Articolo 204
(Ricorsi giurisdizionali)
1. All’articolo 120 del codice del processo amministrativo, di cui all’Allegato 1 al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1 le parole «nonché i connessi provvedimenti dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture» sono sostituite dalle parole «nonché i provvedimenti dell'Autorità nazionale anticorruzione ad essi riferiti»;
b) dopo il comma 2 è aggiunto il seguente:«2-bis. Il provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni ad essa all'esito della valutazione dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali va impugnato nel termine di trenta giorni, decorrente dalla sua pubblicazione sul profilo del committente della stazione appaltante, ai sensi dell'articolo 29, comma 1, del codice dei contratti pubblici adottato in attuazione della legge 28 gennaio 2016, n. 11. L'omessa impugnazione preclude la facoltà di far valere l'illegittimità derivata dei successivi atti delle procedure di affidamento, anche con ricorso incidentale. E' altresì inammissibile l'impugnazione della proposta di aggiudicazione, ove disposta, e degli altri atti endoprocedimentali privi di immediata lesività.»;
c) al comma 5, le parole: «Per l'impugnazione» sono sostituite dalle seguenti: «Salvo quanto previsto al comma 6-bis, per l'impugnazione»;
d) dopo il comma 6 è inserito il seguente:«6-bis. Nei casi previsti al comma 2-bis, il giudizio è definito in una camera di consiglio da tenersi entro trenta giorni dalla scadenza del termine per la costituzione delle parti diverse dal ricorrente. Su richiesta delle parti il ricorso è definito, negli stessi termini, in udienza pubblica. Il decreto di fissazione dell’udienza è comunicato alle parti quindici giorni prima dell’udienza. Le parti possono produrre documenti fino a dieci giorni liberi prima dell’udienza, memorie fino a sei giorni liberi e presentare repliche ai nuovi documenti e alle nuove memorie depositate in vista della camera di consiglio, fino a tre giorni liberi prima. La camera di consiglio o l’udienza possono essere rinviate solo in caso di esigenze istruttorie, per integrare il contraddittorio, per proporre motivi aggiunti o ricorso incidentale. L’ordinanza istruttoria fissa per il deposito dl documenti un termine non superiore a tre giorni decorrenti dalla comunicazione o, se anteriore, notificazione della stessa. La nuova camera di consiglio deve essere fissata non oltre quindici giorni. Non può essere disposta la cancellazione della causa dal ruolo. L’appello deve essere proposto entro trenta giorni dalla comunicazione o, se anteriore, notificazione della sentenza e non trova applicazione il termine lungo decorrente dalla sua pubblicazione»;
e) al comma 7, le parole: «I nuovi» sono sostituite dalle seguenti: «Ad eccezione dei casi previsti al comma 2-bis, i nuovi»;f) dopo il comma 8-bis, è inserito il seguente:
«8-ter. Nella decisione cautelare, il giudice tiene conto di quanto previsto dagli articoli 121, comma 1, e 122, e delle esigenze imperative connesse a un interesse generale all'esecuzione contrattuali del contratto, dandone conto nella motivazione»;
g) al comma 9 le parole «, ferma restando la possibilità di chiedere l'immediata pubblicazione del dispositivo entro due giorni.» sono sostituite dalle parole «; le parti possono chiedere l'anticipata pubblicazione del dispositivo, che avviene entro due giorni dall'udienza.»; è inserito, dopo il primo periodo del comma 9, il seguente: «Nei casi previsti al comma 6-bis, il tribunale amministrativo regionale deposita la sentenza entro sette giorni dall'udienza, pubblica o in camera di consiglio, di discussione; le parti possono chiedere l’anticipata pubblicazione del dispositivo, che avviene entro due giorni dall’udienza.»;h) al comma 11, le parole: «Le disposizioni dei commi 3, 6, 8 e 10» sono sostituite dalle seguenti: «Le disposizioni dei commi 2-bis, 3, 6, 6-bis, 8, 8-bis, 8-ter, 9, secondo periodo e 10»;
i) dopo il comma 11 è inserito il seguente:
«11-bis. Nel caso di presentazione di offerte per più lotti l'impugnazione si propone con ricorso cumulativo solo se vengono dedotti identici motivi di ricorso avverso lo stesso atto.».
SOMMARIO: I INTRODUZIONE ALLA NORMA: 1. Introduzione. II IL COMMENTO: 1. Il nuovo rito sull’ammissione alle procedure di affidamento di contratti pubblici. - 2. La nuova disciplina della tutela cautelare nel contenzioso sugli appalti pubblici. - 3. Le ulteriori novità introdotte dalla norma. III LE QUESTIONI APERTE: 1. L’ambito di applicazione del nuovo rito sull’ammissione alle procedure di affidamento di contratti pubblici. - 2. Le ricadute sul procedimento di gara. - 3. La compatibilità del nuovo rito con i diritti di difesa in giudizio e con i principi costituzionali in materia di procedure di affidamento di contratti pubblici. - 4. Presupposti della tutela cautelare e nuovo rito sull’ammissione alle procedure di affidamento di contratti pubblici.
I COSA CAMBIA
1. Introduzione.
L’art. 204 introduce nel microsistema processuale relativo al contenzioso sui contratti pubblici il nuovo rito accelerato per le impugnative nei confronti degli atti esclusione e ammissione (d) alle procedure di affidamento attraverso l’aggiunta di alcuni commi all’art. 120 del codice del processo amministrativo, in particolare i commi 2-bis e 6-bis, dando in questo modo attuazione al criterio direttivo enunciato all’art. 1, comma 1, lett. bbb), della Legge delega (L. 28 gennaio 2016, n. 11), volto a prevedere un procedimento speciale in camera di consiglio finalizzato ad ottenere «l’immediata risoluzione del contenzioso relativo all’impugnazione dei provvedimenti di esclusione dalla gara o di ammissione alla gara per carenza dei requisiti di partecipazione». Contestualmente, viene affermata la regola secondo cui non sono impugnabili gli altri atti del procedimento di gara «privi di immediata lesività», ivi compresa la proposta di aggiudicazione, ex novo introdotta, così superandosi l’orientamento della giurisprudenza amministrativa che rendeva facoltativa l’impugnazione dell’aggiudicazione provvisoria.
