TAR ROMA, SEZ. I ter, sentenza 30 dicembre 2016, n. 12873

1.  La disposizione dettata dall’art. 97 del d.lgs. n. 50/2016, in tema di valutazione della congruità dell’offerta, appare erroneamente formulata laddove, al comma 5, lett. d), afferma che l’offerta è anormalmente bassa e, quindi, deve essere esclusa quando “il costo del personale è inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle di cui all’art. 23, comma 16”, del medesimo d.lgs. n. 50/2016. Le tabelle ministeriali in questione sono quelle che stabiliscono il costo medio della manodopera, che è cosa ben diversa dal trattamento minimo salariale stabilito dalla legge o dalla contrattazione collettiva, al quale solo si riferisce la previsione d’inderogabilità di cui all’art. 97, comma 6, d. lgs. n. 50/2016 e all’art. 87, comma 3, d.lgs. n. 163/2006.

2. L’abbattimento dei costi medi tabellari non può essere giustificato con il ricorso al lavoro supplementare, il quale, a differenza di quello straordinario, può essere rifiutato dal lavoratore, rendendo pertanto aleatoria la previa quantificazione delle relative ore operata dall’impresa in sede di giustificazioni.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7694 del 2016, proposto da: 
Punto Services S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Michele Damiani C.F. DMNMHL70P23H501Y, Mauro Fortunato Magnelli C.F. MGNMFR82P05D086U, Diego D'Amico C.F. DMCDGI86A24A773O, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Michele Damiani in Roma, via A. Mordini, 15; 

contro

Ministero dell'Interno, U.T.G. - Prefettura di Roma, e Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi per legge dall' Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via dei Portoghesi, 12; 

nei confronti di

Miorelli Service Spa, non costituita in giudizio; 

per l'annullamento

1) del provvedimento prot.0173836 del 26 maggio 2016 di aggiudicazione in favore della Miorelli Service s.p.a., della procedura concorsuale indetta dalla resistente Prefettura per l'affidamento del “Servizio di pulizia dei locali adibiti a caserme ed uffici della Polizia di Stato di Roma e provincia, periodo 2016/2018”;

2) della lex specialis del procedimento, con particolare riferimento: al Bando di gara, pubblicato in G.U.R.I. - V serie speciale - Contratti Pubblici, n. 133 dell' 11 novembre 2015; al Disciplinare di gara; nonché ai "chiarimenti" resi, ai sensi dell'articolo 71, comma 2, del D.lgs. n.163/2006, dalla resistente Stazione appaltante nel corso del procedimento;

3) di ogni altro ato comunque connesso a quelli impugnati in via principale, con particolare riferimento, per quanto occorrer possa, al provvedimento di ammissione della controinteressata Miorelli Service S.p.A. alla procedura concorsuale, agli atti relativi al procedimento di verifica dell'anomalia dell'offerta presentata dalla suddetta controinteressata, nonché ai provvedimenti documentati, esplicitamente o implicitamente, in tutti i verbali di gara ed, in particolare, nei seguenti: a) verbale del 14 dicembre 2015; verbale del 15 dicembre 2015; c) verbale del 15 dicembre 2015; d) verbale del 22 dicembre 2015; e) verbale del 12 gennaio 2016; f) verbale del 14 gennaio 2016; g) verbale del 18 gennaio 2016; h) verbale del 18 febbraio 2016; i) verbale del 22 febbraio 2016 1) verbale del 10 marzo 2016; m) verbale del 18 aprile 2016;

per l'annullamento e/o la declaratoria di inefficacia del contratto di appalto eventualmente sottoscritto fra la Stazione appaltante e la Società aggiudicataria,

nonché per la condanna

delle Amministrazioni resistenti, ex art.30 c.p.a., al risarcimento dei danni subiti dalla ricorrente, in forma specifica o, in via subordinata, per equivalente.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno e di U.T.G. - Prefettura di Roma e di Presidenza del Consiglio dei Ministri;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 novembre 2016 la dott.ssa Francesca Romano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

1. L’odierna ricorrente, con ricorso notificato il 27 giugno 2016 e depositato il successivo 30 giugno, ha impugnato, innanzi a questo Tribunale, in via principale, il provvedimento di aggiudicazione definitiva del 26 maggio 2016, in favore della controinteressata Miorelli Service s.p.a., della procedura di gara per l’affidamento del “Servizio di pulizia dei locali adibiti a caserme ed uffici della Polizia di Stato di Roma e provincia, per il periodo 2016/2018”, e gli altri atti, come in epigrafe specificati.

