Consiglio di Stato, sez. V, 15 dicembre 2016, n. 5582

1.La mancata indicazione degli oneri per la sicurezza cc.dd. ‘interni o aziendali’ determina la violazione dell’articolo 95 del decreto legislativo n. 50 del 2016. Al riguardo non emergono profili di incompatibilità fra le disposizioni di diritto interno che impongono ora in modo tassativo tale indicazione e il pertinente paradigma normativo eurounitario.

(1). In parte Conforme: T.A.R. Campania, Salerno, Sez. I, 6 luglio 2016, n. 1604.

 

 

Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

ORDINANZA


sul ricorso numero di registro generale 9198 del 2016, proposto dalla Cooperativa Sociale Rosa dei Venti Onlus, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati Giovanni Corbyons C.F. CRBGNN67C01H501E, Giuliano Sgobbi C.F. SGBGLN70M05B509U, con domicilio eletto presso Giovanni Corbyons in Roma, via Cicerone, 44

contro

Comune di Zerbolo', in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Maria Cristina Colombo C.F. CLMMCR67H51L682V, Maria Stefania Masini C.F. MSNMST67D41H501W, con domicilio eletto presso Maria Stefania Masini in Roma, via Antoni Gramsci 24

nei confronti di

Sodexo Italia Spa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Maurizio Boifava C.F. BFVMRZ64P23F205K, Andrea Manzi C.F. MNZNDR64T26I804V, con domicilio eletto presso Andrea Manzi in Roma, via Federico Confalonieri 5

per la riforma dell' ordinanza cautelare del T.A.R. LOMBARDIA - MILANO: SEZIONE IV n. 1522/2016
 

Visto l'art. 62 cod. proc. amm;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Zerbolo' e di Sodexo Italia Spa;
Vista la impugnata ordinanza cautelare del Tribunale amministrativo regionale di reiezione della domanda cautelare presentata dalla parte ricorrente in primo grado;
Viste le memorie difensive;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 15 dicembre 2016 il Cons. Claudio Contessa e uditi per le parti gli avvocati Sgobbi, Colombo, Masini e Manzi

Considerato che, a un primo esame, l’appello cautelare in epigrafe non può trovare accoglimento risultando effettivamente dirimente la mancata indicazione da parte della società appellante degli oneri per la sicurezza cc.dd. ‘interni o aziendali’, con conseguente violazione dell’articolo 95 del decreto legislativo n. 50 del 2016. Si osserva al riguardo che non emergono allo stato profili di incompatibilità fra le disposizioni di diritto interno che impongono ora in modo tassativo tale indicazione e il pertinente paradigma normativo eurounitario;
Considerato che, per le ragioni esposte, l’appello in epigrafe deve essere respinto e che le spese seguono la soccombenza, come per legge

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) respinge l'appello (Ricorso numero: 9198/2016).
Condanna l’appellante alla rifusione delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 1.000 (mille) in favore di ciascuna delle controparti costituite.
La presente ordinanza sarà eseguita dall'Amministrazione ed è depositata presso la segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 dicembre 2016 con l'intervento dei magistrati:
Francesco Caringella, Presidente
Sandro Aureli, Consigliere
Claudio Contessa, Consigliere, Estensore
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere
Oreste Mario Caputo, Consigliere

 

 

Guida alla lettura


Con l'ordinanza cautelare in esame, la Quinta Sezione del Consiglio di Stato respinge l'appello cautelare dinanzi alla medesima promosso, asserendo che dirimente risulta la mancata indicazione, ad opera della società appellante, degli oneri di sicurezza cc.dd. ‘interni o aziendali’, con violazione dell’art. 95 del decreto legislativo n. 50 del 2016. In particolare, il Collegio rileva che non sussistono profili di incompatibilità fra le disposizioni di diritto interno, che richiedono in modo tassativo tale indicazione, e il paradigma normativo eurounitario in materia.

Il campo di indagine del Consesso attiene, quindi, alla questione dell'obbligo di indicare gli oneri di sicurezza “interni o aziendali”. In proposito, occorre delineare il quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento, tenendo anche conto del passaggio dal vecchio al nuovo Codice.

