Consiglio di Stato sez. V 16 gennaio 2017 n. 108

La giurisprudenza della Corte di Giustizia ha chiarito che, se in linea generale i bisogni non aventi carattere industriale o commerciale si caratterizzano di norma per il fatto di non trovare una adeguata “risposta” nell’offerta degli operatori sul mercato, è nondimeno possibile che in alcuni casi detti bisogni possano presentare una qualche rilevanza economica, sì da indurre anche operatori economici privati a collocarsi nel settore (e senza che ciò incida sulla possibilità di qualificare l’organismo della cui natura si controverte come o.d.p.). Si è in tal modo ammessa la non incompatibilità tra (da un lato) lo svolgimento di attività di impresa e l’operatività in settori contrassegnati a un’economia di mercato e (dall’altro) la qualificabilità dell’ente come organismo di diritto pubblico.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale 10053 del 2015, proposto dalla Ubiest S.p.a, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Luigi Garofalo C.F. GRFLGU56A24L407D, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Giosue' Borsi, 4

 

contro

Aci Global Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Bruno Biscotto C.F. BSCBRN51E22H501R e Lucia Scognamiglio C.F. SCGLCU56C54A662Z, con domicilio eletto presso Bruno Biscotto in Roma, via Pisanelli, 40

 

nei confronti di

Telecom Italia Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Simone Cadeddu C.F. CDDSMN70T01H501L, Arturo Leone C.F. LNERTR55M22B429U, Alfredo Cincotti C.F. CNCLRD85A19F912U e Giovanna De Santis C.F. DSNGNN76S68F839K, con domicilio eletto presso Simone Cadeddu in Roma, via Flaminia, 133

per l'annullamento della sentenza del T.A.R. del Lazio, Sezione III-quater, n. 10100/2015

 

FATTO e DIRITTO

Con ricorso proposto dinanzi al T.A.R. del Lazio e recante il n. 4035/2015 la Ubiest s.p.a., premesso di aver formulato un’offerta nell’ambito di una procedura di gara per il servizio di tracciamento di veicoli indetta dalla ACI Global s.p.a. (società interamente partecipata dall’ACI), chiedeva l’annullamento degli atti con cui il ricorso stesso era stato aggiudicato alla Telecom Italia s.p.a.

Con la sentenza in epigrafe il Tribunale amministrativo adito dichiarava il ricorso inammissibile per difetto di giurisdizione dell’adito Giudice amministrativo.

In particolare (e rinviando al prosieguo per ogni ulteriore approfondimento) si osserva che il T.A.R. ha ritenuto nel caso in esame insussistenti i presupposti per individuare in ACI Global s.p.a un ‘organismo di diritto pubblico’ ai sensi del comma 26 dell’articolo 3 del previgente ‘Codice dei contratti’ (ora: articolo 3, comma 1, lettera d) del decreto legislativo n. 50 del 2016).

La sentenza in questione è stata impugnata in appello dalla UBIEST s.p.a. la quale ne ha chiesto la riforma articolando i seguenti motivi:

1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 133, co. 1, lettera e) e n. 1) del cod. proc. amm. – Violazione e falsa applicazione dell’art. 3, co. 26 del ‘Codice degli appalti’ e delle direttive europee presupposte – Erronea motivazione circa la definizione di organismo di diritto pubblico;

2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 133, co. 1, lettera e) e n. 1) del cod. proc. amm. – Violazione e falsa applicazione dell’art. 32, lettera c) del ‘Codice

degli appalti’ – Erronea motivazione circa le caratteristiche dell’appellata;

3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 133, co. 1, lettera e) e n. 1) del cod. proc. amm. – Erronea valutazione di circostanze di fatto decisive.

Si è costituita in giudizio la ACI Global s.p.a. la quale ha concluso nel senso della reiezione dell’appello.

Si è altresì costituita in giudizio la Telecom Italia s.p.a. la quale ha a propria volta concluso nel senso della reiezione dell’appello.

