’epoca in cui l’impresa si è autosospesa (…) erano in corso esclusivamente i rilievi di prima pianta mai ufficializzati”. Con successiva nota del 26.02.2005, con riferimento al perfezionamento del procedimento volto al subentro della Regione, essa condizionava la propria disponibilità al subentro alla previsione di un “nuovo quadro economico dei lavori” e alla revisione dei prezzi. Seguivano note di sollecito di analogo tenore.

10.2.- Emerge in tutta evidenza che parte ricorrente fosse a conoscenza, fin da prima dell’aggiudicazione dei lavori, delle condizioni economiche in cui versava il Consorzio di bonifica, presumibilmente già nel momento in cui ha presentato la propria offerta, essendo stato il bando di gara pubblicato il 18.11.2002 e le risultanze approvate con delibera commissariale del 30.12.2002.

Come si evince dalla nota del 21.01.2003, di pochi giorni successiva alla sottoscrizione del verbale di consegna in via d’urgenza dei lavori, la ricorrente, nell’esplicare il contenuto delle riserve, fa espresso riferimento a precedenti crediti vantati nei confronti del Consorzio già oggetto di procedure esecutive e, dunque, senz’altro antecedenti nel tempo.

Se ne desume che la conoscenza pregressa delle condizioni economiche dell’ente appaltatore non hanno influito sulla decisione di partecipare alla gara e nemmeno sulla fase immediatamente successiva all’aggiudicazione. Le riserve, in disparte la disputa tra le parti circa il momento in cui per la prima volta sono state espresse dalla aggiudicataria, vengono palesate solo dopo che l’impresa si è assicurata non solo l’aggiudicazione, ma anche la consegna in via d’urgenza dei lavori. A questo punto l’impresa ricorrente richiama i crediti pregressi ed invoca il subentro della Regione, condizionando la stipula del contratto con il consorzio, che pure a tal fine l’ha formalmente convocata a meno di un mese dalla consegna dei lavori, tanto da non presentarsi entro i termini fissati per la sottoscrizione. Successivamente, l’impresa subordina l’accettazione del subentro della Regione al soddisfacimento di ulteriori pretese, dirette ad una revisione del progetto ed ad un aggiornamento dei prezzi.

Se ne desume che la mancata stipula del contratto non è riconducibile (unicamente) alle condizioni economiche del Consorzio, che peraltro non si è mai opposto alla stipula del contratto ed anzi ha formalmente convocato la ricorrente per la sua sottoscrizione. Hanno di contro inciso in modo rilevante, se non determinante, le pretese dell’aggiudicataria, non tanto (e comunque non solo) quelle di natura economica relative a pregressi crediti oltre al pagamento dei presunti lavori svolti, ma ancor più quelle volte alla revisione dei lavori progettati e dei relativi prezzi.

10.3.- La Regione, da quanto emerge dalla corrispondenza intercorsa con il Consorzio, si è attivata per valutare l’ipotesi di subentro nella conduzione degli appalti tra i quali è compreso anche quello per cui è causa, chiedendo chiarimenti sugli sviluppi immediatamente successivi all’aggiudicazione dei lavori. Non appaiono in proposito destituiti di fondamento i dubbi manifestati dall’ente sulla legittimità dell’operato e sulla lealtà di condotta sia dell’impresa aggiudicataria, che del medesimo Consorzio, sulle presunte sopravvenute esigenze – non solo di consegna in via d’urgenza dei lavori- ma anche di revisione progettuale, sorte immediatamente dopo l’aggiudicazione dei lavori. Nessuna forma di responsabilità è, pertanto, ascrivibile alla condotta della Regione, tenuto conto del ruolo che essa ha ricoperto nella vicenda.

10.4 - Quanto, invece alle condotte dell’impresa ricorrente e del Consorzio, occorre evidenziarne il contrasto con il principio di buona fede oggettiva, intesa come reciproca lealtà di condotta delle parti, che deve accompagnare il contratto in tutte le sue fasi, da quella della formazione a quella della interpretazione e della esecuzione, comportando, quale ineludibile corollario, il divieto, per ciascun contraente, di esercitare verso l’altro i diritti che gli derivano dalla legge o dal contratto per realizzare uno scopo diverso da quello cui questi diritti sono preordinati nonché, il dovere di agire, anche nella fase della patologia del rapporto, in modo da preservare, per quanto possibile, gli interessi della controparte e quindi, primo tra tutti, l’interesse alla conservazione del vincolo (TAR Lombardia di Milano, sezione II, 20.03.2014 n. 736).

Deve, pertanto, concludersi che la omessa stipula del contratto non sia imputabile – almeno non solo e non in modo decisivo - all’operato del Consorzio, dovendosi piuttosto riconoscere che la condotta dell’impresa aggiudicataria abbia inciso in modo determinante anche sul nesso di causalità, rilevando quale fattore interruttivo della catena causale (tra condotta del soggetto della cui responsabilità si tratta ed evento), in grado di deviare lo sviluppo normale di quest'ultima.

10.5. - Non risultano corroborate da adeguato supporto probatorio nemmeno le pretese della ricorrente circa i presunti lavori effettuati in via d’urgenza, di cui il Consorzio ha da subito contestato non solo l’importo ma anche l’effettivo svolgimento. E’ significativo, al riguardo, che, eccettuata una richiesta di pagamento dell’impresa subappaltante, intestata ad Antonio Berloco, non vi siano dati oggettivi a conferma delle presunte opere realizzate, né si hanno conferme in relazione allo svolgimento dei sopralluoghi ritenuti dalla Regione propedeutici al perfezionamento del suo subentro.

Per quanto è dato di comprendere dalla documentazione in atti, la società in sede procedimentale si è limitata a ribadire le proprie pretese di contenuto anche ultroneo rispetto all’oggetto dei lavori aggiudicati. Né in sede processuale ha fornito gli adeguati elementi probatori, risultando piuttosto una condotta idonea ad escludere l’imputabilità della mancata stipula del contratto alle amministrazioni intimate.

11.- In definitiva, per quanto appena argomentato, l’azione di risarcimento, sotto tutti i profili prospettati, deve essere rigettata.

12.- Deve parimenti essere respinta la pretesa risarcitoria avanzata dal Consorzio di Bonifica Terre D'Apulia con il ricorso incidentale, attese le peculiarità della vicenda, l’assenza di qualunque elemento di prova e dei presupposti richiesti dalla legge per far luogo al riconoscimento della responsabilità per lite temeraria.

13.- Per la particolarità della controversia sussistono, infine, giusti motivi per compensare tra le parti le spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Rigetta il ricorso incidentale.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 20 ottobre 2016 con l'intervento dei magistrati:

Francesco Gaudieri, Presidente

Francesco Cocomile, Primo Referendario

Cesira Casalanguida, Referendario, Estensore

 

   

 

   

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

Cesira Casalanguida

 

Francesco Gaudieri

 

   

 

         

 

   

 

   

 

 

 

 

 

 

[1] Cass. civ., sez. I, 12/07/2016, n. 14188; nota di Rosamaria Berloco in questa stessa rivista  http://www.italiappalti.it/leggiarticolo.php?id=3186

 

[2] Cass. civ., sez. I, 12/07/2016, n. 14188.