Inoltre, con una modifica al primo comma dell’art. 120, l’art. 204 precisa che sono soggetti al rito in materia di procedure di affidamento di contratti pubblici (ora definibile “speciale” tout court, in antitesi a quello “superspeciale” ex novo introdotto, così definito dal Consiglio di Stato nel parere del 1º aprile 2016, n. 855, reso sullo schema di Decreto legislativo recante il nuovo Codice dei contratti pubblici) «i provvedimenti dell’Autorità nazionale anticorruzione ad essi riferibili». Viene così, in primo luogo, adeguato il riferimento all’Autorità di settore a quella risultante dalla soppressione dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture e alla riorganizzazione delle funzioni della nuova Autorità nazionale anticorruzione contestualmente operata (art. 19 D.L. 24 giugno 2014, n. 90). In secondo luogo, viene modificato il criterio di “attrazione” al rito “appalti”. Si sostituisce l’aggettivo «connessi» con l’espressione «ad essi riferibili», la quale risulta maggiormente coerente con la finalità di collegamento da essa svolta rispetto ad una nozione, la connessione, che nel diritto amministrativo sostanziale ha un suo preciso significato e ambito di applicazione e allude ad un rapporto qualificato di collegamento tra procedimenti amministrativi distinti.
Infine, la disposizione in esame apporta ulteriori modifiche al contenzioso sulle procedure di affidamento di contratti pubblici non specificamente relative alle impugnazioni sui provvedimenti di ammissione ed esclusione. In particolare, sono ridefiniti i presupposti che presiedono al rilascio delle misure cautelari, imponendosi al giudice di valutare in questa sede le «esigenze imperative connesse a un interesse generale» sottese all’esecuzione del contratto.
Quindi, si prevede che nelle procedure suddivise in lotti il ricorso cumulativo è ammesso «solo se vengono dedotti identici motivi di ricorso avverso lo stesso atto».
Queste novità vanno collocate, rispettivamente, nell’ambito del criterio direttivo enunciato dall’art. 1, comma 1, lett. aaa), dedicato in modo specifico al procedimento cautelare, ed ispirato al «di garantire l’efficacia e la speditezza delle procedure di aggiudicazione ed esecuzione dei contratti relativi ad appalti pubblici»; e della citata lett. bbb) della medesima disposizione della Legge delega, nella quale è fissato l’obiettivo generale della «revisione e razionalizzazione del rito abbreviato» in materia di procedure di affidamento di contratti pubblici.
II INDICAZIONI OPERATIVE
1. Il nuovo rito sull’ammissione alle procedure di affidamento di contratti pubblici.
Al fine di dare attuazione al criterio direttivo enunciato dalla citata disposizione della Legge delega, il nuovo rito sull’ammissione alle procedure di affidamento di contratti pubblici si impernia sull’onere di immediata impugnazione dei provvedimenti di ammissione ed esclusione dalla gara in ragione del possesso (o mancato possesso) dei requisiti di ordine generale e di qualificazione per essa previsti («requisiti soggettivi, economico - finanziari e tecnico - professionali»), e sulla correlativa preclusione della facoltà di proporre le medesime censure attraverso l’impugnazione in via derivata rispetto dei successivi atti della procedura. Questa preclusione è estesa espressamente al ricorso incidentale (comma 2-bis dell’art. 120 del Codice del processo amministrativo, come modificato dalla disposizione in esame).
Il novellato comma 6-bis dell’art. 120 del Codice del processo amministrativo reca quindi la disciplina processuale del nuovo rito “superspeciale”. Il nuovo modello processuale è improntato a caratteristiche di celerità, ravvisabili innanzitutto nell’applicazione in via ordinaria del procedimento in camera di consiglio, salvo diversa richiesta delle parti; nella fissazione d’ufficio del merito (peraltro, già introdotta per il rito “ordinario” in materia di procedure di affidamento di contratti pubblici dal citato D.L. 24 giugno 2014, n. 90: art. 120, comma 6); nella riduzione dei termini per la fissazione della camera di consiglio (o dell’udienza pubblica) e per lo svolgimento delle attività difensive delle parti. In particolare, l’udienza deve tenersi entro trenta giorni dalla scadenza del termine per la costituzione delle parti diverse dal ricorrente e comunicata, anche a quest’ultima, almeno quindici giorni prima. Per queste ultime i termini, liberi, di cui all’art. 73, comma 1, C.p.a. per il deposito di documenti, memorie conclusionali e repliche, già dimezzati in base all’art. 119, comma 2, del medesimo Codice rispetto a quelli ordinari - rispettivamente da quaranta, trenta e venti a venti, quindici e dieci - sono ulteriormente ridotti a dieci, sei e tre.
Rimane invece confermato il termine di trenta giorni per proporre ricorso, già previsto in via generale per il rito in materia di procedure di affidamento di contratti pubblici dall’art. 120, comma 5, del codice del processo di cui al D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104. Tuttavia, in base al nuovo comma 2-bis di quest’ultima disposizione, la decorrenza di questo termine viene ancorata alla pubblicazione del provvedimento di esclusione o ammissione (d) alla gara sul profilo del committente della stazione appaltante, ai sensi dell’art. 29, comma 1, del Codice dei contratti pubblici.
Una significativa novità concerne invece il termine per proporre appello, per il quale, esclusa espressamente l’applicabilità del termine lungo decorrente dalla pubblicazione della sentenza di primo grado, pari a tre mesi ai sensi del combinato disposto degli artt. 92, comma 3, e 119, comma 2, C.p.a., si prevede l’unico termine di trenta giorni dalla medesima pubblicazione o, se anteriore, notificazione della sentenza. In questo modo il Governo ha recepito nel testo finale del Decreto legislativo recante il nuovo Codice dei contratti pubblici un suggerimento contenuto nel citato parere del Consiglio di Stato (Cons. St., parere 1º aprile 2016, n. 855).
