T.A.R. Lazio, sez. II, 25 luglio 2016, n. 8439

1. In tema di concessione di servizi pubblici, la mancata indicazione da parte dell’amministrazione del valore stimato dell’affidamento può rendere più difficoltosa per le imprese interessate alla partecipazione la formulazione di un’offerta economica consapevole, oltre che determinare la mancata assicurazione di un adeguato livello di pubblicità, che, per le concessioni di servizi di importo superiore alle soglie comunitarie, consiste nella pubblicazione del relativo avviso sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea. (1) (2)

2. Qualora non disponga del dato relativo al fatturato generato dalla concessione eventualmente già in essere, l’amministrazione è tenuta quantomeno a fornire indicazioni – da ritenersi idonee a consentire la formulazione di un’offerta economica consapevole – circa il potenziale bacino di utenza del servizio da affidare.

 

(1) conforme: TAR Lazio, sez. II, n. 3756 del 24 marzo 2016

(2) difforme: TAR Toscana, sez. III, n. 1282 del 24 settembre 2015

 

 

 

R E P U B B L I C A  I T A L I A N A

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3843 del 2016, proposto da:

Max Matic Centro Italia Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Andrea Netti, con domicilio eletto presso Studio Placidi Alfredo Snc in Roma, Via Cosseria, 2;

contro

Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Enrico Maggiore, domiciliata presso l’Avvocatura Capitolina in Roma, Via Tempio di Giove, 21; Istituzione Sistema Biblioteche Centri Culturali di Roma Capitale;

nei confronti di

Soc Gruppo Illiria Spa;

per l'annullamento

del bando di gara, lotto unico, di Roma Capitale avente ad oggetto la gara per la concessione di spazi idonei all'installazione di apparecchiature per la distribuzione di bevande calde e fredde e prodotti vari a mezzo distributori automatici da installare, in uso gratuito, all'interno delle biblioteche e degli uffici centrali dell'istituzione sistema biblioteche centri culturali per un periodo di tre anni;

del capitolato speciale nonché di ogni altro documento, atto e provvedimento presupposto, connesso e consequenziale.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 giugno 2016 il dott. Roberto Caponigro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO

La ricorrente espone che, con determinazione dirigenziale n. 8 del 20 gennaio 2016, Roma Capitale ha autorizzato l’indizione di una gara, ai sensi dell’art. 30 d.lgs. n. 163 del 2006, per l’affidamento della gestione del servizio di somministrazione di bevande calde e fredde e di prodotti vari tramite distributori automatici da installare in uso gratuito all’interno delle biblioteche e degli uffici centrali amministrativi.

In particolare, l’appalto ha per oggetto la concessione triennale di spazi idonei all’installazione di 47 distributori automatici di bevande calde e fredde e di prodotti vari presso le biblioteche dislocate sul territorio cittadino e presso gli uffici centrali da aggiudicare al concorrente che avrà presentato l’offerta economicamente più vantaggiosa ai sensi dell’art. 83 d.lgs. n. 163 del 2006, con la specificazione che il punteggio massimo sarà attribuito all’offerente che avrà presentato il canone mensile di importo più elevato, con un prezzo a base d’asta di euro 4.000,00 mensili al netto dell’IVA per i 47 distributori.

La Max Matic Centro Italia ha sostenuto che il valore della concessione avrebbe dovuto essere determinato attraverso la stima del fatturato generato dalla commessa immessa nel mercato, rendendo altrimenti impossibile ogni valutazione di convenienza.

Pertanto, nell’evidenziare che un bando privo di un’adeguata e dettagliata motivazione circa il metodo oggettivo utilizzato per la determinazione e calcolo del fatturato generato dalla concessione escluderebbe la partecipazione di tutti gli operatori economici che intendano effettuare un’offerta economica consapevole, ha proposto il presente ricorso, con cui ha dedotto:

Violazione dei principi di buon andamento, trasparenza e par condicio. Eccesso di potere per illogicità, irrazionalità. Difetto di istruttoria. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 29, 30 d.lgs. n. 163 del 2006 per l’assenza del reale valore dell’affidamento.

Violazione dell’art. 8 della direttiva 2014/23/CEE del 26 febbraio 2014 sulla “aggiudicazione dei contratti di concessione”. Eccesso di potere per perplessità, illogicità e sviamento. Preclusione alla realizzazione dell’utile di impresa. Impossibilità di formulare un’offerta che consenta il rientro dell’investimento. Impossibilità di presentare un’offerta consapevole.