Alla camera di consiglio del 15 dicembre 2016 l’appello è stato trattenuto in decisione.

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1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto da una società attiva nel settore dei servizi informatici (la quale aveva manifestato interesse all’affidamento di alcuni servizi informatici da parte di ACI Global spa – interamente partecipata dall’ACI -) avverso la sentenza del T.A.R. del Lazio con cui è stato dichiarato il difetto di giurisdizione in relazione al ricorso proposto avverso l’aggiudicazione in favore di Telecom Italia s.p.a.

2. In primo luogo deve essere esaminata l’eccezione di tardività dell’appello sollevata da Telecom Italia s.p.a.

Al riguardo Telecom Italia osserva che l’appello in questione (proposto avverso una sentenza non notificata) avrebbe dovuto essere proposto entro un termine di quarantacinque giorni in quanto alla dimidiazione dell’ordinario termine di sei mesi di cui al comma 2 dell’articolo 119 del cod. proc. amm. dovrebbe cumularsi l’ulteriore dimidiazione disposta dal comma 3 dell’articolo 87 del medesimo ‘Codice’, trattandosi di decisione da assumere con il rito camerale.

L’argomento non può essere condiviso, non individuandosi ragioni di carattere testuale o sistematico che confortino la richiamata tesi della ‘doppia dimidiazione’ (ovvero del cumulo delle dimidiazioni disposte da disposizioni volte a disciplinare fenomeni processuali distinti).

2.1. Al riguardo ci si limita ad osservare che entrambe le disposizioni richiamate dalla Telecom (i.e.: quella del comma 3 dell’articolo 87 per ciò che riguarda il c.d. ‘rito camerale’ e quella del comma 2 dell’articolo 119 per ciò che riguarda il c.d. ‘rito appalti’) riferiscono, sia pure con formulazioni lievemente diverse, il dimezzamento dei termini a quelli propri del “processo ordinario”. Il che rappresenta un ostacolo evidentemente insormontabile rispetto all’ipotizzata possibilità di applicare il dimezzamento (non già al termine ordinario, come espressamente disposto dal Legislatore, bensì) a un termine già di per sé dimidiato.

2.2. L’eccezione deve quindi essere respinta.

3. Non può, inoltre, essere accolta l’eccezione sollevata da Telecom secondo cui i primi Giudici avrebbero dovuto limitarsi a dichiarare il ricorso inammissibile per carenza in capo alla Ubiest di uno specifico interesse alla sua proposizione.

3.1. Al riguardo ci si limita ad osservare che l’accertamento in ordine alla sussistenza dei presupposti del processo (giurisdizione, competenza, capacità delle parti, ius postulandi, ricevibilità e rimessione in termini, contraddittorio, estinzione del giudizio) non può che precedere quello relativo alla sussistenza delle condizioni dell’azione (interesse ad agire, titolo o legittimazione al ricorso, legitimatio ad causam).

Ciò in quanto – ad esempio – la delibazione in ordine alla sussistenza dell’interesse ad agire non può che essere resa dal Giudice munito di giurisdizione.

La questione non potrà quindi che essere delibata dal Giudice del rinvio che risulti munito di giurisdizione atteso che, per le ragioni che di seguito si esporranno, la sentenza di primo grado declinatoria di giurisdizione deve essere riformata con rimessione al T.A.R. ai sensi del comma 1 dell’articolo 105 del cod. proc. amm.

4. Come si evince dalla narrativa che precede, la questione centrale ai fini della presente decisione consiste nello stabilire se, in considerazione di tutte le circostanze rilevanti nel caso in esame, l’ACI Global s.p.a. sia qualificabile quale ‘organismo di diritto pubblico’ ai sensi della pertinente disciplina eurounitaria e nazionale.

4.1. I primi Giudici hanno ritenuto che la richiamata qualificazione dovesse essere esclusa in ragione della carenza del c.d. ‘secondo requisito Mannesmann’ (ci si riferisce al fatto che l’organismo della cui natura si discute sia stato istituito “per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale”).

