Possiamo suddividere le comunicazioni nelle gare pubbliche in due grandi categorie:
1) le comunicazioni individuali, cosiddette perché sono indirizzate individualmente a ciascuna impresa concorrente
2) le comunicazioni collettive, che sono, invece, rivolte alla comunità degli operatori economici e, più in generale, ai cittadini.
Le comunicazioni collettive
La disciplina delle comunicazioni deve essere inquadrata nel più generale tema della trasparenza dell'azione amministrativa.
La trasparenza amministrativa è un concetto multidimensionale, che ha diverse accezioni e sottende molteplici implicazioni. Nel suo tradizionale significato, essa è intesa come un principio funzionale al controllo sugli atti posti in essere dalla pubblica amministrazione in una chiave principalmente difensiva degli interessi giuridicamente rilevanti dei cittadini. In questo senso l'accesso agli atti amministrativi e il sistema di pubblicità degli atti delineato dal legislatore ne costituiscono, al contempo, corollario e strumento.
Nella sua nuova accezione la trasparenza è intesa come “accessibilità totale dei dati e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, allo scopo di tutelare i diritti dei cittadini, promuovere la partecipazione degli interessati all'attività amministrativa e favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche” (vd. art. 1 D.lgs. 33/2016).
Le comunicazioni collettive nel settore degli appalti sono prevalentemente funzionali a garantire la trasparenza amministrativa, intesa in questa nuova accezione.
La trasparenza come strumento per la prevenzione della corruzione
La trasparenza è una misura fondamentale per la prevenzione della corruzione. La legge 190/2012, recante disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione, all'art. 15 prevede che “la trasparenza dell’attività amministrativa, che costituisce livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, ….. è assicurata mediante la pubblicazione, nei siti web istituzionali delle pubbliche amministrazioni, delle informazioni relative ai procedimenti amministrativi, secondo criteri di facile accessibilità, completezza e semplicità di consultazione.”
L'art. 35 della legge 190 contiene, poi, una delega al Governo per il riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità e trasparenza per le pubbliche amministrazioni. La delega ha trovato una definitiva attuazione con l'approvazione del D.lgs. 33/2013 (recentemente modificato dal D.lgs. n. 97 del 2016), intitolato “riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni”.
Sempre la legge 190 del 2012, individua fra i settori ad elevato rischio di corruzione, rispetto ai quali è più avvertita l'esigenza dell'attivazione di meccanismi anticorruttivi, quello relativo alla scelta del contraente per l’affidamento di lavori, forniture e servizi, anche con riferimento alla modalità di selezione prescelta ai sensi del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture (art. 16, comma 1, lett. b).
Con riferimento a tali procedimenti, le stazioni appaltanti sono tenute a pubblicare nei propri siti web istituzionali una serie di informazioni, precisamente: la struttura proponente; l’oggetto del bando; l’elenco degli operatori invitati a presentare offerte; l’aggiudicatario; l’importo di aggiudicazione; i tempi di completamento dell’opera, servizio o fornitura; l’importo delle somme liquidate.
Le stazioni appaltanti sono tenute altresì a trasmettere, con una certa periodicità, le predette informazioni all'Anac, che, a sua volta, invia alla Corte dei conti l’elenco delle amministrazioni che hanno omesso di ottemperare a tale obbligo di comunicazione e pubblicazione. L'inadempimento dell'obbligo in parola è soggetto ad una sanzione amministrativa pecuniaria di rilevante importo (fino a 25.000 euro o a 50.000 euro, a seconda dei casi) comminata dall'Autorità a carico del funzionario inadempiente (vd. art. 32 della legge 190/2012).
Quindi, la legge anticorruzione prevede un onere rafforzato di pubblicazione e informazione nel settore degli appalti, ciò in funzione di un monitoraggio generalizzato sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche da parte delle amministrazioni aggiudicatrici e in una chiave di prevenzione dei fenomeni corruttivi.
A testimonianza dell'importanza dell'adempimento posto a carico delle stazioni appaltanti, il legislatore individua una forma di controllo di prima istanza, in capo all'Anac, e di seconda istanza, in capo alla Corte dei Conti, e attribuisce alla prima finanche un potere sanzionatorio.
Nella stessa ottica si muove, ovviamente, il Codice in materia di trasparenza di cui al D.lgs. 33/2013, che all'art. 37 (rubricato “obblighi di pubblicazione concernenti i contratti pubblici di lavori, servizi e forniture”) stabilisce che, fermi restando gli altri obblighi di pubblicità legale (che saranno oggetto di esame nel corso della presente trattazione), ciascuna amministrazione pubblica le informazioni relative alle procedure per l'affidamento e l'esecuzione di opere e lavori pubblici, servizi e forniture, nonché, in caso di procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara, la delibera a contrarre.
La pubblicazione deve avvenire nella home page dei siti istituzionali, in cui è collocata un'apposita sezione denominata “Amministrazione trasparente” (vd. art. 9 del D.lgs. 33/2013). Essa ha il precipuo fine di dare un particolare risalto alle informazioni prescritte dal Codice sulla trasparenza e, nella fattispecie, a quelle relative al settore degli appalti pubblici.
All'obbligo previsto in capo alle pubbliche amministrazioni di pubblicare documenti, informazioni o dati fa da contraltare il diritto all'accesso civico, ovvero il diritto di chiunque di richiedere i suddetti dati o documenti, nei casi in cui ne sia stata omessa la pubblicazione.
La richiesta di accesso civico non è sottoposta ad alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente, non deve essere motivata, è gratuita e va presentata al responsabile della trasparenza dell'amministrazione obbligata alla pubblicazione, che si pronuncia sulla stessa.
L'amministrazione procede alla pubblicazione nel sito del documento, dell'informazione o del dato richiesto e lo trasmette contestualmente al richiedente, ovvero comunica al medesimo l'avvenuta pubblicazione, indicando il collegamento ipertestuale a quanto richiesto. Se il documento, l'informazione o il dato richiesti risultano già pubblicati nel rispetto della normativa vigente, l'amministrazione indica al richiedente il relativo collegamento ipertestuale.
Vi sono delle sostanziali differenze fra l’accesso civico e il diritto tradizionale di accesso :
• l’accesso tradizionale (di cui agli artt. 22 e ss. L. 241/1990) richiede uno specifico interesse per la tutela delle proprie posizioni giuridiche, essendo finalizzato alla protezione di un interesse giuridico particolare e potendo, quindi, essere esercitato solo dai soggetti portatori di tali interessi (è basato, quindi, sul bisogno di conoscere il contenuto di determinati atti: need to know);
• l’accesso cd. civico, invece, spetta a “chiunque” in relazione alle informazioni che devono essere pubblicate a norma delle descritte disposizioni e rispetto alle quali il cittadino ha un incondizionato diritto alla conoscenza (right to know).