In primo luogo, avuto riguardo alle disposizioni normative in materia di oneri di sicurezza, occorre rilevare che, nel vecchio Codice (D. lgs. n. 163/2006), queste sono rappresentate dall'art. 87, comma 4, e dall'art. 83, comma 3-bis. Nello specifico, in base alle richiamate disposizioni la stazione appaltante è obbligata a valutare la congruità degli oneri di sicurezza per tutte le tipologie di appalti pubblici (lavori, servizi e forniture); mentre, in sede di offerta, l’obbligo di indicazione degli oneri di sicurezza sembra sussistere solo per gli appalti di servizi e forniture e non per l’appalto di lavori. In base a tali disposizioni, dunque, la mancata indicazione degli oneri di sicurezza comporta l'esclusione del concorrente con riguardo agli appalti di forniture e servizi, e non già per gli appalti di lavori.

Il quadro normativo delineato, tuttavia, ha destato numerosi dubbi interpretativi e, in particolare, in ordine agli appalti di lavori si è posto il problema dell'effettiva estensione ai medesimi dell'obbligo di indicazione degli oneri di sicurezza.

Il contrasto giurisprudenziale sorto sulla questione ha portato ad una prima pronuncia dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, la n. 3 del 20 marzo 2015.

Occorre precisare preliminarmente che, nell'Ordinanza di rimessione al Supremo Consesso, si distinguevano due specifiche categorie di costi per la sicurezza: 1) quelli “da interferenze”, contemplati dagli articoli 26, commi 3, 3-ter e 5, del d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81 (Attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro) e 86, comma 3-ter, 87, comma 4, e 131 del Codice, che: a) servono a eliminare i rischi da interferenza, intesa come contatto rischioso tra il personale del committente e quello dell’appaltatore, oppure tra il personale di imprese diverse che operano nella stessa sede aziendale con contratti differenti; b) sono quantificati a monte dalla stazione appaltante, nel D.U.V.R.I (documento unico per la valutazione dei rischi da interferenze, art. 26 del d.lgs. n. 81 del 2008) e, per gli appalti di lavori, nel PSC (piano di sicurezza e coordinamento, art. 100 D. Lgs. n. 81/2008); c) non sono soggetti a ribasso, perché ontologicamente diversi dalle prestazioni stricto sensu oggetto di affidamento; 2) quelli “interni aziendali”, cui si riferiscono l’art. 26, comma 3, quinto periodo, del d.lgs n. 81 del 2008 e gli artt. 86, comma 3-bis, e 87, comma 4, secondo periodo, del Codice, che: a) sono quelli propri di ciascuna impresa connessi alla realizzazione dello specifico appalto, sostanzialmente contemplati dal DVR, documento di valutazione dei rischi; b) sono soggetti a un duplice obbligo in capo all’amministrazione e all’impresa concorrente.