Essi hanno ritenuto dirimente ai fini del decidere il fatto che “nel comparto del soccorso stradale sussiste un mercato concorrenziale [ragione per cui] l’ACI Global non poteva in alcun modo essere considerata un organismo di diritto pubblico”.

Per ragioni analoghe a quelle appena richiamate il T.A.R. ha altresì escluso che la giurisdizione del G.A. potesse essere affermata alla luce dell’articolo 32, lettera c) del decreto legislativo n. 163 del 2006 (a tenore del quale le disposizioni del previgente ‘Codice’ si applica(va)no “[ai] lavori, servizi, forniture affidati dalle società con capitale pubblico, anche non maggioritario, che non sono organismi di diritto pubblico, che hanno ad oggetto della loro attività la realizzazione di lavori o opere, ovvero la produzione di beni o servizi, non destinati ad essere collocati sul mercato in regime di libera concorrenza, ivi comprese le società di cui agli articoli 113, 113-bis, 115 e 116 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali”).

Sotto tale aspetto si è ritenuta dirimente la circostanza per cui “ACI Global produce una serie di servizi, quale il servizio di soccorso stradale, destinati ad essere collocati sul mercato in regime di concorrenza”.

5. L’appello è fondato dovendo ritenersi – in senso contrario a quanto opinato dai primi Giudici – che sussistano i presupposti per qualificare ACI Global come ‘organismo di diritto pubblico’ (con quanto ne segue in ordine alla sussistenza della giurisdizione del Giudice amministrativo).

6. Va in primo luogo osservato che non sussistono dubbi in ordine alla sussistenza in capo ad ACI Global del primo e del terzo ‘requisito Mannesmann’ (ci si riferisce, rispettivamente: i) alla titolarità della personalità giuridica; ii) al fatto che la relativa attività “sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure [che la] gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi oppure il cui organo d'amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico”).

Ci si deve domandare, quindi, se sussista altresì il c.d. ‘requisito teleologico’.

Ad avviso del Collegio deve ritenersi che il requisito in parola sia certamente sussistente nel caso in esame, non potendo pervenirsi a conclusioni opposte sulla base della sola esistenza di un mercato concorrenziale nel comparto del settore stradale.

6.1. La giurisprudenza eurounitaria si è domandata sovente nel corso degli anni se il fatto che l’Organismo della cui natura si discute opera in un mercato aperto alla concorrenza rappresenti di per sé solo un circostanza idonea ad escludere il richiamato requisito teleologico (ossia, la finalizzazione al soddisfacimento di esigenze aventi carattere non industriale o commerciale), e quindi se sia idoneo ad escludere la configurabilità dell’o.d.p.

Al riguardo, l’evoluzione della giurisprudenza comunitaria può essere suddivisa essenzialmente in tre fasi.

6.1.1. Nel corso di una prima fase, la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’UE sembrava orientata a fornire al quesito una risposta – per così dire – ‘pancomunitaria’ (ossia, volta alla massima espansione applicativa della categoria dell’o.d.p.).

In particolare, con la sentenza BFI Holding del 10 novembre 1998, la Corte di Lussemburgo affermò che la circostanza per cui un determinato organismo operasse in un mercato tendenzialmente aperto alla concorrenza di altri operatori non fosse di per sé sufficiente ad escludere la natura di o.d.p.

Al contrario, secondo la Corte, tale circostanza avrebbe - al più - potuto costituire un mero indizio circa il fatto che il bisogno perseguito avesse carattere non industriale o commerciale.

A tal fine, tuttavia, l’indagine avrebbe dovuto essere completata attraverso il ricorso ad indici ulteriori, come ad esempio la possibilità che l’organismo di cui trattasi si lasciasse guidare, nell’adottare le proprie scelte, da considerazioni diverse rispetto a quelle puramente economiche.

In tal caso, l’organismo in questione avrebbe potuto essere comunque considerato come di diritto pubblico, a ciò non ostando la sua operatività in un mercato aperto alla concorrenza.