Il comma 6-bis enumera poi i casi di rinvio della camera di consiglio o dell’udienza pubblica, limitandoli alle sole ipotesi in cui sia necessario svolgere un’istruttoria, debba essere integrato il contraddittorio, o non sia stato assicurato il termine per proporre motivi aggiunti o ricorso incidentale. Peraltro, questa norma deve essere coordinata con il comma 7 dell’art. 120 del Codice del processo amministrativo, come modificato dalla disposizione in esame, il quale prevede ora un’eccezione alla regola generale secondo cui gli «nuovi atti attinenti la medesima procedura di gara» devono essere impugnati con motivi aggiunti, riferita proprio al nuovo giudizio di impugnazione dei provvedimenti di ammissione ed esclusione. In virtù di questo coordinamento deve quindi ritenersi che la facoltà di proporre motivi aggiunti nel rito “specialissimo” sia limitata ai c.d. motivi “ulteriori” rispetto ai medesimi atti già impugnati con il ricorso principale.
Particolarmente breve è quindi il termine per lo svolgimento dell’istruttoria, fissato in tre giorni («per il deposito di documenti»); termine massimo assegnabile con l’ordinanza, decorrenti dalla comunicazione o, se anteriore, notificazione di questo provvedimento. Il riferimento in via esclusiva al deposito di documenti ed il contenutissimo termine previsto sottende l’intendimento del Legislatore di limitare l’utilizzo dei mezzi istruttori a disposizione del giudice amministrativo alla sola «acquisizione di informazioni e documenti» di cui all’art. 63, comma 3, C.p.a., ed escludere incombenti che vanificherebbero l’obiettivo di immediata risoluzione delle questioni concernenti la definizione delle imprese ammesse alla fase di valutazione delle offerte, quali la verificazione e la consulenza tecnica. Del resto, considerata la natura delle questioni controverse in questa fase di gara, il ricorso a questi mezzi è di norma non necessario. Nel caso in cui sia disposta l’istruttoria, la nuova udienza deve tenersi ad una data non successiva a quindici giorni dalla medesima comunicazione o notificazione. Per il rinvio si applica dunque lo stesso termine previsto per la prima udienza, salva ovviamente la diversa decorrenza. In ogni caso, tutti i termini in questione sono ordinatori e dal loro superamento non discende alcuna conseguenza di carattere processuale.
Si colloca nel medesimo disegno di celere definizione della controversia l’ulteriore disposizione che esclude che possa essere disposta la cancellazione della causa dal ruolo, pur prevista in generale nel processo amministrativo dall’art. 71 del Codice di cui al D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104. Il carattere derogatorio di questa disposizione rispetto alla regola generale deve, peraltro, intendersi circoscritto all’ipotesi in cui non si segua il rito in camera di consiglio ordinariamente previsto, dal momento che la citata disposizione prevede l’istituto della cancellazione della causa dal ruolo solo in relazione agli affari da trattare in pubblica udienza, implicitamente escludendo la sua applicazione per le cause da trattare in camera di consiglio, le quali sono fissate d’ufficio, nel rispetto dei termini, sollecitatori o a tutela delle esigenze di difesa, stabiliti dal codice (Cons. St., V, 2 dicembre 2015, n. 5465).
La novità introdotta dal Codice è, peraltro, conforme ai principi elaborati dalla giurisprudenza amministrativa con riguardo all’istituto della cancellazione dal ruolo. Il Consiglio di Stato ha, infatti, affermato che, pur nell’ambito di un modello processuale connotato dal principio della domanda, nel cui ambito si colloca la facoltà di chiedere la cancellazione della causa dal ruolo, sussiste con riguardo ad essa un limite di ragionevolezza alla utilizzabilità, rappresentato dal possibile contrasto con il principio costituzionale di ragionevole durata del processo ex art. 111 Cost., richiamato dall’art. 2, comma 1, C.p.a. (Cons. St., ord. 27 gennaio 2014, n. 402).
Infine, risponde alle medesime finalità acceleratorie anche la sensibile riduzione del termine per il deposito della sentenza, che rispetto al contenzioso “ordinario” sugli appalti passa da trenta giorni da quello in cui si è tenuta l’udienza di discussione a soli sette giorni dall’udienza (comma 9 dell’art. 120 del Codice del processo amministrativo, come novellato dalla disposizione in esame). Inoltre, in virtù del rinvio operato a quest’ultimo comma dal successivo comma 11, come parimenti novellato dall’art. 204, questo termine si applica anche al giudizio d’appello davanti al Consiglio di Stato. In entrambi i casi rimane ferma la facoltà delle parti di chiedere l’anticipata pubblicazione del dispositivo, che deve avvenire «entro due giorni dall’udienza» (art. 120, comma 9).
2. La nuova disciplina della tutela cautelare nel contenzioso sugli appalti pubblici.
Attraverso l’aggiunta nel corpo dell’art. 120 del Codice del processo amministrativo del comma 8-ter, l’art. 204 ha inciso sui presupposti delle misure cautelari nel rito “appalti”, imponendo al giudice, in sede di bilanciamento dei contrapposti interessi, di tenere conto delle disposizioni degli artt. 121, comma 1, e 122 del medesimo Codice e di darne conto nella motivazione dell’ordinanza.
Le disposizioni richiamate concernono rispettivamente i casi di inefficacia del contratto per violazioni cc.dd. “gravi” (mancato rispetto degli obblighi di evidenza pubblica e delle formalità pubblicitarie imposte per la gara; mancato rispetto dello stand - still sostanziale e processuale) e negli altri casi (così recita la rubrica dell’art. 122). In particolare, la prima delle disposizioni in questione sanziona con l’inefficacia del contratto la violazione di tali obblighi o formalità, facendo salvo, al successivo comma 2, il caso in cui il mantenimento dell’efficacia risponda ad «esigenze imperative connesse ad un interesse generale». L’art. 122 riguarda invece le violazioni diverse da quelle gravi previste dalla norma precedente, dalle quali fa conseguire la sanzione dell’inefficacia consegue ad una valutazione comparativa del giudice, in base a vari parametri (interessi delle parti, possibilità per il ricorrente di conseguire l’aggiudicazione in base ai vizi riscontrati e possibilità dello stesso di subentrare nel contratto, stato di esecuzione di quest’ultimo).