L'art. 37 del D.lgs. 33/2013 trova il suo corrispondente nel nuovo Codice degli appalti all'art. 29, recante “principi in materia di trasparenza”.
La norma dispone, in particolare, la pubblicazione (e l’aggiornamento) di tutti gli atti delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori relativi alla programmazione di lavori, opere, servizi e forniture, nonché alle procedure per l'affidamento di appalti pubblici di servizi, forniture, lavori e opere, di concorsi pubblici di progettazione, di concorsi di idee e di concessioni, compresi quelli tra enti nell'ambito del settore pubblico, nel caso non siano considerati riservati o secretati.
Sono, inoltre, oggetto di pubblicazione:
- i resoconti della gestione finanziaria dei contratti al termine della loro esecuzione;
- la composizione della commissione giudicatrice e i curricula dei suoi componenti.
Il livello di informazione garantito è quindi indiscutibilmente esaustivo, coprendo l'intera procedura di gara e la fase prodromica della programmazione.
La pubblicazione deve avvenire:
sul profilo del committente (nella sezione “Amministrazione trasparente”).
sul sito web del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e sulla piattaforma digitale istituita presso l’Anac e le piattaforme regionali di e-procurement interconnesse tramite cooperazione applicativa.
Va subito segnalato il primo elemento di novità rispetto al previgente Codice: il legislatore avverte l'esigenza di introdurre nel corpo normativo in materia di appalti, un specifica disciplina degli obblighi di pubblicazione e informazione relativamente alla gare.
La prevenzione dei fenomeni corruttivi, di cui la trasparenza costituisce, lo abbiamo visto, un corollario, è una delle chiavi di lettura del nuovo Codice e, prima ancora, delle tre direttive comunitarie (23, 24 e 25 del 2014) di cui esso costituisce una gemmazione.
In tal senso, il considerando 136 della direttiva “appalti” 24/2014 UE prevede, ad esempio, che “la tracciabilità e la trasparenza del processo decisionale nelle procedure di appalto è essenziale per garantire procedure leali nonché combattere efficacemente la corruzione....”
Su questa stessa direttrice si muove la legge delega n. 11 del 2016, la quale persegue, sul piano degli obiettivi, quello della semplificazione e accelerazione delle procedure salvaguardando al contempo valori fondamentali, fra i quali la trasparenza, la prevenzione della corruzione e della infiltrazione della criminalità organizzata (vd. art. 1 lett. B).
Questa direttiva generale trova nel Codice dei contratti declinazione in diverse disposizioni normative, fra le quali assume una particolare pregnanza il citato art. 29 che impone un regime di pubblicità e informazione in materia di appalti speculare a quello delineato dall'art. 37 del D.lgs. 33/2013, anzi per certi versi potenziato dalla previsione di un obbligo di pubblicazione sul sito del MIT e dell'Anac.
La finalità perseguita è quella di garantire un controllo generalizzato (ad opera cioè di qualsiasi cittadino) sul regolare andamento delle procedure di gara e sulla corretta gestione delle risorse finanziarie pubbliche. Sotto quest'ultimo profilo assume un particolare rilievo il disposto di cui all'art. 29, comma 1, ultimo periodo laddove è previsto che nella sezione “Amministrazione trasparente” del sito web dell'ente “sono pubblicati anche i resoconti della gestione finanziaria dei contratti al termine della loro esecuzione.”
Maggiormente collegata al tradizionale significato di trasparenza amministrativa è, invece, la disposizione di cui al II periodo del comma 1 del citato art. 29, laddove è previsto che “al fine di consentire l'eventuale proposizione del ricorso ai sensi dell’articolo 120 del codice del processo amministrativo, sono altresì pubblicati, nei successivi due giorni dalla data di adozione dei relativi atti, il provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni all'esito delle valutazioni dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali”
In tal caso la pubblicità è concepita in funzione della esperibilità delle nuove forme di tutela giurisdizionale previste dall'art. 120 del cpa, come modificato dall'art. 204 del D.lgs. 50/2016, che ha previsto la possibilità di impugnativa giurisdizionale del provvedimento di esclusione e, ecco l'elemento di novità, dell’ammissione delle offerte altrui. Nello specifico la norma prevede che: «2-bis. il provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni ad essa all'esito della valutazione dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali va impugnato nel termine di trenta giorni, decorrente dalla sua pubblicazione sul profilo del committente della stazione appaltante, ai sensi dell'articolo 29, comma 1, del codice dei contratti pubblici adottato in attuazione della legge 28 gennaio 2016, n. 11. L'omessa impugnazione preclude la facoltà di far valere l’illegittimità derivata dei successivi atti delle procedure di affidamento, anche con ricorso incidentale….”
E' utile una brevissima digressione su questo nuovo strumento di tutela giurisdizionale. Secondo un tradizionale orientamento della giurisprudenza amministrativa, l’impugnazione delle ammissioni era preclusa, ciò sulla base di una duplice considerazione:
1) si riteneva che il concorrente non vincitore della gara avesse effettivo interesse a verificare con attenzione i requisiti degli altri partecipanti solo all’esito della procedura selettiva (laddove lo stesso fosse risultato vincitore a scapito degli altri conncorrenti);
2) appariva incongruo ed oneroso imporre ai partecipanti l’onere di impugnare preventivamente ed immediatamente gli atti endoprocedimentali di ammissione alla gara.
La nuova disposizione ribalta ogni prospettiva, imponendo espressamente l’onere di impugnazione immediata delle ammissioni. La ratio della norma risiede nell'esigenza di riduzione e semplificazione dei giudizi avverso l’aggiudicazione. L’idea è quella di blindare la fase delle ammissioni nella quale si annidano la maggior parte dei germi dell’attuale contenzioso, attraverso una preclusione processuale (sull’impugnazione dell’aggiudicazione per motivi legati alla mancata esclusione, nonché sull'ammissibilità dei ricorsi incidentali dell’aggiudicatario finalizzati a togliere legittimazione al ricorrente principale per mancanza dei requisiti di ammissione), sì da affrancare tendenzialmente dal contenzioso la fase dell’aggiudicazione.
Il rischio è quello di una proliferazione dei ricorsi nella fase di “qualificazione”, cioè di ammissione delle imprese, e di una conseguente paralisi dei procedimenti di gara, soprattutto di quelli relativi ad appalti di rilevante importo, rispetto ai quali il gravoso onere economico dell'iniziativa giudiziaria non rappresenta una remora, con buona pace delle esigenze di celerità procedimentale e di deflazione del contenzioso (sul tema cfr. G. Veltri “Il contenzioso nel nuovo codice dei contratti pubblici: alcune riflessioni critiche” - rielaborazione, con note essenziali, della relazione al Convegno “il nuovo codice dei contratti pubblici” – Aula Magna SPISA, Bologna, 23 maggio 2016).