2. La procedura di gara de qua è stata indetta dalla Prefettura di Roma con avviso pubblico del 3 novembre 2015, per un importo a base d’asta di € 5.234.014,95, al netto dell’IVA e dei costi per la sicurezza, da aggiudicarsi sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.

Il servizio di pulizia oggetto del contratto, come chiarito dal disciplinare di gara, attiene ai “locali adibiti a caserme ed uffici della Polizia di Stato in Roma e Provincia amministrate dalla Prefettura di Roma” per un monte ore minimo mensile da garantire pari a 9.000 ore complessive.

All’esito delle fasi concorsuali è risultata aggiudicataria la società Miorelli Service con un punteggio complessivo di 99,151, mentre la ricorrente si è classificata al secondo posto con un punteggio di 97,408.

3. Con il presente gravame la società ricorrente deduce l’illegittimità della procedura di gara sulla base dei seguenti motivi di diritto:

I. Violazione artt. 86 ss. cod. app.; violazione art. 3, d. lgs. n. 61/2000; violazione c.c.n.l. Multiservizi luglio 2013 applicato dall’aggiudicataria. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, assenza e/o erroneità dei presupposti, travisamento dei fatti, erroneità della motivazione, in quanto nelle giustificazioni prodotte in sede di verifica anomalia dell’offerta, con riguardo al costo del personale, l’aggiudicataria ha dichiarato di aver previsto di ricorrere al lavoro supplementare per le sostituzioni del personale assente.

II. Violazione artt. 86 ss. cod. app.; violazione art. 3, d. lgs. n. 61/2000; violazione del paragrafo 18.4 disciplinare di gara. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, assenza e/o erroneità dei presupposti, travisamento dei fatti, erroneità della motivazione.

Anche con riguardo al costo dei prodotti l’aggiudicataria avrebbe prodotto giustificativi insufficienti rappresentando la mera possibilità di beneficiare di sconti presso propri fornitori.

III. Violazione dei principi di pubblicità e trasparenza dell’azione amministrativa. Violazione del principio del contrarius actus. Violazione dell’art. 71, comma 2, cod. app. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, assenza e/o erroneità dei presupposti, travisamento dei fatti, erroneità della motivazione.

In via subordinata la ricorrente lamenta che in sede di chiarimenti la stazione appaltante, affermando che il monte ore mensile di 9000 è quello di ore teoriche, avrebbe sostanzialmente modificato il quadro economico della lex specialis senza un’adeguata forma di pubblicità.

IV. Violazione artt. 86 ss. cod. app.; violazione art. 3, d. lgs. n. 61/2000; violazione c.c.n.l. Multiservizi luglio 2013 applicato dall’aggiudicataria. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, assenza e/o erroneità dei presupposti, travisamento dei fatti, erroneità della motivazione, in quanto le giustificazioni prodotte dall’aggiudicataria in relazione al costo del lavoro sono, a parere della ricorrente, assolutamente incomprensibili.

V. Violazione artt. 86 ss. cod. app.; violazione art. 3, d. lgs. n. 61/2000; violazione c.c.n.l. Multiservizi luglio 2013 applicato dall’aggiudicataria. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, assenza e/o erroneità dei presupposti, travisamento dei fatti, erroneità della motivazione, le giustificazioni sono altresì incompatibili con la lex specialis in quanto la controinteressata offrirebbe una quantità di ore effettive inferiore a quella richiesta dalla stazione appaltante.

VI. Violazione dell’art. 283, comma 2, d.p.r. n. 207/2010; violazione dei principi di pubblicità e trasparenza. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione.

In via ancora subordinata parte ricorrente prospetta che la commissione avrebbe proceduto alla valutazione della regolarità della documentazione amministrativa in seduta riservata anziché pubblica.

4. Si sono costituite in giudizio le resistenti amministrazioni che hanno, in via preliminare, eccepito il difetto di legittimazione passiva della Presidenza del Consiglio e del Ministero dell’Interno e, nel merito, l’infondatezza del gravame.