Al di là dell’incompletezza del rinvio, in quanto non comprensivo del citato comma 2 dell’art. 121, la ridefinizione dei presupposti delle misure cautelari si colloca nel solco dell’omologa disciplina relativa alle procedure di affidamento di contratti relativi ad infrastrutture strategiche, contenuta nell’art. 125 del Codice del processo amministrativo. Il comma 2 di quest’ultima disposizione prevede che in sede di pronuncia del provvedimento cautelare debbano essere valutate le conseguenze che da esso potrebbero derivare sul «preminente interesse nazionale alla sollecita realizzazione dell’opera» e sull’esigenza di «celere prosecuzione delle procedure». Peraltro, rispetto alla precedente normativa in esame, la nuova norma sulle misure cautelari nel contenzioso sui contratti pubblici correla le esigenze imperative connesse a un interesse generale all’esecuzione del contratto. A questa generalizzazione segue l’enunciazione di un obbligo di motivazione specifica sul punto. Nella nuova disciplina non è invece riprodotto il divieto, enunciato dal comma 3 dell’art. 125, di dichiarare l’inefficacia del contratto e disporre il subentro in esso del ricorrente quando questo è già stato stipulato. Conseguentemente, al di fuori delle infrastrutture strategiche l’avvenuta stipula del contratto prima della camera di consiglio fissata per la trattazione dell’istanza cautelare non impedirà la concessione della sospensiva, al ricorrere dei presupposti come riformulati dalla norma in esame.
In linea con il medesimo precedente di cui all’art. 125, la norma ex novo introdotta, applicabile a tutto il contenzioso sui contratti pubblici, esprime la volontà del Legislatore di riconoscere la tutela cautelare solo quando il ricorrente abbia rilevanti possibilità di ottenere la tutela in forma specifica attraverso la dichiarazione di inefficacia del contratto e il conseguente subentro in esso in luogo dell’aggiudicatario. Viene, in questo modo, accentuata la strumentalità della tutela cautelare rispetto al bene della vita ottenibile in sede di definizione del merito della controversia. A questo riguardo, nel parere reso sullo schema di Decreto legislativo il Consiglio di Stato ha espresso il convincimento che la ridefinizione dei presupposti dei provvedimenti cautelari nei termini qui esposti costituisca una «esplicitazione dei parametri già utilizzati in sede di bilanciamento, attraverso un giudizio prognostico» (parere 1º aprile 2016, n. 855), ovvero una sorta di “legificazione” del criterio di giudizio tipicamente utilizzato dal giudice amministrativo in sede cautelare. Peraltro, con la generalizzazione del carattere imperativo delle esigenze correlate alla realizzazione del contratto pubblico e il rafforzamento dell’obbligo motivazionale dei provvedimenti cautelari su questo specifico punto, la norma sembra volere richiamare il giudice amministrativo ad attribuire all’interesse pubblico il massimo rilievo, confinando a casi residuali quelli in cui l’interesse privato alla sospensione degli atti impugnati e al mantenimento della res adhuc integra sino alla definizione del merito possa essere ritenuto prevalente rispetto alla prosecuzione della procedura di gara e alla conseguente stipulazione del contratto.
Dall’applicabilità del comma 8-ter del novellato art. 120 del Codice del processo amministrativo a tutto il contenzioso sulle procedure di affidamento di contratti pubblici, come sopra accennato, deriva che la nuova disciplina sui presupposti relativi ai provvedimenti cautelari si estende anche al rito “superspeciale” concernente i provvedimenti di ammissione ed esclusione dalla gara, di cui al comma 2-bis del medesimo art. 120. Questa opzione legislativa consegue al recepimento in sede di approvazione definitiva del Codice dei contratti pubblici del parere del Consiglio di Stato 1º aprile 2016, n. 855, nel quale si erano segnalati dubbi di compatibilità comunitaria e costituzionale rispetto all’iniziale scelta del Governo di escludere la tutela cautelare in questo settore del contenzioso, malgrado i «tempi strettissimi» entro i quali è destinata ad essere resa la decisione di merito.
3. Le ulteriori modifiche introdotte dalla norma al contenzioso sugli appalti pubblici.
L’art. 204 aggiunte un ultimo comma all’art. 120 del Codice del processo amministrativo, portante il numero 11-bis, relativo all’ipotesi particolare di impugnazione degli atti di una procedura di gara suddivisa in lotti. Si prevede che in questo caso il ricorso cumulativo possa essere proposto «solo se vengono dedotti identici motivi di ricorso avverso lo stesso atto».
La disposizione recepisce il diffuso orientamento presso la giurisprudenza amministrativa secondo cui il cumulo di domande di annullamento nell’ambito di un unico ricorso rappresenta un’eccezione rispetto alla regola generale secondo cui il petitum dell’azione impugnatoria davanti al giudice amministrativo è, in linea di principio, circoscritto ad un solo provvedimento, mentre è ammessa la contestuale impugnazione di più atti solo quando tra di essi sia ravvisabile una connessione procedimentale o funzionale, da accertarsi in modo rigoroso, al fine di evitare la confusione di controversie e le conseguenti negative ricadute sui tempi del processo, o anche l’abuso dello strumento processuale per eludere le disposizioni fiscali in materia di contributo unificato, tale da giustificare la proposizione di un ricorso cumulativo (Cons. St., Ad. plen., 27 aprile 2015, n. 5; III, 4 febbraio 2016, n. 449; IV, 26 agosto 2014, n. 4305; V, 13 giugno 2016, n. 2543, 27 gennaio 2014, n. 398). Nell’ambito di questo indirizzo, ancora di recente il Consiglio di Stato ha ribadito che, nell’ipotesi in cui siano impugnate le diverse aggiudicazioni di distinti lotti di una procedura selettiva originata da un unico bando, l’ammissibilità del ricorso cumulativo è subordinata alla formulazione di motivi di ricorso idonei «ad inficiare segmenti procedurali comuni (ad esempio il bando, il disciplinare di gara, la composizione della commissione giudicatrice, la determinazione di criteri di valutazione delle offerte tecniche ecc.) alle differenti e successive fasi di scelta delle imprese affidatarie dei diversi lotti», solo così potendosi configurare quella necessaria identità di causa petendi a fronte di plurime domande di annullamento che giustifica la trattazione congiunta nell’ambito del medesimo giudizio (Cons. St., V, 13 giugno 2015, n. 2543; in termini analoghi: V, 5 maggio 2016, n. 1818).