Le comunicazioni post-gara
I principi di trasparenza in tema di appalti pubblici trovano specifica attuazione anche nella disciplina delle comunicazioni post gara. Viene al riguardo in considerazione l'art. 98 del D.lgs. 50/2016 secondo cui la stazione appaltante è tenuta a dare pubblicità dell’esito della procedura di gara con cui viene aggiudicato un appalto pubblico ovvero viene concluso un accordo quadro.
Tale adempimento si sostanzia nell’invio di un avviso (c.d. avviso di post-informazione) relativo ai risultati della procedura di aggiudicazione e deve essere espletato entro trenta giorni (il previgente Codice prevedeva il termine più lungo di quarantotto giorni) dall’affidamento del contratto o dalla conclusione dell’accordo quadro.
L'avviso ha, anch'esso, l'evidente finalità di assicurare la trasparenza dell'azione amministrativa intesa nella sua più ampia e innovativa accezione. In proposito è stato evidenziato che il principio di trasparenza trova attuazione “anteriormente, all’inizio del procedimento di selezione, nella effettuazione di una corretta ed adeguata pubblicità sia dell’oggetto della selezione che si intende esperire sia dei criteri obiettivi che si intende utilizzare per la valutazione delle offerte; al termine del procedimento negoziato, invece, il principio stesso troverà la propria effettiva applicazione nel corrispondente obbligo da parte della stazione appaltante di motivare la scelta effettuata sulla base degli stessi criteri inizialmente adottati” (cfr. Anac - ex Avcp, determinazione dell’Autorita' n. 1 del 19,01.2006).
L'omessa pubblicazione dell'avviso di post-informazione non è idonea a costituire un vizio del procedimento (cfr. Anac - ex Avcp, parere n. 200 del 18.11.2010). Più in chiaro, la mancata comunicazione degli esiti di gara non è in grado di inficiare lo svolgimento delle operazioni che hanno condotto la stazione appaltante all’aggiudicazione della fornitura, anche alla luce del criterio sostanzialistico introdotto dall’art. 21 octies della legge 241 del 1990.
Al più l'omissione dell'avviso post-gara può rilevare ad altri fini, ad esempio sulla valutazione in ordine alla tempestività del ricorso (cfr. Tar Campania – Napoli, sez. I, sentenza 581/2008).
A tal ultimo riguardo va, tuttavia, precisato che l'avviso in questione produce meri effetti di pubblicità notizia, avendo gli obblighi di post informazione come esclusiva finalità la garanzia dell'operato delle stazioni appaltanti, nella misura in cui rendono edotti gli operatori economici delle modalità di svolgimento e degli esiti delle procedure, ponendo allo scoperto eventuali pratiche discriminatorie e protezionistiche e, più in generale, violazioni dei principi di derivazione comunitaria (cfr. Consiglio di Stato sez. V, sentenza n. 3786/2002).
Si tratta, quindi, di un semplice avviso, con esclusive finalità di trasparenza, che sicuramente può concorrere alla piena conoscenza del provvedimento da parte dei soggetti interessati, ma che non è certamente idoneo a soddisfare la finalità di legale conoscenza attribuita dall’art. 21 della L. 1034 del 1971 alla pubblicazione.
In particolare, il citato art. 21 dispone che il ricorso giurisdizionale avverso un atto amministrativo deve essere notificato entro un termine che decorre dal giorno in cui l'interessato ne abbia ricevuta la notifica, o ne abbia comunque avuta piena conoscenza, o, per gli atti di cui non sia richiesta la notifica individuale, dal giorno in cui sia scaduto il termine della pubblicazione, se questa sia prevista da disposizioni di legge o di regolamento.
Alla stregua di questo principio il soggetto che ha partecipato ad una gara per l'aggiudicazione di un contratto della Pubblica amministrazione va considerato come direttamente contemplato nell'atto finale della procedura che lo colloca in una certa posizione della graduatoria, ovvero lo esclude dalla stessa, anche se non sia aggiudicatario; pertanto, nei confronti di esso il termine decadenziale per impugnare l'atto di aggiudicazione decorre soltanto dal momento in cui questo gli viene notificato, ovvero dalla data anteriore in cui ne ha acquisito aliunde piena conoscenza (cfr., ex permultis, Cons. Stato, V Sez., 7 giugno 1983,n. 217; T.A.R. Sicilia, Catania,1, 10 maggio 1991, n.303;T.A.R. Basilicata 23 aprile 1997 n. 136, e 5 febbraio 1998, n.33).
Una deroga al suddetto principio è ravvisabile solo nel caso in cui la norma che prescrive la pubblicazione dell'esito della gara stabilisca che la pubblicazione abbia una valenza non di mera pubblicità notizia - come è di regola - ma di una presunzione assoluta di conoscenza ex lege dell'esito, con la conseguenza che il dies a quo per l'impugnativa decorre da quel momento (cfr. Cons.St.,V, 14 aprile 1997, n.358).
Del resto, una spia che l'avviso di cui all'art. 98 del Codice abbia un valore di mera pubblicità notizia è costituita dal lungo termine stabilito per l'assolvimento del relativo obbligo di pubblicità (30 giorni). Ogniqualvolta, infatti, il legislatore ha voluto ricollegare alla pubblicazione o notifica di un atto posto in essere nel corso o al termine di una gara pubblica l'effetto della decorrenza del termine per la presentazione di un ricorso giurisdizionale, ha sempre stabilito che il relativo onere fosse assolto entro un tempo brevissimo, ciò per ragioni che sono evidentemente da attribuire alla primaria esigenza di rapida definizione dei contenziosi in materia di appalti. Si veda al riguardo l'art. 29 del Codice, che, come abbiamo ricordato innanzi, prevede siano pubblicati, nei successivi due giorni dalla loro adozione, il provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni all'esito delle valutazioni dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali. Si veda altresì quanto prescritto dall'art. 76 circa il termine, non superiore a cinque giorni, entro cui deve procedersi alla comunicazione individuale del provvedimento di aggiudicazione dell'appalto.
Appare insomma chiaro come l'avviso di post-informazione risponda a esclusive esigenze di trasparenza amministrativa, intesa nella sua nuova accezione di accessibilità totale alle informazioni riguardanti le gare pubbliche in funzione di un controllo generalizzato sul corretto andamento delle stesse.
Vista questa sua peculiare funzione, i contenuti dell'avviso sono particolarmente dettagliati ed abbracciano l'intero iter di svolgimento della procedura di gara, dovendo riportare tutte le informazioni di cui all'allegato XIV, Parte I, lettera D al Codice (descrizione dell’appalto; tipo di procedura di aggiudicazione; i criteri di aggiudicazione dell’appalto; numero di offerte ricevute etc.)