6.1.2. In una seconda fase (contrassegnata dalla sentenza Ente Fiera di Milano del 10 maggio 2001) la Corte di Giustizia sembrò segnare una sorta di inversione di tendenza nell’espansione applicativa dell’istituto dell’o.d.p.

Con la pronuncia in questione, la CGUE ebbe ad escludere la configurabilità dell’Ente Fiera quale o.d.p. ai sensi della pertinente disciplina comunitaria proprio per la ritenuta carenza del richiamato requisito teleologico.

Sotto tale aspetto, secondo la Corte, la circostanza per cui l’Ente Fiera operasse in un mercato concorrenziale rappresentava un indizio sostanzialmente determinante al fine di escludere il carattere non industriale o commerciale dei bisogni perseguiti e, in via mediata, la sua configurabilità quale o.d.p.

6.1.3. Nella terza (e più recente) fase, la Corte ha ritenuto che l’esistenza di un mercato in concorrenza rappresenti solo un indice nel senso dell’assenza del requisito teleologico (dovendo tale circostanza essere integrata da ulteriori elementi e configurandosi come una sorta di presunzione semplice).

Si è affermato al riguardo che il diritto dell’UE non richiede affatto che, affinché si qualificabile come o.d.p. l’organismo della cui natura si tratta debba on radicale assenza di concorrenza (ragione per cui i bisogni soddisfatti dall’o.d.p. non potrebbero essere parimenti soddisfatti anche da imprese private).

All’opposto, la circostanza per cui esista una concorrenza nello specifico settore «non è sufficiente ad escludere la possibilità che un ente finanziato dallo Stato, dagli enti territoriali o da altri organismi di diritto pubblico si lasci guidare da considerazioni di carattere non economico. Così, ad esempio, un ente di tal genere potrebbe essere indotto a perseguire perdite economiche al fine di perseguire una determinata politica di acquisti dell’ente da cui dipende strettamente. Inoltre, essendo difficile immaginare attività che non possano essere in alcun caso svolte da imprese private, la condizione che non vi siano imprese private che possano provvedere a soddisfare bisogni per i quali l’ente di cui trattasi sia stato creato rischierebbe di svuotare di sostanza la nozione di organismo di diritto pubblico di cui all’art. 1 lett. b) della direttiva n. 92/50/CEE» (in tal senso la richiamata sentenza sul caso BFI Holding e la giurisprudenza successiva).

6.2. In definitiva, la giurisprudenza della Corte di Giustizia ha chiarito che, se in linea generale i bisogni non aventi carattere industriale o commerciale si caratterizzano di norma per il fatto di non trovare una adeguata “risposta” nell’offerta degli operatori sul mercato, è nondimeno possibile che in alcuni casi detti bisogni possano presentare una qualche rilevanza economica, sì da indurre anche operatori economici privati a collocarsi nel settore (e senza che ciò incida sulla possibilità di qualificare l’organismo della cui natura si controverte come o.d.p.).

Si è in tal modo ammessa la non incompatibilità tra (da un lato) lo svolgimento di attività di impresa e l’operatività in settori contrassegnati a un’economia di mercato e (dall’altro) la qualificabilità dell’ente come organismo di diritto pubblico (in tal senso: CGUE, sentenza 9 giugno 2009 in causa C-480/06, Commissione c. Germania).

Ne consegue la non condivisibilità della tesi (peraltro richiamata dalla ACI Global) secondo cui per poter riconoscere a un Organismo la qualificazione di o.d.p. sarebbe sempre e comunque necessario verificare (in negativo) che lo stesso operi in settori non concorrenziali, ovvero (in positivo) che lo esso operi in regime di sostanziale privativa.

6.3. La giurisprudenza della CGUE ha poi offerto un criterio ermeneutico generale idoneo a risolvere i casi dubbi (nel cui ambito, come si è detto, il solo fatto di operare in un settore aperto al mercato non fornisce ex se elementi dirimenti per escludere la qualificabilità come o.d.p.).