Peraltro, nel parere del 1º aprile 2016, n. 855, sullo schema di Decreto legislativo recante il nuovo Codice dei contratti pubblici, lo stesso Consiglio di Stato ha posto in evidenza le possibili antinomie, in ipotesi rilevanti sul piano della conformità ai principi costituzionali inerenti alla tutela giurisdizionale contro gli atti della pubblica amministrazione (artt. 3, 24, e 113 Cost.), che la pedissequa applicazione delle regole di origine giurisprudenziale relative al ricorso cumulativo alla specifica materia di procedure di affidamento di contratti pubblici suddivise per lotti potrebbe comportare, a causa del «rilevante peso del contributo unificato». Sulla specifica questione del contributo unificato nei giudizi di impugnazione di procedure di affidamento di contratti pubblici, la Corte di giustizia dell’Unione europea ha tuttavia espresso un giudizio di compatibilità con il diritto eurounitario in materia (sentenza 6 ottobre 2015, C - 61/14), escludendo qualsiasi contrasto al riguardo, anche in ragione dell’effetto moltiplicativo conseguente alla proposizione di diversi motivi aggiunti nel contesto del medesimo procedimento giurisdizionale, sul rilievo che l’unitaria domanda di annullamento «non comporta necessariamente l’identità di oggetto dei suoi ricorsi o dei suoi motivi», facendo nondimeno salve le ipotesi in cui non si verifichi «un ampliamento considerevole dell’oggetto della controversia già pendente». Il tema rimane nondimeno inesplorato sotto il profilo della conformità a costituzione di una regola normativa che, pur collocandosi nella tradizione giurisprudenziale, impone l’identità dei motivi di impugnazione relativi ai diversi lotti di gara, sembrando così escludere l’ammissibilità del cumulo di domande di annullamento in caso di censure comunque connesse, anche se non speculari, sul piano oggettivo.
III QUESTIONI APERTE
1. L’ambito di applicazione del nuovo rito sull’ammissione alle procedure di affidamento di contratti pubblici.
In base al nuovo comma 2-bis dell’art. 120 del Codice del processo amministrativo i soggetti partecipanti a procedure di affidamento di contratti pubblici sono onerati di impugnare immediatamente tutti i provvedimenti emessi nella fase di ammissione dei concorrenti, con i quali sono selezionate le offerte che saranno poi valutate ai fini dell’aggiudicazione della gara, senza attendere quest’ultima. La reale innovazione apportata dalla norma è data dall’onere di immediata impugnazione dei provvedimenti di ammissione delle offerte altrui, posto che per quelli di esclusione tale onere era già riconosciuto dalla giurisprudenza amministrativa, in ragione delle regole generali sulla lesività del provvedimento amministrativo, carattere pacificamente riconosciuto a questa tipologia di determinazioni adottate in sede di gara. Del pari, con la nuova disciplina viene espressamente escluso che la questione dell’ammissione alla gara possa essere riproposta una volta terminata la procedura e instaurato il conseguente giudizio di impugnazione dagli offerenti diversi da quello risultato aggiudicatario, attraverso il mezzo del ricorso incidentale “escludente” a disposizione di quest’ultimo, in funzione paralizzante del ricorso principale, secondo l’elaborazione giurisprudenziale del Consiglio di Stato (Ad. plen. 7 aprile 2011, n. 4, 25 febbraio 2014, n. 9).
Tuttavia, un primo profilo di criticità è ravvisabile nel fatto che l’ambito di applicazione del nuovo rito “superspeciale” è circoscritto ai provvedimenti di esclusione e ammissione alla gara resi «all’esito della valutazione dei requisiti soggettivi, economico - finanziari e tecnico - professionali». Sebbene conforme al criterio direttivo previsto dall’art. 1, comma 1, lett. bbb), della Legge delega (L. 28 gennaio 2016, n. 11), in base al tenore letterale del comma 2-bis in esame il nuovo rito sembrerebbe non applicarsi ai medesimi provvedimenti quando questi siano fondati su presupposti diversi da quelli di carattere soggettivo, ma che nondimeno attengano alla preliminare fase di verifica della tempestività ed integrità dei plichi contenenti la documentazione amministrativa e le offerte (cfr. al riguardo la citata sentenza dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato del 25 febbraio 2014, n. 9). Il carattere eccezionale della disposizione, in quanto recante un modello processuale dalle caratteristiche di forte accelerazione e correlativa compressione delle garanzie difensive delle parti, dovrebbe inoltre precludere un’applicazione analogica al caso sopra evidenziato, che pure sarebbe giustificata dalle indiscutibili affinità rispetto a quello espressamente contemplato dalla norma.
Dubbi si pongono, inoltre, nel caso in cui censure di questo tipo siano dedotte in aggiunta a quelle attinenti ai requisiti di partecipazione, attraverso la enucleazione di più motivi di impugnazione, e in particolare quale rito debba prevalere, attraendo l’altro, considerato che l’unica norma presente nel Codice del processo amministrativo (art. 32) riguarda i rapporti tra giudizio ordinario e riti speciali.
Infine, dopo che, nel parere del 1º aprile 2016, n. 855, il Consiglio di Stato aveva rilevato un possibile eccesso di delega nella versione iniziale dell’art. 204, laddove era prevista l’immediata impugnabilità anche del provvedimento di nomina della commissione di gara, questo provvedimento deve ritenersi impugnabile, secondo le regole ordinarie, soltanto all’esito dell’aggiudicazione (Cons. St., Ad. plen. 29 gennaio 2003, n. 1; III, 14 maggio 2015, n. 2413, 2 febbraio 2015, n. 491; V, 12 maggio 2016, n. 1890, 20 novembre 2015, n. 5296, 16 novembre 2015, n. 5218, 1 agosto 2015, n. 3776, 21 luglio 2015, n. 3611, 18 giugno 2015, n. 3104, 3 giugno 2015, n. 2713; VI, 8 febbraio 2016, n. 510). Nondimeno, la riconduzione della versione finale del Decreto legislativo recante il nuovo Codice dei contratti pubblici rischia di vanificare l’obiettivo perseguito dal Legislatore, attraverso il nuovo rito “superspeciale”, di deflazionare e semplificare il giudizio sull’atto conclusivo della procedura di gara, ovvero l’aggiudicazione, concentrando i motivi di censura solo su quest’ultimo, una volta consolidatisi gli effetti degli atti precedenti.