Fermo restando l’esercizio del diritto di accesso nelle forme e nei limiti precisati dall’art. 53 del D.lgs. 50/2016, talune informazioni relative all’aggiudicazione o alla conclusione dell’accordo quadro possono essere omesse qualora:
- la loro divulgazione ostacoli l’applicazione della legge;
- sia contraria all’interesse pubblico;
- pregiudichi i legittimi interessi commerciali di operatori economici pubblici o privati;
- possa recare pregiudizio alla concorrenza leale tra questi.
In tal caso l'esigenza di massima trasparenza e accessibilità degli atti di gara recede rispetto ai prevalenti interessi pubblici e di mercato. Resta, tuttavia, fermo il regime di tutela minimo della trasparenza amministrativa garantito dal riconoscimento del diritto di accesso in funzione difensiva di interessi giuridicamente rilevanti.
E' prevista, poi, una disciplina peculiare in tema di avviso sui risultati dell’affidamento dell’appalto in caso di:
- accordi quadro: le stazioni appaltanti sono esentate dall’invio di un avviso in merito ai risultati della procedura di aggiudicazione di ciascun appalto basato su tale accordo;
- appalti basati su un sistema dinamico di acquisizione: le stazioni appaltanti inviano un avviso relativo al risultato dell’aggiudicazione entro quarantotto giorni dall’aggiudicazione di ogni appalto. Esse possono tuttavia raggruppare detti avvisi su base trimestrale. In tal caso, esse inviano gli avvisi raggruppati al più tardi trenta giorni dopo la fine di ogni trimestre.
Particolarmente diffusivo è il regime di pubblicazione dell'avviso di post-informazione. In particolare, è previsto che esso sia pubblicato, laddove riguardi una gara di importo superiore alla soglia comunitaria, con le stesse modalità prescritte dall’art. 72 del Codice, secondo cui gli avvisi e i bandi sono redatti e trasmessi all'ufficio delle pubblicazioni dell’UE per via elettronica e pubblicati entro 5 giorni dalla loro trasmissione, con spese a carico dell'UE.
Ovviamente, per tutte le gare, indipendentemente dal loro valore e quindi del loro rilievo nazionale o europeo, vale il regime di pubblicità delineato dall'art. 29, sopra richiamato, che prevede la pubblicazione dell'avviso sul profilo di committente della stazione appaltante, nell'apposita sezione “Amministrazione trasparente”, sul sito del MIT e sulla piattaforma digitale dei bandi di gara presso l'Anac, in cooperazione applicativa con i sistemi informatizzati delle regioni e le piattaforme regionali di e-procurement.
Le comunicazioni individuali
L’art. 76 del nuovo Codice disciplina le comunicazioni individuali rivolte a ciascun candidato e offerente in aggiunta alla pubblicità sul profilo di committente e sugli altri siti.
La disposizione ricalca sostanzialmente l’articolo 79 del decreto legislativo 163/2006, prevedendo anch’essa l'obbligo per le stazioni appaltanti di informare tempestivamente, secondo le modalità di pubblicazione previste nel Codice, ciascun candidato o ciascun offerente delle decisioni prese riguardo alla conclusione di un accordo quadro, all'aggiudicazione di un appalto o all'ammissione ad un sistema dinamico di acquisizione, ivi compresi i motivi dell'eventuale decisione di non concludere un accordo quadro o di non aggiudicare un appalto per il quale è stata indetta una gara o di riavviare la procedura o di non attuare un sistema dinamico di acquisizione.
Un primo elemento di novità è insito nella modalità con cui deve avvenire, in questo caso, la comunicazione e cioè “nel rispetto delle specifiche modalità di pubblicazione stabilite dal presente codice”. La stazione appaltante è, quindi, sempre tenuta a pubblicare le predette informazioni secondo le indicate modalità, mentre nel sistema previgente era previsto che essa fosse compulsata a rispondere ad una precisa richiesta della parte interessata (vd. combinato disposto dei commi 1 e 3 del D.lgs. 163/2006).
Si tratta di un sistema di informazione per certi versi assimilabile all'avviso di post-informazione di cui all'art. 98 del Codice, dal quale si differenzia per la tempestività con la quale deve essere fornita la comunicazione (ciò al fine della immediata conoscibilità degli atti, anche in funzione acceleratoria dell’eventuale contenzioso) e per il fatto che la stessa non è rivolta a tutti gli operatori economici o, più in generale, ai cittadini, ma è ristretta ai soli “candidati” e “offerenti”, cioè ai soggetti che sono collegati in una relazione diretta con la procedura di gara.
Ne consegue una maggiore libertà nella scelta delle forme di pubblicità (si fa riferimento a tutte le “modalità di pubblicazione stabilite dal …. Codice”), sicché anche la mera pubblicazione sul profilo del committente potrebbe essere sufficiente all'assolvimento dell'obbligo di cui al comma 1 dell'art. 76. Del resto, proprio la specifica relazione che nella fattispecie lega i destinatari della comunicazione alla gara, rende idonea una forma comunicativa più informale, meno ortodossa. In altre parole, non è necessario conferire valore legale e crisma di ufficialità a una forma di pubblicità rivolta a soggetti già dotati di un retroterra conoscitivo.
La norma passa poi alla disciplina delle comunicazioni individuali, distinguendo quelle “a richiesta” da quelle “d’ufficio”.
Nella prima categoria sono comprese le informazioni da comunicare, a seguito di richiesta scritta del candidato od offerente interessato, immediatamente e comunque entro quindici giorni dalla ricezione della richiesta, da parte dell'amministrazione aggiudicatrice, e aventi ad oggetto:
A) per quanto riguarda gli offerenti esclusi, i motivi del rigetto della loro offerta[1], inclusi, nel caso di forniture munite di clausola di equivalenza (articolo 68, commi 7 e 8), i motivi della decisione di non equivalenza o della decisione secondo cui i lavori, le forniture o i servizi non sono conformi alle prestazioni o ai requisiti funzionali;
B) per quanto riguarda gli offerenti che abbiano presentato un'offerta ammessa in gara e valutata, le caratteristiche e i vantaggi dell'offerta selezionata e il nome dell'offerente cui è stato aggiudicato l'appalto o delle parti dell'accordo quadro;
C) sempre con riferimento agli offerenti che abbiano presentato un'offerta ammessa in gara e valutata, lo svolgimento e l'andamento delle negoziazioni e del dialogo con gli offerenti.
Si impone, però, alle amministrazioni aggiudicatrici di non divulgare talune informazioni relative all'aggiudicazione degli appalti, alla conclusione di accordi quadro o all'ammissione ad un sistema dinamico di acquisizione se la loro diffusione ostacola l'applicazione della legge o è contraria all'interesse pubblico, o pregiudica i legittimi interessi commerciali di operatori economici pubblici o privati o dell'operatore economico selezionato, oppure possa recare pregiudizio alla leale concorrenza tra questi. La norma in parola trova un suo corrispondente, lo abbiamo visto, nell’art. 98 del Codice.