Si è anzi osservato al riguardo che “[la nozione di] bisogno non industriale o commerciale rientra nel diritto comunitario e non può essere modificata discrezionalmente dal legislatore nazionale; e che la nozione di organismo di diritto pubblico deve essere in ogni caso estensivamente intesa, essendo funzionale alla liberalizzazione dei mercati e della concorrenza, concludendo che servizi mortuari o di pompe funebri rispondono a bisogni di interesse generale ma l’eventuale esistenza di una concorrenza articolata consente di concludere per l’insussistenza di un bisogno di interesse generale avente carattere non industriale o commerciale» (in tal senso: CGUE, 27 febbraio 2003, in causa C-373/00, GmbH v. Bestattung Wien GmbH).

6.4. Ebbene, riconducendo i principi appena richiamati alle peculiarità del caso in esame deve ritenersi: i) che la circostanza per cui il settore del soccorso stradale sia aperto alla concorrenza non depone ex se nel senso della non qualificabilità di ACI Global come o.d.p.; ii) che, al contrario, prevalenti indici fattuali e sistematici depongono nell’opposto senso di qualificare la società in parola come o.d.p. (con quanto ne consegue in punto di giurisdizione del G.A.).

7. Occorre, quindi, svolgere un’indagine in ordine alla sussistenza nel caso in esame di specifiche “esigenze di interesse generale”, il cui “carattere non industriale o commerciale” non può coincidere tout-court con l’impossibilità di ottenerne il soddisfacimento attraverso il ricorso al mercato.

Sotto tale aspetto è importante osservare

- che ACI Global fu istituita nel 1954 (con il nome di ACI 116) al precipuo fine di perseguire un compito di pubblico interesse (quale il soccorso e l’assistenza stradale);

- che le finalità connesse alla sicurezza e al soccorso stradale sono coessenziali alla stessa mission istituzionale dell’ACI, il cui statuto contempla in modo espresso lo scopo di promuovere il miglioramento della sicurezza stradale e l’attuazione di forme di assistenza tecnica e stradale;

- che appare difficile contestare che l’esercizio del soccorso stradale costituisca attività di pubblico e generale interesse (anche ai fini della qualificazione dell’Organismo a ciò deputato quale o.d.p.), non deponendo in senso opposto la circostanza che le connesse attività possano altresì essere svolte su un mercato concorrenziale. In questo caso, il riferimento operato dall’articolo 3, comma 26 del previgente ‘Codice’ ad “esigenze di interesse generale” si riveste di connotazioni concrete in relazione ai caratteri del bisogno espresso e non in relazione alle modalità di erogazione;

- che un indice atto a dimostrare il carattere non industriale o commerciale dell’interesse perseguito è altresì desumibile dalla circostanza per cui la società della cui natura si discute riceve finanziamenti pubblici per il perseguimento delle attività (di pubblico interesse) di propria competenza e che il suo capitale è interamente detenuto dall’Ente pubblico non economico Automobile Club d’Italia (ACI);

- che, al contrario, non depone in senso opposto né la veste societaria in quanto tale (la quale è – per pacifica giurisprudenza – irrilevante ai fini della qualificazione di un Organismo quale o.d.p.), né la circostanza per cui, de iure civili, ACI Global possa conseguire degli utili, da ripartire (rectius: riversare) all’Ente pubblico socio unico;

- che risulta in atti che nel corso degli atti l’Ente pubblico ACI, nella sua qualità di socio unico di ACI Global, abbia talora provveduto ad ripianare le perdite di esercizio della società, in tal modo fornendo un ulteriore nel senso dell’assenza di un effettivo e sostanziale rischio d’impresa in capo alla stessa.

8. In conclusione il Collegio ritiene che prevalenti elementi sistematici e fattuali depongano nel senso della qualificabilità di ACI global quale organismo di diritto pubblico ai sensi del pertinente paradigma eurounitario e nazionale, con quanto ne consegue in termini di assoggettamento alle regole dell’evidenza pubblica e di radicamento della giurisdizione del Giudice amministrativo.