2. Le ricadute sul procedimento di gara.
Il termine di trenta giorni per impugnare i provvedimenti di ammissione ed esclusione dalla gara viene ancorato dal comma 2-bis in esame «alla pubblicazione sul profilo del committente della stazione appaltante, ai sensi dell’articolo 29, comma 1, del codice dei contratti pubblici».
In base al novellato comma 2-bis dell’art. 120 C.p.a., oggetto di pubblicazione è «il provvedimento» che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni, alludendo chiaramente ad una contesto unitario recante tutte le statuizioni della stazioni appaltante relative a questa fase di gara. Dal canto suo, l’art. 29, comma 1, del Codice richiamato pone un generale obbligo per le stazioni appaltanti di pubblicità via internet di tutti gli atti relativi a procedure di affidamento di contratti pubblici, sin dalla fase di programmazione, prodromica rispetto alla gara vera e propria. Il secondo periodo del medesimo art. 29, comma 1, reca inoltre una disposizione specifica per l’eventuale successiva impugnazione, ed in particolare per il rito superspeciale introdotto ex novo, in base alla quale con le stesse modalità è pubblicato nei successivi due giorni dalla data di adozione di tali atti il provvedimento sulle ammissioni ed esclusioni in questione.
Quindi, recependo le indicazioni del Consiglio di Stato espresse nel parere 1º aprile 2016, n. 855, circa la necessità di coordinare questa disciplina con quella relativa al diritto di accesso agli atti della procedura di gara, l’art. 76, comma 3, del Codice dei contratti pubblici, nella versione definitivamente approvata dal Governo, richiede che questa tipologia di provvedimento sia comunicata anche individualmente, attraverso contestuale avviso «mediante PEC o strumento analogo negli altri Stati membri», nel quale è contenuta l’indicazione dell’ufficio o del collegamento informatico ad accesso riservato dove sono disponibili i relativi atti.
In base alle norme richiamate deve, quindi, ritenersi che il coordinamento sia stato attuato in sede di approvazione definitiva del Codice dei contratti pubblici con la possibilità offerta ai partecipanti alla procedura selettiva di conoscere le ragioni alla base di tutte le determinazioni che hanno definito le offerte ammesse alla successiva fase di valutazione mediante l’accesso fisico o informatico agli atti di gara, in conformità con le modalità di assolvimento dell’obbligo di motivazione dei provvedimenti amministrativi prevista dall’art. 3, comma 3, della Legge generale sul procedimento amministrativo (L. 7 agosto 1990, n. 241). Nondimeno, la decorrenza del termine per impugnare gli atti previsti dall’art. 120, comma 2-bis, del Codice del processo è rimasta ancorata in via esclusiva alla pubblicazione informatica.
A questo riguardo, nel citato parere sullo schema di Decreto, il Consiglio di Stato aveva ricordato che, in base all’incontrastata giurisprudenza amministrativa (Cons. St., V, 3 febbraio 2016, n. 408, 18 gennaio 2016, n. 119, 6 maggio 2015, n. 2274, 24 marzo 2014, n. 1438, 14 maggio 2013, n. 2614; VI, 14 marzo 2014, n. 1296, 11 febbraio 2013, n. 896), il principio di effettività dei ricorsi in materia di procedure di affidamento dei contratti pubblici (art. 2-quater della Direttiva 665/ 89/CEE, come modificato dalla direttiva 2007/66/CE; Corte Giust., UE 12 marzo 2015, C - 538/13, 8 maggio 2014, C - 161/13), comporta che il termine per impugnare non può che decorrere da una «conoscenza» ex art. 120, comma 5, C.p.a., adeguata delle ragioni dei provvedimenti lesivi, se del caso attraverso l’accesso agli atti di gara. Deve quindi ritenersi che, malgrado la nuova disposizione, la decorrenza del termine per impugnare i provvedimenti di ammissione ed esclusione dalla gara non potrà essere sempre individuata nella pubblicazione di questi, ma solo se contestualmente ad essa la comunicazione individuale sia corredata dell’esposizione delle ragioni alla base di tali provvedimenti.
In ragione di ciò è prevedibile un aggravio procedimentale a carico delle stazioni appaltanti, in particolare a causa dell’obbligo di motivare anche provvedimenti favorevoli quali l’ammissione delle offerte alla successiva fase di valutazione, e non solo, come in precedenza, i provvedimenti di esclusione (per i quali soli, infatti, l’art. 76, comma 2, lett. a), ipotizza l’accesso da parte del candidato attraverso richiesta scritta e conseguente obbligo di risposta dell’amministrazione entro il termine massimo di quindici giorni).
L’onere di immediata impugnazione dei provvedimenti di ammissione alla gara ed il correlato obbligo di motivazione comportano anche il rischio di rallentamenti della procedura selettiva. Come rilevato in precedenza, il Codice infatti si esprime in termini di «provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni», alludendo chiaramente a un’unità formale a fronte di determinazioni sostanzialmente distinte, riguardanti tanti soggetti quanti sono i partecipanti alla gara, secondo lo schema dell’atto amministrativo plurimo. Sennonché, l’esperienza insegna che in ipotesi particolarmente controverse le stazioni appaltanti possono disporre l’ammissione con riserva di successiva verifica, spesso all’esito di chiarimenti, dell’effettivo possesso dei requisiti di partecipazione alla gara. Questa possibilità sembra essere oggi esclusa, dal momento che la contestualità richiesta per l’adozione dei provvedimenti di ammissione delle offerte alla fase di valutazione comporterà inevitabilmente uno slittamento nell’adozione dell’atto unitario richiesto in base alla nuova disciplina.
Un ulteriore profilo che potrebbe creare dubbi applicativi attiene al coordinamento della nuova decorrenza del termine per impugnare gli atti di ammissione ed esclusione con il principio costantemente affermato dalla giurisprudenza amministrativa secondo cui sussiste l’onere di immediata impugnazione dell’atto di esclusione adottato dalla commissione di gara se alla relativa seduta è stato presente un rappresentate del candidato escluso (Cons. St., III, 14 gennaio 2016, n. 93, 22 agosto 2012, n. 4593; V, 18 novembre 2011, n. 6084; VI, 13 dicembre 2011, n. 6531). Tuttavia, anche in questo caso deve ritenersi che la nuova disciplina, la quale sembra supporre che queste determinazioni dell’organo straordinario debbano in ogni caso essere recepite dall’amministrazione in un provvedimento formale e plurimo, non abbia comportato il superamento delle regole generali sulla conoscenza degli atti ai fini della successiva impugnazione in sede giurisdizionale.