Il valore della concessione non potrebbe che essere il valore del fatturato dell’impresa nella specifica concessione oggetto di gara. Ai sensi degli artt. 29 e 30 del codice dei contratti pubblica, sarebbe necessario che l’amministrazione concedente stimi prioritariamente, sulla base dell’esperienza pregressa e dell’estensione materiale e temporale del nuovo servizio, i flussi di cassa previsti ed indichi gli stessi, sia pure in via presuntiva, nella lex specialis, accanto al canone minimo che richiede al concessionario.

L’amministrazione aggiudicatrice, nel caso di specie, si sarebbe preoccupata solo di definire l’oggetto del contratto ed il dovere per l’azienda aggiudicataria di pagare il contributo, senza avere cognizione del suo reale valore, e ciò avrebbe comportato la richiesta di un prezzo della concessione sproporzionato.

Mancata indicazione nel bando e negli atti di gara del diritto di esclusiva. Violazione dei principi di buon andamento, trasparenza e par condicio. Eccesso di potere per illogicità, irrazionalità. Difetto di istruttoria. Eccesso di potere per perplessità, illogicità e sviamento.

Preclusione alla realizzazione dell’utile di impresa. Impossibilità di formulare una offerta remunerativa. Impossibilità di presentare una offerta consapevole.

Alla data di presentazione del ricorso, non sarebbe chiaro se la concessione sia data o meno in esclusiva.

Violazione dei principi di buon andamento, trasparenza e par condicio. Eccesso di potere per illogicità, irrazionalità. Difetto di istruttoria. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 30, comma 2, e 147, comma 7, d.lgs. n. 163 del 2006 per l’introduzione di un criterio di selezione contra legem. Violazione sotto diverso profilo per mancato coordinamento fra la selezione mediante “doppia leva” ed i principi di individuazione dell’offerta anomala. Eccesso di potere per perplessità, illogicità e sviamento. Preclusione alla realizzazione dell’utile di impresa. Impossibilità di formulare un’offerta remunerativa. Impossibilità di presentare un’offerta consapevole.

L’art. 25 del capitolato speciale ha introdotto il sistema, denominato della doppia leva (rialzo sul canone offerto per distributore/ribasso medio offerto sui prezzi al pubblico dei prodotti indicati nel capitolato), che collimerebbe con la previsione di cui all’art. 30, comma 2, d.lgs. n. 163 del 2006 in quanto porterebbe a praticare nei confronti degli utenti prezzi inferiori a quelli corrispondenti alla somma del costo del servizio e dell’ordinario utile di impresa.

Roma Capitale ha contestato la fondatezza delle censure dedotte concludendo per il rigetto del ricorso.

L’istanza cautelare è stata respinta da questa Sezione con ordinanza 21 aprile 2016, n. 1961, con la seguente motivazione:

“Considerato che, ad una prima sommaria delibazione, il ricorso non appare assistito da adeguato fumus boni iuris in quanto, nella documentazione di gara, la stazione appaltante ha fornito elementi indicativi per la formulazione, da parte delle imprese interessate, di un’offerta economica consapevole”.

La ricorrente ha prodotto altra memoria a sostegno ed illustrazione delle proprie ragioni.

All’udienza pubblica del 15 giugno 2016, la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

Il ricorso è infondato e va di conseguenza respinto.

La Sezione ha già avuto modo di chiarire che l’affidamento del servizio di gestione di distributori automatici di snack e bevande è ricondotto dalla giurisprudenza prevalente nell’ambito della concessione di servizi (cfr. TAR Lazio, Seconda, 24 marzo 2016, n. 3756).

L’amministrazione, attraverso la concessione, trasferisce ad altro soggetto la gestione di un servizio, che la medesima potrebbe direttamente svolgere nei confronti di utenti terzi ed il concessionario - a differenza di quanto avviene nell'appalto di servizi (nell'ambito del quale l'amministrazione riceve dal contraente una prestazione ad essa destinata, in cambio di un corrispettivo) - ottiene il proprio compenso non già dall’amministrazione ma dall'esterno, ovvero dal pubblico che fruisce del servizio stesso, svolto dall'impresa con assetto organizzativo autonomo e con strumenti privatistici.