Richiamate le due tipologie di costi per la sicurezza, la Plenaria chiarisce che la stazione appaltante, in virtù degli artt. 86, comma 3-bis, e 87, comma 4, del vecchio Codice, deve stimare l'incidenza degli oneri di sicurezza aziendali, mentre, avuto riguardo alle imprese partecipanti, le medesime sono tenute ad indicare gli oneri di sicurezza aziendali. Tanto precisato, dunque, il Supremo Collegio si sofferma sulla questione interpretativa di riferimento, vale a dire l'applicabilità dell'art. 87, comma 4, del vecchio Codice ai soli appalti di servizi e forniture, oppure anche agli appalti di lavori. Nello specifico, i giudici amministrativi sono tenuti a chiarire se la sanzione dell’esclusione debba essere comminata anche laddove l’obbligo di specificazione degli oneri non sia stato prescritto dalla normativa di gara. Il Consesso risolve la questione, ritenendo che “nelle procedure di affidamento relative ai contratti pubblici di lavori i concorrenti debbano indicare nell’offerta economica i costi per la sicurezza interni o aziendali”. In particolare, l'organo giudicante fonda le proprie conclusioni sull'interpretazione sistematica degli articoli 26, comma 6, del d.lgs. n. 81 del 2008 e 86, comma 3-bis, e 87, comma 4, del d. lgs. n. 163/2006, dalle quali si desume chiaramente l’obbligo di procedere alla previa indicazione di tali costi, pur se non dettato expressis verbis dal legislatore. Nello specifico, i giudici amministrativi, procedendo con una interpretazione costituzionalmente orientata delle norme di riferimento, giungono a ritenere l’obbligo dei concorrenti di presentare i costi interni per la sicurezza del lavoro anche nelle offerte relative agli appalti di lavori. In conclusione, quindi, l'Adunanza Plenaria così ricostruisce il quadro normativo di riferimento: “1)i costi da interferenze sono oggetto di previsione obbligatoria a cura della stazione appaltante;
2)per quanto riguarda i costi di sicurezza aziendali, gli artt. 86, comma 3-bis e 87, comma 4, del D.lgs. 163/2006 – gli artt. 86, comma 3-bis e 87, comma 4, del D.lgs. 163/2006 ne impongono obbligatoriamente la previsione, con specifico onere a carico dei concorrenti, sia nella "predisposizione delle gare di appalto" (e quindi nella predisposizione della documentazione di gara), sia in sede di formulazione e presentazione dell'offerta economica; 3)con riferimento alla formulazione dell'offerta economica, l'indicazione dei costi aziendali, unitamente alle altre voci di prezzo di detta offerta, consente alla stazione appaltante di effettuare una puntuale valutazione della congruità dell'offerta, anche ai fini dell'eventuale giudizio di anomalia della stessa; 4)i partecipanti a qualsivoglia gara, ivi comprese quelle per lavori pubblici, sono tenuti ad indicare gli oneri di sicurezza interni; 5)le stazioni appaltanti, pur in difetto di specifica previsione nella lex specialis, devono procedere con l'esclusione dalla gara dei concorrenti che non abbiano indicato gli oneri di sicurezza, ai sensi dell'art. 46, comma 1 bis del Codice degli Appalti, trattandosi di inosservanza di precetto a carattere imperativo (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., sentenza n. 9/2014) non sanabile con il 'potere di soccorso istruttorio […] non potendosi consentire di integrare successivamente un'offerta dal contenuto inizialmente carente di un suo elemento essenziale'” (Cfr. F. FRANCICA, Obbligo di indicare nell'offerta economica gli oneri di sicurezza anche in assenza di specifica previsione della lex specialis, in www.diritto24.ilsole24ore.com).  

L'Adunanza Plenaria è, poi, tornata sulla questione, con la pronuncia del 2 novembre 2015, n. 9, che ha affrontato la specifica questione dei c.d. oneri di sicurezza per le gare d’appalto bandite prima del 20 marzo 2015. In proposito, il Collegio si è soffermato sul ricorso al soccorso istruttorio nelle ipotesi in cui la fase  di presentazione delle offerte sia giunta a perfezionamento prima della pubblicazione della decisione dell’Adunanza Plenaria n. 3 del 2015. La risposta a tale quesito è, tuttavia, negativa, “in quanto con la medesima decisione dell’Adunanza Plenaria è stata espressamente esclusa la sanabilità con il soccorso istruttorio dell’omissione dell’indicazione degli oneri di sicurezza aziendale, che si risolverebbe in un’inammissibile integrazione postuma di un elemento essenziale dell’offerta”.

In tale quadro giurisprudenziale, devono essere inserite le pronunce con cui è stata rimessa alla Corte di Giustizia UE la questione in base alla quale ci si chiede se “i principi comunitari di tutela del legittimo affidamento e di certezza del diritto, unitamente ai principi di libera circolazione delle merci, di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, di cui al Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), nonché i principi che ne derivano, come la parità di trattamento, la non discriminazione, il mutuo riconoscimento, la proporzionalità e la trasparenza, di cui (da ultimo) alla direttiva n. 2014/24/UE, ostino ad una normativa nazionale, quale quella italiana derivante dal combinato disposto degli artt. 87, comma 4, e 86, comma 3-bis, del d.lgs. n. 163 del 2006, e dall’art. 26, comma 6, del D. Lgs. n. 81 del 2008, così come interpretato, in funzione nomofilattica, ai sensi dell’art. 99 cod. proc. amm., dalle sentenze dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato nn. 3 e 9 del 2015, secondo la quale la mancata separata indicazione dei costi di sicurezza aziendale, nelle offerte economiche di una procedura di affidamento di lavori pubblici, determina in ogni caso l’esclusione della ditta offerente, anche nell’ipotesi in cui l’obbligo di indicazione separata non sia stato specificato nella legge di gara ed anche a prescindere dalla circostanza che, dal punto di vista sostanziale, l’offerta rispetti i costi minimi di sicurezza aziendale” (Cfr. ex multis T.A.R. Campania, Sez. I, 24 febbraio 2016, n. 990; Cons. Stato, Sez. V, 17 marzo 2016, n. 1090).