Non possono, infine, essere trascurati gli effetti, contrari agli obiettivi del Legislatore, di rallentamento del procedimento di gara, inevitabilmente legati alla pendenza di contenziosi, in ipotesi plurimi, concernenti la fase iniziale del segmento procedurale, articolati su un doppio grado, e malgrado le caratteristiche di particolare celerità del nuovo rito, in specie se si considera che tra l’ammissione e la successiva fase di valutazione possono trascorrere anche solo pochi giorni. Senza contare che a fronte di un contenzioso pendente, quand’anche non sia stata concessa la sospensiva, l’amministrazione potrebbe essere indotta ad aspettarne la definizione, al fine di evitare possibili responsabilità risarcitorie.
Infine, va segnalato un ulteriore difetto di coordinamento della norma sulla tutela giurisdizionale con quelle disciplinanti il procedimento di gara.
Se, come sopra rilevato, il presupposto della prima è dato dall’adozione di un provvedimento unitario concernente le ammissioni alla successiva fase di valutazione delle offerte, nondimeno, l’art. 80, comma 6 consente alle stazioni appaltanti di escludere i concorrenti «in qualunque momento della procedura», laddove sia riscontrato il mancato possesso di requisiti di partecipazione previsti dalla medesima disposizione.
Posto dunque che fino al momento dell’aggiudicazione il potere dell’amministrazione di verifica della sussistenza di tali requisiti permane e non è limitato alla fase iniziale della gara, non è innanzitutto chiaro se all’impugnazione dell’esclusione disposta ai sensi del citato art. 80, comma 6, si applichi o meno il rito “superspeciale” introdotto ex novo. Inoltre, anche in caso di soluzione negativa al dubbio ora prospettato, non può escludersi la possibilità che una questione concernente il possesso dello stesso requisito di partecipazione sia oggetto di distinti giudizi, l’uno contro l’iniziale ammissione e l’altro contro la successiva esclusione, con conseguenti dubbi applicativi circa la possibilità di disporre la riunione per connessione ex art. 70 C.p.a., tenuto conto delle caratteristiche di particolare specialità e celerità del rito introdotto ex novo, e, in caso contrario, della necessità di sospendere per pregiudizialità il giudizio successivamente instaurato in pendenza di quello precedente.
3. La compatibilità del nuovo rito con i diritti di difesa in giudizio e con i principi costituzionali in materia di procedure di affidamento di contratti pubblici.
Il procedimento giurisdizionale super accelerato sull’ammissione alle procedure di gara è ispirato dall’obiettivo di porre fine ad alcune distorsioni registratesi nella prassi del contenzioso sui contratti pubblici, in particolare attraverso il massiccio utilizzo del ricorso incidentale “escludente” e il proliferare di censure incrociate sulla fase iniziale del procedimento selettivo una volta che questo era giunto a conclusione (peraltro, in relazione al ricorso incidentale si segnala il superamento della tesi del carattere escludente, espressa dalla giurisprudenza amministrativa nazionale, ad opera della Corte di giustizia dell’Unione europea, nella sentenza 5 aprile 2016, C - 689/13). Da ciò dovrebbe derivare un effetto complessivo di deflazione, oltre che di semplificazione, dei giudizi avverso l’aggiudicazione, rendendo stabili i provvedimenti emessi dalla stazione appaltante nella fase precedente.
Questo obiettivo è stato raggiunto con una soluzione normativa dal forte tasso di innovatività rispetto ai principi generali in tema di lesività degli atti e di interesse ad agire in giudizio ex art. 100 c.p.c., avente l’effetto di conferire alla tutela complessiva in materia di gare una «struttura bifasica» (così il parere n. 855 del 1º aprile 2016 del Consiglio di Stato). In particolare, con specifico riguardo all’impugnazione dei provvedimenti di ammissione, il Legislatore ha così introdotto una sorta di presunzione legale di lesione, la quale dovrebbe invece essere correlata ad una lesione effettiva e concreta di un bene della vita, secondo la dimensione sostanzialistica dell’interesse legittimo ormai invalsa nel nostro ordinamento giuridico, riscontrabile nel caso concreto, rovesciando la prospettiva in cui si era posta la giurisprudenza amministrativa (in particolare l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con la sentenza 29 gennaio 2003, n. 1, in tema di immediata impugnazione del bando di gara).
Sotto il profilo ora evidenziato si pongono, quindi, possibili dubbi sulla compatibilità di tale scelta con le garanzie costituzionali di azione in giudizio e di tutela contro gli atti della pubblica amministrazione (artt. 24 e 113 Cost.), a causa dell’onere imposto ai concorrenti di agire immediatamente in giudizio a fronte dell’assenza di un interesse concreto e attuale e del tendenziale scivolamento del contenzioso in materia di contratti pubblici così realizzato verso un modello di giudizio di diritto oggettivo, antitetico all’archetipo discendente dalle citate disposizioni della Carta fondamentale (cfr. Cons. St., Ad. plen. 13 aprile 2015, n. 4).
A sostegno della soluzione adottata dal Legislatore può essere evidenziato che la stessa giurisprudenza amministrativa riconosce dignità autonoma all’interesse strumentale, vale a dire all’interesse che non tende a conseguire l’aggiudicazione ma la mera chance di ottenere quest’ultima, attraverso la ripetizione, parziale o integrale, del procedimento di gara. Occorre, peraltro, rilevare in contrario che la formulazione di censure a tutela di questa tipologia di interesse, quand’anche non accompagnata da altre finalizzate ad ottenere il bene finale dell’aggiudicazione, prima delle novità in esame, costituisce la conseguenza di una scelta volontaria, non imposta dalla legge.
Tanto meno sembra potersi valorizzare in contrario il parallelismo con il giudizio contro gli atti del procedimento elettorale preparatorio previsto dall’art. 129 C.p.a., dal momento che soggetti a questo rito speciale ed accelerato sono gli atti «immediatamente lesivi» per il ricorrente, così risultando demandata alla verifica del caso concreto la sussistenza della condizione dell’azione rappresentata dall’interesse ad agire, con i sopra accennati requisiti della concretezza ed attualità.