5. All’esito della camera di consiglio del 18 luglio 2016 il collegio ha accolto la domanda cautelare proposta.

6. Alla pubblica udienza del 7 novembre 2016 la causa è stata discussa ed è passata in decisione.

 

DIRITTO

1. In via preliminare, deve essere accolta l’eccezione di difetto di legittimazione passiva della Presidenza del Consiglio.

La gara de qua è stata bandita, espletata ed, infine, aggiudicata dalla Prefettura di Roma, che in quanto ufficio territoriale del Governo, è articolazione territoriale dell’amministrazione dell’Interno.

Devono, dunque, essere considerate legittimate a resistere al presente gravame la Prefettura di Roma unitamente al Ministero dell’Interno.

Pertanto, deve essere disposta l’estromissione dal giudizio della Presidenza del Consiglio.

2. Nel merito, il ricorso è fondato.

Premesso che in materia di appalti, secondo quanto disposto dall’art. 120, co. 6 e 10, c.p.a., “tutti gli atti di parte e i provvedimenti del giudice devono essere sintetici e la sentenza è redatta, ordinariamente, in forma semplificata”,e che la motivazione della sentenza in forma semplificata, ai sensi dell’art. 74 c.p.a., “può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo ovvero, se del caso, ad un precedente conforme”, questo collegio ritiene risolutive le censure mosse dalla ricorrente avverso il giudizio di anomalia dell’offerta svolto dalla stazione appaltante nei confronti dell’aggiudicataria, nei motivi I, II, IV e V che, per ragioni di economia processuale, vengono, di seguito, trattati congiuntamente.

3. In ordine al giudizio di anomalia dell’offerta, deve altresì premettersi che i vizi fatti valere dalla ricorrente devono essere valutati alla stregua dei principi generali che sovrintendono al sindacato giurisdizionale sulla cd. discrezionalità tecnica, che può essere contestata (e valutata dal giudice) solo ed esclusivamente sotto il profilo dell'attendibilità del giudizio dell'Amministrazione quanto a norme tecniche applicate e al relativo procedimento applicativo.

Nel caso di specie, il collegio ritiene che il giudizio di anomalia svolto dalla stazione appaltante sull’offerta dell’aggiudicataria Miorelli Service s.p.a. sia giunto a violare il principio di ragionevolezza tecnica, sopra richiamato, con particolare riguardo alle valutazioni del costo della manodopera e del costo dei prodotti.

3.1. Con riguardo al costo della manodopera, l’aggiudicataria ha giustificato lo scostamento del costo orario offerto (pari ad € 14,32, per operaio 1°liv., € 15,05 per 2° liv., € 15,78 per 3° liv., € 16,62 per 4° liv., € 17,54 per 5° liv.), rispetto al costo medio orario del personale dipendente da imprese esercenti servizi di pulizia, come risultante dalle Tabelle ministeriali aggiornate al luglio 2013 ( che è invece pari ad € 16,25 per 1° liv, € 17.07 per 2° liv., € 17,89 per 3° liv., € 18,86 per 4° liv., € 19,90 per 5° liv.), sulla base dei seguenti elementi:

- aliquota contributiva INAIL pari all’1,6% in luogo del 3,939% indicato nelle tabelle ministeriali;

- eliminazione della voce rivalutazione TFR;

- deducibilità della base imponibile IRAP del costo dei lavoratori a tempo indeterminato a decorrere dal 1° gennaio 2015;

- tasso di assenteismo più contenuto rispetto a quello indicato nelle tabelle ministeriali (pari al 6,5%).

Per giustificare l’ulteriore ribasso offerto, la ditta, ha affermato, quindi, di aver previsto, sulla base dell’art. 33 CCNL di settore, “di ricorrere al lavoro supplementare per la sostituzione del personale assente”, con un ulteriore decurtazione della retribuzione oraria, applicando l’art. 33, CCNL e l’art. 3, comma 4, d. lgs. n. 61/2000, per un numero di ore previsto pari a 56.218 (giustificazioni del 26 febbraio 2016, in atti).

Il RUP, a fronte di tale dichiarazione, ha chiesto chiarimenti alla competente Direzione Generale del Ministero del Lavoro, con mail del 25 marzo 2016, in ordine al costo medio orario per lavoro straordinario.