In attesa dell'intervento chiarificatore dell'organo giudicante europeo, tuttavia, è stata nuovamente interpellata (Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 18 marzo 2016, n. 1116) l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato che, con la sentenza del 27 luglio 2016, n. 19, ha esaminato, tra gli altri, il problema della compatibilità della regola dell’esclusione automatica in caso di mancata separata indicazione degli oneri di sicurezza (secondo quanto sancito da Ad. Plen. nn. 3 e 9 del 2015) con il diritto euro – unitario.

In particolare, il Supremo Consesso decide di risolvere comunque la questione nel merito, pur pendendo analogo giudizio dinanzi alla Corte di giustizia UE, anche per far fronte all'esigenza di celerità manifestata dalle parti del giudizio. Tanto precisato, ritiene il giudicante che i dubbi di compatibilità comunitaria non involgono il principio espresso dall'Adunanza Plenaria n. 9 del 2015. Si precisa, infatti, che il campo di indagine del Supremo Consesso non copre l'intera portata del principio di cui alla sentenza n. 9 del 2015. Il Consesso, infatti, deve chiarire se “tale principio debba operare in senso assoluto oppure se, ricorrendo peculiari circostanze, possa trovare una “mitigazione”, a fronte dell’esigenza di tutelare i principi euro-unitari della tutela dell’affidamento, della certezza del diritto, di parità di trattamento, non discriminazione, proporzionalità e trasparenza”. In particolare, l'eventuale temperamento del principio in esame può essere connesso all’ipotesi in cui l’obbligo di indicazione separata non sia stato specificato né nella legge di gara né nell’allegato modello di compilazione per la presentazione delle offerte e dal punto di vista sostanziale l’offerta rispetti i costi minimi di sicurezza aziendale. Occorre, inoltre, precisare che tale questione si pone non solo negli appalti di lavori (cui fa riferimento la sentenza n. 9 del 2015, richiamando sul punto la precedente n. 3 del 2015 che sempre solo di appalti di lavori si occupa), ma anche negli appalti di servizi e di forniture. Ne consegue, quindi, che “Quale che sia l’oggetto dell’appalto, si pone, infatti, il problema della rilevanza da attribuire al comportamento dell’Amministrazione che abbia indotto in errore i concorrenti, non prevedendo un obbligo di indicazione dei costi per la sicurezza nella lex specialis, né una correlata comminatoria di esclusione in caso di inadempimento del detto obbligo, e predisponendo eventualmente un modulo che non preveda l’indicazione della voce in questione”.

L'Adunanza Plenaria, inoltre, specifica che l'eccessiva rigidità del principio espresso nelle pronunce nn. 3 e 9 del 2015 deriva anche dalla combinazione di queste ultime con un'altra decisione della stessa Adunanza Plenaria, la n. 9 del 25 febbraio 2014, in cui si fa riferimento all'esistenza di una causa di esclusione implicita in ogni norma imperativa che preveda un obbligo o un divieto, nonché al principio di etero-integrazione del bando ad opera delle norme imperative di legge; principi in base ai quali una impresa può essere esclusa se non adempie un obbligo previsto da una norma imperativa, anche quando il bando non richiama tale obbligo e né il bando, né la norma imperativa violata prevedono espressamente la conseguenza dell’esclusione.