La sentenza in epigrafe deve essere conseguentemente riformata.

9. Le ragioni appena esposte (e la ritenuta qualificazione di ACI Global quale organismo di diritto pubblico ai sensi dell’articolo 1, comma 26 del decreto legislativo n. 163 del 2006 - in seguito: articolo 3, comma 1, lettera d) del decreto legislativo n. 50 del 2016 -) risultano di per sé idonee a determinare la riforma della sentenza in epigrafe e a confermare la sussistenza della giurisdizione del G.A.

Ciò esime il Collegio dall’esame dell’ulteriore motivo con cui l’appellante ha affermato che a conclusioni del tutto analoghe dovrebbe pervenirsi alla luce dell’articolo 32, comma 1, lettera c) del previgente ‘Codice dei contratti’.

10. Per le ragioni sin qui esposte l’appello in epigrafe deve essere accolto e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, deve essere dichiarata la giurisdizione del Giudice amministrativo con rimessione al primo Giudice ai sensi del comma 1 dell’articolo 105 del cod. proc. amm.

Il Collegio ravvisa giusti ed eccezionali motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese fra le parti.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) dichiara la giurisdizione del Giudice amministrativo e annulla con rinvio la sentenza impugnata ai sensi dell’articolo 105, comma 1 del cod. proc. amm.

Spese compensate.

lo accoglie e, per l'effetto, annulla con rinvio la sentenza di primo grado.

Quanto alle spese:

Ordina che la pubblica amministrazione dia esecuzione alla presente decisione.

 

Guida alla lettura

Con la pronuncia in esame il Consiglio di Stato torna, ancora una volta, sul delicato tema della delimitazione concettuale della nozione di pubblica amministrazione, con particolare riguardo alla categoria dell’organismo di diritto pubblico.

Richiamando la giurisprudenza sovranazionale, i Giudici amministrativi ripercorrono le tappe interpretative della Corte di Giustizia, al fine ultimo di ribadire gli elementi costitutivi della predetta figura di origine pretoria, nata al solo scopo di evitare che uno schema giuridico, quale può essere quello di una persona giuridica, possa di fatto eludere la procedura garantista dell’evidenza pubblica.

Ad una prima fase orientata alla dilatazione applicativa della categoria dell’organismo di diritto pubblico (Corte Giust. U.E., 10 novembre 1998, in causa C-360/96 - sentenza BFI Holding), fa seguito un orientamento di segno contrario dettato da una valorizzazione del requisito teleologico (Corte Giust. U.E., 10 maggio 2001, in cause riunite C-223/99 e 260/99 - sentenza Ente Fiera di Milano).

La posizione più attuale adottata dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia sembra attestarsi su una posizione mediana ritenendo che l’esistenza di un mercato in concorrenza costituisce un mero indizio circa l’assenza del requisito teleologico.

In buona sostanza la qualificazione giuridica in termini di organismo di diritto pubblico non richiede una totale assenza del dato fattuale della concorrenza, tale elemento non essendo sufficiente ad escludere la possibilità che un ente finanziato dallo Stato sia guidato da considerazioni di carattere non economico.

Il principio di diritto enucleato dal Supremo Consesso amministrativo, pertanto, supera l’assunto secondo cui il soddisfacimento dei bisogni non aventi carattere industriale e commerciale non possa trovare risposta nel mercato, atteso che tali bisogni possono talvolta possedere una certa rilevanza economica, tale da attrarre operatori economici privati.

Alla luce delle considerazioni che precedono può dunque concludersi che l’organismo di diritto pubblico può esistere anche all’interno di un mercato concorrenziale, nell’ottica di una lettura estensiva del concetto pretorio oggetto di attenzione lo stesso costituendo uno strumento funzionale alla liberalizzazione dei mercati e alla concorrenza.