Il Ministero ha, tuttavia, affermato di non poter procedere alla quantificazione richiesta in quanto “non è possibile quantificare un valore medio riferibile ad un’ora di straordinario sulla base del medesimo calcolo delle tabelle in argomento”.

3.2. Giova a questo punto precisare che le tabelle ministeriali di riferimento si limito ad indicare il costo medio del lavoro nell’anno di riferimento, relativamente all’area territoriale e al settore merceologico interessato.

Il quadro normativo non risulta mutato con l’entrata in vigore del nuovo codice degli appalti, di cui al d. lgs . n. 50/2016, che, benché non si applichi alla procedura in questione (bandita prima della sua entrata in vigore), costituisce un indubbio parametro interpretativo di riferimento.

La disposizione di cui all’ art. 97, comma 5, lett. d), d. lgs. n. 50/2016, appare, a tale riguardo, erroneamente formulata laddove afferma che l’offerta è anormalmente bassa e, quindi, deve essere esclusa, quando “il costo del personale è inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle di cui all’art. 23, comma 14” (rectius, comma 16): la tabelle di cui all’art. 23, comma 16, infatti, non sono altro che le tabelle già previste, con disposizione perfettamente sovrapponibile, dall’art. 86, comma 3bis, d. lgs. n. 163/2006 secondo cui “il costo del lavoro è determinato periodicamente, in apposite tabelle, dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sulla base dei valori economici previsti dalla contrattazione collettiva stipulata dai sindacati comparativamente più rappresentativi, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali. In mancanza di contratto collettivo applicabile, il costo del lavoro è determinato in relazione al contratto collettivo del settore merceologico più vicino a quello preso in considerazione.”

Ebbene, le tabelle ministeriali, predisposte sulla base dei valori economici dalla norma elencati, stabiliscono il costo medio orario del lavoro che è cosa ben diversa dal trattamento minimo salariale stabilito dalla legge o dalla contrattazione collettiva, al quale solo si riferisce la previsione d’inderogabilità di cui all’art. 97, comma 6, d. lgs. n. 50/2016 e all’art. 87, comma 3, d. lgs. n. 163/2006.

Sulla base di tali considerazioni la giurisprudenza è giunta così ad affermare, con orientamento non solo consolidato ma di perdurante valore, a parere di questo collegio, anche sotto la vigenza del nuovo codice appalti, “che i costi medi della manodopera, indicati nelle tabelle ministeriali, non assumono valore di parametro assoluto ed inderogabile, ma svolgono una funzione indicativa, suscettibile di scostamento in relazione a valutazioni statistiche ed analisi aziendali evidenzianti una particolare organizzazione in grado di giustificare la sostenibilità di costi inferiori “(Cons. Stato Sez. V, 13 marzo 2014, n. 1176; cfr. Cons. St., sez. V, 14 giugno 2013, n. 3314 e sez. IV, 22 marzo 2013, n. 1633).

Esprimendo solo una funzione di parametro di riferimento è allora possibile discostarsi da tali costi, in sede di giustificazioni dell'anomalia, sulla scorta di una dimostrazione puntuale e rigorosa (cfr. T.A.R. Roma, sez. II, 05 agosto 2016, n. 9182).

Dimostrazione, si aggiunge, che dovrebbe essere tanto più rigorosa quanto maggiore è lo scostamento dai costi medi tabellari.

3.4. Ebbene, nel caso di specie, a fronte di un considerevole scostamento dai costi tabellari, la commissione ha reputato congrua l’offerta economica della controinteressata giustificata, per una parte rilevante, sulla base di un elemento, a parere di questo collegio, aleatorio.

L’aggiudicataria ha, infatti, sostenuto l’abbattimento dei costi medi tabellari, tra l’altro, attraverso il ricorso al lavoro supplementare per un numero di ore pari a 56.218 (come da precisazioni del 26 febbraio 2016).