Sono comunicate d’ufficio, tempestivamente e comunque entro un termine non superiore a cinque giorni:
1) l'aggiudicazione definitiva, all'aggiudicatario, al concorrente che segue nella graduatoria, a tutti i candidati che hanno presentato un'offerta ammessa in gara, a coloro la cui candidatura o offerta siano state escluse se hanno proposto impugnazione avverso l'esclusione o sono in termini per presentare impugnazione, nonché a coloro che hanno impugnato il bando o la lettera di invito, se tali impugnazioni non siano state respinte con pronuncia giurisdizionale definitiva;
2) l'esclusione, ai candidati e agli offerenti esclusi;
3) la decisione di non aggiudicare un appalto ovvero di non concludere un accordo quadro, a tutti i candidati;
4) la data di avvenuta stipulazione del contratto con l'aggiudicatario, ai soggetti indicati dalla stessa disposizione.
Le comunicazioni aventi ad oggetto il provvedimento di aggiudicazione o esclusione, indicano la data di scadenza del termine dilatorio per la stipulazione del contratto.
L’elemento di novità rispetto alla previgente disciplina è che le suddette comunicazioni devono essere effettuate mediante posta elettronica certificata (prima era consentito l’uso della posta raccomandata e fax), in linea con una delle direttive della riforma: la digitalizzazione e, quindi, la semplificazione e velocizzazione delle procedure di gara e delle relative comunicazioni.
Le comunicazioni individuali (sia quelle “a richiesta” che quelle “d'ufficio”) devono essere annoverate nella nozione tradizionale di trasparenza amministrativa. In quest'ottica esse rappresentano uno strumento di controllo delle operazioni di gara in una chiave difensiva degli interessi giuridici delle imprese concorrenti.
In particolare, le comunicazioni sono pensate come un mezzo di conoscenza degli atti posti in essere dalla stazione appaltante in funzione della esperibilità dei rimedi di tutela giurisdizionale.
Proprio per questa loro natura, la Commissione speciale del Consiglio di Stato, in occasione del parere reso sullo schema del nuovo Codice, ha ad esempio indicato la necessità di un “congruo coordinamento” della disciplina in tema di comunicazioni “con il nuovo rito processuale contro gli atti di ammissione e di esclusione.
Sul punto occorre, tuttavia, fare una distinzione: la comunicazione a richiesta è sicuramente uno strumento volto a garantire la conoscibilità degli atti di gara in funzione di una tutela giurisdizionale contro gli stessi. Essa assolve anche ad una funzione acceleratoria del contenzioso in considerazione del brevissimo tempo entro cui deve essere assolta; tuttavia non fa decorrere il termine per l'impugnazione degli atti di gara.
Sul punto la giurisprudenza amministrativa ha chiarito che “Il termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione definitiva decorre dal ricevimento della comunicazione obbligatoria di cui all’art. 79, comma 5, d.lgs. n. 163/2006 e non dal ricevimento della comunicazione di cui all’art. 79, comma 2, che è eventuale in quanto fornita a seguito di richiesta scritta dell’interessato” (cfr. TAR Parma, Sezione I - Sentenza 15/04/2011 n. 98).
Solo le comunicazioni individuali d'ufficio o obbligatorie sono, dunque, preordinate a “realizzare l'effetto della conoscenza legale dell'atto di aggiudicazione in capo al non aggiudicatario......al fine della celere decorrenza dei termini per il ricorso giurisdizionale e al fine di porre l'aggiudicazione e l'esecuzione del contratto al riparo da ricorsi proposti a notevole distanza di tempo. La comunicazione d'ufficio si traduce, pertanto, in un meccanismo acceleratorio del contenzioso” (cfr. De Nictolis, Comunicazioni, verbali, informazioni, spese degli atti di gara, in Trattato sui contratti pubblici, a cura di Sandulli – De Nictolis – Garofoli – Milano, 2008, 2037). Esse non sono quindi né superflue né ripetitive delle informazioni rese previa istanza di parte. In proposito viene in considerazione l'art. 120, comma 5, del D.lgs. 104/2010 (come modificato dall'art. 204 del D.lgs. 50/2016), secondo cui “per l'impugnazione degli atti” di gara “il ricorso principale ...e i motivi aggiunti, ...devono essere proposti nel termine di trenta giorni, decorrente..... dalla ricezione della comunicazione di cui all'articolo 79 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (leggasi: di cui all'articolo 76, comma 5, del d.lgs. N. 50 del 2016) …....ovvero, in ogni altro caso, dalla conoscenza dell'atto”.
È, quindi, irrilevante la pubblicazione dell’aggiudicazione definitiva sull’albo dell’ente stante l’obbligo, sancito dall’art. 79 del codice dei contratti pubblici, di comunicare l’avvenuta aggiudicazione individualmente al concorrente che segue nella graduatoria (cfr. Consiglio di Stato, Sezione V - Sentenza 28/11/2008 n. 5914).
Fa eccezione a questa regola l'impugnativa
1) dei bandi e degli avvisi con cui si indice una gara, autonomamente lesivi, per i quali il termine decorre dalla loro pubblicazione (in tal caso rileva solo la pubblicità avente valore legale, in particolare la pubblicazione in GURI ovvero, quando il nuovo sistema sarà a regime, sul profilo del committente della stazione appaltante e sulla piattaforma digitale dei bandi di gara presso l'Anac);
2) dei provvedimenti di esclusione o ammissione alla procedura di affidamento, per i quali il termine decorre dalla pubblicazione sul profilo del committente ai sensi dell'articolo 29, comma 1, del codice dei contratti pubblici (art. 120, comma 2bis, D.lgs. 104/2010).
Quest'ultima previsione rappresenta una novità rispetto al previgente regime in cui anche per le esclusioni il termine decorreva, esclusivamente, dalla comunicazione individuale ai sensi dell'art. 79, comma 5, del D.lgs. 163/2006.
La novità è temperata dall’inserimento (su suggerimento della Commissione speciale del Consiglio di Stato), nel corpo dell’art. 76, di una disposizione di raccordo con il nuovo rito contenzioso su ammissioni e esclusioni.
Si è infatti previsto che, fermo il regime di pubblicità delineato dall’art. 29 e di informazione individuale comunque previsto dall'art. 76, comma 5, lett. b), la stazione appaltante deve dare avviso (si tratta di un’altra ipotesi di comunicazione d’ufficio) ai concorrenti, a mezzo PEC, del provvedimento che determina le esclusioni e le ammissioni alla procedura, in relazione ai requisiti morali e a quelli di qualificazione (economico-finanziari e tecnico-professionali), indicando l’ufficio o il collegamento informatico ad accesso riservato dove sono disponibili i relativi atti (art. 76, c. 3).