Sul piano economico, il rapporto complessivo è dunque trilaterale, poiché coinvolge l’amministrazione concedente (che resta titolare della funzione trasferita), il concessionario e il pubblico.

Il concessionario utilizza quanto ottiene in concessione a fini legittimi di lucro, assumendo - come richiede il diritto europeo - il rischio economico connesso alla gestione del servizio, svolto con mezzi propri.

L'art. 30 d.lgs. n. 163 del 2016 sottrae le concessioni di servizi alle disposizioni del codice, ma dispone che la scelta del concessionario deve avvenire nel rispetto dei principi desumibili dal Trattato e dei principi generali relativi ai contratti pubblici, con residuale obbligo, pertanto, di procedure selettive che, anche attraverso una gara informale, assicurino il rispetto dei principi stessi.

La questione principale sollevata dalla parte ricorrente inerisce alla prospettata impossibilità di formulare un’offerta consapevole in assenza dell’indicazione circa il valore del fatturato generato dalla concessione.

L’ANAC, anche relativamente alla tipologia dei contratti di cui si verte ha più volte sottolineato la necessità di calcolare il fatturato presunto derivante dalla gestione del servizio (cfr. il parere di precontenzioso n. 104 del 17 giugno 2015, che richiama la delibera n. 40 del 19 dicembre 2013 e la deliberazione n. 75 del 1° agosto 2012).

Secondo l’Autorità “qualora si tratti di una concessione, non essendovi un prezzo pagato dalla stazione appaltante, ma solo quello versato dagli utenti, sarà quest'ultimo a costituire parte integrante dell'importo totale pagabile di cui è fatta menzione nella norma sopra citata; il canone a carico del concessionario potrà altresì essere computato, ove previsto, ma certamente, proprio in quanto solo eventuale, non può considerarsi l'unica voce indicativa del valore della concessione (Cfr. Deliberazione n. 9 del 25 febbraio 2010). La mancata indicazione del valore stimato dell'affidamento può rendere più difficoltosa per le imprese interessate alla partecipazione, la formulazione di un’offerta economica consapevole. Inoltre, l'erronea indicazione del valore del contratto può determinare la mancata assicurazione di un adeguato livello di pubblicità, che - in base a quanto da tempo chiarito dalla Commissione Europea nella Comunicazione interpretativa sulle concessioni del 2000 sulla scorta di orientamenti costanti della Corte di Giustizia - per le concessioni di servizi di importo superiore alle soglie comunitarie, consiste nella pubblicazione del relativo avviso sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea (cfr. Deliberazione n. 73 del 20 luglio 2011 e Deliberazione n. 13 del 12

marzo 2010). Ulteriore conseguenza della non corretta valutazione dell'importo dell'affidamento, può essere anche l'erronea commisurazione del contributo dovuto all’Autorità e delle cauzioni previste dal codice dei contratti pubblici, in quanto i relativi importi sono fissati proprio sulla base del predetto valore [...]”.

Tali condivisibili considerazioni, tuttavia, devono essere poste a raffronto con le evenienze dei casi concreti, in cui, ad esempio, l’amministrazione può non disporre del dato relativo al fatturato generato dalla concessione eventualmente già in essere.

Nell’ipotesi in cui non sia possibile calcolare il fatturato presunto, va comunque ribadito che l’amministrazione è tenuta quantomeno a fornire indicazioni analitiche circa il potenziale bacino di utenza del servizio da affidare.

Nel caso di specie, l’amministrazione concedente - che nella propria memoria ha sottolineato come il canone mensile richiesto a base d’asta di euro 4.000,00 è stato quantificato prendendo come punto di riferimento il canone di euro 4.700,00 erogato dalla attuale concessionaria in scadenza – ha fornito in allegato al capitolato speciale l’elenco delle biblioteche interessate, specificando, per le stesse e per gli uffici centrali, il totale del personale ed il numero delle visite per il 2014 e per il 2015.

Peraltro, l’art. 5 del capitolato, nel descrivere il servizio, precisa che, qualora le ditte lo ritengano opportuno, potranno effettuare dei sopralluoghi presso le biblioteche interessate.

L’amministrazione, pertanto, ha assolto l’onere di indicare i dati relativi al bacino di utenza, dai quali i concorrenti possono ragionevolmente ricavare il fatturato potenziale derivante dalla gestione del servizio e formulare un’offerta economica consapevole.