Il ricorso al lavoro supplementare, così come rappresentato dall’impresa controinteressata, non avrebbe dovuto essere considerato idoneo parametro giustificativo, in quanto:

- il lavoro supplementare è il lavoro svolto oltre l'orario concordato fra le parti nell’ambito di un contratto di part-time, anche in relazione alle giornate, alle settimane o ai mesi (art. 6, comma 1, d. lgs. n.81/2015);

- nonostante le modifiche apportate alla sua disciplina dal d. lgs n. 81/2015, permane la differenza rispetto al lavoro straordinario: mentre il lavoro straordinario può essere imposto al lavoratore, il lavoro supplementare può essere richiesto al lavoratore “in misura non superiore al 25 per cento delle ore di lavoro settimanali concordate. In tale ipotesi, il lavoratore può rifiutare lo svolgimento del lavoro supplementare ove giustificato da comprovate esigenze lavorative, di salute, familiari o di formazione professionale” (art. 6, comma 2, d. lgs. n. 81/2015);

- sulla base dell’art. 33, CCNL Multiservizi, attualmente vigente, “L’eventuale rifiuto del lavoratore allo svolgimento di ore supplementari non integra gli estremi del giustificato motivo di licenziamento né l’adozione di provvedimenti disciplinari”.

La possibilità, per il lavoratore part-time, di rifiutare lo svolgimento di lavoro supplementare, dunque, rende del tutto aleatoria la previa quantificazione delle relative ore da parte del datore di lavoro e, conseguentemente, affetto da un evidente errore di fatto il giudizio di affidabilità dell’offerta espresso dalla commissione, laddove appare aver considerato il lavoro supplementare alla medesima stregua del lavoro straordinario.

3.5. Analoghi rilievi possono essere mossi anche rispetto alle giustificazioni offerte con riguardo ai costi dei prodotti.

Anche in tal caso i giustificativi appaiono collegati a parametri del tutto incerti, o quanto meno, non adeguatamente verificati dalla commissione sulla base di idonea documentazione (fatture e/o pregressi contratti di fornitura), in quanto fondati sulla mera dichiarazione della aggiudicataria di aver stimato il costo dei prodotti in € 56.598,22 tenendo conto della “possibilità di beneficiare, grazie al consistente incremento del fatturato, di significativi sconti in merce da parte dei propri fornitori che consentiranno di disporre di ingenti quote di forniture ottenute gratuitamente ed impiegabili nell’appalto in oggetto.

4. Per quanto sopra evidenziato, deve ritenersi, dunque, che il giudizio di anomalia dell’offerta dell’aggiudicataria sia stato condotto dalla commissione sulla base di criteri manifestamente irragionevoli nonché erronei in punto di fatto.

Sotto tale profilo, dunque, il ricorso merita di essere accolto.

5. Sulla base del principio dispositivo che impronta il processo amministrativo e della conseguente vincolatività, per il giudice, della graduazione dei motivi di ricorso, come svolta dalla parte (in tal senso, Ad. Pl. n. 5/2015), l’accoglimento dei motivi I, II, IV e V comporta l’assorbimento dei motivi III e VI, prospettati dalla società ricorrente in via meramente subordinata.

6. Conseguentemente, deve essere disposto l’annullamento degli atti relativi al procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta della controinteressata e del provvedimento di aggiudicazione del 26 maggio 2016, come in epigrafe specificati ai punti 1 e 3, con obbligo dell’amministrazione di rideterminarsi sull’esito della procedura di gara di cui in causa.

5. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

- dispone l’estromissione dal giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri;

- accoglie il ricorso nei termini di cui in parte motiva.

Condanna la Prefettura di Roma e il Ministero dell’Interno al pagamento, in favore della società ricorrente, delle spese di lite liquidate nella somma complessiva di € 2.000 (euro duemila/00), oltre oneri ed accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 novembre 2016 con l'intervento dei magistrati:

Germana Panzironi, Presidente

Alessandro Tomassetti, Consigliere

Francesca Romano, Referendario, Estensore

 

   

 

   

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

Francesca Romano

 

Germana Panzironi

                       

SEGRETARIO

 

 

Guida alla lettura

La sentenza in commento affronta l’istituto dell’anomalia dell’offerta sotto un duplice e connesso profilo: un primo, di carattere generale, legato alla possibilità per le imprese di discostarsi dai costi medi del lavoro indicati nelle c.d. tabelle ministeriali; un secondo, di natura più specifica, relativo all’impossibilità di ricorrere al c.d. lavoro supplementare per giustificare il minor costo del personale offerto in gara, in ragione del carattere aleatorio (per l’impresa) di tale istituto giuslavoristico.  