Tuttavia – avverte il Supremo Collegio – il rigore di tale interpretazione deve essere letto proprio alla luce dei principi comunitari di legittimo affidamento, certezza del diritto, parità di trattamento, trasparenza, i quali “devono essere interpretati nel senso che ostano all’esclusione di un operatore economico da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico in seguito al mancato rispetto, da parte di tale operatore, di un obbligo che non risulta espressamente dai documenti relativi a tale procedura o dal diritto nazionale vigente, bensì da un’interpretazione di tale diritto e di tali documenti nonché dal meccanismo diretto a colmare, con un intervento delle autorità o dei giudici amministrativi nazionali, le lacune presenti in tali documenti. In tali circostanze, i principi di parità di trattamento e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che non ostano al fatto di consentire all’operatore economico di regolarizzare la propria posizione e di adempiere tale obbligo entro un termine fissato dall’amministrazione aggiudicatrice”  (Cfr. Corte di giustizia (Sesta Sezione, sentenza 2 giugno 2016, C-27/15, Pippo Pizzo). In particolare, poi, in applicazione dei suddetti principi e, nello specifico, dei principi di trasparenza e di parità di trattamento, le condizioni sostanziali e procedurali relative alla partecipazione ad un appalto e, in particolare, gli obblighi a carico degli offerenti, devono essere definite in anticipo e rese pubbliche. Gli stessi offerenti, infatti, devono conoscere esattamente i vincoli procedurali ed essere assicurati del fatto che gli stessi requisiti valgono per tutti i concorrenti.

Effettuate tali precisazioni anche in ordine ai principi di matrice euro-unitaria che devono governare le gare pubbliche, il Collegio chiarisce il principio di diritto espresso dall'Adunanza Plenaria n. 9 del 2015, affermando che: ”gli oneri di sicurezza rappresentano un elemento essenziale dell’offerta (la cui mancanza è in grado di ingenerare una situazione di insanabile incertezza assoluta sul suo contenuto) solo nel caso in cui si contesta al concorrente di avere formulato un’offerta economica senza considerare i costi derivanti dal doveroso adempimento dei obblighi di sicurezza a tutela dei lavoratori (…) Laddove, invece, non è in discussione l’adempimento da parte del concorrente degli obblighi di sicurezza, né il computo dei relativi oneri nella formulazione dell’offerta, ma si contesta soltanto che l’offerta non specifica la quota di prezzo corrispondente ai predetti oneri, la carenza, allora, non è sostanziale, ma solo formale”. In tale ultima ipotesi – osserva il Consesso - il soccorso istruttorio, quando vi sia una situazione di affidamento ingenerato dalla stazione appaltante, è doveroso, in quanto esso non si traduce in una modifica sostanziale del contenuto dell’offerta, ma rappresenta la mera specificazione formale di una voce che, pur considerata nel prezzo finale, non è stata indicata dettagliatamente.

Alla luce delle considerazioni effettuate, dunque, l'Adunanza Plenaria, con la già citata pronuncia n. 19 del 2016, ha espresso il seguente principio di diritto: “Per le gare bandite anteriormente all’entrata in vigore del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, nelle ipotesi in cui l’obbligo di indicazione separata dei costi di sicurezza aziendale non sia stato specificato dalla legge di gara, e non sia in contestazione che dal punto di vista sostanziale l’offerta rispetti i costi minimi di sicurezza aziendale, l’esclusione del concorrente non può essere disposta se non dopo che lo stesso sia stato invitato a regolarizzare l’offerta dalla stazione appaltante nel doveroso esercizio dei poteri di soccorso istruttorio”.

Nell'ambito del dibattito giurisprudenziale così ricostruito, interviene, infine, il Legislatore con il nuovo Codice dei contratti pubblici (D. lgs. n. 50/2016) che, all'art. 95, comma 10, tanto stabilisce: “Nell'offerta economica l'operatore deve indicare i propri costi aziendali concernenti l'adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro”. La richiamata disposizione, quindi, risolve in modo espresso la questione della doverosità della dichiarazione relativa agli oneri di sicurezza con riferimento alle gare bandite a seguito dell'entrata in vigore del nuovo Codice dei contratti pubblici. In ordine a tale nuova espressa previsione, il Consiglio di Stato, con l'ordinanza cautelare annotata, ha ritenuto non sussistente l'incompatibilità con la normativa euro – unitaria. Occorre, inoltre, osservare che la richiamata disposizione, in combinato disposto con l'art. 83, comma 9, del nuovo Codice dei contratti pubblici, esclude anche la possibilità di ricorrere all'istituto del soccorso istruttorio.

Concludendo, quindi, è ragionevolmente possibile affermare che la norma in esame sembra risolvere il pregresso dibattito in tema di oneri di sicurezza, quantomeno con riguardo alle procedure indette dopo l'entrata in vigore del nuovo Codice dei contratti pubblici.