Oltre ai dubbi di costituzionalità finora affrontati, non può essere trascurato che nelle gare con elevato numero di partecipanti la regola dell’immediata impugnabilità in esame rischia di alimentare il contenzioso, così da rendere non facilmente gestibile la procedura o comunque di procrastinarne la durata.
Ulteriori elementi di criticità sono ravvisabili nella rinuncia del Legislatore ad avvalersi, nel rito superspeciale, di uno strumento finalizzato alla concentrazione della tutela giurisdizionale e alla conseguente razionalizzazione del contenzioso - che pure costituisce un criterio direttivo previsto nella Legge delega: art. 1, comma 1, lett. bbb) - quale è quello dei motivi aggiunti, secondo quanto prevede il novellato comma 7 dell’art. 120 C.p.a. («Ad eccezione dei casi previsti al comma 2-bis, i nuovi atti attinenti la medesima procedura di gara devono essere impugnati con ricorso per motivi aggiunti»). Pur coerente con l’obiettivo di realizzare una struttura bifasica del procedimento di gara, anche in presenza del corollario giudiziale, la deroga così introdotta per le sole impugnazioni contro i provvedimenti di ammissione ed esclusione impone alla parte ricorrente di proporre due autonomi giudizi nel caso in cui la gara giunga a conclusione con l’aggiudicazione, aggravando anche sotto questo profilo il rischio di proliferazione del contenzioso.
4. Presupposti della tutela cautelare e nuovo rito sull’ammissione alle procedure di affidamento di contratti pubblici.
La ridefinizione dei presupposti della tutela cautelare, con l’introduzione del comma 8-ter nel corpo dell’art. 120 C.p.a., ha carattere generalizzato per i giudizi di impugnazione degli atti relativi alle procedure di affidamento di contratti pubblici. La novità riguarda quindi tutte le controversie di cui al comma 1, della medesima disposizione, ivi compresi i provvedimenti dell’Autorità nazionale anticorruzione, per i quali tale ridefinizione non si appalesa tuttavia conferente. Peraltro, come rilevato dal Consiglio di Stato nel citato parere reso sullo schema di Decreto legislativo, con specifico riguardo al rito previsto per le ammissioni e le esclusioni dalla procedura di gara «la tutela cautelare diventa, di fatto e nella ordinarietà dei casi, superflua, attesi i tempi strettissimi in cui si perviene alla decisione di merito, di cui può anche essere anticipata la pubblicazione del dispositivo. Sicché la funzione anticipatoria che è propria e tipica della tutela cautelare non troverà ordinariamente possibilità di pratica esplicazione».
Oltre alla possibile superfluità dell’estensione al giudizio “anticipato” della nuova disciplina relativa ai presupposti della tutela cautelare, la stessa appare di non facile armonizzabilità, dal momento che, attraverso il rinvio alle norme concernenti l’inefficacia del contratto in casi di violazioni gravi e di altre violazioni, ex artt. 121, comma 1, e 122 C.p.a., si richiede al giudice della cautela di effettuare una prognosi sull’esito del giudizio, ed in particolare sulla possibilità per il ricorrente di ottenere la tutela in forma specifica attraverso il subentro nel contratto quando tuttavia nella fase iniziale dell’ammissione delle offerte alla successiva valutazione non si conosce ancora quale concorrente sarà dichiarato aggiudicatario.
Quanto alle esigenze imperative connesse a un interesse generale, si tratta di espressione di matrice giurisprudenziale comunitaria, sorta per indicare eccezioni non scritte alle libertà economiche fondamentali previste da Trattati, poi refluita nel settore dei contratti pubblici, ed attualmente posta dal comma 2 del citato art. 121 - non richiamato dal novellato comma 8-ter dell’art. 120 - in funzione di limite alla naturale dichiarazione di inefficacia per i casi di violazioni gravi commesse dalla stazione appaltante in sede di procedura di gara. L’innovazione più significativa apportata dalla norma in esame riguarda tuttavia i casi di violazioni residuali di cui all’art. 122, poiché in questo caso è l’esecuzione del contratto, il cui stato di avanzamento costituisce uno dei parametri che il giudice deve apprezzare prima di disporre il subentro in esso del ricorrente, ad essere elevato ad esigenza di ordine imperativo, laddove la disposizione richiamata nulla prevede al riguardo.
Attraverso questa modifica sembra che il Legislatore abbia inteso attribuire in ogni caso prevalenza all’interesse pubblico alla celere e spedita esecuzione del contratto. Si ritiene tuttavia preferibile la tesi secondo cui, considerato che la qualificazione come «generale» all’interesse non coincide con «pubblico», la norma si limiti a richiedere una valutazione delle caratteristiche e dell’oggetto del contratto, su cui il giudice deve motivare nel provvedimento cautelare, effettuando un bilanciamento con l’interesse, generalmente di natura privata e patrimoniale, azionato dal ricorrente (G. SEVERINI, (1)).
Quindi, in coerenza con la sopra accennata origine europea dell’espressione «esigenze imperative connesse a un interesse generale», ed in particolare alla luce della giurisprudenza europea sulle limitazioni alle libertà di circolazione delle merci e dei servizi (per la cura dell’ordine o della sicurezza pubblica, della difesa nazionale, della salute, della protezione dell’ambiente, della salvaguardia del patrimonio culturale e così via), nonché con l’applicazione interna di tale nozione (in particolare l’art. 9 D.L. 11 settembre 2014, n. 133 (tutela dell’incolumità pubblica), deve desumersi che la nuova disciplina sui presupposti della tutela cautelare subordini la concessione di quest’ultima all’esito di una valutazione di prevalenza dell’interesse del ricorrente a conseguire il contratto con quello vantato dalla generalità dei consociati rispetto al contratto pubblico, condotta all’esito di un giudizio di proporzionalità tra il mezzo di tutela richiesto e le sue ricadute concrete sull’azione amministrativa. Come peraltro accennato, questa modifica si presta ad essere applicata ai giudizi di impugnazione contro i provvedimenti di aggiudicazione.
BIBLIOGRAFIA: (1) G. SEVERINI, Il nuovo contenzioso sui contratti pubblici, 2016, in www.giustizia-amministrativa.it).