Quindi la pubblicazione sul profilo del committente viene sostanzialmente doppiata da una comunicazione individuale obbligatoria.
Ovviamente, anche per le esclusioni vale la regola generale secondo cui il termine per l'impugnazione di un atto amministrativo decorre dal momento della sua piena conoscenza, comunque acquisita. Sul punto, i giudici amministrativi hanno chiarito che “la piena conoscenza delle motivazioni dell'atto di esclusione dalla gara implica la decorrenza del termine decadenziale a prescindere dall'invio di una formale comunicazione ex art. 79 comma 5, Codice dei contratti pubblici ... l'art. 120 comma 5, c.p.a., non prevedendo forme di comunicazione «esclusive» o tassative, non incide sulle regole processuali generali del processo amministrativo, con precipuo riferimento alla possibilità che la piena conoscenza dell'atto, al fine del decorso del termine di impugnazione, sia acquisita con forme diverse di quelle del citato art. 79” (cfr. Ex multis, TAR Lazio, sez. II, 23/06/2015, n. 8580).
Nell'applicazione di questi principi la giurisprudenza amministrativa fa risalire la decorrenza del termine dimidiato per l'impugnazione del provvedimento di esclusione da un gara dal giorno dell'adozione del detto provvedimento in tutti i casi in cui un rappresentante della ditta esclusa sia presente nel corso della seduta in cui l'atto è stato adottato e comunicato insieme alle motivazioni che lo sorreggono (cfr. ex multis, Tar Napoli - sez. I, sent. 10 del 7.1.2016).
Tale principio non opera con riferimento al termine per l'impugnazione dell'aggiudicazione definitiva dell'appalto. In proposito è stato affermato che non si perfeziona quella conoscenza integrale degli elementi ritenuti rilevanti dall'art. 79 (oggi 75) comma 5 del Codice dei contratti pubblici in forza della mera presenza di un delegato dell'impresa ricorrente alle operazioni di gara di apertura delle offerte tecniche e di quelle economiche, nonché di aggiudicazione provvisoria, atteso che solo l’aggiudicazione definitiva produce, nei confronti dei partecipanti alla gara diversi dall’aggiudicatario, un effetto lesivo, consistente nella privazione definitiva, salvo interventi in autotutela della stazione appaltante od altre vicende comunque non prevedibili né controllabili, del "bene della vita" rappresentato dall'aggiudicazione della gara (Consiglio di Stato, adunanza Plenaria, 31 luglio 2012, n. 31); sì che solo dalla piena conoscenza della aggiudicazione definitiva (in quanto unico atto conclusivo della procedura selettiva, in relazione al quale sorge un onere di tempestiva impugnazione da parte dei concorrenti non aggiudicatari) e degli elementi tutti di cui al comma 2, lett. C), dell’art. 79 del Codice decorrono i termini per l’impugnazione (cfr. Consiglio di Stato sez. III, sentenza n. 25 del 07/01/2015).
L’esatta individuazione del termine entro cui impugnare il provvedimento di aggiudicazione definitiva di un pubblico appalto è stata oggetto di una crescente attenzione da parte della giurisprudenza, fino a determinare la rimessione della questione all’adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (Consiglio di Stato, ord. 11 febbraio 2013, n. 790) ed una pronuncia della Corte di Giustizia Europea (Corte di Giustizia Europea, sent. 8 maggio 2014, n. C-161/13).
La prevalente opzione ermeneutica statuisce che la decorrenza del termine dimidiato per avversare il provvedimento di aggiudicazione viene a determinarsi in conseguenza della notificazione della comunicazione eseguita ai sensi dell’art. 79, commi 2, lett. C) e 5, lett. A), D. Lgs. n. 163/2006 (leggasi art. 76 del D.lgs. 50/2016) ovvero, ancora, dalla conoscenza dello stesso provvedimento comunque acquisita.
Il contenuto della comunicazione in esame, in particolare, è specificato dal successivo comma 5-bis), introdotto dal D.lgs n. 53/2010, a mente del quale detta comunicazione dev’essere accompagnata dalla medesima statuizione di aggiudicazione, nonché dalla relativa motivazione e deve dar conto delle caratteristiche dell’offerta selezionata, alla luce di quanto previsto dal comma 2, lett. C), dell’art. 79.
I descritti elementi, pertanto, sono ritenuti idonei dalla prevalente giurisprudenza (ex multis, Consiglio di Stato, sent. 7 maggio 2012, n. 2609) a permettere una compiuta cognizione dell’atto lesivo (quella “piena conoscenza” cui fa riferimento l'art. 41, comma 2, del D.lgs. 104/2010), così da legittimare l’esperimento dell’azione di annullamento entro il temine di trenta giorni decorrente dalla notificazione della comunicazione in questione, che, a sua volta, dev’essere eseguita entro cinque giorni dall’adozione della determinazione di aggiudicazione, giusta il già citato comma 5, lett. A) dell’art. 79.
Questa opzione ermenuetica si inserisce in quel filone giurisprudenziale (cfr. ex plurimis, Consiglio di Stato, sent. 5 novembre 2012, n. 5588. ), valido non solo in materia di gare, secondo cui la lesione della sfera giuridica del destinatario di una statuizione amministrativa - idonea in sé a legittimare la proposizione del ricorso ex art. 100 c.p.c. (“per proporre una domanda o per contraddire alla stessa è necessario avervi interesse”) - si invera a condizione che la statuizione in parola contenga elementi essenziali, quali l’indicazione dell’autorità emanante, l’oggetto, nonché la parte precettiva, per mezzo della quale l’atto amministrativo incide in via autoritativa ed unilaterale sul patrimonio dell’amministrato.
Non è, di contro, necessario che il destinatario del provvedimento acquisisca il contenuto integrale degli atti del procedimento amministrativo e consegua una compiuta cognizione della motivazione, in quanto - secondo la tesi postulata dall’orientamento in esame - eventuali ed ulteriori censure possono essere svolte dal deducente in sede di giudizio con motivi aggiunti ex art. 43 c.p.a., previa, quindi, la necessaria e tempestiva impugnazione dell’atto notificato.
A supporto dell’assunto ermeneutico si evidenzia come, ad opinare diversamente, verrebbe ad essere compromessa la ratio sottesa al termine decadenziale di impugnazione, cioè la certezza dei rapporti giuridici. Infatti, l’individuazione del dies a quo di decorrenza del termine perentorio di sessanta giorni, di cui agli artt. 29, 41, comma 2, c.p.a., sarebbe rimessa ad ipotetiche iniziative del destinatario del provvedimento -quali l’istanza di accesso agli atti, ai sensi degli artt. 22 ss., L. n. 241/1990- tese a consentire una cognizione più puntuale della statuizione amministrativa.