 

L’organismo di diritto pubblico trova oggi aggancio normativo nell’art. 3 comma 1 lett. d) D.lgs. 18 aprile 2016 n. 50 (nuovo Codice appalti), il quale, riprendendo testualmente la Direttiva Comunitaria 18/2004, dispone che “si intende per organismo di diritto pubblico qualsiasi organismo, anche in forma societaria, il cui elenco non tassativo è contenuto nell’allegato IV: istituito per soddisfare specificamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale; dotato di personalità giuridica; la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di quest’ultimi oppure il cui organo di amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico”.

Tale istituto, come anticipato, nasce allo scopo di garantire la concorrenza infra comunitaria dell’affidamento delle commesse pubbliche.

Nel tentativo di fornire maggiori dettagli su tale figura preme delineare quelli che risultano essere gli elementi costitutivi della stessa.

In primo luogo rileva la personalità giuridica: affinché sussista un organismo di diritto pubblico è necessaria l’istituzione di un ente per la realizzazione di finalità di interesse generale.

Tale elemento presuppone la risoluzione positiva del dibattito attorno all’ammissibilità di un ente pubblico a veste societaria, ovvero, ex adverso, in merito alla possibilità che una società privata possa qualificarsi in termini di organismo di diritto pubblico.

Sul punto la giurisprudenza è giunta ad affermare che tutti gli enti possono considerarsi organismi di diritto pubblico allorquando la loro attività sia finalizzata a produrre utilità strumentale per l’interesse generale, e a patto che non posseggano un carattere industriale o commerciale.

In termini le Sezioni Unite 7 ottobre 2008 n. 24722 a parere delle quali deve ritenersi organismo di diritto pubblico qualunque ente dotato di personalità giuridica, sottoposto a dominanza pubblica attraverso il finanziamento o il controllo della gestione o l’ingerenza nella nomina degli organi, e istituito per la soddisfazione di finalità di interesse generale non aventi carattere industriale o commerciale.

Quanto detto introduce l’elemento teleologico in virtù del quale affinchè una società possa qualificarsi in termini di organismo di diritto pubblico è necessario uno stretto collegamento tra l’ente in oggetto e l’organizzazione amministrativa pubblica: l’organismo, dunque, deve esercitare un’azione perseguente un interesse generale (requisito positivo) a carattere non industriale né commerciale (requisito negativo).

Il requisito negativo è quello che assume maggiore rilevanza qualificatoria e al contempo genera maggiori dubbi, atteso che non tutti i bisogni di interesse generale hanno carattere non industriale né commerciale.

La verifica dell’elemento teleologico richiede, dunque, un duplice accertamento: in prima battuta occorre verificare che l’attività al cui perseguimento l’ente è preposto sia volta al soddisfacimento di un interesse a carattere generale; allorché tale prima verifica dia esito positivo, è necessario verificare la natura non industriale o commerciale dell’attività.

L’importanza dell’aspetto negativo dell’elemento teleologico viene ribadita dalla giurisprudenza sovranazionale: a parere della Corte di Giustizia 15 gennaio 1998 in causa C-44/96 (sentenza Mannesman) ai fini della qualificazione del soggetto quale organismo di diritto pubblico è sufficiente che lo stesso svolga attività (anche non esclusiva e/o prevalente) mirante a soddisfare bisogni generali non commerciali né industriali.

Infine la figura dell’organismo di diritto pubblico necessita del requisito dell’influenza pubblica dominante: è necessario che la società subisca l’influenza dominante del soggetto pubblico.

Tale requisito sussiste in presenza di un’attività da parte della società finanziata prevalentemente da un ente pubblico, ovvero dalla subordinazione dell’ente societario al controllo pubblico.

Riguardo a quest’ultima circostanza occorre precisare che è sufficiente il possesso da parte di soggetti pubblici della maggioranza delle quote azionarie. Si esclude che per controllo debba intendersi solo quello esercitabile da parte di enti pubblici con modi e forme diverse dalla partecipazione maggioritaria.