Diversamente opinando, ove l’amministrazione non fosse a conoscenza del fatturato realizzato dalla concessionaria del servizio, si perverrebbe alla paradossale ed inaccettabile conclusione che non potrebbe mettere il servizio a gara in quanto non in grado di fornire l’elemento essenziale per la formulazione di un’offerta economica consapevole.

Né, sulla base degli elementi di valutazione forniti dall’amministrazione, può ritenersi che escluda la possibilità di formulare un’offerta consapevole la previsione della c.d. doppia leva, vale a dire di un sistema basato sul rialzo del canone offerto per distributore e sul ribasso medio offerto sui prezzi al pubblico dei prodotti.

Per quanto concerne, infine, la considerazione che, alla data di presentazione del ricorso, non sarebbe chiaro se la concessione sia data o meno in esclusiva,  è sufficiente rilevare che i 47 distributori sono gli unici, allo stato, da installare, tanto che è prevista una loro possibile modificazione come emerge inequivocabilmente dall’art. 2 del capitolato, secondo cui “il canone di concessione … sarà rivalutato proporzionalmente, qualora il numero di distributori installati risultasse diminuito od aumentato rispetto al quantitativo iniziale” e dall’art. 5 del capitolato, secondo cui i “distributori inizialmente nel numero complessivo di 47 dovranno essere installati ..”, sicché è verosimile ritenere che debba essere solo e soltanto l’impresa aggiudicataria della concessione a gestire il servizio presso le sedi dell’Istituzione Sistema Biblioteche Centri Culturali.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e, liquidate complessivamente in euro 2.000,00 (duemila/00), oltre oneri di legge, sono posti a carico della ricorrente ed a favore di Roma Capitale.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Seconda, respinge il ricorso in epigrafe.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate complessivamente in euro 2.000,00 (duemila/00), oltre oneri di legge, a favore

di Roma Capitale.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 giugno 2016 con l'intervento dei magistrati:

Antonino Savo Amodio, Presidente

Silvia Martino, Consigliere

Roberto Caponigro, Consigliere, Estensore

 

 

 

La sentenza in commento, dopo aver ricostruito i tratti generali della disciplina riguardante le concessioni di servizi pubblici, si occupa di indagare nel dettaglio il tema relativo alla mancata indicazione negli atti di gara da parte dell’amministrazione del valore stimato dell’affidamento e di come tale omissione possa eventualmente condizionare la formulazione delle offerte da parte degli aspiranti concessionari.

Attraverso l’affidamento in concessione - afferma il TAR Lazio - l’amministrazione trasferisce ad altro soggetto la gestione di un servizio che la medesima potrebbe svolgere direttamente nei confronti degli utenti terzi ed il concessionario ottiene il suo compenso non già dall’amministrazione ma dagli stessi utenti che usufruiscono del servizio. Si configura quindi, come noto, un rapporto “trilaterale” che coinvolge l’amministrazione concedente (che resta titolare della funzione trasferita), il concessionario e l’utenza, nel che consiste l’essenza dell’istituto della concessione e la sua differenza sostanziale con l’appalto di servizi.

Quanto alla disciplina normativa applicabile, la sentenza in esame fa riferimento all’art. 30 del d.lgs. 163/2016 il quale, pur sottraendo le concessioni di servizi all’osservanza delle disposizioni del previgente codice dei contratti pubblici, impone che la selezione del concessionario debba comunque avvenire nel rispetto dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, quindi, all’esito di una procedura di scelta del contraente che di quei principi costituisca espressione.  

A proposito della Comunicazione della Commissione Europea del 14 aprile 2000 (pubblicata in G.U.C.E. n. C 121 del 29.04.2000) che il TAR Lazio richiama, va ricordato che essa è stata l’oggetto di due circolari della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le Politiche Comunitarie, la n. 945 del 1 marzo 2002 e la n. 8756 del 6 giugno 2002.