Come anticipato, una pronuncia del Consiglio di Stato (ordinanza 11 febbraio 2013, cit.) ha però posto in discussione la consolidata opzione ermeneutica appena passata in rassegna, propugnando una diversa ricostruzione esegetica e rimettendo la querelle alla decisione dell’adunanza Plenaria.
In particolare, il Supremo Consesso amministrativo ha rilevato come la comunicazione di cui al richiamato art. 79, D.lgs. N. 163/2006 possa essere effettuata in modo da non risultare idonea a consentire all’impresa partecipante di avere puntuale cognizione circa la legittimità (o meno) della statuizione aggiudicativa. In presenza di tale eventualità, quindi, solo l’ostensione dei documenti riguardanti lo svolgimento della procedura selettiva permetterebbe un’adeguata conoscenza della regolarità della scelta operata dalla stazione appaltante, così da porre l’impresa non assegnataria in condizione di valutare in maniera approfondita l’opportunità o meno di avversare il provvedimento in questione.
Nella delineata prospettiva, quindi, il Consiglio di Stato richiama all’uopo il comma 5 quater dell’art. 79, D. Lgs. N. 163/2006, che legittima l’impresa partecipante - entro dieci giorni dalla intervenuta comunicazione dell’aggiudicazione - ad effettuare un accesso informale agli atti della gara pubblica.
Rileva, quindi, il Giudice che, ove la comunicazione di cui all’art. 79 non consenta all’impresa una effettiva percezione della portata lesiva dell’atto di aggiudicazione, il termine perentorio di trenta giorni per la proposizione del gravame avverso l’atto di assegnazione della gara dovrà decorrere, al massimo, dieci giorni dopo la detta comunicazione - coincidendo con il periodo entro cui può essere eseguito l’accesso informale agli atti di cui al comma 5-quater- ovvero da un diverso dies a quo, individuato nel giorno in cui l’impresa abbia eventualmente ottenuto l’ostensione della richiesta documentazione.
In pratica, in assenza di un’effettiva possibilità di conoscenza di eventuali profili di illegittimità del provvedimento di aggiudicazione, si postula un’estensione del termine di impugnazione del provvedimento di aggiudicazione da trenta fino ad un massimo quaranta giorni, e ciò sull’assunto che, diversamente, l’esercizio del diritto di difesa dell’impresa non aggiudicataria non sarebbe effettivo.
L’Adunanza Plenaria (Ad. Pl., sent. 20 maggio 2013, n. 1), investita della questione, ha tuttavia omesso di pronunciarsi sul punto, argomentando che analogo quesito era oggetto di attenzione da parte della Corte di Giustizia Europea -a seguito di un’ordinanza emessa dal T.a.r. Puglia-Bari ( la n. 427, del 23 marzo 2013) -, cosicchè, atteso l’intreccio tra la quaestio iuris e profili di compatibilità comunitaria, risultava opportuna una preventiva pronuncia da parte della Corte di Giustizia.
Il Giudice europeo si è quindi pronunciato sulla questione pregiudiziale, statuendo che i «ricorsi efficaci contro le violazioni delle disposizioni applicabili in materia di aggiudicazione di appalti pubblici possono essere garantiti soltanto se i termini imposti per proporre tali ricorsi comincino a decorrere solo dalla data in cui il ricorrente è venuto a conoscenza o avrebbe dovuto essere a conoscenza della pretesa violazione di dette disposizioni» e che «una possibilità, come quella prevista dall’articolo 43 del decreto legislativo n. 104/2010, di sollevare “motivi aggiunti” nell’ambito di un ricorso iniziale proposto nei termini contro la decisione di aggiudicazione dell’appalto non costituisce sempre un’alternativa valida di tutela giurisdizionale effettiva. Infatti......... Gli offerenti sarebbero costretti a impugnare in abstracto la decisione di aggiudicazione dell’appalto, senza conoscere, in quel momento, i motivi che giustificano tale ricorso».
A fronte della presa di posizione del Giudice comunitario, le più recenti pronunce - tanto del Consiglio di Stato (Consiglio di Stato, sent. 28 agosto 2014, n. 4432) che del T.a.r. ( T.a.r. Umbria, sent. 9 settembre 2014, n. 448; T.a.r. Abbruzzo, sent. 25 giugno 2014, n. 287) - danno conto di un intervenuto e diffuso mutamento interpretativo, teso ad aumentare le garanzie in favore del ricorrente non aggiudicatario e ciò sull’assunto che “si deve necessariamente fornire una interpretazione delle disposizioni del diritto nazionale …, riguardanti il termine di impugnazione di una aggiudicazione di un appalto pubblico, che sia coerente con i principi affermati dalla Corte di Giustizia in tale decisione (ed anche in altre precedenti decisioni: cfr. Corte di Giustizia, sent. 28 gennaio 2010 in causa C-406/08)”
In particolare, il Consiglio di Stato, recependo i rilievi della Corte di Giustizia, giunge ad affermare quanto segue “il termine di trenta giorni per l’impugnativa [.] non decorre sempre dal momento della comunicazione [.] ma può essere incrementato di un numero di giorni pari a quelli necessari affinchè il soggetto [.] possa avere piena conoscenza del contenuto dell’atto e dei relativi profili d’illegittimità [.] e comunque entro il limite dei dieci giorni [.] per esperire la particolare forma di accesso semplificato ed accelerato [.] il termine per l’impugnazione potrebbe essere prorogato al massimo di 10 giorni rispetto a quello decorrente dalla data di comunicazione dell’avvenuta aggiudicazione [.] ridotto nelle ipotesi in cui, esperito l’accesso agli atti della gara, la relativa documentazione sia stata resa disponibile in un termine inferiore rispetto a quello di dieci giorni” (Consiglio di Stato, sent. 28 agosto 2014, n. 4432 – cit.).
Consapevole della portata “rivoluzionaria” di questa pronuncia, il Collegio si è tuttavia affrettato a precisare come la “proroga” al termine dei 30 gg. sia concedibile solo qualora il profilo d’illegittimità non risulti già desumibile dalla comunicazione ex art. 79.
Nel solco del nuovo orientamento esegetico si pone anche la sentenza n. 25 del 07/01/2015 della III sezione del Consiglio di Stato, ove è stabilito che, nel caso in cui la comunicazione di aggiudicazione definitiva rechi la sola indicazione dell’aggiudicataria e della posizione occupata in graduatoria dall’appellante, deve ritenersi che solo l’accesso agli atti di gara, intervenuto in un momento successivo alla predetta comunicazione, integri la piena conoscenza degli elementi ritenuti rilevanti dallo stesso art. 79 del codice dei contratti pubblici e faccia decorrere i termini per l’impugnativa, con conseguente tempestività del ricorso introduttivo.