Peraltro, nonostante la fattispecie fosse ratione temporis soggetta alle regole della previgente disciplina (d.lgs. n. 163/2006), la decisione del TAR si sofferma anche sulle disposizioni del nuovo Codice (d.lgs. n. 50/2016), ritenendo queste ultime un “indubbio parametro interpretativo” della vecchia normativa.

 

In questa prospettiva, il TAR, nell’analizzare la questione generale relativa alla possibilità di discostarsi dai valori riportati nelle c.d. tabelle ministeriali sui costi del lavoro, si è soffermato sull’analisi di due istituti apparentemente assimilabili ma sostanzialmente differenti.

Da un lato, il trattamento minimo salariale stabilito dalla legge o dalla contrattazione collettiva, che risulta essere inderogabile (cfr. art. 87, comma 3, d.lgs n. 163/2006, oggi trasfuso nell’art. 97, comma 6 del d.lgs n. 50/2016, secondo cui “non sono ammesse giustificazioni in relazione ai trattamenti salariali minimi inderogabili stabiliti dalla legge o da fonti autorizzate dalla legge”).

Dall’altro, il costo medio del lavoro riportato nelle tabelle del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che costituisce invece un parametro suscettibile di scostamento (art. 86, comma 3 bis, d.lgs n. 163/2006 e art. 23, comma 16, d.lgs n. 50/2016).

Muovendo da tali premesse, la sentenza in commento conferma, dunque, l’orientamento formatosi sotto la vigenza del precedente Codice, secondo cui i costi medi della manodopera riportati nelle tabelle ministeriali non possono assumere valore di parametro inderogabile e assoluto, ma svolgono una mera funzione indicativa, suscettibile di scostamento in relazione a valutazioni statistiche e analisi aziendali (Cons. Stato, n. 1176 del 13 marzo 2014; Cons. Stato n. 3314 del 14 giugno 2013; Cons. Stato, n. 1633 del 22 marzo 2013).

 

Nel fare ciò, il TAR si è inoltre soffermato sul tenore letterale dell’art. 97 del nuovo Codice (d.lgs n. 50/2016) in tema di valutazione dell’anomalia dell’offerta.

Secondo la sentenza in parola, tale disposizione risulterebbe erroneamente formulata laddove, al comma 5, lett. d), afferma che l’offerta è anormalmente bassa, e quindi deve essere esclusa, quando “il costo del personale è inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle di cui all’art. 23, comma 16 del codice”.

La svista del legislatore risiederebbe nell’aver ricondotto i costi minimi salariali alle tabelle di cui all’art. 23 del Codice, operando dunque la commistione di due diversi istituti: il trattamento salariale minimo e inderogabile, da un lato; e il costo medio del lavoro riportato nelle tabelle ministeriali, dall’altro.

A ben vedere, la disposizione di cui all’art. 97, comma 5, lett. d), potrebbe comunque essere in una qualche misura “salvata” e ritenuta coerente con il sistema, posto che, testualmente, il legislatore non ha richiamato il “costo medio” riportato nelle tabelle, ma il “minimo salariale retributivo indicato” nelle tabelle.

In sostanza, poiché il “costo medio” riportato nelle tabelle ministeriali rappresenta la somma di diverse componenti del costo del personale, tra le quali anche il c.d. “minimo salariale retributivo”, l’art. 97, comma 5, lett. d), potrebbe essere interpretato nel senso di non consentire alle imprese di ribassare quelle voci di costo “indicate” in tabella che concorrono a formare il c.d. “minimo salariale retributivo” (ad esempio, non potrebbe essere ribassata la voce di costo relativa alla “retribuzione tabellare”, mentre, sulla base della specifica realtà aziendale dell’impresa concorrente, potrebbero essere derogate le voci relative agli oneri Inps ed Inail).

 

Sotto altro profilo, la sentenza ha inoltre affrontato il tema relativo all’impossibilità di ricorrere al c.d. lavoro supplementare per giustificare il minor costo del personale offerto in gara.

In particolare, il TAR ha ritenuto che l’abbattimento dei costi medi tabellari non può essere giustificato con il ricorso al lavoro supplementare; ciò in quanto quest’ultimo, a differenza di quello straordinario, può essere rifiutato dal lavoratore, rendendo pertanto aleatoria la previa quantificazione delle relative ore operata dall’impresa in sede di giustificazioni.