Le predette Circolari hanno, a loro volta, puntualizzato che, a prescindere dall’applicabilità di specifici regimi, tutte le concessioni ricadono nel campo di applicazione delle disposizioni del Trattato CE e sono assoggettate ai principi di non discriminazione, parità di trattamento, trasparenza, mutuo riconoscimento e proporzionalità elaborati dalla costante giurisprudenza della Corte di Giustizia. Il principio di trasparenza, strettamente legato a quello di non discriminazione, garantisce condizioni di concorrenza non falsate ed esige, al fine di rendere effettivamente possibile alle imprese interessate di realizzare le proprie chances partecipative, che le amministrazioni concedenti rendano pubblica, con mezzi di pubblicità appropriati, la loro intenzione di ricorrere ad una concessione. Tali forme idonee di pubblicità, in particolare, dovranno avere ad oggetto le informazioni necessarie affinché i potenziali concessionari siano posti nelle condizioni di valutare in concreto il loro interesse a partecipare alla procedura: tra di esse, pertanto, non possono mancare quelle relative ai criteri di selezione e di aggiudicazione, all’oggetto della concessione ed alle prestazioni attese dal concessionario.

 

Proprio con riferimento a tali necessarie informazioni, la questione principale affrontata dal TAR nella sentenza in esame concerne la prospettata impossibilità di formulare un’offerta consapevole in assenza dell’indicazione negli atti di gara del valore del fatturato generato dalla concessione oggetto di affidamento. Il TAR richiama sul punto i precedenti dell’ANAC, la quale ha più volte sottolineato la necessità di calcolare il fatturato presunto derivante dalla gestione del servizio (cfr. il parere di precontenzioso n. 104 del 17 giugno 2015, che richiama la delibera n. 40 del 19 dicembre 2013 e la deliberazione n. 75 del 1° agosto 2012). Secondo l’Autorità, infatti, “qualora si tratti di una concessione, non essendovi un prezzo pagato dalla stazione appaltante, ma solo quello versato dagli utenti, sarà quest'ultimo a costituire parte integrante dell'importo totale pagabile di cui è fatta menzione nella norma sopra citata; il canone a carico del concessionario potrà altresì essere computato, ove previsto, ma certamente, proprio in quanto solo eventuale, non può considerarsi l'unica voce indicativa del valore della concessione” (Cfr. Deliberazione n. 9 del 25 febbraio 2010).

Da ciò consegue che la mancata indicazione del valore stimato dell’affidamento può rendere difficoltosa per le imprese interessate alla partecipazione la formulazione di un’offerta economica consapevole.

Il TAR, tuttavia, non si limita a condividere gli approdi dell’Autorità anticorruzione, ma ne fornisce una lettura in chiave sostanzialistica, che ha il pregio di contemperare la ribadita esigenza di indicare negli atti di gara l’indotto generato dalla concessione con la situazione contingente e non remota per la quale la stazione appaltante possa trovarsi nella condizione di non disporre di un tale dato. Afferma al riguardo la sentenza che “ove l’amministrazione non fosse a conoscenza del fatturato realizzato dalla concessionaria del servizio, si perverrebbe alla paradossale ed inaccettabile conclusione che non potrebbe mettere il servizio a gara in quanto non in grado di fornire l’elemento essenziale per la formulazione di un’offerta economica consapevole”.

A corollario di tale considerazione, nella sentenza si afferma pertanto che nell’ipotesi in cui non sia possibile calcolare il fatturato presunto, l’amministrazione è tenuta quantomeno a fornire indicazioni analitiche circa il potenziale bacino di utenza del servizio da affidare.

Nella fattispecie esaminata, infatti, il TAR ha rigettato la doglianza del ricorrente relativa proprio alla mancata individuazione del fatturato globale della concessione, rilevando come l’amministrazione avesse comunque assolto all’onere su di essa incombente di fornire indicazioni attendibili sul valore stimato dell’affidamento mediante allegazione dei dati relativi al bacino di utenza, dai quali i concorrenti avrebbero ragionevolmente potuto ricavare il fatturato potenziale derivante dalla gestione del servizio e formulare quindi un’offerta economica da ritenersi comunque sufficientemente consapevole.

I principi enunciati dalla giurisprudenza in commento sono chiamati ora a confrontarsi  col nuovo codice dei contratti pubblici (d. lgs. n. 50/2016) che, recependo la direttiva 2014/23/UE, come noto, disciplina per la prima volta nel nostro ordinamento l’istituto della concessione in modo organico (artt. 164-169), dettando, tra le altre, disposizioni relative alle modalità di aggiudicazione dei relativi contratti, alla determinazione del loro valore, all’allocazione del rischio operativo in capo al concessionario, anche in caso di mancato ritorno economico dell’investimento effettuato.