Sempre in questo filone, peculiare è un arresto del T.a.r. Umbria (cfr. T.a.r. Umbria, sent. 9 settembre 2014, n. 448 – cit.). In esso il Giudice amministrativo si sofferma sulla possibilità o meno che il prolungamento
Del termine di proposizione del gravame avverso la statuizione aggiudicativa possa registrarsi anche a fronte di un accesso agli atti di gara eseguito ai sensi degli artt. 22 ss. L. N. 241/1990, anziché in base all’accesso informale di cui all’art. 79, comma 5-quater, D. Lgs. N. 163/2006.
Il regime giuridico compendiato dalla L. N. 241/1990 contiene, come noto, la generale disciplina in materia di ostensione degli atti amministrativi, rispetto alla quale l’ordinamento prevede speciali regolamentazioni, in specifici settori di pertinenza dell’azione amministrativa.
Tra questi specifici ambiti è presente, come finora osservato, anche il D.lgs. N. 163/2006, che agli artt. 13 ss. predispone un regime giuridico ad hoc in materia di ostensione documentale, del quale l’accesso informale previsto nell’art. 79, comma 5-quater, D. Lgs. N. 163/2006 rappresenta una puntuale applicazione.
Ciò considerato, nella richiamata pronuncia il T.a.r. ha affrontato una controversia in cui l’impresa non aggiudicataria aveva proposto gravame avverso la disposta aggiudicazione definitiva, dopo avere esercitato il diritto di accesso agli atti ai sensi della L. n. 241/1990.
Nel vagliare l’impugnazione, il Giudice di prime cure ha in particolare rilevato ex officio l’irricevibilità del ricorso per tardività della notifica del gravame, sull’assunto che la dilatazione temporale per la proposizione della domanda caducatoria - giustificata dal deducente in aderenza alla tempistica dell’accesso agli atti cristallizzata nella L. n. 241/1990 - mal si conciliasse con le esigenze di celerità informanti la soluzione delle controversie in materia di appalti pubblici.
Nello specifico, il T.a.r., per un verso, ribadisce in prima battuta come il termine perentorio di trenta giorni cristallizzato sic et simpliciter nel combinato disposto degli artt. 120, comma 5, c.p.a. e 79, comma 5, lett a), D. Lgs. N. 163/2006 possa, in talune ipotesi, comprimere in maniera eccessiva il diritto di difesa delle imprese partecipanti.
Ciò accadrebbe qualora le stesse imprese fossero costrette a proporre ricorso avverso l’aggiudicazione -facendo fronte ad elevati oneri di spesa- in assenza di una effettiva conoscenza delle ragioni poste a base della statuizione aggiudicativa.
Si invererebbe, così, una soccombenza in giudizio certa ma evitabile nei casi in cui, ad esempio, sulla scorta delle emergenze documentali -prodotte in sede processuale all’intimata Amministrazione- la stazione appaltante fornisca una puntuale ed agevole dimostrazione della legittimità del proprio operato.
Sotto altro profilo, il T.a.r. evidenzia come il punto di equilibrio tra l’esigenza di una compiuta conoscenza degli atti della procedura selettiva e la, parimenti rilevante, esigenza di celerità del contenzioso in materia di commesse pubbliche vada tuttavia individuato nell’esercizio del solo accesso informale di cui all’art. 79, comma 5-quater, D. Lgs. N. 163/2006, non anche in quello formale previsto nella L. N. 241/1990.
Invero, il primo precetto consente una dilatazione, rectius un differimento, del termine di impugnazione della statuizione aggiudicativa per il tempo strettamente necessario alla ostensione informale degli atti, pari, per come già evidenziato, a dieci giorni, non pregiudicando in tal modo il celere svolgimento del contenzioso.
Di contro, il regime giuridico in materia di accesso ex lege n. 241/1990 prevede il termine di trenta giorni entro cui la p.a. può rispondere alla istanza ostensiva avanzata dal privato, termine inconciliabile con le più volte menzionate esigenze di celerità connotanti i giudizi in materia di appalti pubblici.
Giungendo ad una diverso approdo, peraltro, verrebbe a realizzarsi una sospensione del termine dimidiato di impugnazione per un periodo coincidente con i trenta giorni previsti in materia di accesso agli atti ex art. 25, comma 4, L. n. 241/1990, determinandosi così una sostanziale assimilazione dello speciale regime impugnatorio in materia di pubblici appalti con quello ordinario -di cui al combinato disposto degli artt. 29, 41, comma 2, c.p.a.-, e ciò in frontale contrasto con la ratio sottesa alla disciplina del citato rito speciale.
Sulla scorta di quanto finora esposto, può dunque affermarsi che l’attuale stato della giurisprudenza amministrativa prospetta una diversificazione dei termini di impugnazione avverso le statuizioni di aggiudicazione definitiva nella seguente declinazione:
I) entro trenta giorni dalla comunicazione di cui all’art. 79, comma 5, D. Lgs. n. 163/2006, fermo restando un diverso termine di decorrenza a fronte di una conoscenza aliunde acquisita;
III) ove la detta comunicazione non consenta, in maniera chiara, l’effettiva conoscenza degli eventuali profili di illegittimità inficianti la statuizione aggiudicativa, entro il termine di quaranta giorni a far data dalla comunicazione ex art. 79, comma 5, D. Lgs. n. 163/2006, termine comprensivo degli ulteriori dieci giorni utili per l’esercizio dell’accesso informale ai sensi dell’art. 79, comma 5-quater, D. Lgs. n. 163/2006, non anche per l’esercizio dell’accesso di cui agli artt. 22 ss. L. n. 241/1990.
III) entro un termine minore di quello indicato al punto II) -compreso tra i trenta ed i quaranta giorni-, avuto riguardo al dies a quo coincidente con il giorno in cui l’impresa ricorrente abbia visionato gli atti di gara o, comunque, ne abbia estratto copia, esercitando l’accesso informale, ai sensi del menzionato art. 79, comma 5-quater, D. Lgs. n. 163/2006.
I termini del delineato dibattito giurisprudenziale sono, però, probabilmente destinati a mutare alla luce della nuova formulazione della normativa in tema di comunicazioni individuali contenuta nel Codice di recente emanazione ove non vi è alcun richiamo alla disciplina dell'accesso informale e breve.
Ne dovrebbe conseguire la non percorribilità della soluzione, prospettata da una parte della giurisprudenza, di prorogare il termine entro cui deve dispiegarsi l'impugnativa dell'aggiudicazione per un periodo 10 giorni, il tempo necessario all'espletamento dell'accesso informale che, tuttavia, sembra non essere più esperibile.
[1] I motivi della esclusione di un'offerta possono essere classificati in 3 categorie:
1) violazione di alcune regole formali prescritte dalla lex specialis di gara (mancata presentazione dell'offerta entro il termine perentorio stabilito dal bando; mancata sottoscrizione dell'offerta; manomissione del plico etc.);
2) mancato possesso da parte del concorrenti dei requisiti generali e/o speciali prescritti dala bando;
3) inidoneità o non convenienza dell'offerta presentata.